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Storia dell’antropologia

Capitolo 1 nascita dell’antropologia


1799 a Parigi nasce la Societe des Observateus de l’Homme per iniziativa di Jauffret che voleva dare
vita ad un piano di ricerca incentrato su uno studio comparato delle società e delle culture. Ma esisteva
già da prima di questo progetto una letteratura riguardante il tema, dove le popolazioni venivano descritte
sulla base di un primo incontro stupefatto. Ci sono però delle eccezioni: opera di La tau—> punto di
incontro tra la tradizione della letteratura di viaggio e quella che aveva le proprie radici nella polemica
ideologica—> lo sguardo sui selvaggi era subordinato a una critica dei valori della società del tempo, il
“nobile e virtuoso selvaggio” di Rousseau era un personaggio metaforico, uno specchio in cui l’europeo e
la società parigina del tempo potevano vedere “raddrizzata” la loro gura a secondo dell’oggetto della
polemica (politica, religiosa). In quest’ottica non ci si era mai soffermati sul selvaggio come oggetti di studio
diverso a autonomo ma sempre come mezzo di confronto.
Costumi dei selvaggi americani: secondo alcuni costituisce la prima opera di etnologia in quanto lo
scrittore adottò un “metodo comparativo” per dimostrare che presso tutti i popoli era presente l’idea di un
essere superiore e, contrastare l’idea dell’ateismo naturale. Ma, partendo da una polemica religiosa fu
concepita solo in quest’ottica.

Per dar vita ad una nuova disciplina bisogna de nire una nuova problematica, che può sorgere in
speci che condizioni generali: anni della prima Repubblica Francese dove c’erano tutti gli elementi che
permettevano di concepire una “scienza avente per oggetto l’uomo” come essere naturale e sociale dotato
di ragione. Sono anche gli anni in cui l’Europa comincia ad affacciarsi sull’Egitto e c’è la spedizione degli
studiosi al segui dell’Armee d’Orient di Napoleone.
Della Societe facevano parte loso , naturalisti, medici, linguisti, storici etc. il cui scopo era quello di
osservare l’umanità nella sua variabilità sica, linguistica, geogra ca e sociale. Osservare:
• proporre un metodo di indagine consistente nell’uscire dall’esperienza più immediata e nota come quella
derivante dalla conoscenza della propria societ
• adottare il principio del confronto con la differenz
La scienza nuova degli osservatori nasceva come ampliamento dell’orizzonte conoscitivo della scienza
dell’uomo necessaria per la costruzione di una società secondo ragione e a misura del cittadino
repubblicano.
Gèrando: in uno scritto illustra i punti programmatici dell’intero progetto, che rimarranno solo teorici, nel
progetto ( loso co) il losofo deve farsi viaggiatore e giungere da quei selvaggi che avrebbero potuto
costituire l’esempio vivente della condizione originaria dei popoli civilizzati. La prospettiva dietro
questo progetto era illuminista: la storia dell’umanità era vista come un’ascesa progressiva, dagli stadi più
bassi e selvaggi alla civiltà. L’osservatorio ebbe vita breve, nel 1805 la società venne sciolta—> gli
osservatori divennero “ideologi” per Napoleone.

L’etnologia rimase silente per buona parte del 19°secolo, a prevalere furono le teorie della
“degenerazione del selvaggio” —> de Maistre: ragione illuminista e idea di progresso come empio atto
di superbia da parte dell’essere umano nei confronti del volere divino. Il selvaggio era visto come
rappresentazione della degradazione umana alla quale l’umanità era condannata dal peccato originale. In
Gran Bretagna troviamo invece Wathely il quale negava il processo autonomo dell’uomo poiché, dal giorno
della creazione, una parte dell’umanità era progredita per grazia divina, l’altra era decaduta. Il
degenerazionismo negava l’idea che l’umanità fosse avanzata, sul piano materiale e spirituale, in virtù
delle proprie forze.

Creazionismo vs evoluzionismo: due opposte interpretazioni della storia naturale quanto della storia
umana. Darwin: 1859 “Origine delle specie” in cui viene evidenziata la natura “animale” dell’essere umano
—> effetto traumatico sulla mentalità del tempo, facendo passare in secondo piano le teorie relative al
progresso umano contro cui si erano scagliati de Maistre e Wathely, poiché l’idea di un’evoluzione sociale
e culturale tutto sommato era accettabile e anche elemento di auto-celebrazione.

Scienza e loso a dell’800: colsero e trasferirono nelle loro teorie la cumulatività visibile degli effetti
materiali generati dal sistema economico in ascesa. Ne scaturì l’immagine di una società in rapido sviluppo
grazie al progresso (dato dalle scoperte scienti che) La scienza rappresentava uno strumento in grado di
assicurare all’umanità un destino di felicità, la sociologia come lo strumento attraverso il quale
comprendere gli effetti del progresso e guidarli. La ducia nel processo materiale e sociale divenne il
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quadro ideologico entro il quale si venne a de nire l’antropologia—> per i primi antropologi il progresso
era un concetto sintetico grazie al quale era possibile comprendere le idee di cumulatività e continuità
culturale. In quest’ottica la storia della società umana nel suo complesso apparve come il risultato
dell’azione di leggi sempre identiche i cui effetti cumulativi avevano generato stadi di sviluppo sempre più
complessi.

19°secolo: uniformismo: teoria di Lyell che consentiva di fornire una spiegazione alternativa al
creazionismo e di leggere, nell’attuale paesaggio terrestre, il risultato “dell’adozione uniforme di cause
uniformi”. Questa ipotesi venne trasferita dagli antropologi nel loro campo di studi e associata con una
precedente teoria del progresso. L’uniformismo permise di fare agli antropologi ciò che in campo
naturalistico aveva permesso di fare a Lyell e Darwin: sottrarre al creazionismo la storia dell’uomo e
naturalizzare i processi che il degenerazionismo attribuivano all’intervento divino.
Lubbock: in “Prehistoric Time” divise l’età della pietra in due periodi, paleolitico e neolitico, ma
quest’opera ha il merito di aver messo in circolo un’altra idea, quella secondo cui la vita dei
primitivi poteva essere paragonata a quella dei “selvaggi” contemporanei. Così gli oggetti
preistorici non vennero più considerati come testimonianze di un tempo antico ma utilizzati come
“misuratori di progresso” in cui era visibile la cumulatività del progresso materiale. Il paragone tra
europei preistorici e selvaggi contemporanei diventa il centro dell’antropologia evoluzionista.
In quest’ottica i selvaggi contemporanei erano visti come uno stadio antico degli attuali europei. È
nell’ambito dell’evoluzionismo positivista che l’antropologia assume le caratteristiche di un sapere
scienti co e autorevole, e successivamente viene riconosciuta come disciplina accademica.
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Capitolo 2 antropologia evoluzionista dell’età vittoriana


La Gran Bretagna della Regina Vittoria (1837-1901) può essere considerata come la culla dell’antropologia
moderna.
Taylor: uno dei fondatori della disciplina. Cultura primitiva è la sua opera più importante nella quale
affronta l’idea di evoluzione culturale e contiene la prima de nizione antropologica di cultura. Da questa
de nizione (p.25) emergono alcune idee importanti:
• La cultura la si trova ovunque, non esistono popoli senza cultura
• La cultura è un “insieme complesso” di elementi (diritto, tecnologia) che possiamo trovare ovunqu
• La cultura è acquisita e non connaturata
• La cultura è acquisita dall’uomo in quanto membro della società, l’uomo acquisisce la cultura in quanto
membro della società e, siccome esistono società diverse ci sono altrettante culture.
Taylor sposta l’uso del termine cultura dal singolo individuo alla collettività, mantenendo però le idee di
crescita e cumulatività—> la cultura appariva quindi come un patrimonio ottenuto cumulativamente.
Cultura come insieme complesso: insiemi scomponibili nei loro elementi costitutivi—> da questo punto di
vista la cultura diviene un concetto chiave per l’antropologia evoluzionista. Perché l’obiettivo era quello di
ricostruire il processo dello sviluppo, andando ad estrarre dalla varie culture un elemento, che risultando
presente in tutte, consentiva di determinare la sequenza dello sviluppo dell’elemento prescelto.
Taylor condivideva con i suoi contemporanei l’idea che i popoli selvaggi fossero i rappresentanti degli stadi
culturali precedenti della storia umana e che lo studio dei loro costumi era utile per comprendere quelli
contemporanei—> studiare la cultura con lo stesso metodo delle scienze naturali.
La religione e la parentela furono temi di ri essione per i primi antropologi. Taylor dedicò gran parte della
propria opera all’animismo: credenza secondo la quale gli oggetti possedevano un’anima, l’animismo
consentiva a Taylor di distinguere la sfera del magico, religioso e mitico da quella scienti ca e razionale.
Egli riteneva che con il passare del tempo l’intelletto umano fosse andato a raf narsi e che la credenza
nell’anima era andata a restringersi no a riguardare soltanto il “cristiano civilizzato”.
Sopravvivenza:concetto importante dell’antropologia evoluzionista. È una qualunque cosa che non si è
originata nella cultura osservata ma che è sopravvissuta all’interno di essa, diventando un “fossile sociale”
e dimostrando che che lo stato di cose osservabili deriva da uno stato culturale precedente.
Metodo comparativo: gli antropologi evoluzionisti avevano come obiettivo quello di tracciare una
sequenza di sviluppo delle istituzioni e delle idee che avevano caratterizzato la storia della cultura. Per fare
ciò bisognava passare attraverso le culture “altre”.
Principio delle possibilità divergenti: gli evoluzionisti ritenevano che non tutti i popoli dovevano seguire
necessariamente la stessa linea di sviluppo, era probabile che giunti ad un punto dell’evoluzioni si
potevano intraprendere percorsi evolutivi diversi cati. Inoltre, Taylor cerca di conferire al suo progetto una
base statistica attraverso l’applicazione del metodo delle “variazioni concomitanti” o “correlazioni
statistiche”. Esempio: couvade

Frazer: ultimo grande esponente dell’evoluzionismo culturale. Nella sua opera “Il ramo d’oro” egli
esponeva la sua ipotesi secondo la quale la magia, la religione e la scienza avrebbero costituito delle tappe
dello sviluppo intellettuale dell’uomo. La magia corrispondeva a una fase dello sviluppo dell’intelletto
umano caratterizzata da confusione e ignoranza, in un secondo momento, alcuni uomini, avrebbero
pensato di accattivarsi il favore delle potenze della natura con la religione e, in ne, altri uomini si
accorsero che gli dei non potevano risolvere i problemi degli uomini, dando vita alla fase dell’osservazione
e comprensione della natura, con la scienza. Va a delineare un percorso più che altro fatto di “sbagli” e
“fatti tenebrosi” e infatti la sua opera non è caratterizzata dallo stesso ottimismo di quelle dei suoi
predecessori—> “ultimo vittoriano” prima di un periodo di “crisi delle certezze”.
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Capitolo 3 origini dell’antropologia americana


Seconda metà ‘800 America: “problema indiano” come sfondo ideologico dell’esordio di L.H. Morgan
Morgan: 1851 “La lega degli Irochesi” —> Morgan grazie all’amicizia con un “pellerossa” potè entrare a
contatto con questo universo sociale sconosciuto—> nel lavoro l’attenzione è focalizzata sul sistema di
relazioni che le 6 nazioni irochesi intrattenevano tra loro. Grazie ad una complessa rete di parentela
ognuno di questi gruppi era in relazione con gli altri. All’interno di ogni nazione c’erano diverse tribù
ciascuna con un nome di animale, e tribù con lo stesso nome erano presenti in ogni nazione, coloro che
appartenevano alla stessa tribù si consideravano fratelli. In questo modo gli Irochesi mantenevano la pace
tra di loro e avevano dato vita ad un ordinamento politico democratico. L’obiettivo di Morgan era quello di
sollevare un problema di interesse nazionale, ovvero il “problema indiano”, risolvendo il quale l’America
avrebbe dato prova della sua superiorità rispetto alle altre democrazie. La lega degli irochesi nasce dunque
dalle preoccupazioni dell’autore riguardo il destino degli indiani.

