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I SETTE SAPERI SONO:

- La cecità della conoscenza: l’errore e l’illusione, - Affrontare le incertezze,

- I principi di una conoscenza pertinente, - Insegnare la comprensione,

- Insegnare la condizione umana, - L'etica del genere umano.

- Insegnare l’identità terrestre,

1. La cecità della conoscenza: l'errore e l'illusione


La conoscenza umana è soggetta a vari errori e illusioni per cause interne ed esterne all'uomo. Errore e illusione
esistono nella mente umana fin dalla comparsa dell’uomo sapiens. Marx e Engels in un loro testo hanno enunciato
che gli uomini hanno sempre elaborato false concezioni di se stessi, di ciò che fanno, del mondo in cui vivono.
IL TALLONE DI ACHILLE DELLA CONOSCENZA
La conoscenza non è uno specchio sul mondo esterno. Tutte le percezioni che noi abbiamo sono ricostruzioni
cerebrali, segni captati e codificati attraverso i sensi. La conoscenza è il frutto di una traduzione/ricostruzione
attraverso i mezzi del linguaggio e del pensiero, perciò sperimenta il rischio dell’errore. Le proiezioni dei nostri
desideri o delle nostre paure provocate dalle nostre emozioni moltiplicano i rischi di errore. Si potrebbe però
provare ad eliminare il rischio di errore rimuovendo ogni singola affettività. Il sentimento, l’odio, l’amore, in
effetti sono sentimenti che possono accecarci, non sempre controllabili. L’affettività potrebbe soffocare la
conoscenza, ma allo stesso tempo potrebbe anche arricchirla. La conoscenza scientifica è un potente mezzo per
individuare gli errori e lottare contro le illusioni. Ma in primis è l’educazione che deve individuare le fonti degli
errori, delle illusioni e degli accecamenti.
GLI ERRORI MENTALI
Il cervello non ci permette di distinguere l’allucinazione dalla percezione, il sogno dalla sveglia, l’immaginario
dal reale. In ogni mente umana esiste la possibilità di mentire a se stessi (self- deception), fonte permanente di
errori e illusioni. L’egocentrismo, il bisogno di auto giustificazione, la tendenza a proiettare sugli altri le cause del
proprio male, fanno si che ognuno menta a se stesso. Anche la nostra memoria è soggetta a numerosi fonti di
errori. La nostra mente, inconsciamente, tende a selezionare i ricordi vantaggiosi e a rimuovere quelli sfavorevoli,
scomodi. La memoria può essere soggetta a illusioni e errori.
GLI ERRORI INTELLETTUALI.
I nostri sistemi di idee (teorie, dottrine, ideologie) non soltanto sono soggetti all’errore, anche proteggono gli
errori e le illusioni in essi radicati. Le teorie resistono all’aggressione delle teorie nemiche o delle argomentazioni
avverse. Mentre le dottrine, teorie chiuse su se stesse e assolutamente convinte delle loro verità, sono invulnerabili
a ogni critica.
GLI ERRORI DELLA RAGIONE
Ciò che ci permette di distinguere tra veglia e sogno, tra immaginario e realtà, tra soggettivo e oggettivo è
l’attività razionale della mente. La razionalità è correttrice. La razionalità è la miglior barriera contro l’errore e
l’illusione. Da una parte vi è la razionalità costruttiva, che elabora teorie coerenti, dall’altra parte, vi è la
razionalità critica che si basa sugli errori e sulle illusioni delle credenze, delle dottrine e delle teorie. La
razionalizzazione è chiusa, la razionalità è aperta. La razionalizzazione attinge dalle stesse fonti della razionalità,
ma costituisce una delle più potenti fonti di errore e illusione. La razionalità conosce i limiti della logica, sa che la
mente umana non può essere onnisciente (non può conoscere tutte le cose), la realtà comporta mistero. La mente
umana non è solo critica ma anche autocritica. La razionalità non è una qualità posseduta solo dalle menti scientifi
che e tecniche. L’Occidente europeo si è a lungo creduto proprietario della razionalità, vedendo solo errori,
illusioni e arretratezze nelle altre culture, giudicando ogni cultura attraverso le proprie scoperte tecnologiche fatte.
In ogni società, comprese quelle arcaiche, c’è mito, magia, religione e allo stesso tempo anche razionalità.
GLI ACCECAMENTI PARADIGMATICI
Un paradigma può essere definito con: la selezione dei concetti dominanti dell’intelligibilità. Cosi, l’Ordine delle
concezioni che determinano la Materia nelle concezioni materialiste, lo Spirito nelle concezioni spiritualiste, la
Struttura nelle concezioni strutturaliste sono i concetti dominanti. I livello paradigmatico è dunque quello del
principio di selezione delle idee che sono o integrate nel discorso e nella teoria, o escluse e rifiutate. Il paradigma
svolge un ruolo allo stesso tempo sotterraneo e sovrano in ogni teoria, dottrina o ideologie. Il paradigma è
inconscio, ma nutre il pensiero cosciente, lo controlla ed è anche sovra cosciente. In breve, il paradigma istituisce
le relazioni primordiali, determina i concetti, domina i discorsi e le teorie. Il paradigma cartesiano distingue il
soggetto e l’oggetto, ciascuno con la propria sfera: da una parte, la filosofia e la ricerca riflessiva, dall’altra, la
scienza e la ricerca oggettiva. Un paradigma può chiarire e accecare, rivelare e occultare allo stesso tempo.
