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CONTESTO STORICO-CULTURALE

Il contesto socioeconomico della prima metà dell’Ottocento presenta due aspetti profondamente
di erenti: da un lato la di usione della rivoluzione industriale determinò una visione ottimistica
dello sviluppo storico-sociale, dall’altro i cambiamenti provocati dalla crescente
industrializzazione producono situazioni problematiche a livello sociale che alimentano il
pessimismo. Si caratterizza, dunque, come un’età piena di contraddizioni e trasformazioni che
portarono ad una vera e propria crisi dei valori tradizionali, una perdita dei punti di riferimento e
una crisi di identità, poiché questi grandi cambiamenti venivano spesso vissuti con
disorientamento da parte delle masse, ma in particolare dai ceti più bassi.
In ambito loso co si caratterizzano diverse correnti quali il marxismo e il positivismo, il primo
riguarda le profonde trasformazioni che subì il mondo del lavoro, evidenziando le criticità di
questa nuova epoca, ed il secondo che invece propugna un’esaltazione delle scienze naturali e
della tecnologia causata da questa forte ducia nelle capacità dell’’uomo nel poter comprendere
la realtà. La rivoluzione industriale, infatti, produsse anche nuove realtà problematiche come le
di cili condizioni di vita e di lavoro degli operai. Gli orari di lavoro arrivano anche a sedici ore
giornaliere, gli stipendi sono basissimi e manca qualsiasi forma di assicurazione contro gli
infortuni, la malattia e la vecchiaia. Il pensiero socialista fa proprio riferimento a questa
drammatica realtà sociale.
Idealismo, marxismo e positivismo esprimono, anche se in modi profondamente diversi, l’impulso
al cambiamento della rivoluzione industriale. Sono acuminati dalla ducia nella razionalità e da
una concezione della conoscenza come sistema capace di comprendere e di spiegare società in
tutti i suoi aspetti.
La meccanizzazione del lavoro e la massi cazione sociale producono una condizione di
spersonalizzazione, un senso di inutilità dell’individuo che alla ne dell’ottocento verrà
denominato come ‘anomia’.
Da questo disagio emerge la necessità di un recupero del singolo, della dimensione esistenziale.
A questo compito rispose la loso a di Schopenhauer.
Egli pose in risalto le incertezze dell’uomo, le sue fragilità, che saranno le coordinate essenziali
all’esistenzialismo, in netta contrapposizione con il pensiero idealistico e il sistema hegeliano,
poiché al centro dell’attenzione vi è l’uomo e la sua esistenza, con un completo rovesciamento
della posizione di prevaricazione dell’oggetto.
Marx e Schopenhauer sono de niti come maestri del sospetto, che insinuano tra le certezze
dell’uomo numerosi dubbi, il quale si sente sicuro grazie al progresso tecnologico e alle
trasformazioni sociali.

SCHOPENHAUER
La vita di Schopenhauer è segnata dal confronto con ittuale con l’idealismo, che diventa per
alcuni anni anche aperto scontro accademico con Hegel. Schopenhauer nasce a Danzica nel
1788. Dedicatosi agli studi classici dopo la morte del padre, un ricco mercante che avrebbe
voluto avviarlo alla propria professione, si laurea in loso a. Intanto la madre, scrittrice di una
certa fama, organizzava diversi salotti letterari frequentati talvolta da Schopenhauer, dove vi
conosce l’orientalista Mayer. La loso a orientale, infatti, avrà una notevole in uenza sul pensiero
di Schopenhauer, particolarmente per la tematica della liberazione dalla volontà. Kant resterà il
suo riferimento principale, anche se criticato e superato. A Berlino tenterà con scarso successo la
carriera accademica. Durante la lezione di prova ha un duro scontro con Hegel: è l’inizio di un
contrasto profondo di natura soprattutto teoretica. Egli s da polemicamente Hegel, ssando i suoi
corsi nelle stesse ore in cui questi tiene le sue lezioni. Schopenhauer, misantropo e misogino, la
sua opera fu un totale insuccesso, mondo come volontà e come rappresentazione.
Schopenhauer ha come riferimento la loso a di Kant e quella orientale.
