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Walter Benjamin

L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica


Introduzione.
Walter Benjamin nasce a Berlino 1892, si laurea in loso a nel 1919, è stato un losofo molto attivo tra il 1920 e il
1940. Ha origini ebraiche e nel 1940 si trova a Parigi occupata dai Nazisti, tenta di scappare in Spagna con un
gruppo di amici ma viene fermato alla frontiera, preso dal panico si suicida.

1935 prima versione, 1936 ultima versione di 5.


Nel testo viene indagato come queste nuove invenzioni rivoluzionano totalmente la concezione e la percezione di
arte, per cui l’arte sta andando in contro a sconvolgimenti mai visti prima.

-Concetto fondamentale di aura.


Ciò che rende l’opera d’arte tale, la sua unicità, il suo hic et nunc, il suo qui e ora, dal deperimento sico dell’opera
ai suoi possessori, in quest’epoca della riproducibilità è proprio quest’aura che sta venendo meno, più copie ci
sono dell’opera più la sua aura si frammenta, il concetto di opera autentica non ha più senso.

-Valore espositivo e cultuale.


Due poli opposti tra la quale l’opera d’arte oscilla, sin dalle pitture rupestri l’opera d’arte si è sempre avvicinata di
più al valore cultuale (a reschi, statue, mosaici), con l’avvento della fotogra a l’equilibrio si sposta drasticamente
verso il polo espositivo, cosa già avvenuta con i dipinti (spostabili), il cinema è un arte per de nizione che è nata
per essere esposta e per essere visibile da più persone, passaggio dalla fotogra a ritrattistica a quella
paesaggistica profondamente espositiva.

-La perfettibilità dell’opera cinematogra ca.


Ogni scena può essere girata in nite volte, la magia del montaggio permette una modi ca costante, questo si
contrappone a quelle opere d’arte che non possono essere modi cate tipiche di un epoca che non consentiva la
riproducibilità tecnica (arte greca e plastica), ecco qui l’epoca della opera montabile.

1.
- Marx intraprese l’analisi del modo capitalistico di produzione, ne emerse un progressivo esasperato sfruttamento
del proletariato.
- Rapportato alla produzione artistica ne deduce una soppressione di alcuni concetti tradizionali: creatività,
genialità, valore eterno, mistero.

2.
L’arte è sempre stata riproducibile: simili riproduzioni venivano realizzate dagli allievi per esercitarsi nell’arte, dai maestri per la di usione
delle opere, da terzi avidi di guadagni.

- I Greci conoscevano due processi di riproduzione: la fusione e il conio.


- Con la silogra a diventa per la prima volta tecnicamente riproducibile la gra ca.
- Tramite la stampa diventa riproducibile anche la scrittura.
- Nel corso del Medioevo si aggiungono l’acquaforte e la puntasecca.
- All’inizio del diciannovesimo secolo la litogra a (in questo modo la gra ca divenne capace di accompagnare in forma illustrata la
dimensione quotidiana).
- Pochi decenni dopo la litogra a venne superata tramite la fotogra a.

Fotogra a: l’occhio coglie più rapidamente di quanto la mano disegni, in questo modo il processo di riproduzione gurativa venne accelerato
enormemente.

Se nella litogra a virtualmente era nascosto il giornale illustrato, nella fotogra a era nascosto il lm sonoro.

Attorno al 1900 la fotogra a conquistò un posto tra i vari procedimenti artistici e avviò cambiamenti profondissimi nella teoria dell’arte.
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3.
Nonostante una riproduzione possa essere altamente perfezionata, manca un elemento: l’hic et nunc (qui e ora),
la sua esistenza irripetibile nel luogo in cui si trova, questo costituisce il concetto della sua autenticità.

L’intero ambito dell’autenticità si sottrae alla riproducibilità tecnica e non solo.