Negli successivi alla pubblicazione della Lega degli irochesi, Morgan proseguì le sue ricerche presso altri
gruppi di nativi, come i Sioux e gli Ojibwa. Nonostante appartenessero ad un ceppo linguistico diverso
avevano dei termini relativi alle parentele in comune con gli Irochesi, che era molto particolare. Gli
irochesi designavano i parenti in modo diverso rispetto ai “popoli civilizzati” (es. fratello del padre “padre”
etc.).
Negli stessi anni Morgan era interessato alla questione dell’origine dei nativi americani e sosteneva la
tesi secondo la quale gli indiani d’America fossero di origine asiatica. A questo punto Morgan ipotizzò che,
se avesse individuato in Asia un sistema di parentela simile a quello Irochese, questo avrebbe potuto
sostenere la sua tesi, in quanto i sistemi di parentela, a differenza del linguaggio ad esempio, sono meno
soggetti a subire cambiamenti. Le sue ricerche si volsero in due direzioni:
• Raccolta di dati riguardanti i sistemi di parentela delle popolazioni indiane del nord America: ricerche in
prima person
• Raccolta di dati sui sistemi di parentela di popoli extra-americani: questionari spediti dalla Smithsonian
Institution
I dati raccolti dimostrarono una somiglianza nella struttura logica dei sistemi asiatici e americani, che si
differenziavano da quelli che de nì ariani, semitici e uralici.
1871 “Sistemi di consanguineità e di af nità della famiglia umana”: distinzione tra due grandi gruppi di
sistemi di parentela corrispondenti a due modi diversi di designare i parenti consanguine
• Classi catori: i parenti consanguinei non vengono terminologicamente distinti da quelli in linea diretta
• Descrittivi: i parenti in linea collaterale vengono distinti da quelli in linea diretta (popoli europei).
Morgan avanzò un’ipotesi secondo la quale i due distinti sistemi sarebbero stati caratteristici di due distinti
tipi di società, i primi di una società basata sui rapporti di parentela e i secondi di una società basata su
rapporti politici. A questo punto Morgan ripensa la questione anche in ottica evoluzionistica—> Lo
sviluppo, l’evoluzione della famiglia, base della società, viene messo in relazione al processo di
sostituzione della logica classi catoria con quella descrittiva.
Irochesi: “padre” il fratello del padre era per abitudine, una reminiscenza di quando era invece dif cile
sapere chi fosse veramente il padre perché una donna poteva unirsi con più fratelli—> la terminologia di
parentela assume in Morgan il carattere di sopravvivenza. Rimaneva dif cile da spiegare il passaggio dai
sistemi classi catori a quelli descrittivi—> Morgan associa la comparsa della società politica all’emergenza
della proprietà privata e quindi la pone come spiegazione del passaggio sa un sistema all’altro.

1877 “La società antica”: traccia l’evoluzione della cultura e delle società andando ad individuare alcuni
periodi “etnici”. La successione dei periodi era espressa dalla sequenza: selvaggio-barbaro-civilizzato,
con l’aggiunta di 3 sotto-periodi (inferiore, intermedio, superiore) per i primi due. Ciascun periodo era
caratterizzato da invenzioni e scoperte considerate indici del progresso caratteristico di ciascuna fase
storica e quindi elemento espressivo di ognuna di queste fasi.
Queste fasi del “progresso umano” corrispondevano anche all’idea di America come “laboratorio dello
storico”: nella storia dell’America era possibile leggere la storia passata delle epoche storiche dell’umanità.
Quest’opera sarà il bersaglio delle critiche all’antropologia evoluzionista di cui è considerata maggiore
espressione.

Fine ‘800: antropologia americana in rapido sviluppo—> rivista “American Anthropologist”.


Venne istituito anche il sistema delle riserve—> visione delle culture indiane come arcaicità pura.

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Capitolo 4 tra sociologia, loso a ed etnologia: ri essione francese sulle società primitive
Francia: la ri essione sulla vita dei popoli extra europei era subordinata alla sociologia: disciplina
derivante dalla loso a positiva di Comte il quale focalizzava la propria attenzione sul tema della
normatività sociale, ossia l’equilibrio e l’ordine sociale come frutto dell’applicazione di un sapere positivo
che fosse allo stesso tempo elemento di conoscenza e di gestione della società sulla base di criteri di
natura tecnico-scienti ca. Ma il pensiero di Comte non era in grado di spiegare i fenomeni di massa emersi
nella società del 19° secolo francese, in quanto chiaramente dominati da forze irrazionali.
Durkheim: in uenzò la ri essione francese sia in campo sociologico che etno-antropologico.
In “La divisione del lavoro sociale” appaiono i primi interessi etnologici. Parla di coscienza collettiva come
l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una stessa società. Tutte le
società per Durkheim possedevano questa coscienza collettiva e di conseguenza erano comparabili tra di
loro—> la sociologia doveva infatti esaminare il numero più alto possibile di società per giungere alla
conoscenza delle leggi della vita sociale. Durkheim mette in relazione l’intensità con cui si manifestava la
coscienza collettiva e il tipo di solidarietà presente all’interno delle società:
• Solidarietà meccanica: qui la coscienza collettiva guida il singolo individuo, ne determina scelte e
comportamenti, dove la solidarietà meccanica è forte la coscienza collettiva è coestensiva delle
coscienze singol
• Solidarietà organica: qui c’è la tendenza del singolo a differenziarsi dal gruppo, la coscienza collettiva
occupa spazi più ristretti ma non per questo è meno ef cace nel mantenere un’identità sociale comun
Questi due tipi di società sono i due estremi e ci sono poi società in cui i due tipi di solidarietà si
intrecciano, e a volte ne prevale una a volte un’altra.
1912 “Le forme elementari della vita religiosa”: in quest’opera c’è il tentativo di elaborare una teoria
generale della religione e della società attraverso l’individuazione degli elementi che entrano a far parte di
tutti i sistemi religiosi e sociali. In tutte le religioni, da quelle più semplici a quelle più complesse, secondo
Durkheim, deve esserci un certo numero di rappresentazioni fondamentali e di atteggiamenti rituali.
Partendo dal totemismo degli aborigeni australiani: totem (pianta, animale) sotto cui il gruppo si identi ca e
oggetto di culto—> era giunto ad affermare che le rappresentazioni avevano natura collettiva ed erano la
proiezione del gruppo sociale su un piano ideale. Quindi gli esseri umani andavano ad idealizzare la
propria unione, rappresentata da un simbolo oggetto di culto—> ma facendo questo essi
inconsapevolmente adoravano e rispettavano la società stessa. E questo fenomeno era unitario, visibile in
tutte le religioni indipendentemente dalla loro complessità.
Durkheim vuole sottolineare il dominio della dimensione sociale collettiva sul comportamento del singolo
individuo, questo dominio si esprime attraverso l’esercizio di un potere morale che non è altro che il rispetto
che gli individui hanno per la società stessa, e tale rispetto deriva dall’insieme di norme e regole nelle quali
l’individuo si riconosce in quanto appartenente alla società.
Quest’opera è molto importante perché propone una nuova prospettiva di indagine dei fenomeni sociali—>
dopo Durkheim i fenomeni sociali cominciarono ad essere considerati come “fatti sociali” ovvero insiemi di
azioni e di rappresentazioni identi cabili sulla base del potere che essi avevano di esercitare una
costrizione sugli individui, essi erano indipendenti dalla psicologia dell’individuo avevano vita autonoma.

Lévy-Bruhl: 1903 “La morale e la scienza dei costumi”: nasce con l’intento di rispondere a un quesito
loso co “esiste una morale oggettiva?” Per parlare di una morale oggettiva la natura umana dovrebbe
essere sempre e ovunque identica a se stessa. La teoria per Bruhl può solo studiare la morale cercando
di comprendere il diverso signi cato che l’esperienza morale può assumere in contesti sociali differenti e i
diversi sistemi morali che caratterizzano le diverse società. Il suo sguardo è volto alle società primitive
che gli permettono di ri ettere anche in relazione alle forme di pensiero: la mentalità dei primitivi per Bruhl
era “mistica”. Le rappresentazioni collettive erano comuni a tutto il gruppo e si imponevano sui singoli
individui ed erano dei veri e propri “fatti sociali”—> Bruhl si contrappone agli evoluzionisti affermando che
le rappresentazioni che loro vedevano come bizzarre e incomprensibili non erano frutto di ingenuità
intellettuale ma erano frutto di una determinazione sociale da cui gli individui non potevano sfuggire. Bruhl
parla di “impermeabilità all’esperienza”: i primitivi continuavano a praticare la magia, anche senza
vederne i risultati, proprio perché la loro attenzione non era rivolta all’esperienza oggettiva. Inoltre, la
mentalità dei primitivi era pre logica: era volta a cogliere nella loro relazione “partecipativa” le cause dei
fatti, indagando in una direzione differente rispetto a quella dei “civilizzati”—> il concetto di pre logico non
designa una forma di pensiero meno evoluta, ma a-scienti ca, a-critica. Questa rappresentazione del
pensiero cercava di superare le logiche evoluzionistiche. Bruhl inoltre, non avendo esperienza di ricerca sul
campo aveva considerato tutte le società primitive come equivalenti e le aveva contrapposte in blocco a
quelle occidentali, contrapponendo anche la mentalità pre-logica a quella logica—> cercherà di attenuare
questo abisso.
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Capitolo 6 etno-sociologia francese


Mauss: ultimo grande allievo di Durkheim. Tra le varie cose si dedicò allo studio delle “forme primitive di
classi cazione” (con Durkheim): obiettivo era quello di dimostrare che gli esseri umani non raggruppano
spontaneamente gli oggetti e gli esseri animati che fanno parte della loro esperienza ma li raggruppano
avendo in mente la ripartizione degli stessi esseri umani in gruppi sociali. Per dimostrare la loro teoria
presero in considerazione la società degli aborigeni australiani, divisa in classi matrimoniali. Questo tipo di
classi cazione sociale venne considerata come la più semplice in assoluto e da qui cercarono di stabilire
come la classi cazione delle persone, degli animai e delle cose avvenisse secondo criteri omologhi
corrispondenti alla divisione della società in classi matrimoniali. Risultò che la società proiettava il proprio
ordine sul sistema delle rappresentazioni. Per i due studiosi inoltre, ad ogni variazione della società
corrispondeva una variazione dell’ordine del sistema di classi cazione. L’elemento rilevante di questo
lavoro è rappresentato dall’idea di una omologia strutturale tra la dimensione sociale e quella simbolica.

Fatti sociali totali: un esempio di studio su questi fatti sociali totali è quello sulle società eschimesi. Il
fatto sociale totale in questione era la diversa forma di aggregazione che la società assumeva a seconda
delle stagioni. Durante l’estate quando i gruppi erano dispersi a caccia si riducevano le feste, i riti e le
relazioni sociali, per aumentare durante l’inverno, quando i gruppi si riunivano. La vita degli eschimesi
presentava così un’alternanza di fasi di vita sociale caratterizzate dal collettivismo e dall’individualismo.
Questa bipolarità si ripercuoteva anche sul livello simbolico, dove qualunque cosa veniva ad essere de nita
in base al riferimento che essa aveva con uno dei due periodi. Grazie a questo fatto sociale per Mauss si
potevano spiegare altri elementi della vita sociale, perché appunto era un fatto sociale totale.

Si occupa poi di un altro fatto sociale totale ovvero il dono partendo dai lavori di Boas e Malinowski. Questi
valori avevano dimostrato l’esistenza di fenomeni di scambio e di circolazione dei beni materiali che per
Mauss erano esempi di fatti sociali totali. Questi fenomeni erano al centro di altri aspetti della vita di queste
popolazioni e si basavano sulla reciprocità: principio basato sulla presenza di 3 regole—> dare, ricevere
e ricambiare. Mauss riconduce questo principio ad una “qualità” intrinseca agli oggetti scambiati, che li
assimilava alla persona che li aveva posseduti e che continuava a permeare l’oggetto anche una volta
passato a qualcun altro—> se lo scambio si fosse interrotto, la “qualità” presente nell’oggetto si sarebbe
potuta vendicare sul trasgressore, in quanto “forza magica” di colui che l’aveva ceduta. Mauss era stato
in uenzato in questa interpretazione dalla teoria dello hau dei Maori: è lo spirito della cosa donata, ciò che
pone colui che ha ricevuto il dono in una posizione di debito nei confronti di chi lo ha donato e lo obbliga a
ricambiare per mantenere inalterato l’equilibrio dell’atto del donare. Il principio della reciprocità valeva tanto
per gli individui quanto per i gruppi coinvolti nello scambio.

