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Nichele Arianna

DIRITTO PRIVATO
sintesi integrate d’esame

Nichele Arianna

Nichele Arianna

DIRITTO PRIVATO
RIASSUNTO GALGANO (edizione compatta)
Cap. 3 LE PERSONE (da pag.41 a pag.58)
CAPACITÀ GIURIDICA
Per il diritto l’uomo è una persona, un soggetto di diritto; l’uomo è riconosciuto nel mondo del diritto come centro d’imputazione di
diritti e di doveri, possiede cioè CAPACITÀ GIURIDICA: intesa come l’attitudine dell’uomo ad essere titolare di diritti e di
doveri.
Ogni uomo, è in quanto tale una persona; egli assume tale attributo al momento della nascita (respirazione polmonare) e perdura no al
momento della morte (cessazione funzioni celebrali).
Il concepito non ancora nato è privo per il diritto della capacita giuridica, ma la legge gli riserva dei diritti, il cui acquisto è appunto
subordinato al momento della nascita (se il concepito non nasce vivo perde l’ef cacia dei diritti a lui riservati); diversa è la questione
se nascesse, anche per pochi istanti, vivo, essendo che i diritti a lui riservato andranno a chi è per legge, suo erede (comprese lesioni alla
prospettiva di vita futura).

NASCITA
La nascita è dichiarata da uno dei genitori, da un procuratore speciale o da un operatore sanitario, rispettando l’eventuale volontà della
madre di non essere nominata; la dichiarazione è resa, entro 10gg, all’uf ciale dello stato civile del comune, oppure entro
3gg dalla direzione sanitaria dell’ospedale o della clinica ove è avvenuto il parto. Questa dichiarazione da luogo alla
formazione dell’atto di nascita, che l’uf ciale di stato civile iscrive nei registri dello stato civile; nei medesimi registri verranno iscritti
tutti gli altri atti che con uiscono sullo stato civile della persona, compreso l’atto di morte. Tali atti posseggono una forza
probatoria, vale a dire che fanno fede no a prova contraria della verità che è stati dichiarato all’uf ciale di stato civile e provano no a
querela di falso ciò che l’uf ciale attesta esser stato dichiarato alla sua presenza.

NOME E COGNOME
Ogni persona è identi cata da un nome, o prenome e da un cognome.
Il nome lo si può proteggere con un’azione di reclamo o usurpazione nel caso di uso indebito.
Il cognome se si tratta di un glio nato da genitori coniugati fra loro è quello del padre; tuttavia la corte costituzionale si è pronunciata nel
2016 accogliendo una parziale illegittimità della norma circa l’automatica attribuzione del cognome paterno; se si tratta di un glio nato
fuori dal matrimonio e riconosciuto, il cognome af liatogli sarà quello del genitore che lo riconosce per primo (se riconosciuto
contemporaneamente il cognome sarà quello del padre; se la liazione paterna è avvenuta dopo, il cognome del padre potrà essere
aggiunto, anteposto o sostituito a quello della madre, già divenuto segno autonomo d’identità perdonale). Se il neonato è glio di ignoti,
il cognome gli sarà dato, a propria scelta, dal lo stesso uf ciale di stato civile; se il glio viene riconosciuto successivamente si segue la
regola precedentemente esposta.
Nel caso di glio minorenne, sarà il giudice a decidere circa l’assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del minore che abbia
compiuto 12 anni (ammessa un’eta inferiore nel caso il soggetto sia capace di discernimento). La persona divenuta maggiorenne, puo
ottenere di cambiare il suo nome, prenome e cognome.

SEDE DEGLI AFFARI


Si distingue fra domicilio, residenza, dimora e soggiorno.
➡ DOMICILIO: proiezione spaziale della persona, ovvero il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari; si
distingue il domicilio generale della persona, inteso come la sede principale dei suoi affari, dal domicilio speciale, inteso altresì il
domicilio che la persona può eleggere, con atto scritto, per determinati fatti o atti.
➡ RESIDENZA: luogo circa la dimora abituale della persona.
[! NB. domicilio e residenza possono coincidere, come no].
➡ DIMORA: luogo in cui la persona attualmente soggiorna, anche se non corrisponde al luogo in cui soggiorna abitualmente (es.
seconda casa, camera presa in locazione per il periodo degli studi).
➡ SOGGIORNO: luogo in cui si prede alloggio occasionalmente o momentaneamente (es. camera d’albergo).

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ASSENZA E MORTE PRESUNTA


Se una persona scompare dal luogo del suo ultimo domicilio (o residenza) e non se ne hanno più notizie, sorge il problema circa
l’amministrazione del suo patrimonio; coloro che presumono di esserne i successori (o un terzo interessato) può chiedere al
tribunale la nomina di un curatore dello scomparso. Trascorsi due anni dal giorno dell’ultima notizia ricevuta, il tribunale può
dichiarare l’assenza temporanea della persona e immettere nel possesso temporaneo dei ben dell’assente coloro che he
hanno richiesto l’amministrazione e fanno proprie le rendite dei beni che producono (salvo possibilità di alienarli, ipotecarli o
darli in pegno). Se l’assente ricompare dovranno essere restituiti i beni ma non, salvo determina eccezioni, le rendite nel
frattempo percepite. Trascorsi 10 anni dalla scomparsa della persona, il tribunale ne può dichiarare, con sentenza, la morte
presunta (anche se a suo tempo non ne fu dichiarata l’assenza), la quale determina gli stessi effetti della morte naturale, aprendo così alla
data della stessa sentenza, la successione ereditaria (coloro che furono immessi nel possesso temporaneo dei beni dello scomparso ne
divengono titolari, acquistano piena disponibilità degli stessi); il coniuge può cosi contrarre nuovo matrimonio.
Tuttavia può accadere che il morto presunto ricompaia; in tale caso, gli diranno essere restituiti i beni, ma nello stato in cui
attualmente si trovano, per cui, se erano stati venduti, avrà diritto di conseguire i beni nei quali il prezzo era stato investito, ma se il
denaro realizzato dalla vendita è stato consumato, non avrà diritto a nulla. Il nuovo matrimonio del coniuge è nullo, fatti salvi gli
effetti civili; tuttavia, se era stato chiesto l’accertamento della morte, il nuovo matrimonio contratto dal coniuge è comunque valido
(anche nel caso in cui la morte fosse avvenuta successivamente la data del matrimonio).
SCOMPARSA –> 2 ANNI –> ASSENZA –> 10 ANNI –> MORTE PRESUNTA (≠ dal morto punto)

