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LA CONSEGNA

BELLINGRERI
CAP.1 CRISI DELL’EDUCARE

RAPPORTO GIOVANI annuale pubblicato dall’Istituto Tonioli continua il lavoro


dell’Istituto Iard  per iniziare una riflessione sulla condizione giovanile attraverso
una lettura sinottica, unitaria per comprendere la condizione dei Millennials.

1.1 La proiezione esclusiva nel presente

È il tratto fondamentale di questa generazione a partire dai primi due decenni del nuovo
millennio. Sono:
- Proiettati nel presente e non nel futuro;
- Si evince l’eclisse dei modelli di riferimento (generazione precedente ala loro);
- Propendono ad accettare il rischio anche estremo;
- Propendono i canali a doppia moralità: la famiglia e gli altri mondi oltre la famiglia,
come la comunità dei pari;
- Le loro scelte sono REVERSIBILI;
- Vedono le norme come SOGGETTIVE.

L’atteggiamento rispetto al TEMPO e alla STORIA è di coscienza puntuativa. Alcuni autori


usano la metafora della “navigazione a vista”, nel senso che vivono alla giornata, navigando
evitando di farsi realmente carico dei problemi e, se è il caso, ricorrono ad espedienti.
Questo atteggiamento riguarda giovani e adulti. Questo atteggiamento è sicuramente
dovuto alla paura di affrontare il futuro e il tempo, visti come minaccia: ecco perché
acquisiscono comportamenti preventivi. Si giunge alla CRISI DELLA SPERANZA,
atteggiamento negativo di fronte al futuro  DISPERANZA crisi immaginazione, incapacità
di elaborare progetti innovativi, caduta del desiderio.
La DISPERANZA porta alla CRISI DELLA MEMORIA.
E’ la perdita di FIDUCIA delle esperienze vissute dalle generazioni precedenti e la perdita di
senso dell’etica comunitaria  ANESTESIA DELLA STORIA-
A tal proposito, mi sembra di notare che la crisi della memoria sia dovuta anche ad una
messa in discussione, a volte motivata ma molto spesso no da parte dei Millennials, nei
confronti della memoria e ad una perdita di fiducia nei confronti delle certezze, dei valori e
di quell’eredità che la generazione precedente alla nostra vorrebbe, a modo suo,
consegnarci. Vedo anche un rifiuto.
Esempio: relazioni di coppia e la vita di famiglia  rispetto al passato oggi si concepisce la
famiglia come impresa privata. Oggi sembrano esserci famiglie autopoietiche, che si
producono da sé e reputano di potersi generare da sé, in virtu’ della difesa della liberta e
dell’autonomia personali, che sembrano essere le uniche forme rimaste di felicita dei singoli
e delle coppie. In tal modo, si procede verso un CONGEDO DALLA TRADIZIONE.

1.2 La rottura del patto tra le generazioni


Lei parla di un indicatore di questo fenomeni relativo al VOCABOLARIO ESSENZIALE DELLA
VITA QUOTIDIANA, sia in famiglia che a scuola: oggi assistiamo alla messa in discussione e
all’equivocità dei significati dati dai genitori e dai figli.

DAL PUNTO DI VISTA PEDAGOGICO sia la PERDITA DELLA COSCIENZA STORICA E CHE LA
ROTTURA DEL PATTO TRA LE GENERAZIONI provocano una FERITA LETALE ALL’EDUCAZIONE.
Due, infatti, sono le istanze dell’azione educativa:
1. La realizzazione del sé, in vista di una vita piena e felice (ISTANZA ESISTENZIALE);
2. Acquisire un’eredità di senso dalle generazioni che ci precedono (un ideale di senso
di vita buona) ISTANZA STORICA.
Ma con quello che sta succedendo sembrano smarrite le due istanze essenziali.
Ecco perché occorre ricercare il senso della crisi generativa, che è crisi che concerne la
scelta di generare, ma anche crisi della coscienza di essere generati  crisi della genealogia
della persona, intesa come dimora originaria in cui si forma la memoria personale.
La mancanza di senso abbandona il soggetto ad una CATTIVA SOLITUDINE: il soggetto è solo
nel tentativo di dare senso alla realtà e alla sua vita.

1.3. La temperie postmoderna


Al fine di dare una giusta interpretazione dal punto di vista della pedagogia fondamentale,
lei tiene presente alcune tesi del pensiero debole, prospettiva decostruzionista, che afferma
il “pensare senza fondamento”. Questa per il professore Bellingreri è un’ipotesi
ermeneutica, una Weltanshauung del modo che hanno i Millennials di affrontare il mondo.

1 TESI: “non esistono fatti, ma solo interpretazioni dei fatti” questo è il senso
dell’ermeneutica contemporanea, il suo aspetto anti-metafisico per eccellenza: non vi è
realtà oggettiva, ma tutto è soggetto ad interpretazione;
“il mondo vero diventa favola” le parole che usiamo nel nostro linguaggio sono solo
metafore, immagini di qualcosa che non comunicano, però, la realtà, quindi nulla di
oggettivo = MONDO come DRAPPO VARIOPINTO, DAI MILLE COLORI CANGIANTI , grazie solo
al MOBILE ESERCITO DELLE METAFORE (Nietzsche, Umano troppo umano).
Vattimo fa riferimento per le sue tesi sul pensiero debole a Nietzsche, offrendo una visione
che Bellingreri chiama IDEALISMO SOGGETTIVO FANTASMAGORICO, la realtà per l’uomo ha
un senso che lui le conferisce, soggettivo, effimero, mutevole, come la visione da un
caleidoscopio la realtà viene trasformata in fiction, non dovremmo più chiamarla realtà
ma reality. Si tratta della COSCIENZA PUNTUATIVA, definita solo dal presente, cioè da
quando appare, senza avere idea di quello che si è appresa è di quello che si può
apprendere.

2 TESI del pensare senza fondamento è ISTRUTTIVA e sostiene l’ipotesi che gli uomini
del passato si sarebbero attardati a trovare, oltre la superficie, una qualche
profondità. A tal proposito, Vattimo sostiene che “non esiste alcuna interiorità” esiste
solo la superficie del mondo, che non essendo più superficie di qualcosa, è l’intera
realtà (Vattimo “Le mezze verità”) se applichiamo questa tesi di Vattimo al possibile
riconoscimento di se stessi negli altri (discorso ontologico che parte, dalle persone) ne
consegue che quanto appare dell’altro sia l’intera realtà personale ma si tratta
sempre e solo di una maschera, il cui senso va cercato sempre al di fuori del soggetto;
se dietro le maschere non c’è nessun volto, allora non abbiamo nessun anima, se non
lo stato psicologico che rimanda ad una dimensione sempre puramente soggettiva.

3 IPOTESI riguarda l’atteggiamento di fronte alla storia. Vattimo descrive la società della
postmodernità come complessa, caotica, in quanto “società plurali”, in quanto
comunità culturali ed etiche contaminate da diverse immagini della realtà= cantieri di
sopravvivenza multiculturali (Vattimo “La società trasparente”. I valori di ogni
persona e di ogni comunità, in quanto determinazioni storico- culturali, sono tutti
ugualmente relativi e allo stesso livello. I grandi valori hanno la stessa valenza dei
piccoli valori. Manca la fondazione ontologica, manca il dire perché si debba preferire
oggettivamente una cosa a un’altra EVERYTHING GOES, tutto va bene, allo stesso
modo (Vattimo, “Le avventure della differenza. Cosa significa pensare dopo Nietzsche
e Heidegger).
L’esito estremo è l’INDIFFERENZIAZIONE, per cui tutto va bene uomini della
postmodernità si aggirano nei mondi sociali come clienti di un ipermercato, avendo
tutto a disposizione e prendendo una cosa o l’altra a seconda del mood del momento,
solo perché quella, ora, piace di più. Non ci sono differenze PERDITA VALORE
ONTOLOGICO ED ETICO. Tutto è relativo.
CAP.2 UNA SFIDA RADICALE

Pensiero debole come punto di partenza, come fenomeno sintomatico, ipotesi di


lettura per interpretare gli stili esistenziali emergenti dai Rapporti giovani.

2.1. Il primato della decostruzione


A) Il pensiero debole ha il merito di istituire una critica al soggetto autopoietico della
società moderna, ne mette in crisi l’identità che è posticcia, che vuole essere ma che
non è. Infatti, l’essere risulta essere effimero, CONTINGENTE, OPACO, mai
trasparente a sé stesso. La modernità, allora, appare un’”impresa incompiuta di
umanizzazione”, sulla scia dei maestri del sospetto, Nietzsche, Shopenhauer, Freud,
Marx e Darwin.
Sempre avendo come modello di pensiero il pensiero debole, la persona umana
appare come DIVIDUU, essere fratto ed esistenza frammentata, essere ed esistenza
infrapersonale, una condizione post o trans-umanista, una condizione anche post-
paiedetica. Si va oltre l’essere e nella ricerca di esso si assiste al misconoscimento
ontologico e antropologico, che comporta la DECOSTRUZIONE DELLA PERSONA=
impossibilità di pensare alla persona nella sua essenza, realtà e unità.

B) Questo limite ontologico e antropologico sull’essenza della persona, però, non può
ridurre l’essenza ai volti storici. In questo modo, di qualsiasi fenomeni, non
sapremmo più qua è la realtà originaria di esso. Allora, la sfida del pensiero debole
per la filosofia e per la pedagogia è radicale: obbliga la riflessione a riproporre la
domanda sull’essenza sulla realtà della persona e di un ideale formativi adeguato.
Nella crisi postmoderna sui concetti di persona e di educazione si trova un terreno
fecondo su cui cogliere i tratti essenziali di essi. Col tempo si è aperta una prospettiva
di ontologia fenomenologica, il cui centro di senso è costituito:
- dalla visione pedagogica dell’educazione, come evento della persona;
- dalla concezione filosofica dell’evento della persona come attivazione dello spirito
(tesi centrale del libro di Bellingreri “L’evento persona).
La pedagogia fondamentale intende l’educazione e la formazione della persona come
imprese filosofiche; inoltre, la ped. Fondamentale si costituisce nell’ideale di vita buona,
felice o riuscita che è prerogativa filosofica, in quanto tensione verso una visione prima
ontologica e poi etica dell’essere e dell’esistenza come totalità strutturata (Lezioni di ped
fond. pp 5-30).

