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POSITIVISMO

Il positivismo può essere de nito come la loso a che assume il metodo scienti co come l’unico
valido in ogni campo del sapere. La scienza è considerata l’unica forma possibile di conoscenza
della realtà. In questa nuova concezione del sapere il compito della loso a sarà quello di
ordinare e classi care le scienze, enunciarne i principi e descriverne le procedure. Inoltre il
positivismo concepisce il sapere come strumento di avanzamento sia economico sia sociale. Il
progresso scienti co diventa infatti strumento concreto per operare un miglioramento della
società nel senso della giustizia sociale. Tutti i campi del sapere possono e devono essere
costruiti attraverso la scienza, i suoi metodi, i suoi principi e i suoi strumenti.
Il positivismo è un indirizzo loso co che nasce in Francia nella prima metà dell’ottocento e si
sviluppa nella seconda metà del secolo in tutte le nazioni europee. La prima fase è accompagnata
dalle profonde trasformazioni politiche che la Francia vive con il passaggio dall’età napoleonica
alla restaurazione, dalla rivoluzione liberale a quella democratica e socialista e in ne con il
secondo impero. Si ha il bisogno, dunque, di ritrovare un equilibrio politico, di costruire una
società stabile fondata su una teoria capace di spiegare e quindi di dominare lo sviluppo storico,
per evitare con itti. Il positivismo diede la sua nascita soprattutto agli straordinari e etti della
rivoluzione industriale, che però manifestò, le sue contraddizioni. Se da un lato
l’industrializzazione porta con sé una nuova ducia nel progresso e nella scienza, dall’altra
l’emergere di situazioni sociali problematiche apre una lunga fase di lotta per i diritti dei lavoratori.
Grazie al progresso scienti co si potè produrre innovazioni tecnologiche sconosciute alle epoche
passate. Gli enormi progressi introdotti dalla rivoluzione industriale creano un clima di ottimistica
ducia nelle possibilità della scienza. Bisogna ricostruire il sapere con gli strumenti scienti ci al
ne di delineare una società stabile.
Quella del positivismo è un’età ottimistica, sulla ducia, ereditata dall’illuminismo, che la ragione e
la scienza possano diventare strumenti del progresso umano in ogni campo.
È possibile individuare tre indirizzi fondamentali del positivismo:
1) il positivismo sociale, inaugurato da Auguste Comte, è una loso a che mira a costruire un
sistema delle scienze per farne la base di una nuova società;
2) Il positivismo metodologico tocca gli aspetti logici e metodologici dei processi di
conoscenza. Esso propone una logica induttiva, saldamente radicata nell’esperienza. In
campo sociale e politico a erma posizioni liberali. John Stuart Mill ne è il principale
rappresentante.
3) Il positivismo evoluzionistico. Si tratta di una loso a dell’evoluzione capace di dare una
spiegazione unitaria dei principi della realtà naturale e della società.

COMTE
Auguste Comte nasce nel 1798 in Francia da una famiglia modesta e monarchica.
Particolarmente versatile in matematica si iscrive alla celebre scuola del politecnico a Parigi, am
completa gli studi come autodidatta. Nel 1826 entra di tenere a casa propria un ciclo di lezioni di
loso a positiva, una grave crisi nervosa lo costringe a sospendere temporaneamente il lavoro
intellettuale. Comte, per vivere, è costretto ad accettare l’aiuto di amici ed allievi. Dopo una
seconda crisi nervosa, forse causata anche dalla separazione dalla moglie e dal nuovo legame
con una sua allieva, che morirà appena un anno dopo, il suo pensiero subisce una svolta in senso
religioso culminante con la fondazione della chiesa positivista, di cui si proclama il grande
sacerdote. Egli voleva dare vita ad una vera e propria religione positiva, e arrivò persino a
modi care il nome dei santi sul calendario, sostituendoli con quelli dei nomi degli ingeneri e dei
scienziati più importanti sino ad allora. Dio è un grande essere che è l’umanità.
