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BELLINGRERI
CAP.1 CRISI DELL’EDUCARE
È il tratto fondamentale di questa generazione a partire dai primi due decenni del nuovo
millennio. Sono:
- Proiettati nel presente e non nel futuro;
- Si evince l’eclisse dei modelli di riferimento (generazione precedente ala loro);
- Propendono ad accettare il rischio anche estremo;
- Propendono i canali a doppia moralità: la famiglia e gli altri mondi oltre la famiglia,
come la comunità dei pari;
- Le loro scelte sono REVERSIBILI;
- Vedono le norme come SOGGETTIVE.
DAL PUNTO DI VISTA PEDAGOGICO sia la PERDITA DELLA COSCIENZA STORICA E CHE LA
ROTTURA DEL PATTO TRA LE GENERAZIONI provocano una FERITA LETALE ALL’EDUCAZIONE.
Due, infatti, sono le istanze dell’azione educativa:
1. La realizzazione del sé, in vista di una vita piena e felice (ISTANZA ESISTENZIALE);
2. Acquisire un’eredità di senso dalle generazioni che ci precedono (un ideale di senso
di vita buona) ISTANZA STORICA.
Ma con quello che sta succedendo sembrano smarrite le due istanze essenziali.
Ecco perché occorre ricercare il senso della crisi generativa, che è crisi che concerne la
scelta di generare, ma anche crisi della coscienza di essere generati crisi della genealogia
della persona, intesa come dimora originaria in cui si forma la memoria personale.
La mancanza di senso abbandona il soggetto ad una CATTIVA SOLITUDINE: il soggetto è solo
nel tentativo di dare senso alla realtà e alla sua vita.
1 TESI: “non esistono fatti, ma solo interpretazioni dei fatti” questo è il senso
dell’ermeneutica contemporanea, il suo aspetto anti-metafisico per eccellenza: non vi è
realtà oggettiva, ma tutto è soggetto ad interpretazione;
“il mondo vero diventa favola” le parole che usiamo nel nostro linguaggio sono solo
metafore, immagini di qualcosa che non comunicano, però, la realtà, quindi nulla di
oggettivo = MONDO come DRAPPO VARIOPINTO, DAI MILLE COLORI CANGIANTI , grazie solo
al MOBILE ESERCITO DELLE METAFORE (Nietzsche, Umano troppo umano).
Vattimo fa riferimento per le sue tesi sul pensiero debole a Nietzsche, offrendo una visione
che Bellingreri chiama IDEALISMO SOGGETTIVO FANTASMAGORICO, la realtà per l’uomo ha
un senso che lui le conferisce, soggettivo, effimero, mutevole, come la visione da un
caleidoscopio la realtà viene trasformata in fiction, non dovremmo più chiamarla realtà
ma reality. Si tratta della COSCIENZA PUNTUATIVA, definita solo dal presente, cioè da
quando appare, senza avere idea di quello che si è appresa è di quello che si può
apprendere.
2 TESI del pensare senza fondamento è ISTRUTTIVA e sostiene l’ipotesi che gli uomini
del passato si sarebbero attardati a trovare, oltre la superficie, una qualche
profondità. A tal proposito, Vattimo sostiene che “non esiste alcuna interiorità” esiste
solo la superficie del mondo, che non essendo più superficie di qualcosa, è l’intera
realtà (Vattimo “Le mezze verità”) se applichiamo questa tesi di Vattimo al possibile
riconoscimento di se stessi negli altri (discorso ontologico che parte, dalle persone) ne
consegue che quanto appare dell’altro sia l’intera realtà personale ma si tratta
sempre e solo di una maschera, il cui senso va cercato sempre al di fuori del soggetto;
se dietro le maschere non c’è nessun volto, allora non abbiamo nessun anima, se non
lo stato psicologico che rimanda ad una dimensione sempre puramente soggettiva.
3 IPOTESI riguarda l’atteggiamento di fronte alla storia. Vattimo descrive la società della
postmodernità come complessa, caotica, in quanto “società plurali”, in quanto
comunità culturali ed etiche contaminate da diverse immagini della realtà= cantieri di
sopravvivenza multiculturali (Vattimo “La società trasparente”. I valori di ogni
persona e di ogni comunità, in quanto determinazioni storico- culturali, sono tutti
ugualmente relativi e allo stesso livello. I grandi valori hanno la stessa valenza dei
piccoli valori. Manca la fondazione ontologica, manca il dire perché si debba preferire
oggettivamente una cosa a un’altra EVERYTHING GOES, tutto va bene, allo stesso
modo (Vattimo, “Le avventure della differenza. Cosa significa pensare dopo Nietzsche
e Heidegger).
L’esito estremo è l’INDIFFERENZIAZIONE, per cui tutto va bene uomini della
postmodernità si aggirano nei mondi sociali come clienti di un ipermercato, avendo
tutto a disposizione e prendendo una cosa o l’altra a seconda del mood del momento,
solo perché quella, ora, piace di più. Non ci sono differenze PERDITA VALORE
ONTOLOGICO ED ETICO. Tutto è relativo.
CAP.2 UNA SFIDA RADICALE
B) Questo limite ontologico e antropologico sull’essenza della persona, però, non può
ridurre l’essenza ai volti storici. In questo modo, di qualsiasi fenomeni, non
sapremmo più qua è la realtà originaria di esso. Allora, la sfida del pensiero debole
per la filosofia e per la pedagogia è radicale: obbliga la riflessione a riproporre la
domanda sull’essenza sulla realtà della persona e di un ideale formativi adeguato.