—> Ripreso e criticato da Levi-Straus


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Capitolo 7 sviluppi dell’etnogra a agli inizi del ‘900


Antropologia dell’800 era stata caratterizzata dalla separazione tra antropologi ed etnogra , ovvero tra
coloro che elaboravano teorie e coloro che raccoglievano i dati sul campo. Spesso i dati erano raccolti
tramite questionari che presentavano diversi limiti. Però ci sono alcune eccezioni di persone a cui venne
chiesto di raccogliere dati che divennero delle vere e proprie autorità
Fison e Howitt: svolsero un lavoro fondamentale per la conoscenza delle comunità australiane, ritenute
molto importanti dagli etnologi in quanto ritenute “comunità più semplici” al mondo.
Spencer e Gillen: il loro lavoro fu ed è tutt’oggi una risorsa importantissima. Riuscirono ad entrare in
contatto con gli aborigeni e a partecipare e a fotografe alcune delle loro cerimonie. È sui loro lavori che
studiosi come Durkheim e Mauss elaborarono le loro teorie.
Fine 19°secolo: la ricerca etnogra ca riceve un grande impulso—> 1892 realizzazione del progetto dell'
Ethnographic survey of the United Kingdom, che mirava alla raccolta di dati sico-antropologici, etnologici,
archeologici e folkloristici di tutte le Isole Britanniche. Più tardi nacque l’Imperial Gazetteer of India in cui
amministratori ed etnogra raccolsero molti dati relativi alle popolazioni delle varie province.
Queste grandi survey etnogra che erano frutto della collaborazione della disciplina antropologica e
l'amministrazione coloniale.

L’etnogra a cominciò a radicarsi nelle università britanniche e a dare un forte impulso furono i ricercatori
con una formazione scienti ca, tra cui Haddon grazie al quale si costituì la spedizione dello stretto di
Torres che costituisce una pietra miliare dell’antropologia. A questa spedizione ne seguirono altre e da
queste emerse una nuova gura di etnografo: erano studiosi che dopo una preparazione di tipo teorico si
recavano sul campo per raccogliere informazioni dai nativi. A cambiare inoltre fu anche il metodo di
indagine, tanto che dalla survey si passò alla monogra a etnogra ca: prendeva in considerazione diversi
aspetti della vita del gruppo studiato e inoltre, i gruppi cominciarono ad essere presi in considerazione nella
loro unicità e diversità rispetto agli altri e non in relazione ad essi.
Gli antropologi avevano molti concorrenti tra cui i missionari: avevano intrapreso un’impresa di
conversione delle popolazioni primitive in ogni angolo del pianeta. Tra questi missionari ve ne erano alcuni
che erano stati in grado di guardare con interesse scienti co le diverse popolazioni e, grazie ai loro lunghi
soggiorni, avevano raggiunto un grado di conoscenza approfondita delle popolazioni.
Esempio: Codrington in Melanesia.
Gli antropologi erano gure diverse: erano legati ad ambiti accademici e laici, non avevano interesse a
modi care le credenze delle popolazioni, anzi per loro i primitivi andavano protetti dalla cultura occidentale.
Dovettero quindi adottare un metodo che gli permettesse di bilanciare la quantità dei dati dei missionari, da
un punto di vista qualitativo e soprattutto dal punto di vista del metodo di indagine che doveva rendere
l’etnogra a una disciplina al pari delle altre scienze.

Nell’area di lingua tedesca prevaleva, anche in etnologia, la dimensione storica—> ultimi anni ‘800 nasce
la teoria dei cicli culturali: la storia era vista come processo di sviluppo inerente alle singole culture, alla
dimensione storica si aggiunse quella geogra co-etnologica, in base alla quale era possibile ipotizzare che
se alcuni aspetti culturali mostravano similitudini e ricorrenze da una parte all’altra della terra, questo era
possibile grazie alla diffusione. Secondo questa prospettiva le similitudini culturali riscontrabili tra popoli
geogra camente distanti era possibile grazie alla diffusione culturale. Gli studiosi che aderirono a questa
prospettiva concentrarono i loro studi su oggetti materiali, andando a elaborare la teoria della diffusione di
quelli che chiamarono “cicli culturali” o “strati”: insieme di elementi di cui era possibile veri care la
compresenza in una determinata area del pianeta. Ogni ciclo, era espressione di una fase della storia
culturale di un popolo, gli elementi di un ciclo erano quelli che si erano successivamente sovrapposti ad
altri precedenti—> etnologia doveva ricostruire questi cicli individuandone le strati cazioni successive.
Graebner: voleva individuare, all’interno di un’area determinata, tratti culturali riconducibili ai rispettivi
“cicli”. Limite della teoria: i cicli erano costituiti da tratti molto eterogenei che venivano collegati tra loro in
maniera arbitraria (es. complesso totemico). Egli riteneva che in etnologia lo scopo degli studi storici fosse
quello di accertare la migrazione e la diffusione dei cicli, quindi l'in uenza di una cultura su un’altra. Ma
spesso il diffusionismo si caratterizzò invece per la tendenza a eludere l’elemento delle continuità
geogra ca e favorì piuttosto ricostruzioni su spostamenti di cicli naturali su scala planetaria.

Schmidt: per il missionario lo sviluppo culturale avrebbe preso avvio da due forme culturali primitive di
base, una caratterizzata dal culto della madre-terra, e una dal culto del padre-cielo—> ricostruzione
dell’origine e dello sviluppo delle idee religiose e dell’idea di Dio—> con la sua teoria sull’origine dell’idea
di Dio andò ad accentuare il lato degenerazionista del diffusionismo. In tutti i popoli primitivi c’era un’idea
delle divinità che però era andata persa ed il compito dei missionari era quella di ricondurvi i primitivi
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Capitolo 8 antropologia negli Stati Uniti e scuola di Boas


Boas: gura importantissima dell’antropologia americana, egli concepiva il suo lavoro sul campo come
studio di singole aree culturali o di aree culturali particolari—> basi del particolarismo. Con Boas abbiamo
una rifondazione dell’antropologia americana e nelle sue opere ci sono gli elementi che avrebbero
caratterizzato l’antropologia della prima metà del ‘900. Egli inoltre si batte contro il razzismo.
“I limiti del metodo comparativo dell’antropologia”: in quest’opera assistiamo a una rottura con
l’evoluzionismo: tratti simili presso popoli distanti erano dovuti a cause superiori—> per dimostrare la
fragilità teorica del ragionamento evoluzionista Boas propone una serie di esempi relativi sia alla possibile
origine differente quanto al diverso signi cato che fenomeni simili avevano in contesti culturali diversi. Tra
questi: totem e clan—> scissione di tribù in segmenti meno ampi.
In questo testo Boas enuncia anche i principi generali del metodo storico: obiettivo dell’etnologia era
quello di conoscere le cause storiche che avevano determinato i tratti culturali di una certa popolazione
—> per raggiungere questo scopo l’indagine doveva essere circoscritta ai costumi nella loro relazione con
la cultura complessiva della tribù e anche in relazione alla loro distribuzione geogra ca tra le tribù limitrofe.
Con questo metodo si sarebbero potute individuare le cause storiche che avevano portato alla formazione
dei costumi—> metodo storico o particolarismo storico il cui oggetto era rappresentato dallo studio e
dalla conoscenza delle singole culture.
(In uenzato dal dibattito loso co tedesco con divisione scienze naturali e scienze dello spirito

1894-1895 ricerca presso i Kwakiult con la collaborazione dell’ informatore indiano Hunt. L’attenzione si
concentrò soprattutto sull’istituzione del potlatch: rituali di ostentazione che prevedevano la distruzione di
un gran numero di beni considerati “di prestigio”e privi di un valore d’uso corrente. Attraverso il potlatch gli
individui dello stesso status sociale si s davano in una gara distruttiva allo scopo di affermare
pubblicamente il proprio rango, abbassare quello dei rivali o recuperarlo. Attraverso questo processo
distruttivo si eliminavano quei beni che avrebbero potuto provocare un’alterazione del sistema, della
struttura sociale che era fortemente strati cata. L’analisi del potlatch di Boas faceva uso del linguaggio
dell’economia di mercato in un contesto che non aveva nulla a che vedere con una situazione del genere.
L’ideologia economico-etnocentrica di Boas, da un lato si manifestava tramite l’impiego di termini
dell’economia di mercato e, dall’altro, il potlatch veniva spiegato in termini di sole attitudini psicologiche
Per Boas lo studio dei processi psicologici doveva emergere come linea di ricerca alternativa nei
confronti della tradizione evoluzionistica. I processi psicologici (rappresentazioni che gli agenti di una
data cultura si facevano della propria esistenza sociale) divenivano la realtà oggettiva delle vita sociale
stessa, quindi la bontà di una ricerca etnogra ca stava nella fedeltà con cui l’etnologo sapeva cogliere la
realtà sociale nella rappresentazione che di essa si facevano i membri della popolazione studiata

Kroeber: allievo di Boas, egli critica la prospettiva causale nella spiegazione dei fenomeni culturali.
Critica ad esempio le teorie del mito basate su questo tipo di spiegazione—> per Kroeber i miti si
con guravano come aggregati di una serie di tendenze indistinguibili le quali si compenetravano dando
origine al mito. Quello che per queste teorie rappresenta la causa originaria, per Kroeber è una tendenza
parziale—> dalle varie tendenze si costituiscono i miti che possono essere compresi nella loro complessa
individualità solo nella misura di cui se ne conoscono le relazioni con il resto dell’unità della vita.
1909 “Sistemi classi catori di relazioni” : critica le posizioni di Morgan relative ai sistemi di parentela
partendo da un modo diverso di concepire la natura dei rapporti sociali—> per Kroeber ri ettevano la
“psicologia”, veicolata dal linguaggio, dei soggetti culturali, ovvero il “modo di sentire” tipico di una cultura
nei confronti dei propri parenti. Le terminologie di parentela non potevano essere associate solo alle
relazioni sociali ma possono essere associate anche a domini semantici diversi da quello parentale.
8 principi che regolano i sistemi terminologici. Adottare questo approccio signi cava perdere di vista
quanto ipotizzato da Morgan, ovvero che attraverso le terminologie di parentela.

Boas contro il razzismo: il razzismo consisteva nel voler collegare natura (razza) e cultura, attribuendo alla
prima un ruolo dominante nei confronti della seconda. Boas sosteneva che la prima e la seconda erano
due cose ben distinte. Inoltre egli contrastava anche l’orientamento del "darwinismo sociale” sviluppatosi
in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, secondo cui le leggi che regolavano la selezione naturale erano le
stesse che regolavano la selezione sociale. Da Boas in poi nell’antropologia natura e cultura resteranno
separati. Cultura: qualcosa che compariva quando l’evoluzione biologica si era compita, i fenomeni
culturali erano uno strato sovrapposto e non riducibile a quello organico
Natura: sovrapposta al piano individuale, qualcosa di esterno agli individui che la vivono in modo passiv
Kroeber 1917 “Il superorganico”: la tesi centrale era che l’ordine dei fenomeni culturali è di natura
superorganica, ovvero irriducibile all’ordine dei fenomeni biologici. Questi fenomeni sono spiegabili solo
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sulla base di altri fenomeni culturali. Kroeber si pone in una posizione diversa rispetto a Boas, perché viene
portata alle estreme conseguenze l’autonomia culturale.

Ambienti antropologici statunitensi: approccio di ricerca incentrato sulla distribuzione geogra ca delle
culture indiane, la loro organizzazione e i loro rapporti. Nasce la nozione di area culturale: area geogra ca
entro la quale erano presenti determinati tratti e le culture venivano considerate come somma
complessiva dei loro tratti componenti. Il problema diventa quello di determinare la distribuzione dei tratti
culturali, che viene pensata come conseguenza di processi di diffusione.
Attività museogra ca in uì sulla teoria della distribuzione dei tratti culturali, in particolar modo
l’esposizione dei reperti, non seguiva più l’idea dell’evoluzionismo ma l’obiettivo era quello di rendere
intellegibili al pubblico le somiglianze e le differenze tra reperti provenienti da luoghi diversi.
Piano teorico: problema—> spiegare la distribuzione irregolare di tratti culturali presso gruppi distanti
ma che possiedono un nucleo di elementi comuni tali da farci pensare che possano appartenere alla stessa
cultura = tratti come qualcosa che poteva migrare, alcuni venivano accolti e altri respinti.
Wissler: 1915-1925 elabora la teoria delle aree culturali come ambiti di diffusione di tratti simili a partire da
un centro di irradiazione—> centro culturale: qui sono presenti tutti i tratti i quali poi sono irregolarmente
distribuiti nel resto dell’area diventando sempre più “radi” man mano che ci si allontana dal centro.
Introduce anche la nozione di area cronologica: i tratti che si trovavano più lontani dal centro dovevano
essere i più antichi e quindi appartenere al nucleo originario
Sapir: a proposito della diffusione fece osservare come i tratti culturali non si diffondano in modo uniforme
in tutte le direzioni e nemmeno con ritmi identici, per cui è dif cile stabilirne anteriorità e posteriorità
Critica alla teoria degli strati: de niti come mera somma di tratti di natura dissipat

La teoria diffusionista si propose di rendere conto della de nizione e distribuzione delle aree culturali
indiane e del continente nord-americano, imponendosi dei limiti.