IMPRINTING E NORMALIZZAIZONE
Le possibilità di errore per cause esterne sono dovute all’imprinting culturale, che segna gli esseriumani,fin dalla
nascita, dapprima con il sigillo della cultura familiare, scolastico, professionale, sociale.
LA NOOLOGIA: POSSESSIONE
Le credenze e le idee non sono solo prodotti della mente, ma hanno anche vita e potenza. Possono possederci. Con
la comparsa dell’uomo sulla terra è comparsa anche la noosfera, sfera delle cose della mente, con la
manifestazione dei miti, degli dei, che hanno trascinato l’uomo a deliri, massacri, crudeltà, adorazioni e estasi del
mondo animale. La noosfera nasce interamente nelle nostre anime e nelle nostre menti, quindi è in noi, e noi
siamo nella noosfera. Miti, Idee, Fantasmi/ Dei, procurano emozioni, amore, esaltazione, estasi, ma anche
incomprensioni, odio, per cui gli uomini possono morire o uccidere per un'idea, per un dio. L’Idealità è necessaria
all’idea per tradurre il reale; L’Idealismo è una presa di possesso del reale da parte dell’idea.
L’INATTESO
L’inatteso è qualcosa che ci sorprende, qualcosa non programmata, non prevista.
L’INCERTEZZA DELLA CONOSCENZA
L’incertezza uccide la conoscenza. L’educazione deve fornire elementi indispensabili alla conoscenza per cercare
di non farla cadere in errore, che a sua volta deve essere per l’educazione un principio e una necessità permanente.
Le possibilità di errore e di illusione sono molteplici: quelle nate all’esterno, culturale e sociale impediscono la
ricerca della verità e inibiscono l’autonomia della mente; quelle nate all’interno, fanno si che la mente si
autoinganni
2. I principi di una conoscenza pertinente
La conoscenza del mondo è una necessità vitale. Vi è però una inadeguatezza sempre più ampia, profonda e grave
tra i nostri saperi separati, frazionati e la realtà o problemi sempre più globali, planetari. Per questa inadeguatezza
diventano invisibili alcuni aspetti come: Il contesto Il globale, Il multidimensionale, Il complesso.
Contesto: La conoscenza delle informazioni è insufficiente. Per dare un senso alle informazioni, la parola ha
bisogno del testo che è il suo contesto e il testo ha bisogno del contesto per esprimersi. Ad esempio: la parola
amore cambia senso in un contesto religioso e in uno profano.
Il globale (relazioni fra il tutto le parti): Il globale è l’insieme che contiene parti diverse. Pascal afferma che: sia
impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere
le singole parti che lo compongono. Nell’essere umano si ha la presenza del tutto all’interno delle singole parti:
ogni cellula vivente contiene in sé il patrimonio genetico di un organismo; così come la società è presente in ogni
singolo individuo, ogni individuo forma la società.
Il multidimensionale: L’unità complesse come l’essere umano o la società, sono multidimensionali, cioè l’essere
umano è allo stesso tempo biologico, psichico, sociale, affettivo; così come la società ha in sé dimensioni storiche,
economiche, sociologiche, religiose. La conoscenza quindi, non deve isolare una parte dal tutto, e neanche le parti
l’una dall’altra.
Il complesso Complexus significa ciò che è stato intrecciato, tessuto insieme: quando gli elementi che
costituiscono il tutto sono inseparabili. È il legame tra l’unità e la molteplicità.
L’INTELLIGENZA GENERALE
Simon affermava che la mente umana era come un GPS. Più potente è l’intelligenza generale, più sarà in grado di
trattare problemi specifici, o la comprensioni di dati particolari. L’educazione in tutto ciò deve favorire la mente
nel risolvere i problemi essenziali, e stimolare l’uso dell’intelligenza generale. Questo è possibile grazie alla
curiosità, viva e diffusa nell’infanzia e nell’adolescenza di un individuo. L’antinomia (contrapposizione di due
tesi) Nel corso del XX secolo, sono stati fatti molti progressi nell’ambito delle specializzazioni delle discipline.
Questi progressi delle discipline(conoscenze) però hanno prodotto una regressione della conoscenza. Perché la
mente umana attraverso le specializzazioni ha iniziato a studiare e conoscere solo determinate discipline,
abbandonando la conoscenza generale. Quindi tende ad essere responsabile solo di un compito specializzato.
I PROBLEMI ESSENZIALI
Disgiunzione e specializzazione chiusa Il fatto di specializzarsi solo su un’unica disciplina impedisce di vedere il
globale, ma solo delle particelle del globale. La conoscenza specializzata estrae un oggetto dal suo contesto e dal
suo insieme, e ne taglia i legami e le interconnessioni con gli altri oggetti circostanti, e va ad inserirlo in un settore
compartimentato. Cosi l’economia, è una scienza arretrata, si è astratta(isolata) dalle scienze sociali, storiche,
politiche, e per questo motivo i suoi esperti non riescono a prevedere gli andamenti economici, anche a breve
termine. Si ha quindi l’errore economico.
Riduzione e disgiunzione Il principio di riduzione porta a ridurre il complesso al semplice. Poiché la nostra
educazione ci ha insegnato a separare, compartimentale e isolare la varie conoscenze, mettendole insieme avremo
un puzzle che non si riuscirebbe a comprendere. L’incapacità di unire il sapere compartimentato porta all’atro缟a
della nostra mente. L’intelligenza parcellare (divisa in parti) spezza il complesso del mondo in frammenti, separa
ciò che è legato. Distrugge sul nascere la possibilità di comprensione e di riflessione, e quindi rende incoscienti e
irresponsabili.