L’intera ri essione di Comte verte sulla questione se sia possibile trasformare la politica in una
scienza esatta. Comte vive in un periodo di grandi cambiamenti sul piano politico. Egli vede in
queste turbolenze la mancanza di un progetto sociale, per questo per il losofo è necessario
fondare una sociologia, una nuova scienza della società capace di porre la questione della
convivenza sociale sul piano ‘positivo’.
Il termine positivo viene usato da Comte con varie sfumature di signi cato; esso indica:
1) Ciò che è reale, sperimentato ed e ettivo;
2) Ciò che è utile;
3) Ciò che è certo;
4) Ciò che è preciso;
5) Ciò che ha valore.
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Comte enuncia una legge fondamentale per spiegare e descrivere scienti camente lo sviluppo
della storia del pensiero, dell’umanità e dei fenomeni sociali: la legge dei tre stadi. I tre stadi
descrivono un processo che caratterizza innanzitutto l’evoluzione di ogni singolo disciplina, o
branca del sapere, nella storia, ma anche l’evoluzione dell’umanità sia livello individuale sia
collettivo.
Nello stadio religioso o ttizio, punto di partenza necessario di ogni evoluzione, i fenomeni
naturali sono spiegati come prodotti dell’azione di agenti soprannaturali. Le risposte, dunque,
vengono cercate in ambito religioso.
Nello stadio meta sico o astratto gli stessi fenomeni sono intesi come prodotti di idee, essenze
e forze astratte. Le risposte vengono cercate nell’ambito della meta sica.
Lo stadio positivo è la fase che conclude l’evoluzione. In questo stadio, riconoscendo
l’impossibilità di una conoscenza esatta e de nitiva, l’uomo rinuncia a porsi domande, destinate a
rimanere senza risposta, sull’origine e il destino dell’universo e sulle cause ultime dei fenomeni e
cerca di scoprire le leggi che regolano i fenomeni stessi e che spiegano la realtà stessa. Lo stadio
positivo segna l’ingresso del pensiero nell’epoca della scienza. Attraverso l’osservazione ed il
ragionamento l’uomo scopre le leggi capaci di spiegare e quindi prevedere i fenomeni.
La legge dei tre stadi descrive anche i momenti della crescita di ogni singolo uomo sul piano
individuale e l’evoluzione dell’umanità nel suo complesso. L’uomo è teologo nell’infanzia,
meta sico nella giovinezza e sico nella maturità. Nella storia allo stadio teologico corrisponde la
supremazia del potere medievale; a quello meta sico la rivoluzione; allo stadio positivo
corrisponde la rivoluzione industriale.

LA CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE


Comte descrive con la legge dei tre stadi i di erenti progressi compiuti dalle cinque scienze che
egli reputa fondamentali e che hanno raggiunto lo stadio positivo: l’astronomia; la sica; la
chimica; la biologia e la sociologia. Il criterio di questa classi cazione delle scienze è
pedagogico, logico e storico allo stesso tempo: pedagogico perché mostra in quale sequenza le
scienze dovrebbero essere studiate; logico perché esprime l’evoluzione del sapere a partire ciò
che è semplice e speci co per arrivare a ciò che è complesso e generale; storico, perché
rispecchia l’andamento e ettivo del progresso culturale nella storia.
L’astronomia ha raggiunto lo stadio positivo, è completa, assestata, per questo risulta semplice e
più chiara. La sociologia è ancora in fase di elaborazione quindi risulta più complessa.
Comte non include in questo schema generale del sapere alcune scienze tradizionali, come la
matematica e la psicologia. La matematica è esclusa perché non è da considerare una disciplina
autonoma: essa infatti è piuttosto il fondamento per tutte le altre scienze. La matematica fornisce
il metodo per conoscere e apprendere tutte le altre discipline, connettendo tutti i saperi.
La psicologia si riduce alla biologia, per quanto riguarda i fenomeni psichici individuali, e alla
sociologia, riguarda ai fenomeni psichici generali.