Nella crisi postmoderna sui concetti di persona e di educazione si trova un terreno
fecondo su cui cogliere i tratti essenziali di essi. Col tempo si è aperta una prospettiva
di ontologia fenomenologica, il cui centro di senso è costituito:
- dalla visione pedagogica dell’educazione, come evento della persona;
- dalla concezione filosofica dell’evento della persona come attivazione dello spirito
(tesi centrale del libro di Bellingreri “L’evento persona).
La pedagogia fondamentale intende l’educazione e la formazione della persona come
imprese filosofiche; inoltre, la ped. Fondamentale si costituisce nell’ideale di vita buona,
felice o riuscita che è prerogativa filosofica, in quanto tensione verso una visione prima
ontologica e poi etica dell’essere e dell’esistenza come totalità strutturata (Lezioni di ped
fond. pp 5-30).
A) PRIMA AFFERMAZIONE DI PRINCIPIO: quella che rende evidente il nesso tra evento
della persona e riconoscimento del reale. La realtà ha due dimensioni:
- Immediata e relativa (termine dell’esperienza);
- Mediata e assoluta (termine della ricerca razionale)
Questa duplicità di senso implica che il soggetto possa vivere la sua parte più intima,
razionale, che è la vita intelligente. Come dice Edith Stein presuppone di “vivere una
certa profondità”, cioè attivare lo spirito, che è sostanza della persona, rispetto agli
enti.
L’incontro fra le due istanze non è affatto semplice, spesso è drammatico e l’esito
non è mai scontato. Ma rimane il fatto che la meta sia quanto di più desiderabile vi
sia: il valore di vita buona e la conquista di un ideale di autenticità il
raggiungimento di questa meta è l’inizio della vita morale (elevazione dell0essere
umani).
In campo educativo, la consegna avviene nella pratica dialogale, in cui l’EMPATIA acquista
un ruolo fondamentale questo è il metodo educativo adeguato di quella relazione
educative che è consegna di un ideale di vita buona.
In questo capitolo si vuole proporre una riflessione filosofica su una più originaria consegna
alla storia, all’essere e a sé stessi. L'approfondimento filosofico permetterà di
ricomprendere in una luce nuova il senso della consegna educativa della persona emerso
con la riflessione pedagogica (capitolo 3).
A) Nel precedente capitolo abbiamo definite il punto di partenza della riflessione pedagogici
ali nostro appartenere alla storia, l’attualità storica, che è la prima presupposizione. Oltre
all’appartenere alla storia attuale, apparteniamo anche alla storia da sempre, ai suoi mondi
e alle sue opera, ai suoi universi simbolici che si Ono dati nel tempo. Ognuno di noi è
sottoposto agli effetti di una storia che non ha scelto (GAdamer, Verità e Metodo).
L’intrascendibilità del nostro appartenere alla storia è un limite originario alla nostra
libertà. Siamo, più che soggetti, oggetti dell’esistenza, un testo che appare come un discorso
indiretto offerto al lavoro interpretative (Bellin. L’esegesi dell’esistenza).
B) Tutti i tratti esistenziali indicano l’appartenenza al mondo. L’esser-ci, l’essere nel mondo.
Heidegger parla di effettività dell’esser consegnati, a definire che il progetto che costituisce il
nostro avvento nell’essere non dipende dal soggetto, ma si presenta, piuttosto, come un
confine della libertà stessa del soggetto. Parla di infondatezza proprio perché il modo di
abitare il mondo ci sfugge nei suoi fondamenti. Altrettanto originaria è la disposizione ad
orientarci nel mondo. Il soggetto che è nel mondo già da sempre ha dell’essere nel mondo
una comprensione, Questa può essere chiamata precomprensione, dal momento che è la
comprensione che precede ogni altra comprensione acquisita nell’esistenza. Si tratta di un
sapere: spontaneo; preriflessivo, che ciascun soggetto apprende sin dalla nascita, ricevendolo
dai mondi della sua vita, innanzitutto quella familiare, poi quella più vasta delle parentele ed
amicizie, infine dai mondi sociali. Per tale ragione, per il fatto che l’uomo ha una
precomprensione, la persona umana è il luogo in cui si pone la domanda dell’essere e del suo
senso. Poiché l’essenza stessa è l’esser-ci nel mondo, i fondamenti del problema dell’essere,
non vanno ricercati nel rapporto con l’altro, ma nel rapporto con il mondo. Comprendere
rappresenta la disposizione originaria ad orientarsi nel mondo: apprendere una possibilità
d’essere, ulteriore alla situazione a cui si è consegnati; mentre interpretare significa
esplicitare o dispiegare la nostra comprensione data. Ricoeur afferma che in Heidegger la
scelta di offrire all’epistemologia delle scienze umane un fondamento ontologico, con la
dottrina della comprensione originaria del senso dell’essere, impedisce di ritrovare la
questione epistemologica dopo l’ontologia.
Originario per l’uomo esistente è essere consegnato ad una situazione data, che è innanzitutto
una concreta comunità nella storia umana, non scelta dal soggetto. Così com’è originaria la
precomprensione che segna la coscienza spontanea di sé.
