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GEOGRAFIA

1.Territorializzazione
Geografia umana indaga le manifestazioni territoriali date dal rapporto uomo-natura. Come queste
manifestazioni possono essere rappresentate? Ci sono differenti modi per affrontare il modo in cui l’uomo
interviene sulla natura e come quest’ultima risente di determinati impulsi. Gli approcci di ordine filosofico
sono principalmente tre

I. DETERMINISMO AMBIENTALE  la natura condizionante


Atmosfere del positivismo, ipotesi che la natura indirizzi una serie di influenze che determinano le
forme con cui le comunità umane si insediano nel territorio, tesi che, se portata alle estreme
conseguenze, considera che le manifestazioni prodotte dall’uomo non sono frutto di una libera
scelta, ma un adattamento a ciò che la natura consente di fare.

II. POSSIBILISMO  cultura e natura interagenti


Manifestazioni territoriali dell’interazione uomo-natura sono frutto di una reciproca influenza.
Teoria di PAUL VIDAL DE LA BLACHE che si fonda sull’esistenza di una permanente retroazione tra
natura e comunità umane. Ridotta all’essenziale la teoria si esprime secondo questa sequenza di
assetti

 Natura offre alle comunità umane una serie di POSSIBILITA’ per insediarsi in una superficie
e sfruttarne le risorse
 Le comunità esercitano una SCELTA su questo ampio raggio di possibilità
 La scelta è compiuta in base alla CULTURA delle comunità e alle TECNOLOGIE
D’INTERVENTO di cui dispongono
 Quindi, in questo quadro la comunità umana agisce come un FATTORE GEOGRAFICO,
ovvero come elemento che è in grado di influire sull’evoluzione della natura

III. La natura territorializzata


È intesa in termini d presenza umana e di intervento sulla superficie terrestre e delle conseguenti
trasformazioni della natura. Solo per il fatto di essere presente, l’essere umano ha dato luogo alla
territorializzazione di parti sempre più estese della superficie terrestre.  sistema binario
composto da natura e comunità umana.
La diffusione dei processi di territorializzazione ha trasformato la Terra nel Mondo, cioè di una
realtà controllata dalla cultura. (ECUMENE, termine con cui si parla della parte di superficie
investita da territorializzazione) processo di territorializzazione avviene, secondo ANGELO TURCO,
attraverso una serie di tre forme di controllo

 Controllo intellettuale  prima identificazione dei luoghi tramite la loro denominazione,


identificazione di tipo mitico e non razionale, da sempre processo
espressosi con la SIMBOLIZZAZIONE, cioè l’attribuzione di segni ai
singoli luoghi.
 Controllo materiale  abitare la terra e sfruttarne le risorse, quindi la REIFICAZIONE, ovve-
ro la trasformazione della realtà materiale. Dalla sfera semiotica si
passa a quella ontologica. L’attribuzione di valori e simboli a deter-
minati luoghi e spazi è la precondizione per ideare modi di interven-
to idonei a utilizzare la superficie terrestre per soddisfare esigenze
umane.
 Controllo strutturale  intervento materiale conduce ad organizzare il territorio, attraver-
la suddivisione e la partizione del territorio. Ciascuna porzione ha
un proprio profilo funzionale (è caratterizzata da determinate for-
me di utilizzo e sfruttamento)
2.Prospettiva della struttura
Le due prospettive con cui rapportarsi al territorio e alla territorializzazione divergono, perché propongono
di costruire la conoscenza della superficie terrestre in due modi differenti e spesso radicalmente opposti.

I. Prospettiva che ha esercitato più influenza poggia su due basi (questa prospettiva ha indotto a
concentrare l’attenzione su fatti di reificazione e strutturalizzazione)

 Prima base: visione strutturalista della realtà territoriale, per cui la superficie terrestre è
costituta da elementi fisici e umani legati tra di loro da relazioni
 Seconda base: interpretare le relazioni in termini causalistici, elementi che costituiscono le
strutture si comportano in parte come causa e in parte come effetto

Visione della TERRITORIALIZZAZIONE

 DETERMINISMO
Le comunità umane sfruttano le risorse del territorio in rapporto alla configurazione naturale
Periodo: tardo Ottocento/anni 20
FRIEDRICH RATZEL
 POSSIBILISMO
Territorializzazione come frutto delle influenze reciproche tra comunità umane e natura
Periodo: anni 10/anni 50
PAUL VIDAL DE LA BLACHE, LUCIEN FEBVRE
 FUNZIONALISMO (STRUTTURALISMO)
Territorializzazione si esprime attraverso insiemi di elementi connessi da relazioni, dai quali si produce
una differenziazione dello spazio geografico
Periodo: anni 30/anni 70
WALTER CHRISTALLER
RICHARD HARTSHORNE
 TEORIA DEL SISTEMA GENERALE
Territorializzazione avviene tramite la creazione di sistemi territoriali aperti: strutture territoriali che
Interagiscono con un ambiente esterno
Periodo: anni 70/80
LUDWIG VON BERTALANFFY
 TEORIA DEL SISTEMA COMPLESSO
Territorializzazione si regge sulla rappresentazione del territorio ottenuta mettendo a confronto un’idea
generale della realtà con le caratteristiche dei luoghi e degli spazi
(prodotto consiste nella modellizzazione della realtà attraverso un filtro predefinito)
Periodo: dagli anni 80
JEAN-LOUIS LE MOIGNE

Insieme di strutture possono essere descritte secondo il principio di causa-effetto


La struttura territoriale appare, al proprio interno, come uno spazio abbastanza omogeneo e differenziato
nei confronti di quello esterno. La struttura territoriale inoltre, produce funzioni, anzi si identifica con le
funzioni che produce.
Funzione intesa in senso lato, cioè come insieme dei prodotti e dei risultati che nascono dal modo con cui la
struttura si comporta, agisce ed è organizzata. Struttura e funzione quindi strettamente associate e
indissociabili. Struttura territoriale considerata nel tempo, necessario tener conto delle relazioni con
l’ambiente esterno.
Una struttura territoriale con funzioni industriali si evolverà anche, e soprattutto, in base alle relazioni con il
mercato (costituito da elementi che stanno al di fuori della struttura). Inoltre il concetto di evoluzione
implica la considerazione del traguardo cui essa conduce la struttura  nel nostro modo di rappresentare
la struttura dobbiamo tener conto del concetto di obiettivo.
Territorializzazione è quindi una creazione di strutture che, attraverso fasi di adattamento e di
trasformazione, in cui l’ambiente esterno esercita più o meno influenze, si dirigono verso determinati
obiettivi.
Visione causalista della realtà ha determinato questa concezione di territorializzazione.
Relazioni tra gli elementi definite in termini di relazioni causali: determinati elementi si comportano come
causa e altri come effetto  successo di questa visione in geografia dovuto a due circostanze in particolare

 La relazione causale è un concetto semplice  y=f(x)


 Consente di prefigurare il futuro

Secondo i principi cartesiani di razionalizzazione della realtà è quindi possibile immaginare il dopo
basandosi sulla realtà presente. Siamo quindi legittimati ad immaginare che il prima determini il dopo e che
quindi il futuro sia determinato dal passato.
Quindi questa concezione è diventata sostegno scientifico per la pianificazione, il piano è BUONO, ovvero
BEN LEGITTIMATO, quando si basa sulla rappresentazione dei rapporti causali tra natura e comunità
umana. Se sappiamo ben rappresentare come si sono evoluti le relazioni tra queste due, siamo anche in
grado, attraverso il piano territoriale, di disegnare validi orientamenti per il futuro.
Principio di causalità e struttura intimamente connessi, non potremmo immaginare una struttura se non
supponessimo che i suoi elementi sonno connessi da rapporti di causa-effetto, così non potremmo evitare
di pensare che le relazioni di causa e effetto conducono inevitabilmente alla formazione di una struttura.
Impianto logico di questo tipo riefntra nel campo di studi della geografia razionalista o più propriamente
nella grammatica razionalista.

Grammatica razionalista
Il geografo che si rifà al razionalismo parla di TERRITORIO, e più frequentemente di SPAZIO mentre
raramente utilizza il termine LUOGO.
Concentrare la propria attenzione su uno spazio più ampio rende possibile al geografo di individuare
strutture che posseggono gli stessi elementi e presentano reti simili di relazioni. In questo modo, evitando
di concentrarsi su una realtà puntuale come quella del luogo, si può andare alla rappresentazione
dell’omogeneità territoriale. È essenziale individuare le relazioni causali ricorrenti su spazi variamente
estesi così che il lavoro del geografo cessi di essere meramente descrittivo e diventi esplicativo.
Si va a cercare una relazione ricorrente che è assimilabile ad una legge. Per dire, si possono individuare
delle regioni mediterranee per il fatto che in differenti zone possono essere presenti omogeneità
strutturali: quindi è diffuso un certo ecosistema, dipendente da determinate condizioni climatiche e
ricorrono alcuni tipi fondamentali di attività economiche.
Tra questi elementi possiamo individuare delle relazioni causali, lungo questo terreno d’indagine possiamo
arrivare a identificare le regolarità del territorio mediterraneo.
Quindi inizialmente si trovano relazione causali, si identificano poi spazi omogenei, si individuano le
regolarità del territorio e si enunciano le “leggi tendenziali” che forniscono quadri esplicativi. L’ultimo passo
riguarda la progettazione di spazi omogenei, con il tentativo di andare incontro al modo naturale di
territorializzare la superficie terrestre  progettazione avviene attraverso la ZONAZIONE.