La falsa razionalità L’uomo dipende sempre più dalle intelligenze artificiali, che sono impiantate profondamente
nelle nostre menti. È incapace di gestirsi e decidere da solo. Di fatto, la falsa razionalità trionfa su tutte le terra.
Per decine di anni, le soluzioni apportate da esperti convinti di operare a vantaggio della ragione e del progresso,
hanno solo impoverito e distrutto tutto. Lo sradicamento degli alberi su migliaia di ettari contribuiscono allo
squilibrio idrico e alla desertificazione delle terre. Le grandi monocolture hanno eliminato le piccole colture di
sussistenza, aggravando le carestie. La pseudo funzionalità, che non tiene conto dei bisogni ha moltiplicato le
periferie e le città nuove, che divengono rapidamente isolate, sporche, degradate e piene di delinquenza. Nell’ ex
Unione Sovietica per esempio, si è deviato il corso dei fiumi per irrigare, anche nelle ore più calde ettari di terreni.
Il mare d’Aral è stato quasi interamente prosciugato. Da tutto ciò derivano catastrofi umane. Così il XX secolo ha
vissuto sotto il regno di una falsa razionalità che ha atrofizzato la comprensione, la riflessione della mente. Da ciò
deriva un paradosso: ilXX secolo ha generato progressi giganteschi in tutti gli ambiti della conoscenza scientifica
e tecnica; nel contempo, ha prodotto una nuova cecità verso i problemi globali, e quindi errori e illusioni negli
scienziati e negli specialisti.
3. Insegnare la condizione umana
L’educazione dovrebbe comprendere un insegnamento che verta sulla condizione umana. Conoscere l’umano vuol
dire innanzi tutto collocarlo in un determinato posto nell’universo. Interrogare la nostra condizione umana vuol
dire in primo luogo interrogare la nostra situazione nel mondo. Chi siamo? Dove siamo? Da dove veniamo? I
progressi della cosmologia, della scienza della terra, dell’ecologia, della biologia negli anni Sessanta e Settanta
hanno modificato le idee dell’universo, sulla terra, sulla vita e sull’uomo stesso. Ma questi apporti non sono
ancora collegati tra loro. Le scienze umane sono frazionate e compartimentate. Cosi, la complessità umana diviene
invisibile e l’uomo svanisce come una traccia sulla sabbia. Di qui la necessità di un grande riaccorpamento delle
conoscenze, al fine di situare la condizione umana nel mondo.
RADICAMENTO – SRADICAMENTO UMANO:
Siamo nello stesso tempo radicati nella natura e sradicati dalla natura.
La condizione cosmica: Siamo in un gigantesco cosmo in espansione, costituito da miliardi di galassie e di stelle,
dove la nostra terra è una minuscola trottola che gira intorno al sole. Le particelle dei nostri organismi sarebbero
comparsi circa 12 miliardi di anni fa, gli atomi si sarebbero formati in uno o più soli anteriori al nostro.
La condizione fisica: La vita è solare e nasce dalla macerazione marina, preparazione chimica e scariche elettriche
di una certa quantità di sostanza fisica. Noi viventi, siamo una piccola parte della diaspora cosmica, qualche
briciola dell’esistenza solare e dell’esistenza terrena.
Condizione terrena: facciamo parte del destino cosmico ma occupiamo una posizione marginale: la nostra terra è
il terzo satellite di una galassia. Il nostro pianeta si è creato probabilmente 5 miliardi di anni fa da detriti cosmici
nati dall’esplosione di un sole anteriore. La terra si è autoprodotta e auto organizzata nella dipendenza dal sole.
Siamo allo stesso tempo esseri cosmici e terrestri. La vita si è sviluppata non solo in specie diverse ma anche in
ecosistemi diversi, generando così la catena della vita e della morte. Essendo esseri viventi di questo pianeta
siamo dipendenti in modo vitale dalla biosfera terrestre: la nostra identità è quindi terrestre, ma anche molto fisica
e molto biologica.
L’umana condizione Animalità e umanità costituiscono insieme la nostra condizione. La storia ci mostra come la
comparsa dell’uomo sia avvenuta milioni di anni fa in modo discontinuo: apparizioni di nuove specie, e
scomparsa di altre. Il concetto di uomo ha due significati: uno è un concetto biofisico e l’altro psico-sociale-
culturale, perché siamo nati dal cosmo, dalla natura, dalla vita ma a causa della nostra stessa umanità, della nostra
cultura, della nostra mente siamo divenuti estranei a questo cosmo. Il fatto stesso di considerare razionalmente e
scientificamente l’universo ci separa da esso.
L’UMANO DELL’UMANO
Unidualità L’uomo è allo stesso tempo super e ipervivente: ha sviluppato tutte le potenzialità della vita. L’uomo è
un essere biologico, ma se non disponesse pienamente dalla cultura, sarebbe un primate del rango più basso.
L’anello cervello-mente-cultura L’uomo si realizza pienamente solo attraverso la cultura e nella cultura. Non c’è
cultura senza cervello umano ma non c’è mente, ossia capacità di pensiero, senza cultura. Quindi si va a formare
una triade perfetta: CERVELLO-CULTURA-MENTE, dove ognuno dipende dall’altro.