Egli appartiene appieno alla cultura romantica, poiché il suo pensiero rispecchia molti dei motivi
del romanticismo quali l’esaltazione degli aspetti irrazionali della vita.
Egli a erma, come Fitche, che il destino dell’uomo è un tendere senza ne e senza quiete,
sebbene senza alcuna nalità o teleologismo.
E in ne anche per Schopenhauer l’uomo è un titano ed è in qualche modo un essere speciale
nella natura, perché può prendere coscienza di sé e del proprio destino e anche modi carlo. Si
ricollega, dunque, al concetto di titanismo come sforzo, come tensione dell’uomo di lottare questi
limiti rappresentati dall’irrazionalità. Questo compito non è a dato all’umanità, ma al singolo
individuo, in quanto ognuno può scon ggere in sé la Volontà.
All’ottimismo di Hegel egli contrappone un pessimismo meta sico, storico, sociale ed esistenziale
profondamente radicato nelle premesse della sua loso a.
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Egli esprime le situazioni problematiche che si accompagnano a quest’epoca di trasformazione
industriale quali le crisi, la spersonalizzazione.
La loso a di Schopenhauer muove dall’ipotesi di Kant, secondo il quale il mondo si dà come
rappresentazione. Il mondo esiste per il soggetto conoscente soltanto come fenomeno del quale
non abbiamo modo di accertare la corrispondenza con la realtà oggettiva. La rappresentazione è
la ricostruzione fenomenica che il soggetto fa in base agli strumenti che possiede. Strumenti che
si de nivano a priori che Kant aveva ben descritto soprattuto nella critica della ragion pura, e che
permettono al soggetto di rappresentare l’oggetto.

Secondo Schopenhauer noi non conosciamo direttamente il mondo ma, come a ermava Kant,
l’immagine che deriva dalle nostre strutture conoscitive applicate ai dati sensoriali. Secondo Kant
grazie alle strutture a priori, che ogni uomo possiede, è possibile vedere il mondo ma in un modo
deformato.
Anche per Schopenhauer la conoscenza è possibile mediante le strutture a priori del tempo e
dello spazio e mediante un terzo principio a priori, il principio di ragion su ciente, che
sostituisce le dodici categorie kantiane.
Il principio di ragion su ciente è il fondamento delle scienze, ossia dell’interpretazione scienti ca
del mondo fenomenico, che ci permette di conoscerlo, ed opera a quattro diversi livelli:
- Necessità sica (famoso rapporto di causa ed e etto, ogni evento della natura può essere
spiegato in questi termini);
- Necessità logica (secondo Aristotele, ogni ragionamento ha una premessa ed una
conclusione);
- Necessità dell’essere;
- Necessità morale (rapporto di necessità tra le intenzioni, motivazioni(antecedenti) e il
comportamento, l’azione vera e propria).
Questi livelli costituiscono modi diversi di organizzare il mondo dei fenomeni e quindi diverse
tipologie di rappresentazione, accomunate dal legame necessario tra i fenomeni.
In base al principio di ragion su ciente conosciamo:
- il mutamento sico in quanto riconducibile ad una casualità necessaria;
- I ragionamenti in quanto ubbidiscono a una necessità logica;
- L’essere, in quanto determinato dai rapporti nel tempo e nello spazio, fondamenti della
matematica;
- L’azione, in quanto determinata dalla necessità morale.
Il risultato dell’applicazione del principio di ragion su ciente è il mondo della rappresentazione,
tutto ciò che ci è dato conoscere, per cui il principio di ragion su ciente non può andare oltre la
conoscenza del fenomeno.
Il mondo come rappresentazione si spiega nei termini del meccanicismo, poiché tutto ciò che
avviene ha una causa che lo determina in modo necessario. Tutto, quindi, è interpretabile in senso
deterministico. Tuttavia, secondo Schopenhauer, l’ambito della moralità si di erenzia dagli altri,
poiché possiamo conoscere l’azione, ma non la causa, anche se supponiamo che debba esserci
e la indichiamo con il termine ‘motivo’. I motivi derivano dalle dinamiche interiori dell’individuo,
non si manifestano, che non sono riconducibili all’ambito fenomenico in quanto non possono
essere osservati. Schopenhauer perciò parla di legge della motivazione; essa non consente mai
una previsione esatta del fenomeno, ossia del comportamento. Le nostre azioni sono regolati
sempre da una casualità.