Quindi in sintesi la geografia razionalista predilige lo spazio geografico al luogo, e per quanto riguarda lo
spazio geografico sono prese in considerazione due versioni: lo spazio tangibile e lo spazio virtuale.
Luogo messo in sottofondo e considerato un elemento singolo in uno spazio geografico notevolmente più
ampio. Quindi ridotto ad un punto in una rete di punti. Partendo da questa base la geografia razionalista ha
adottato il concetto di LOCALIZZAZIONE  perché un elemento è sorto in un luogo geografico
 quale processo ne ha determinato la nascita e l’espansione
Quindi si introduce il concetto di DISTRIBUZIONE  come un complesso di elementi si è insediato in un ter-
ritorio, connotandone le funzioni
dopo di che si parla di CONCENTRAZIONE  come determinati elementi si sono addensati in una certa area
il territorio, dunque, viene rappresentato come campo di forza in cui un magnete governa l’intorno, in
questa visione il magnete è la metafora di un fulcro territoriale, che può essere rappresentato da una città,
che esercita influenze sul territorio circostante. La rappresentazione di una rete urbana rende bene l’idea di
strutture che si dispongono in un assetto gerarchico, in quanto vi sono città che influenzano le altre dotate
di funzioni meno elevate.

Grammatica umanistica
Altro modo con cui si può approcciare la territorializzazione, differente rispetto a quella razionalista. Allo
stesso tempo vi sono vari indirizzi in cui si differenzia questa scuola di pensiero

 INDIRIZZO UMANISTICO
Territorializzazione considerata come la partecipazione dei luoghi nella sfera esistenziale del soggetto.
Obiettivo del geografo è quello di rappresentare il modo in cui i luoghi sono percepiti e rientrano nella
costruzione delle visioni e delle immaginazioni
Periodo: anni 80
YI-FU TUAN
ANNE BUTTIMER
 POSTMODERNISMO
Territorializzazione attuale frutto della dialettica tra modernità, in cui lo spazio geografico è organizzato
secondo canoni razionalisti, e postmodernità, spazio occupato in base allo spirito degli individui e rifiu-
tando ogni tipo di narrazione
Periodo: dagli anni 80
GUNNAR OLSSON
MICHAL DEAR
 INDIRIZZO SEMIOTICO
Alla base della territorializzazione vi è un processo di simbolizzazione dei luoghi. Costruzione di un a geo-
grafia su base simbolica
Periodo: dagli anni 80
DENNIS COSGROVE
 INDIRIZZO SPIRITUALISTA
Territorializzazione frutto dell’incontro tra natura e spirito umano, che si esprime tramite l’insorgere di
emozioni, da cui nascono immaginazione e idealità –X traguardo è quello di attribuire valori spirituali ai
luoghi che formano una realtà culturale.
Periodo: dagli anni 80
HERBERT LEHMANN
GIULIANA ANDREOTTI
LUISA BONESIO

Nella grammatica umanistica il LUOGO si sostituisce allo spazio e diventa la fonte di emozioni nel soggetto,
quindi l’emozione e non la ragione diventa la fonte della rappresentazione.
Ma come dobbiamo considerare questa mozione a livello filosofico. Erronea visione del passato la
considerava come una realtà psicologica che dava adito a vane idee e pensieri confusi, ultime
considerazioni la rivalutano in quanto l’essere umano non può prescindere da essa.
Quindi l’esperienza emotiva, intesa come esperienza complessiva dell’uomo alle situazioni in cui viene a
trovarsi, è necessaria e indispensabile, senza di essa non sarebbe possibile comprendere le condizioni
esistenziali dell’uomo, la sua stessa natura.
Quindi ragione ed emozione sono protagoniste di un rapporto articolato e mutevole  due espressioni
delle reazioni che il soggetto manifesta nel porsi di fronte alla realtà e nel costruirne rappresentazioni.
Muovendo da questo assunto si parla di INTELLIGENZA EMOTIVA, ovvero l’intelligenza vivificata
dall’emozione.
Entrambi gli aspetti del porsi umano, hanno una funzione:
intelligenza  (legere inter = scegliere) quindi la ragione ha la funzione di dividere
emozione  comprende e aggrega
Entrambe le rappresentazioni, razionale e umanistica sfruttano il processo di simbolizzazione, ma attraverso
aspetti differenti e con finalità divergenti.
Da una parte la grammatica razionalista usa il simbolo come spiegazione della realtà e possiamo quindi
parlare di simbolo-spiegazione
Dall’altra invece la grammatica umanistica usa il simbolo con funzione di comprensione, nel senso latino del
termine ovvero CUMPREHENDERE  raggruppare, prendere insieme
e per cui denota la tendenza del soggetto a considerare l’oggetto nel suo insieme e a inglobarlo nella sua
sfera esistenziale. Si parla quindi di simbolo-comprensione

Concetti base della grammatica umanistica


Essenzialmente sono 4 le categorie concettuali che sono alla base della visione umanistica.

TOPOFILIA  non parlando di spazio in generale, spesso fuorviante, ma di luogo singolo, si va a prendere in
considerazione il suo impatto emotivo (non tanto il suo aspetto tangibile)
il termine è stato inventato da YI-FU TUAN e va proprio a indicare la realtà duale costituita
dall’unione del luogo e del sentimento umano

ETEROTOPIA  concetto nato in ambito filosofico, enunciato da Foucault, ma che è stato accolto in
geografia per denotare un luogo reale inserito nello spazio come corpo estraneo (come
possono esserlo, caserme, chiese ecc. due sono le caratteristiche principali
delle eterotopie

 Ambiti che favoriscono visioni ALTRE del mondo


 Spazi ordinati, meticolosi e perfetti nella loro organizzazione

NONLUOGO  risultato della differenziazione di simboli cui vanno soggetti spazi e luoghi urbani per effetto
di tre forme di eccesso

 Eccesso di tempo: fenomeni di accelerazione da cui è coinvolta la vita sociale


 Eccesso di spazio: vediamo spazi aprirsi per effetto dell’impianto di siti particolari
Come aeroporti, mall, esposizioni
 Eccesso di ego: eccesso di individualità e di auto-affermazione che caratterizza l’uo-
mo del nostro tempo

le tre forme di eccesso vengono a formare un allungamento del tempo, un tempo che non
è più sequenza, ma è semplice esperienza esistenziale generata per effetto della suggestione dei luoghi che
ci si aprono davanti e non appunto per l’eccesso di spazio (per questo vengono definiti nonluoghi)
secondo AUGE’ questa condizione costituisce la SURMODERNITA’.

LUOGO IPERREALE  luogo che si dispone al di spora di quello reale, che appartiene al dominio dell’imma-
ginazione al quale il soggetto perviene per l’azione di simboli dotati di elevata
ambiguità. L’accesso a iperluoghi è determinato da segni insiti in un luogo reale at-
traverso cui i quali il soggetto costruisce proprie realtà

Grammatiche a confronto

Costruzione della territorializzazione in modo differente, quindi ci vengono due domande fondamentali:

- Passando da una grammatica all’altra cosa cambia nel costruire conoscenza geografica?
- Possono coesistere nella produzione della conoscenza (finalizzata all’intervento) del territorio?
I) triangolo dell’episteme territoriale  metodo con cui costruiamo la conoscenza territoriale

Referente  segno  significato

Oggetto: ovvero il REFERENTE, ovvero il punto di partenza per la costruzione della conoscenza della territo-
rializzazione
Segno: rappresenta l’oggetto (la planimetria della città assume la funzione dell’oggetto città)
Nei confronti del soggetto assume quindi la funzione di SEGNO-SIGNIFICANTE
Invece rispetto al significante diventa SEGNO-SIGNIFICATO
Significato: collegato quindi all’oggetto tramite il segno.

Il segno è quindi la componente principale della raffigurazione, in quanto svolgr la funzione di collegamento
tra oggetto e significato. I segni possono essere di vario tipo ma essenzialmente si possono ridurre a tre
categorie fondamentali

 Indice: segno che ha una connessione fisica con l’oggetto che indica. Tra
l’interpretazione e la rappresentazione esiste un nesso univoco, ovvero la prima è
determinata dalla seconda
 Icona: segno che rimanda all’oggetto in virtù di una somiglianza, un segno è iconico
nella misura in cui possiede le proprietà del suo denotato. Anche in questo caso la
relazione è facilmente determinabile ma non è univoca. L’icona potrebbe condurre
ad una pluralità di significati
 Simbolo: segno che non possiede somiglianza con il referente ed è legato al
significato da una relazione predeterminata, univoca. È quindi un segno arbitrario,
il cui rapporto con il significato è determinato da una legge  ovvero che esula
dalla logica causalista ed è definita dalla cultura di riferimento.
Ciò può determinare una relazione plurivoca tra segno e significato.