Su queste discipline si apre un dibattito, se e ettivamente possono essere considerate scienze
oppure no. Difatti non si occupano di qualcosa di visibile, ciò che c’è dietro ad ogni azione fa
parte di un mondo interiore che non è osservabile. Ad oggi queste scienze vengono de nite come
scienze umane.
La psicologia si occupa del comportamento dell’uomo. Alla base vi è una componente sica,
assegnata alla biologia, mentre la parte del nostro comportamento che ci porta ad interagire con
gli altri, che innesca tutti i fenomeni sociali, è compito della sociologia.

LA SOCIOLOGIA
La sociologia è inerente allo studio della società e dei fenomeni sociali. I fenomeni sociali possono
essere studiati scienti camente e interpretati da una scienza capace di prevederne gli e etti.
La sociologia scienti ca è una sica sociale in cui è possibile distinguere una statica e una
dinamica sociali. La prima studia i rapporti esistenti in un dato momento storico fra le diversi parti
di una società, ossia l’ordine. La dinamica sociale studia il progresso e le leggi che regolano
l’evoluzione della società.
Ad esempio la famiglia è un fenomeno sociale che appartiene alla statica, poiché la società è data
dall’unione di più famiglie. Ma vi è un divenire nelle società, un’evoluzione. La famiglia ha anche
un’evoluzione. Famiglia patriarcale, numerosa, nell’antichità, ad oggi una famiglia nucleare,
concentrata in un nucleo, ridotta ai genitori e al massimo due gli. L’organo di istituzione della
famiglia è in continuo progredire. La sociologia si occupa di tutto questo. Anche le leggi che sono
alla base delle sue trasformazioni nel tempo.
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Le scoperte della sociologia scienti ca avranno inoltre dirette conseguenze sul piano politico. La
società del positivismo realizzato avrà un uovo regime politico e sarà una sociocrazia. Si tratterà
di una società guidata dagli industriali e dagli uomini di scienza, gli unici a possedere la capacità e
l’autorità teoria per un governo morale. Solo ad essi spetta il compito di riformare la società.Era
ciò che promuoveva anche Bacone stesso, in quanto egli a ermava che ‘sapere è potere’.
Tuttavia propone una società autoritaria, il governo è degli scienziati ma non lascia spazio alle
altre classi sociali, traducendosi in un governo dispotico quasi in una tirannia. Guidano l’umanità
verso il progresso, e gli altri eseguono gli ordini.
Riprendendo temi cari ai loso del seicento, in particolare Cartesio e Bacone, egli a da alla
scienza il compito di realizzare il dominio dell’uomo sulla natura. La scienza si pone il compito di
scoprire le leggi che governano la realtà. Nella formulazione di queste leggi è implicita una
capacità di prevedere l’esito dei fenomeni che consente di operare su essi. Dove vi è scienza vi è
previsione, e dove vi è previsione nasce la possibilità dell’azione. Il sapere, dunque, deve essere
pratico.
Per Comte due sono i pilastri del pensiero scienti co: l’osservazione dei fatti e la formulazione di
leggi. Il primo si rifà alla tradizione empirista e il secondo a quella razionalista, in una perfetta
sintesi dei due loni. In realtà, però, lo svolgersi del pensiero di Comte enfatizza maggiormente il
secondo aspetto, producendo cosi un sapere dogmatico.
L’ultima fase del pensiero di Comte è segnato da una svolta in senso religioso. Egli pone come
oggetto della fede non più Dio, un’entità ttizia, ma la realtà positiva, ossia l’umanità stessa. ‘Il
grande Essere’ è l’intero genere umano nella sua evoluzione storica. Ad esso Comte attribuisce
caratteri divini; è infallibile, perché la legge che ne regola lo sviluppo è razionalità; esprime una
legge di progresso, dunque, punta verso un perfezionamento continuo. Vi erano dei riti, liturgie,
preghiere, sacramenti e persino un papa positivo che era egli stesso.
Il suo limite è il fatto che so risse di questi forti mal di testa che lo disturbavano e lo hanno
condizionato nella seconda parte della loso a.