L’anello ragione-affetto-pulsione Il cervello umano, nel corso dell'evoluzione della specie, ha integrato in sé: il
paleo encefalo ereditato dai rettili e sede dell'aggressività, della fregola (eccitazione sessuale), delle pulsioni
primarie; il mesencefalo, ereditato dai grandi mammiferi e sede dell'affettività e della memoria a lungo termine; la
corteccia, sede delle capacità analitiche, logiche, strategiche che la cultura consente di attuare pienamente. Le tre
relazioni non sono solo complementari, ma sono anche opposte, e quindi generano anche conflitti tra ragione-
affettività-pulsione.
L’anello individuo-società-specie C’è una relazione tra individuo-società-specie. Gli individui sono il frutto della
riproduzione della specie umana, che a sua volta però deve essere prodotto da due individui. Il rapporto tra due
individui genera la società. La società vive per l’individuo, il quale vive per la società. La società e l’individuo
vivono per la specie, che vive per l’individuo e la società. La complessità umana non potrebbe essere compresa se
dissociata da questi elementi.
UNITAS MULTIPEX: L'UNITA' E LA DIVERSITA' UMANE
L’educazione dovrà far in modo che l’idea di unità non della specie umana non cancelli l’idea della sua diversità, e
viceversa. L’unità non è solo nei tratti biologici della specie. La diversità non è solo nei tratti psicologici, culturali,
sociali dell’essere umano. Comprendere l’umano vuol dire comprendere la sua unità nella diversità, la sua
diversità nell’unità.
Il campo individuale: Ogni essere umano porta in sé alcuni caratteri fondamentali, la sua singolarità genetica,
anatomica, fisiologica; singolarità cerebrali, mentali e psicologiche.
Il campo sociale: Nel campo sociale vi è un’unità-diversità delle lingue, tutte diverse tra loro. Siamo uniti perché
comunichiamo tutti tramite un linguaggio ma diversi perché utilizziamo tutti lingue diverse.
Diversità culturale e pluralità di individui la cultura è costituita dall’insieme dei saperi, delle abilità, delle regole,
delle norme, dei divieti, delle credenze, delle idee, dei valori, che si trasmette di generazione in generazione. Non
esistono società prive di cultura, ma ogni cultura è singolare. La cultura mantiene l’identità umana, le culture
mantengono le identità sociali. Ma le culture possono anche mutare, cioè attingere da altre culture nel corso dei
secoli.
Sapiens-demens: L’uomo è complesso e porta in sé in modo bipolare i caratteri antagonisti, è un’unione tra ibrido
e emozione, saggezza e follia, ordine e disordine, calma e irrequietezza. In lui vivono in modo reciproco elementi
ordinati e strutturali, liberi e caotici.
Homo complexus: pur essendo essere razionali, siamo anche essere infantili, nevrotici. L’ essere umano è un
essere ragionevole e irragionevole, soggetto di un’affettività intensa e instabile (sorride, piange ,ride) ma sa anche
essere serio e calcolatore, ansioso e angoscioso. È un essere che conosce la morte ma allo stesso tempo non ci
crede, che sa dividere il mito dalla magia, e la scienza dalla filosofia. Si nutre di coscienze verificate, ma credere
molto anche nei miti, e nelle chimere. Perciò la follia è un problema centrale dell’uomo. Il tema della follia è un
tema fondamentale per la filosofia, per i poeti, i moralisti.
4. Insegnare l’identità terrestre
Dalla fine del XX secolo siamo nella fase della mondializzazione, cioè l’emergenza di un oggetto nuovo, il mondo
in quanto tale. Ma più siamo presi dal mondo, più il mondo ci risulta difficile da capire. Nell’epoca delle
telecomunicazioni delle innumerevoli informazioni sul mondo, veniamo soffocati, abbiamo difficoltà a conoscere
il nostro mondo, perché il nostro pensiero, la nostra capacità di contestualizzare e globalizzare è atrofizzata.
L'ERA PLANETARIA
Tutte le razze umane dispongono degli stessi caratteri fondamentali dell’umanità, ma hanno però una straordinaria
diversità di lingue, di culture, di destini. Alla fine del XV secolo la Cina dei Ming e l’India erano le civiltà più
potente del globo. L’Islam in Asia e in Africa era la religione più diffusa sulla Terra. L’impero Ottomano diviene
una grande potenza europea. A partire dal 1492 l’avventura, la guerra, la morte danno vita all’era planetaria che
mette in comunicazione i cinque continenti nel bene e nel male. La dominazione dell’occidente europeo sul resto
del mondo provoca enormi catastrofi, distruzioni e schiavitù. L’era planetaria si sviluppa cosi con la violenza. Gli
europei importano mais, patate, fagioli, cacao, tabacco. Portano in America i montoni, bovini, cavalli, cereali, viti,
ulivi e piante tropicali, riso, caffè. L’industria e la tecnica hanno uno sviluppo che nessuna civiltà ha ancora
conosciuto. Nella seconda metà del XIX sec 21milioni di persone hanno attraversato l’Atlantico verso le due
Americhe. Flussi migratori si producono anche in Asia, dove i cinesi si imbarcano per la California. Con la
planetarizzazione nel XX secolo si hanno due guerre mondiali e due crisi economiche mondiali. Magellano ha
impiegato ben 3 anni per fare il giro del mondo, nel XIX Sec invece bastano solo 80 giorni in auto. In aereo solo
24 ore. Ma soprattutto, tutto è presente da un punto all’altro del pianeta, grazie ai telefoni, alla tv al pc. Mentre
però l’europeo vive in un circuito di comfort, gli africani, asiatici e sud americani vive in miseria e povertà, e
subiscono i contraccolpi del mercato mondiale che influenzano le quotazione del cacao, caffè, zucchero, materie
prime prodotte nei loro paesi. La mondializzazione è certamente unificante, ma è anche conflittuale nella sua
assenza. Il mondo diviene sempre più uno solo, ma allo stesso tempo sempre più diviso.