Ora vediamo questi tre punti chiave, oggetto, segno e significato dal punto di vista delle due grammatiche

Oggetto per la grammatica razionalista è da intendersi come una struttura, ovvero un insieme di elementi
tra di loro interconnessi (relazioni causali)

Oggetto per la grammatica umanistica è una sorgente di emozioni, come una componente della realtà
territoriale con la quale il soggetto instaura un rapporto sul piano esistenziale

Rapporto tra oggetto e segno nella grammatica razionalista le metafore sono costituite da modelli che
presentano nessi di causalità tra gli elementi dell’oggetto e tra l’oggetto e l’ambiente esterno

Rapporto tra oggetto e segno nella grammatica umanistica, le metafore sono costituite da connotazioni
simboliche che la cultura locale ha attribuito all’oggetto (proiettandovi condizioni esistenziali)

Segno per la rappresentazione razionalista, compaiono in essa più che altro segni astratti e arbitrari. Che
rimandano a significati rigorosamente predeterminati

Segno nella rappresentazione umanistica i segni sono costituiti da simboli che riflettono condizioni
emotive, connotazioni mitologiche dei luoghi, elementi della cultura non tangibile

Rapporto segno-significato nella rappresentazione razionalista intercorre tra i due una rlazione univoca

Rapporto segno-significato nella grammatica umanistica, tra segno e significato intercorre una relazione
ambigua
Significato nella rappresentazione di base razionalista, il significato cui il simbolo fa approdare consiste in
una spiegazione dell’oggetto

Significato nella rappresentazione umanistica invece il significato è costituito dalla comprensione


dell’oggetto
2.Semiotica geografica

Opzioni nella rappresentazione


Nelle discipline scientifiche esiste il criterio scientifico, con cui si può verificare un’impostazione, per
esempio una teoria abbia il diritto di appartenere all’area scientifica.
Per quanto riguarda la geografia, in realtà è impossibile avere un approccio unicamente scientifico, in
quanto vi sono degli elementi che esulano completamente dal rapporto causale, quali la cultura delle
comunità umane.
Quindi in geografia, o più precisamente nel processo della territorializzazione abbiamo un problema: come
rappresentare relazioni causali insieme ad altre non causali.
Possiamo sfruttare due metodi, quello della rappresentazione grafica e della cartografia.
Sono entrambi segni che costituiscono metafore della realtà. Come abbiamo detto la grammatica
razionalista postula un rapporto tra segno e significato che è monosemico (da un segno si perviene ad un
unico significato) e allo stesso tempo univoco (tra segno e significato intercorre una relazione causale).
Invece la grammatica umanistica ammette che tra segno e significato ci sia un rapporto polisemico
(pluralità di significati) e plurivoco (pluralità di possibili valori).
Le carte prodotte dalla rappresentazione razionale esibiscono, poiché la loro funzione è quella di fornire
informazioni utili per produrre conoscenza.
Di contro la grammatica umanistica produce carte che comunicano, ovvero espongono valori attribuiti a
luoghi e spazi.

Grazie a questa distinzione vediamo che emerge una differenza tra grafici e carte geografiche. Il diagramma
dà luogo a rappresentazioni esclusivamente monosemiche, mentre la carta geografica può produrre
rappresentazioni monosemiche quanto polisemiche.
Ne deriva quindi che il diagramma appartiene alla grammatica razionalista, mentre la rappresentazione
cartografica può rientrare nell’una o nell’altra grammatica.

Diagramma introdotto da Cartesio  visualizzazione del rapporto tra due variabili e affonda la sua base
logica nell’algebra, e non ammette alcun significato, escluso quel-
lo cui conducono i valori su cui si basa.

Carta geografica  più complicata, in quanto la sua potenzialità polisemica è dovuta ad almeno tre
fattori
 Tipo di proiezione
 Punto di vista in cui si immagina la superficie sia osservata
 Simbologia di cui si fa uso

Cartografia moderna: segni e tecnostrutture


La cartografia moderna su base razionale fu preannunciata da MERCATORE (GERARD KREMER) nel 1569,
con la sua NOVA ET AUCTA ORBIS TERRAE DESCRIPTIO AD USUM NAVIGATIUM EMENDATA ACCOMODATA.
Esito di un rigoroso procedimento sistematico: Mercatore suppose che il globo terracqueo fosse avvolto da
un cilindro tangente l’Equatore e che la sua superficie fosse proiettata sulle parei del cilindro.
La carta fu costruita su criteri matematici, largo uso fu fatto dell’algebra (disciplina il cui studio sistematico
stava nascendo in quegli anni  Algebra d Raffaele Bombelli 1572).
Le proprietà geometriche della carta facevano in modo che meridiani e paralleli fossero costituiti da linee
rette che intersecandosi fra loro formavano angoli retti e che la rotta della nave potesse essere
rappresentata da una linea retta (LINEA LOSSODROMCA) che intersecava meridiani e paralleli formando il
medesimo angolo.
Interessante dal punto d vista semiotico è che la carta rappresentava, ai suoi estremi, i contorni e
l’estensione della terraferma e dei mari con una deformazione crescente partendo dall’Equatore verso i
poli fino al punto che, al di là dei circoli polari, sembrava disegnare un altro pianeta.
Presentava quindi la superficie terrestre razionalizzata secondo criteri matematici e il modello diventava
base per avere una conoscenza certa. La connessione tra carta (segno) e rotta (significato) era dunque
univoca, perché immaginata su base causalista nell’ambito di uno spazio euclideo. Questo era l’inizio della
cartografia su base razionalista, che nella fase post moderna ha ampliato la sua visione. In quanto con nuovi
strumenti si può accedere ad una visione della superficie variegata ed estremamente ampia.
Infatti si può accedere ad un numero teoricamente infinito di rappresentazioni alternative dello stesso
tratto della superficie terrestre.

Esibizione e comunicazione
Funzioni diverse della grammatica razionale e di quella umanistica. Da una parte la funzione di ESIBIZIONE,
dall’altra quella di COMUNICAZIONE.
Quando una carta si limita a esporre gli aspetti naturali e umani del territorio senza alcuna tendenza a
trasmettere emozioni corrisponde alla perfezione alla sua funzione di esibizione. Svolge quindi una funzione
fredda che non postula alcun tipo di rapporto emotivo con l’utente. Un rapporto più morbido è invece dato
da una rappresentazione più umanistica che fa leva sulle emozioni e sul sostrato culturale dell’individuo che
osserva la carta.

Proiezione e punti di vista: galassie discorsive


Grammatica razionalista  intento informativo, esibisce l’ordine realizzato sulla superficie terrestre
attraverso la territorializzazione e mostra il grado di complicazione organizzativa raggiunto attraverso gli
insediamenti umani
Sempre presente la narrazione e la meta narrazione del progresso

Grammatica umanistica  intento comunicativo,, riguarda la sfera intellettuale e spirituale


Non v’è alcuna narrazione né meta narrazione del progresso, compaiono discorsi morbidi che conducono
a riflessioni sul senso dell’esistenza

Considerazioni di questo tipo ci portano a dire che, a qualunque grammatica appartenga, la carta geografica
non è un prodotto neutrale, ma anzi possiede un potenziale persuasivo notevole.
Strumenti primari per far accettare visioni del mondo, o galassie di valori sono costituiti da:

- Tipo di proiezione
- Collocazione del centro di proiezione (punto di vista)

I due elementi compongono un numero molto ampio di rappresentazioni possibili per uno stesso tratto
della superficie terrestre, ognuna delle quali sarà più o meno conforme a una o due delle tre proprietà della
carta geografica.

 Isogonia: rispondenza tra i contorni reali delle terre e dei mari e quelli che appaiono su carta
Rappresentazione cartografica quindi conforme
 Equivalenza: costante rapporto tra le aree reali e le corrispondenti della carta
Rappresentazione quindi equivalente
 Equidistanza: rapporto costante tra le distanze
Rappresentazione quindi equidistante

Siccome non è possibile soddisfare le tre condizioni simultaneamente, la rappresentazione è deformata


rispetto alla superficie terrestre. La deformazione differisce n rapporto ai sistemi di proiezione. Per
misurarla sono state ideate ‘’indicatrici’’ (costituite da misure che per ogni latitudine forniscono dati di
deformazione dovuti ai singoli sistemi di proiezione).
Le principali forme di proiezione sono 3

 Proiezione azimutale: porzione della superficie terrestre proiettata sul piano e può essere tangente
in un solo punto oppure secante rispetto ai meridiani o ai paralleli
 Proiezione cilindrica: superficie terrestre proiettata sulle pareti di un cilindro, tangente o secante
nel senso dei paralleli o dei meridiani
 Proiezione conica: superficie proiettata sulle pareti di un cono, tangente o secante

Per quanto riguarda il centro della proiezione, possiamo immaginare che l’osservatore sia posto

- Al centro della terra


- Agli antipodi rispetto alla superficie rappresentata
- A varia distanza al di fuori del geoide terrestre

Ogni combinazione tra i due elementi, tipo di proiezione e punto di vista, dà luogo a determinate
deformazioni della superficie rappresentata. Quindi il tipo di rappresentazione adottata deve essere
strettamente connesso all’uso che si vuole fare della carta: in altri termini, la scelta della proiezione e del
centro di proiezione sarebbe compiuta rispondendo alla domanda “quale rappresentazione fornisce la
visione più vicina alla configurazione geografica REALE del fatto di cui mi sto occupando?”
Ci preoccuperemmo quindi della PROSSMITA’ tra la rappresentazione e l’oggetto.
Se invece la rappresentazione fosse fatta dal punto di vista della semiotica la scelta avrebbe luogo in base al
significato che vorremmo raggiungere in base al segno. La domanda diventerebbe: “quale rappresentazione
imprime alla carta maggiore energia persuasiva in rapporto al significato che mi propongo di comunicare?”
Ci occuperemmo quindi della COERENZA tra segno e significato.