1. In primo luogo dobbiamo comprendere la distanza che ogni testo acquista dal proprio
autore una volta che è composto e vive di vita propria.
2. In secondo luogo abbiamo la distanza imposta dal metodo scientifico che è rivolta ad
analizzare le strutture specifiche secondo cui si è configurato il testo. La lettura e la
comprensione di un testo rendono necessarie l’analisi delle strutture proprie che esso
possiede, si tratta dunque della distanza critica costitutiva della spiegazione oggettiva di ogni
metodo scientifico.
B. Ricoeur afferma che affinché un soggetto comprenda sé stesso davanti ad un’opera storica
deve tenere insieme metodo e verità. Con il metodo ci troviamo di fronte al primo grado della
riflessione ermeneutica ovvero quello scientifico in senso proprio, si può chiamare livello
dell’analisi strutturale dei testi. Questo intende la configurazione di un testo: ad esempio nel
caso di un racconto e di vicende biografiche l’analisi è intesa a descrivere la strutturazione
propria del testo, ovvero l’intreccio delle azioni dei protagonisti e dei personaggi. Ora l’opera
porta a parola una originaria pre-comprensione dell’essere e dell’esistenza dei soggetti, ma
per un altro verso l’azione strutturante del linguaggio rappresenta sempre un ordine del tutto
caratteristico della realtà e così viene disegnato di fatto una nuova figura dell’esistenza. Così
grazie all’analisi strutturale e ad una lettura adeguata di ogni testo possiamo arrivare a una
riconfigurazione dell’esperienza vissuta da ogni soggetto coinvolto nel dialogo coi testi. La
ragione di tutto questo è: ogni testo ha sempre una referenza ontologica poiché con esso e in
esso viene a parola un modo di abitare il mondo. Nel linguaggio troviamo i mondi personali e
gli universi sociali sia della comunità che del lettore. Questo linguaggio da un lato ha
orizzonti di senso riconducibili a situazioni date, dall’altro lato ha prospettive di senso di
nuove dimore. In breve sono modi possibili di abitare il mondo. Un testo quindi comprende i
mondi dell’autore e del lettore, ma anche quelli che esso contiene in sé. Si arriva così a
definire un ulteriore grado, cioè un’ermeneutica del testo in sé adeguata che costituisce il
livello dell’analisi esistenziale. Questa è una prospettiva etica che concepisce l’esistenza
umana nella storia sia come un dono sia come un compito di ripresa creativa. È una
prospettiva segnata dall’etica della responsabilità personale al concreto senso dell’essere che
nei testi si va rivelando. Questi portano a significazione tanto una determinata situazione
storica quanto una dimensione di trascendenza rispetto alla situazione data.
A. Abbiamo visto nel nostro venire ad essere un originario essere consegnati ad una storia e
ad un mondo, che è essenzialmente un universo simbolico. In esso siamo stati generati e da
esso riceviamo la nostra prima configurazione esistenziale. Se all’originario essere
consegnato del soggetto portiamo un nuovo sguardo che visualizzi l’avvento nell’essere dal
proprio non essere, l’originario esser consegnato appare evento unico. È lo sguardo
ontologico, segnato dall’intuizione intellettuale dell’essere, il suo senso d’essere. Ogni ente è
per tutte le relazioni definitive che lo costituiscono, ma insieme ogni ente è quello che è per
una relazione indefinita che si estende alla totalità, che lo nega ad essa. Dunque tutte le cose
si tengono insieme e ogni ente indefinito è apparire dell’essere e l’essere di ogni ente è la
totalità che si partecipa in modo singolare. Con un approfondimento filosofico dobbiamo
istituire la coscienza per il suo senso d’essere a partire dalla prima evidenza che la coscienza
non appare principio di sé e quindi non appare causa sui. Con l’analitica esistenziale questa
prima evidenza è emersa con la strutturale finitezza dell’Esserci, il limite originario della
libertà quanto al proprio venire ad essere. Il soggetto non si dà l’essere, il soggetto piuttosto
riceve l’essere, nel suo venire ad essere dal proprio non essere, esso è posto nell’essere da
altro. Bisogna utilizzare una più radicale fondazione di ontologia metafisica in modo da porre
in modo adeguato la domanda sul senso di essere dell’esserci. Ora il punto centrale di questa
fondazione è l'argomento metafisico inteso a dimostrare che la totalità dell’esperienza non
coincide con la totalità del reale. Da questa argomentazione si deduce che la totalità
dell’esperienza riceve il suo senso di essere da altro, da una realtà che è rispetto ad essa
trascendente in senso metafisico, si deduce quindi che è causa principio del senso d’essere di
ogni ente che nell’esperienza ricevere l’essere. L’argomento metafisico ha una struttura
dialettica, esso è volto a dimostrare la tesi che vuole sostenere, dimostrando che la tesi
contraddittoria si contraddice da sé. Ogni soggetto impiantato nell’essere nasce solo
abbozzato ed è segnato da una costitutiva ed insuperabile incompiutezza, la sua esistenza è
orientata da un’attenzione a pervenire ad una pienezza ad essere che le conferisca unità di
senso che porti infine la persona alla sua piena attualità.