LE EREDITA' DEL XX SECOLO
È evidente che il XX secolo ha compiuto progresso spaventosi in ambito scientifico, medico (farmaci),
chirurgico, meccanico (automobili). Ma il XX secolo è stato anche il secolo di un’alleanza tra due barberie: la
prima porta guerre, massacro, deportazione; la seconda proviene dall’interno di una razionalizzazione che conosce
soltanto il calcolo e ignora gli individui, i loro sentimenti, le loro anime. Per superare questa barberia, bisogna
riconoscere la sua eredità, cioè cosa porta con se: morte e nascita.
L’eredità della morte Kafka diceva: l’evoluzione umana è una crescita della potenza di morte. La morte introdotta
dal XX secolo, non è solo la morte dovuta alle guerre, allo sterminio sovietico e nazista, ma anche la possibilità si
morte globale, di tutta l’umanità per mezzo dell’arma nucleare.
I nuovi pericoli: Un’altra causa di morte è la morte ecologica. Una morte dovuta quindi all’inquinamento terrestre,
ai nuovi virus nati nell’ultimo secolo, come l’aids, virus ancora non debellato. Molti batteri sono tornati di nuovo,
piu resistenti di prima agli antibiotici. La morte guadagna sempre piu posto all’interno delle nostre anime; l’uso di
droghe pesanti come l’eroina hanno contribuito a ciò.
Morte delle modernità: La civiltà nata in Occidente pensava di dirigersi verso un futuro di progresso e
innovazione. Ma la civiltà del benessere ha portato con se anche malessere, lo sviluppo industriale ha comportato
devastazioni culturali. Tutto cioò ha portato alla morte della modernità.
La speranza (è educazione): Si spera che per il terzo millennio si possa intravedere una possibilità di una nuova
creazione.L’educazione che è nel contempo trasmissione del passato e apertura della mente per accogliere il
nuovo.
1-L’apporto delle contro-correnti: il XX secolo ha lasciato alcune contro-correnti rigeneratrici. Tutte le
aspirazioni, che hanno alimentato le grandi speranze rivoluzionarie del XX secolo, che sono andate deluse
possono rinascere sotto forma di una nuova ricerca di solidarietà e di responsabilità. Potremmo che il bisogno di
ritorno alle origini possa farsi più profondo; ma la vera trasformazione potrà compiersi solo quando tali correnti si
trasformeranno a vicenda le une con le altre, operando così una trasformazione globale. Si può sperare in una
politica al servizio dell’essere umano che apra la strada per civilizzare la terra.
2-Nel gioco contraddisttorio dei possibili: Gli sviluppi delle conoscenze, hanno permesso a tutti i punti del globo
di essere in comunicazione immediata, assicurando a tutti gli abitanti un minimo di benessere, ma hanno creato
allo stesso tempo condizioni di morte e distruzione. Dan Simmons nella sua saga di fantascienza Hyperion,
ipotizza che in un millennio futuro le intelligenze artificiali (IA) avranno addomesticato gli uomini. Il romanzo
descrive peripezie sorprendenti, al termine delle quali un ibrido umano annuncia una nuova saggezza. Il problema
del XX secolo è: saremo noi a essere assoggettati dalle nuove tecnologie, o riusciremo a vivere in simbiosi? Il XX
secolo ha sofferto molto della mancanza di amori, di indifferenza e crudeltà. Ma anche prodotto un eccesso di
amore verso miti sbagliati, amore verso le illusioni, le valse divinità. Si può sperare nelle possibilità cerebrali
dell’essere umano, in un progresso nelle relazioni tra esseri umani, individui, gruppi e etnie.

L'IDENTITA' E LA COSCIENZA TERRESTRE


L’unione planetaria ha bisogno di un sentimento di reciproca appartenenza che tenga uniti gli uomini alla Terra,
considerata come prima e ultima patria. Abbiamo tutti un’identità genetica, cerebrale, che attraversa le nostre
diversità individuali, culturali, sociali. Ma noi non dobbiamo appartenere solo ad una cultura, ma essere anche
terrestri. Dobbiamo impegnarci, non a dominare, ma a prenderci cura, migliorare, comprendere.
• COSCIENZA ANTROPOLOGICA: Dobbiamo essere uniti nella nostra diversità.
• COSCIENZA ECOLOGICA: la coscienza di abitare, con tutti gli esseri mortali, una stessa sfera vivente.
• COSCIENZA CIVICA: la coscienza della responsabilità e della solidarietà per i figli della Terra.
• COSCIENZA DIALOGICA: la coscienza di critica e autocritica, e di comprenderci gli uni con gli altri.
Tutte le culture hanno le loro virtù, le loro esperienze, le loro saggezze e nello stesso tempo anche le loro
ignoranze. Il nord e il sud, l’occidente e l’oriente devono assorbire un po’ di tutte le culture, devono
complementarsi per vivere nel modo migliore.
5. Affrontare le incertezze
Messaggio di EURIPIDE: attendersi l’inatteso. Le scienze ci hanno fatto acquisire molteplici certezze, ma ci
hanno rivelato anche molte incertezze. E ci hanno convinti che il progresso è possibile, ma incerto. Il progresso
sicuro è un mito.