CAPACITÀ D’AGIRE E LIMITAZIONI ANNESSE


La CAPACITÀ D’AGIRE è l’attitudine del soggetto a compiere atti giuridici, mediante i quali acquista diritti e assume
doveri; essa si consegue al raggiungimento della maggiore età (compimento del18esimo anno).
Si individuano 4 categorie di incapaci legali, più o meno gravi, ai quali si priva o si limita parzialmente la capacita giuridica al ne di
proteggerli, quindi tutelarli.
! NB. Il contratto stipulato da un incapace legale è annullabile.
INCAPACI LEGALI TOTALI (genitore o TUTORE, sostituisce la persona).
➡ MINORE. Il minore non possiede capacita d’agire motivo per cui viene af data al genitore o al tutore la legale rappresentanza di
quest’ultimo. Essi svolgono l’amministrazione ordinaria dei beni del minore; per compiere atti di straordinaria amministrazione è
necessaria una previa autorizzazione da parte del giudice tutelare. Tale sostituzione legale non abbraccia però tutti quegli atti di
carattere strettamente personale, riservati appunto solo al minore (es. testamento.
➡ INTERDETTO. Il maggiore di eta può trovarsi in condizioni di abituale condizione di infermità mentale, tali da renderlo incapace di
provvedere ai suoi propri interessi, motivo per cui può essere privato della capacita d’agire con la sentenza d’interdizione pronunciata
dal tribunale, su istanza del coniuge o persona a lui af ne. La persona interdetta sarà af ancata da un tutore, avente in mano la sua
stessa rappresentanza legale. Uno stato d’interdizione implicante la limitazione della capacità d’agire è inoltre previsto dal codice
penale, come pena accessoria alla sanzione penale, per colui che sia stato condannato all’ergastolo o alla pena della reclusione per
un tempo non inferiore a 5 anni.
! AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO (s’introducono gli artt 404-413 con novellazione). Le persone maggiorenni possono trovarsi
ad essere prive, in tutto o in parte, di autonomia, e come tali, soggette dunque a misure di protezione, fra queste (dal 2004)
l’amministrazione di sostegno; una misura di tutela della persona costruita ad hoc, dotata di caratteristiche speci che
rispondenti a tutte le esigenze presenti nel caso concreto, a favore del bene ciario. Il presupposto per la nomina di un
amministratore di sostegno è uno stato d’infermità mentale o una menomazione sica\ psichica che prova
l’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. La nomina dell’amministratore di sostegno
avviene con decreto del giudice tutelare, su ricorso, oltre che dei soggetti legittimati all’istanza di interdizione, dello stesso
bene ciario (contestualmente vi sarà la revoca dell’intenzione o inabilitazione); il decreto deve inoltre indicare gli atti che
l’amministratore potrà compiere in nome e per conto del soggetto debole (il quale conserva la capacità d’agire limitatamente
agli atti necessari a soddisfare piccoli interessi quotidiani).
L’amministrazione di sostegno nasce a cura di Paolo Cendon, il quale indaga sul tema della disabilità, affermando come eliminando
l’interazione le persone disabili verrebbero come aliante dalla società; lo scopo per cui nasce questo nuovo strumento di tutela è
appunto evitare di emarginare questa categoria, ma anzi, creando una forma di protezione su misura, in relazione alle
de cienze della persona in questione, quindi integrarla, in modo protetto, all’interno della società.
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INCAPACI LEGALI PARZIALI (genitore o CURATORE, af anca ma non sostituisce la persona).


➡ MINORE EMANCIPATO. Il sedicenne che sia autorizzato dal tribunale a contrarre matrimonio (e riconoscimento del glio naturale)
è, dalla data del matrimonio, emancipato; l’emancipazione comporta una piena capita d’agire limitatamente agli atti di ordinaria
amministrazione, sottraendogli la possibilità di procedere in atti di straordinaria amministrazione, lasciati invece alla disponibilità del
suo curatore.
➡ INABILITATO (prodighi, o persone con problemi di dipendenza da alcol o sostanze stupefacenti). Lo stato di infermità mentale può
non essere talmente grave da giusti care la totale privazione della capacità d’agire, come nei casi sopracitati, motivo per cui le
persone legittimate alla domanda d’intenzione possono chiedere, qualora non sia preferibile l’adozione dell’amministrazione di
sostegno, l’inabilitazione; l’inabilitato sarà quindi af ancato da un curatore.

PERSONE FISICHE E PERSONE GIURIDICHE


Quando parliamo di persona ci riferimento al centro d’imputazione o di riferimento di rapporti giuridici; tuttavia bisogna
distinguere i soggetti di diritto in persone siche ed in persone giuridiche. Si de nisce:
✦ PERSONA FISICA. Con persona sica s’intende il soggetto di diritto, titolare di diritti e obblighi, investito della necessaria
capacità giuridica, di cui abbiamo largamente parlato.
✦ PERSONA GIURIDICA. Con persona giuridica s’indica invece ogni soggetto di diritto diverso dalla persona sica, con
riferimento alle organizzazione collettive formate da uomini, considerate come un soggetto a sé stante, ulteriore
dunque rispetto le persone siche che compongono l’organizzazione medesima. Si dice perciò che la persona giuridica è
dotata di una propria capacità giuridica, che le permette dunque di essere titolari di propri diritti e propri doveri, avere la
proprietà di propri beni ed essere responsabile dei propri debiti, ecc. Le organizzazioni collettive, quali ad esempio associazioni,
fondazioni e società, agiscono pur sempre per mezzo di uomini; gli atti compiuti in suo nome dagli amministratori sono atti riferiti
alla persona giuridica, ossia sono atti gli effetti giuridici dei quali investono la persona giuridica, la quale vanterà una propria capacita
d’agire, essendo che essa compie atti giuridici per mezzo delle persone siche che agiscono come suoi organi.
Si è discusso molto circa l’ALTERITÀ delle persone giuridiche (la persona giuridica è qualcosa di altro rispetto la persona
sica, –Savigny); sono diverse le teorie a riguardo, fra le quali ricordiamo la teoria della nzione (persone giuridiche intese come
costrutti arti ciali) e la teoria organica (persone giuridiche intese come organismi sociali dotati di una propria volontà e portatori di
propri interessi, distinti dalla volontà e dagli interessi personali, ergo dei soggetti di cui si compongono), ad oggi ritenute superate da una
terza diversa teoria che mette in evidenza la natura essenzialmente linguistica del concetto di persona giuridica. Si
afferma appunto che “persona giuridica” è un’immagine del parlare gurato, giusti cata dal fatto che le norme regolatrici delle
organizzazione danno luogo a situazioni analoghe (simili, ma non uguali) a quelle di un soggetto di diritto. La soggettività giuridica delle
associazioni non possiede la medesima natura di quella dell’uomo; una consapevolezza che permette dunque di sventare gli abusi della
personalità giuridica.