Il mondo come rappresentazione è per Schopenhauer perfettamente autosu ciente, non rinvia ad
altro, a realtà inconoscibili come la kantiana cosa in sé. Tuttavia in quanto rappresentazione, non
sussiste di per sé come oggetto, ma presuppone sempre un soggetto che lo rappresenti. Da qui
seguono due considerazioni. La prima implica che il mondo esiste solo in quanto percepito, in
riferimento all’idealismo di Berkeley, la seconda implica che il soggetto esiste solamente in quanto
percepisce. Schopenhauer paragona questa conoscenza soggettiva e illusoria al velo di Maya.
Per Schopenhauer dietro al mondo come rappresentazione rimane il mondo noumenico, che
tuttavia, è conoscibile.
La sintesi tra soggetto e oggetto, che si opera nella rappresentazione, viene usata da
Schopenhauer come argomento per confutare sia l’idealismo sia il materialismo. Ciascuno dei
due sistemi è infatti unilaterale: l’uno perché deriva l’oggetto dal soggetto, l’altro perché deriva il
soggetto dall’oggetto. Secondo l’idealismo, infatti, è il soggetto stesso che produce l’oggetto
delle proprie rappresentazioni; secondo il materialismo, al contrario, il soggetto subisce
passivamente l’azione dell’oggetto, che lo modi ca. Per Schopenhauer la rappresentazione è
data sia dalla presenza di un oggetto realmente esistente, sia dall’attività del soggetto che
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interagisce con esso. L’interazione tra queste due componenti, tuttavia, produce una conoscenza
soggettiva e illusoria.

LA VOLONTA’
La via per conoscere la cosa in sé passa attraverso il nostro corpo, non nel suo aspetto
fenomenico, per il quale esso è conosciuto come oggetto tra gli oggetti del mondo, ma nelle sue
a ezioni. L’uomo, infatti, non è solo intelletto, ma è parte della realtà noumenica in quanto corpo,
che non è razionalità, ma passioni, istinti, e, soprattutto, volontà. Il corpo, dunque, è sia
rappresentazione, al pari di tutte le altre cose, e sia volontà. Attraverso il corpo l’uomo può
conoscere la cosa in sé che è ,appunto, volontà. Questa volontà è una forza cosmica, una forza
universale, un’energia che non implica qualcosa di positivo, ma qualcosa di negativo. Indica uno
stato di privazione, di so erenza, poiché se si desidera qualcosa implica il fatto che ci manca
qualcosa. Realtà fatta di continui desideri che dobbiamo sempre soddisfare.
Il volere viene considerato in relazione all’individuo in quanto realtà corporea. Come tale, le
determinazioni della sua volontà si oggettivano nel corpo attraverso reazioni come quelle legate al
piacere al dolore. I vari organi e apparati del corpo vengono rappresentazioni come
oggettivazione della volontà, cioè dei diversi bisogni; ad esempio l’apparato digerente è
l’incarnazione della fame, e cosi via. La volontà cosi intesa, è espressione del singolo individuo,
ma ve ne esiste una che è principio universale: una Volontà che è la forza animatrice di tutta la
natura. Il principio meta sico è la Volontà. Essa è unitaria poiché seppur si manifesta nel
molteplice è una soltanto. Si presenta come un’energia cosmica, una forza universale, poiché
riguarda tutto ciò che esiste.
La Volontà, essendo altra cosa rispetto al mondo fenomenico riprodotto dall’intelletto, non è
sottoposta alle forme a priori dello spazio e del tempo. La Volontà non è soggetta al principio di
individuazione, per il quale il mondo è composto da realtà separate e da eventi che si dispongono
secondo la successione temporale, ed è dunque unica ed eterna. Non è soggetta a nessuna
forma di casualità, poiché è estraneo al principio di ragion su ciente, e non è espressione di
nessuna nalità. La Volontà è dunque irrazionale, senza scopo né signi cato.