La storia è ricca di evoluzioni e involuzioni, progressi e regressi, civiltà e barbarie, creazioni e distruzioni, genesi
e morte. La storia insegna che si possono prevedere gli effetti delle azioni a breve termine, non quelli a lunga
scadenza. Per affrontare l'incertezza dell'azione, sono necessari due accorgimenti:
-la consapevolezza che ogni azione è una scommessa;
-l'utilizzazione di una strategia che tenga conto delle probabilità e delle improbabilità. Il futuro si chiama
incertezza. La conoscenza è un’avventura incerta, che comporta il rischio di illusione e errore. Si puo ฀aermare che
la conoscenza è una navigazione in un mare di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze.
Incertezza del reale: La nostra realtà non è altro che la nostra idea di realtà, quindi bisogna comprendere
l’incertezza del reale, sapere che il reale comprende una possibile ancora invisibile. La realtà va sempre prima
interpretata.
Le incertezze e l’ecologia dell’azione: Dal momento in cui s’intraprende un’azione, Occorre tener conto della
complessità dell’azione, che comporta con i suoi rischi iniziative, decisioni, imprevisti. L’ecologia dell’azione
comporta quattro principi di incertezza:
- L’anello del rischio/precauzione: per ogni azione intrapresa in ambiente incerto, vi è contraddizione fra il
principio di rischio e il principio di precauzione,
- L’anello fini/mezzi: i mezzi e i fini retro agiscono gli uni sugli altri ed è inevitabile che i mezzi ignobili al
servizio di fini nobili pervertano questi ultimi e finiscano per sostituirsi ai fini.
- L’anello azione/contesto: ogni azione sfugge alla volontà del suo autore. Questo può avere tre tipi di
conseguenze inattese: l’effetto perverso (effetto nefasto inatteso, più importante del beneficio sperato(, l’inutilità
dell’innovazione ( più cambia, più rimane uguale), la messa a rischio delle innovazioni raggiunte.
L'IMPREVEDIBILITA' A LUNGO TERMINE
La scommessa e la strategia Vi sono due soluzione per risolvere l’incertezza dell’azione: il primo è la piena
coscienza della scommessa che la decisione comporta, il secondi è il ricorso della strategia. La nozione di
scommessa (Pascal) dev’essere generalizzata a ogni fede. La strategia deve prevalere sul programma. Essa elabora
uno scenario d’azione esaminando le certezze e incertezze della situazione. In un ambiente instabile, la strategia
deve talvolta privilegiare la prudenza, talvolta l’audacia, o entrambe insieme. Una strategia al servizio della
massima “libertà, uguaglianza, fraternità” è difficile. Questi termini complementari sono nello stesso tempo
antagonisti. La strategia, come la conoscenza, rimane una navigazione in un oceano di incertezze, attraverso
arcipelaghi di certezze. Il desiderio di liquidare l’incertezza può allora apparirci come una malattia propria della
nostra mente, e ogni cammino verso la grande Certezza potrebbe essere solo una gravidanza isterica. Il pensiero
deve armarsi per affrontare l’incertezza. Tutto ciò che comporta possibilità comporta rischio e il pensiero deve
riconoscere le possibilità dei rischi come i rischi delle possibilità.
6. Insegnare la comprensione
Sulla nostra Terra le interdipendenze si sono moltiplicate. La coscienza di essere solidali nella vita e nella morte
dovrebbe ormai legare gli umani gli uni agli altri, ma l’incomprensione permane generale. Il problema della
comprensione è divenuto cruciale. La comprensione non dovrebbe essere quantificata. Educare alla comprensione
della matematica o di un’altra disciplina è una cosa; educare alla comprensione umana è un’altra. Il problema è
doppiamente polarizzato: un polo planetario, uno individuale. L’assioma più si è vicini meglio ci si comprende
possiede una verità solo relativa e gli si può opporre l’assioma più si è vicini e meno ci si comprende. La
prossimità può alimentare malintesi, gelosie, aggressività, anche negli ambienti in apparenza intellettualmente più
evoluti.
LE DUE COMPRENSIONI
La comunicazione non produce comprensione. L’informazione produce intelligibilità, condizione necessaria, ma
non sufficiente alla comprensione. Vi sono due livelli di comprensione: la comprensione intellettuale o oggettiva e
la comprensione umana intersoggettiva. Spiegare è considerare come oggetto ciò che si deve conoscere. La
spiegazione è necessaria alla comprensione intellettuale o oggettiva. La comprensione umana va ben oltre:
comprendere comporta un processo di empatia tra soggetti, di identificazione e proiezione.
GLI OSTACOLI ALLA COMPRENSIONE
La comprensione del senso delle parole di un altro, delle sue idee, della sua visione del mondo è minacciata dal
rumore, dalla polisemia (un concetto enunciato in un senso è inteso in un altro), dall’ignoranza dei riti e dei
costumi altrui, dall’incomprensione dei valori di un’altra cultura, dall’impossibilità di cogliere idee o argomenti di
un’altra visione del mondo, dall’incommensurabilità tra una struttura mentale ed un’altra.
L'egocentrismo Mantiene l’autoinganno, generato attraverso l’autogiustificazione, glorificazione e la tendenza a
rigettare sugli altri la causa di tutti i mali. L’incomprensione di sé è una fonte molto importante
dell’incomprensione degli altri. Si mascherano a se stessi le proprie carenze e debolezze, il che rende impietosi nei
confronti delle carenze e debolezze altrui.
Etnocentrismo e sociocentrismo. Nutrono la xenofobia e i razzismi, che possono giungere fino a negare allo
straniero la qualità di umano. L’indignazione fa economia d’analisi. La squalifica morale permette di evitare ogni
sforzo di comprensione... un rifiuto morale esprime il rifiuto di analizzare e di pensare.