Il soggetto visto nella sua costituiva appartenenza può essere inteso come definito testo
storico, ma visto nel suo senso d’essere, ogni soggetto può essere inteso come singolare
segno ontologico. La comprensione adeguata dell’evento persona implica di tenere insieme le
due affermazioni:
1) ilsoggettoèintesoimmersoinunastoriaumanaelasuacoscienzarestasempreespostaaisuoi
effetti.
2) ilrapportooriginarioconl’interocostituiscelacoscienzacomeintenzionalitàontologica.
A. Il senso della storicità muta, ora la comprensione della storia appare derivata rispetto alla
comprensione originaria del senso dell’essere. Si tratta dei testi dello spirito oggettivo che si
presentano come sintesi strutturate intese come “la nostra esperienza”. Il compito della
riflessione critica è quello di distinguere, nei testi storici, quanto è solamente storico da
quanto è anche ontologico. É noto che per Ricoeur la comprensione delle indefinite
oggettivazioni storiche è una complessa opera di interpretazioni differenziate, dove ogni
registro linguistico esige un proprio metodo esemplificativo e una determinata interpretazione
(un’ermeneutica specifica). Il compito di un’ermeneutica universale consiste:
2. sul piano riflessivo, nell’intendere la comprensione che si apre con l’analisi e con
l’interpretazione dei linguaggi delle opere storiche come un momento della comprensione che
il soggetto ha dell’essere.
Ora l’ermeneutica può essere intesa come una compiuta filosofia dell’esistenza dell’essere.
Interpretando i testi il soggetto compie un’esegesi della sua esistenza, scopre che tutti i testi
sono costituti da una originaria relazione ontologica e da una originaria comprensione del
senso dell’essere. Nell’ermeneutica dei testi, il soggetto scopre che la coscienza costituente è
essa stessa costituita. È posta nell’essere prima di porsi da sé (prima di conferire un senso
determinato alla sua esistenza e prima di possedersi).
2. Senso il fine che ci ha di mira e che consiste nel far fare esperienza di sé nel momento in
cui si fa fare esperienza di una sorgente di senso.
I soggetti sono chiamati a dispiegare l’appello offerto dall’ethos, esso è un impegno comune
poiché l’azione educativa è BILATERALE. Questo metodo è adeguato al tempo post-
moderno perché:
2) Assume il deficit che segna negativamente le generazioni delle madri/padri e dei figli/e.
I primi due fattori godono di una certa oggettività, mentre il terzo si può definire soggettivo
poiché è riconducibile alle differenze individuali nel linguaggio.
B. Il sistema dialogale si articola con tensione tra le opposte polarità dei singoli elementi. Il
fattore di controllo (C) oscilla tra la dominanza e la sottomissione, il fattore emotivo-
affettivo (E) oscilla tra il distacco e la fusione nei confronti dell’altro, quando l’incontro è
segnato dall’empatia esso acquista un fine, ovvero quello della verità dell’educazione.
L’empatia autentica è tale da rendere il controllo della relazione minimo, senza mai però
annullarlo del tutto. Tale modalità relazionale favorisce l’autonomia.
L’educatore deve essere percepito dall’educando senza maschere, così come egli è.
Il dialogo permette la riflessività, nasce come critica ad un’interpretazione già data, intende
qualche tratto del suo poter essere (tematizzato vede attraverso l’altro il suo poter essere,
coscienza di sé). La conoscenza di sé si presenta nella forma di un dono portato da chi si
accosta con empatia, è il frutto di una relazione riconoscente.
B. Il dialogo esistenziale è una relazione d’aiuto, relazione di cura per la crescita della
persona. per tutte le differenze un punto in comune e dato dalla psicoterapia e dalla relazione
educativa. Nel primo lo scopo è promuovere la persona fisicamente e mentalmente, è spesso
riconducibile alla sfera biologica dove vi sono cause determinanti. Nella seconda i fini sono i
valori e la postura filosofica che si ha anche da argomenti futili, poiché in ogni nostra azione
emerge una collocazione nel mondo. Nell’azione pedagogica in senso proprio, quando la
consegna esercita una forza attrattiva nei confronti dell’educando, questo determina
un’esperienza trasformante di sé (principio della vita morale). Nella prospettiva
dell’educazione il benessere è la disposizione al bene. L’educazione è innanzitutto legata
all’ambito dei fini e dei valori che sono realizzazioni personali in senso eminente.
Emerge la centralità dialogale in cui la consegna si, qui emerge la categoria del desiderio.
Esiste un guadagno teoretico in cui la fenomenologia del desiderio si identificata come pars
potior di un’ontologia della persona rivelando il fenomeno dello spirito. La riflessione sulla
vita dello spirito permette di giustificare il senso del tempo in quanto connessione all’eterno.
La persona nel mondo non sceglie l’essere e non sceglie la forma della sua esistenza, ogni
persona è segnata dalla finitezza, è un continuo processo di crescita personale, la persona non
è ma diviene sé stessa essa è un’opera incompiuta. Appare segnata da una tensione ad essere
e ad essere in pienezza di vita.
B) Per quanto riguarda la costituzione del desiderio capiamo che in esso vi è una duplicità
intenzionale della coscienza. Noi desideriamo sempre a motivo di una mancanza che diviene
tensione, la relazione desiderante rispetto ad un oggetto inteso è di natura trascendentale.