PUNTI COSTITUTIVI DI UNA ONTOLOGIA FENOMENOLOGICA DELLA PERSONA.

2.2. L’ONTOLOGIA DELLA PERSONA

A) PRIMA AFFERMAZIONE DI PRINCIPIO: quella che rende evidente il nesso tra evento
della persona e riconoscimento del reale. La realtà ha due dimensioni:
- Immediata e relativa (termine dell’esperienza);
- Mediata e assoluta (termine della ricerca razionale)

Questa duplicità di senso implica che il soggetto possa vivere la sua parte più intima,
razionale, che è la vita intelligente. Come dice Edith Stein presuppone di “vivere una
certa profondità”, cioè attivare lo spirito, che è sostanza della persona, rispetto agli
enti.

Questa prima affermazione di principio dell’ontologia della persona è la fondazione


trascendentale offerta dalla FENOMENOLOGIA DELLA PERCEZIONE (HUSSERL),
grazie alla quale ogni fenomeno è offerta di senso. La superficie del fenomeno, visto
come ciò che appare, è visto come il venire in superficie di una profondità, come ciò
che non appare, in un’unita di senso che si dona in trasparenza perché trascende i
suoi fenomeni (Husserl).
Per Bellingreri LA FENOMENOLOGOIA DELLA PERCEZIONE istituisce LA FONDAZIONE
DEL REALISMO CRITICO: la persona è definita dalla COSCIENZA; la coscienza è
INTENZIONALITA’; l’intenzionalità è RELAZIONE AL SENSO e questa appare come
DONAZIONE DI SENSO (sia come offrirsi del senso del reale sia come conferimento di
senso, portare a parola quanto si offre) (rovesciamento dell’antirealismo, prima tesi
dell’idealismo fantasmagorico).

B) Il RICONOSCIMENTO DELLA REALTA’ DISPONE AL RICONOSCIMENTO DEI VOLTI, o


meglio della PERSONA COME MASSIMA PERSONALIZZAZIONE DELL’ESSERE, epifania
dell’infinito, in una presenza singolare (Levinas).
Questa seconda affermazione di principio è giustificata dalla FENOMENOLOGIA
DELL’INCONTRO INTERPERSONALE E DEL RICONOSCIMENTO DELL’ALTRO
(LEVINAS), in cui gioca un ruolo essenziale l’EMPATIA.

Nell’incontro con l’altro all’inizio abbiamo una PERCEZIONE COMPLESSIVA


(attrazione del corpo, vestiti, etc), poi questa percezione si espande verso tutti gli
aspetti della sua presenza, ponendosi come SGUARDO INTERALE. Il viso diventa
sintesi della presenza personale dell’altro. In esso, nel volto, l’altro diventa subito
identificabile, soprattutto nel suo sguardo (luce che effonde chiarezza al volto) e ne
fa rap-presentazione della persona stessa. Questo tipo di incontro con l’altro è
AUTENTICO e si fonda sull’ EMPATIA.
L’ EMPATIA è l’emozione intelligente che permette di vedere il volto come sintesi
vivente di una persona altra, e intendere il suo sguardo come visibilità di un mondo
personale differente. L’altro diventa effige, un’anima, un cuore.
Questa riflessione esige una ricomprensione critica del senso stesso
dell’ermeneutica, andando oltre le affermazioni del pensiero debole che approda nel
nichilismo come suo necessario destino.
Bellingreri vede l’ermeneutica in rapporto dialettico con la fenomenologia, ecco
perché parla spesso di prospettiva fenomenologico-ermeneutica, al fine di offrire
(grazie alla fenomenologia) una fondazione realista all’ontologia della persona
(grazie all’ermeneutica) una intonazione storico ed esistenziale all’ontologia della
persona.

C) La terza posizione di principio dell’ontologia della persona è che nell’incontro la


relazione è veramente autentica laddove IL RICONOSCIMENTO RECIPROCO
AVVENGA A PARTIRE DALLE DIFFERENZE. Ognuno deve essere visto e amato nella
sua unicità, così come il mondo umani. Le differenze delle singole persone devono
essere viste come differenze di una comune umanità. IL riconoscimento reciproco
esige un LAVORO DI RIFLESSIVITA’, che permette di apprendere ad elaborare il
SENSO delle differenze.
Questa terza accezione della categoria di riconoscimento si inserisce nel paradigma
di una “ragione relativa”, che è antifondamentalista e antintegralista. Relativa
significa quindi NON TOTALITARIA.
Ma significa pure che il riconoscimento del reale e dei volti può avvenire all’interno
di relazioni, vissute come luogo di apprendimento reciproco. Significa anche che il
riconoscimento del reale e dei volti può avvenire all’interno delle relazioni, vissute
come luogo di apprendimento reciproco. Si concretizza nella pratica di una
comunicazione autentica e intra culturale e interculturale, in micro comunità’
empatiche.

2.3. Progressivi livelli di approfondimento


A) Facciamo un passo indietro, quando si è detto che nella consegna deve esserci un
nesso tra la crescita educativa e la coscienza storica. Questo porta a farsi alcune
domande:
come formare una veduta coscienza storica?
Quali sono le condizioni che la rendono possibile?
La consegna educativa dell’eredità di senso parte da un’istituzione della categoria
pedagogica: si ha appartenenza ad un ‘ethos (dimora, insieme dei mondi possibili):
questa istituzione forma il momento teoretico della pedagogia fondamentale (la
fenomenologia). Ciò che si otterrà sul piano teoretico sarà l’ontologia della persona
come evento d’essere singolare in seno alla totalità.
Il nucleo centrale della filosofia dell’educazione che viene proposta è che da un lato
avremo il senso di una costitutiva appartenenza alla storia, dall’altro il senso di una
trascendenza della persona rispetto alla storia. La comprensione della storia risulta
derivata rispetto alla comprensione del senso dell’essere (la sua trascendenza): LA
COSCIENZA STORICA SI CONFIGURA COME INTERPRETAZIONE DELLE OPERE DELLO
SPIRITO OGGETTIVO (in tal senso la trascendenza si trasforma in METAFISICA).
NELLA PRIMA PARTE DEL NOSTRO DISCORSO SI ERA PARLATO DI UNA ONTOLOGIA
DELLA PERSONA.
ORA SI PARLA DI METAFISICA DELLA PERSONA.

B) Nel momento prassico-poietico della pedagogia fondamentale l’argomento


proposto è un METODO EDUCATIVO EMPATICO in cui viene descritto il processo
attraverso il quale avviene l’acquisizione delle virtu’ dell’educazione, che
comprende una realtà storica ed esistenziale. Anche qui verrà utilizzata l’ontologia
della persona e sarà di fondamentale importanza la CATEGORIA DEL DESIDERIO,
visto come atto spirituale, nell’aspetto fisico in cui è fenomeno dello spirito. Qui
ritroviamo il dialogo con la filosofia cristiana di Edith Stein in merito al discorso di
quanto più profondo c’è nello spirito umano.
Lo spirito è il livello della realtà personale ontologicamente trascendente rispetto
a quello fisico e psichico: ciò comporta che la trascendenza, a questo livello, è
ontologica. Quetta idea di ontologia dello spirito trova nuova luce per la pedagogia
dopo la filosofia dell’educazione. Ci consentirà di intendere il senso stesso
dell’esistenza come storia: la successiva conquista della realtà da parte del
soggetto nel quale è determinante l’attenzione e la cura nei confronti dello spirito:
questo ci permettere di cogliere il senso del tempo come evento dell’evento
personale scandito dalla ricerca della vita compiuta.

Capitolo 3 – L’EREDITA’ DI SENSO.


Nella prospettiva pedagogica del prof. Il soggetto viene visto come fondamentale
BISOGNO DI RICONOSCIMENTO, di essere riconosciuti nell’essere, accolti, stimati e
amati, solo per il fatto che si è, prima che per quello che si è  BISOGNO DI
INTIMITA’, massima valorazione della persona.
Dall’altro lato c’è il BISOGNO DI RICONOSCERE L’ESSERE E DI RICONOSCERE SÉ
STESSI NELL’ESSERE: bisogno di entrare a far parte dell’ethos, dei mondi simbolici:
risponde ad un BISOGNO DI DIGNITA, che costituisce per il soggetto la possibilità
di una relazione col reale segnata dal senso.

3.1. L’ethos e l’autenticità personale


A) La prima risposta a tale bisogna è offerta dai mondi della vita: nell’ethos,
dimora originaria formata da comunità umane cui il soggetto appartiene e che di
lui si prendono cura (famiglia, società) l’ethos configura la situazione originaria,
cui il soggetto è consegnato: questo è un fatto che al soggetto appare come dato;
d’alto canto si presenta come un monito offerto alla sua responsabilità.
Nella situazione originaria i soggetti sono per lo più dormienti, presi da un
sonnambulismo esistenziale, quella che Heid. Chiama “condizione inautentica”,
dimensione di un’esistenza non vissuta responsabilmente (Essere e tempo). Ci si
consegna al si anonimo della chiacchiera e dell’impersonalità, non siamo a casa
nostra, non siamo soggetti delle nostre vite.
Da questo punto di vista, si tratta di riconoscere l’ethos secondo il triplice
significato di riconoscere:
1. Prendere atto di ci’ che è dato;
2. Conoscere di nuovo;
3. ringraziare Questo è un impegno che, nella relazione educativa, investe
educatore ed educando, portandoli alla riappropriazione dell’universo
simbolico cui entrambi appartengono, aiutando i soggetti a formare una
propria visione culturale, scevra dall’impersonalità della chiacchiera, che si
eredita passivamente (Ricouer).  Si tratta di prendere in mano la propria vita
e tentare di vivere un’esistenza in prima persona, come soggetto e non come
oggetto gettato a vivere.
Ricouer ne parla come ap-propriazione di sé: il soggetto deve, come prima
cosa, è riconoscere lo stato di deiezione (alienazione), una sorta di assenza di
sé e di volerne prendere le distanze. Solo questo riconoscimento può portare
ad una tensione verso un compimento di sé, ad una pienezza di essere e di
significato  questa tensione possiamo chiamarla “motivazione allo
sviluppo” (Maslow), infatti, possiamo parlare di desiderio, desiderio di
felicità, per giungere alla fioritura di una vita orientata dal senso e segnata
dal diletto. LA CONSEGNA EDUCATIVA SI FA CARICO DI QUESTO DESIDERIO.