JOHN STUART MILL


John Stuart Mill nacque a Londra nel 1806. Egli ricevette dal padre, il losofo James Mill,
un’educazione straordinaria. Entra in rapporto sin da giovane con le teorie del radicalismo liberale
inglese. Divenne esponente del gruppo politico dei whigs, dei progressisti inglesi e, in difesa dei
diritti civili degli emarginati, scrive insieme alla moglie Harriet Taylor i saggi sulla libertà e sulla
servitù delle donne, a favore dell’emancipazione femminile. Proposero varie lotte anche per la
tutela della maternità.
Bentham e Ricardo sono i maggiori esponenti di una corrente di pensiero che John Stuart Mill
chiamerà ‘utilitarismo’. L’ipotesi fondante riprende l’idea già formulata da Epicuro, secondo cui
l’esistenza umana è condizionata dalla ricerca del piacere e dal tentativo di evitare il dolore. Di
conseguenza approvare o disapprovare un atto signi ca esprimere una valutazione sulla sua
utilità, ossia sulla sua idoneità a procurare piacere o dolore.
Mill ritiene che il positivismo di Comte, con la sua insistenza sull’esistenza di leggi, sia un sistema
dogmatico e non su cientemente fondato sul piano empirico.
L’idea di Stuart Mill è di unire la cultura del positivismo con l’utilitarismo. Egli considera nel suo
sistema di logica induttiva e deduttiva la logica come una scienza della prova, cioè della sporta e
della dimostrazione. È la disciplina che esamina le modalità con cui determinate osservazioni
empiriche si combinano in nuove scoperte, e indaga le procedure metodologiche necessarie alla
loro dimostrazione. Mill a erma che ogni conoscenza è il prodotto di un ragionamento logico, la
cui natura non è deduttiva, ma induttiva. Nella realtà esistono solo processi mentali di tipo
induttivo ed è proprio questo di cui si occupa la logica.
Stuart Mill passa così alla critica della logica aristotelica e in primo luogo analizza il sillogismo, la
forma della deduzione nella logica classica. L’a ermazione universale da cui si ricava il
particolare, si basa propriamente sulla generalizzazione di un gran numero di casi particolari
osservati nell’esperienza, ossia su un’induzione. La deduzione non ha alcun potere dimostrativo e
l’esperienza può imparare solo dall’esperienza, cioè dai casi particolari.
La critica alla logica deduttiva comporta l’a ermazione che non esistono verità evidenti ed
intuitive, perchè l’universalità delle premesse di ogni sillogismo è sempre essa stessa di natura
induttiva, cioè deriva da osservazioni empiriche particolari. Le proposizioni generali non sono altro
che la sintesi di fatti osservati in passato valide per tutti i fatti simili. La proposizione ‘tutti gli
uomini sono mortali’ non è vera perchè evidente in se stessa, ma è vera in quanto sintesi di un
gran numero di osservazioni particolari: è vera in quanto generalizzazione dell’esperienza e il fatto
che la mortalità sia stata osservata in tutti i casi di vita umana.
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Anche il principio di non contraddizione di basa sull’esperienza. Ogni ente non può essere
esattamente il suo contrario, e ciò viene sperimentato ogni momento, in quanto il buio non può
esistere assieme alla luce.
Mill non nega però la possibilità di a ermazioni generali poiché ciò che è vero in un certo
momento sarà vero in circostanze simili in ogni momento.
La garanzia della validità della nostra esperienza e quindi della verità dell’induzione è nel
presupposto che la natura segua un corso uniforme, ossia che l’universo sia governato da leggi
stabili e costanti. L’uniformità della natura è il principio fondamentale dell’induzione. Questo
principio non va inteso come verità evidente e ammesso a priori, ma è a sua volta
sperimentalmente provato. Mill ammette che le prime osservazioni induttive e le prime
generalizzazioni dell’esperienza si sian fondate inconsapevolmente su questo principio, senza che
fosse formulato. La natura, dunque, è contate, e i fenomeni si ripetono.

