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Il ruolo
dell’immaginazione e
perché è
sottoutilizzata
In un mondo di totale
separazione e disillusione
può essere un’impresa
molto difficile immaginare come noi, razza umana, possiamo unificarci attraverso l’espressione dell’amore quale
nostro comportamento primario. L’amore si esprime nell’atteggiamento di unità (oneness) e uguaglianza, e
percepisce tutta la vita come esseri infiniti, non importa sotto quali veli in termini di personalità e veste umana.
Tuttavia, siamo programmati a ricorrere alla rabbia o metterci sulla difensiva ogni volta che qualcosa o qualcuno
minaccia, diminuisce, impedisce o esaspera la nostra volontà e senso di sicurezza. In un mondo di costante
sorveglianza, di sempre meno libertà e d’inesorabile secolarismo, non è facile negare la nostra programmazione.
Questa programmazione si basa su due elementi interdipendenti e primari della realtà umana:
1) separazione
2) inganno
Ognuno di noi è separato e ognuno di noi vive nell’inganno. Questo è un semplice dato di fatto.
La separazione comincia nel momento in cui vestiamo un corpo umano (la nascita). Siamo immediatamente
separati nella realtà tridimensionale. Siamo sigillati all’interno del nostro corpo. È un’esperienza molto strana
cominciare a vedere il mondo come separato da noi stessi e che noi esistiamo separati da tutti e da ogni cosa.
Veniamo programmati da questa forte caratteristica della realtà a sentirci vulnerabili e dipendenti.
L’inganno del nostro mondo è in quel principio illusorio che descrive la durata della nostra coscienza umana di
circa ottant’anni (la media di vita) con una possibile – ma indefinita – componente spirituale divina. Grazie a
questa potenziale scintilla divina siamo autorizzati a credere nell’anima, che tuttavia rimane solo una credenza, e
così l’inganno è completo: noi non conosciamo il nostro vero sé. (Vedere l’Intervista n. 5 al dr. Neruda per
maggiori dettagli sull’Ologramma d’Inganno.)
La soppressione dell’immaginazione
L’immaginazione è una facoltà all’interno del cuore e della mente di ogni individuo. È quella parte di noi che può
esercitare una visione contro-intuitiva verso la realtà che ci circonda. Come il nostro occhio-cervello usa il
telescopio per vedere le galassie lontane, così il telescopio della nostra coscienza è l’immaginazione. Essa ci
permette di raggiungere l’infinito. Ciascuno di noi è sommerso da storie e immagini di guerra, disfunzioni sociali,
politiche e tecnologie che ci derubano della libertà, tutto instillante un senso di morte e distruzione. La nostra
immaginazione viene schiacciata da quei pesanti oggetti che possiamo generalmente chiamare eventi di
soppressione.
Questi eventi di soppressione, nel tempo, introducono la falsa sensazione di essere fondamentalmente imperfetti e
impotenti. Cominciamo a credere alla menzogna che la nostra vita – o parti di essa – sia sbagliata e richieda
correzioni o modifiche. E da dove pensate che arriveranno queste correzioni? Quale governo o istituzioni religiose
correggeranno i nostri errori? Quelle stesse istituzioni che per prime progettano e distribuiscono gli eventi di
soppressione? Esattamente.
Il problema è che abbiamo permesso alla nostra immaginazione di essere programmata dagli eventi di
soppressione e, come conseguenza, la nostra immaginazione si è in gran parte atrofizzata. La nostra
immaginazione è paragonabile a un muscolo che deve essere esercitato perché possa poi sollevare un grande peso.
Per sbarazzarci degli eventi di soppressione che – letteralmente – ci schiacciano, potremmo trovare valido usare la
nostra immaginazione regolarmente.
Esercitare l’immaginazione
Ora la domanda è: in che modo o con quale metodo posso esercitare la mia immaginazione? Nell’Intervista n. 5 al
dr. Neruda consiglio una pratica specifica chiamata Pausa Quantica [1]. Questo è un buon punto di partenza
per esercitare ed espandere l’immaginazione. Dico punto di partenza, perché consiglio caldamente a ognuno di
adattare la pratica della Pausa Quantica su se stesso.
L’immaginazione è stata emarginata dal mondo accademico più o meno allo stesso modo di parole come mito o
intuizione. Questi sono termini concettuali che stanno al limite dell’accettazione, eppure sono, in molti modi,
concetti potenti del nostro tempo. Come queste parole siano state emarginate è uno studio interessante in sé, ma il
focus di questo articolo non è su questo tema, ma piuttosto a suggerire che ognuno di voi potrebbe trovare un
modo per esercitare la sua immaginazione.
Tuttavia, altrettanto importante è il modo in cui si applica la propria immaginazione e, a tal fine, vi suggerisco di
prendere in considerazione la Pausa Quantica, e vedere se in quello strumento ci sono aspetti che potete utilizzare
per formulare la vostra tecnica.
Questi sono alcuni elementi chiave da prendere in considerazione per sviluppare la propria tecnica:
* Respirazione ritmica
* Raccoglimento verso l’interno (ricezione) ed espressione verso l’esterno (trasmissione) in sequenza ciclica
* Connessione con la Terra, la vita e l’infinito
La tecnica della Pausa Quantica è una tecnologia interiore che si basa sull’immaginazione e la fisiologia umana che
operano come uno. È progettata per attenuare l’impatto e l’effetto degli eventi di soppressione sui nostri
atteggiamenti emotivi e mentali, ma cosa ancor più importante, per permetterci di ridurre la densità del velo che
ci circonda. Questo ci aiuta a vedere con maggiore chiarezza e capire un po’ di più i nostri sé infiniti.
Piccolissime incidenze possono modificare il benessere di un individuo. Allo stesso modo, piccolissimi
cambiamenti nella facoltà immaginativa se allineata alle virtù del cuore e all’espressione di amore, uguaglianza e
unità, possono aiutare tutti noi. I sette ingredienti fondamentali citati sopra sono per una ricetta che sviluppi il
potere della vostra immaginazione assicurando il suo esercizio a beneficio di tutti.
James Mahu
_________________
[1] Vedi “Intervista a James del Project Camelot” e “EVT3, L’attivismo spirituale” (ndt)
[2] “L'”umiltà attiva” non è una convinzione di principio, ma un’esperienza, una effettiva presa di coscienza;
umiltà che si riferisce dapprima all’essere, non all’avere.” (J. Leclercq, Cultura umanistica e desiderio di Dio– Ed.
Sansoni (ndt)
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