Il passaggio dalla Volontà, intesa come principio meta sico unitario, agli individui avviene in un
processo di progressiva oggettivazione. Schopenhauer suppone che la Volontà si oggettivi in
archetipi delle cose, in idee intese in senso platonico, uniche, immutabili ed eterne. Tali idee si
organizzano in ordine gerarchico in relazione alla distanza dalla Volontà che le ha prodotte.
Le idee hanno una valenza ontologica e non una semplice funzione conoscitiva. Esiste un’unica
idea per ogni classe di cose, e da essa ha origine la pluralità. Gli individui sono semplice
manifestazione fenomenica delle idee, le quali costituiscono la vera realtà. Dalle idee abbiamo,
quindi, l’articolazione dell’intera realtà: prima gli uomini, poi gli animali, poi le piante, le forze della
natura, i fenomeni sici ed in ne la materia. Le idee costituiscono il primo grado di oggettivazione
della Volontà.
La Volontà è come l’assoluto per gli autori dell’idealismo.
La Volontà si presenta come un frangio di luce che attraversando un prisma spaziale si frantuma
in ogni singolo individuo, in maniera gerarchica.
La Volontà è unicamente interessata alla conservazione della specie, corrispondente all’idea in cui
la Volontà stessa si oggettiva. Gli individui vengono sacri cati a vantaggio della specie e la loro
so erenza, o la loro morte, sono irrilevanti per la Volontà. A nché essa continui ad esistere,
anche l’intera realtà deve vivere e rinnovarsi.
La volontà si esprime in modo dialettico, fortemente con ittuale, in una lotta cannibalesca tra le
sue manifestazioni. La con ittualità della natura è data dalla contrapposizione tra le idee. La
volontà oggettivandosi nelle singole idee e nei singoli esseri dà espressione a molteplici egoismi
in una lotta perenne di tutti contro tutti. Ne risulta una visione tragica dell’universo, dominato da
un pessimismo cosmico.

FILOSOFIA DELL’ESISTENZA
La loso a di Schopenhauer è una loso a dell’esistenza, non solo perché si concentra sulla
realtà concreta del singolo, ma anche perché a erma che solo guardando dentro di sé l’uomo
può individuare l’essenza della Volontà. Nonostante il carattere universale della Volontà, è
nell’individuo che se ne coglie l’azione. La loso a di Schopenhauer è perciò un’analisi
dell’esistenza umana, anche se l’individuo costituisce il punto di partenza, che deve essere
superato. L’individuo deve superare se stesso.
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L’opera principale di Schopenhauer, il mondo come volontà e rappresentazione, è un itinerario
attraverso cui l’uomo può prendere coscienza dell’azione della Volontà in lui e giungere in ne alla
liberazione.
L’analisi di Schopenhauer prende avvio dalla consapevolezza della precarietà della vita
dell’individuo, in quanto la Volontà ne penetra l’esistenza e ne segna tragicamente il destino.
Questa descrizione della condizione umana è improntata a un radicale pessimismo, ma ha
soprattutto lo scopo di demisti care le illusioni che l’uomo ha prodotto per darle un signi cato. Lo
stesso amore si riduce all’unione sessuale, nalizzata alla procreazione e quindi alla
conservazione della specie. Per ottenere questo scopo la Volontà ha posto negli animali un istinto
sessuale.
Ogni uomo è oggettivazione, mediante le forme spazio-temporali, della Volontà, che quindi vive in
lui senza altra nalità che non sia la propria realizzazione, e dunque il volere per il volere. Il volere
è una forza estranea che fa dell’uomo un proprio strumento e ne determina una condizione di
intrinseca infelicità. Il volere, infatti, deriva dal bisogno, quindi da una mancanza, da una
so erenza. Ogni appagamento lascia presto il posto alla noia, ed è anche provvisorio: subito il
volere subentra di nuovo, generando ancora so erenza.