PENSIERO POLITICO
Nel saggio sulla libertà Mill esprime un liberalismo radicale in ambito politico. La sua concezione è
fondata sulla priorità dei diritti dell’individuo, da assicurare con un preciso sistema di garanzie
rispetto alle esigenze delle istituzioni sociali. Mill ri uta ogni concezione paternalistica dello stato:
il bene dell’individuo non è una motivazione su ciente all’azione legislativa, perchè ciascuno è
l’unico autentico guardiano della propria salute. Non si può costringere nessuno a fare qualcosa
semplicemente perchè si é convinti che ciò sia un bene per lui. Questo pensiero ha origine
nell’utilitarismo, piche ogni cittadino sa cosa è più utile per sé e agisce in virtù di ciò.
Mill individua tre libertà fondamentali: la libertà ideologica, ossia la libertà di coscienza, di
pensiero, di sentimento o di opinione in tutti i campi; la libertà dei gusti, ossia la libertà di
regolare la propria vita come aggrada, senza essere ostacolati nelle scelte, la libertà di
associazione, ossia la libertà di riunirsi per un qualche scopo che non implichi l’altrui danno. Lo
stato interviene nel momento in cui queste libertà compromettono le libertà altrui.
La miglior forma di governo per potere attuare ciò è la democrazia. Un democrazia deve quindi
basarsi sulla tutela di queste libertà e su un sistema elettorale che garantisca l’uguaglianza di tutti
i cittadini.
Con Stuart Mill la tolleranza diventa un elemento indispensabile alla vitalità della società, che trae
maggior vantaggio permettendo a ciascuno di vivere come preferisce piuttosto che
costringendolo a vivere come sembra meglio agli altri. La diversità delle convinzioni comporta un
arricchimento intellettuale collettivo.
Mill pone una questione perenne in ogni forma di governo democratico, ossia la tirannia della
maggioranza. Molto spesso i ceti che ottengono democraticamente la maggioranza dei voti,
usano a proprio vantaggio ciò contro il bene collettivo e l’interesse generale. Una sana
democrazia rappresentativa, invece, deve garantire un ruolo alle opposizioni parlamentari e
tentare un accordo. Le minoranze vanno rispettate e ascoltate, perché una società ben governata
necessita sia di un partito conservatore sia un partito progressista.
Rispetto alla questione sociale, ossia all’emergenza prodotta dalla povertà crescente in seguito
all’industrializzazione, Mill critica il socialismo. Nonostante per il principio dell’utilitarismo sia
giusto che ogni classe sociale difenda i propri interessi, Mill pensa che il difetto del socialismo sia
quello di deprimere l’iniziativa individuale. In particolare è contrario alle leggi di protezione per una
redistribuzione più equa della ricchezza. Egli si schiera per l’abolizione delle leggi in favore dei
poveri. Questo provvedimento avrebbe la conseguenza negativa di creare negli assistiti
un’abitudine alla dipendenza. Cedere beni a chi ha bisogno non è aiuto ma assistenzialismo. Al
contrario bisogna spronare i poveri ad uscire da questa condizione di indigenza con le proprie
forze, creando condizioni di lavoro per tutti.
Coerentemente con questo approccio liberale, Mill sostiene l’abolizione dei dazi doganali
protezionistici e la libera circolazione delle merci. Solo la libera concorrenza può produrre il
massimo della ricchezza complessiva, garantendo così anche l’indipendenza economica. Sono
posizioni fondate sulle tesi dell’utilitarismo.