CLASSIFICAZIONE DI PERSONE GIURIDICHE: ENTI PUBBLICI E PRIVATI


Le persone giuridiche si distinguono anzitutto in persone giuridiche pubbliche e persone giuridiche private.
➡ PERSONE GIURIDICHE PUBBLICHE. Denominate come enti pubblici, essi sono: lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali
(regioni, province e comuni), in quanto enti esponenziali di una data comunità, stanziata su un determinato territorio. Distintivo
è il loro potere sovrano o potestà d’imperio; essi sono le forme di organizzazione politica della nazione, concepiti come appunto
enti autonomi (organizzazioni collettive necessarie). Gli enti territoriali si distinguono dagli altri enti pubblici per i loro
compiti speci ci, quali cabile come: monosettoriali o plurisettoriali, e per il loro raggio d’azione: nazionale o locale. Importanti sono
gli enti pubblici economici, aventi per oggetto l’esercizio di una attività commerciale. Con un secondi criterio di classi cazione,
possiamo distinguere quest’ultimi, dagli enti strumentali dello stato (e degli stessi enti territoriali), cioè quegli enti che svolgono
attività proprie dello stato (o di un ente territoriale,) con l’azione diretta dei propri organi ed apparati, al ne di una più ef cace e
razionale organizzazione del pubblico potere (il loro rapporto strumentale si manifesta nel fatto che lo stato, o altro ente territoriale,
può nominare\ revocare amministratori e formulare direttive a ni istituzionali, intesi come atti di indirizzo programmatico). Gli enti
territoriali possiedono una doppia capacità: di diritto pubblico (potere di amare atti autoritativi), quanto di diritto
privato (essere titolare di diritti e doveri); gli enti pubblici strumentali di norma posseggono solo la capacita di
diritto privato (emanando atti di autonomia contrattuale con i terzi). Enti territoriali e strumentali possiedono però un carattere
comune, quali cabile come il perseguimento di ni pubblici al ne di soddisfare pubblici interessi collettivi.
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➡ PERSONE GIURIDICHE PRIVATE. Esse sono persone giuridiche di diritto comune, costruite secondo le norme del diritto civile;
fra quelle più importanti distinguiamo: associazioni, fondazioni (libro 2) e società (libro 5).
‣ ASSOCIAZIONI Esse sono una manifestazione della natura sociale dell’uomo (riferimento all’art.2 cost), quali cabili come
una forma volontaria stabile di organizzazione collettiva volontaria, attraverso la quale vengono perseguiti scopi
superindividuali. Essa si costituisce per contratto (contratto di associazione), mediante il quale più persone si impegnano
al perseguimento di uno scopo di natura ideale, o comunque di natura non lucrativa, carattere proprio delle società.
All’associazione possono aderire nuovi membri e uscirne con una dichiarazione di recesso. L’associazione agisce per mezzo di
propri organi (assemblea e amministratori, cui è af dato l’esecutivo). Sono esempi di associazioni, ad esempio: i partiti politici,
i sindacati (svincolati da controlli, soprattutto scali). Hanno proprio statuto.
‣ FONDAZIONI Esse sono stabili organizzazioni predisposte per la destinazione di un patrimonio privato ad un
determinato scopo di natura ideale (assistenziale, culturale, scienti co, ecc). Come le associazioni, pure le fondazioni si
collocano nel novero delle organizzazioni collettive atte al conseguimento di scopi superindividuali, con la differenza che
la fondazione possiede un solo organo: gli amministratori, nominati nei modi previsti dall’atto di fondazione (non vi è dunque
un’assemblea). L’atto costitutivo della fondazione è un atto unilaterale, di cui un valido esempio ne è il testamento (in tale
caso, l’atto diventerà ef cace solo al momento dell’apertura circa la successione).
Le associazioni e le fondazioni conseguono il riconoscimento della personalità giuridica in forza dell’iscrizione nel
registro delle persone giuridiche, presso la prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell’ente (a differenza delle
società che acquistano personalità giuridica attraverso l’iscrizione del registro delle imprese).

Bisogna distinguere fra le persone giuridiche le associazioni riconosciute (le quali hanno chiesto e ottenuto il riconoscimento) da quelle
non riconosciute (che non l’hanno richiesto o non l’hanno ottenuto, molto spesso in ragione della mancanza di un patrimonio suf ciente
al raggiungimento dello scopo). Dal riconoscimento della personalità giuridica derivano ulteriori e speci che prerogative,
delle quali non godono appunto le associazioni non riconosciute (anche se dal 2000 questi tratti distintivi sono andati
riducendosi).
DIFFERENZE FRA ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE E NON:
‣ Le prime possono acquistare beni (mobili e immobili), a titolo sia oneroso che gratuito; le seconde solo a titolo oneroso (anche se la
legge prima citata ha innovato tale ambito, permettendo anche a enti non riconosciuti di conseguire eredità, legati e donazioni).
AUTONOMIA PATRIMONIALE PERFETTA.
‣ Per le associazioni non riconosciute inoltre, le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione,
i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune; delle obbligazioni stesse rispondo quindi personalmente e
solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto della stessa associazione (ossia gli amministratori):
l’associato infatti, in quanto tale, non è MAI personalmente responsabile (sia che facci parte di associazioni
riconosciute e non). Diversa è dunque la posizione dell’amministratore, il quale si trova ad essere personalmente responsabile
delle obbligazioni assunte in nome dell’associazione, qualora il fondo comune non sia suf ciente a sanare il debito (motivo per cui,
se il patrimonio è esiguo, ergo non congresso allo scopo che si vuole perseguire, il prefetto non ammette il riconoscimento
dell’associazione; tutto ciò al ne di tutelare i creditori dell’associazione. AUTONOMIA PATRIMONIALE IMPERFETTA.

! NB. COMITATI. Si parla di comitati quando i fondi destinati ad uno speci co scopo di pubblica utilità (es. bene cenza), sono
raccolti per pubblica sottoscrizione da una pluralità di promotori, i quali rispondo illimitatamente per le obbligazioni
assunte (i sottoscrittori sono solo tenuti ad eseguire le oblazioni (=donazioni di modico valore) promesse).

