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Il Romanticismo e la ricerca

dell’Assoluto
La loso a dell’in nito, dell’assoluto. Gli scrittori, gli artisti credono di poter raggiungere l’in nito
nell’immediato (es. la fede). I loso per raggiungere l’in nito propongono la ragione. I loso detti
idealisti propongono una ragione diversa da quella degli illuministi. La ragione degli illuministi era
ancorata al nito mentre quella degli idealisti no.

Gli idealisti distinguono l’intelletto e la ragione.

- intelletto—> possiede tutti i difetti. È limitato e si occupa del nito, determina un particolare
oggetto. Ha una capacità analitica, cioè divide per poter studiare un elemento, analizza la parte,
separa la parte dal tutto.

Per l’idealista la parte divisa dal tutto perde di signi cato, se l’intelletto si occupa del nito allora è
negativo perché analizza l’oggetto isolandolo dal tutto.

Vi è una visione organicistica, idealistica, animistica e nalistica diversa da quella di Kant il quale
vedeva i pregi dell’intelletto e i difetti della ragione.

La ragione illuminista corrisponde all’intelletto kantiano che si occupa di di un elemento


particolare

- ragione—> si occupa dell’in nito, dell’assoluto. Coglie le strutture profonde della realtà, vuole
arrivare l’in nito. Ha una capacità sintetica, cioè unisce per conoscere, deve contestualizzare
per conoscere. Per conoscere la parte bisogna inserirla nel contesto di cui fa parte. La
dialettica dell’et-et, mettere insieme, unire. Considera i contrari come elementi di un’unica
realtà (dialettica degli opposti =Eraclito)

Il romanticismo più che una corrente loso ca o culturale, è un’atmosfera culturale in cui collocare
più discipline, sia quelle letterarie, sia quelle artistiche e loso che. Ognuno in questa atmosfera
romantica prenderà la propria strada. Il Romanticismo già alla ne del 700. Romanticismo nasce
agli inizi dell’Ottocento. Corrente dell’idealismo, che si avvia in piena età romantica, copre la
prima metà del secolo.

Ateneum, rivista a cui facevano riferimento, insieme al circolo culturale delle città di Jena. Nel
circolo di Jena troviamo un sacco di artisti scrittori loso etc

Jena è una città vicino a Berlino. C’è un clima di grande fermento e entusiasmo intellettuale in
questa città. Tutti passano da qui proprio per questo clima, c’è questa novità e possibilità di o rire
nuovi modelli culturali. Hegel ne farà parte ma poi si allontanerà per entrare nei circolo dei fratelli
Schlegel.

I principali esponenti dell’idealismo sono Fichte, Schelling ed Hegel. Pensano la ragione come
l’unica cosa che vuole raggiungere l’oltre, il limite, la apprezzano proprio per questo, perché li
porta all’assoluto. La ragione è la facoltà più esaltata dagli idealisti, essa riesce a scendere in
profondità. Hegel diceva “il vero è l’intero”—> la verità è solo nella totalità, non nella singola parte
indipendente.

Diventa fondamentale il movimento, il divenire, considerano dogmatici coloro che considerano


una verità immutabile. Vi è una divisione tra dogmatici e non:

circolo di Jena—> circolo culturale dove si riuniscono intellettuali tra cui Hegel. Il circolo di Jena
è in uenzato dal movimento dello sturm und drag (“tempesta e impeto”): si dice che per
raggiungere l’in nito bisogna passare per il sentimento, delle forti passioni e non attraverso la
ragione, la quale è uguale in tutti (la ragione rende tutti gli uomini uguali), al contrario del
sentimento che individualizza (il sentimento distingue gli uomini). I romantici esaltano l’individuo
che si distingue grazie al sentimento, ma anche l’idea di comunità, il senso di appartenenza ad un
luogo —> patriottismo. Questo fa capire che esiste la coabitazione dei contrari per i romantici, per
esempio etiche opposte come l’individualismo e questo nazionalismo possono vivere nella stessa
atmosfera culturale.

Molti romantici esaltano il fantasticare (altri mondi, il paradiso perduto), l’immaginazione, il sogno,
vogliono evadere, hanno bisogno di evadere—> vi è un continuo streben, continua tensione (=
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Kant, che chiede di fare uso regolativo delle idee, vuole cercare di allargare la conoscenza). Vi è
tensione verso la ricerca di conoscenza. Vi è un bisogno di nalità, l’uomo va oltre il determinismo
della natura e delle leggi siche, tende all’in nito:

- streben “sforzo” “tensione” sforzarsi di andare oltre il limite

- Sehnsucht “struggimento per il desiderio”, forte desiderio verso qualcosa a cui non si può
arrivare (si sa già che questo desiderio non potrà essere appagato), quindi c’è un dolore. Chi
cerca l’in nito non sa che cosa cerca. Si tratta di un desiderio frustrante.

I romantici esaltano sia il vittimismo che il titanismo. Vi è la consapevolezza che tutto ciò che
viene creato o prodotto dall’uomo (es scultori, scrittori) non sarà mai agli stessi livelli dell’in nito.
Possiamo creare solo cose nite. Quindi vi è una certa ironia perché il romantico è consapevole di
questa cosa. Ci si sente quindi piccoli e vittime rispetto a questo in nito. Tuttavia questo
vittimismo, sentirsi inferiore, viene riscattato con l’esaltazione del genio (sopratutto artistico).
Genio artistico si sente ispirato e l’ispirazione viene dall’alto e che guida l’artista nell’esecuzione di
un’opera. I signi cati dell’opera d’arte, le letture di essa sono in nite per l’ispirazione dell’artista è
appunto in nita.