I conservatori inglesi criticarono l’utilitarismo, considerata come una dottrina ‘degna dei porci’,
poiché vivere per soddisfare i propri bisogni, il proprio utile, signi ca vivere come gli animali. In
risposta a queste critiche Mill sottolinea in primo luogo che la felicità cui mirano gli utilitaristi non
sia quella personale, ma quella di tutti. In secondo luogo chi vede nell’invito epicureo al piacere
una giusti cazione a vivere come maiali mostra di avere un’idea molto degradata del piacere
umano. Gli esseri umani hanno bisogni più complessi di quelli animali, perchè non cercano
soltanto i piaceri dei sensi, sici, ma anche quelli dell’intelletto. L’uomo intelligente trova nel
rispetto della propria dignità e nel riuscire a mettere a frutto tutti i propri talenti la fonte di una
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felicità superiore alla soddisfazione di ogni bisogno materiale. Vi sono vari tipi di piacere,
qualitativamente diversi gli uni dagli altri. Fra essi è possibile stabilire una gerarchia in modo
induttivo. Un individuo con qualità elevate ha più esigenze per essere felice, ma è anche capace
di maggiori so erenze. Per questo l’uomo sciocco e ignorante dimostra di essere soddisfatto di
se stesso più di quanto lo sia una persona intelligente. ‘È meglio essere una creatura umana
inappagata che un maiale appagato’.
In disaccordo con Comte, Mill sostiene la possibilità di una psicologia scienti ca. Si tratta di una
scienza autonoma che ha come oggetto di studio gli stati della mente. Una volta che la psicologia
abbia spiegato le leggi che governano la mente umana, è possibile azzardare delle previsioni sul
comportamento degli uomini.
In ne Mill applica l’induzione alla questione religiosa. La presenza veri cabile di un ordine del
mondo induce infatti a pensare all’esistenza di un Dio ordinatore, ma l’altrettanto veri cabile
imperfezione del mondo esclude che si possano attribuire a Dio le qualità di bontà. L’umanità,
però, ha dimostrato di saper operare nel senso del miglioramento di se stessa, per cui ne
consegue che Dio e umanità sono chiamati a cooperare in vista del perfezionamento del mondo.

POSITIVISMO EVOLUZIONISTICO
Il mutamento avvenuto nel campo delle scienze con la nascita delle teorie evoluzionistiche ebbe
un grosso impatto sulla società. Si parla di rivoluzione scienti ca. Questo signi ca che i
mutamenti in atto non si sono ridotti ad una semplice sostituzione di una teoria scienti ca con
un’altra, ma hanno implicato un mutamento della mentalità complessiva. Ci furono conseguenze
anche sul piano politico, sociale ed economico.
Dal punto di vista scienti co la biologia pre-evoluzionistica era basata sulla dottrina del ssismo
formulata da Aristotele. Secondo questa concezione le specie animali e vegetali sono da sempre
ciò che sono attualmente, senza alcun mutamento o evoluzione. Pur formulato in ambito
scienti co, il ssismo deve la sua longevità al fatto che fosse facilmente compatibile con il
creazionismo cristiano, secondo cui le specie sono state create direttamente da Dio e sono
quindi immutabili. Questa teoria venne messa in discussione dal ritrovamento di fossili che
dimostrarono il contrario, e che alcune specie arrivarono persino ad estinguersi.
Ad a rontare per la prima volta la questione del mutamento in campo biologico è Lamarck.
Quest’ultimo nega che le specie siano prodotti immutabili di creazioni distinte e a erma che ogni
specie discende sempre da altre precedenti. Lamarck ipotizza che la trasformazione delle specie
avvenga come il risultato di due leggi biologiche. La prima a erma che non è la forma
complessiva dei corpi a dar origine alle abitudini di vita degli animali, ma, al contrario, sono le
abitudini a determinare il destino biologico della specie favorendone l’adattamento all’ambiente in
cui vivono. È dunque l’ambiente a determinare la trasformazione di una specie. La seconda legge
avanzata da Lamarck a erma che le modi cazioni siche prodotte dall’ambiente sono tramandate
ai discendenti per via ereditaria, purché siano state acquisite dal patrimonio generale degli
individui che si riproducono. L’esempio più celebre a sostegno di questa tesi è quello delle gira e,
il cui lungo collo sarebbe frutto dello sforzo sistematico di brucare sempre più in alto tra i rami
degli alberi. ‘Il bisogno tener la funzione e la funzione crea l’organo’. L’ambiente, inoltre, non è una
realtà immutabile, perché i fattori climatici e geologici possono cambiare determinando cosi
nuove necessità di adattamento.