B. Partendo da quanto detto si perviene ad una nuova formulazione del senso


dell’educare: se il soggetto è definito dal desiderio il riconoscimento dell’ethos deve
intercettare questa tensione alla vita piena e totale. Ciò ha più senso se si integrano
due istanze:
1. si deve cercare un’eredità di senso con e attraverso l’educazione;
2. sia l’educando che l’educatore devono ricercare un’alleanza tra l’eredità di senso e
il desiderio di compimento, attraverso azioni in cui il soggetto possa realizzare sé
stesso, senza tradire la propria unicità e singolarità.
In tal modo l’educazione si configura come speciale cura del soggetto che porta a
personalizzare la consegna proprio realizzando sé stessi e la propria autonomia.
Questo è compreso dai giovani del nuovo millennio, percepiscono l’autenticità in
modo spontanea e la ritengono un valore preminente rispetto ad altri. Il compito
della pedagogia e della filosofia è renderne evidente il significato, fondando la verità
(E. Stein) Il soggetto riconosce di essere segnato da un desiderio singolare, ottiene
un’apertura verso il futuro. Alla base della possibilità’ di concretizzare un progetto
c’è il desiderio, come condizione necessaria. Solo riconoscendo di essere segnato da
un desiderio singolare, il soggetto si apre al futuro, da’ senso al presente e
risignifica il passato.

L’incontro fra le due istanze non è affatto semplice, spesso è drammatico e l’esito
non è mai scontato. Ma rimane il fatto che la meta sia quanto di più desiderabile vi
sia: il valore di vita buona e la conquista di un ideale di autenticità il
raggiungimento di questa meta è l’inizio della vita morale (elevazione dell0essere
umani).

3.2 Un ideale di vita buona

L’inizio dell’azione educativa è nell’attestazione dell’educatore. L’educatore vuole essere


inteso come tipo umano definito dalla decisione di un ideale di vita buona che reputa
preferibile ad ogni altro bene. Ha analizzato i mondi della sua vita, per trovare la verità ed è
arrivato a trovare il suo poter essere autentico. L’attestazione si tratta, per lui, di far amare
(all’educando) quanto lui ha amato. L’educatore si fa discepole e ne diventa testimone
dell’ideale di vita buono. Questa è la prima condizione che rende l’azione educativa valida.
La seconda condizione è: un ideale che rende la consegna educativa affascinante. Le qualità
che fanno l’ideale attraente sono il bene e il bello. Questa bellezza lascia intravedere una
promessa di felicità, perché quando si raggiunge il viver bene, si è felici. La terza possibilità è
legata all’ontologia dell’ideale di vita: solo se la consegna sovra-esiste in un’esistenza
personale, il valore di vita buona esige di essere vissuto in una forma singolare perché sia
realmente valore vivente. È nella consegna il cuore dell’azione educativa: l’educando alla
fine di tale azione vive la sua vita da soggetto e non più da oggetto. Questo avviene tramite
un interiore modellamento etico dell’educando: si tratta di far vivere dentro di sé l’ideale
dell’educatore, ciò avviene solo se si considera l’educatore proprio interlocutore personale.
Si può descrivere anche come un processo di causazione che può segnare l’inizio della vita
morale.

B. Questo processo relazionale richiede un impegno riflessivo da parte dell’educatore e


dell’educando. L’educatore riconosce l’ethos al quale appartiene, prende atto di quello che
fa pensa non può essere determinato dalle convinzioni spontanee che configurano le sue
incertezze. Volendo però capire se le cose che ritiene certe siano anche vere, allora si
esercita la sua libertà originaria, cioè̀ il mettere in discussione le proprie certezze. Per un
verso dal lato dell’educatore si esprime l’istanza stessa della ragione ed è la ragione ad
innescare la ricerca della verità̀, in essa emerge la tensione etica, per un altro verso, dal lato
dell’educando, l’istanza della ragione, applicata all’ideale di vita che viene consegnato,
mette in movimento la ricerca del senso originario dell’ideale stesso e il progetto di una sua
nuova configurazione. È necessario riprendere il passato, un risorgimento, un restauro del
passato. Non si deve riprendere il passato senza modificarlo, ma si devono riconoscere gli
ideali di vita buona conquistate a volte con vere e proprie lotte. In questo modo la
conoscenza del passato ci permette di scoprire gli ideali di potenzialità̀ di senso che sono
rimaste inespresse, e il nostro compito è quello di riprenderle ritrovando gli ideali di nuove
forme di vita.

3.3. Il riconoscimento reciproco

In campo educativo, la consegna avviene nella pratica dialogale, in cui l’EMPATIA acquista
un ruolo fondamentale questo è il metodo educativo adeguato di quella relazione
educative che è consegna di un ideale di vita buona.

La consegna dell’ideale di vita buona è ESPERIENZA VALORIALE DI RECIPROCO


RICONOSCIMENTO. Dalla descrizione fenomenologica impariamo che non c’è un primate
dell’educando o dell’educatore, quanto piuttosto della RELAZIONE. Il fenomeno educativo è
un’azione bilaterale/bidirezionale, un impegno comune. I soggetti della relazione sono
chiamati a riconoscere/assumere l’ethos delle esperienze etiche vissute nella comunità
storica di appartenenza, nel rispetto della differente articolazione dell’appello offerto
dall’ethos. Per tale motivo si definisce reciproco riconoscimento dell’azione educativa. In
primo luogo bisogna prendere atto di una comune dimora nel mondo, e in secondo luogo
bisogna riconoscere la singolarità dei soggetti coinvolti. Si ha un’esperienza di autentica
relazione interpersonale che viene denominata come gemmazione del senso. Questa
espressione indica il diverso modo di interpretare le cose. Una cosa può essere
interpretata in modo differente da due soggetti. Ogni soggetto in quanto corpo animato
coglie sempre da un punto di vista i fenomeni della realtà. In sintesi: da una stessa realtà
oggettiva posso esistere molteplici e diverse realtà soggettive. Questo riconoscimento
reciproco intende riconoscere la prospettiva dell’altro e integrarla alla propria prospettiva. Il
fine ultimo del dialogo, quindi non è di arrivare a pensare la stessa cosa, ma di vedere
insieme come diversamente l’identico si declina. Il primato dell’azione educativa è della
relazione tra educando ed educatore, ma l’educando si può definire così solo se diviene
persona, soggetto e protagonista dell’azione. È la possibilità per la persona di emanciparsi
dalla natura e di dimorare eticamente nel mondo.

CAP.4 L’ORIGINARIO ESSER CONSEGNATI

In questo capitolo si vuole proporre una riflessione filosofica su una più originaria consegna
alla storia, all’essere e a sé stessi. L'approfondimento filosofico permetterà di
ricomprendere in una luce nuova il senso della consegna educativa della persona emerso
con la riflessione pedagogica (capitolo 3).

4.1. L’appartenenza alla storia

A) Nel precedente capitolo abbiamo definite il punto di partenza della riflessione pedagogici
ali nostro appartenere alla storia, l’attualità storica, che è la prima presupposizione. Oltre
all’appartenere alla storia attuale, apparteniamo anche alla storia da sempre, ai suoi mondi
e alle sue opera, ai suoi universi simbolici che si Ono dati nel tempo. Ognuno di noi è
sottoposto agli effetti di una storia che non ha scelto (GAdamer, Verità e Metodo).
L’intrascendibilità del nostro appartenere alla storia è un limite originario alla nostra
libertà. Siamo, più che soggetti, oggetti dell’esistenza, un testo che appare come un discorso
indiretto offerto al lavoro interpretative (Bellin. L’esegesi dell’esistenza).

Questa intrascendibilità’ della nostra appartenenza alla storia la si può analizzare


confrontandosi con Heidegger e con l’ermeneutica contemporanea di Gadamer e Ricouer.

B) Tutti i tratti esistenziali indicano l’appartenenza al mondo. L’esser-ci, l’essere nel mondo.
Heidegger parla di effettività dell’esser consegnati, a definire che il progetto che costituisce il
nostro avvento nell’essere non dipende dal soggetto, ma si presenta, piuttosto, come un
confine della libertà stessa del soggetto. Parla di infondatezza proprio perché il modo di
abitare il mondo ci sfugge nei suoi fondamenti. Altrettanto originaria è la disposizione ad
orientarci nel mondo. Il soggetto che è nel mondo già da sempre ha dell’essere nel mondo
una comprensione, Questa può essere chiamata precomprensione, dal momento che è la
comprensione che precede ogni altra comprensione acquisita nell’esistenza. Si tratta di un
sapere: spontaneo; preriflessivo, che ciascun soggetto apprende sin dalla nascita, ricevendolo
dai mondi della sua vita, innanzitutto quella familiare, poi quella più vasta delle parentele ed
amicizie, infine dai mondi sociali. Per tale ragione, per il fatto che l’uomo ha una
precomprensione, la persona umana è il luogo in cui si pone la domanda dell’essere e del suo
senso. Poiché l’essenza stessa è l’esser-ci nel mondo, i fondamenti del problema dell’essere,
non vanno ricercati nel rapporto con l’altro, ma nel rapporto con il mondo. Comprendere
rappresenta la disposizione originaria ad orientarsi nel mondo: apprendere una possibilità
d’essere, ulteriore alla situazione a cui si è consegnati; mentre interpretare significa
esplicitare o dispiegare la nostra comprensione data. Ricoeur afferma che in Heidegger la
scelta di offrire all’epistemologia delle scienze umane un fondamento ontologico, con la
dottrina della comprensione originaria del senso dell’essere, impedisce di ritrovare la
questione epistemologica dopo l’ontologia.

C.L’astoricità è astrazione nell’accezione negativa perché impedisce di conquistare


un’autentica coscienza o dimensione storica. La storia ci precede, precede la nostra capacità
riflessiva, ogni comprensione ed ogni interpretazione. Apparteniamo originariamente alla
storia che a noi stessi. Gadamer dice che: ogni comprensione che l’uomo ha di sé è essa
stessa storicamente determinata e prospetticamente situata. I fatti da interpretare sono eventi
storici, che toccano con i loro effetti anche l’interprete. La coscienza storica sa di essere essa
stessa storica, dunque si dà coincidenza tra sapere storico ed essere storico. Ricoeur riprende
Gadamer, ma parla del concetto di appropriazione, ovvero la ricomprensione dei significati ai
quali la coscienza è esposta. Parla anche di distanziazione ovvero la messa a distanza di una
comprensione storica segnata dall’istanza critica, questa è la sola condizione che rende
possibile l’appropriazione. Peraltro affermare che la coscienza storica abbia un’efficacia va
già nel senso di una presa di distanza (non potrebbe darsi efficacia del passato se non nel
riconoscimento di una distanza del presente da esso). La prospettiva di Gadamer viene così
approfondita da Ricoeur, andando nel senso di una ermeneutica del testo.