Desiderare va distinto dal bisogno, il bisogno può essere sempre in qualche modo appagato
poiché è determinato, mentre il desiderio è indeterminato ed autonomo. In secondo luogo
esso non coincide con l’amore poiché quest’ultimo è definito dalla presenza di un bene, il
desiderio invece è costituito dalla percezione dell’assenza di qualcosa come incolmabile. In
terzo luogo esso non coincide con la volontà poiché questa è riflessività, e il desiderio non
può dire di no all’oggetto da cui è attratto. Per cogliere la struttura del desiderio occorre
realizzare quando il desiderio desidera un’altra persona. Il desiderio desidera un soggetto
desiderante adesso cerca sempre di essere appagato appieno questo può essere definito come
desiderio di assoluto. L’appagamento può essere solamente l’esito di un’iniziativa presa da
altri. Quindi: io desidero che gli altri mi desiderino, ma il desiderio dell’altro nei miei
confronti è un dono che mi viene fatto e questo si presenta come libertà assoluta che non
dipende dal mio potere. La radice del desiderio è inconscia interpretazione degli oggetti dei
nostri desideri, permette di rivelare alla radice di ogni gesto un volto particolare del desiderio
che ci anima. Nessuno perviene mai ad accogliere la sua interezza. Un’intuizione della nostra
destinazione è il termine che riesce ad illuminare in qualche modo l’intero dell’esistenza. Il
desiderio che ci costituisce è per struttura “desiderio dell’altro”, ovvero l’altro che siamo.
L’alterità è volontà di significazione, voler diventare consapevoli e trasparenti a sé stessi,
essa è ricerca del diretto: contiene la misura singolare della felicità possibile.
A) La tensione desiderante può essere vissuta in diversi livelli. Innanzitutto può essere vissuta
solo a livello psichico quindi si manifesta come uno stato del soggetto dove vi è una forza
struggente che lo anima e a cui egli si abbandona. Emerge anche che il desiderio può essere
vissuto dal soggetto nella sfera della consapevolezza e della libertà, l’atto psichico diventa
atto spirituale. L’atto è segnato dalla motivazione, dunque istituito secondo una legalità
autonoma rispetto alla sfera psichica. Il desiderio li vede e li intende nel loro aspetto di
qualità oggettiva di cui è in ciò che fa di essi un aggettivo che può perfezionare il soggetto
stesso; li vede dunque nel loro aspetto di valore. Se il soggetto desidera qualcosa solo per sé
stesso il suo desiderio si pone nella dimensione dell’avere. Se vissuto come atto spirituale il
desiderio è definito da una referenza oggettiva e si può collocare nella dimensione dell’essere
poiché il soggetto si decentra e acquista uno sguardo ontocentrico e vede ed intende l’ente in
sé e in altro. Il soggetto può vedere scegliere ogni oggetto come termine del proprio desiderio
in ragione del nesso che esso porta con l’intero e la totalità o l’unità d’essere e di senso di cui
reca traccia. Quindi il soggetto riconoscere il proprio nesso con l’essere poiché è Spirito.
B) A questo punto possiamo parlare in merito alla personalizzazione della consegna da parte
dell’educando, che viene vista come una approssimazione alla verità di sé. La legge
dell’approssimazione vale come criterio di senso del desiderio che è diventato
consapevolmente libero. Per il soggetto desiderante si tratta sempre di scegliere un bene in sé
nella misura in cui non è soggettivo con una pienezza d’essere e di senso per il soggetto.
Esiste un senso di verità nell’antologia della persona che orienta il nostro argomentare.
L’essere umano è possibile poiché egli diviene ad essere sé stesso. Ogni persona è segnata dal
valore: ogni persona è relazione essenziale con quanto viene percepito ed è scelto come
valore di essere e di senso. Questa lotta per il riconoscimento del valore è per i soggetti
necessario per acquisire un ideale di umanità etica, una vita buona. Quanto si presenta come
valore si rivela sempre solo possibile per il soggetto. Per un verso un valore appare tale in
quanto il soggetto coglie in esso una qualità che si mostra non accidentale per l’autentico
poter essere. Esso appare sempre per tanti versi problematico. Il rischio nella scelta è pertanto
ineliminabile, con il sapere si dà sempre un non sapere che rende la scelta sempre un salto.
Ogni valore determinato porta in sé un’approssimazione della nostra forma compiuta. Porta
una nuova configurazione ed è possibile per la nostra identità personale, il soggetto la sceglie
perché contiene una prefigurazione inedita del compimento. Questa dialettica della scelta del
valore di essere ci aiuta a definire l’azione educativa nella quale inizia la testimonianza di un
agire Morale e responsabile. L’educando diviene soggetto dell’educazione se pone
all’interno della relazione educativa un lavoro personalizzato della consegna che gli viene
offerta.
L’inizio della vita morale coincide con l’acquisto della virtù dell’educazione.