Considerando lo streben e il sehnsucht quindi c’è una ricerca dell’in nito di cile per l’uomo,
poiché non sapendo bene cosa sta cercando si può smarrire.

ANTI-INTELLETTUALISMO

Gli idealisti fanno una distinzione tra intelletto e ragione, addossando tutte le mancanze e i difetti
all’intelletto e esaltando la ragione. L’intelletto kantiano viene criticato perché è l’intelletto degli
illuministi, che volevano analizzare la realtà in maniera analitica per arrivare alla conoscenza, ma
per fare ciò bisogna dividere, separare ogni elemento dal tutto, dal contesto in cui questo
elemento si trova; questa caratteristica dell’intelletto viene criticata e svalutata dagli idealisti che
vogliono esaltare una ragione che è in grado di andare in profondità e cogliere le strutture più
profonde della realtà. La ragione vuole conoscere l’in nto mentre l’intelletto si ferma al nito. La
ragione opera in maniera sintetica, per conoscere la parte bisogna contestualizzarla. Bisogna
mettere insieme il singolo nella totalità; l’elemento che viene portato al di fuori del suo contesto
impedisce a quella parte di avere senso. La parte trova la sua ragione d’essere solo nel tutto. Il
nito da solo non esiste, esiste solo come parte dell’in nito.

La ragione ha anche una capacità dialettica perché capisce che la realtà è in divenire e che quindi
c’è sempre uno sviluppo, nel quale ci sono sempre elementi che sono opposti tra loro. Quindi è
de nita una ragione dialettica perché spiega la realtà in termini di opposizione, dai contrasto tra
elementi opposti. Da qui il considerare l’unità degli opposti (la troveremo in Hegel, troviamo
insieme elementi che sono opposti).

L’opposizione, il contrasto è ciò che muove la realtà, la storia, è ciò che ci permette di dire che la
realtà non è mai statica. La staticità per gli idealisti non è da considerare perché indica la morte.

TOTALITÀ E CONCRETEZZA

La categoria di totalità e la categoria del concreto, intesto com concreto contrapposto all’astratto.

Gli idealisti vogliono far valere la totalità rispetto alla parte, l’intero rispetto al singolo e l’in nito
rispetto al nito.

La totalità—> si può trovare la realtà, la verità solo nell’intero e non nella parte perché la parte è il
nito mentre l’intero è da considerare come in nito. Il nito è una manifestazione o una
realizzazione dell’in nito. Il modello più di uso nell’idealismo tedesco è quello immadentistico o
panteistico, perchè c’è un’identi cazione tra nito e in nito, perchè l’in nito si realizza attraverso
manifestazioni nite; il nito non è un elemento che può stare da solo, è solo un momento del
manifestarsi dell’in nito. Secondo il modello panteistico il nito e il nito stanno insieme e il nito
è la parte che sta nel tutto rappresentato dall’in nito.

Quasi tutti adottano il modello panteistico di identi cazione tra in nito e nito. Solo i primi due
idealisti Fichte e Schelling nell’ultima parte della loro loso a abbandoneranno il modello
panteistico e introdurranno il modello trascendentistico, cioè di considerare il nito come altro
rispetto all’in nto—> in nto considerato dio che si distingue dalla realtà. Fanno ciò per non essere
accusati di ateismo.

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concreto—> è l’intero, la totalità. Quando noi pensiamo al concreto pensiamo a qualcosa di reale
che abbiamo sotto agli occhi, ad un elemento nito, mentre l’astratto vuol dire un concetto, un’
astrazione da una realtà particolare nita. Gli idealisti, fondamentalmente Hegel, invece
rovesceranno questi due signi cati. Per Hegel l’astratto è qualcosa che riguarda il nito, perché
signi ca proprio tirare fuori la parte dal tutto, il nito dall’in nità, ma il nito da solo non ha alcun
senso, alcuna ragion d’essere, non è autonomo. Per Hegel il concreto è l’universale (mai il
particolare) e quindi l’in nto, l’intero, la verità. Il concreto è la vera realtà.

Quindi per loro l’in nito è concreto. Nel concreto c’è questo divenire che tiene insieme le parti all’
interno della totalità. Mentre il nito è qualcosa di astratto (ab traere “tirare via da”). L’astratto è
qualcosa che riguarda il nito, però il nito non è autonomo.

Secondo questa logica, gli idealisti non danno importanza all’uomo poiché è nito ma all’umanità
(principalmente nella sua spiritualità) la quale rappresenta la totalità, l’intero.

Gli idealisti si sbarazzano del noumeno e lo considerano (soprattutto Reinhold) come un concetto
assurdo. Il noumeno era per de nizione ciò che è pensabile, Kant aggiunge, ma non conoscibile,
quindi viene comunque mantenuto queso realismo.

Gli idealisti diranno che Kant non ha avuto abbastanza coraggio perché non ha spostato tutta
l’attenzione sul soggetto (ha mantenuto anche se sullo sfondo la presenza dell’oggetto): perché
quando io dichiaro l’esistenza della cosa in se, allora portò già questo oggetto dentro coscienza
(è già un oggetto per me) e quindi è come se Kant dicesse che la cosa in se che io mi rappresento
nella coscienza (quindi è una mia rappresentazione dentro la mia coscienza) non è
rappresentabile.