1. La riproduzione tecnica si dimostra di fronte all’originale più autosu ciente di quella manuale, nel caso della
fotogra a, questa permette di rilevare aspetti che sono accessibili soltanto all’obiettivo. Anche grazie a certi
procedimenti come l’ingrandimento o la ripresa a rallentatore.

2. In secondo luogo può introdurre la riproduzione dell’originale in situazioni inaccessibili all’originale stesso,
consentendo di andare in contro al fruitore (fotogra a e dischi).

Nonostante la riproduzione tecnica dell’opera d’arte originale, quest’ultima non perde la propria consistenza
artistica, però viene obbligatoriamente determinata la svalutazione del suo hic et nunc.

L’autenticità di una cosa è la quintessenza di tutto ciò che di esso, n dalla sua origine, può venir tramandato, dalla
sua durata materiale alla sua testimonianza storica.

Ciò che viene meno nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte è la sua aura.

La tecnica di riproduzione, moltiplicando la riproduzione, pone al posto di un evento unico una sua grande
quantità. E consentendo alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce, attualizza il riprodotto.Così
avviene uno sconvolgimento della tradizione.

4.
Nel giro di lunghi periodi storici si modi cano anche i generi e i modi della percezione sensoriale comportando un
declino dell’aura.

Avvicinare le cose spazialmente e umanamente è un esigenza vivissima delle masse attuali, come lo è la loro
tendenza al superamento dell’unicità di qualunque dato tramite la ricezione della sua riproduzione.

Forte bisogno di impossessarsi dell’oggetto da una distanza il più possibile ravvicinata nell’immagine, o meglio
nell’e gie, nella riproduzione.

La distruzione dell’aura per mezzo della riproduzione comporta un appiattimento, un uguaglianza di genere anche
in ciò che è unico.

5.
L’unicità dell’opera d’arte si identi ca con la sua integrazione nel contesto della tradizione.

Una antica statua di Venere: per i greci un oggetto di culto, per i monaci medievali un idolo maledetto.
In entrambi i casi non veniva meno la sua unicità: la sua aura.

L’opera d’arte nel contesto della tradizione trovò la propria espressione nel culto. Le opere d’arte sorsero al servizio di un rituale, dapprima un rituale magico,
successivamente di uno religioso.

Il valore di unicità dell’opera d’arte “autentica” ha una sua fondazione nel rituale, nell’ambito del quale ha avuto il suo primo e originario valore d’uso.

Con la nascita della fotogra a, mezzo di riproduzione veramente rivoluzionario, l’arte reagì con la dottrina dell’arte per l’arte, che costituisce una teologia
dell’arte.

Per la prima volta nella storia del mondo la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte emancipa l’opera d’arte dalla sua esistenza parassitaria nell’ambito del
rituale.

Dal momento che viene a mancare il criterio dell’autenticità, l’intera funzione dell’arte si trasforma: da una fondazione sul rituale si passa al fondarsi sulla
politica.
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6.
Così diventano due i modi di recepire un opera d’arte: tramite il suo valore cultuale e il suo valore espositivo.

- la produzione artistica comincia con gurazioni che sono al servizio del culto: l’alce che l’uomo dell’età della
pietra ra gura sulle pareti della sua caverna è uno strumento magico, dedicato agli spiriti. Oggi sembra che il
valore cultuale come tale induca a mantenere nascosta l’opera d’arte, certe statue degli dei sono accessibili solo
al sacerdote nella sua cella, certe immagini della madonna rimangono coperte per quasi tutto l’anno.

Con l emancipazione di singoli esercizi artistici dall’ambito del rituale, aumentano le occasioni di esposizione dei
prodotti.

- l’esponibilità di un dipinto su tavola è maggiore di quella del mosaico o dell’a resco che l’hanno preceduta. Con
i vari metodi di riproduzione tecnica dell’opera d’arte, la sua esponibilità è cresciuta in misura poderosa.