Capitolo 9 rivoluzione etnogra ca in Gran Bretagna


Fine 19° inizio 20°: declino delle teorie evoluzioniste e progressi quantitativi e qualitativi in campo
etnogra co, con sviluppi più signi cativi in Gran Bretagna
Rivers: partecipa alla spedizione dello stretto di Torres, svolgendo delle ricerche comparate sulle facoltà
percettive dei nativi e quelle degli studenti di Cambridge concludendo che non vi erano delle differenze e
quindi parlando di una unità sico-psichica del genere umano. Si concentrò poi sulle terminologie di
parentela: ribadisce il carattere sociologicamente signi cativo dei sistemi terminologici di parentela.
Metodo genealogico: era un sistema ef cace di raccolta dei dati relativi alle organizzazioni dei popoli
“selvaggi”. Questo metodo era estremamente semplice (chiedere come ci si riferiva ai parenti prossimi e
più lontani) ed ef cace per tracciare un quadro delle relazioni sociali vigenti in una comunità. Inoltre,
poteva essere compreso sia dal ricercatore che dal nativo e quindi favoriva la comprensione reciproca e
l’individuazione di temi di comune interesse.
Alcuni lavori di metodologia di Rivers costituiscono le basi per la “grande rivoluzione etnogra ca”—> ad
esempio in alcune sue affermazioni si può cogliere la prospettiva che caratterizzerà l’antropologia dei
decenni successivi: prospettiva olistica.

La prospettiva diffusionista non ebbe in G.B. lo stesso consenso che aveva nei paesi di lingua tedesca.
Iperdiffusionismo: primi anni ‘900—> Smith e Perry ne furono i principali esponenti: le loro teorie
postulavano un unico centro di cultura, l’Egitto—> da qui la cultura si sarebbe diffusa nel resto del mondo.
I tratti culturali poi sarebbero andati incontro ad una degenerazione man mano che si allontanava dal
centro—> esempio a supporto furono gli esami sulla distribuzione geogra ca della mummi cazione e
della presenza di costruzioni piramidali e del culto solare. “Children of the sun” di Perry—> successo di
questa prospettiva in Gran Bretagna. Tuttavia, il diffusionismo qui non ebbe una vera e propria in uenza il
campo accademico e i suoi esponenti rimasero al di fuori degli ambienti universitari.

Malinowski: a lungo lo studioso fu oggetto di una sorta di culto in quanto antropologo sul campo che, in
base a delle misteriose qualità, riusciva a cogliere dall’interno la vita delle popolazioni studiate. Egli in effetti
ha introdotto la tecnica di inchiesta dell’osservazione partecipante che consisteva nel prendere parte il
più possibile alla vita degli indigeni per cogliere il loro punto di vista. Ma, dai suoi diari segreti, pubblicati
anni dopo la sua morte, Malinowski non risultò essere l’individuo mimetico che si credeva capace di
adattarsi a qualunque situazione estranea di cultura. Dai suoi diari emerge in realtà un problema
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metodologico riguardante il come e il quanto l’antropologo sia davvero in grado di cogliere il punto di vista
dell’indigeno. In quale misura le interpretazioni di coloro che costituiscono l’oggetto di studio
dell’antropologia contribuiscono a determinare le interpretazioni stesse degli antropologi

1922 “Argonauti del Paci co occidentale”: popolazioni delle isole Trobriand—> il libro partiva da un
aspetto particolare della vita del popolo per poi aprirsi sugli altri. Questo aspetto era una forma di scambio,
il kula: tra le isole abitate dai gruppi che participavano allo scambio, circolavano due tipi di oggetti, collane
di conchiglie rosse (soulawa) e braccialetti di conchiglie bianche (mwali), le prime circolavano solo in
senso orario, le seconde in senso contrario. Questo perché questi oggetti potevano essere esclusivamente
scambiati tra di loro. Gli oggetti circolavano in continuazione e restavano nelle mani dei possessori per
poco tempo, inoltre i preparativi per la partenza e gli scambi erano preceduti da riti e pratiche magiche.
Sfere di scambio: ambiti non comunicanti tra loro entro i quali circolavano oggetti diversi.
Osservazione partecipante: effetti sul piano teorico—> nuova concezione della cultura come insieme di
fenomeni complessi e correlati tra loro e una nuova prospettiva da cui guardare l’oggetto di studio—>
olistica. Così inteso l’oggetto di studio risultava costituito da parti tra loro correlate in senso funzionale.
In tutte le sue opere iniziali è presente quest’idea di funzionalità dell’elemento singolo per il mantenimento
della totalità. Malinowski voleva far apparire sotto nuova luce i primitivi, dimostrando che questi erano in
grado di avere un comportamento dotato di ragionevolezza. Infatti lo scambio kula serviva a mantenere e
rafforzare i rapporti tra gli individui e i gruppi.
Malinowski attribuisce al kula anche un signi cato economico per smontare l’idea del “comunismo
primitivo” e del selvaggio come “homo aeconomicus”.
Principio di reciprocità: le operazioni connesse al kula si presentavo come nalizzate a promuovere la
solidarietà e l’organicità della società, allo stesso modo gli altri momenti della vita sociale era atti as
esprimere un complesso di precisi diritti e doveri di una persona nei confronti di un’altra o di un gruppo.
“Diritto e costume nella società primitiva”: affrontava questa questione della reciprocità, che a partire dal
kula era rappresentativo di tutta la società trobriandese. Il principio di reciprocità viene presentato da
Malinowski come un principio d’ordine non codi cato che svolgeva una funzione strutturante sull’agire
sociale.

1913 “La famiglia tra gli aborigeni australiani”: qui Malinowski confuta l’ipotesi della promiscuità originaria
e dimostrò che anche gli episodi di licenza sessuale che avevano luogo durante alcune cerimonie
accadevano sempre secondo regole precise che non contemplavano l’accoppiamento indiscriminato.
1917 “Sesso e repressione tra i selvaggi”: presenta la famiglia come luogo sia della riproduzione biologica
che culturale—> l’incesto era bandito in quanto disgregatore della famiglia e dei rapporti che si
instauravano all’interno di essa. Nell’ottica di Malinowski la proibizione dell’incesto era la risposta alla
disgregazione sociale che avrebbe causato e l’esogamia era un mezzo per risolvere ef cacemente la
proibizione stessa.

In “Una teoria scienti ca della cultura” e “La teoria funzionale” viene prodotta un’immagine ordinata e
scienti ca del metodo e dell’oggetto dell’antropologia.
Funzionalismo ristretto: concezione delle società e delle culture come complessi integrat
Funzionalismo allargato: cultura come apparato strumentale, cioè comprensivo di una serie di rispost
Analisi funzionale della cultura tende a coincidere con una formulazione delle relazioni tra i bisogni
fondamentali e le risposte culturali sollecitate da questi bisogni che a loro volta potrebbero dar vita ad
altri bisogni—> bisogni secondari

Teoria della magia: la magia per Malinowski non è anteriore alla religione, è una risposta emotiva a una
situazione non controllabile, è un processo che afferma il potere autonomo dell’uomo di creare ni
desiderati. Con Malinowski cade la necessità di stabilire una continuità tra magia e religione, che sono
diverse nei ni (magia: rassicurazione di fronte all’incertezza dell’esistenza, religione: rassicurazione
riguardo la ne

Teoria del cambiamento culturale: messa a punto in seguito ad un soggiorno in Africa australe, dove il
contatto tra bianchi e neri era problematico. Egli pone l’attenzione sulle novità dell’entità culturale che si
generava dall’incontro delle due culture: una terza cultura si af ancava alle altre due.
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Capitolo 10 antropologia psicoanalitica


Roheim: freudiano ortodosso cerca di interpretare la cultura come “nevrosi collettiva”.
1934 “L’enigma della S nge”: tenta di dimostrare come le culture primitive potessero essere considerate
elaborazioni di risposta ai pericoli generati dai con itti psichici non risolti tipici dell’età infantile.
1943 “Origine e funzione della cultura”: idea secondo la quale la cultura sarebbe un edi cio costruito per
realizzare, in forme traslate, le fantasie della nostra infanzia.
Sublimazione: è ciò che consente di edi care la cultura, non solo delle istituzioni ma anche di quelle sfere
di attività che sono connesse alla produzione di beni materiali, le credenze magiche, la religione. Quindi da
un lato la sublimazione è un meccanismo elaborato per realizzare i sogni infantili e dall’altro permette di
realizzarli in maniera tale da non soddisfarli direttamente, pena la solitudine dell’individuo.

Capitolo 11 gli studi etnologici in Italia tra le due guerre


Italia: nel periodo successivo alla 1° guerra mondiale si affermò la tradizione diffusionista.
Carlo Conti-Rossini e Cerulli: lavoro etnologico di rilievo con i loro studi in Africa ed Etiopia,
concepirono lo studio delle culture extraeuropee come entità storiche, aprendosi alla prospettiva storico-
culturale. I loro studi (1920-1930) furono più delle survey.
1940 Vinigi Grottanelli: monogra a “I Mao” dove venne fatta una ricostruzione accurata della cultura
materiale, spirituale e dell’organizzazione familiare di questi gruppi.
Il fascismo è stato un elemento frenante per lo sviluppo etnologico in Italia—> asservimento dell’etnologia
alle tesi fasciste sulla superiorità della civiltà romano-latina e al loro diritto di “civilizzare” le popolazioni
“inferiori”. E la legislazione a cui l’Italia sottopose le sue colonie fu una prova delle leggi razziali varate nel
1938: 8°Convegno Volta—> dalle relazioni degli italiani, che oscillavano tra l’aperto razzismo e
l’atteggiamento paternalistico, emerse una situazione desolante che rispecchiava l’asservimento
all’ideologia fascista. Questo convegno segnò un punto di arresto e di arretramento degli studi etno-
antropolgici italiani. Unica eccezione fu quella di Raffaele Pettazzoni in quale si attenne alla pura
discussione teorica cercando una mediazione tra diffusionismo e funzionalismo. Opera più importante
“Onniscenza di Dio” dove fa uno studio comparativo sulla concezione che tutti i popoli hanno di un “essere
supremo”.
Manifesto della razza: base ideologico-giuridica della politica razziale fascista condotta contro gli italiani
con ascendenze ebraiche e altre minoranze. Fu la tradizione demologia che si trovò assegnato il compito di
rilanciare in Italia questo campo di studi.