Lo spirito riduttore. Ricondurre la conoscenza di un complesso a quella di uno dei suoi elementi, in etica ha
conseguenze peggiori che in fisica. Questo modo di conoscenza determina la riduzione di una personalità a uno
solo dei suoi tratti. Se esso è favorevole, vi sarà misconoscimento degli aspetti negativi della personalità. Se
sfavorevole, vi sarà misconoscimento dei tratti positivi. In entrambi i casi vi sarà incomprensione.
L'ETICA DELLA COMPRENSIONE
È un’arte di vivere che richiede il grande sforzo di comprendere in modo disinteressato e non può aspettarsi
alcuna reciprocità. L’etica della comprensione richiede di comprendere l’incomprensione.
Il ben pensare. Permette di apprendere il testo e il contesto, l’essere e il suo ambiente, il locale e il globale, il
multidimensionale; in breve il complesso.
L’introspezione. L’autoesame permanente di sé. Se scopriamo che siamo tutti fallibili, fragili, insufficienti,
carenzati, allora possiamo scoprire di avere un reciproco bisogno di comprensione. L’autoesame critico ci
permette di riconoscere e giudicare il nostro egocentrismo.
LA COSCIENZA DELLA COMPLESSITA' UMANA
La comprensione degli altri richiede la coscienza della complessità umana. L’apertura soggettiva (simpatetica) agli
altri. Il cinema fa sì che simpatizziamo e comprendiamo coloro che ci sarebbero estranei o antipatici, mentre nella
vita siamo quasi indifferenti.
L’interiorizzazione della tolleranza. La vera tolleranza non è indifferenza. Presuppone una convinzione, una fede,
una scelta etica e l’accettazione che siano espresse idee contrarie alle nostre. Comporta una sofferenza nel
tollerare che siano espresse idee nefaste. Vi sono quattro gradi di tolleranza:
1. rispettare il diritto di proferire un discorso; 2. il rispetto delle idee antagoniste (inseparabile dall’opzione
democratica); 3. la concezione secondo cui il contrario di un’idea profonda è un’altra idea profonda (rispettare la
verità insita nell’idea antagonista alla nostra); 4. la coscienza del fatto che gli umani sono posseduti dai miti.
COMPRENSIONE ETICA E CULTURA PLANETARIA
L’etica della comprensione tra persone va connessa all’etica dell’era planetaria che richiede di mondializzare la
comprensione. Le culture devono imparare le une dalle altre. Nel caso dell’arte, della musica, della letteratura, del
pensiero, la mondializzazione culturale non è omogeneizzante. La cultura occidentale può apparire alle altre
culture nello stesso tempo non comprensiva e incomprensibile. Ma la razionalità aperta e autocritica nata dalla
cultura europea permette la comprensione e l’integrazione di ciò che altre culture hanno sviluppato. La
comprensione tra società presuppone società democratiche aperte; ma anche in queste rimane il problema
epistemologico della comprensione: perché vi sia comprensione tra strutture di pensiero, occorre acquisire una
metastruttura di pensiero che comprenda le cause dell’incomprensione delle une rispetto alle altre e che possa
superarle.
7. L’etica del genere umano
Gli individui sono più che semplici prodotti del processo riproduttivo della specie umana, perché questo processo
è prodotto da individui. Le interazioni tra individui producono la società e questa retroagisce sugli individui. Così
individuo ↔ società ↔ specie non sono soltanto inseparabili, ma si coproducono gli uni con gli altri. Ciascuno di
questi termini è nello stesso tempo mezzo e fine degli altri. Non si può fare di uno solo di essi il fine supremo
della triade: questa è in se stessa rotatoriamente il proprio fine. Di conseguenza queste istanze non potrebbero
essere dissociate. L’antropoetica presuppone la decisione cosciente ed illuminata di: assumere la condizione
umana (triade) nella complessità del nostro essere; realizzare l’umanità in noi, nella nostra coscienza; assumere il
destino umano nelle sue antinomie e nella sua pienezza. Missione antropologica del millennio è: operare per
l’umanizzazione dell’umanità; obbedire alla vita e guidarla; realizzare l’unità planetaria nella diversità; rispettare
negli altri la differenza e l’identità a sé; sviluppare l’etica della solidarietà e della comprensione. L’antropoetica è
coscienza individuale oltre l’individualità.
L'ANELLO INDIVIDUO ↔ SOCIETA': INSEGNARE LA DEMOCRAZIA
Individuo e società esistono reciprocamente. La democrazia consente la loro relazione ricca e complessa. La
democrazia si fonda sul controllo dell’apparato di potere da parte dei controllati, riducendo l’asservimento. Le
società autoritarie o totalitarie colonizzano gli individui; nella democrazia, l’individuo è cittadino, persona che
esprime i suoi desideri e i suoi interessi, è responsabile e solidale con la sua città.