4.2. Comprendersi davanti ai testi storici

Originario per l’uomo esistente è essere consegnato ad una situazione data, che è innanzitutto
una concreta comunità nella storia umana, non scelta dal soggetto. Così com’è originaria la
precomprensione che segna la coscienza spontanea di sé.

A. Tutte le opere del soggetto oggettivano la comprensione originaria. Configurando i suoi


discorsi e le sue azioni come dei testi o dei quasi testi, le opere storiche vengono viste come
l’espressione della vita umana dei singoli e delle comunità alle quali appartengono. Ogni
uomo e ogni comunità comunicano e mediano se stessi oggettivandosi in figure storiche che
sono unità di senso strutturate. Allora, dice Ricoeur, solo mettendosi di fronte a questi testi
dell’esistenza della storia il soggetto può leggersi e può raccogliere l’eredità consigliata dalle
esperienze esistenziali degli uomini che ci hanno preceduto e dalle tradizioni storiche
formatesi lungo il corso delle generazioni. Tale mondo del testo aiuta il soggetto a
comprendersi per quello che è e allo stesso tempo rivela un nuovo mondo, nuove dimore per
il soggetto, proprio perché il soggetto stesso comprende sé stesso grazie all’offerta di varianti
immaginative rispetto alla situazione data. Il soggetto può comprendere sé stesso davanti
all’opera ma perché questa accada si rende necessario distanziarsi. La comunicazione nella
distanza con il testo svolge, dunque, una funzione ermeneutica essenziale. Da qui possiamo
prendere in esame i significati essenziali.

1. In primo luogo dobbiamo comprendere la distanza che ogni testo acquista dal proprio
autore una volta che è composto e vive di vita propria.

2. In secondo luogo abbiamo la distanza imposta dal metodo scientifico che è rivolta ad
analizzare le strutture specifiche secondo cui si è configurato il testo. La lettura e la
comprensione di un testo rendono necessarie l’analisi delle strutture proprie che esso
possiede, si tratta dunque della distanza critica costitutiva della spiegazione oggettiva di ogni
metodo scientifico.

3. In terzo luogo è necessaria la presa di distanza perché la possibilità di comprendersi


davanti un testo avviene solo superando la propria coscienza spontanea, la coscienza ingenua
e le illusioni che il soggetto può avere su di sé. Ricoeur parla della sospensione della
coscienza immediata, in tal modo si ha una nuova coscienza. Una vasta dimensioni di senso
che rappresenta un altro stile esistenziale. Tale coscienza è nuova perché è riducibile la
situazione esistenziale data ed è concreta perché il risultato della critica di una falsa
interpretazione delle illusioni che il soggetto si è fatto su di sé.

B. Ricoeur afferma che affinché un soggetto comprenda sé stesso davanti ad un’opera storica
deve tenere insieme metodo e verità. Con il metodo ci troviamo di fronte al primo grado della
riflessione ermeneutica ovvero quello scientifico in senso proprio, si può chiamare livello
dell’analisi strutturale dei testi. Questo intende la configurazione di un testo: ad esempio nel
caso di un racconto e di vicende biografiche l’analisi è intesa a descrivere la strutturazione
propria del testo, ovvero l’intreccio delle azioni dei protagonisti e dei personaggi. Ora l’opera
porta a parola una originaria pre-comprensione dell’essere e dell’esistenza dei soggetti, ma
per un altro verso l’azione strutturante del linguaggio rappresenta sempre un ordine del tutto
caratteristico della realtà e così viene disegnato di fatto una nuova figura dell’esistenza. Così
grazie all’analisi strutturale e ad una lettura adeguata di ogni testo possiamo arrivare a una
riconfigurazione dell’esperienza vissuta da ogni soggetto coinvolto nel dialogo coi testi. La
ragione di tutto questo è: ogni testo ha sempre una referenza ontologica poiché con esso e in
esso viene a parola un modo di abitare il mondo. Nel linguaggio troviamo i mondi personali e
gli universi sociali sia della comunità che del lettore. Questo linguaggio da un lato ha
orizzonti di senso riconducibili a situazioni date, dall’altro lato ha prospettive di senso di
nuove dimore. In breve sono modi possibili di abitare il mondo. Un testo quindi comprende i
mondi dell’autore e del lettore, ma anche quelli che esso contiene in sé. Si arriva così a
definire un ulteriore grado, cioè un’ermeneutica del testo in sé adeguata che costituisce il
livello dell’analisi esistenziale. Questa è una prospettiva etica che concepisce l’esistenza
umana nella storia sia come un dono sia come un compito di ripresa creativa. È una
prospettiva segnata dall’etica della responsabilità personale al concreto senso dell’essere che
nei testi si va rivelando. Questi portano a significazione tanto una determinata situazione
storica quanto una dimensione di trascendenza rispetto alla situazione data.

4.3. L’emergere nell’essere

A. Abbiamo visto nel nostro venire ad essere un originario essere consegnati ad una storia e
ad un mondo, che è essenzialmente un universo simbolico. In esso siamo stati generati e da
esso riceviamo la nostra prima configurazione esistenziale. Se all’originario essere
consegnato del soggetto portiamo un nuovo sguardo che visualizzi l’avvento nell’essere dal
proprio non essere, l’originario esser consegnato appare evento unico. È lo sguardo
ontologico, segnato dall’intuizione intellettuale dell’essere, il suo senso d’essere. Ogni ente è
per tutte le relazioni definitive che lo costituiscono, ma insieme ogni ente è quello che è per
una relazione indefinita che si estende alla totalità, che lo nega ad essa. Dunque tutte le cose
si tengono insieme e ogni ente indefinito è apparire dell’essere e l’essere di ogni ente è la
totalità che si partecipa in modo singolare. Con un approfondimento filosofico dobbiamo
istituire la coscienza per il suo senso d’essere a partire dalla prima evidenza che la coscienza
non appare principio di sé e quindi non appare causa sui. Con l’analitica esistenziale questa
prima evidenza è emersa con la strutturale finitezza dell’Esserci, il limite originario della
libertà quanto al proprio venire ad essere. Il soggetto non si dà l’essere, il soggetto piuttosto
riceve l’essere, nel suo venire ad essere dal proprio non essere, esso è posto nell’essere da
altro. Bisogna utilizzare una più radicale fondazione di ontologia metafisica in modo da porre
in modo adeguato la domanda sul senso di essere dell’esserci. Ora il punto centrale di questa
fondazione è l'argomento metafisico inteso a dimostrare che la totalità dell’esperienza non
coincide con la totalità del reale. Da questa argomentazione si deduce che la totalità
dell’esperienza riceve il suo senso di essere da altro, da una realtà che è rispetto ad essa
trascendente in senso metafisico, si deduce quindi che è causa principio del senso d’essere di
ogni ente che nell’esperienza ricevere l’essere. L’argomento metafisico ha una struttura
dialettica, esso è volto a dimostrare la tesi che vuole sostenere, dimostrando che la tesi
contraddittoria si contraddice da sé. Ogni soggetto impiantato nell’essere nasce solo
abbozzato ed è segnato da una costitutiva ed insuperabile incompiutezza, la sua esistenza è
orientata da un’attenzione a pervenire ad una pienezza ad essere che le conferisca unità di
senso che porti infine la persona alla sua piena attualità.

B. Lo sguardo ontologico deve riconoscere la gratuità dell’avvento nell’essere dell’Esserci.


Proprio il confronto critico istituito con l’analitica esistenziale di Heidegger ci consente di
cogliere di una tale gratuità il carattere paradossale. La gratuità è intesa come un originario
essere gettati nel mondo e si dice che è puramente casuale (sia la scelta del tempo sia il luogo
in cui ci troviamo ad essere). Si apre così una prospettiva della via del non senso perché
l’avvento nell’essere sembra un evento insuperabilmente opaco ed enigmatico e quindi
assurdo. In un’altra luce l’originario esserci può essere inteso come un originario essere
consegnati per un certo verso essere affidati a chi accoglie l’evento, per un altro verso essere
offerti a chi riceve l’essere. Questa è l’affermazione del dono dell’essere e dell’esistenza. È
un dono perfetto perché ricevuto senza averlo richiesto. Questa ultima interpretazione appare
più solida dal punto di vista teoretico perché apre la via del senso e nel nuovo orizzonte
l’essere e l’esistenza del soggetto a cui sono un carattere rivelativo. Il soggetto ora viene visto
come donatario dell’essere e dell’esistenza e la consegna appare come offerta di senso che ha
il suo principio in un ineffabile donante. È il soggetto che viene ad essere consegnato a sé
stesso come libero progettare, ha il potere dir-di-sì o il dir-di-no. Questo potere costituisce il
primo atto di libertà del soggetto e grazie ad esso, il soggetto trascende la situazione data. In
ragione di questo originale essere donati all’essere nell’essere e in quanto essa appare come
un originario essere pensati e voluti si giustifica l’affermazione che la persona nella sua
antologia è essere amato. Proprio la consapevolezza di questo originale amore nel dono
dell’essere fonda la capacità etica della persona, perché l’essere amati custodisce il sé la
possibilità di una vita buona. Ma soprattutto la gratuità dell’essere e dell’esistenza, intesa
come un dono, permette di cogliere l’indisponibilità del senso, che segna l’essere e
l’esistenza è un’originaria offerta che precede ogni personale conferimento di senso da parte
del soggetto. In essa vi è la misura della piena riuscita per il sé nell’essere, cioè il primo
criterio di autenticità. È nel riconoscimento che trova fondamento l’atteggiamento veritativo
del soggetto.

4.4. Testo storico e segno antologico

Il soggetto visto nella sua costituiva appartenenza può essere inteso come definito testo
storico, ma visto nel suo senso d’essere, ogni soggetto può essere inteso come singolare
segno ontologico. La comprensione adeguata dell’evento persona implica di tenere insieme le
due affermazioni:

1) ilsoggettoèintesoimmersoinunastoriaumanaelasuacoscienzarestasempreespostaaisuoi
effetti.

2) ilrapportooriginarioconl’interocostituiscelacoscienzacomeintenzionalitàontologica.