Simbologia e iconografia: tra le due grammatiche


Gran parte dei segni utilizzati in cartografia riguardano elementi tangibili della superficie terrestre, un’altra
parte di segni riguarda realtà non tangibili e non oggettivamente determinabili. Questo secondo patrimonio
segnico, nel linguaggio delle carte geografiche è molto meno esteso e variegato del primo: bilanciamento
dato dal fatto che la rappresentazione razionalista predilige la realtà tangibile perché è oggettivamente
trasferibile sulla carta geografica.
Quanto più la carta geografica tende a usare una prospettiva umanistica tanto più gli atlanti si potrebbero
arricchire di rappresentazioni pertinenti manifestazioni non tangibili.

Importante rivedere il linguaggio, tenendo conto delle tre galassie in cui si ripartisce il termine segno
(indici, icone, simboli)
Quindi non si può parlare solamente di simboli in generale, considerando la sfumatura di significato
generica di segno.

SIMBOLI  galassia dei segni cui sono affidati significati arbitrari


INDICI  indice è il segno che ha una connessione fisica con l’oggetto che indica
ICONE  segno che rimanda ad un oggetto in virtù di una somiglianza con l’oggetto rappresentato

Nella rappresentazione cartografica ovviamente non sono coinvolti gli indici ma solamente simboli e icone.
Ma in quali modi e quando vengono utilizzati gli uni e gli altri?

Simboli – essendo segni convenzionalmente geometrici, ai quali viene attribuito un significato arbitrario di
carta in carta, sono usati nell’ambito della grammatica razionale
carta geografica su base razionalista ESIBISCE
Icone – essendo simboli figurativi di oggetti reali sono usati in modo evocativo e denotativo e per questo
utilizzati nella grammatica umanistica
carta geografica su base umanistica COMUNICA
Simbolo ELEMENTI A CONFRONTO Icona
Esibizione RAPPORTO CON IL FRUTTORE comunicazione
Informa RAPPORTO CON L’OGGETTO emoziona
Astrazione NATURA DEL SIGNIFICATO imitazione
Monosemico RAPP. SEGNO/SIGNIFICATO polisemico

Se osserviamo la “simbologia” di determinate categorie di carte geografiche, constatiamo che vi sono


inclusi tanto simboli quanto icone, e che ambedue possono essere raggruppati in 3 campi tematici

- LOCALIZZAZIONE e DISTRIBUZIONE
- ESTENSIONE
- MOVIMENTO

Localizzazione e distribuzione
I segni che rientrano in questo gruppo rispondono ad esigenze diverse muovendo da una grammatica
all’altra.
I. grammatica razionalista: “dove si trova l’oggetto?”, “com’è diffuso sul territorio considerato?”
Prende in considerazione l’oggetto in sé

II. grammatica umanistica: “qual è l’interesse che l’oggetto riveste per la mia esistenza?”
Considera l’oggetto in funzione del soggetto

Estensione
I. grammatica razionalista: i segni riguardano fatti e fenomeni che si connotano in rapporto alla superficie
cui si riferiscono. Rispondono alle domande “su quale porzione della superficie terrestre è presente
l’oggetto?” e “come varia la presenza dell’oggetto all’interno di questa superficie?”
gli apparati di rappresentazione assumono due CONFIGURAZIONI a seconda che si propongano di
raffigurare la presenza del FATTO o del FENOMENO
parliamo di variabile territoriale
variazioni rappresentate tramiti GRADIENTI, cioè disegnando superfici all’interno delle quali le variazioni
del fenomeno avvengono con gradualità

II. grammatica umanistica: queste informazioni non hanno rilevanza primaria rispetto ad altre questioni
(quindi non vengono presi in considerazione all’interno della grammatica umanistica)

Movimento
La rappresentazione del movimento su base razionalista si manifesta attraverso un ricco apparato di segni,
ideati per rispondere a tre questioni: “qual è la rete delle comunicazioni?” “in quale direzione avviene il
movimento?” e “qual è l’intensità del flusso?”
Prima questione affrontata con SIMBOLI SEMPLICI
Seconda questione affrontata attraverso SIMBOLI VETTORIALI
Terza questione affrontata attraverso SIMBOLI LINEARI CON SPESSORE PROPORZIONATO ALLE DIMENSIONI
DEI FLUSSI

Diagrammi, segni razionalisti


Non interessa tanto il grafico in sé ma in che modo viene integrato con la carta geografica. La sua rilevanza
consta nell’arricchire e specificare il contenuto informativo vo della rappresentazione.
Relazioni tra variabili – nella sua forma più semplice il grafico pone in relazione il comportamento di due
variabili e si presenta in tre configurazioni fondamentali:
a. una variabile è costituita dal TEMPO e l’altra da un FATTO DI TERRITORIALIZZAZIONE. Il grafico assume
una configurazione tipica, in cui l’asse delle ascisse (x) rappresenta il tempo, mentre sull’asse delle
ordinate (y) sono rappresentati i valori della seconda variabile, quella di territorializzazione
il diagramma può essere espresso in forma cartesiana classica, o sotto forma di istogramma

b. una variabile è costituita dallo SPAZIO GEOGRAFICO e l’altra variabile è costituita da FATTI DI
TERRITORIALIZZAZIONE. In questo caso la variabile spazio è rappresentata sull’asse delle ascisse, mentre
Quella del fatto di territorializzazione su quello delle ordinate  rappresentazione topologica

c. ambedue le variabili riguardano FATTI DI TERRITORIALIZZAZIONE

diagrammi areali – questo genere di diagramma è utilizzato per rappresentare l’estensione che
determinati fatti di territorializzazione assumono sulla superficie terrestre

anamorfosi – in questo caso la dimensione di un fatto di territorializzazione è rappresentata adottando un


espediente grafico che evoca la forma del territorio cui si riferisce. Ne consegue una sorta di diagramma
areale i cui contorni, contestualizzandoli, richiamano quelli del territorio
3.Cultura e natura

Rapporto tra cultura e natura importante per il geografo, necessario capire anche i modi in cui questa
relazione si esplica. Da poco, grazie agli sforzi di Vidal de la Blache si è iniziato a studiare più
approfonditamente tutti gli aspetti culturali che vanno ad influire sulla territorializzazione e sulla natura.
Il razionalismo geografico permette di rappresentare la natura in termini semplici perché la riduce a
tessiture di elementi che in parte si comportano come causa e in parte come effetto.
Quindi si rappresenta la realtà in modo semplificato, offrendo anche la possibilità di prevedere
comportamenti futuri nell’ambito del mondo naturale.
Ma in questo aspetto naturale venivano tralasciate, quantomeno fino agli anni ottanta, le componenti
organiche (attenzione nata sotto l’impulso della teoria sistemica dell’ecologia)
quindi specie animali e vegetali ora considerate nelle reciproche relazioni e poste in relazione con
l’ambiente circostante in cui vivono e si evolvono.
Quindi la geografia si è proposta di rappresentare la natura in termini ecologici, assumendo l’ecosistema
come concetto-guida.
ECOSISTEMA  complesso dinamico di piante, animali e di comunità di microrganismi che, interagendo
con il loro ambiente inorganico, costituiscono un ambiente funzionale
(struttura che prevede elementi organici (biotici) e elementi inorganici (abiotici) disposti su un determinato
territorio)
L’ecosistema costituisce il complesso delle condizioni naturali su cui avviene la territorializzazione. È
soggetto ad un duplice campo di impulsi:

- Ambiente esterno fisico, soprattutto dal clima


- Ambiente esterno umano, comunità

Il geografo che prende l’ecosistema come concetto di riferimento per la rappresentazione, deve tenere in
conto di fare riferimento a strutture molto reattive nei riguardi dell’ambiente esterno.
In sostanza si trova indotto a basare la rappresentazione della territorializzazione sull’organizzazione e a
tenere conto delle capacità di ri-organizzarsi continuamente per resistere agli impulsi dannosi e per trarre
vantaggio da quelli favorevoli.
Come si comportano, le RETI TROFICHE, nel corso del tempo?
Cos’è una rete trofica? Essa si articola in tre componenti fondamentali:

a. Produttori  vegetali che producono molecole organiche a partire da sostanze minerali


b. Consumatori  si nutrono, direttamente o indirettamente delle sostanze organiche prodotte
Dall'azione dei produttori
c. Decompositori  degradano gli organismi morti, vegetali e animali e le sostanze organiche
riducendoli allo stato di sostanze minerali semplici, che vengono riutilizzate
dai produttori

all’interno della rete trofica, che si regge sul ciclo del carbonio, si sviluppa una relazione CIRCOLARE, in cui
le azioni dei decompositori e dei produttori costituiscono fasi d’avvio.
Decompositori aggrediscono organismi per produrre sostanze minerali, i secondi trasformano le sostanze
minerali in sostanze organiche.
In ogni ecosistema, il comportamento della rete trofica corrisponde a due principi

 ad una nicchia ambientale estremamente diversificata, consegue un numero maggiore di specie


che compongono la comunità biotica
 quanto più le condizioni di vita si allontanano da questo OPTIMUM, tanto più il numero delle specie
diminuisce, ma ciascuna specie comprende numerose unità
(ad esempio la circostanza ricorre alle altitudini molto alte)

Gegrafo deve occuparsi della rappresentazione della natura in rapporto al comportamento umano.
Se poi si muove all’interno della prospettiva razionalista, egli tende a rappresentare l’ecosistema come un
ambito nel quale le comunità umane attivano strategie e producono azioni.
Quindi deve tenere in conto delle proprietà dell’ecosistema dalle quali dipende la sua reattività rispetto
agli impulsi generati dall’esterno e quindi anche rispetto alle azioni compiute dalle comunità umane.
Quali sono queste proprietà dell’ecosistema? Sono varie, ma per l’interesse del geografo sono rilevanti
solamente: resilienza, produttività e la diversità biologica (detta anche biodiversità)

Resilienza: capacità di subire una variazione per effetto di impulsi provenienti dall’esterno e poi ritornare
ad una configurazione simile, ma non identica a quella di partenza
Produttività: riguarda il modo in cui animali e vegetali producono nuova biomassa utilizzando energia
proveniente dall’esterno.
Produttività primaria – è quella delle piante e dei batteri che producono nuova biomassa
usando energia e sostanze inorganiche
Produttività secondaria – propria degli organismi, che consumano la biomassa di altri compo-
nenti dell’ecosistema
Diversità biologica: ha una configurazione molto articolata ma muove da un’idea molto semplice, quella
differenziazione organizzativa dell’ecosistema

 Livello genetico – numero di geni che contraddistingue le singole specie, animali


e vegetali
 Livello di specie – rapporto tra le specie rare (numero elevato di specie con
pochi individui) e le specie dominanti (numero ridotto di specie con numerosi
individui)
 Livello di ecosistema – numero d ecosistemi su cui si articola un determinato
territorio

Cultura e natura, secondo la grammatica razionalista


Edward Burnett Tylor parlò della cultura come fatto sociale, e ritenne che la cultura di una comunità fosse
costruita soprattutto da fatti intellettuali, conoscenze, capacità immaginative ovvero da elementi che
rientrano nella sfera intellettiva e spirituale.
Questa teorizzazione destò
Non poca sorpresa in quegli antropologi che consideravano la cultura come un insieme di fatti tangibili
consistenti nelle forme di uso del suolo e delle risorse naturali, nella vita sociale e nei riti.
Leslie A. White asseriva che “la categoria o ordine culturale di fenomeni è costituita da fatti che dipendono
da una facoltà peculiare alla specie umana, cioè la capacità di usare simboli”  questo intervento ha
portato gli antropologi a estendere l’attenzione a fatti non materiali.
In tal modo si sono delineate due correnti di pensiero
- La prima corrente tende a identificare la cultura nelle MANIFESTAZIONI TANGIBILI. Quindi la cultura
consiste in elementi tra loro connessi così intimamente da creare una realtà a se stante (quindi
ogni comunità umana è distinta dalle altre)
- La seconda sostiene che la cultura consiste nella RAPPRESENTAZIONE che la mente umana produce
di questi fatti, sostanzialmente in manifestazioni intellettuali e spirituali. Il fulcro dell’attenzione
quindi si sposta dall’oggetto al segno che attribuiamo all’oggetto, quindi al soggetto.
Gli antropologi sono arrivati alla conclusione che la cultura consiste nella creazione e trasformazione di
simboli  dove simbolo è considerato nella sua accezione più generica di segno cui è associato un valore.
(con maggiore proprietà di linguaggio si dovrebbe parlare di cultura come produzione segnica, ma per
mantenere il significato del linguaggio corrente si parlerà di simbolo, non in senso stretto ma come in
quanto segno)

Geografia culturale, fondata da CARL SAUER (1925)


Secondo lui consiste nell’applicazione dell’idea di cultura ai problemi geografici.
Quindi identificò un OGGETTO, la cultura, e enunciò che quell’oggetto costituiva il FILTRO attraverso cui si
poteva mettere a fuoco un complesso di argomenti che rientravano nel dominio della geografia.
Al momento di questa fondazione venivano seguiti maggiormente criteri razionalistici, in ambito geografico,
quindi il geografo, al pari dell’antropologo, considerava la cultura come una realtà costituita da elementi
tangibili, connessi tra loro. Dunque una realtà che rendeva possibile l’uso di procedimenti basati sul
principio di CAUSALITA’.
Alla geografia culturale così concepita, Sauer attribuì essenzialmente 5 campi d’indagine

 Distribuzione sul territorio di elementi culturali (di elementi che denotano i caratteri di una cultura)
 Diffusione territoriale degli elementi culturali
 Manifestazioni geografiche dell’ecologia culturale, espresse dai modi in cui l’ambiente e lo
sfruttamento delle risorse naturali sono percepite dalle comunità
 Identificazione delle regioni culturali attraverso lo studio della distribuzione delle componenti del
paesaggio
 Differenziazione territoriale delle culture, in modo da identificare le caratteristiche culturali dei
singoli territori

Idea di base che la cultura consista in un insieme di fatti tangibili che formano strutture, in questa
prospettiva il geografo studia la localizzazione e la distribuzione dei fatti sulla superficie terrestre per
identificare e rappresentare i modi in cui essi danno luogo alla formazione di aree omogenee dal punto di
vista culturale. In sostanza la cultura è intesa come un qualsiasi fatto di territorializzazione, visto però con
sensibilità per gli aspetti culturali da cui è connotato.
Quindi l’atteggiamento delle comunità umane nei confronti della cultura viene considerato soprattutto in
termini di dotazione tecnologica e modo di sfruttamento del suolo.

Cultura e natura, secondo la grammatica umanistica


La cultura mal si presta ad essere ridotta struttura, non può essere spiegata in termini analitici. È piuttosto
una realtà, che per essere colta in tutta la sua varietà e ricchezza delle espressioni, va compresa,
considerata nel suo complesso. Fatta oggetto di discorsi piuttosto che di teorie. In questo indirizzo di fondo
si sono manifestati due atteggiamenti:

a. Semiotico: la cultura è assunta come creazione di simboli attribuzione di significati ai simboli. Di


conseguenza le manifestazioni geografiche della cultura sono identificate nella connotazione
simbolica di luoghi e spazi. Quello semiotico è un atteggiamento inverso a quello strutturalista, in
quanto non considera la cultura come un oggetto esterno al soggetto, ma come proiezione del
soggetto nei riguardi della realtà esterna
b. Spiritualista: produce un rovesciamento di termini ancora più radicale (rispetto all’impostazione
razionalista) poiché pone il soggetto nel fulcro delle rappresentazioni delle culture, per cui la realtà
non è più considerata nella sua oggettività, ma solo in quanto assorbita nella sfera spirituale del
soggetto

La ricerca del potenziale espressivo di un territorio è compiuta investigando testimonianze letterarie,


poetiche, figurative, rievocando quindi rappresentazioni compiute da persone dotate di particolare
sensibilità.
Secondo Lehmann la rappresentazione comprende la valutazione, la partecipazione spirituale nel conferire
senso ai luoghi, la considerazione delle radici storiche della cultura, dell’amalgama psicologico che
caratterizza il paesaggio e il CROMATISMO..

Qualunque dei due atteggiamenti sia condiviso, la grammatica umanistica è caratterizzata da 3 differenze
fondamentali rispetto a quella razionalista
 Attenzione per le forme non tangibili della cultura: nel caso della religione si vanno a considerare i
segni impressi sul territorio (e non la quantità di fedeli sul territorio), e quindi ai rispettivi valori
simbolici.
 Scala territoriale di riferimento, l’attenzione si concentra su singoli punti del territorio, sui luoghi,
in modo da identificare i simboli e i valori che le comunità umane hanno attribuito loro.
 Rapporto tra contesto e testo, per contesto intendiamo il complesso delle condizioni, naturali e
sociali, nell’ambito delle quali si ha la territorializzazione.
Il testo invece è costituito dalle rappresentazioni che connotano la territorializzazione.
Il geografo che ha adottato la grammatica razionalista considera la natura come un contesto, cioè come un
insieme di condizioni entro le quali ha luogo la territorializzazione. Il testo ha un valore subordinato rispetto
all’indagine diretta, il materiale che non ricade nel contenitore della scienza non è neppure preso in esame
in quanto non sono basati sul principio di causalità.
Invece il geografo che affronta la cultura dalla prospettiva umanistica concentra l’attenzione sul testo, sul
quale si possono trovare le connotazioni simboliche e i valori attribuiti alla natura.
Geografo razionalista quindi si muove sul piano del logos, quindi rappresentazione del mondo condotta
secondo ragione ed espressa da ragionamenti causalisti.
Il geografo umanista si muove sul piano del mythos, attribuendo a questo termine il senso di forma
autonoma di pensiero, non vincolata a spiegare le connessioni tra gli elementi in termini di causa-effetto.