Distinzione tra pensabilita e conoscibilità viene meno e la cosa in se di Kant viene eliminata
perché considerata contraddittoria: si pensa che se la rivoluzione kantiana dev’esserci, allora
bisogna spostare tutta l’attenzione sul soggetto ed eliminare del tutto l’oggetto —> l’oggetto
diventa una mia rappresentazione, esiste solo perché c’è un soggetto che pensa all’oggetto senza
essere percepito l’oggetto di per sé non c’è, non esiste; perché la categoria dell’esistenza
l’attribuiamo noi alla realtà.

—> questa realtà viene portata tutta all’interno della coscienza non c’è più niente che ne rimane al
di fuori. Soggetto e oggetto sono due elementi che vanno a costituire la rappresentazione; la
quale è sempre coscenziale, ovvero dentro la nostra mente. Senza essere percepito l’oggetto di
per se non esiste. Non ce più nulla che rimane al di fuori della coscienza. Eliminazione della cosa
in se rimarrà anche dopo l’idealismo.(es Schopenhauer. Egli sarà uno dei critici più agguerriti della
loso a di Hegel , ma rimarrà comunque in uenzato da questa loso a, riprenderà Kant, ma
l’opera di Schopenhauer “il mondo come volontà e rappresentazione” con l’incipit: “il mondo è la
mia rappresentazione” —> si può notare che anche chi andrà oltre a Hegel, oltre l’idealismo, ne
rimarrà comunque in uenzato)

=> è come dire la realtà esiste soltanto se c’è qualcuno che la percepisca, altrimenti la realtà non
c’è, se non c’è nessuno che la rappresenta, non riusciamo a dire se c’è

-> è ancora la rivoluzione copernicana adoperata da Kant però portata alla radicalizzazione,
all’estremo: togliere quel residuato di realismo che ancora c’era.

Primo idealista è Ficthe, il suo sarà un idealismo etico, perché conosce in particolare modo la
seconda critica kantiana e sviluppa il suo discorso sa partire dalla ragion pratica di Kant. Dirà di
aver voluto portare a compimento il discorso kantiano.

Idealismo etico perché riprende l’io penso di Kant e lo trasforma in io puro, cioè un soggetto
trascendentale che non ha più fuori di sé, perché non ci può essere nulla al di fuori della
coscienza, l’io penso deve diventare un soggetto trascendentale, non sarà soltanto una funzione
logica ma sarà anche in grado di produrre un contenuto, che sarà chiamato Non-io

—> c’è un io in nto (puro) perchè ha tutto in se e nulla al di fuori di se, un io inteso come soggetto
trascendentale, come spirito

—> c’è un Non-io, il quale è la natura, il mondo, che non è una realtà che è stata prodotta da
qualcos’altro o che si è auto prodotta, ma è una realtà che è stata prodotta dallo stesso io, il
quale però nel momento della formazione dell’oggetto, della natura, del mondo, non è
consapevole di questo. E allora dovrà poi appropriarsi di questa consapevolezza cercando
sempre di superare il limite che l’io stesso si pone.

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La loso a chtiana, questo suo primo idealismo, ancora fortemente a contatto con Kant, ci dice
che la realtà è fatta sempre di elementi spirituali, che siamo noi, le singole coscienze dell’uomo e
singoli elementi materiali, indipendenti da noi, che sono gli elementi naturali, il Non-io.

Mentre per Kant l’oggetto era nito tanto quanto il soggetto conoscente, con Fichte ci troviamo di
fronte un soggetto in nito che ha prodotto l’oggetto, il mondo, senza rendersene conto
(produzione inconscia) e quindi bisogna cercare via via di riappropriarsene —> ogni volta che c’è
un elemento che si oppone a noi dobbiamo superare questo limite, questo ostacolo —> Non-io
diventa il limite contro il quale noi ci scontriamo per poi superarlo. È tutta una loso a del limite
anche quella chtiana —> nella loso a kantiana il limite era invalicabile, invece secondo Fichte,
attraverso uno sforzo (streben) il limite viene superato e la realtà via via viene inglobata.

Nella vita comune quando noi superiamo degli ostacoli, ci sentiamo più forti, ci sembra di avere
maggiore consapevolezza delle nostre capacità, della nostra capacità di superare di coltà.

Fichte considererà il limite come il limite che viene posto dal soggetto stesso in modo che poi il
soggetto possa dimostrare a se stesso di essere in grado di superarlo. (Siamo noi che abbiamo
bisogno delle di coltà per arricchire la nostra vita, per diventare più forti). Per Fichte il limite, è un
limite che non può non essere superato perché è il limite che l’io stesso si è imposto.

C’è un richiamo forte alla seconda critica di Kant. Fichte è convinto di portare a compimento il
criticismo kantiano. In tutta la critica della ragion pratica si vede questo sforzo verso il
miglioramento di se, verso il dover essere e qui Fichte parla essenzialmente di questo —> un
limite posto dal soggetto e che egli stesso deve superare . Per lui l’attività pratica è più importante
di quella teoretica, ovvero di quanto siamo in grado di conoscere —> quando noi superiamo le
di coltà ci stiamo perfezionando da un punto di vista morale. Consapevolezza di una coscienza
morale piuttosto che di una coscienza teoretica.

Fichte accompagna il passaggio da criticismo kantiano a Hegel.