Solo il desiderio è considerato da ognuno motivo per l’azione, e quando questo viene rimosso,
subentra la noia, che l’uomo percepisce come morte spirituale e tenta di vincere con sempre
nuovi e insaziabili desideri. La vita è un pendolo che oscilla tra la noia ed il dolore. Il piacere è solo
la soddisfazione di un bisogno, ma è del tutto momentaneo.
l’egoismo rende il destino umano tragico, perché ognuno fa dell’autoconservazione il proprio
ne esclusivo, ma sa che è destinato a perire. La morte, e la consapevolezza di essa,
costituiscono l’unico orizzonte ineliminabile di ogni momento dell’esistenza umana.
Schopenhauer interpreta il comportamento umano come determinato da due ordini di motivi:
quelli coscienti, elaborati dalla ragione, per cui esso è indirizzato verso ni che appaiono
appetibili; e quelli inconsci, indotti nei singoli dalla Volontà, che sono riconducibili alla
conservazione e al volere come ne in sé. Questa problematica ha il merito di aprire la prospettiva
dello studio dell’inconscio, e a Schopenhauer si richiameranno Nietzsche e Freud.
Il desiderare dell’uomo non è desiderio di qualcosa, ma è semplice manifestazione della Volontà
che lo agisce. L’appagamento non da piacere se non in quanto temporanea cessazione del
dolore. Il piacere è sempre negativo, poiché deriva da un desiderio e quindi è la cessazione di
uno stato di so erenza. Il piacere non può essere provato che in seguito a un dolore, come
liberazione da esso.
Al pessimismo esistenziale si accompagnano quello sociale e quello storico. L’osservazione
del mondo storico-sociale costituisce per Schopenhauer una sorta di veri ca empirica della tesi
secondo cui la vita umana è caratterizzata da una condizione di infelicità. Il mondo storico,
dominato dall’errore e dalla malvagità, è una conferma di questa tesi. Ne consegue il ri uto di
qualsiasi ottimismo. Proviamo a portare questi ottimisti dinanzi a degli spettacoli orribili, un luogo
di tortura, di so erenza, e vediamo se continuano ad a ermare che ‘viviamo nel migliore dei
mondi possibili’.
Per quanto riguarda la storia, essa appare ben diversa da quella presentata da Hegel e
dall’idealismo. Egli contesta innanzitutto che la successione degli eventi costituisca un divenire
razionale e teleologicamente orientato. La storia non è lo sviluppo razionale dello spirito in cui
tutto acquista signi cato, ma è ‘il regno del caso’ e non presenta nessun disegno, nessuna forza
che la guidi. Tutto è dominato dalla cattiveria, indi erenza, di lotta, anche dell’individuo contro se
stesso.
La tragicità della condizione umana è determinata dal fatto che ognuno è costretto nei propri limiti
da istinti e passioni, da utilità ed egoismo, e la liberazione dalla propria individualità consiste
perciò nell’andare oltre questi limiti. Liberandosi da se stessi, verranno meno tutti i desideri e i
motivi che sono legati alla volontà. Per azzerarla bisogna azzerare il corpo e le sue manifestazioni,
superare la nostra stessa individualità. Trascendere il nostro corpo, andare oltre i nostri bisogni,
non avvertirli più.

LA LIBERAZIONE DALLA VOLONTÀ


Dato che l’esistenza è dolore e la morte ne costituisce comunque l’esito nale, si potrebbe
pensare che la cessazione volontaria dell’esistenza possa rappresentare la soluzione migliore.
Schopenhauer è contrario a questa scelta in quanto il suicidio rappresenterebbe semplicemente
la morte dell’individuo, cioè del fenomeno, ma la Volontà non ne sarebbe scal ta. Liberarsi dalla
Volontà vuol dire invece neutralizzarla, ma ciò richiede un percorso lungo e di cile, fatto di tappe.
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ARTE
Nell’arte il rapporto che si stabilisce fra soggetto e oggetto nel godimento estetico fa si che
entrambi i termini siano liberati dai vincoli dell’individualità. L’oggetto è sottratto alle relazioni
spaziali, temporali e causali; il soggetto è sottratto alla Volontà.
Nella contemplazione estetica il soggetto non considera l’oggetto né in relazione al proprio utile,
né in rapporto alle proprie particolari passioni. L’oggetto non è visto in riferimento a un soggetto
inteso come individuo, ma a un soggetto impersonale, che entra in una dimensione universale.