Nel contesto premoderno il simbolo è strumento di rappresentazione mitologica e la rappresentazione non


conduce a spiegazioni, ma piuttosto a comprensione della natura.
La comprensione è quindi affidata a narrazioni generate dallo spirito poetico e dall’immaginazione
dell’individuo e della comunità, oppure discende da una verità rivelata (contesto ebraico e cristiano).
Nel contesto moderno il simbolo è strumento di rappresentazione logica. La spiegazione diventa la base
per il progetto di trasformazione della natura, il logos diventa il terreno di fecondazione dell’azione.
In queste vesti il simbolo assume le vesti di un segno razionale; disegna rapporti di causalità che si snodano
nello spazio e che si snodano nel tempo. (non v’è posto, in questa rappresentazione, per l’invenzione
poetica e l’immaginazione, né per la verità rivelata)

Prodotti geografici a confronto


La geografia procede sviluppando apparati concettuali e nello stesso tempo producendo ricerca empirica,
associando teoria e prassi.
La teoria si manifesta attraverso riflessioni su vario livello

Ontologico – quando consideriamo gli oggetti della territorializzazione


Semiotico – quando consideriamo i modi con cui rappresentare la territorializzazione
Ermeneutico – quando traiamo deduzioni dalla rappresentazione
Ricognitivo – quando ci proponiamo di conoscere forme di territorializzazione
Prospettivo – quando ci proponiamo di delineare possibili configurazioni che possono essere acquisite dalla
territorializzazione in atto
Propositivo – quando l’indagine esercita funzioni di supporto per piani e progetti

Su questa premessa possiamo capire quali prodotti geografici sul rapporto cultura natura siano possibili in
rapporto alle due grammatiche, razionalista e umanistica. Ma questi due aspetti di analisi possono essere
integrati e quali dei due risulta più utile?
I prodotti conseguibili nella prospettiva umanistica sono ancora nuovi, di recente applicazione e in alcuni
casi solamente immaginabili, in quanto ancora non sperimentati.
Quindi il confronto avviene tra prodotti razionalisti collaudati e sicuri e prodotti umanistici, abbozzati e
incerti. La debolezza e l’immaturità del campo dei prodotti umanistici, però, non implica la loro inutilità.

Restringiamo il ragionamento a prodotti che riguardano il rapporto tra natura e cultura: un’appropriata
introduzione all’argomento consiste nel prendere in considerazione una circostanza già sottolineata
Spazio  teatro dell’indagine razionalista
Luogo  teatro dell’indagine umanistica

Questa distinzione si riflette in due coppie di concetti alternativi:


differenziazione e connotazione – appartenenti al linguaggio scientifico
diversità e identità – caratterizzanti il linguaggio politico

I) differenziazione e connotazione
Il modo con cui in geografia è affrontata la rappresentazione delle manifestazioni territoriali della cultura.

Nell’ambito della prospettiva RAZIONALISTA, il geografo si chiede come si articoli il territorio in rapporto
al variare degli elementi umani e fisici, e con quali metodi queste variazioni possano essere individuate e
rappresentate. Egli costruisce metodi per identificare aree dove gli elementi siano presenti in modo
omogeneo o uniforme  in questo modo si dedica allo studio della differenziazione territoriale, la super-
ficie terrestre risulta un mosaico di aree di vario tipo

Nell’ambito della prospettiva UMANISTICA, invece il geografo si dedica allo studio delle connotazioni
culturali dei luoghi, ovvero dei simboli e dei valori che i luoghi rappresentano per le comunità umane.
In tal caso egli approda a rappresentazioni cartografiche che non delineano aree, ma singoli punti del
territorio.

II) diversità e identità


Riguarda soprattutto il modo con cui il mondo politico ha affrontato esigenze di protezione attiva della
natura e della cultura (1972 prima volta in cui l’UNESCO accolse il concetto di diversità culturale)

dalla prospettiva RAZIONALISTA, è essenziale considerare il concetto di diversità, sia dal punto di vista
naturale che culturale (dovuta alla coesistenza di un gran numero di culture nel mondo)

dalla prospettiva UMANISTICA è necessario conoscere anche la fisionomia culturale dei singoli luoghi e
delle singole comunità umane, ovvero l’identità dei singoli centri storici, delle popolazioni nomadi, delle
aree archeologiche ecc ecc

identità e diversità sono quindi assunte come due concetti complementari, utili per imprimere coerenza
alle politiche d’intervento sul territorio, ai piani e ai programmi.
4.Comunità e città

La sindrome del carico


Il fattore che più incide sulla territorializzazione è l’espansione della presenza umana. Ma non si parla più di
popolamento quanto di carico umano, perché sottolinea l’aspetto ‘negativo’ dell’intervento umano.
Il carico umano evoca l’idea di “pressione umana” sul territorio, che conduce all’idea di possibili rapporti
critici tra popolazioni e risorse.
Oltre che attraverso processi espansivi della popolazione, la territorializzazione si è manifestata anche
attraverso concentrazioni demografiche in determinate aree  il prodotto più rilevante della tendenza a
concentrarsi è il fenomeno urbano.
Quindi ora tratteremo del carico umano espresso con l’urbanizzazione.
La città comunque non può essere solamente considerata nei suoi aspetti tangibili e fisici, ma anche come
concentrazione di simboli e d valori.
Queste due visioni ci conducono nuovamente alla differenza tra grammatica razionale e grammatica
umanistica. La prima ci porta a considerare la città nei suoi aspetti banali, come una tessitura di edifici,
attività e relazioni sociali; la seconda invece porta ad esplorare la città come un manto di simboli e valori,
come un terreno di manifestazioni intellettuali e spirituali.
In che modo possono interagire le due grammatiche a vantaggio della rappresentazione geografica e della
prassi territoriale?
Prima di tutto è necessario capire come si può rappresentare il carico umano in riferimento
all’urbanizzazione del territorio, come si possa rappresentare il contesto urbano e come possa essere
inquadrata la città nella creazione delle reti urbane.

Comunità umane e urbanizzazione


La crescita della popolazione costituisce il primo processo, fondamentale, da cui vari altri dipendono.
L’espansione urbana deriva in primis dall’aumento della popolazione in misura differente tra grandi
metropoli, città di medie dimensioni e piccole città.
Movimento naturale, immigrazioni e invecchiamento costituiscono un complesso ternario di temi
demografici che influiscono sull’evoluzione delle comunità urbane e producono mutamenti del carico
umano sul territorio  ne nascono due ordini di conseguenze

- conseguenze sulla fisionomia sociale dei contesti urbani (ampi settori come quelli dell’istruzione o
dell'assistenza sanitaria devono corrispondere alle esigenze che si vengono a creare)
- conseguenze sulla geografia culturale della città, perché vengono alla ribalta nuovi apparati di credenze e
valori

le prime conseguenze devono essere approcciate secondo impostazioni razionaliste, mentre le seconde
richiedono impostazioni umanistiche. Ambedue le prospettive presuppongono che si acquisisca la
conoscenza del carico demografico (partenza di base necessaria quella razionalista).
Conoscenza del saldo demografico, disarticolato nelle due componenti
 saldo naturale (movimento naturale costituito dalla somma algebrica dei nati vivi e dei decessi)
 saldo migratorio (movimento migratorio costituito dalla somma algebrica di immigrati e di emigrati)
Questa indagine corrisponde a due esigenze
a. Elaborazione di piani urbanistici o di intervento alla scala urbana
b. Ottimizzazione degli interventi  zonazione
 elaborazione di piani particolareggiati
 progettazione e gestione di servizi sociali
Soprattutto per quest’ultimo aspetto, lo studio del saldo migratorio ha acquisito notevole importanza, in
quanto è estremamente frequente che nei paesi quali l’Europa, più ricchi e secolarizzati. Si presenti in
massa il fenomeno dell’immigrazione e al contempo un forte calo della natalità. Si registra spesso anche un
invecchiamento della popolazione, dovuto all’allungarsi della vita.
La rappresentazione del movimento demografico costituisce la base per studiare e rappresentare le
strutture demografiche. La struttura demografica consiste nell’articolazione di una popolazione in rapporto
ad una determinata variabile.
Variabili come età, sesso, religione, lavoro ecc…
Possiamo prendere in considerazione 3 variabili fondamentali che riguardano rispettivamente

 Età: composizione per età della popolazione fornisce impostazioni utili per progettare servizi
scolastici, sanitari e assistenziali per anziani (dà anche modo di valutare la domanda di posti di
lavoro)
 Strutture professionali: popolazione urbana in rapporto all’economia locale può essere indagata
considerando le variabili professionali costituite rispettivamente dalla
- distribuzione della popolazione attiva tra i settori economici
- posizione professionale che le singole persone rivestono nei campi di attività
Il primo tipo di struttura comprende tre settori
a – primario, in cui sono incluse tutte le attività che non comportano la trasformazione fisica dei
beni
b – secondario, in cui sono comprese tutte le attività industriali
c – terziario, che abbracciano i servizi
 Religione: le città progressivamente assumono configurazioni multi-etniche, quindi emerge
l’esigenza di produrre apparati informativi utili per affrontare le conseguenze che sono determinate
dalla coesistenza di differenti gruppi umani.