Importante a tal proprio la legge delega (106\2016) circa il terzo settore e il successivo codice del terzo settore, adottato dal
governo (dlgs 117\2017), al ne di disciplinare le attività ed i soggetti ricadenti in quest’alveo con maggiore precisione (si va ad integrare
il semplice codice civile con un codice terzo), andando quindi ad escludere dalla suddetta categoria: le associazioni dei datori di lavoro,
fondazioni e associazioni politiche, o di rappresentanza. I soggetti del terzo settore conseguono personalità giuridica previa iscrizione nel
registro unico nazionale del T.S.

DIRITTI DELLA PERSONALITÀ –> leggi da pag.58 a pag.68 e riprendi gli appunti di
diritto costituzionale. Integrazioni nel le a parte.

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Nichele Arianna

Cap.4 LA PROPRIETÀ (da pag.69 a pag.91)


BENE IN SENSO GIURIDICO
A differenza dell’accezione romana di beni, intesi come le cose comune di tutti, il concetto giuridico di bene, ad oggi è inteso con
un’accezione più restrittiva, quali cando gli stessi, ex art.810 cc, come le cose che possono formare oggetto di diritti; il mezzo
attraverso quale l’uomo soddisfa i propri bisogni (beni di consumo, beni di produzione).
Dunque si focalizza l’attenzione sul rapporto uomo-bene, che se analizzato, si enuclea come un rapporto esclusivo fra uomini,
essendo che l’utilizzazione da parte di alcuni, implichi come conseguenza l’esclusione del loro uso da parte degli altri;
generando un con itto circa l’appropriazione delle risorse che mira appunto a stabilire un rapporto di esclusiva
appartenenza circa la cosa.
Sono beni per il diritto anche le energie naturali che abbiano un valore economico; ovvero energie che si trovino in quantità limitata e
per protrarsele ci si trovi disposi a sborsare una somma di denaro, che ne rappresenta appunto il valore economico stesso, ergo si
considera l’attitudine della cosa non tanto a formare oggetto di diritti, ma bensì a formare oggetto di scambio (arriveremo ad affermare
dunque che i beni in senso giuridico si quali cano come le sole cose suscettibili di valore economico).

CLASSIFICAZIONE DEI BENI


Il codice civile regola solo i beni in senso giuridico.
Ricorda che anche le cose che pur non appartenendo a nessuno possono formare oggetto di proprietà; tra i beni si suole distinguere fra:
beni in patrimonio (beni di proprietà di qualcuno) e beni di nessuno (res nullius, non hanno un proprietario, pur potendo averlo).
La distinzione fondamentale è quella che intercorre fra beni immobili, mobili e mobili registrati:
➡ IMMOBILI: rientra in tale categoria tutto ciò che si trova saldamento ancorato al suolo; posizione di rilievo assumono le costruzioni
edilizie ed i suoli (distinti a loro volta fra fondi rustici e fondi urbani).
➡ MOBILI: tale categoria si riceva per sottrazione se relazionata con quella superiore; fra essi ricordiamo le energie naturali ed il
danaro.
➡ MOBILI REGISTRATI: posizionati in una condizione intermedia vi sono i beni mobili iscritti in pubblici registri (es.auto, aerei).
Ulteriori subclassi cazioni:
➡ beni di genere (cose fungibili, di produzione seriale) e beni di specie (cose infungibili, uniche e con propri tratti distintivi).
➡ beni consumabili (si estinguono per l’uso) e beni inconsumabili (l’uso li deteriora ma non li estingue).

LEGGE DI CIRCOLAZIONE DEI BENI


Il nostro sistema giuridico si fonda sulla disponibilità dei diritti (tranne alcune eccezioni) e sulla libera circolazione dei beni, che
possono essere trasferiti mediante atti di autonomia negoziale. Tale legge consiste in un principio generale del nostro
ordinamento, nelle norme che regolano il passaggio dei beni da un proprietario ad un altro; i beni mobili passando da un
proprietario ad un altro in forme molto più semplici, ponendo in essere una circolazione della ricchezza quando più rapida
ed ampia, a sostegno del principio dell’economia liberale (più ricchezza circola, più se ne crea). Diversa è la circolazione dei beni
immobili, più lenta e complessa, al ne di proteggere l’interesse individuale del proprietario a conservare la proprietà (la proprietà
immobiliare è disciplinata con legge propria). I beni mobili registrati seguono una disciplina af ne ai beni immobili, ma per il
resto sono sottosti alle norme tipiche del beni mobili.
Più cose mobili formano un’universalità di cose se appartengono al medesimo proprietario e posseggono una
destinazione unitaria (es. biblioteca); il loro proprietario può disporre dell’universalità nel suo insieme e allora l’atto di disposizione
comprende i singoli beni mobili che la compongono, ma può disporre, separatamente dal tutto, dei singoli beni.
Si de niscono, ex art.817 PERTINENZE le cose, mobili o immobili, destinate durevolmente al servizio o ad ornamento di
un’altra cosa, mobile o immobile (es. scialuppe di una nave, arredo di un hotel, garage di una villa). Il rapporto pertinenziale può
essere stabilito solo dal proprietario della cosa principale (o da chi vanta su essa altro diritto reale); tale rapporto stabilito fra più cose
in uisce sulla circolazione delle pertinenze, ex art.818: gli atti o i rapporti che hanno per oggetto la cosa principale
comprendono (se non sono escluse), anche le pertinenze; d’altra parte esse possono formare oggetto di separati atti o
rapporti.
Il rapporto pertinenziale collega fra loro cose che restano, pur sempre, una pluralità di cose; motivo per cui NON va
confuso con il rapporto di connessione per il quale più cose vengono unite fra loro per creare un’unica cosa; si parla in tal
caso di cosa composta: le cose che concorrono alla sua formazione non possono essere separate, se la cosa risultante dalla loro unione
perda la propria identità (es. un’auto senza ruote non è più un’auto).
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! ATTENZIONE, Ex art.819 (regime delle pertinenze): se l’acquirente acquista non in mala fede la cosa principalmente e con lei le
pertinenze (non comprese), il proprietario della pertinenza, se questa si quali ca come bene immobile o mobile registrato, può
rivendicarla in qualsiasi momento nonostante ci sia stata a monte la buona fede dell’acquirente.