Ernesto de Martino: si dissociò dal fascismo italiano e fu seguace di Benedetto Croce, divenuto punto
di riferimento per tutti gli intellettuali ostili nei confronti della dittatura.
“Naturalismo e storicismo nell’etnologia”: critica nei confronti del “naturalismo”—> orientamento della
scuola francese di ispirazione Durkheimiana, quella storica-culturale e anche la prospettiva funzionalista.
Quello che De Martino gli rimproverava era un atteggiamento di riduzione dei fenomeni culturali tipici dei
popoli primitivi a oggetti indagati con metodi incapaci di restituire la dimensione storica di queste
esperienze. De Martino, come Croce, pensava che non fosse possibile ridurre l’esperienza umana a
un’indagine di tipo scienti co. In Naturalismo e storicismo però de Martino si allontana da Croce con il suo
progetto di dedicarsi all’universo culturale delle plebi dei mezzogiorno. Egli voleva ricondurre la storia dei
popoli lontani nel lone della storia dello spirito come la intendeva Croce, ovvero conseguenza della
progressione dello spirito verso livelli superiori.
1930 Scuola di Milano: alternativa loso ca a quella di Croce e Gentile—> “ loso a della cultura” di
Antonio Ban —> l’idea centrale era quella della razionalità come esigenza di comprendere campi del
sapere molto diversi tra loro, senza giungere mai a posizioni de nitive. Si aprì un dibattito su una rivista
(Studi loso ci) tra Cantoni (allievo di Ban ) e de Martino, il secondo rimproverava al primo di ostentare
un “olimpico distacco” da quello che per lui era l’oggetto del conoscere.
De Martino cercava di aprire lo storicismo all’etnologia senza però mettere in discussione l’impianto
loso co della prospettiva storicistica. Le sue posizione crociane lo in uenzarono anche nella concezione
del mondo primitivo. De Martino inoltre, non accettava la contemporaneità del pensiero mitico e di quello
razionale, era incline a ricostruire la sequenza rettilinea del processo grazie al quale “dai maghi che
eravamo siamo diventati ciò che siamo”. Negli anni del dopoguerra iniziò una ri essione etnologica
sostenuta dalle ricerche etnogra che da lui condotte nell'Italia meridionale, etnologia italiana extraeuropea
in forte crisi.
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Capitolo 13 USA 1930-1950 l’individuo nella sua società


A partire dagli anni ’20 del ‘900 l’antropologia si interroga su rapporti tra individuo e cultura dal punto di
vista psicologico.
Ruth Benedict: fu in uenzata dalla prospettiva del con gurazionismo: ogni cultura è il prodotto
dell’interazione tra più modelli culturali o con gurazioni. Criticò quegli antropologi che si erano interessati
allo studio dei tratti culturali facendo notare che: il signi cato di un elemento culturale poteva variare a
seconda che fossero presenti, nella stessa area, altri tratti. La cultura appariva come una con gurazione al
cui interno gli elementi interagiscono l’uno con l’altro producendo modelli signi canti.
1923 “Il concetto dello spirito guardiano”: si concentrava sulla trasmissione e modi cazione di un tratto
culturale speci co, ovvero quello dello spirito guardiano diffuso in molte culture native del Nordamerica.
Osservando la distribuzione di questa credenza in relazione ad altri tratti si rese conto che questa
assumeva una sfumatura psicologica diversa da una società all’altra. Ogni società esprimeva una propria
modellizzazione. Ogni tratto entrava a far parte di un modello, la funzione del modello era quella di
integrare gli svariati tratti dopo averli selezionati.
1934 “Modelli di cultura”: viene sviluppata l’idea secondo cui la modellizzazione operata all’interno di ogni
società, sugli elementi della cultura, produceva un modello culturale “medio” che la Benedict riuscì a
de nire grazie all’utilizzazione di nozioni di tipo psicologico.
Si avvicina al funzionalismo quando parla di cultura come complesso integrato, ma se ne distanzia nel
modo di concepire l’integrazione: produrre un modello culturale ri esso nel carattere e nel comportamento
sociale dell’individuo. Il comportamento tende ad essere integrato, e per integrazione intendiamo che una
cultura, come un individuo è un insieme più o meno coerente di pensieri e azioni e in ogni cultura si
delineano scopi caratteristici che possono essere soltanto suoi.

Bateson: allievo dei migliori antropologi britannici del tempo. A partire dal 1927 svolse delle ricerche sul
campo in Melanesia e in Nuova Guinea (1932). Egli andò ad analizzare la cerimonia del Naven
analizzandone tutte le implicazioni psicologiche, economiche, politiche, magico-religiose. Si trattava di un
rituale di travestimento che veniva celebrato quando un giovane compiva per la prima volta un’azione
positiva per la società. In questa occasione gli uomini si travestivano da nonne e ne parodizzavano la
“debolezza emotiva” e le donne si travestivano da uomini per assumere un comportamento di erezza.
Importante era il ruolo del “wau” ovvero il fratello della madre del ragazzo. Questo comportamento viene
spiegato con la necessità di assumere i segni di un’identità diversa.
Ethos: tono emotivo socialmente approvato del proprio sess
Eidos: ideale della società locale del determinato comportamento che dovevano assumere gli individui
l’unione di questi livelli era ciò che formava la realtà complessa di una cultura e che egli chiama
con gurazione sulla scia di Benedict.
Schismogenesi: queste dinamiche producono comportamenti divergenti e, partendo dal caso degli iatmul,
allargò questa nozione dagli individui ai gruppi. Tutte le società però, come degli individui, hanno dei
meccanismi grazie ai quali è possibile bloccare o contenere il processo di schismogenesi e raggiungere un
equilibrio dinamico che per Bateson consisteva in un aggiustamento reciproco del piano dell’ethos e
dell’eidos.

Kardiner e Linton: il primo psicanalista, il secondo etnografo in Polinesia e Madagascar—>


collaborarono per de nire il concetto di personalità di base: è una risultante psicologica media all’interno
di una cultura. È una struttura alla cui formazione concorrono le istituzioni primarie (plasmare la
personalità degli individui) e le istituzioni secondarie (elementi culturali elaborati dalla società allo scopo
di attenuare le tensioni derivanti dalle istituzioni primarie sulla psiche individuale, sono la religione, i riti, le
leggende, i tabù). Proiezione: l’individuo elabora, nel corso dell’infanzia, un’immagine delle gure parentali
le quali sono oggetto della sua affettività e le proietta successivamente sul quadro delle istituzioni
secondarie.
“L’individuo e la sua società”: si alternano parti etnogra che e parti teoriche, da quelle etnogra che di
Linton emerge che la teoria della personalità di base che assume il carattere di costrutto ipotetico: non
era elaborato a partire dai casi etnogra ci osservati.

Margaret Mead: con lei ci fu la prima uscita dell'antropologia statunitense dal continente americano,
allieva di Boas. Compì le prime ricerche nelle isole Samoa (Polinesia). Contesto storico americano nel
dopoguerra: crescita della delinquenza comune e giovanile, emarginazione sociale, alcolismo—> produrrà
problema centrale della scienza sociale americana—> adattamento dell'individuo a valori espressi dalla
società in cui vive, come risposta a effetti negativi di una società di tipo produttivistico e concorrenziale
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1928 “Adolescenza a Samoa”: si concentrava sull’adolescenza della donna samoana, venivano analizzati
sia il contesto sociale che l’educazione che gli veniva data in questo periodo considerato come decisivo
negli Stati Uniti. Questo studio mostrava come l'adolescenza in una società "primitiva" fosse una fase di
vita meno esposta a traumi di quanto non fosse nella società occidentale. 2 fattori importanti all'origine di
questa differenza:
• mancanza di "messaggi" concorrenziali e produttivistici della cultura sull’individuo
• carattere “monodimensionale”, privo di alternative rilevanti, nelle scelte che si presentano al giovane.
Lo scopo di tale studio era dimostrare come a valori culturali diversi corrispondessero modelli educativi
differenti, e come questi dessero luogo alla formazione di personalità diversamente orientate
In altri scritti la Mead affronta argomenti già trattati come lo studio delle relazioni esistenti tra modelli
culturali, i processi di apprendimento e la personalità, e va alla ricerca di un “tipo normale”: la personalità
media meglio adattata tra gli individui di sesso maschile e femminile in società diverse. Giunge a delle
conclusioni innovative—> idea centrale è che i tratti del carattere maschile e femminile erano determinati
dalla cultura—>ogni cultura produce un “tipo” come risposta adattiva individuale. La Mead ha inaugurato lo
studio delle differenze di genere in antropologia. Sia la Mead che la Benedict hanno svolto un ruolo
importante nell’antropologia americana—> diffondere l’antropologia presso il pubblico statunitense
ponendolo di fronte all’evidenza che esistevano da altre parti culture diverse ma non per questo inferiori di
quella occidentale.
Relativismo culturale: idea secondo la quale un’azione o un valore per essere compresi devono essere
considerati all’interno del contesto complessivo entro cui si collocano. Il relativismo mira a comprendere e
non “giusti care”, mira a collocare le cose al posto giusto.
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Capitolo 14 funzionalismo strutturale


Radcliffe-Brown: allievo di Malinowski divenne molto in uente nell’antropologia britannica. Egli è
considerato come il principale promotore della prospettiva che poneva l’accento sulla struttura sociale
come entità funzionalmente integrata.
1922 “Gli isolani delle Andamane”: in uenzato da Durkheim cerca di de nire nel libro la funziona sociale dei
fenomeni mitico-religiosi.
Cercò di de nire un oggetto teorico speci co dell’antropologia e distinto da quello degli altri saperi—>
studio dei fenomeni sociali.
Metodo: individuazione di meccanismi che operano nella società per farla funzionare e poi loro
comparazione e formulazione di leggi generalmente valide. Dopo avere de nito oggetto e metodo
Radcliffe-Brown fa una distinzione tra antropologia ed etnologia—> de nisce antropologia sociale lo
studio dei popoli primitivi—> questi potevano essere indagati tramite un metodo induttivo tipico delle
scienza naturali—> antropologia sociale come scienza naturale della società.
Struttura sociale: centrale nell’antropologia di RB ed intesa come la trama dei rapporti sociali
concretamente esistenti tra gli individui. Questo concetto deve essere considerato in relazione anche al
concetto di: processo sociale (moltitudine di azioni degli esseri umani e le loro interazioni congiunte) e di
funzione sociale (rapporto tra la struttura e il processo vitale). Alla base di questa immagine di struttura
sociale c’è l’analogia biologica con l’organismo vivente—> metafora adottata con lo scopo di pensare il
piano sociale come una “struttura organica” che dipende dai fenomeni che garantiscono l’insieme dei
processi vitali.
Il funzionalismo di RB ha un ruolo simile a quello del funzionalismo ristretto di Malinowski ovvero
contribuire al mantenimento del complesso socio-culturale. Il cambiamento quindi non era contemplato
nella struttura pensata da RB. La struttura rimaneva identica e cambiavano i contenuti—> rimpiazzo
degli elementi della struttura. Egli era interessato alla continuità strutturale poiché rendeva possibile la
comparazione tra strutture sociali.
Sistemi di parentela: il suo contributo a questo settore si fonda soprattutto sull’esperienza che ha avuto
presso gli aborigeni australiani—> “L’organizzazione sociale delle tribù australiane”: in questo lavoro egli
era riuscito a dedurre, dal materiale etnogra co già presente, l’esistenza, presso una determinata regione
australiana, di un particolare sistema matrimoniale: sistema kariera (sistema a 4 sezioni in cui un individuo
alla nascita viene assegnato a una sezione e poi deve sposarsi con un membro di una sezione diversa sia
da quella del padre che della madre).
Terminologie di parentela: propose una lettura delle terminologie di parentela in grado di farne emergere
il signi cato in relazione ai comportamenti sociali reali. Individua dei principi strutturali alla luce dei quali
le terminologie classi catorie assumevano da un lato una funzionalità sociologica e dall’altro perdevano le
caratteristiche di sopravvivenza che gli attribuivano gli evoluzionisti.
Principio di unità del gruppo dei fratelli: (siblings group) gli della stessa madre e dello stesso padre tra
i quali c’era un’unità sociale solidale tale che si de niva un gruppo nei confronti del quale un individuo
manteneva la stessa attitudine sociale, e a cui si rivolgeva impiegando la stessa terminologia.
Individua l’unità funzionale di terminologie e comportamento sociale.
Principio di unità di linguaggio: spiegare come un individuo potesse rivolgersi con lo stesso termine a
tutti gli individui appartenenti alla linea di discendenza di uno dei genitori.
Teoria del totemismo: 1929 “La teoria sociologica del totemismo”—> si allontana dalle conclusioni di
Durkheim, accettando l'interpretazione funzionale, cioè l'effetto integrativo ed identi cativo del totem, ma
respingendo l'ipotesi dell’adozione arbitraria del simbolismo animale/vegetale. Per lui invece
l'atteggiamento rituale degli individui verso il totem era da considerarsi come un caso particolare di una più
generale attitudine rituale dell'uomo verso le specie animali e vegetali. Per RB questo comportamento era
connesso all'importanza che determinate specie avevano nella vita del gruppo. I totem quindi non erano
oggetti di rituali in quanto simboli arbitrari di un gruppo, ma diventavano simboli in quanto erano già oggetto
di attenzioni in quanto utili. Questa interpretazione era fragile e provvisoria in quanto molte specie erano
fatte totem anche non avendo valore economico per il gruppo.
Nel 1952 infatti, andò oltre questa ipotesi in Il metodo comparativo nell'antropologia sociale, in cui
abbandonò la spiegazione economica concentrandosi su due problemi
• perchè solo certe specie venissero scelte come totem e dunque come totem di un grupp
• perchè spesso si ritrovino abbinate specie che presentano caratteristiche simili ma sono pensate come
opposte (falco/cornacchia corvo/aquila
Attraverso un'analisi comparata fra miti australiani e nordamericani giunse alla conclusione che il mondo
della vita animale è rappresentato in termini di relazioni sociali simili a quelle della società umana e che le
coppie di opposizione sono espressione di un principio strutturale. Questo principio fa si che il totemismo
esprima l'opposizione di gruppi che sono uniti strutturalmente in una relazione funzionale.
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Capitolo 15 etnologia e antropologia in Italia nel secondo dopoguerra