7.
Nella fotogra a il valore di esponibilità comincia a sostituire su tutta la linea il valore cultuale, che oppone
resistenza occupando l’ultima trincea: il volto umano.

Nel culto del ricordo dei cari lontani o defunti il valore cultuale dell’immagine trova il suo ultimo rifugio,
nell’espressione fuggevole di un volto umano, dalle prime fotogra e, emana per l’ultima volta l’aura.

Dove però l’uomo scompare dalla fotogra a, lì per la prima volta il valore espositivo prevale sul valore cultuale.

La fotogra a comincia a diventare un elemento di prova nel processo storico, una testimonianza, la
contemplazione non gli si addice più, infatti nei giornali illustrati, nonostante l’immagine potesse essere vera o
falsa, è diventata per la prima volta obbligatoria la didascalia.

8.
Nacque una disputa nel corso del diciannovesimo secolo, tra la pittura e la fotogra a intorno al valore artistico dei
reciproci prodotti.

Già in precedenza era stato impiegato molto acume sprecato per decidere se la fotogra a fosse un’arte.

9.
La prestazione artistica dell’interprete teatrale viene presentata de nitivamente al pubblico da lui stesso in prima
persona; la prestazione artistica dell’attore cinematogra co viene invece presentata al pubblico attraverso un
apparecchiatura.

La prestazione dell’interprete cinematogra co davanti al pubblico non è tenuta a rispettare questa prestazione nella
sua totalità: si produce materiale frammentato che poi verrà assemblato insieme grazie al montaggio.

La prestazione dell’interprete viene così sottoposta a una serie di test ottici, varie inquadrature, movimenti di
macchina , primi piani.

In secondo luogo non presentando direttamente al pubblico la prestazione, perde la possibilità di adeguare la sua
interpretazione al pubblico nel corso dello spettacolo.

Il pubblico diventa così un perito che non viene turbato da alcun contatto personale con l’interprete.
Il pubblico si immedesima negli interpreti soltanto immedesimandosi negli apparecchi.
Dunque non è questo un atteggiamento a cui possono venir sottoposti valori cultuali.
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10.
Pirandello riguardo il cinema a erma che l’attore cinematogra co recita per un apparecchiatura o nel caso del lm
sonoro per due, la loro azione non c’è più, rimane soltanto la loro immagine colta in un momento.

L’opera del cinema sottrae all’attore l’aura, poiché la sua aura è legata al suo hic et nunc, ponendo l’
apparecchiatura al posto del pubblico.
L’aura che circonda l’interprete deve così venir meno e con ciò viene meno anche l’aura del personaggio
interpretato.

Pirandello scorge nelle caratteristiche del cinema la ragione della crisi da cui vediamo investito il teatro.

Studiosi specializzati hanno riconosciuto che si ottengono i maggiori risultati quando si recita il meno possibile, si
deve trattare l’attore alla stregua di un attrezzo.

L’attore che agisce sul palcoscenico si identi ca in una parte.Questo viene negato all’attore cinematogra co, la sua
prestazione non è mai unitaria, bensì composta di numerose prestazioni singole.

11.
Il cinema risponde al declino dell’aura con la costruzione arti ciosa della personality al di fuori degli studi
cinematogra ci: il culto della star, promosso dal capitale cinematogra co, conserva quella magia della personalità
che da tempo consiste ancora nella magia fasulla propria del suo carattere di merce.

Così il cinegiornale fornisce per esempio a ciascuno una possibilità di trasformasi da passante in comparsa
cinematogra ca. Ogni uomo contemporaneo può avanzare la pretesa di venir lmato.

Con la crescente espansione della stampa anche i lettori nirono tra coloro che scrivevano.
La cosa cominciò quando la stampa quotidiana apri loro la propria rubrica delle lettere al direttore (poi esperienze
di lavoro, denunce, reportage e simili).
Così la distinzione tra autore e pubblico è in procinto di perdere il proprio carattere sostanziale.