B) Occorre approfondire la tematica del desiderio come fenomeno dello spirito, facendo
ricorso al pensiero di Edith Stein, un’ontologia dello spirito personale resta al centro del
suo pensiero. Questo pensiero offre alla nostra filosofia dell’educazione una più radicale
fondazione di ontologia metafisica, ulteriore alla fondazione trascendentale essa è rivolta ora
a visualizzarne la vita spirituale per il suo senso di essere istituendone il principio. In
primo luogo viene fatta una distinzione tra “l’anima del corpo” o psyche e “l’anima
dell’anima” o pneuma. La prima è il principio motore della nostra vita corporea e determina
la nostra vita psichica, essa può essere chiamata anche vita interna (si tratta della vita del
desiderio nella sfera dell’immediatezza). L’altra è la vita interiore o spirituale, è lo spirito
nella misura in cui mostra di avere anche una vita propria: trascendente rispetto al corpo e
alla tua forma. Quindi la vita psichica viene chiamata così in quanto manifestarsi dello spirito
e il desiderio in quanto atti spirituali. Questa ontologia dell’anima elaborata da Edith Stein
vede da un lato lo spirito definito come atto d’essere: è il nostro essere ricevuto come un
dono ed è il fondamento della disposizione reale a esercitare consapevolmente l’esistenza che
ci viene consegnata. Nell’orizzonte della metafisica cristiana l’atto d’essere è principio dello
spirito ha parte all’essere stesso di Dio. Quest’ultimo crea l’essere dello spirito, ma non
riceve l’essere da altro, perché è l’essere stesso per essenza: inesauribile pienezza d’essere. Si
capisce perché lo spirito è inteso come emergenza ad essere singolare che sempre riceve
l’essere che è un dono ininterrotto una creazione continua.
Dall’altro lato lo spirito è essenza singolare nei termini della metafisica cristiana, è il se nella
mente di Dio. Forma personale compiuta, presente nel soggetto perché gli si va rivelando
come immagine concreta. L’essenza singolare è rappresentazione di un’immagine originaria
dell’uomo. È questa forma singolare a costituire il sé autentico, assolutamente unico. È il
termine di un progetto singolare, solo il nome proprio di ciascuna persona lo intende e lo
comunica. Il nostro nome contiene l’appello originario rispetto al quale l’esistenza è posta
come invio, vi è la risonanza dell’evocazione dal nulla, un centro ineffabile che non ci
appartiene.
C) Edith Stein ha la convinzione che nella coscienza di ogni persona permanga sempre una
traccia dell’originale relazione ontologica, il ricordo incancellabile del proprio sé creato da
Dio possiamo chiamarla memoria dell’origine in essa l’originario fenomenizzarsi dello
spirito, matrice del senso nella vita del soggetto, possiamo prenderla anche come la memoria
dell’istante del concepimento, adesso potremmo riflettere su come tale memoria permanga
soprattutto nell’infanzia. Certamente la memoria dell’origine deve essere operante
nell’esistenza di ogni soggetto. Ci sono momenti che di maggiore empito creativo in cui
questa memoria può essere portata alla più vivida espressione. Lo spirito ha una sua realtà
propria indipendente da quella del corpo e della psiche in questo modo esso ha anche
nutrimento proprio. Per Stein l’amore è il primo nutrimento dello spirito: l’amore lo attiva e
lo nutre. Lo spirito è costituito dalla tensione a colmare la mancanza originaria cercando una
dimora che lo accolga e lo ami, se riesce in questo lo spirito conosce una gioia ineffabile, la
dolcezza dell’essere, altrimenti la dimora si porta il peso dell’essere. Un altro attivatore dello
spirito è la vita dell’intelligenza razionale. Lo spirito è fondamentalmente capacità di vedere,
interiormente mossa dalla ricerca di una totalità formata, da unità di senso e di essere, è
costituito da una duplice intenzionalità. Con lo spirito ne va del senso del reale, nella
donazione il senso si dona e si dice. Quindi vi è una donazione di senso offerta dal reale, e
una significazione da parte del soggetto quindi una donazione di senso, lo spirito si rivela
come tensione ad esistere al cospetto di tutto, lo spirito è fatto per unirsi intenzionalmente alla
totalità. L’esultazione d’essere è portata in dono dalla vita intelligente che è la forma più alta
di vita, senza questo nutrimento lo spirito resta in una condizione di anima morta.
La riflessione della Stein ci permette di intendere l’unità e l’unicità dell’essere umano. Quindi
è necessario che la fenomenologia del desiderio e l’ontologia dello spirito personale siano
mediate da una riflessione che le orienti nel senso pratico. Ciò che è stato trattato in
precedenza ci aiuta a comprendere in modo esistenziale i nodi della questione.
lavoro riflessivo in senso eminente, la storia non passa invano. Quindi è sensato auspicare che
essa possa portare nella esistenza personale un progresso quanto a qualità umana della virtù.
In sintesi la coscienza è esposta agli effetti della storia la crescita stessa della persona è
segnato dalla storia in quanto formatività, l'esistenza stessa è storia. l'esistenza Infatti appare
come una conquista della realtà (rivelazione di te a sé, di trasparenza in trasparenza,
realizzazione possibile del proprio destino) ogni giorno può essere una nuova tappa un nuovo
inizio. La storicità dell'esistenza permette di cogliere il senso del tempo come vento della
persona. Sappiamo che il nome di tale tensione costitutiva e desiderio, istanza di perfetta
significazione e volontà di piena fioritura. possiamo concludere dicendo che la ricerca di una
vita riuscita scandisce davvero il tempo dell'esistenza.
Emerge un collegamento tra le 3 estasi del tempo e una quarta dimensione, la quale oltrepassa
il tempo poiché al tempo è sottratta. Essa cela un segreto, contiene il vero cespite di senso a
cui l'esistenza personale è sottratta.