Possiamo desumere, in via preliminare, che ogni sistema giuridico:


➡ asseconda, in misura variabile, la propensione di ciascun uomo a fare proprie le cose, quindi ad utilizzarle per un
proprio personale vantaggio, escludendo gli altri dalla loro utilizzazione; ergo si riconosce il DIRITTO DI PROPRIETÀ, ex
art.832 cc, “il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con
l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico”.
➡ regola i con itti fra gli uomini per l’appropriazione delle cose, determinando con legge, i modi d’acquisto della proprietà
(sottolineando il divieto circa l’uso della forza nell’appropriazione dei beni, pena il non riconoscimento della protezione del
diritto).
➡ individua la categoria dei beni pubblici, ossia quei beni che considerati di utilità generale sono quali cati come
appartenenti alla società nel suo insieme, e quindi vengono sottratti ad ogni possibilità di appropriazione da parte
di singoli. Sono beni che, in epoca moderna, appartengono allo Stato e agli enti pubblici, cui si af da il compito circa: un
disciplinato uso da parte di tutti (demanio naturale), un utilizzo a vantaggio di tutti (patrimonio indisponibile dello stato),
una funzione di protezione e salvaguardia degli stessi. Accanto al patrimonio indisponibile dello stato, vi sono i beni
demaniali, contraddistinti da un notevole valore storico, archeologico ed artistico, contraddistinti dalla limitatezza, ma soprattutto
inalienabili (non vi si può acquistare la proprietà neppure a titolo originario, mediante il possesso, il quale sarebbe senza effetto),
dunque non sottraibili alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalla legge, motivo per cui si de niscono “cose fuori dal
commercio”. Formano oggetto di patrimonio disponibile dello stato, tutti quei beni che lo stato acquista in forza della sua
capacita di diritto privato e sui quali esercita il comune diritto di proprietà.
➡ pone limiti alla proprietà e impone obblighi per il proprietario.

DIRITTI REALI: DIRITTO DI PROPRIETÀ (1) E DIRITTI REALI MINORI (6)


I diritti sulle cose assumono il nome di diritti reali (IUS IN RE: DIRITTO SULLA COSA), e fanno parte della macrocategoria dei diritti
assoluti (ergo, opponibili erga omnes).
I diritti reali sono 7, di cui 1 principale: la proprietà e 6 minori (o parziali): super cie, en teusi, uso, usufrutto, abitazione e
servitù, che nel loro insieme compongono il contenuto del diritto.
I diritti reali minori si de niscono tali in quanto caratterizzati da un contenuto sicuramente più limitato rispetto la piena
proprietà, tanto che in taluni casi si esaurisce addirittura in una sola facoltà; essendo diritti su cosa altrui (ergo, si esercitano su cose di cui
altri è proprietario), essi coesistono, sulla cosa, con l’altrui diritto di proprietà (il proprietario non sarà pieno proprietario, ma bensì
nudo proprietario)–> il contenuto dunque si riduce per permettere che la medesima cosa formi oggetto di altrui diritti
reali.
La piena proprietà consente la più ampia sfera di facoltà (potenzialmente illimitate) che un soggetto possa esercitare su una cosa.
Analizzando l’ART.832, emergono sei punti salienti:
➡ FACOLTÀ DI GODERE DELLE COSE Si quali ca, in linea di principio, come la facoltà del proprietario di utilizzare la cosa, non
utilizzarla, trasformala o persino distruggerla.Quanto alle cose fruttifere, la facoltà di godimento del proprietario include il
diritto di fare propri i frutti della cosa, sia essi frutti naturali, provenienti direttamente dalla cosa madre (sia anche con un
eventuale concorso dell’opera dell’uomo), o frutti civili, il danaro che il proprietario ricava dalla cessione ad altri circa il godimento
della cosa. Nel primo ordine di casi, per quanto attiene ai frutti naturali, essi sono, nché non avviene la separazione dalla cosa
madre, parte di questa (la vendita del fondo comporta in automatico la vendita dei frutti ancora pendenti); solo con la separazione i
frutti divengono cose a se stanti ed appartengono al proprietario della cosa madre (NB. si può disporre dei frutti prima della
separazione ma come di cosa futura). Nel secondo ordine di casi, per quanto attiene invece ai frutti civili, essi si acquistano giorno per
giorno nche dura il diritto di proprietà di percepirli.
➡ FACOLTÀ DI DISPORRE DELLE COSE Il proprietario vanta una disposizione giuridica (≠ dalla disposizione materiale), che si
quali ca come la possibilità di vendere la cosa, donarla, o meno. Sotto tale ottica acquista rilievo il valore di scambio del
bene, che una volta scambiato appunto, ne realizza un contro-valore in danaro entrante nelle tasche del proprietario (il consumatore
sarà invece interessato al valore d’uso). Alla facoltà di disporre, inerisce la facoltà del proprietario di costruire sul bene garanzie reali
(es. pegno ed ipoteca).
➡ PIENEZZA DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ Godere e disporre in modo pieno signi ca che il proprietario possa farne tutto ciò che
non e espressamente vietato (con attenzione dunque alle norme che impongono meno di fare qualcosa). La pienezza viene
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meno quando sulla cosa si siano costituiti dei diritti reali minori (in tal caso non si parla di piena, ma di nuda proprietà)–>
elasticità della proprietà.
➡ ESCLUSIVA DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ Il proprietario ha il diritto di escludere chiunque altro del godimento e la
disposizione della cosa di cui è titolare: ius excludendi alios (richiamo al rapporto fra uomini de nito sopra); è legittima per
cui la chiusura del fondo, essendo tale pretesa protetta dell’autorità giudiziaria grazie all’applicazione di norme tanto penali, atte alla
sanzione d’azioni lesive, quanto da azioni civili, con diretto riferimento alle azioni petitorie (a difesa della proprietà), possessorie (a
difesa del possesso) e di nunciazione.
Analisi elementi correttivi atti a determinare un punto di equilibrio fra interessi opposti, ergo a presidio della collettività e dei singoli:
➡ LIMITI ALLA FACOLTÀ DI GODERE E DISPORRE Ci riferiamo al divieto di atti emulativi, ex art.813: atti che non abbiamo altro
scopo se non quello di nuocere o recare molestia ad altri, e al limite circa la facoltà di godimento dei suoli, regolato dagli
appositi piani regolatori, nalizzati alla mappatura e al riparo dei suoli in terreni destinati all’agricoltura, all’industria e all’edilizia.
PRINCIPIO DELL’ABUSO DEL DIRITTO–>non presente esplicitamente nel codice civile, come in altri ordinamento, ma se leggiamo
l’art.833 insieme all’art.1375 circa la buona fede contrattuale si può evincere.
! NB. Collega gli articoli della costituzione economica (41,42,43 cost–> funzione sociale ed espropriazione con serio ristoro).
➡ OBBLIGHI DEL PROPRIETARIO Tradizionale obbligo del proprietario consiste nel consentire l’accesso al proprio fondo, al
vicino che abbia necessita di entrarvi per eseguire opere sul proprio fondo o al soggetto che voglia recuperare un
proprio bene caduto accidentalmente nel fondo del proprietario. Inoltre, il proprietario del fondo destinato
all’agricoltura ha l’obbligo di provvedere alla coltivazione del terreno, essendo che la terra è una risorsa
fondamentale il cui sfruttamento si traduce in un interesse generale collettivo (il codice civile afferma un platonico
divieto per il proprietario circa l’abbandono della coltivazione o di astenersi dall’utilizzazione del bene produttivo, pena
l’espropriazione e il pagamento di un’indennità; altrettanto è stabilito per quanto riguarda la stato di abbandono e deperizia dei
propri bene che possa nuocere al decoro, arte o sanità pubblica, anche ancora non ha trovato effettiva applicazione). La legge 440\78
stabilisce che le terre incolte possono essere assegnate per la loro coltivazione a chi ne faccia richiesta: è una forma di acquisto
forzato, per il quale il coltivatore paga un canone calcolato secondo criteri stabiliti dalla legge.