Schelling darà importanza all’arte (idealismo estetico) —> il vero organo di rivelazione dell’in nito
non è la loso a ma è l’arte. Arte può cogliere in nito per questa sua capacità intuitiva a
di erenza della loso a che esprime l’in nito in concetti.

VISIONE ORGANICISTICA ( no a pagina 231)

L’organicismo, il nalismo e il vitalismo sono tutti elementi che caratterizzano l’idealismo tedesco
perchè ragionano nei termini secondo cui la realtà è una totalità ed è un tutto animato.

L’organicismo e il nalismo sono le teorie che si contrappongono al determinismo e al


meccanicismo (interpretazioni date dalla scienza) tipico del 600 e del 700 dove venivano a valere
le leggi siche (leggi determinate). Ora non si vuole conoscere il singolo fenomeno ma leggi che
riguardano tutta la natura ma in termini nalistici piuttosto che meccanicistici. Non è più
importante la singola legge sica ma la visione d’insieme sulla natura. La natura verrà quindi
considerata in termini vitalistici (e non meccanici) e diventa un punto vivo per i romantici e idealisti
(soprattutto Schelling).

Vitalisitici—> la natura è viva è animata (Platone con anima del mondo ripreso). L’anima e la
spiritualità è immanente alla natura stessa. La natura è viva perché ha in se gli elementi che le
permettono la vita, la sua vita non è determinata da qualcosa di esterno (es Dio).

In questo periodo vengono fatte alcune scoperte sui fenomeni elettrici e sul magnetismo, si parla
anche di polarità, la quale si può ritrovare nella natura, nel momento in cui si parla di pol opposti,
il positivo e il negativo, azioni e reazioni. La loso a rimane in uenzata da queste scoperte perché
la natura pare avere vitalità e polarità.

Viene considerato l’organicismo perché la natura è una grande organismo vivente (non una
macchina) che si muove in base a queste forze dinamiche che la vivi cano dall’interno. All’interno
della natura c’è un’organizzazione, essa non ha bisogno di enti esterni. Schelling dice che la
natura è uno spirito che si rende visibile. Anima che viene attribuita all’uomo qui viene attribuita
anche alla natura.

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Esempio: Prendo in considerazione un orologio e un albero. L’orologio funziona e anche se è rotto
continua ad esistere, non è in grado però di auto-correggersi. Invece l’albero è in grado di
rigenerare se stesso se viene “colpito” però se esso muore vuol dire che smette di esistere al
contrario dell’orologio

Gli idealisti considereranno lo spirito o solo come spirito o come spirito e natura.

CRITICHE MOSSE A KANT

La parte della loso a di Kant più criticata e il forte dualismo: noumeno-fenomena, essere-dover
essere, dovere in ambito pratico-dovere in ambito conoscitivo, forma-materia —> con il criticismo
kantiano e in particolare la rivoluzione copernicana: cambia completamente questa concezione.
Gli idealisti non accettano più il dualismo kantiano, sono tutti monisti (proporranno un unico
principio). Per eliminare i dualismi kantiano si rifanno proprio al criticismo di Kant il quale aveva
dichiarato che bisognava spostare l’attenzione tutta sul soggetto (rivoluzione copernicana).

—> spostano l’attenzione tutta sul soggetto, quindi il principio primo sarà un principio che ha
tutto in sé, forma e materia del conoscere. Sarà un principio che è sia soggetto conoscente che
oggetto del conoscere.

Con il primo idealista, Fiche si cercherà di spostare tutta l’attenzione sul soggetto che
rappresenta la realtà e per questo la fa essere. Gli idealisti dicono che nel momento stesso in cui
penso la cosa in se la rendo già rappresentabile e quindi la porto già all’interno del soggetto. Per
gli idealisti la realtà, il soggetto esiste perché noi la pensiamo, perché c’è un soggetto che lo
rappresenta. È il soggetto che da esistenza all’oggetto.

Tutto portato viene portato all’interno rappresentazione, dove coincidono oggetto e soggetto,
troviamo tutto portato all’interno della coscienza —> quell’auto coscienza trascendentale di cui
parlava Kant (io penso) in questa loso a di Fichte diventa io puro, che avrà tutto in se e nulla al di
fuori di sé. L’io puro chtiano non rappresenta solo la forma del conoscere ma anche il materiale
del conoscere, perché produce lui l’oggetto del conoscere e rappresenta anche l’agire pratico,
morale —> tuto ciò eh fa lo fa per essere consapevole della propria in nità.

Bisogna eliminare il realismo —> Kant ha mantenuto la cosa in sé, che viene eliminata per porre
l’attenzione verso il soggetto.

I critici kantiani sono essenzialmente tre: Reinhold, Schulze e Fichte

REINHOLD —> Insiste sul fatto che il concetto di cosa in sé è un concetto assurdo perché nel
momento in cui pensiamo alla cosa in sé noi la stiamo già rappresentando —> dichiarando
esistente la cosa in sé le stiamo già applicando la categoria di esistenza.

Un’altra critica era il rapporto causa-e etto, che secondo Jacobi, era stato applicato in maniera
indebita alla cosa in sé da Kant. La cosa in se in Kant era la causa della realtà fenomenica che noi
potevamo conoscere, ma possiamo applicare la categoria di causalità alla cosa in se? —> questo
vorrebbe dire uscire fuori dalla concezione di Kant per cui la cosa in sé, essendo in se non è per
noi, e quindi non può vedere l’applicazione della categoria di causalità che vale solo in ambito
fenomenico. Quindi Jacobi ci dice che la cosa in sé non può causare la realtà per noi.