I criteri con cui ripartire lo spazio urbano in aree variano dunque da caso a caso, in rapporto alle esigenze
per le quali è compiuta la rappresentazione. La trasposizione dei dati quantitativi sulla carta urbana può
essere compiuta elaborando cartogrammi a mosaico, oppure trasferendo grafici sulla carta stessa.

La città, segno di territorializzazione


La manifestazione fondamentale del carico umano sulla superficie terrestre è costituita dall’espansione
delle città. Come osservare la città? Il geografo si può occupare dell’indagine della planimetria del centro
urbano con vari obiettivi:

- Disegno in rapporto con la morfologia del territorio


- Modo in cui l’economia della città e la sua pianta urbana si influenzano reciprocamente
- Radici culturali su cui si basa la planimetria
- Evoluzioni delle connotazioni culturali nel corso del tempo

Su queste basi cerca di costruire delle tipologie di piante urbane con l’obiettivo di proporre dei modelli di
riferimento.
I vari disegni planimetrici possono essere fatti rientrare in quattro tipi fondamentali

I. Pianta ortogonale: con strade che si intersecano ad angolo retto


II. Pianta concentrica: strade che divergono a raggera da un centro
III. Pianta mista: in cui coesistono parti con pianta ortogonale e parti con pianta concentrica
IV. Pianta irregolare: che non richiama nessun disegno geometricamente ordinato

LE CORBUSIER, alla pianta ortogonale ha affiancato la pianta circolare, ritenendola appropriata per le città
con funzioni di scambio, e la pianta lineare, considerandola appropriata per le città industriali.
In questa sede possiamo concentrarci sulla pianta ortogonale e su quella concentrica, due buoni spunti per
mettere a confronto la prospettiva razionalista e quella umanistica.

Pianta ortogonale – affonda radici molto lontane, addirittura nel neolitico, è stata una caratteristica del
paesaggio maturata nelle grandi civiltà, come quella romana.
Con l’avvento della modernità questa pianta è diventata il disegno planimetrico di riferimento. Insieme al
grattacielo, per esempio nella città di Chicago è diventata il segno caratteristico della modernizzazione
urbana. Dal punto di vista razionalista due città come Mileto e Chicago possiedono una pianta che è
analoga, e potremmo ritenderle uguali. Ma con un presupposto umanista ci rendiamo conto che il manto
simbolico, che è presente in ogni città, è nettamente differente.

I. La pianta ortogonale deriva dal fatto che nel neolitico i villaggi si trasformarono lentamente in ambienti
urbani che con il tempo divennero più articolati in quanto a funzioni sociali e connotazioni spirituali.
La sua ragione d’essere va ricercata nella sfera spirituale: il quadrato aveva una forte caratura simbolica
rappresentava l’articolazione dell’Universo a partire da un centro, situato all’incontro tra le due strade
principali (quelle che per i romani erano il cardo maximus e il decumano maximus) il cui orientamento era
determinato su base astronomica, generalmente in rapporto al percorso del sole o della stella polare.
Allo sbocco delle due strade principali si situavano le 4 porte (era uno schema universale). La visione
mitologica del mondo, era dominata dal numero quattro, dotato di forti richiami al sacro.
La visione orizzontale, espressa dalla pianta su due assi e quattro porte, si combinava con un’altra visione
che si disponeva sul piano verticale e si dispiegava su tre livelli
- Superiore – ove è situata la divinità
- Intermedio – ove si snoda l’esistenza umana
- Inferiore – dove albergano i valori negativi
Moltiplicando 3 (livelli) per 4 (porte) si ottiene 12 “simbolo dell’unione della verticalità e dell’orizzontalità”.
Ogni città con 12 porte, dice Racine, esprime simbolicamente l’incontro tra Cielo e Terra. In tal modo, il
centro, luogo di comunicazione tra i tre livelli di realtà, è moltiplicato attraverso una numerologia simbolica,
che esalta ancora di più la sacralità.”
La pianta ortogonale della città moderna non si rifà ad alcun significato spirituale. L’obiettivo cui sono
ispirate le correnti del pensiero architettonico è consistito nell’ideare una citta in cui ci s potesse muovere
con facilità e in cui le varie funzioni si potessero sviluppare in modo efficiente. (come per esempio la città
di Chicago)
A dominare quella concezione era il concetto di produttività, espresso dalla tendenza a mettere in ordine
nella disposizione delle cose sulla superficie terrestre in modo da conseguire il miglior risultato possibile.
Quella compressione che aveva luogo sul piano orizzontale, si associava con la compressione per linee
verticale, consentita dalla realizzazione di grattacieli: sovrapposizione di moduli tutti uguali, disposti l’uno
sull’altro.

II. anche nelle città con pianta concentrica troviamo differenze di fondo.
Nell’ambito della premodernità questo disegno ha acquisito marcate connotazioni spirituali. Nell’antichità il
centro nel cerchio, che idealmente coincideva con il punto d’incontro delle strade principali, riconduceva
all’idea del centro dell’Universo, di una realtà che si rifletteva nella città. L’idea del centro generatore si
trasferì nel Medioevo, epoca nella quale si diffusero piante al cui centro si disponevano la chiesa e la piazza
antistante e in quell’epoca la città si ammontò di segni di spiritualismo cristiano.
Così come dio era il centro dell’universo anche la chiesa era concepita come il centro dell’organizzazione
della città e ne costituiva l’elemento motore.
Venne ideato il modello ad anelli concentrici: la croce rappresentata e celebrata nella planimetria della
chiesa era assunta come terminale della comunicazione; le mura della città delimitavano lo spazio in cui la
comunità si raccoglieva intorno a quel rapporto di comunicazione, attorno alle mura si stendevano i terreni
coltivati (motivo di armonia tra Natura e comunità umana), terreni percorsi non abitati dagli allevator e
dagli incursori, che costituivano lo spazio dei barbari.
Anche la pianta concentrica è ben presente nelle città moderne, un esempio è quella di Canberra (Australia)
costituta da un grappolo di spazi urbani impostati su base circolare.
Ma in ambito moderno il centro generatore della pianta non è collegato a un significato spirituale ma
piuttosto a quello dell’organizzazione razionale dello spazio urbano come strumento di progresso sociale..
In queste città infatti il centro è costituito da attività che esercitano una funzione polarizzante, come
strutture commerciali e apparati amministrativi.
Inoltre disegno concentrico premoderno e moderno differiscono per un altro aspetto, nel primo, tra gli assi
stradali che divergono dal centro si stende un fitto tessuto di strade dal percorso irregolare. Molte città
italiane posseggono questo disegno, in cui si creano continue esperienze esistenziali, provocate dalle forme
che stupiscono ad ogni incrocio.
Nella pianta moderna invece, le strade radiali sono intersecate da altre che con percorsi circolari
suddividono lo spazio che si irradia dal centro in corone circolari ben delineate. (disegno che tende a
favorire la circolazione ma rende monotono il paesaggio)

La città struttura territoriale


La pianta concentrica possiede un notevole manto segnico, perché conduce all’idea del cerchio, costituito
da uno spazio imperniato su un centro dal quale trae la sua configurazione, la stessa ragione d’essere.
Il centro insieme allo spazio circostante stanno alla base della prima teoria geografica sulle funzioni urbane,
da cui è derivata la rappresentazione della città non come tessitura di forme ma come insieme di funzioni.
Ovvero struttura territoriale costituita da un aree di elementi tra loro strettamente connessi. Gli elementi
sono appunto le funzioni urbane, espresse dalle attività economiche dell’ambiente urbano, ovvero i modi
con cui beni e servizi della città sono offerti alla popolazione locale e all’esterno.
Il razionalismo geografico ha sostituito alla visione della “città delle forme” quella della “città delle funzioni”
e quindi ha proiettato la geografia sullo studio dell’organizzazione urbana (collegandola ad altre discipline
come sociologia, urbanistica, economia e così via)
Studi geografici in chiave funzionalistica sono stati condotti tra gli anni 50 e 60, e l’esponente principale fu
Walter Christaller mediante l’enunciazione della teoria delle città centrali. La teoria è suddivisa in due
parti; la prima parte riguarda la città individualmente intesa, nella seconda parte si prende in esame la rete
urbana.