Democrazia e complessità La democrazia non può esse definita in modo semplice. La sovranità del popolo
comporta l’auto eliminazione attraverso l’obbedienza alle leggi e il trasferimento di sovranità agli effetti. Nel
contempo, comporta l’autolimitazione dell’influenza dello stato, attraverso la separazione dei poteri, la garanzia
dei diritti individuali e la protezione della vita privata. L’esperienza dei totalitarismi ha messo in rilievo un
carattere fondamentale della democrazia: il suo legame vitale con la diversità. La democrazia presuppone e nutre
la diversità degli interessi come delle idee. Essa non piò essere identificata come la dittatura della maggioranza
sulleminoranze. Essa ha bisogno di conflitti d’idee e di opinioni; le danno una vitalità e produttività che però
possono manifestarsi solo nella obbedienza alla regola democratica. Esigendo nel contempo consenso, diversità e
conflittualità, la democrazia è essa stessa un sistema complesso di organizzazione e civilizzazione politiche:
alimenta e s’alimenta dell’autonomia intellettuale degli individui, della loro libertà di opinione e espressione, del
loro senso civico; alimenta e s’alimenta dell’ideale di libertà-eguaglianza- fraternità, che comporta una
conflittualità creatrice fra i tre termini inseparabili. Lo sviluppo delle complessità politiche, economiche e sociali
alimenta lo sviluppo dell’individualità e, attraverso tale sviluppo, l’individualità si afferma nei suoi diritti e
acquisisce libertà essenziali.
La dialogica democratica Tutti i tratti importanti della democrazia hanno un carattere ideologico che unisce in
modo complementare termini antagonistici: consenso e conflittualità, comunità nazionale e antagonismi sociali e
ideologici... le democrazie sono fragili, vivono di conflitti che possono sopraffarle: resteranno minacciate nel XXI
secolo. Inoltre le democrazie esistente non sono ancora compiute; vi sono ancora limiti alla democratizzazione
all’interno delle organizzazioni la cui efficienza è fondata sull’obbedienza, come nell’esercito. Possiamo chiederci
se non si potrebbe acquisire maggiore efficienza facendo appello all’iniziativa e alla responsabilità di individui o
gruppi. Esistono processi di regressione democratica che tendono a espropriare i cittadini dalle grandi decisione
politiche, che tendono ad atrofizzare le loro competenze, a minacciare la diversità, a degradare il senso civico. La
politica si frammenta in diversi campi e la possibilità di concepirli insieme diminuisce o scompare. Nello stesso
tempo vi è depoliticizzazione della politica, che si auto dissolve nell’amministrazione, nella tecnica (calcoli),
nell’economia, nel pensiero quantificante (sondaggi, statistiche). La politica in briciole perde la comprensione
della vita, delle sofferenze, delle miserie, dei bisogni non quantificabili. Tutto ciò contribuisce a una gigantesca
regressione democratica.
Il futuro della democrazia Gli sviluppi disciplinari delle scienze non hanno arrecato solo i vantaggi della divisione
del lavoro, ma anche gli inconvenienti della superspecializzazione, della compartimentazione e della
frammentazione del sapere, divenuto divenuto sempre più esoterico e anonimo. Cosi pure la conoscenza tecnica è
riservata agli espetti, la cui competenza in un ambito chiuso s’accompagna all’incompetenza quando questo stesso
ambito è parassitato da influenze esterne o modificato da un nuovo evento. In queste condizioni, il cittadino perde
il diritto alla conoscenza. Lo sviluppo della tecnoburocrazia insedia il dominio degli esperti in tutti i campi
pertinenti alle discussioni e decisioni politiche. Più profonda diventa la frattura tra tecnoscienza e i cittadini e più
si acquisisce la dualità tra coloro che sanno e coloro che non sanno. I cittadini sono esclusi dagli ambiti politici,
sempre più accaparrati dagli esperti e il dominio della nuova classe impedisce di fatto la democratizzazione della
conoscenza. In queste condizioni si pone la necessità di rigenerare la democrazia, il senso civico, la solidarietà e la
responsabilità (ossia sviluppare l’antropoetica). La scuola potrebbe essere praticamente e concretamente un
laboratorio di vita democratica? L’autonomia acquista dalla classe adolescente richiede in ogni caso che le autorità
non sia incondizionata. Soprattutto la scuola dovrebbe essere il luogo di apprendimento del dibattito argomentato,
delle regole necessarie alla discussione, della presa di coscienza delle necessità e delle procedure di comprensione
dell’altri pensiero, nell’ascolto e del rispetto delle voci minoritarie e devianti. L’apprendimento della
comprensione deve svolgere un ruolo fondamentale nell’apprendimento scolastico.
L'ANELLO INDIVIDUO ↔ SPECIE: INSEGNARE LA CITTADINANZA TERRESTRE
Il legame dell’individuo con la specie è stato affermato fin dall’antichità. Kant sosteneva che la finitezza
geografica della Terra ci impone un principio di ospitalità universale.
L'UMANITA' COME DESTINO PLANETARIO
La comunità di destino deve lavorare affinchè la specie umana si sviluppi in umanità, in coscienza comune e in
solidarietà planetaria del genere umano. L’umanità ha cessato di essere una nozione solamente biologica, pur
essendo indissociabile alla biosfera; L’Umanità si è radicata in una Patria, la Terra e la Terra è una patria in
pericolo. L’Umanità è una realtà vitale perché è ormai, per la prima volta, minacciata di morte. Dal momento che
la specie umana continua la sua avventura sotto la minaccia dell’autodistruzione, l’imperativo è divenuto: salvare
l’Umanità realizzandola. Una politica dell’uomo, una politica di civiltà, una riforma di pensiero, l’antropoetica, il
vero umanesimo e la coscienza di terra - patria potranno solo congiuntamente ridurre l’ignominia del mondo. Il
nostro disegno etico e politico richiede così il potenziamento in senso democratico della relazione individuo –
società e il potenziamento della relazione individuo – specie ai fini della realizzazione dell’umanità, ossia il
reciproco potenziamento dei termini della triade individuo – società – specie.

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