1948 “Il mondo magico” di de Martino si impegnava in una ricostruzione della “struttura” del mondo
magico, la quale restava per lui l’unico modo per recuperarlo alla storia. Inoltre, la comprensione del
mondo magico era anche una condizione per comprendere l’attualità. Nel recuperare alla storia il mondo
magico de Martino ribalta la prospettiva crociana e critica l’utilizzo delle categorie: etica, arte, logica ed
economia, in cui non trovava spazio la religione e gli altri atteggiamenti mentali come il pensiero magico.
Il mondo magico prende le mosse da un problema epistemologico: problema dei poteri magici—> in
realtà era il problema della “costruzione della realtà”—> per stabilire se e in quale misura i problemi magici
sono irreali dobbiamo prima capire cosa intendiamo per “realtà”. Il concetto di presenza ci aiuta a
comprendere la costruzione della realtà magica. La presenza è “l’esserci”, è qualcosa che l’essere umano
si sforza di affermare per superare la paura di non-esserci, è un moto naturale dell’essere umano che nel
momento in cui compie lo “sforzo” di essere nel mondo fonda anche la cultura. De Martino da una serie di
letture etnogra che ne dedusse che il magismo nasceva proprio come primo tentativo dell’essere umano
di affermare la propria presenza nel mondo. Accanto alla presenza compare anche il concetto di perdita
della presenza approfondito in “Morte e pianto rituale” 1958 in cui analizza il lamento funebre nel mondo
antico e nei paesi della Basilicata a lui contemporanei, interpretandolo come forma culturale il cui scopo è
far fronte alla crisi della presenza. De Martino utilizza il termine “scandalo” (come Hertz) per indicare
l’atteggiamento della società dinnanzi la perdita di un proprio componente
In “Intorno a una storia del mondo popolare subalterno” c’è un’avvicinamento di de Martino al
marxismo di Gramsci—> il marxismo demartiniano ha una forte propensione per l’aspetto umanitario ed è
ciò che lo fa aprire alle problematiche meridionaliste e rende pensabile il tema dell’irruzione delle masse
nella storia.
Destorti cazione: indica quel meccanismo per cui è solo pensandosi fuori dalla storia e dalla realtà che
diventa possibile sopportare entrambe—> questa premessa inaugura l’antropologia del negativo:
antropologia delle masse che non fanno storia ma che ora irrompono nella storia.
Lo studio dei fenomeni magico-religiosi apre de Martino ad una ri essione sul tema dei rapporti tra oggetto
conoscente (etnografo) ed oggetto conosciuto (individui studiati)—> umanesimo etnogra co: è il punto
di partenza per risolvere questo problema, è la via dif cile dell’umanesimo moderno che assume come
punto di partenza l’umanamente più lontano e che, mediante l’incontro sul terreno con umanità viventi si
espone all’oltraggio delle memorie culturali più care. Riguardo il problema del rapporto tra osservato e
osservante egli era consapevole che l’etnologo tende a conoscere la cultura altrui applicando dei
pregiudizi culturali, anche perché se cercasse di spogliarsi della propria cultura rischierebbe di rimanere
troppo acritico rispetto ai fatti osservati e non quindi di non svolgere bene il suo lavoro di specialista.
Soluzione: continuo confronto tra la storia di cui questi comportamenti sono documento e la storia
culturale occidentale sedimentata nell’etnografo con l’obiettivo di raggiungere la condizione in cui il
“proprio” e “l’alieno” sono due possibilità storiche di essere uomo. In de nitiva l’incontro etnogra co è
l’occasione per antropologo di farsi un esame di coscienza—> etnocentrismo critico: continua
ridiscussione delle proprie categorie analitiche, mira a produrre nell’etnologo la consapevolezza che sta
osservando una cultura aliena utilizzando delle categorie storicamente determinate di cui però non può fare
a meno.
Per de Martino gli osservati, sono passivi, le loro interpretazione non hanno nessun ri esso su quelle
dell’etnografo, se non quello di porlo nelle condizioni di farsi un auto critica. Possiamo parlare di una sorta
di punto d’arresto forse causato dalla memoria loso ca dello storicismo idealistico.

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Capitolo 17 antropologia strutturale di Claude Lévi-Strauss


1949 “Le strutture elementari della parentela”: prima opera di rilievo in cui Levi-Strauss presenta una
teoria della proibizione dell’incesto, delle origini della cultura e dello scambio matrimoniale. Per Levi-
Strauss la proibizione dell’incesto è una regola che possiede il carattere di universalità: il divieto è
sempre presente, in tutte le società—> appartenente alla cultura in quanto regola e, radicata nella natura in
quanto fenomeni universale, la proibizione dell’incesto segna il passaggio dalla natura alla cultura.
Esogamia: si presenta come espressione allargata della proibizione dell’incesto, come il principio che
prescrive la ricerca del partner matrimoniale al di fuori della cerchia degli individui proibiti e che consente
ai gruppi umani di stabilire un rapporto di comunicazione basato sullo scambio reciproco.
Atomo di parentela: “atomo” è l’unità minima parentale. Si compone di 4 individui, madre, glio, padre e
fratello (o padre) della donna. Il fratello detiene sulla donna e su suo glio un’autorità inversamente
proporzionale a quella esercitata dal padre nei confronti della sorella e del glio. In tale modo LS attribuisce
maggiore importanza all’alleanza matrimoniale che alla consanguineità nel processo di costruzione delle
strutture parentali. —> Teoria generale della parentela
Teoria ristretta della parentela: coincide con l’analisi delle strutture elementari della parentela, ovvero
quei sistemi che prescrivono il matrimonio tra certe categorie di parenti, distinguendo tra individui proibiti e
coniugi possibili. Accanto alle strutture elementari ci sono quelle complesse, che si limitano ad indicare gli
individui proibiti ma non danno indicazioni sulla scelta del partner.
Struttura più elementare di unione: è rappresenta dal matrimonio fra cugini incrociati in quanto più di
ogni altro indica gli individui con i quali è lecito sposarsi. Un esempio sono i Bororo dell’Amazzonia presso i
quali il matrimonio fra cugini incrociati si accompagna con un modello dualista: il villaggio è diviso in due
metà esogamiche abitate da clan matrilineari: tutti i membri della parte Est devono sposarsi con quelli della
parte Ovest e viceversa. In questo modo il destino di ciascun individuo è facilmente prevedibile e inoltre, il
matrimonio tra cugini incrociati bilaterali è molto apprezzato e ricercato. Questo sistema è esempio di una
struttura fondamentale, quella della reciprocità che per Levi-Strauss è soggiacente a tutte le relazioni di
scambio, è un elemento di provenienza inconscia, è dato dal passaggio dalla natura alla cultura. Il principio
di reciprocità è dato con la proibizione dell’incesto e con l’obbligo dell’esogamia.

Antropologia strutturale: fondata da Levi-Strauss, il quel concepisce in maniera innovativa il concetto di


struttura. A differenza di Radcliffe-Brown, che vede la struttura come l’insieme delle relazioni reali tra
individui, Lévi-strauss concepisce la struttura come una categoria dello spirito umano. Le strutture sociali
sono modellate da strutture nascoste, che sono connaturate al pensiero e che si manifestano in modelli:
costruiti a partire dalla strutture nascoste della mente umana—> l’etnologo deve superare l’apparenza e
cogliere i modelli inconsci che rivelano le strutture (esempio dei Bororo p.175).
Con Levi-Strauss non abbiamo più una differenza tra pensiero primitivo e civilizzato, l’obiettivo è quello di
de nire le leggi del pensiero che sono le stesse in entrambi i casi. Le leggi del pensiero sono uguali
perché sono uguali le strutture grazie alle quali si articola il pensiero. Grazie alla linguistica strutturale LS
giunge all’idea di fondo dell’antropologia strutturale: la conoscenza dell’essere umano è possibile perché
l’antropologo coglie le strutture mentali “vuote” che sono alla base del pensiero “civilizzato" e “primitivo".
Analogia tra linguaggio e cultura (fonema, mezzo senza signi cato che serve per formare signi cati, come
la proibizione dell’incesto che permette il passaggio da natura a cultura)—> è possibile grazie ad una scelta
di base di LS: comunicazione come campo problematico (il linguaggio è comunicazione come la
proibizione dell’incesto e l’esogamia sono le basi per uno scambio che è necessario per la comunicazione
tra gruppi.

1962 “Il totemismo oggi”: qui Levi-Strauss fornisce una nuova interpretazione del totemismo, inteso come
un semplice “sistema di classi cazione”. Gli animali e i vegetali che compaiono nei sistemi totemici
diventano portatori di “relazioni concepite dal pensiero speculativo a partire dai dati dell’osservazione”
La loro presenza non è conseguenza del fatto che sono buoni da mangiare ma che sono "buoni da
pensare". Le specie animali e vegetali infatti offrono all'uomo un vasto repertorio da cui attingere
classi cazioni, opposizioni, relazioni. La differenza tra pensiero primitivo e civilizzato è che il primo si basa
su cose concrete piuttosto che astratte. Il pensiero selvaggio è fondato sulle stesse operazioni logiche di
quello civilizzato e costituisce la base comune su cui prendono forma tutte le espressioni del pensiero
umano. Totemismo: prende i dati dall’esperienza sensibile per costruire sistemi di classi cazione e di
relazioni—> è un codice che serve per fare da tramite tra messaggi convertibili nei termini di altri codici e a
esprimere nel proprio sistema i messaggi ricevuti attraverso il canale di codici differenti. Questa possibilità
di conversione è tipica di tutti i codici e viene indicata come sistema di trasformazione: individuano le
analogie e i parallelismi che ci sono nei sistemi classi cazione e la possibilità del pensiero di passare da un
sistema all’altro e al codice di ciascuno. Esempio: totemismo e caste hindu. (Libro p.178
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Miti: qui LS fa valere pienamente il concetto di trasformazione. Nell’analisi dei miti a fare da sfondo alla
ri essione di LS c’è l’analogia tra le grandi unità costitutive del mito mitemi e l’unità della lingua fonemi.
I mitemi assumono signi cato in base ai rapporti di correlazione che gli oppongono agli altri mitemi, ad
esempio il mitezza sole da solo, non ha alcun senso e assume signi cati diversi a seconda del mito in cui si
trova inserito. I miti si prestano ad una lettura formale e i miti appaiono come il risultato di un continuo farsi
e disfarsi degli aggregati mitemici che li compongono. Nelle “Mitologiche” parla del mito come l’aspetto
puramente speculativo del pensiero selvaggio—> la mitologia non ha una funzione pratica, non è come i
sistemi di parentela e come il totemismo, non è fondato su una realtà diretta e più oggettiva della sua.

1955 “Tristi tropici”: qui appare il carattere più etico- loso co di Levi-Strauss a fare da sfondo a una
ri essione autobiogra ca e morale. È un viaggio a doppio senso, dove vengono raccontati i viaggi di LS e
i motivi che lo hanno fatto avvicinare a questa professione. In questo libro egli espone idee molto generali
sulle società primitive, e la scelta del suo punto di partenza, ovvero la distinzione natura/cultura.
“Il pensiero selvaggio”: distinzione tra società fredde e società calde attraverso cui passa la ri essione
sul senso della storia umana. Le società calde (occidente) sono quelle che da una serie di squilibri interni
traggono l’energia per andare avanti, per produrre qualcosa di innovativo, ma anche per “bruciare” il mondo
che le circonda. Le società fredde non producono squilibri e quindi energia per alterare l’ambiente che le
circonda e quindi cadono fuori dai processi di trasformazione storica. Questa distinzione vuole in qualche
modo cercare di spiegare le diversità tra l’occidente e gli “altri”, ma nell’opera tristi tropici servono a LS per
produrre un discorso sulla perdita dell'unità fra naturale e sociale. Tristi tropici è un atto di denuncia: i
tropici diventano tristi e la tristezza è derivata dalla devastazione da parte della società occidentale, una
società che non rispetta la natura e le altre società. Nell’antropologo si esprime il rimorso dell’occidente
ed è lui che deve individuare l’immutabilità delle strutture dello spirito umano.