La competenza letteraria non viene più raggiunta attraverso una preparazione specializzata, bensì attraverso quella
politecnica, e diventa così di dominio pubblico.

Nell’Europa occidentale lo sfruttamento capitalistico del cinema impedisce di prendere in considerazione la pretesa
legittima che l’uomo odierno ha di essere riprodotto.
In questa situazione, l’industria cinematogra ca ha tutto l’interesse a imbrigliare, tramite rappresentazioni
illusionistiche e mediante ambigue speculazioni, la partecipazione delle masse.

12.
Nel cinema il gruppo degli assistenti, che non appartengono in quanto tali alla vicenda ripresa, non cadrebbero nel campo visuale dello spettatore, a meno che
la posizione della sua pupilla non coincida con quella dell’obiettivo della cinepresa.

Per principio il teatro conosce il punto dal quale ciò che avviene in scena deve essere visto senz’altro come illusorio. Invece nel lm la sua natura illusionistica
è il risultato del montaggio.

Detto questo, come si rapporta l’operatore nei confronti del pittore?

Prendiamo come estremi il chirurgo e il mago.

-il mago conserva la naturale distanza tra sé e il suo paziente, la riduce grazie all’imposizione delle sue mani.
Nel suo lavoro il pittore osserva una distanza naturale da ciò che gli è dato. Quella del pittore è un immagine totale.

-il chirurgo riduce la sua distanza dal paziente di molto, penetrando nel suo interno operativamente. L’operatore penetra profondamente nel tessuto della
situazione, l’immagine dell’operatore è variamente frammentata, le cui parti si compongono secondo una legge nuova: quella del cinema, del montaggio.

Così la rappresentazione lmica della realtà è incomparabilmente più signi cativa per l’uomo odierno, grazie alla sua penetrazione massimamente intensa
mediante l’ apparecchiatura.
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13.
La riproducibilità tecnica dell’opera d’arte modi ca il rapporto delle masse con l’arte.
Da un rapporto estremamente avverso al progresso, per esempio nei confronti di un Picasso, si rovescia in un
rapporto estremamente progressivo, per esempio nei confronti di un Chaplin.

Quanto più infatti il signi cato sociale di un arte diminuisce, tanto più, come si dimostra con la pittura, il contegno
critico e quello della mera fruizione da parte del pubblico divergono.

Il dipinto aveva sempre la pretesa peculiare di venir osservato da uno o da pochi.

Sintomo precoce della crisi della pittura è attraverso l’accesso dell’opera d’arte alle masse.
La pittura non è in grado di proporre l’oggetto alla ricezione collettiva simultanea.

14.
Il cinema ha in e etti arricchito il nostro mondo dei segni con metodi che possono venir illustrati mediante la teoria
freudiana.

Il cinema ha avuto come conseguenza un analogo approfondimento della percezione sull’intera ampiezza del
mondo della sensibilità ottica, e poi anche di quella acustica.

Rispetto alla pittura è l’indicazione incomparabilmente più precisa della situazione che costituisce la maggiore
analizzabilità della prestazione rappresentata dal cinema. Grazie all’isolabilità, una compenetrazione reciproca tra
arte e scienza.

Una delle funzioni rivoluzionarie del cinema sarà quella di rendere riconoscibile come identici l’utilizzo artistico e
l’utilizzo scienti co della fotogra a, che prima in genere divergevano.

Mediante il primo piano si dilata lo spazio, mediante la ripresa al rallentatore si dilata il movimento, l’ingrandimento
porta alla luce formazioni strutturali della materia completamente nuove, così in questi motivi già noti ne scopre di
completamente ignoti.

In questo modo diventa tangibile che la natura che parla alla cinepresa sia diversa da quella che parla all’occhio,
diversa perché subentra così uno spazio elaborato inconsciamente.