La loso a diventa scienza dell’assoluto, cioè una scienza che ha per oggetto la realtà in tutte le
sue componenti, sia soggettive, si oggettive, soggetto e oggetto diventano due facce,
componenti della stessa realtà.

Se non c’è più la cosa in se viene meno anche il discorso sul fenomeno e quindi la ragione che
era quella che aveva una serie di difetti, ora viene posta in primo piano perché è essa che porta
all’in nito.

FICHTE —> È considerato il primo idealista perché è il primo che occupa questo passaggio da
loso a di Kant, del nito a loso a che si apre all’empirico. Dirà di aver voluto portare a
compimento il discorso kantiano. Prende l’io penso di Kant e lo trasforma in io puro (il quale è
dinamico).

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Pensa al principio di identità; ci deve essere un principio in grade di auto porsi, l’io puro.

L’io puro è una realtà autosussistente —> discorso ontologico, l’essere che si impone. L’io puro è
un soggetto spirituale in nto (= umanità)

Fichte fa una distinzione tr a dogmatismo e idealismo:

- i dogmatici (tra cui i kantiani) sono quelli che partono da un oggetto che è già presente e quindi
la mente deve tenere conto di questa realtà che c’è già—> si parte da una realtà che non è il
soggetto a porre e quindi proprio per questo il soggetto diventa dipendente dall’oggetto
(l’oggetto c’è già). Non viene spostata quindi tutta l’attenzione sul soggetto.

- Gli idealisti partono da un oggetto per arrivare al soggetto ma dichiarano che il soggetto è in
grado di produrre l’oggetto, di dargli esistenza. Questo indica un’azione, fa si che il soggetto sia
attivo (c’è sempre attività nell’idealismo —> si può cambiare realtà; dogmatici sono passivi __>
realtà si può conoscere ma non trasformare).

Il mondo per l’idea lista non è un fatto a cui adeguarsi passivamente, am è il risultato di un atto
libero e spontaneo del soggetto. Adottare questa prospettiva idealistica signi ca riconoscersi
come essere liberi.

Fichte ci dice che il mondo va plasmato per essere contemplato, e che si tratta di una capacità
dell’uomo quella di poter intervenire sul mondo.

Hegel dirà che lui un osservare un bel paesaggio non fa alcun e etto, ma che invece nel vedere
un campo lavorato dall’uomo c’è tutta la sua ammirazione —> questo perché la natura è già bella
di per se (non c’è opera dell’uomo) ed invece è degno di ammirazione tutto ciò che vede il lavoro
dell’uomo, la trasformazione.

Sarà sempre Fichte a dire che nascere liberi è cosa da nulla mentre diventare liberi è cosa divina.

Per dimostrare a se stessi di essere liberi Fichte non introduce solo il principio primo (io puro) ma
poi ci dice che esso ha bisogno di opporre a se un Non-io, un limite, un ostacolo -> per sapere se
sono libero devo mettermi alla prova. L’io è un principio in nito che ha bisogno di rendersi nito
attraverso la posizione di un Non-io. L’io puro è un soggetto spirituale in nito (tutta l’umanità) che
nel momento in cui ha bisogno di sapere di essere in nito, si crea dei limiti, oppone a se un Non-
io, da intendersi come la natura, la realtà, l’oggetto (soggetto pone l’oggetto) —> sono le di coltà
che incontriamo nel corso della nostra vita, che se riusciamo a superare ci sentiamo più forti.

Il soggetto in nito opponendo a se un limite fa a rendersi nito e quindi abbiamo la situazione


reale e concreta del mondo in cui non troviamo l’umanità ma i singoli uomini che dovranno
a rontare singole di colta, limiti. L’in nito chtiano diventa quindi una meta, un obbiettivo, un ne
da raggiungere —> come se io puro in nito non sapesse di essere tale e di produrre i suoi limiti e
quindi continua a farlo per superarli e raggiungere coscienza di se.

Se togliamo i limiti, gli ostacoli allora togliamo anche la consapevolezza. Io puro diventa meta
ideale, c’è già ma per ottenere auto consapevolezza si rende nito.

Si tratta di un cammino in nito perchè nel momento in cui l’io penso toglie l’ultimo limite, esso si
dissolve, poiché non sa più chi è —> il limite diventa fondamentale, ma ponendolo si nitizza.

Hegel dirà che questo di Fichte è un in nito negativo, un falso in nito perché non si raggiunge
mai. Secondo Hegel la loso a chtiana è ancora una losofa del nito, Fichte non è riuscito
ancora a sbarazzarsi completamente del nito; perchè si possa realizzare un in nito ha avuto
bisogno ancora di elementi niti (il limite).

Hegel non riconosce Fichte come il primo idealista (per sta cosa del limite), ma Schelling.

Idealisti dicono che visto che gli ostacoli li creiamo noi allora siamo anche in grado di superarli.

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Questa meta ideale che troviamo in Fichte, questa meta della libertà —?

L’io va sempre alla ricerca della propria in nità perché ne è inconsapevole.

Hegel ritiene di essere il più grande losofo che è esistito e che mai esisterà.

Critica tutti, Fichte, idealisti e Kant.