Le diverse arti corrispondono ai vari gradi di oggettivazione della Volontà, in una scala ascendente
dalla quella carica di contenuto materiale, dove è più basso il livello di oggettivazione della
Volontà, a quella più spirituale. Questa scala va dall’architettura, alla scultura, alla pittura, alla
poesia e in ne alla tragedia.
Schopenhauer inoltre dedica uno spazio particolare alla musica, distinta dalle altre arti, perché è
la forma d’arte meno contaminata dal mondo concreto, e il suo linguaggio è universale,
garantendoci di poter entrare in diritto contatto con la Volontà. La musica, infatti, non è la
rappresentazione delle idee, ma della Volontà universale stessa, di cui è diretta oggettivazione.
L’arte però non è un ‘quietivo’ per la volontà, non la fa cioè cessare, non consente di superarla. È
soltanto una consolazione provvisoria, una breve pausa che interrompe per un pò il desiderio e
quindi il dolore, ma senza eliminarli.

LA COMPASSIONE
In ambito etico la funzione di liberazione dalla Volontà è svolta dalla compassione, che si colloca a
un primo livello dei negazione della Volontà, che culminerà poi con l’ascesi.
La compassione permette il superamento dell’identità individuale nell’identi cazione del singolo
con tutti gli individui.
Compassione nel pensiero di Schopenhauer assume dunque il signi cato etimologico di ‘patire
con’: indica il superamento della propria individualità per sentirsi parte della so erenza universale,
che si manifesta anche nel mondo naturale, e abbracciare tutti gli esseri come unica realtà.
L’etica di Schopenhauer non è prescrittiva, in quanto non detta norme di comportamento.
L’altruismo e la buona coscienza non sono doveri morali, ma vanno perseguiti perché procurano
serenità d’animo. Infatti se comprendiamo che i singoli individui non sono che l’aspetto
fenomenico di un’unica realtà, siamo meno angosciati per gli eventi particolari riguardanti il nostro
‘io’, divenendo parte di un tutto.
Puri carsi dalla propria individualità signi ca conoscere l’essenza del mondo al di là del
fenomeno, e una tale conoscenza libera dall’individualità.

L’ASCESI
La liberazione dalla Volontà si completa con l’ascesi, il cui risultato è il raggiungimento della
noluntas, la non-volontà, lo spegnimento in sé di ogni desiderio. La via per conseguire questa
nalità è quella del distacco dalla propria singolarità, dato che ad essa sono correlati bisogni e
desideri.
L’itinerario dell’ascesi che Schopenhauer traccia è simile alle vie indicate dal buddismo per il
superamento della brama. Il buddismo muove dalla constatazione che la vita è dolore e che la
causa del dolore è il desiderio, l’attaccamento alla vita stessa. La strada per uscire dal desiderio
passa attraverso una serie di precetti: castità no alla completa rimozione del desiderio sessuale;
povertà assoluta; non violenza, anche nel senso di accettare le o ese e le umiliazioni; pratica del
digiuno come morti cazione del corpo. Schopenhauer riprende questi aspetti, aggiungendovi
anche l’auto agellazione.
Il punto d’arrivo di ascesi per il buddismo è il Nirvana, il nulla inteso come completa rimozione di
ogni dolore.
Il ne a cui tende la via della nolontà è il raggiungimento del nulla.
Dello stato dell’annullamento della volontà non si può dare alcuna cognizione, anche se di esso
può essere fatta esperienza.
Per spiegarla Schopenhauer fa riferimento alla serenità che traspare dai volti dei personaggi dei
dipinti di Ra aello.
I volti dei santi rappresentano il momento dell’estasi. Momento di alienazione, il santo azzera se
stesso, è come se superasse la dimensione terrena per ascenderne in un’altra, dal nito
all’in nito. Un’assoluta quiete dell’animo pari alla calma del mare, quel profondo riposo. Questo
stato non è comunicabile né generalizzabile. La loso a può solo concludere che esso
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rappresenta il superamento della volontà di vivere dei legami con il mondo. Non vi è una
liberazione totale dalla volontà.

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