Capitolo 18 la parabola del funzionalismo britannico: dall’equilibrio al conflitto


Scuola di Manchester: il fondatore è Max Gluckman nato in Africa, conduce le sue ricerche il
Sudafrica e Rhodesia. Si allontana dal funzionalismo strutturale, vede l’equilibrio sociale come il
prodotto di un aggiustamento di fenomeni contraddittori e conflittuali. In questa prospettiva i sistemi
sociali sarebbero caratterizzati da una fondamentale instabilità che periodicamente viene sostituita da
una condizione di equilibrio sociale, che si ristabilisce in maniera sistematica, per cause interne ed
esterne. La dimensione del conflitto e dell’ordine lo portano a definire sistematicamente alcuni concetti
• Competizione: contrapposizione individuale
• Lotta: contrasti ricorrenti che hanno implicazioni profonde e sono più gravi delle competizione
• Conflitto: opposizioni interne alla struttura che mettono in moto processi che producono alterazioni
nel personale delle posizioni sociali ma non nel modello delle posizioni (es. guerre civili per la
successione al trono)
• Contraddizione: relazioni tra principi e processi discrepanti interni alla struttura sociale che devono
condurre a un cambiamento radicale del modello.
Analizza in questa prospettiva dell’equilibrio il rituale: fattore di espressione del conflitto che
contribuisce alla sua risoluzione e quindi al ristabilimento dell’equilibrio sociale. Il rito diventa una sorta
di metafora del conflitto in grado di rendere espliciti agli individui i principi inerenti alla struttura. A
differenza di Durkheim. Gluckman attribuisce al conflitto il ruolo centrale nel processo di produzione
dell’equilibrio. La scuola di Manchester ha il merito di di aver posto l’attenzione sulla dinamicità
dell’interazione sociale, sull’azione, accentuando gli aspetti processuali e non quelli integrativi della
struttura.

Capitolo 19 prospettive “critiche” nell’antropologia francese


1950-1960 nascono una serie di posizioni che hanno contribuito al mutamento della concezione della
ricerca antropologica.
Antropologia dinamista: leggere le società e le culture da una prospettiva dinamica, in grado di
cogliere la dimensione della storia, del movimento, della contraddizione e della trasformazione sociale
Balandier: utilizza l’espressione “situazione coloniale” ad indicare il rapporto tra società tradizionali e
società occidentale.
1955 “Sociologia attuale dell’Africa nera” de nisce la situazione coloniale come il dominio imposto da una
minoranza straniera culturalmente diversa in nome di una presunta superiorità razziale e culturale
affermata in maniera dogmatica a una maggioranza autoctona inferiore sul piano materiale. Questa era l
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situazione dominante nelle società studiate dagli antropologici. Di conseguenza serviva un approccio
diverso di studio di queste società, rispetto a quelle che le vedeva come società prive di storia.
1971 “Le società comunicanti”: afferma che in tutte le società sono presenti due dinamiche:
• Interna: ciascuna società è un’entità che si trasforma sulla spinta delle proprie contraddizioni interne
• Esterna: le società subiscono delle pressioni esterne che le costringono a rimodellare le proprie
istituzioni, credenze etc.
Balandier ha coniato l’espressione “Terzo Mondo” ad indicare i paesi esclusi come lo era in Francia il
terzo stato.
Bastide: pone l’attenzione sulle dinamiche tipiche di quelle società coinvolte in fenomeni di forte e
prolungato contatto culturale. Anche Bastide parla di una doppia causalità ma per lo studioso la causalità
“esterna” non riguarda solo il contatto con una società o con una cultura dominanti ma anche la
pressione che il passato di una società esercita sulla stessa. Quindi la ricerca deve avere uno sguardo
sulla situazione globale, in cui con uiscono il passato, il presente e le aspettative per il futuro.
Sociologia della malattia mentale: accento sulla “nevrosi culturale”, tramite lo studio dei discendenti
degli schiavi africani importati in Brasile. Questa nevrosi consiste in un attaccamento esasperato alla
religione ancestrale in risposta all’ostilità dell’ambiente circostante.
“Le religioni africane in Brasile”: studia le religioni sincretiche ovvero quelle che incorporano simboli, idee
e credenze estranee alla religione africana, considerate tuttavia come “autentiche” dai suoi fedeli.
“Memoria collettiva e sociologia del bricolage”: spiega il funzionamento di queste religioni—> le religioni
africane in Brasile sono praticate da gruppi costituiti da individui con origini diverse della cui memoria
collettiva sono rimasti solo dei frammenti. Per cui i gruppi che si formano non hanno una memoria
condivisa e devono “fabbricarsela”—> mettono insieme i diversi frammenti di memoria e i vuoti vengono
colmati da elementi che appartengono anche ad altre culture e religioni.
Acculturazione: trasferimento di modelli culturali da società più forti a più deboli (e viceversa
Antropologia applicata: problema dell’antropologo che a volte si fa portatore dell’ideologia di color che
vorrebbero piegare i popoli senza rispettare la loro cultura, o dall’altra parte, è guidato solo dall’interesse
scienti co—> nuova antropologia che abbia come oggetto un’analisi capace di tutelare gli interessi delle
popolazioni coinvolte, capace di comprenderne i valori, le rappresentazioni e con itti e le contraddizioni.

Antropologia di ispirazione marxista: ci sono vari fattori che hanno contribuito a questa corrente, tra
questi il fatto che, il comunismo sovietico, riduceva le informazioni sociali studiate dagli antropologi a
rappresentanti delle fasi dello sviluppo storico che avrebbe portato al comunismo. Nuova lettura delle teorie
di Marx: modo di produzione come forma storica di esistenza sociale determinata dalla combinazione di 3
fattori, i mezzi di produzione, la manodopera e i rapporti di produzione (lavoro salariato nella società
capitalista). Dalle riletture di Marx nascono nuovi quesiti per gli antropologi.
Meillasoux: economista, allievo di Balandier, studia i Gouro della Costo d’Avorio de nendo “lignatico” il
modo di produzione dominante presso questa popolazione. Questo sistema si basava infatti sul lignaggio
degli individui e i rapporti di produzione si basavano sulla dipendenza dei “giovani” dagli “anziani” che
gestivano le risorse e gli scambi matrimoniali. Avevano un'economia di sussistenza che è diventata di
piantagione con l'arrivo dei francesi.
Nell’opera “Donne, granai e capitale” cerca di delineare le caratteristiche fondamentali del modo di
produzione domestico che corrisponde all’esistenza della comunità domestica che presenta alcune
caratteristiche:
• Produttività suf ciente a garantire la riproduzione di manodopera
• Utilizzo della terra come mezzo di lavoro, resa produttiva a scadenze differit
• Impiego dell’energia umana
• Uso individuale di mezzi di produzione agricoli fabbricabili individualment
Secondo Meillasoux la forma sociale corrispondente al modo di produzione domestico è stata
funzionalmente incorporata dai modi di produzione che l’hanno successivamente dominata nel corso della
storia—> è stata conservata la capacità di svolgere la funzione di riproduzione della manodopera. Nella
comunità domestica non esiste un vero controllo sui mezzi di produzione, il controllo di basa sui mezzi della
riproduzione sica—> giovane—> moglie—> anziano: tutti gli uomini possono bene ciare dei mezzi di
riproduzione sociale nella loro vita—> ciclo produttivo e riproduttivo sono strettamente connessi.
Meillasoux giunge alla conclusione che i modi di produzione che hanno inglobato la comunità domestica,
hanno tratto da essa la manodopera andando a minarne le basi no a distruggerla, a partire dal sistema
lignatico no a quello capitalistico.
Godelier: si occupa del problema di conciliare economia e parentela sotto forma di un riesame del
rapporto tra infrastruttura (condizioni materiali dell’esistenza) e sovrastruttura (sfera ideologica), a cui si
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riteneva appartenesse la parentela. Godelier afferma che nelle società primitive i rapporti di parentela
funzionano come i rapporti di produzione e sono contemporaneamente infrastruttura e sovrastruttura.
Per quanto riguarda la religione invece, che è considerata come una sovrastruttura, Godelier afferma che
errato credere che questa non abbia un ruolo nei rapporti di produzione e lo dimostra tramite la religione
nell’impero inka. La gran parte della produzione agricola e artigianale qui era destinata ai templi sotto forma
di tributi dovuti al dio solare—> religione che assume un carattere infrastrutturale perché determina i
rapporti di produzione.

Capitolo 20 l’antropologia contemporanea


Anni ’70 in poi—> crisi della rappresentazione etnogra ca: determinata sia dalle inquietudini provenienti
dalle domande sul contributo dell’antropologia ed etnogra a alla dominazione coloniale sia dalla questione
della scrittura come mezzo di controllo dell’alterità. Questa questione della scrittura ebbe grande
risonanza a partire dalla pubblicazione di un libro “Scrivere le culture” del 1986 che fu un effetto della
diffusione in America della French Theory.
Dimensione della ri essività: effetti dell’analisi critica delle proprie categorie epistemologiche sull’oggetto
di ricerca—> sperimentalismo etnogra co: diviene fondamentale nel testo etnogra co far parlare l’altro,
coinvolgere coloro che erano l’oggetto della ricerca nella produzione del testo in modo tale da far emergere
anche il dialogo con l’altro. Si accosta all’osservazione partecipante “l’osservazione della partecipazione”.
Questa tendenza si esprime nella forma dialogica che assume il resoconto etnogra co. Cambia anche il
compito dell’antropologo, che non deve più portare alla luce il senso nascosto di alcuni comportamenti,
ma deve instaurare un rapporto con il nativo.

Antropologia interpretativa: è parte dell’antropologia simbolica. In questa variante con uiscono studi
diversi, loso ci, sociologici, linguistici, semiotici etc e anche l’impostazione idiogra ca di Boas.
• problema della conoscibilità delle culture in termini di una visione “dall’interno”;
• questione dei mezzi che consenso di conoscere l’altro (traduzione di una cultura in un’altra
• trasmissibilità di tale traduzione al pubblic
Per comprendere l’antropologia interpretativa bisogna partire dal fatto che essa pone come base
d’incontro tra osservatore e osservato dei comportamenti che sono parte di costellazioni più ampie di
signi cato, al di fuori delle quali non avrebbero senso. I signi cati veicolati da tali pratiche sono di natura
intersoggetiva: non sono riducibili a stati psichici individuali o a credenze personali.
Inoltre la prospettiva interpretativa vede la vita socio-culturale come un sistema aperto: una cultura non
può essere studiata in laboratorio, non possono essere applicati i criteri delle scienze naturali.
In antropologia non c’è distacco tra osservato e osservante, c’è una circolarità ermeneutica tra i soggetti,
ciascuno dei quali produce signi cati.
Geertz: “caposcuola” dell’antropologia interpretativa.
“Interpretazione di culture”: qui Geertz avrebbe esposto i principi direttivi di una teoria interpretativa della
cultura, ma quello che emerge dalle affermazioni di Geertz è che l’antropologia interpretativa è lontana dal
poter esplicitare le proprie premesse teoriche—> “indeterminatezza della teoria interpretativa” (critici
In ogni caso l’antropologia di Geertz si allontana anche dal soggettivismo e si pone quindi un problema:
de nire l’oggetto dell’antropologia interpretativa e il metodo con cui raggiungere i soggetti che vogliamo
studiare. Per accedere al mondo concettuale per Geertz bisogna “sfogliare” uno ad uno i signi cati
strati cati nella trama che costituisce il testo. Per comprendere questo metodo bisogna considerare il
signi cato come un fatto intersoggettivo, pubblico, caratteristiche che Geertz attribuisce anche alla cultura:
costituita da ragnatele di signi cati, si con gura proprio come un testo da leggere—> proprio come un testo
letterario assume senso nel suo insieme, anche le varie componenti della cultura possono essere
comprese ponendole in relazione al loro contesto, perché in contesti diversi potrebbero assumere diversi
signi cati. È nel testo che risiede l’oggetto dell’etnogra a: gerarchi strati cata di strutture signi cative.
Per Geertz l’etnogra a è antropologia, il momento etnogra co è già momento teorico-interpretativo.
“Dal punto di vista dei nativi: sulla natura della comprensione antropologica”: esame di 3 modi di
costruzione dell’idea di persona in 3 contesti culturali diversi: Giava, Bali, e una cittadina del Marocco.
La rilevanza di questo lavoro è teorica e metodologica in quanto egli vuole esplorare il modo in cui un
antropologo arriva a cogliere il punto di vista dei nativi. Lo spunto di questo lavoro viene dai diari di
Malinowski grazie ai quali egli si rende conto di un problema: come possiamo conoscere un’altra cultura
se è impossibile farlo tramite l’empatia? Giunge a ritenere che il processo conoscitivo di articoli attraverso
due tipi di concetti: quelli “vicini" e quelli “lontani” tra i quali oscilla la conoscenza antropologica
cercando di tradurre i primi nei secondi e gestire questi per interpretare i primi. Se usiamo solo i concetti
vicini, rischiamo di essere troppo dentro l’altra cultura e non saremmo più abbastanza distaccati per poterla
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analizzare, se usiamo solo i secondi ci allontaniamo troppo da coloro che vogliamo osservare. Quindi nella
sua analisi Geertz ri uta la comparazione che impone i propri concetti etici e che si muove solo a livello di
concetti lontani. La sua antropologia cerca di aderire alla vita concreta delle popolazioni esplorando il punto
di vista del nativo.