C’è una critica forte nei confronti di Schelling, secondo idealista. Il suo è un idealismo estetico,
Schelling dà importanza all’arte. Lui non accetta la concezione di Fichte dell’oggetto. La natura
nel discorso chtiano è stata sacri cata perché lui vuole mettere in primo piano l’io —> l’oggetto
è solo un mezzo per il soggetto, il Non-io ha importanza solo in funzione del soggetto.

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Schelling invece è molto interessato alla natura, nella quale vi è sempre una polarità che porta la
natura a divenire, a non essere mai statica. Schelling vuole dare alla natura la stessa dignità che
Fichte aveva dato al soggetto. Per lui l’oggetto deve avere la stessa importanza del soggetto. Il
vero in nito lo troviamo per primo solo in Schelling e lui lo chiama assoluto —> unità
indi erenziata (senza di erenze tra elementi soggettivi e oggettivi) di spirito e natura; vuole farci
capire che in nito è sia spirito che natura —> se parto da uno devo trovare l’altro e viceversa.

Due percorsi.. quali?

Lui dice che la natura non è altro che lo spirito visibile mentre lo spirito non è altro che natura
invisibile.

Dice:

- Reale e ideale, soggetto e oggetto stanno insieme.

- Necessità e libertà stanno insieme perché vi è un’unica realtà

- La natura non è altro che spirito e lo spirito non è altro che natura. La materia ha bloccato lo
spirito, fuoriuscita dello spirito dalla materia è presente solamente nell’uomo. Lo spirito si trova
quindi sia nelle cose inanimate sia in quelle animate.

Ha una concezione romantica di una natura viva, che ha in se una propria nalità; natura ->
organismo vivente. È quello più vicino al pensiero romantico. Non vede più la natura come una
macchina ma come un grande organismo vivente. Natura polarizzata perché ci sono due poli,
attrazioni e … che permettono alla natura di divenire.

Riprende Bruno, scrive uno scritto sotto forma di dialogo chiamato “Bruno”

In Schelling si rivede anche Spinoza quando diceva deus …natura

Lo spirito natura di cui parla Schelling non è mai statico, la sostanza di Spinoza invece è statica, è
già bella e fatta, è già così.

L’elemento più innovativo di Schelling è proprio questa concezione di natura.

Per Schelling conscio e inconscio stanno sullo stesso piano. L’arte (e non la loso a) è ciò che ci
permette di entrare in contatto con questo assoluto. L’ispirazione dell’artista è inconsapevole
mentre la produzione è consapevole.

Arte—> organo di rivelazione dell’assoluto .

Grande esaltazione dell’arte e della natura —> romantico

Hegel non è per nulla romantico, è grande losofo dell’ idealismo , per lui loso a è superiore
all’arte

Schelling verrà criticato da Hegel. Legati da profonda amicizia perché studiano insieme in un
seminario teologico prestigioso, lo Stift. Condividono la stessa stanza. Frequenteranno il circolo di
Jena.

Nella Prefazione nella sua prima grande opera lui critica Schelling. Si rompe amicizia.

Dice che l’assoluto di Schelling è come la notte in cui non distingui nulla, secondo lui è
impossibile considerare in nto come unità indi erenziata di spirito e natura, perché cosi non
distingui nulla e non capisci cosa sia questo assoluto e come si possa avere questa di erenza
poi. L’assoluto di cui ci parla Hegel non è questa unità ma l’insegnamento che lascia Schelling a
Hegel è quello di dover comunque dare importanza alla natura.

Hegel quindi accetta l’importanza natura ma ri uta unità tra spirito e natura.

HEGEL

Nasce a Stoccarda nel 1770 da una famiglia benestante. Dopo la morte padre riceve la sua
eredità. Studia nel seminario teologico prestigioso Stift. Si laurea in teologia. All’inizio fa
precettore privato e poi inizia la sua carriera accademica.

Hegel ha avuto molto successo in vita.

A Norimberga diventa insegnante e poi direttore del ginnasio

A Heidelberg ottiene una docenza universitaria

A Berlino diventa docente universitario e poi rettore.

Muore nel 1831 di colera. Le aule in cui tiene lezione sono sempre gremite di studenti.

Gli studenti andranno poi a pubblicare le lezioni di Hegel.

Grandi opere:

- Fenomenologia dello spirito —> introduzione al sistema hegeliano

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- La scienza della logica

- L’enciclopedia delle scienze loso che in compendio

- Lineamenti di loso a del diritto.

In ogni città in cui si trova ad operare poi pubblica un’opera.

Hegel costruisce un grande sistema loso co. Scandito da 3 momenti di sviluppo (processo
triadico)
1- momento della logica —> Qui l’in nito viene chiamato idea o ragione

2- loso a della natura —> In nito=natura

3- loso a dello spirito —> In nito = spirito

Intese tesi, antitesi e loso a dello spirito?

Lungo cammino, il sistema scandito da questi momenti che a loro volta contengono altri processi
triadici

Assoluto o in nito? Consapevole di se nel momento in cui rientra in se come spirito.

Non dedica nessun’opera alla loso a della natura.

Pag 309-310 no

Guardare approfondimento pag 312

Tutti i loso sono in debito con Cartesio. Idealisti a ermano che tutto fa parte della
rappresentazione sia oggetto che soggetto.

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La realtà trae vita proprio dall’attività rappresentativa del soggetto. Soggetto e oggetto
raggiungono unità nella rappresentazione consapevole dell’oggetto.

Nel pensiero di Schelling soggetto e oggetto sono manifestazione di un unico principio, che si
presenta come un’identità assoluta —> in Hegel questa identità non viene intuita o “posseduta”
n dall’inizio ma riconosciuta soltanto al termine di un lungo percorso, la dialettica hegeliana.