IMPRESCRITTIBILE
Il diritto di proprietà NON si prescrive, ovvero non si estingue per il solo fatto che il suo titolare si astenga dall’esercitarlo,
permanendo dunque in capo al suo titolare (e successivi eredi). L’imprescrittibilità del diritto di proprietà trova la sua ratio nel fatto
che ogni bene debba avere un proprietario, al quale potersi rivolgere per esigere l’adempimento delle disposizioni che concernono il
regime dei (≠ abbandono).
! ATTENZIONE. La proprietà si perde per non uso prolungato solo se al non uso del diritto da parte del proprietario,
corrisponde il possesso della cosa prolungato nel tempo da parte di altri; con l’usucapione si ha l’estinzione diritto di
proprietà deriva dal fatto che altri è divenuto proprietario del diritto (20 anni, salvo deroghe).

PROPRIETA’ FONDIARIA (art.840)


Il fondo, rustico o urbano è delimitato in senso tanto ORIZZONTALE, quanto VERTICALE; i con ni del fondo segnano il
limite del diritto di proprietà del proprietario medesimo. In senso orizzontale, la limitazione segue un carattere geometrico
atto a stabilire con ni appunto; in sensi verticale si adotta invece un criterio di natura economica, per cui la proprietà si estende n
dove il proprietario del suolo dimostri di aver un interesse ad esercitare il suo diritto esclusivo (non ha dunque una
proprietà illimitata rispetto al sottosuolo o allo spazio sovrastante il suo fondo, ma questa nisce ove il suo interesse lo giusti ca; dove non
giusti cato lo spazio in senso verticale è da considerarsi cosa comune di tutti). In linea generale affermo che il diritto di proprietà del
soggetto deve contenersi entro i limiti del fondo; signi cativa in materia è la norma in materia di stillicidio: il proprietario deve costruire i
tetti degli immobili in modo tale che l’acqua piovana non cada all’interno del fondo del vicino. Fra proprietari con nanti è spesso
inevitabile che il godimento dell’uno interferisca con il godimento dell’altro, limitandolo o pregiudicandolo; tali
ingerenze trovano nella legge speci ci criteri di contemperamento.
LIMITI AL GODIMENTO DI PROPRIETÀ FONDIARIE CONFINANTI:
A protezione del diritto del vicino è necessario rispettare determinate distanze minime de nite: DISTANZE LEGALI.
‣ COSTRUZIONI. Costruzioni su fondi con nanti devono tenere una distanza minima di 3m, salve distanze maggiori stabilite dai regolamenti comunali, af nché le
costruzioni vicine non si tolgano reciprocamente aria, luce e non pregiudichino la sicurezza reciproca. Risulta favorito fra i proprietari, secondo il principio della
prevenzione temporale, colui che abbia costruito per primo; il proprietario che vi abbia costruito successivamente dovrà o arretrate o avanzare la costruzione; nel
secondo caso costruendo un appoggio al muro del vicino (pagando metà del valore del muro, divenuto di comproprietà) o in aderenza ad esso (pagando il valore del
suolo vicino occupato), o per innestare un capo del proprio muro (pagando la meta del muro e corrispondendo un’indennità per l’innesto stesso). Se colui che vi
costruisce dopo non ripeta le distanze minime previste dalla legge, il primo proprietario potrà esigere la riduzione in pristino (cioè la demolizione della costruzione
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che eccede le distanze legali). Talvolta le distanze non interessano solo le costruzioni, ma la distanza dal con ne; i regolamenti intorte prescrivono limiti massimi di
altezza e volume delle costruzioni in rapporto con la differente classi cazione urbanistica del suolo, per un razionale uso del territorio (se non rispettati non si potrà
chiedere la riduzione in pristino, ma solo l’azione per il risarcimento del danno). Cisterne, pozzi e tubi devono essere collocati ad almeno 2m dal con ne (per i fossi è
richiesta una distanza uguale alla loro profondità).
‣ ALBERI E SIEPI. Gli alberi di alto fusto (+3m) devono essere piantati ad almeno 3m dal con ne; gli altri alberi, viti e siepi rispettivamente ad 1m e 0,5m (il vicino potrà
tagliare i rami che invadano la sua proprietà). Gli alberi situati sul con ne fra due terreni si presumono comuni ergo, per tagliarli serve un mutuo consenso.
‣ LUCI E VEDUTE. Si distingue fra luci (aperture nel muro che non consentano di affacciarsi sul fondo del vicino) e vedute (consentono di affacciarvisi); le prime devono
essere munite di inferiate e grate sse, e posizionate ad un’altezza stabilita dalla legge ex art.905), le seconde invece devono essere aperte ad una distanza di almeno
1,5m dal con ne.
‣ MURI, FOSSI DI CONFINE. Il muro di con ne si presume comune ai proprietari dei fondi che esso divide , salvo che uno dei proprietari non ne provi la sua esclusiva
(ad eccezione di edi ci continenti con altezze distinte); (vedi pag.86).
‣ ACQUE PRIVATE. Legge 167\1994 rende libere l’utilizzazione delle acque sotterranee per uso domestico, incluso l’innaf amento di orti; libera altresì la raccolta delle
acque piovane per i proprietari di fondi rustici. Il de usso d’acqua in quanto usso è considerato un bene (vedi pag.89).
‣ IMMISSIONI. Intese come immissioni di fumo, gas, sostanze inquinanti, di rumori, vibrazioni, ecc. Il criterio legale per la soluzione del con itto è la normale (media)
tollerabilità, ex art.844: il proprietario non può impedire immissioni se esse non superino la capacità di sopportazione dell’uomo medio (criterio a favore delle attività
produttive per cercare di contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà; criteri complementari sono la condizione dei luoghi e la priorità di un
dato uso desumibile preventivamente dai piani regolatori). Ex art.32 cost–> diritto alla salute inteso come vivere in un ambiente salubre.