Tuttavia, alcuni tentarono di salvaguardare l’antico paradigma risolvendo secondo i vecchi schemi
i quesiti scienti ci suscitati dalle nuove scoperte. Cuvier, ad esempio, estremo sostenitore del
creazionismo cristiano, nega che i fossili testimonino la presenza del passato di altre specie poi
evolutesi in quelle attuali; i reperti fossili sarebbero tracce di specie scomparse in seguito a
tremende catastro naturali, non riuscendosi ad adattare a condizioni ambientali estreme. Dio,
perciò, compensò queste scomparse creando nuove specie.
Queste teorie sono frutto delle osservazioni, ma anche il risultato di una serie di teorie che
circolavano dapprima e anche nel suo periodo.

DARWIN
Charles Darwin nacque nel 1809. Terminati gli studi decise di trasferirsi a Cambridge con
l’intenzione di prendere gli ordini sacri. Nel 183, poco dopo essersi laureato, concorre al posto di
naturalista per un viaggio di ricerche scienti che intorno al mondo sulla nave Beagie. È l’inizio di
una serie di esplorazioni che lo portano nelle isole dell’Atlantico, in Brasile, in Patagonia, e cosi via
nelle zone più lontane del mondo, raccogliendo un’enorme quantità di reperti attinenti a zoologia,
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geologia ed etnogra a. Tutto ciò che notava veniva appuntato diligentemente da lui stesso su un
apposito diario. Egli osservò, ad esempio, che spostandosi da un’isola all’altra, anche la stessa
specie di uccelli presentava caratteristiche di erenti.
Darwin, facendo proprie le teorie di Malthus, un politico inglese, parte dal principio che in natura
non c’è posto per tutti: ogni specie tende a moltiplicarsi, ma la scarsità delle risorse impone una
drastica selezione. Nella lotta per la vita solo i più adatti riescono a sopravvivere e quindi a
perpetuare la specie. Questa a ermazione porterà a delle conseguenze politiche e sociali.
Darwin concorda con Lamarck sull’importanza della relazione fra l’animale e l’ambiente in cui vive,
ma dissente, tuttavia, sui processi biologici che portano a tale risultato. Per Darwin, infatti, non è
solo l’ambiente il fattore che determina queste modi che genetiche, poiché avvengono
casualmente.
Darwin, osservando piante e animali, nota come due individui di una popolazione non siano mai
perfettamente identici, ma di eriscono per dimensioni, colori ed altri caratteri. Queste di erenze
individuali possono essere dovute all’ambiente, all’alimentazione, ma dipendono soprattutto da
fattori ereditari. Il con uire di tutte queste variabili rende del tutto casuali e imprevedibili le
mutazioni individuali all’interno di una specie.
Darwin introduce questi due principi, la lotta per l’esistenza e la variazione individuale, come
sintesi di un grande massa di osservazioni empiriche documentate. Il loro combinarsi produce
una teoria, un’ipotesi su come l’e etto reciproco di questi due diversi meccanismi biologici poss
spiegare la molteplicità delle specie. Seconda questa teoria, nota com selezione naturale, in ogni
generazione di ogni specie animale nascono casualmente individui notevolmente di erenziati in
seguito a variazioni casuali e fra queste varianti sopravvivono solo quelle che si rivelano più adatte
all’ambiente circostante, destino anch’esso a cambiare. Ad esempio in ogni generazione di gira e
nascono esemplari con il collo troppo corto o troppo lungo: questi daranno in di coltà nella
competizione per le risorse, quindi avranno minori probabilità di sopravverrà nel loro ambiente.
Solo gli individui portatori di caratteristiche favorevoli sopravvivono e possono trasmettere i propri
caratteri alla generazione successiva. La natura stessa si difende, correttivi di natura. Le carestie,
le epidemie, le guerre stesse sono degli interventi per evitare questa sproporzione, quest’aumento
demogra co, per non andare incontro all’estinzione dell’umanità.