Ci sono delle tesi di fondo:

- rapporto nito e in nto.

- L’identità realtà e razionalità. Identità tra reale e razionale

- Il ruolo, il compito della loso a

Rapporti nito e in nto. La realtà per Hegel non è mai un insieme di elementi che stanno
insieme per caso o di elementi che sono tuto distinti tra di loro. Per Hegel la realtà è sempre un
organismo unitario e come organismo spiega i singoli organi. C’è sempre un tutto che precede il
singolo elemento, la singola parte.

Il nito per Hegel da solo non può stare, non ha autosu cienza. Il nito è la parte, l’elemento
singolare che da solo non ha la propria ragion d’essere. Il nito diventa per questi idealisti
(principalmente per Hegel) la manifestazione parziale dell'in nito, una sua parziale realizzazione, è
un momento nella storia, nella vita, nel percorso dell’in nito.

Si apprezza quindi la categoria della totalità e non la particolarità. Prendere un elemento e isolarlo
signi cato toglierli consistenza, realtà, signi cato.

Diventerà quindi importante studiare il nito che non è mai isolato. Bisogna considerare il nito
nelle relazioni che lo legano a tutti gli altri elementi che compongono il tutto, la totalità.

Hegel dirà “il vero è l’intero”. Il nito assume realtà solo nell’in nito come suo momento.

Questo è il monismo panteistico di Hegel. Monismo perché vi è un unico principio, l’assoluto (cioè
in nito). Panteistico perché nito e in nito non si distinguono.

La grande di erenza con Fichte è che l’in nito chtiano non si raggiunge mai, non si arriverà mai
ad avere coscienza della propria in nità mentre il percorso di Hegel ha una sua metà.

Riguardo a Schelling invece solo alla ne di questo percorso l’in nito potrà essere consapevole di
se, non all’inizio.

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L’identità tra realtà e razionalità. Rappresentata da Hegel con una specie di formula che
troviamo nella prefazione dell’opera “Lineamenti di loso a del diritto” (è la trascrizione di sue
lezioni universitarie) —> “tutto ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale”.

Tutto ciò che è razionale è reale: la ragione non è mai un’astrazione, uno schema rigido, la
concettualizzazione della realtà, la ragione è la realtà, governa e abita il mondo. La ragione è la
struttura razionale della Terra, la ragione è interna alla realtà (panteismo). Non e quindi qualcosa
che si erge al di sopra della realtà, che la guida, che la giudica.

Tutto ciò che è reale è razionale: la realtà non è un insieme caotico di fatti, di eventi. Questi eventi
in cui si snoda la realtà non sono messi a caso, disordinati e quindi non sono separati gli uni dagli
altri, ma la realtà ha una struttura razionale —> quello che avviene nella realtà è necessario che
avvenga, è la razionalità stessa delle cose che le porta ad accadere.

Il cammino della ragione è anche il cammino della realtà —> quando si trova la legge di sviluppo
del nostro pensiero si trova anche la legge di sviluppo della nostra realtà.

Quindi la dialettica con la quale andremo a considerare i momenti è una dialettica che è la legge
di sviluppo e la tecnica è questo divenire, questo movimento, che riguarda il pensiero (valenza
logica) e anche la realtà (valenza ontologica).

Quindi tutto ciò che accade accade perché deve accadere e perché c’è stato un momento
precedente che ha preparato a questo evento e questo evento che stiamo vivendo sta
preparando all’evento successivo.

Quindi sono almeno due le categorie da tenere presenti:

- la categoria di totalità —> nito da solo non può stare

- Categoria della necessità —> tutto ciò che avviene, lo fa perché deve avvenire. Tutto deve
divenire ciò che è. (Assoluto deve diventare ciò che è, cioè l’in nito, l’assoluto che è)

Il ruolo, il compito della loso a. Il compito della loso a non sarà più quello di indirizzare,
cambiare e guidare la realtà, ma solo quello di prendere atto della razionalità del reale —> di farci
comprendere che la realtà è come dev’essere.

Hegel paragona la losofa alla nottola di Minerva (la civetta), un uccello notturno che esce solo
alla sera, quando è buio.

La civetta è l’uccello sacro a Minerva dea della sapienza ( loso a ricerca il sapere). La loso a
come la civetta, come la nottola di minerva arriva sempre tardi per cambiare la realtà, arriva
quando la realtà si è sviluppata, è arrivata al suo compimento, e quindi non può più cambiarla ma
solo prendere atto di quello che è avvenuto e comprenderla.

Per Hegel la loso a non è mai al di fuori del proprio, è una sorta di comprensione del tempo in
cui quella loso a è nata, si è sviluppata; cioè è proprio una traduzione in concetti e pensieri del
proprio tempo. La loso a è quindi la comprensione del proprio tempo espresso nel pensiero.

La civetta ha una vista acuta, vede nella notte e quindi la loso a ha questa vista acuta riesce a
comprendere quello che ad esempio la storia non riesce a comprendere.

Un losofo (mi sfugge il nome, morto recentemente) ha scritto un testo “la talpa e la civetta”

La talpa è la storia. La talpa scava, procede, va avanti, ma è cieca —> storia procede ma è cieca
e quindi non sa dove sta andando.