A. Il senso della storicità muta, ora la comprensione della storia appare derivata rispetto alla
comprensione originaria del senso dell’essere. Si tratta dei testi dello spirito oggettivo che si
presentano come sintesi strutturate intese come “la nostra esperienza”. Il compito della
riflessione critica è quello di distinguere, nei testi storici, quanto è solamente storico da
quanto è anche ontologico. É noto che per Ricoeur la comprensione delle indefinite
oggettivazioni storiche è una complessa opera di interpretazioni differenziate, dove ogni
registro linguistico esige un proprio metodo esemplificativo e una determinata interpretazione
(un’ermeneutica specifica). Il compito di un’ermeneutica universale consiste:

1.sul piano semantico, nel chiarificare il concetto di interpretazioni comune le diverse


discipline ermeneutiche.

2. sul piano riflessivo, nell’intendere la comprensione che si apre con l’analisi e con
l’interpretazione dei linguaggi delle opere storiche come un momento della comprensione che
il soggetto ha dell’essere.

Ora l’ermeneutica può essere intesa come una compiuta filosofia dell’esistenza dell’essere.
Interpretando i testi il soggetto compie un’esegesi della sua esistenza, scopre che tutti i testi
sono costituti da una originaria relazione ontologica e da una originaria comprensione del
senso dell’essere. Nell’ermeneutica dei testi, il soggetto scopre che la coscienza costituente è
essa stessa costituita. È posta nell’essere prima di porsi da sé (prima di conferire un senso
determinato alla sua esistenza e prima di possedersi).

B. È noto come Ricoeur intenda l’ermeneutica come un approfondimento critico della


fenomenologia. Husserl ha concepito la fenomenologia come un uso critico della ragione
riflessiva che assume in pieno l’istanza della razionalità moderna e con la fondazione
trascendentale sembra ricondurre il mondo al soggetto costituente. Tra i suoi allievi si è
aperto un grande dibattito proprio sul modo in cui intendere questa riconduzione e la
significazione ovvero il dibattito su come si debba intendere la semplificazione o donazione
del senso (Sinn-Gebung) e su cosa sia il potere costituente della coscienza. Per il professore
la definizione del principio della fenomenologia deve essere interpretato secondo ciò che
dicono i primi allievi di Husserl. Secondo la loro prospettiva la significazione o donazione di
senso va compresa come offerta di senso del reale per l’intelligenza del soggetto, questa
accezione deve precedere e fondare ogni conferimento di senso al reale da parte del soggetto.
La coscienza è costituzione di senso ovvero il senso del reale che si offre è dato secondo
modalità coscienziali differenziate e specifiche. Il senso che si offre è messo in forma in
processi di significazione e si pone sempre in forme di sapere storicamente determinate. La
coscienza costituente dunque è essa stessa costituita e il soggetto non è origine e fondamento
né dell’essere né del senso. Egli riceve l’essere e questo primo dono lo costituisce
originariamente come segno ontologico e fonda l’originaria appartenenza all’essere e
l’originaria comprensione del senso dell’essere che è così offerto. Il soggetto è testo storico,
costituito dal senso che emerge proprio interpretando le oggettivazioni storiche.

Capitolo 5 - L'acquisizione di una competenza esistenziale e storica

Nella riflessione pedagogica fondamentale, in merito alla consegna educativa, si assumono i


problemi di fondo: 1) quello del senso ovvero dei “perché?” e 2) quello del metodo ovvero
del “come?”, che vanno pensati in modo unitario. La consegna educativa può avvenire solo
in una pratica dialogica che coinvolga l’educatore e l’educando. Questa pratica educativa può
destare il soggetto a sé stesso. È compito del metodo educativo trovare le linee guida che
fondano la scelta per il soggetto. La pedagogia fondamentale è definita dalla ragion pratica:
prima è pratica, cioè c’è l’educazione, poi è riflessiva. L’impegno educativo lo si trova nelle
pratiche educative concrete. La pedagogia ha il vantaggio di assumere delle presupposizioni e
di procedere sul loro fondamento rispetto alle scienze filosofiche.

5.1. II codice empatico

A. La concretizzazione della consegna educativa avviene attraverso:

 il dialogo esistenziale centrato sull’empatia che si compone di due elementi:

1. Struttura che lo costituisce qualificata dal codice empatico;

2. Senso il fine che ci ha di mira e che consiste nel far fare esperienza di sé nel momento in
cui si fa fare esperienza di una sorgente di senso.

I soggetti sono chiamati a dispiegare l’appello offerto dall’ethos, esso è un impegno comune
poiché l’azione educativa è BILATERALE. Questo metodo è adeguato al tempo post-
moderno perché:

1) Privilegia di fatto le esperienze di società ristretta;

2) Assume il deficit che segna negativamente le generazioni delle madri/padri e dei figli/e.

Il dialogo empatico si struttura secondo un codice di funzionamento, si tratta di descrivere il


sistema di regolazione della relazione educativa. In ogni sistema RELAZIONALE-DUALE si
distinguono 3 elementi costitutivi:

1.FATTORE DI CONTROLLO (C) gestione delle relazioni (autorità e competenza


nell’educazione);2.FATTORE EMOTIVO-AFFETTIVO (E): si dispone ad ascoltare,
elemento che fa incontrare l’altro. Comprende i tratti di del contatto socio-affettivo dei
soggetti in interazione. L’elemento che dispone al dialogo che fa incontrare veramente l’altro
nella sua alterità e quello emotivo-affettivo. Esso forma il clima propizio ad esprimersi e
dispone all’ascolto. 3.FATTORE DI AUTENTICITÀ (A): riguarda la congruenza del
linguaggio utilizzato dall’educatore, comportamento educativo ed espressivo.

I primi due fattori godono di una certa oggettività, mentre il terzo si può definire soggettivo
poiché è riconducibile alle differenze individuali nel linguaggio.

B. Il sistema dialogale si articola con tensione tra le opposte polarità dei singoli elementi. Il
fattore di controllo (C) oscilla tra la dominanza e la sottomissione, il fattore emotivo-
affettivo (E) oscilla tra il distacco e la fusione nei confronti dell’altro, quando l’incontro è
segnato dall’empatia esso acquista un fine, ovvero quello della verità dell’educazione.
L’empatia autentica è tale da rendere il controllo della relazione minimo, senza mai però
annullarlo del tutto. Tale modalità relazionale favorisce l’autonomia.

La prima norma caratterizzante è la Libertà Educativa. L’atteggiamento empatico è quello


della preoccupazione benevolente e fornisce al sistema dialogale la regola dell’amorevolezza
educativa. Queste due regole operano in un linguaggio della trasparenza comunicativa dove
vi è l’onestà morale dell’educatore congruente con l’atteggiamento che favorisce l’autonomia
della persona coinvolta nel dialogo educativo.

L’educatore deve essere percepito dall’educando senza maschere, così come egli è.

5.2. La posta in gioco e la scommessa


A. Il metodo consiste nel mettere in atto una pratica di reciproco riconoscimento, affiche
avvenga la consegna educativa. Da un lato la posta in gioco è far fare esperienza di sé
all’educandato coinvolto nel dialogo dall’altro la scommessa è far fare esperienza di una
sorgente di senso, i due aspetti operano come atti sinergici. Far fare esperienza di sé
all’educando significa aiutarlo ad intercettare i volti del desiderio singolare che lo costituisce
mettendolo nella condizione di narrarsi. Il lavoro da fare implica una decifrazione della
duplicità intenzionale che struttura il desiderio dell’educando. La storicità è la trascendenza
richiamano le sue forme attuali e le forme possibili; l’educatore deve far creare all’educando
una mappa interiore di sé che pervenga alla consapevolezza del mondo personale e che gli
faccia affrontare la realtà. Vi sono due momenti dialetticamente legati tra loro: 1) è
l’inventario dell’io concreto che è una prospettiva di tipo archeologico; 2) l’esplorazione del
poter essere autentico, la forma personale che orienta l’esercizio attivo ed autonomo della sua
esistenza, è una prospettiva di tipo teleologico. Il fine è la ricomprensione esistenziale dell’io
insieme ad una riappropriazione di sé che costituiscono un ideale di vita buona.

L’eredità comunicata può essere conveniente al pensiero dell’educando e congruente poiché


risponde alla situazione storica che si trova a vivere. La prospettiva educativa fatta
dall’educatore all’educando ha il senso della con-venientia, ciò che è percepito come buon in
sé dall’educatore deve essere inteso buono dall’educando.

B. Compito dell’educatore quindi è duplice: 1) offrire prova pratica dell’ideale consegnato; 2)


offrire prova teorica e cioè argomentare le ragioni.

Compito dell’educando è la costante verifica nella pratica e la riflessività sull’interpretazione


adeguata al desiderio in cui si trova immerso.

5.3. Una speciale relazione di cura

A. Attraverso il dialogo esistenziale i soggetti coinvolti mettono in forma il loro sentire,


cresce la consapevolezza di sé. Nel dialogo si distinguono due momenti:

1) Ironico: dialettica oggettivazione di sé distanziata dalla propria coscienza spontanea; 2)


Maieutica: poietico.

Il dialogo permette la riflessività, nasce come critica ad un’interpretazione già data, intende
qualche tratto del suo poter essere (tematizzato vede attraverso l’altro il suo poter essere,
coscienza di sé). La conoscenza di sé si presenta nella forma di un dono portato da chi si
accosta con empatia, è il frutto di una relazione riconoscente.

B. Il dialogo esistenziale è una relazione d’aiuto, relazione di cura per la crescita della
persona. per tutte le differenze un punto in comune e dato dalla psicoterapia e dalla relazione
educativa. Nel primo lo scopo è promuovere la persona fisicamente e mentalmente, è spesso
riconducibile alla sfera biologica dove vi sono cause determinanti. Nella seconda i fini sono i
valori e la postura filosofica che si ha anche da argomenti futili, poiché in ogni nostra azione
emerge una collocazione nel mondo. Nell’azione pedagogica in senso proprio, quando la
consegna esercita una forza attrattiva nei confronti dell’educando, questo determina
un’esperienza trasformante di sé (principio della vita morale). Nella prospettiva
dell’educazione il benessere è la disposizione al bene. L’educazione è innanzitutto legata
all’ambito dei fini e dei valori che sono realizzazioni personali in senso eminente.