Qui interviene la cinepresa con i suoi mezzi ausiliari, con il suo scendere e salire, il suo interrompere e isolare, il suo
ampliare e contrarre il processo, il suo ingrandire e ridurre.
Dell’inconscio ottico sappiamo qualche cosa soltanto tramite essa, come dell’inconscio istintivo tramite la
psicoanalisi.

15.
Il dadaismo cercava di ottenere con i mezzi della pittura quegli e etti che il pubblico cerca nel cinema.
Sacri ca i valori di mercato.

Le loro poesie sono insalate di parole, contengono locuzioni oscene e tutto lo scarto pensabile del linguaggio.
Non diversamente i loro dipinti, cui costoro applicavano bottoni e biglietti ferroviari (imponendo il marchio di una riproduzione), ciò che ottenevano è uno spietato annientamento
dell’aura dei loro prodotti.

L’opera d’arte doveva innanzitutto produrre un’esigenza, quella di suscitare la pubblica indignazione.
Con i dadaisti l’opera d’arte diventò un proiettile che veniva sparato contro l’osservatore.

Il cinema si fonda infatti sul mutamento dei luoghi dell’azione e delle inquadrature, che investono gli spettatori di colpo.

-Un dipinto invita l’osservatore alla contemplazione, di fronte ad esso viene spinto all’abbandonarsi al proprio usso di associazioni.
-l’immagine cinematogra ca non appena viene colta visivamente, essa si è già modi cata, non può venir ssata.

Duhamel, che odiava il cinema, a erma: non sono già più in grado di pensare. Le immagini mobili si sono sistemate al posto del mio pensiero. Comprende questo aspetto della
struttura del cinema.
Il usso associativo di colui che osserva queste immagini viene subito interrotto per mezzo del loro cambiamento, questo è l’e etto di choc del cinema.

Il cinema riesce a liberare l’e etto ci choc sico (tattile) che il dadaismo cercava di ottenere nello choc morale.
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16.
La quantità è ribaltata in qualità: le masse sempre più vaste dai partecipanti hanno determinato un modo diverso di
partecipazione.

Duhamel disapprovava del cinema il modo di partecipazione che risvegliava presso le masse: un passatempo per
idioti, una distrazione per creature incolte, miserabili, esaurite dal lavoro,che sono dilaniate dalle loro
preoccupazioni, uno spettacolo che non esige in nessun modo concentrazione, che non presuppone alcuna facoltà
di pensare, suscita solo speranza di diventare una star.

Si tratta di un luogo comune.

-colui che si raccoglie davanti ad un opera d’arte vi si immerge; penetra in quest’opera.


-la massa distratta fa sprofondare l’opera d’arte in se.

——

Il bisogno dell’uomo di una dimora è però permanente, l’architettura non ha mai conosciuto pause, le costruzioni
vengono accolte in duplice modo: in modo tattile e ottico.

Poiché i compiti che in epoche di trapasso storico vengono posti all’apparato percettivo umano, non devono
essere assolti per via della mera ottica, cioè della contemplazione. Se ne viene a capo a poco a poco in base
all’addestramento della fruizione tattile, tramite l’abitudine. Anche colui che è distratto può abituarsi.

La fruizione nella distrazione, che si fa sentire con pressione crescente in tutti i settori dell’arte ed è il sintomo di
profondissime modi cazioni della percezione, trova nel cinema il proprio autentico strumenti di esercizio.

Il cinema respinge il valore cultuale non soltanto per il fatto che spinge il pubblico ad un atteggiamento valutativo,
bensì anche per il fatto che al cinema lo l’atteggiamento valutativo non implica attenzione.

Il pubblico è un esaminatore, e però un esaminatore distratto.

Postilla.
Il Fascismo tende conseguentemente a un estetizzazione della politica.
Tutti gli sforzi in vista di un estetizzazione della politica convergono in un punto; la guerra.
Nel Manifesto di Marinetti ci sono un sacco di cazzate sulla guerra come arte e blablabla

Il comunismo gli risponde con la politicizzazione dell’arte.


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