Il suo pensiero è in uenzato anche da suggestioni meta siche derivate dall’Idealismo romantico,
come ad esempio nell’estensione alla natura della dimensione storica, la visione dialettica della
realtà. Il secondo aspetto concerne il rapporto tra nito e in nito. Cosi come per Hegel ogni
aspetto concreto della realtà è comprensibile solo in rapporto con il tutto a cui appartiene, anche
per Darwin le vicende biologiche del singolo individuo acquistano signi cato solo in quanto
aspetti concreti di una legge generale.
L’evoluzionismo non prevede l’esistenza di un piano preordinato, non c’è alcuna logica, non c’è
un ne a cui tende la natura. Egli critica il teocentrismo, in quanto non vi è alcun dio che abbia
prestabilito un ne ultimo, ed anche del nalismo.
L’evoluzione, per Darwin, produce su tempi lunghi il massimo perfezionismo possibile rispetto
all’ambiente. Darwin è per questo ottimista. Quest’evoluzione porta al progresso, e ci è permesso
contare su un avvenire di lunghezza incalcolabile.
A causa di ciò Darwin veniva considerato come un mastro del sospetto, in quanto contribuì a far
crollare tutte le certezze dell’uomo.
Per provare la teoria evoluzionistica Darwin presenta osservazioni e prove, dividendole in cinque
tipi: prove desumibili dalle tecniche di allevamento; prove suggerite dalla distribuzione
geogra ca di determinate specie e dalle modi cazioni prodotte dalla colonizzazione di nuovi
territori; prove derivate dall’esistenza nel passato di altre specie animali, testimoniate dai fossili;
prove suggerite dall’anatomia comparata, ossia dall’esame delle somiglianze e di erenze fra le
specie; prove o erte dall’embriologia e dallo studio dei processi di formazione e sviluppo degli
organismi complessi.
L’uomo spesso compiva una selezione biologica, producendo nuove razze e nuove varietà con il
metodo degli innesti. L’intervento dell’uomo modi cava in modo sostanziale il corso naturale con
tecniche arti ciali di inseminazione e accoppiamento che non seguono le leggi di natura.
Darwin giusti ca ciò, in quanto l’uomo, esattamente come la natura, segue un preciso piano di
sviluppo volto al progresso, facendo accoppiare gli esemplari portatori di caratteristiche da loro
giudicate positive.
Con Darwin crolla anche l’antropocentrismo. Il fatto che esista una continuità fra l’uomo e gli
animali è provato dal fatto che l’uomo può ricevere dagli animali, e trasmettere a loro, determinate
malattie. L’uomo e gli altri animali vertebrati presentano un’origine comune e sono passati
nell’evoluzione attraverso gli stessi stadi primitivi.
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Sul piano economico il principio della selezione naturale è stato equiparato al meccanismo della
libera concorrenza giusti cando la competitività del sistema capitalistico, mentre sul piano delle
relazioni internazionali la legge della sopravvivenza del più adatto è stata invocata per legittimare
l’espansione imperialista.
Gli e etti più negativi si veri carono sul piano politico con il cosiddetto ‘darwinismo sociale’,
secondo il quale l’evoluzionismo avrebbe dovuto tradursi in un programma operativo per
migliorare i sistemi sociali e persino la specie umana. A tal ne si sarebbero dovuti praticare
metodi di eugenetica, programmando degli accoppiamenti tra individui considerati migliori e
eliminato coloro che venivano considerati deboli. Nel novecento ciò porta all’ideologia razzista,
con cui il nazismo giunge a praticare lo stermino di intere categorie giudicate ‘degenerate’.
I principi del darwinismo vennero applicati anche alla sfera etica, ottenendo un completo
ribaltamento dei valori morali. Se, infatti, anche le società umane devono regolarsi sulla base della
legge di sopravvivenza del più adatto, allora i valori della bontà e della compassione diventavano
comportamenti negativi, perchè salvaguardando il più debole, ostacolano il miglioramento della
razza. Il darwinismo andava a contrastare ogni forma di lantropismo.
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