Capitolo 6 – L’appello e rinvio

Emerge la centralità dialogale in cui la consegna si, qui emerge la categoria del desiderio.
Esiste un guadagno teoretico in cui la fenomenologia del desiderio si identificata come pars
potior di un’ontologia della persona rivelando il fenomeno dello spirito. La riflessione sulla
vita dello spirito permette di giustificare il senso del tempo in quanto connessione all’eterno.

6.1. La tensione ad essere in pienezza

La persona nel mondo non sceglie l’essere e non sceglie la forma della sua esistenza, ogni
persona è segnata dalla finitezza, è un continuo processo di crescita personale, la persona non
è ma diviene sé stessa essa è un’opera incompiuta. Appare segnata da una tensione ad essere
e ad essere in pienezza di vita.

A) La fondazione trascendentale della tensione alla pienezza dell’essere riguarda il percepire


come vedere un oggetto de-terminato. Il determinato manifesta qualcosa che si sottrae al
vedere cioè rinvia ad altro. Nel soggetto il pensare appare come potere di vedere;
l’intellectus: è la capacità di cogliere il rinvio alla pienezza di senso trascendentale che è nel
soggetto Ratio: facoltà dell’infinito. Il rinvio per sé stesso significa che l’io è determinato e
non può essere colto dall’unità di senso. Ci appare dunque chiaro che nella percezione del
reale c’è sempre una superficie che nasconde una profondità, la profondità è un venire in
superficie ciò che supera la superficie, ma che nel rinvio perviene una qualche trasparenza. Il
reale viene percepito dalla coscienza come simbolo, ogni oggetto percepito è ente in sé e si
presenta nella dimensione dell’avere. Per un altro verso esso è ente in altro che lo rileva in
una dimensione infinita e pertanto incommensurabile, la dimensione dell’essere. Permette di
intendere ogni realtà determinata come traccia, ossia manifestazione e segno di una più vasta
unità di senso.

B) Per quanto riguarda la costituzione del desiderio capiamo che in esso vi è una duplicità
intenzionale della coscienza. Noi desideriamo sempre a motivo di una mancanza che diviene
tensione, la relazione desiderante rispetto ad un oggetto inteso è di natura trascendentale.
Desiderare va distinto dal bisogno, il bisogno può essere sempre in qualche modo appagato
poiché è determinato, mentre il desiderio è indeterminato ed autonomo. In secondo luogo
esso non coincide con l’amore poiché quest’ultimo è definito dalla presenza di un bene, il
desiderio invece è costituito dalla percezione dell’assenza di qualcosa come incolmabile. In
terzo luogo esso non coincide con la volontà poiché questa è riflessività, e il desiderio non
può dire di no all’oggetto da cui è attratto. Per cogliere la struttura del desiderio occorre
realizzare quando il desiderio desidera un’altra persona. Il desiderio desidera un soggetto
desiderante adesso cerca sempre di essere appagato appieno questo può essere definito come
desiderio di assoluto. L’appagamento può essere solamente l’esito di un’iniziativa presa da
altri. Quindi: io desidero che gli altri mi desiderino, ma il desiderio dell’altro nei miei
confronti è un dono che mi viene fatto e questo si presenta come libertà assoluta che non
dipende dal mio potere. La radice del desiderio è inconscia interpretazione degli oggetti dei
nostri desideri, permette di rivelare alla radice di ogni gesto un volto particolare del desiderio
che ci anima. Nessuno perviene mai ad accogliere la sua interezza. Un’intuizione della nostra
destinazione è il termine che riesce ad illuminare in qualche modo l’intero dell’esistenza. Il
desiderio che ci costituisce è per struttura “desiderio dell’altro”, ovvero l’altro che siamo.
L’alterità è volontà di significazione, voler diventare consapevoli e trasparenti a sé stessi,
essa è ricerca del diretto: contiene la misura singolare della felicità possibile.

6.2. La legge dell’ap-prossimazione al compimento

A) La tensione desiderante può essere vissuta in diversi livelli. Innanzitutto può essere vissuta
solo a livello psichico quindi si manifesta come uno stato del soggetto dove vi è una forza
struggente che lo anima e a cui egli si abbandona. Emerge anche che il desiderio può essere
vissuto dal soggetto nella sfera della consapevolezza e della libertà, l’atto psichico diventa
atto spirituale. L’atto è segnato dalla motivazione, dunque istituito secondo una legalità
autonoma rispetto alla sfera psichica. Il desiderio li vede e li intende nel loro aspetto di
qualità oggettiva di cui è in ciò che fa di essi un aggettivo che può perfezionare il soggetto
stesso; li vede dunque nel loro aspetto di valore. Se il soggetto desidera qualcosa solo per sé
stesso il suo desiderio si pone nella dimensione dell’avere. Se vissuto come atto spirituale il
desiderio è definito da una referenza oggettiva e si può collocare nella dimensione dell’essere
poiché il soggetto si decentra e acquista uno sguardo ontocentrico e vede ed intende l’ente in
sé e in altro. Il soggetto può vedere scegliere ogni oggetto come termine del proprio desiderio
in ragione del nesso che esso porta con l’intero e la totalità o l’unità d’essere e di senso di cui
reca traccia. Quindi il soggetto riconoscere il proprio nesso con l’essere poiché è Spirito.

B) A questo punto possiamo parlare in merito alla personalizzazione della consegna da parte
dell’educando, che viene vista come una approssimazione alla verità di sé. La legge
dell’approssimazione vale come criterio di senso del desiderio che è diventato
consapevolmente libero. Per il soggetto desiderante si tratta sempre di scegliere un bene in sé
nella misura in cui non è soggettivo con una pienezza d’essere e di senso per il soggetto.
Esiste un senso di verità nell’antologia della persona che orienta il nostro argomentare.
L’essere umano è possibile poiché egli diviene ad essere sé stesso. Ogni persona è segnata dal
valore: ogni persona è relazione essenziale con quanto viene percepito ed è scelto come
valore di essere e di senso. Questa lotta per il riconoscimento del valore è per i soggetti
necessario per acquisire un ideale di umanità etica, una vita buona. Quanto si presenta come
valore si rivela sempre solo possibile per il soggetto. Per un verso un valore appare tale in
quanto il soggetto coglie in esso una qualità che si mostra non accidentale per l’autentico
poter essere. Esso appare sempre per tanti versi problematico. Il rischio nella scelta è pertanto
ineliminabile, con il sapere si dà sempre un non sapere che rende la scelta sempre un salto.
Ogni valore determinato porta in sé un’approssimazione della nostra forma compiuta. Porta
una nuova configurazione ed è possibile per la nostra identità personale, il soggetto la sceglie
perché contiene una prefigurazione inedita del compimento. Questa dialettica della scelta del
valore di essere ci aiuta a definire l’azione educativa nella quale inizia la testimonianza di un
agire Morale e responsabile. L’educando diviene soggetto dell’educazione se pone
all’interno della relazione educativa un lavoro personalizzato della consegna che gli viene
offerta.

L’inizio della vita morale coincide con l’acquisto della virtù dell’educazione.

6.3 Il sé profondo celato nel desiderio

A) La Patosfera può essere intesa come configurazione differenziata del desiderio, i


sentimenti, infatti, possono essere visti come volti del desiderio. La Patosfera rivela quanto il
soggetto intende dell'essere del proprio trovarsi in una storia, essa è segnata sempre da un
tono di fondo che indica la personale prensione globale dell'essere e del suo modo di abitare
il mondo. I volti del desiderio, quindi, coinvolgono Io strato più profondo del sé ovvero
quanto costituisce la sua identità o forma personale si può affermare che con i vostri desideri
o ci troviamo dinanzi a fenomeni dello spirito personale, che in essi va rivelandosi anche se
resta pur sempre celato. Nella profondità del desiderio, si cela il nome proprio. Il nostro nome
ci lega ad una storia, in esso ciascuno riconosce il ME, il proprio sé che viene inteso come il
sé come altro. il nome inteso nel rapporto con la totalità è un’effige. Il nome del desiderio
contiene il nostro essere, è l'apertura del nostro cuore. per essere presenti a sé stessi occorre
riconoscere, scegliere e prediligere questo desiderio. Se il nome proprio del desiderio venisse
trovato questioni come il senso della vita e il perché della sua fine sarebbero risolte. Ma
poiché tale senso non è rivelato, lo smarrimento è possibile, il tempo dell'esistenza è segnato
da un'assenza di sé a sé, ed ignorando sé stessi si è consegnati ad una solitudine insuperabile.

B) Occorre approfondire la tematica del desiderio come fenomeno dello spirito, facendo
ricorso al pensiero di Edith Stein, un’ontologia dello spirito personale resta al centro del
suo pensiero. Questo pensiero offre alla nostra filosofia dell’educazione una più radicale
fondazione di ontologia metafisica, ulteriore alla fondazione trascendentale essa è rivolta ora
a visualizzarne la vita spirituale per il suo senso di essere istituendone il principio. In
primo luogo viene fatta una distinzione tra “l’anima del corpo” o psyche e “l’anima
dell’anima” o pneuma. La prima è il principio motore della nostra vita corporea e determina
la nostra vita psichica, essa può essere chiamata anche vita interna (si tratta della vita del
desiderio nella sfera dell’immediatezza). L’altra è la vita interiore o spirituale, è lo spirito
nella misura in cui mostra di avere anche una vita propria: trascendente rispetto al corpo e
alla tua forma. Quindi la vita psichica viene chiamata così in quanto manifestarsi dello spirito
e il desiderio in quanto atti spirituali. Questa ontologia dell’anima elaborata da Edith Stein
vede da un lato lo spirito definito come atto d’essere: è il nostro essere ricevuto come un
dono ed è il fondamento della disposizione reale a esercitare consapevolmente l’esistenza che
ci viene consegnata. Nell’orizzonte della metafisica cristiana l’atto d’essere è principio dello
spirito ha parte all’essere stesso di Dio. Quest’ultimo crea l’essere dello spirito, ma non
riceve l’essere da altro, perché è l’essere stesso per essenza: inesauribile pienezza d’essere. Si
capisce perché lo spirito è inteso come emergenza ad essere singolare che sempre riceve
l’essere che è un dono ininterrotto una creazione continua.