La losofa è invece quella che vede. Vede non per cambiare ma per comprendere i fatti, gli eventi
storici. Una procede senza sapere dove sta andando, mentre l’altro non va avanti ma sta
comprendendo quello che sta avvenendo e quindi la losofa per Hegel ha il compito di giusti care
la realtà, cioè far comprendere la razionalità che è sottesa ad ogni evento.

Concreto e astratto
Vengono rovesciati i concetti di concreto e astratto. Per Hegel il concreto è il tutto, l’in nito e
astratto invece è il nito.

Hegel considera il concreto proprio come “con crescere” (crescere insieme) —> ciò che è
concreto è ciò che ha sempre dei legami, delle connessioni con tutto il resto.

Ciò che invece è astratto è qualcosa che viene distinto, isolato, separato. Astratto da ab traere
(tirare fuori da un contesto, trarre da).

L’astratto è l’elemento tirato fuori dal contesto nel quale si trovava mentre il concreto è il tutto, la
totalità. (Esempio dell’organismo. Chi studia anatomia, studia i singoli organi all’interno del corpo
ma poi deve metterli in relazione tra di loro e con tutte le cose che poi permettono all’organismo
di vivere —> Hegel è interessato all'organismo prima di tutto per poi spiegare i singoli organi).

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Ovviamente ci deve essere anche la conoscenza del particolare, ma una volta ottenuta non ci si
deve fermare li, poiché il nito ha senso solo se poi viene rapporto nel contesto, solo se viene
contestualizzato.

Intelletto e ragione
Per Kant l’intelletto conosceva il nito, il fenomeno mentre la ragione doveva avere una funzione
regolativa e non costitutiva perché la ragione aspirava all’in nito ma non riusciva a conoscerlo.

Ora gli idealisti, avendo eliminato la cosa in se, l’intelletto apprezzato da Kant non viene più
apprezzato perché è quella facoltà che si ferma al nito e che pretenderebbe di conoscere il nito
isolandolo dal tutto a cui appartiene, facendogli perdere senso e realtà.

La ragione invece è la facoltà dell’in nito, la facoltà che riesce a considerare quella parte,
quell’elemento nel tutto e quindi a conoscerlo davvero.

Concreto riferito alla/colto dalla ragione. Astratto riferito all’/colto dall’intelletto.

Aufhebung “superamento”
Hegel introduce il termine Aufhebung che signi ca allo stesso tempo “togliere e conservare” ma
noi lo traduciamo con il termine “superamento”.

Hegel ci vuol dire che questo rapporto nito-in nito, non è un rapporto dove uno esclude l’altro.
Per Hegel il nito è importante di per se, pero va superato (non eliminato completamente).

Nel momento in cui procedo, io devo andare avanti superando il momento precedente ma allo
stesso tempo devo anche conservarlo, portarlo alla piena realizzazione. (Es percorso di vita
dell’uomo: bambino, adolescente, adulto. Ogni volta che siamo in una fase di sviluppo noi
neghiamo quello che siamo stati (se sono adolescente è perché non sono più bambino) tuttavia è
un togliere la ssità di quel momento ma nello stesso tempo conservarla (quello che siamo da
adulti è perché portiamo appresso quello che siamo stati da bambini e da adolescenti). La propria
identità non è solo quella dell’adulto ma dell’adulto che ha dato verità, compimento ai momenti
precedenti —> scopo del bambino è diventare adulto —> quindi bisogna togliere e allo stesso
tempo conservare ciò che siamo stati.)

(Es ore: bocciolo, ore frutto).

Questo è lo snodarsi dialettico di Hegel che sarà sempre fatto di 3 momenti: tesi, antitesi e sintesi.

Hegel non li chiama tesi, antitesi e sintesi ma per lui:

- il momento della tesi è la posizione, a ermazione di qualcosa.

- il momento dell’antitesi è l’opposizione, a ermazione che si scontra con il suo opposto

- il momento della sintesi è il momento della composizione, la posizione della tesi è quella
dell’antitesi vengono a conciliarsi

Anche qui vediamo questo superamento inteso come eliminazione e conservazione (l’uomo di cui
si parla è la sintesi di quello che siamo stati da bambini e da adolescenti).

Esempio di altro processo triadico: unità-molteplicità-totalità. L’unità è questo considerare un ente


in se è per se, nella sua unità (quell’ente è proprio quell’ente e non un altro) —> viene fatto valere
principio di identità. Nell’antitesi viene proposta la negazione di questa a ermazione, cioè che un
ente è se stesso proprio perché non è un altro e quindi per conoscere quell’ente e determinarlo
devo dire anche quello che è (= Spinoza —> ogni determinazione è una negazione)

Nella sintesi, dopo aver posto e opposto, si parla della categoria della totalità. C’è un’unità, un
ente chiuso tutto in se, che si rovescia nel suo opposto. Nella totalità abbiamo un’unità che vive
nel molteplice. La totalità è l'unità dei molti. La totalità ricompone quindi le altre due.

Il padre della dialettica può considerarsi Zenone per i suoi ragionamenti per assurdo e poi
abbiamo trovato la dialettica dei so sti, di Platone, anche in Aristotele, in Kant (in senso
dispregiativo). La dialettica che troviamo in Hegel è una dialettica che riprendere un losofo
presocratico, Eraclito —> L’Unità degli opposti di Eraclito —> l’unità che è formata da elementi
opposti che vengono “ricomposti”.

La dialettica
Si ricorda la dialettica di Zenone, di Socrate ma in particolare di Eraclito.

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