Antropologia della contemporaneità: per molto tempo aveva collocato gli “Altri” in un tempo altro—>
dando maggiore attenzione al rapporto tra l’antropologo e i suoi informatori queste due gure vengono
collegate su un piano di contemporaneità: indica la simultaneità con cui i fatti e le idee che prendono vita
in un certo contesto culturale si ripercuotono sulle persone di altre culture. Questa antropologia studia le
culture oggi nel loro ambiente globale e nei loro rapporti con le altre culture contemporanee ma ne tiene in
considerazione anche il passato che in uenza il loro presente.
Bourdieu: 1972 “Lineamenti di una teoria della pratica”: espone quella che per lui è la prospettiva più
corretta da adottare nel corso della ricerca socio-antropologica. Distingue la conoscenza prassiologica da
quella fenomenologica (visione del mondo così com’è) e da quella oggettivistica ( si collegano fenomeni
per stabilire generalizzazioni). La conoscenza prassiologica consiste invece nel vedere la pratica agita
come ri esso dell’incorporazione delle strutture oggettive del mondo sociale, come i rapporti
economici e le ideologie.
Habitus: modo in cui ciascuno di noi esprime, attraverso il comportamento, il pensiero e gli atteggiamenti
in genere, il proprio "posto" nel complesso delle relazioni che costituiscono il nostro mondo e all'intero del
quale viviamo. Bourdieu vuole sottolineare che il nostro modo di “essere nel mondo” è condizionato dalle
strutture a noi esterne ma che allo stesso tempo il nostro modo di essere tende a strutture il mondo esterno.
La nozione di habitus si collega a quella di corpo: è il mezzo attraverso cui entriamo in rapporto con il modo,
comprendiamo il mondo esterno perché il nostro corpo vi è stato esposto per tutta la vita e questo lo rende
disposto e pronto ad attuare questa “conoscenza attraverso il corpo”—> conoscenza incorporata: sta alla
base dell’habitus che varia sia in base alle nostre caratteristiche psico-fisiche che in base a quello che
interpretiamo in quanto individui apparentanti ad un genere, classe, religione e cultura.
Il concetto di incorporazione verrà ripreso anche da altri studiosi come ad esempio Csordas: la cultura
appare come il prodotto di un’esperienza intercorporea tra soggetti, sottolinea come assumendo il corpo come
qualcosa da cui si produce la conoscenza del mondo sociale, diviene possibile restituire al soggetto una
funzione creatrice messa in ombra dall’antropologia classica.
Eredità antropologia marxista: anni ’60-’90 contributo allo studio delle comunità atterrate nell’orbita del
mercato globale. Nonostante il suo declino negli anni ’80 ha dato comunque un contributo alle analisi della
contemporaneità con autori come:
Redfield: comunità folk—> comunità contadine, diverse sia da quelle tribali che da quelle statuali
Dobb, Frank e Wallerstein: capitalismo centrale e periferico—> vanno a colmare il vuoto tra centro e periferia,
poiché non veniva presa in considerazione la natura delle comunità periferiche da cui proveniva la ricchezza.
Mintz e Wolf: ricerche sui popoli latini coinvolti nello sviluppo del capitalismo europeo e sul come le loro
economie si siano intrecciate con quella dominante.
Paul Farmer: antropologo medico che ha coniato le nozioni di violenza e sofferenza strutturale applicandole
al caso di Haiti. Violenza: stato di sofferenza di cui non è possibile individuare una sola causa, ma che è il
prodotto di più fattori che rende molto difficile l’uscita dei soggetti che ne sono coinvolti. Sofferenza: è causata
dalla violenza e le sue cause sono difficilmente analizzabili separatamente. Questa forma di sofferenza viene
incorporata dai soggetti, si inscrive nel loro modo di vivere, di essere e di non-progettare la loro vita. Farmer
vuole anche denunciare un’ideologia sbagliata che hanno i governi secondo cui questi paesi si trovano in tali
condizioni perché sono incapaci di gestire certi problemi, giustificando in qualche modo gli squilibri tra Paesi che
vengono tamponati con la logica dell’emergenza e dell’intervento umanitario.
Nancy Scheper-Hughes: studia la dinamica della violenza e della sofferenza tra i poveri del Brasile. Altro
aspetto importante—> mercato degli organi—> “Il traffico di organi nel mercato globale”: quadro crudo degli
squilibri che favoriscono il commercio di organi umani tra nord e sud del mondo.

anni ’60 in poi c’è una diffusione dell’interesse per la cultura—> in Gran Bretagna nascono i Cultural studies:
Hoggart, sociologo inglese, conia questa espressione e fonda anche il Centre for contemporary cultural
studies. Vi era l’esigenza di ripensare la cultura di questo paese alla luce dei fenomeni che avevano portato a
nuove dimensioni identitarie. La cultura viene vista come “un’arena”, un luogo di incontro e scontro, di
disputa per affermare le idee e i diritti da parte di gruppi diversi tesi al riconoscimento. Cultura intesa come
discorso che si costituisce attorno ad es. le donne, gli immigrati e che questi gruppi producono come
rappresentazione di se stessi.
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Stuart Hall: agency—> capacità che gli individui hanno di dare significato a eventi e rappresentazioni una
propria forma di soggettività.
1970-1990: ci sono stati diversi fattori che hanno contribuito a cambiare il modo di considerare la cultura
(migrazioni, diffusione dei media) e Ulf Hannerz da una nuova definizione di culture: strutture di significato
sociale che viaggiano su reti di comunicazione non interamente situate in alcun territorio. L’uso del concetto di
cultura è diventato più problematico nel tempo e più frequente—> media, politica, linguaggio di tutti i giorni
Nonostante ciò gli antropologi continuano a parlare di cultura e di culture.
Appadurai: “Modernità in polvere”: afferma che il termine cultura dovrebbe essere usato nella sua forma di
aggettivo “culturale”, da affiancare ad un sostantivo di cui si voglia indicare il carattere mobile, fluido e
culturalmente costruito. Individua poi alcuni aspetti del mondo su cui è possibile condurre un’analisi culturale
Etno-rama: nuovi paesaggi umani che si creano per lo spostamento della popolazione nelle varie parti del
pianeta (migranti, turisti, rifugiati
Medio-rama: flussi di immagini e informazioni generati dai media che creano nuovi immaginari in persone di
culture divers
Ideo-rama: idee che viaggiano da una parte all’altra, incontrandosi con le tradizioni local
Si aggiungono il finanzio-rama e il tecno-ram
Marc Augé: problema di come alcune culture contemporanee riformulino alcuni dei loro fondamentali alla luce
della surmodernità: tre fenomeni tipici del mondo contemporaneo—>
1-accelerazione della storia come effetto dell’eccesso di eventi di cui siamo quotidianamente informati,
2-restringimento dello spazio per l’eccesso di immagini che tendono a riportare a noi lo spazio del mond
3-individualizzazione dei destini per l’eccesso di riferimenti individuali che si traduce in “solitudine”
dell’individuo.
Augé afferma che oggi i paesi europei e l’America stanno vivendo, in maniera più lieve, quello che avevano
vissuto i popoli africani con la colonizzazione: cambiamenti sociali, comparsa di nuovi dei, irruzione di beni
materiali sconosciuti etc.

Anni ’80-’90: material cultural turn—> ritorna la questione del rapporto tra cultura e materialità delle cose, fra
persone e oggetti.
Miller: il supermercato e lo shopping diventano oggetti dell’indagine etnografica. Egli analizza i rapporti tra
persone e oggetti: tramite l’incorporazione diventano mezzi attraverso cui ci costruiamo in quanto soggetti. Ciò
è particolarmente evidente nell’abbigliamento, dove gli indumenti fanno di noi quello che pensiamo di essere.
Il consumo quindi viene visto come una pratica simbolica in cui attraverso l’appropriazione delle cose e la loro
ricontestualizzazione nella propria vita si esercita un’attività di creazione di sé. Questo cambia il modo di vedere
gli oggetti—> il cosa è un oggetto viene stabilito nelle forme che assume nell’uso e nel consumo.
Kopytoff: le cose, proprio come le persone, hanno una biografia, sono ciò che divengono in base agli incontri
che fanno, alle relazioni che stabiliscono e ai luoghi che frequentano. Il punto focale degli oggetti è costituito dai
loro spostamenti.
Gell: riprende il concetto di agency e lo sviluppa in relazione alle cose. Gell vede nell’arte una forma specifica
di tecnica—> arte come tecnologia dell’incanto che trova le basi nello stupore e nelle reazioni che la tecnica
suscita negli esseri umani. In quanto tecnica l’arte è un sistema d’azione teso a cambiare il mondo. Gli oggetti
costituiscono un’estensione delle persone e a volte possono esercitare un agency autonoma, gli oggetti sono
agenti secondari che esteriorizzano e incorporano le intenzioni degli umani e che consenso di avere accesso
alla loro mente: dall’oggetto si comprende l’intenzione di chi lo ha creato
Latour: Actor-Network-Theory—> giunge ad attribuire un’agentività non solo agli umani ma anche ai non
umani, sia animati che non animati. Si parla di agency dei non umani perché questi vanno a modificare
attivamente le relazioni a cui partecipano.

I rapporti tra società e natura sono da sempre al centro nella storia dell’antropologia. Negli ultimi decenni, con
il cambiamento climatico si è resa necessaria una rilettura critica del coinvolgimento ambientale delle culture e
dell’ineguale sfruttamento di risorse nella globalizzazione.
Ingold: rilegge la relazione tra cultura e ambiente a partire dalla nozione di ecologia culturale—> gli esseri
umani sono da sempre coinvolti in ambienti complessi e la cultura non precede gli ambienti ma è frutto
dell’interazione dell’uomo con l’ambiente e i suoi diversi agenti.
Prospettiva dell’abitare nell’ambiente piuttosto che costruire l’ambiente: studio delle relazioni sociali come
parte integrante delle interazioni ecologiche. “The perception of the environment”: gli esseri umani abitano
l’ambiente attraverso delle skills che nascono e si trasmettono come esperienze ecologiche in relazione a quello
che ci circonda. Con i cambiamenti climatici torna il tema del coinvolgimento ambientale delle culture—> la
modernità ha pensato la storia umana e il suo futuro come se fosse fuori dall’ambiente e dal pianeta stesso,
e

rappresentato come un oggetto di contemplazione esterno, soprattutto in seguito alla possibilità di averlo visto
dalla luna. Ma oggi, a fronte dei cambiamenti climatici è fondamentale la nozione di “weatherworld”, o mondi
atmosferici—> le culture sono da sempre coinvolte nell’atmosfera e ne dipendono e questa oggi è un problema.
Descola: riflessione sul dualismo tra natura e cultura. La nostra idea di natura si basa su una nostra
cosmologia (prospettiva da cui si vede la natura?), che è diversa da quella di altri popoli che quindi hanno
un’idea diversa di natura e un diverso modo di relazionarsi con essa. Attraverso tutte queste cosmologie,
naturalismo, totemismo, animismo, le culture fabbricano un’idea di umano e delle particolari relazioni con quello
che lo circonda (non umani, inanimati). Allo stesso modo queste cosmologie determinano i sistemi valoriali
morali ed etici. Il nostro sistema, il naturalismo ha messo da parte la relazionalità e ha esaltato l’opposizione
natura/cultura con conseguenze evidenti anche nei cambiamenti climatici. La critica di Latour si riferisce proprio
a questo dualismo.

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