Dall’altro lato lo spirito è essenza singolare nei termini della metafisica cristiana, è il se nella
mente di Dio. Forma personale compiuta, presente nel soggetto perché gli si va rivelando
come immagine concreta. L’essenza singolare è rappresentazione di un’immagine originaria
dell’uomo. È questa forma singolare a costituire il sé autentico, assolutamente unico. È il
termine di un progetto singolare, solo il nome proprio di ciascuna persona lo intende e lo
comunica. Il nostro nome contiene l’appello originario rispetto al quale l’esistenza è posta
come invio, vi è la risonanza dell’evocazione dal nulla, un centro ineffabile che non ci
appartiene.

C) Edith Stein ha la convinzione che nella coscienza di ogni persona permanga sempre una
traccia dell’originale relazione ontologica, il ricordo incancellabile del proprio sé creato da
Dio possiamo chiamarla memoria dell’origine in essa l’originario fenomenizzarsi dello
spirito, matrice del senso nella vita del soggetto, possiamo prenderla anche come la memoria
dell’istante del concepimento, adesso potremmo riflettere su come tale memoria permanga
soprattutto nell’infanzia. Certamente la memoria dell’origine deve essere operante
nell’esistenza di ogni soggetto. Ci sono momenti che di maggiore empito creativo in cui
questa memoria può essere portata alla più vivida espressione. Lo spirito ha una sua realtà
propria indipendente da quella del corpo e della psiche in questo modo esso ha anche
nutrimento proprio. Per Stein l’amore è il primo nutrimento dello spirito: l’amore lo attiva e
lo nutre. Lo spirito è costituito dalla tensione a colmare la mancanza originaria cercando una
dimora che lo accolga e lo ami, se riesce in questo lo spirito conosce una gioia ineffabile, la
dolcezza dell’essere, altrimenti la dimora si porta il peso dell’essere. Un altro attivatore dello
spirito è la vita dell’intelligenza razionale. Lo spirito è fondamentalmente capacità di vedere,
interiormente mossa dalla ricerca di una totalità formata, da unità di senso e di essere, è
costituito da una duplice intenzionalità. Con lo spirito ne va del senso del reale, nella
donazione il senso si dona e si dice. Quindi vi è una donazione di senso offerta dal reale, e
una significazione da parte del soggetto quindi una donazione di senso, lo spirito si rivela
come tensione ad esistere al cospetto di tutto, lo spirito è fatto per unirsi intenzionalmente alla
totalità. L’esultazione d’essere è portata in dono dalla vita intelligente che è la forma più alta
di vita, senza questo nutrimento lo spirito resta in una condizione di anima morta.

Capitolo 7 – L’evento dell’evento personale

La riflessione della Stein ci permette di intendere l’unità e l’unicità dell’essere umano. Quindi
è necessario che la fenomenologia del desiderio e l’ontologia dello spirito personale siano
mediate da una riflessione che le orienti nel senso pratico. Ciò che è stato trattato in
precedenza ci aiuta a comprendere in modo esistenziale i nodi della questione.

7.1. L’esistenza stessa è storia

La consegna educativa implica di raccogliere un un'eredità di senso offerta dalle generazioni


che ci precedono. nessuna generazione può pensarsi in modo autopoietico, ci si trova sempre
a vivere in una comunità con gli stili di vita del presente che si radicano nel passato. questo
fenomeno viene chiamato "tradizione vivente": e in essa si esprime la continuità della vita
spirituale, è la consapevolezza riflessa di una tale continuità a costituire la coscienza storica.
La consegna di un ideale di vita buona esige di trovare adeguata risposta. è il nucleo del
lavoro di interiorizzazione e di personalizzazione, quanto permette di acquisire, con una
competenza assistenziale storica, la virtù dell'educazione: apprende a verificare la
convenienza dell'ideale di vita buona col nostro desiderio e realizza una mappa interiore
dell'educando che in esso è presente e si nasconde. questo implica di pervenire a una nuova
configurazione dell'eredità di senso, esige un distacco dall'Ethos. l'educatore e l'educando
sono impegnati in un

lavoro riflessivo in senso eminente, la storia non passa invano. Quindi è sensato auspicare che
essa possa portare nella esistenza personale un progresso quanto a qualità umana della virtù.
In sintesi la coscienza è esposta agli effetti della storia la crescita stessa della persona è
segnato dalla storia in quanto formatività, l'esistenza stessa è storia. l'esistenza Infatti appare
come una conquista della realtà (rivelazione di te a sé, di trasparenza in trasparenza,
realizzazione possibile del proprio destino) ogni giorno può essere una nuova tappa un nuovo
inizio. La storicità dell'esistenza permette di cogliere il senso del tempo come vento della
persona. Sappiamo che il nome di tale tensione costitutiva e desiderio, istanza di perfetta
significazione e volontà di piena fioritura. possiamo concludere dicendo che la ricerca di una
vita riuscita scandisce davvero il tempo dell'esistenza.

7.2. il tempo e il suo cespite di senso

Emerge un collegamento tra le 3 estasi del tempo e una quarta dimensione, la quale oltrepassa
il tempo poiché al tempo è sottratta. Essa cela un segreto, contiene il vero cespite di senso a
cui l'esistenza personale è sottratta.

A) il segreto del cuore sfugge ad ogni uomo, nessuno conosce il senso compiuto del cammino
che va dalla nascita alla morte. grazie alla ragione e alla Fede egli sa che il cuore di ogni
persona è attraversato dallo sguardo di Dio. solo quest'ultimo ne vede e ne conosce il segreto
perché lo ha creato e lo sostiene nell'essere. nessun uomo può conoscere l'ampiezza del
progetto di Dio, nessuno può conoscere l'idea che ha avuto Dio creando questo progetto e
nella quale è contenuta l'essenza e l'esistenza del suo spirito. come scrive Sant'Agostino nelle
confessioni, egli sa che ogni giorno può ricevere un po' di luce per vedere almeno qualche
tratto del proprio volto eterno. questa luce corrisponde alla forza per diventare sé stesso e in
esso trova il bene e la piena riuscita della vita, ovvero quella pienezza dell'essere cui tende
ogni uomo. la confessio è la possibilità dì intravedere il proprio essere nella sua forma
personale, vedendo in qualche modo il proprio esser visti dal creatore, che è il Signore
dell'essere per Agostino, si tratta di una narrazione autobiografica in cui ci si racconta a dio
in una divina empatia. Guitton ha proposto di chiamare questo metodo illativo, poiché si
tratta di indurre l'eterno personale nella storia della propria esistenza, vedere il tempo e la
storia in una prospettiva verticale nella luce dell'eterno.

B) Agostino evidenzia che esistono tre dimensioni del tempo presente, passato, futuro. il
passato viene vissuto come un continuo ricordo di ciò che è stato, il futuro, invece, viene
visto come un'attesa verso ciò che deve accadere. Secondo Agostino è proprio in questo
momento, ovvero nella predisposizione verso ciò che sta per accadere che si trova l'anima
vera del presente. quanto attendiamo svela verso dove si protende quanto accade e come va
inteso quanto già è accaduto. l'esperienza del tempo ci fa ricomprendere tutto, manifestando
l'essenziale: L'essenziale è che il tempo deve avere 4 dimensioni perché il passato, il presente
e il futuro sono sospesi sino all'ultimo dell'ultima ora, per ultima ora si intende il momento
della morte, dove l'esistenza si compie in modo ultimativo. L'ultimo momento del tempo è un
momento oltre il tempo. Con l'ultima ora si tratta di un'apertura all'eterno, è una dimensione
superiore del tempo che porta la rivelazione assoluta dell'avvenire. Un'esperienza del tempo
nelle sue quattro dimensioni può essere fatta e offerta dalla conoscenza storica del passato,
quando ci disponiamo a ricostruire l'intero percorso di vita di una persona è necessario vedere
il tempo dell'esistenza in una qualche unità di senso e assumere una prospettiva che si
posiziona al di là del tempo. la storia personale in quanto viene raccontata può essere vista e
interpretata come prefigurazione del tempo da venire. Per questo motivo la storia è
escatologica; essa resta sospesa all'ultimo momento. che è il momento ricapitolatore
dell'esistenza e conferisce il significato assoluto a ciò che è stato. Agostino svolge la sua
riflessione rimanendo in un atteggiamento orante e adorante ed afferma che è ragionevole
riconoscere che ogni persona è creata nella sua singolarità dal creatore. affermare che ogni
persona è creata significa che è pensata e voluta secondo una consegna Divina (idea). questa
idea è eterna perché fa parte del disegno stesso dell'Eterno (DIO) che è sottratto al tempo. è
volontà dell'Eterno che questo disegno possa compiersi. La creatura non conosce la mente
divina, può però intendere a qualche aspetto del suo destino, della sua destinazione personale.
non si tratta in senso proprio di una visione eterna dell'intero della nostra esistenza, si tratta di
una visione pre eterna. la conoscenza storica può anticipare la visione in cui tutti gli altri
singoli vissuti sono fissati eternamente, può cogliere il nesso che li tiene insieme. per
Agostino la visione eterna di cui parliamo è una partecipazione allo sguardo col cuore, Dio ci
vede eternamente e questa viene definita: “La Divina empatia”. L’eterno va dalla nascita alla
morte. L’apocalisse è la rivelazione piena del momento visto nell’eterno.

C) La morte è il momento finale del tempo che non è istante nel tempo. con questa si apre
una visione ultra temporale del tempo il complemento del tempo rende possibile
l’eternizzazione, lo svolgimento definitivo del segreto dei cuori: quanto dio sa di ciascuno di
noi. è necessaria quella disposizione che Agostino Chiama intensio: elevazione verso l'eterno
dentro di noi. Stein dice che la parte interna di noi è Lo spirito personale, quanto costituisce
la nostra memoria più profonda. interpretando Agostino ci sono dei momenti privilegiati che
sono quelli segnati da un incontro con persone significative, in cui intravediamo qualcosa del
disegno di dio. Se siamo capaci di riprendere questi istanti unici eternizziamo la nostra
esistenza, conserviamo l'essenziale di quanto ci accade, le esperienze cariche di significato.
Va sottolineato il loro carattere speciale, quelle circostanze uniche poiché vanno d'accordo
con i nostri desideri più profondi. è quella che è chiamiamo fortuna, un esempio può essere
l'incontro con l'amata. il senso degli eventi casuali è dato da una causa finale della quale si
comprenda dissenso solo quando il futuro avviene.