A) il segreto del cuore sfugge ad ogni uomo, nessuno conosce il senso compiuto del cammino
che va dalla nascita alla morte. grazie alla ragione e alla Fede egli sa che il cuore di ogni
persona è attraversato dallo sguardo di Dio. solo quest'ultimo ne vede e ne conosce il segreto
perché lo ha creato e lo sostiene nell'essere. nessun uomo può conoscere l'ampiezza del
progetto di Dio, nessuno può conoscere l'idea che ha avuto Dio creando questo progetto e
nella quale è contenuta l'essenza e l'esistenza del suo spirito. come scrive Sant'Agostino nelle
confessioni, egli sa che ogni giorno può ricevere un po' di luce per vedere almeno qualche
tratto del proprio volto eterno. questa luce corrisponde alla forza per diventare sé stesso e in
esso trova il bene e la piena riuscita della vita, ovvero quella pienezza dell'essere cui tende
ogni uomo. la confessio è la possibilità dì intravedere il proprio essere nella sua forma
personale, vedendo in qualche modo il proprio esser visti dal creatore, che è il Signore
dell'essere per Agostino, si tratta di una narrazione autobiografica in cui ci si racconta a dio
in una divina empatia. Guitton ha proposto di chiamare questo metodo illativo, poiché si
tratta di indurre l'eterno personale nella storia della propria esistenza, vedere il tempo e la
storia in una prospettiva verticale nella luce dell'eterno.
B) Agostino evidenzia che esistono tre dimensioni del tempo presente, passato, futuro. il
passato viene vissuto come un continuo ricordo di ciò che è stato, il futuro, invece, viene
visto come un'attesa verso ciò che deve accadere. Secondo Agostino è proprio in questo
momento, ovvero nella predisposizione verso ciò che sta per accadere che si trova l'anima
vera del presente. quanto attendiamo svela verso dove si protende quanto accade e come va
inteso quanto già è accaduto. l'esperienza del tempo ci fa ricomprendere tutto, manifestando
l'essenziale: L'essenziale è che il tempo deve avere 4 dimensioni perché il passato, il presente
e il futuro sono sospesi sino all'ultimo dell'ultima ora, per ultima ora si intende il momento
della morte, dove l'esistenza si compie in modo ultimativo. L'ultimo momento del tempo è un
momento oltre il tempo. Con l'ultima ora si tratta di un'apertura all'eterno, è una dimensione
superiore del tempo che porta la rivelazione assoluta dell'avvenire. Un'esperienza del tempo
nelle sue quattro dimensioni può essere fatta e offerta dalla conoscenza storica del passato,
quando ci disponiamo a ricostruire l'intero percorso di vita di una persona è necessario vedere
il tempo dell'esistenza in una qualche unità di senso e assumere una prospettiva che si
posiziona al di là del tempo. la storia personale in quanto viene raccontata può essere vista e
interpretata come prefigurazione del tempo da venire. Per questo motivo la storia è
escatologica; essa resta sospesa all'ultimo momento. che è il momento ricapitolatore
dell'esistenza e conferisce il significato assoluto a ciò che è stato. Agostino svolge la sua
riflessione rimanendo in un atteggiamento orante e adorante ed afferma che è ragionevole
riconoscere che ogni persona è creata nella sua singolarità dal creatore. affermare che ogni
persona è creata significa che è pensata e voluta secondo una consegna Divina (idea). questa
idea è eterna perché fa parte del disegno stesso dell'Eterno (DIO) che è sottratto al tempo. è
volontà dell'Eterno che questo disegno possa compiersi. La creatura non conosce la mente
divina, può però intendere a qualche aspetto del suo destino, della sua destinazione personale.
non si tratta in senso proprio di una visione eterna dell'intero della nostra esistenza, si tratta di
una visione pre eterna. la conoscenza storica può anticipare la visione in cui tutti gli altri
singoli vissuti sono fissati eternamente, può cogliere il nesso che li tiene insieme. per
Agostino la visione eterna di cui parliamo è una partecipazione allo sguardo col cuore, Dio ci
vede eternamente e questa viene definita: “La Divina empatia”. L’eterno va dalla nascita alla
morte. L’apocalisse è la rivelazione piena del momento visto nell’eterno.
C) La morte è il momento finale del tempo che non è istante nel tempo. con questa si apre
una visione ultra temporale del tempo il complemento del tempo rende possibile
l’eternizzazione, lo svolgimento definitivo del segreto dei cuori: quanto dio sa di ciascuno di
noi. è necessaria quella disposizione che Agostino Chiama intensio: elevazione verso l'eterno
dentro di noi. Stein dice che la parte interna di noi è Lo spirito personale, quanto costituisce
la nostra memoria più profonda. interpretando Agostino ci sono dei momenti privilegiati che
sono quelli segnati da un incontro con persone significative, in cui intravediamo qualcosa del
disegno di dio. Se siamo capaci di riprendere questi istanti unici eternizziamo la nostra
esistenza, conserviamo l'essenziale di quanto ci accade, le esperienze cariche di significato.
Va sottolineato il loro carattere speciale, quelle circostanze uniche poiché vanno d'accordo
con i nostri desideri più profondi. è quella che è chiamiamo fortuna, un esempio può essere
l'incontro con l'amata. il senso degli eventi casuali è dato da una causa finale della quale si
comprenda dissenso solo quando il futuro avviene.