Città individualmente intesa – la vocazione principale di una città, secondo Christaller è quella di essere il
punto centrale di un territorio. Non si tratta di essere fisicamente centrali, ma piuttosto di una avere una
funzione centrale traslata. La località può essere definita centrale solamente se esercita effettivamente
questa funzione, o meglio se i suoi abitanti svolgono quelle attività che sono necessariamente connesse ad
unna località centrale.
Località centrale in quanto tesa ad offrire beni e servizi centrali alla popolazione circostante, la centralità
sta proprio nel servire la popolazione dell’intorno che per questo si trova a gravitare sulla località centrale.
Un insediamento privo di questa funzione non è centrale, quindi anche se possiede beni e fornisce servizi
non è rilevante nell’analisi dell’organizzazione del territorio.

Muovendo dall’idea basilare di centralità, Christaller enuncia una serie di concetti e principi che si snodano
come tappe nella dimostrazione di un teorema  arrivando a rappresentare la città come una struttura che
produce funzioni

Ambito di diffusione – primo passo consiste nel determinare appunto questo, l’ambito di diffusione per
ciascun bene e servizio,
l’ambito di diffusione è costituito dal territorio, esterno alla località centrale, entro cui ha luogo la
distribuzione

rango – secondo passo è quello di determinare i ranghi dell’offerta. Il rango può essere immaginato come
un contenitore in cui sono collocati beni e servizi che hanno lo stesso ambito di diffusione  rango
determinato da un elemento esclusivamente geografico ovvero l’ambito di diffusione

gerarchia dei ranghi – alla base della piramide gerarchica dei ranghi si pone quello con diffusione più
ristretta, cui segue quello con ambito più ampio fino a collocare sul vertice il rango con ambito d diffusione
più esteso

area di gravitazione – della località centrale


La città, manto di simboli e valori
Città come manto di segni, idea portata avanti da un gruppo di geografi durante gli anni sessanta-settanta.
Tra le indagini più importanti quella di Cosgrove, sui monumenti di Roma che apriva una nuova visone delle
città rispetto a quella strutturalista. Nella prospettiva umanistica il luogo urbano è stato scelto come luogo
privilegiato di indagine perché inquadrano le sue connotazioni simboliche.
Per comprendere le articolazioni del manto urbano dobbiamo mettere a fuoco i singoli luoghi, per coglierne
l’identità segnica, che è poi la loro identità culturale.
Importante prendere n considerazione il concetto di eterotopia, utile per scoprire i luoghi che posseggono
connotazioni segniche “altre”, che si differenziano dalle connotazioni generali dell’ambito della città e si
isolano grazie all’attivazione di appropriati sistemi di chiusura e apertura culturale nei riguardi dello spazio
circostante (Foucault)
Da una parte, la funzione delle eterotopie consiste nel creare “uno spazio di illusioni che mette in evidenza
ogni spazio reale entro il quale la vita umana ha luogo, dall’altro lato, la loro funzione consiste nel creare
uno spazio che è altro, uno spazio reale che però è perfetto, meticoloso e ordinato”
Spazi eterotopici possono essere musei, prigioni, conventi, biblioteche, bagni romani e bagni turchi. Quindi
per Foucault le eterotopie costituiscono spazialità discontinua ma reale, materiale e immateriale allo stesso
tempo. Potremmo aggiungere che l’eterotopia ha la proprietà di essere uno spazio interstiziale nel quadro
di spazi reali  uno spazio cui le rappresentazioni prodotte nel contesto della cultura moderna non hanno
dato rilevanza ma che possiede una sua realtà che conduce a significati propri.
Soja sottolinea come l’eterotopia si distingua dall’utopia: la prima è uno spazio reale, mentre la seconda è
uno spazio irreale.
Foucault spiega questa differenza tramite l’immagine dello specchiarsi nello specchio.
Lo specchio rappresenta ambedue, utopia e eterotopia, in una sorta di esperienza combinata, contestuale

 uno spazio irreale, senza luogo in cui vedo me stesso dove non mi trovo, là dove sono assente (UTOPIA)

 uno spazio reale ma contrapposto (a quello in cui mi trovo), in cui scopro la mia assenza dal punto in cui
mi trovo, poiché mi vedo là. È un rendersi conto che mi fa ritornare su me stesso per ricostruirmi dove sono
(ETEROTOPIA)

In sostanza le eterotopie sono spazi in cui viviamo la nostra esistenza, scorre il tempo la nostra storia. Essi
sono altri spazi che non vediamo perché opachi, si mostrano difficilmente perché non sono trasparenti.
Per identificare e conoscere le eterotopie dobbiamo usare criteri particolari, quelli dell’ETEROPOLOGIA,
intesa come logica dell’identificazione e della rappresentazione dello spazio eterotopico.

a) Le eterotopie sono presenti in tutte le culture, nonostante esse mutino passando da una comunità
all’altra.
Una categoria importante secondo Foucault, è rappresentata dagli spazi sacri, riservati proibiti,
come possono essere caserme, comunità religiose o scuole militari. Un’altra categoria è costituita
da spazi dove sono allocate condizioni patologiche (ospedali psichiatrici)
b) Le eterotopie mutano funzioni e senso nel corso del tempo in rapporto con il mutare delle relazioni
con il contesto culturale.
Un esempio significativo, che riguarda in modo stretto il disegno urbano, è costituito dai cimiteri.
Fino al settecento erano situati all’interno della città (perché legati ai valori, significati di sacro e di
immortale). In seguito sono stati spostati alle periferie urbane e gradualmente sono stati visti come
spazi estranei alla città.
c) Le eterotopie si possono sovrapporre le une alle altre in uno stesso luogo
d) Nelle eterotopie tempo e spazio si possono intersecare in modi diversi. L’esempio principale è
costituito dai musei e dalle biblioteche, dove il tempo si accumula nelle rappresentazioni fornite dai
documenti e dai materiali che vi si trovano
e) Le eterotopie presuppongono un sistema di apertura e chiusura che le rende al tempo stesso
isolate e penetrabili. L’accesso e l’impossibilità ad accedere sono regolati da vari meccanismi:
compulsione (prigione, caserma), rito di purificazione (Hammam musulmana, sauna)
f) Le eterotopie infine si rapportano agli altri spazi, esistono perché esistono altri spazi, e servono
indirettamente a connotare altri spazi.
Da un lato creano uno spazio illusorio che rende ancor più illusorio ogni spazio reale, dall’altro lato,
al contrario creano uno spazio che è altro, uno spazio reale così perfetto e meticoloso mentre i
nostri spazi reali sono sporchi, mal costruiti e confusi

A mano a mano che la città diventa multi-etnica per effetto delle immigrazioni, il concetto di eterotopia
acquista rilevanza per identificare gli interstizi culturali che si creano all’interno dello spazio culturale
preesistente e per indagare i valori attribuiti a singoli luoghi dalle culture che si trovano a coesistere in uno
stesso ambiente.
Questo avviene in modo particolare con i fenomeni di immigrazione. Quando avviene l’incontro tra
immigrati e comunità ospite, non soltanto si generano delle eterotopie, ma si produce un incontro di
quattro immaginazioni di luoghi.
Il gruppo immigrato innesta una propria fisionomia simbolica nel luogo in cui si è insediato, attribuendogli
simboli e valori che rimandano alla cultura d’origine. Nello stesso tempo conserva la memoria dei simboli e
dei significati dei luoghi di partenza che diventano quindi uno spazio immaginato, partecipato
simpateticamente.
La comunità ospite, a sua volta, nutre una doppia visione: da un lato le esperienze esistenziali che conduce
giorno dopo giorno la portano ad avere una propria visione del mondo; dall’altro la presenza dei gruppi
immigrati la induce a immaginare i luoghi da dove sono pervenuti e ad attribuire loro simboli e significati
che, essendo filtrati dalla cultura locale, sono differenti da quelli condivisi dal gruppo immigrato.

Ma anche il tempo può generare uno scarto di significato dello stesso simbolo. La gentrifcazione è una delle
manifestazioni più diffuse di questo genere di dinamiche culturali.
Il termine deriva dall’inglese GENTRY (nobiltà) e si riferisce all’affluenza di gruppi sociali più ricchi in
quartieri poveri, ove effettuano investimenti con l’obiettivo di creare sedi residenziali appropriate al loro
tenore di vita. L’affluenza produce un cambiamento di forme e architetture che erano in declino, oppure
riporta allo stato precedente, antico, sedi che erano state soggette ad ammodernamento.
Nella figura della gentrificazione rientrano le azioni per la rivitalizzazione di centri storici. Abitazioni
ristrutturate attraverso interventi di restauro architettonico, attente a riportare alla luce vecchie forme e a
riprodurle com’erano, danno vita a un paesaggio che, soprattutto quando il restauro è conservativo,
riproduce l’antico, nello stesso tempo, produce nuovi tipi di connotazioni sociali (e direi anche culturali, un
dato aspetto medievale acquisisce tutte le connotazioni culturali dell’epoca in cui viene riprodotto)
La gentrificazione dà luogo a due tipi di conseguenze
 conseguenze sociali – ha luogo un trasferimento di ceti sociali verso parti della città finora ritenute di
poco pregio
 conseguenze culturali – i luoghi, così restaurati e rivitalizzati, diventano un’arena in cui si incrociano
valori e visioni del mondo proprie dei precedenti abitanti, generalmente appartenenti a ceti poveri

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