D) Per Agostino questi incontri sono offerte e donazioni da parte di una Sapienza più grande
della propria. una volta accolti diventano comprensibili nella prospettiva di un disegno che
contiene un'immagine di me superiore a me stesso. a questo punto si fa un'esperienza
fondamentale di sé, conosco finalmente qualcosa del mio segreto, attraverso l'incontro con
l'altro io capisco che l'altro non solo riesci a vedere questo stesso segreto che mi caratterizza e
che è costituito da una serie di eventi apparentemente casuali, ma comprendo che questi
ultimi configurano la mia esistenza e il mio destino. La fede secondo Agostino ci aiuta a
comprendere che questo segreto è custodito dal Signore poiché autore dei nostri destini.
CONCLUSIONE

1. La pedagogia fondamentale è intesa a giustificare, ovvero a rendere evidenti attraverso i


diversi livelli dell'analisi relazionale, le intuizioni vivide e sovrabbondanti di senso che
guidano le azioni educative. Questo sapere contiene in sé un auspicio di vita compiuta. Chi è
coinvolto in pratica educativa capisce che la realtà è segnato dal senso. Chi è coinvolto in
buone pratiche è guidato da una premonizione che l'umanizzazione cercata possa consiste nel
fa vivere quanto di più intimo e vitale c'è in noi. Da questo si percepisce l'impianto della
pedagogia fondamentale intesa come scienza pratica. essa assume come punto di partenza
l'esperienza educativa, trattandosi della vita della persona e della sua riuscita le evidenze che
si cercano sono evidenze speciali di natura morale, e si impongono solo a chi ha una
percezione morale del mondo. La pedagogia fondamentale quindi esige una postura morale
che il presupposto per la sua specifica ricerca scienza segnato dall'interazione etica. A questo
punto si parla di una decisione è di una scelta etica originaria che il soggetto compie per il
senso per II bene, esso si può definire prima atto di liberta e della condizione che fa poi
percepire un fine buono e un mezzo adesso adeguato. i mondi della vita e l’esperienza di
significato hanno un peso rilevante per il loro impegno educativo e anche per la riflessione
pedagogica Esse si presentano perlopiù come verità testimoniali. sono esperienze relative di
senso valgono come inesauribili riserve di significati esigono da parte del soggetto una
fondamentale altitudine etica.

2. II compito della pedagogia fondamentale e intuire un’ontologia regionale dell'educazione.


In questa prospettiva resta assume le presupposizioni nel lavoro educativo e forma l'ordine
delle nostre certezze spontanee ricerca una giustificazione razionale. questo significa
mostrare la ragionevolezza delle certezze che guidano le nostre azioni prendendone evidenti
le ragioni col proposito di pervenire a certezza diversamente fondante. Come seconda
riflessione conclusiva possiamo dire che il modello teoretico è sono un livello dell'analisi
razionale della pedagogia fondamentale questa considerata come interna resta scienza definita
dal primato della Ragion Pratica. in questa prospettiva come premessa dei suoi ragionamenti
pratici Occorre dire che i ragionamenti pratici vengono fatti della filosofia dell'educazione.
inteso come sapere it riflessivo ulteriore rispetto alla pedagogia fondamentale. i nuclei
tematico che comune ha Alla pedagogia fondamentale e alla filosofia dell'educazione 6
un’ontologia regionale dell'educazione istituita nel momento teoretico. l'educazione e vista
dalla filosofia nella concretizzazione di parti non indipendenti che costituisce l'essere
all'assistenza della persona come formativita'' .La filosofia dell'educazione e definito da un
proprio compito specifico : attraverso il confronto dialettico tra i diversi pensieri dei diversi
autori, essa porta alla pedagogia e una fondazione strutturale più radicale : occupandosi di
quanta non viene espresso esplicitamente l'essere all'assistenza della persona come
formativita. In filosofia dell'educazione a definita dal primato della ragione teoretica.
Un'ontologia delta persona e innanzitutto una fondazione trascendentale. si pone come
riflessione costitutiva della conoscenza. da Questa istituzione a meglio una duplicity
intenzionale: 1 ) la coscienza e intellectus, ovvero potere di vedere quanta ci appare; 2) ratio,
,
ovvero facolta dell'infinito, capacità di cogliere quanta non appare determinatamente ma si
offre nel rinvio costitutivo di ciò che ci appare. questo determina il punto cruciale, nella
percezione del reale c'è un'eccedenza Questo significa che la superficie che appare e
un’evidenza del venire in superficie di una profondità del reale, senza questo cogliere
dell'invisibile il visibile non pub essere colto come unità di senso. In questa prospettiva
idealismo trascendentale percorrenza realismo critico: essa si occupa della costituzione del
senso, irreale da originariamente un senso che appare, dandosi secondo modalità differenti.
La coscienza dell'individuo opera un processo di significazione. si può dire dunque che la
coscienza costituente e essa stessa costituita. questa fondazione filosofica ha il suo criterio
conoscitivo dell'intuizione intellettuale dell'essere perché vede di intende la persona come
atto d'essere che la tiene fuori dal nulla e dall'essere la sostiene. nell'argomentazione
metafisica partendo dal dato che essa non si da l'essere si cerca di dimostrare che essa riceva
l'l’essere come un dono. In forza di questa argomentazione viene dal fatto che essa possiede
una struttura dialettica, sebbene l’esito sia povero.

3. Il senso della filosofia cristiana proposto da Edith Stein tenta di rileggere la metafisica
classica riuscendo in un'originale elevazione al senso d'essere, nella quale la ragione la fede
Cristiana sono impegnato in un costante dialogo. Stein concepisce la filosofia come scienza
rigorosa, fondata sull'uso critico della ragione, su una legalità autonoma nessun modo di
procedere oggettivamente controllabile; è una posizione che pone filosofo ad una
impostazione fenomenologica in contraddizione con ogni forma di empirismo e di
relativismo. Lei è convinta che ogni persona affronti la vita si ponga di fronte all'essere e
all'esistenza facendo ricorso a dei significati e delle esperienze valoriali che non vengono
dalla filosofia pura che non sono provate dalla scienza del rigore e dell'oggettività. questo è il
motivo per cui Stein afferma che i grandi filosofi abbiano la visione metafisica che vale come
fonte di senso fatta da concrezioni di carattere intuitivo singolari. forma di sapere che precede
l'esercizio del pensiero. l'espressione metafisica Cristiana per lei le risorse vivida di senso
sono diventati i mondi della vita cristiana di Fede del sapere teologico. Per filosofia cristiana
Edith Stein intende una scienza rigorosa che per la sua essenza si definisce come ricerca della
verità, ricerca che impegna la persona per la sua decisione ultima di fronte all'essere
all'esistenza. per essere fedele a quell’istanza costitutiva si deve tenere aperta la attenzione a
tutte le forme di verità pur di altro genere rispetto a quella della filosofia. La filosofia
cristiana prende senso dall'assenso razionale dato da alcune verità come hai bisogno
universali salvezza e la creazione del mondo dal nulla. la filosofia cristiana quindi accoglie la
verità non in quanto rivelate ma semplicemente in quanto verità, esso si differenzia dalla
teologia. da una parte la teologia assume le verità in quanto rivelate e professate dalla fede.
La filosofia cristiana le accoglie come affermazione che intendono una verità possibile
compito di dimostrarne la ragionevolezza intrinseca facendo capire il come e il perché. essa
non va in contrapposizione con la scienza rigorosa. Questo vuol dire che la filosofia
dell'educazione riflettendo sulla persona come forma di vita è coerente con l'istanza filosofica
di ricercare sempre la verità da chiunque e da qualunque parte essa venga. Dunque è giusto
prestare ascolto gli occhi dell'intelligenza alla verità testimoniali della fede. il procedimento
della filosofia cristiana può risultare fecondo anche per la teologia nella misura in cui articola
la comprensione della fede secondo prospettive rinnovate.

TERMINI E DEFINIZIONI

Metafisica: tutto ciò che riguarda la totalità del reale.

ontologia: riflessione della realtà, studio dell'essere contrario di ontico

ontica: sì riferisce agli enti nella loro concretezza

scienza: è un sapere rigoroso e oggettivo (dire il perché di ogni cosa, “episteme” = sapere
saldo)

filosofia: scienza delle essenze, ciò che è un tratto della realtà e che non può non esserci
affinché quel oggetto sia quello che è.

Così come è originaria l’appartenenza al mondo, per Heid. È altrettanto originaria la nostra
disposizione ad orientarci nel mondo. Il soggetto che è nel mondo già da sempre ha
dell’essere nel mondo una comprensione. Questa può essere chiamata precomprensione,
dal momento che è la comprensione che precede ogni altra comprensione acquisita
nell’esistenza. Si tratta di un sapere: spontaneo; preriflessivo, che ciascun soggetto
apprende sin dalla nascita, ricevendolo dai mondi della sua vita, innanzitutto quella
familiare, poi quella più vasta delle parentele ed amicizie, infine dai mondi sociali. Per tale
ragione, per il fatto che l’uomo ha una precomprensione, la persona umana è il luogo in cui
si pone la domanda dell’essere e del suo senso. Poiché l’essenza stessa è l’esser-ci nel
mondo, i fondamenti del problema dell’essere, non vanno ricercati nel rapporto con l’altro,
ma nel rapporto con il mondo. Comprendere rappresenta la disposizione originaria ad
orientarsi nel mondo: apprendere una possibilità d’essere, ulteriore alla situazione a cui si è
consegnati; mentre interpretare significa esplicitare o dispiegare la nostra comprensione
data. Per Heid. L’esegesi della situazione, l’analitica dei mondi della nostra vita, è esaustiva:
esse precede l’esegesi delle opere storiche e degli universi simbolici, in cui questi mondi e I
progetti si oggettivano. Ricoeur afferma che in Heidegger la scelta di offrire all’epistemologia
delle scienze umane un fondamento ontologico, con la dottrina della comprensione
originaria del senso dell’essere, impedisce di ritrovare la questione epistemologica dopo
l’ontologia.

C) Gadamer recupera la problematica delle scienze dello spirito, soprattutto di quelle


storiche. Secondo lui, l’astoricita’ è astrazione in senso negative perché impedisce
di conquistare un’autentica coscienza o dimensione storica: la storia precede la
nostra capacità riflessiva, ogni nostra comprensione e interpretazione. Noi
apparteniamo originariamente più alla storia che a noi stessi Anche la
comprensione oggettiva della storia fa parte del divenire storico. La coscienza
storica sa di essere essa stessa storica, quindi si da’ coincidenza tra sapere storico
ed essere storico.

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