D) Per Agostino questi incontri sono offerte e donazioni da parte di una Sapienza più grande
della propria. una volta accolti diventano comprensibili nella prospettiva di un disegno che
contiene un'immagine di me superiore a me stesso. a questo punto si fa un'esperienza
fondamentale di sé, conosco finalmente qualcosa del mio segreto, attraverso l'incontro con
l'altro io capisco che l'altro non solo riesci a vedere questo stesso segreto che mi caratterizza e
che è costituito da una serie di eventi apparentemente casuali, ma comprendo che questi
ultimi configurano la mia esistenza e il mio destino. La fede secondo Agostino ci aiuta a
comprendere che questo segreto è custodito dal Signore poiché autore dei nostri destini.
CONCLUSIONE
3. Il senso della filosofia cristiana proposto da Edith Stein tenta di rileggere la metafisica
classica riuscendo in un'originale elevazione al senso d'essere, nella quale la ragione la fede
Cristiana sono impegnato in un costante dialogo. Stein concepisce la filosofia come scienza
rigorosa, fondata sull'uso critico della ragione, su una legalità autonoma nessun modo di
procedere oggettivamente controllabile; è una posizione che pone filosofo ad una
impostazione fenomenologica in contraddizione con ogni forma di empirismo e di
relativismo. Lei è convinta che ogni persona affronti la vita si ponga di fronte all'essere e
all'esistenza facendo ricorso a dei significati e delle esperienze valoriali che non vengono
dalla filosofia pura che non sono provate dalla scienza del rigore e dell'oggettività. questo è il
motivo per cui Stein afferma che i grandi filosofi abbiano la visione metafisica che vale come
fonte di senso fatta da concrezioni di carattere intuitivo singolari. forma di sapere che precede
l'esercizio del pensiero. l'espressione metafisica Cristiana per lei le risorse vivida di senso
sono diventati i mondi della vita cristiana di Fede del sapere teologico. Per filosofia cristiana
Edith Stein intende una scienza rigorosa che per la sua essenza si definisce come ricerca della
verità, ricerca che impegna la persona per la sua decisione ultima di fronte all'essere
all'esistenza. per essere fedele a quell’istanza costitutiva si deve tenere aperta la attenzione a
tutte le forme di verità pur di altro genere rispetto a quella della filosofia. La filosofia
cristiana prende senso dall'assenso razionale dato da alcune verità come hai bisogno
universali salvezza e la creazione del mondo dal nulla. la filosofia cristiana quindi accoglie la
verità non in quanto rivelate ma semplicemente in quanto verità, esso si differenzia dalla
teologia. da una parte la teologia assume le verità in quanto rivelate e professate dalla fede.
La filosofia cristiana le accoglie come affermazione che intendono una verità possibile
compito di dimostrarne la ragionevolezza intrinseca facendo capire il come e il perché. essa
non va in contrapposizione con la scienza rigorosa. Questo vuol dire che la filosofia
dell'educazione riflettendo sulla persona come forma di vita è coerente con l'istanza filosofica
di ricercare sempre la verità da chiunque e da qualunque parte essa venga. Dunque è giusto
prestare ascolto gli occhi dell'intelligenza alla verità testimoniali della fede. il procedimento
della filosofia cristiana può risultare fecondo anche per la teologia nella misura in cui articola
la comprensione della fede secondo prospettive rinnovate.
TERMINI E DEFINIZIONI
scienza: è un sapere rigoroso e oggettivo (dire il perché di ogni cosa, “episteme” = sapere
saldo)
filosofia: scienza delle essenze, ciò che è un tratto della realtà e che non può non esserci
affinché quel oggetto sia quello che è.
Così come è originaria l’appartenenza al mondo, per Heid. È altrettanto originaria la nostra
disposizione ad orientarci nel mondo. Il soggetto che è nel mondo già da sempre ha
dell’essere nel mondo una comprensione. Questa può essere chiamata precomprensione,
dal momento che è la comprensione che precede ogni altra comprensione acquisita
nell’esistenza. Si tratta di un sapere: spontaneo; preriflessivo, che ciascun soggetto
apprende sin dalla nascita, ricevendolo dai mondi della sua vita, innanzitutto quella
familiare, poi quella più vasta delle parentele ed amicizie, infine dai mondi sociali. Per tale
ragione, per il fatto che l’uomo ha una precomprensione, la persona umana è il luogo in cui
si pone la domanda dell’essere e del suo senso. Poiché l’essenza stessa è l’esser-ci nel
mondo, i fondamenti del problema dell’essere, non vanno ricercati nel rapporto con l’altro,
ma nel rapporto con il mondo. Comprendere rappresenta la disposizione originaria ad
orientarsi nel mondo: apprendere una possibilità d’essere, ulteriore alla situazione a cui si è
consegnati; mentre interpretare significa esplicitare o dispiegare la nostra comprensione
data. Per Heid. L’esegesi della situazione, l’analitica dei mondi della nostra vita, è esaustiva:
esse precede l’esegesi delle opere storiche e degli universi simbolici, in cui questi mondi e I
progetti si oggettivano. Ricoeur afferma che in Heidegger la scelta di offrire all’epistemologia
delle scienze umane un fondamento ontologico, con la dottrina della comprensione
originaria del senso dell’essere, impedisce di ritrovare la questione epistemologica dopo
l’ontologia.