AZIONI PETITORIE
(A DIFESA DELLA PROPRIETÀ)
Il diritto di proprietà fruisce come ogni altro diritto di protezione giurisdizionale; nel caso della proprietà si parla di 4 AZIONI
PETITORIE. Nel linguaggio procedurale civile si suole distinguere fra: l’attore (chi propone l’azione, ergo citando in giudizio) e il convenuto
(chi viene citato in giudizio); il convenuto può contrattaccare con una domanda riconvenzione a sua difesa, basata sullo stesso titolo su cui
si basa la pretesa, o sul titolo su cui si fonda la sua eccezione. La protezione dei diritti soggettivi spetta all’autorità ordinaria (lesione di
diritto soggettivo–> giudice ordinario\ lesione di interesse legittimo–> giudice amministrativo).
➡ AZIONE DI RIVENDICAZIONE (art.948) Spetta a chi si dichiara proprietario di una cosa della quale altri abbia il possesso o la
detenzione; mira ad ottenere dal giudice l’accertamento del diritto di proprietà e la condanna del possessore o detentore alla
restituzione della cosa. [Se si accerta durante il giudizio che il possessore abbia ceduto al cosa a terzi, l’attore agora in giudizio sia
verso il nuovo possessore, sia verso il possessore originario per ottenerne la condanna e il rimborso spese]. L’azione di
rivendicazione è resa alquanto ardua dal fatto l’attore deve dare la prova (PROBATIO DIABOLICA), spesso non facile,
del diritto di proprietà a titolo originario (art.1146 accessione e successione nel possesso) sulla cosa; in altre parole
tale azione presuppone che il proprietario non abbia altro titolo per ottenere la restituzione della cosa se non il diritto di proprietà
gravante su essa.
! NB. Se ricorrono determinati presupposti, si può procedere in un’azione possessoria, sicuramente più rapida (in tal caso il soggetto leso è
esonerato dall’onere di provare la propria proprietà, dovendo dare solo prova materiale d’essere stato spogliato dal convenuto del
possesso della cosa (un’ azione di restituzione, reintegrazione o spoglio, può essere basata su contratto).
➡ AZIONE NEGATORIA (art.949) Spetta al proprietario contro chi pretende di avere diritti reali minori sulla cosa; mira ad
ottenere dal giudice l’accertamento circa l’inesistenza del diritto altrui e l’ordine, rivolto al convenuto, di cessare
eventuali molestie o turbative della proprietà, ossia la sua pretesa di diritto sulla cosa. L’attore si limiterà a dare la prova
del proprio diritto di proprietà, mentre incombe sul convenuto l’onere di provare l’esistenza circa il suo preteso diritto sulla cosa,
contestato dall’attore. Completamente opposta è l’azione di confessione.
! NB. Se ricorrono determinati presupposti, si può procedere in un’azione possessoria, ossia l’azione di manutenzione.
➡ AZIONE DI REGOLAMENTO DEI CONFINI (art.950) Spetta a ciascuno dei proprietari immobiliari con nanti, quando è incerto il
con ne che separa i due fondi; mira alla determinazione del con ne (per l’accertamento è ammesso qualsiasi tipo di prova).
! NB. Tale azione non va confusa ≠ con l’ AZIONE DI APPOSIZIONE DI TERMINI, che presuppone invece un con ne certo ( sico e
visibile) e incontroverso: spetta a ciascun con nante per ottenere che, a spese comuni, siano apposti i termini (segni) del con ne.
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Cap.5 IL POSSESSO (da pag.93 a 102)


DIFFERENZA DI SITUAZIONI GIURIDICHE
A differenza della proprietà (art.832) che quali chiamo come una situazione di diritto, il possesso lo possiamo de nire come una
situazione DI FATTO, essendo, ex art.1140 il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio
del diritto di proprietà: il possessore si comporta, di fatto, come fosse il proprietario.
Ex art.1140 cc: Il POSSESSO è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della
proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della
cosa.
Si de nisce possesso pieno, il possesso corrispondente al diritto di proprietà (proprietario e possessore coincidono); possesso minore
invece, il possesso relativo alla titolarità di un diritto reale minore (comproprietari).
Per quali carsi come possessore occorre l’animo (o intenzione) di possedere, ossia l’intenzione di comportarsi come
proprietario della cosa; dal possesso si (≠) distingue appunto la mera detenzione, la quale consiste nell’avere la cosa nella sua
disponibilità materiale–> non è possessore chi detenga la cosa per un titolo che implichi il riconoscimento dell’altruità della cosa.
Si può dunque possedere in 2 modi:
➡ DIRETTAMENTE, detenendo la cosa con l’animo di considerarla propria.
➡ INDIRETTAMENTE, per mezzo di altri che ne abbia la detenzione.
Possesso e detenzione sono, concettualmente, situazioni ben differenziate; al riguardo vige una presunzione: chi esercita il
potere di fatto sulla cosa, ossia ne è materiale detentore, si presume possessore (si presume cioè, il suo animus), salvo che si provi che egli
ha cominciato ha esercitarlo come semplice detentore e cioè sulla base di un titolo (es. locazione) che implicava il riconoscimento
dell’altrui possesso.

INTERVERSIONE DEL POSSESSO


Il semplice detentore può trasformarsi in possessore; ma non basta, a questo effetto, un mero mutamento del suo animo (o intenzione).
Ex art.1141, l’interversione del possesso, ossia il MUTAMENTO DELLA DETENZIONE IN POSSESSO, avviene in due ordini di casi:
1. Quando il titolo per il quale si ha la materiale disponibilità della cosa venga mutato per causa proveniente da un terzo (ad es. un
terzo si arroga i diritti del proprietario vendendomi la cosa, salvo che non sia io il proprietario originale).
2. Quando il detentore faccia opposizione contro il possessore, ossia si vanti apertamente proprietario della cosa (poco importa che lo
sia o meno), e faccia constare al possessore, o con esplicita dichiarazione (opposizione esplicita), o con atti concreti (opposizione
tacita), che intende tenere la cosa come propria (ad es. l’af ttuario del fondo che si ri uta di pagare al proprietario il canone e si ri uta
di restituirlo al termine del periodo di af tto, ergo impedendogli l’esercizio del suo diritto sul fondo).
Al di fuori di queste due casistiche, il detentore che si appropri della cosa detenuti non è, giuridicamente, possessore; ad esempio, il ladro
che si appropria di una cosa da altri detenuta diventa possessore, ma non chi commette appropriazione indebita di cosa già in sua
detenzione.
La protezione giuridica del possesso prescinde dallo stato di buona fede del possessore (è perciò possessore, seppur in mala fede, anche lo
stesso ladro); tuttavia il possesso in buona fede fruisce di protezione giuridica maggiore. Ex art.1147 (BF SOGGETTIVA), è in buona
fede chi possiede la cosa ignorando di ledere un diritto altrui, cioè ignorando l’altruità della cosa; è per contro, in mala fede chi sa
di possedere cosa altrui. Lo stato di buona fede è tuttavia escluso dalla colpa grave, essendo che ricade nell’alveo della mala fede
anche colui che ignorando di ledere altrui diritto, poteva tranquillamente venirne a conoscenza utilizzando un minimo di diligenza
(desumibile dalle circostanze). A tal riguardo interveniente una presunzione di legge: il possessore si presume in buona fede, fatto
salvo prova contraria (onde pro tta della più estesa protezione giuridica del possesso in buona fede anche il possessore di voi non si riesca
a provarne la mala fede); inoltre basta, af nché il possesso sia considerato in buona fede, che il possessore fosse originariamente in
buona fede anche se successivamente abbia acquistato coscienza dell’altruità della cosa (ex art.1147).
A diversi effetti conta invece la durata del possesso; per la prova di tale durata, il possessore è assistito da due presunzioni:
I. chi prova di essere possessore attuale, e al tempo stesso, prova di aver posseduto anche in tempo più remoto, si presume abbia
posseduto anche nel tempo intermedio.
II. chi prova il possesso attuale, e al tempo stesso, il titolo in forza del quale possiede, si presume che abbia posseduto dalla data del
titolo.
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Sia agli effetti della durata del possesso, sia a quelli della quali cazione del possesso (se in buona o in mala fede), vale il seguente
principio, distinguendo in successione e accessione del possesso:
➡ SUCCESSIONE: situazione tipica dell’erede. Se il possesso originario era in buona fede, questo continuerà ad esserlo anche in
successione all’erede (anche se l’erede è in mala fede); Se il possesso originario era in mala fede, questo continuerà ad esserlo anche
in successione all’erede.
➡ ACCESSIONE: situazione diversa in cui non vi è un’automatica continuazione del processo nella successione a titolo particolare, ma
solo una facoltà di accessione al possesso attribuita al successore: l’acquirente può, se gli giova, sommare al proprio il possesso
dell’alienante e non può giovargli se l’alienante era in mala fede.

DIRITTI DEL POSSESSORE NELLA RESTITUZIONE AL PROPRIETARIO


Al possesso, benché mera situazione di fatto, sono attribuiti molteplici effetti di diritto; ad esempio, in presenza di date
condizioni, il possesso è modo d’acquisto della proprietà (vedi possesso vale titolo).
Il possessore non può essere proprietario (in tal caso il proprietario potrebbe promuovere un’azione di rivendicazione verso il possessore
che si dichiara tale, al ne quindi di ottenere la restituzione della cosa).
Ma se nel frattempo il bene oggetto del possesso abbia reso frutti e il possessore li abbia percepiti, la situazione assume
una piega distinta in relazione al fatto che il possessore fosse o meno in buona fede (ex art.1148):
– nel primo caso, supponendo fosse in buona fede, il possessore fa propri i frutti sino al giorno della domanda di restituzione;
– nel secondo caso, se il possessore fosse in mala fede dovrà invece restituirli (o restituire l’equivalente in denaro)–> ovviamente il
proprietario non potrà trarre pro tti dagli investimenti altrui, motivo per cui dovrà al possessore il rimborso spese circa la produzione dei
frutti (allo stesso modo dovranno essere risarcitogli le somme investite atte ad apportare riparazioni straordinarie, escluse quelle di
ordinaria manutenzione; se il possessore fosse in buona fede e abbia apportato miglioramenti, questi avrà diritto ad un’indennità).
! NB. Il possessore, a tutela delle proprie ragioni, gode del diritto di ritenzione: nché il proprietario non abbia pagato suddetta
indennità, può ri utarsi di restituirgli la cosa.

AZIONI POSSESSORIE
(A DIFESA DEL POSSESSO)
Al possesso è riconosciuta protezione giurisdizionale; il possessore (che sia egli proprietario o non), che sia stato spossessato o da
altri molestato, può rivolgersi al giudice al ne di reintegrare il possesso o di porre ne le moleste arrecatogli.
Nel caso in cui il proprietario fosse anche possessore, egli non agisce come proprietario ma bensì come possessore; le azioni possessorie
offrono infatti una protezione giurisdizionale più rapida ed immediata di quella che si potrebbe ottenere con la azioni petitorie, essendo
che per quest’ultime è necessario l’onere della prova.
Le azioni possessorie spettano al possessore nei confronti di chiunque, anche nei confronti dello stesso proprietario (ex art.705 cpc–> il
convenuto nel giudizio possessorio non può difendersi eccependo di essere il proprietario della cosa; la sua protezione è di fatto solo
provvisoria). All’art.705 codice procedura civile, va aggiunta la riserva “salvo che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio
irreparabile del convenuto”, essendo che era stato prospettato il rischio che il possessore, vinto il giudizio possessorio, facesse sparire
il bene, privando il proprietario della possibilità di recuperarlo con il successivo giudizio petitorio; motivo per cui la corte è intervenuta
inserendo tale riserva e quindi consentendo al proprietario, convenuto in giudizio possessorio, di fronteggiare tale eventualità con la
richiesta, sull’irreparabile pregiudizio, di un sequestro giudiziario del bene.

➡ AZIONE DI REINTEGRAZIONE O SPOGLIO (art.1168) Spetta al possessore che si stato violentemente (con l’uso della forza) o
occultamente (in modo clandestino, nascosto) spossessato di una cosa mobile o immobile. Può essere esercitata entro 1 anno
dallo spoglio o, se questo è stato clandestino, dalla sua scoperta; tale azione consente al possessore spogliato di
ottenere, sulla semplice notorietà del fatto in se dello spoglio, la reintegrazione del possesso, tramite ordine del
giudice rivolto al soggetto che ha posto in essere lo spoglio, quindi di restituirla. In quanto basata sull’altrui fatto
violento o clandestino, tale azione è data a qualsiasi possessore, indipendentemente dalla durata del suo possesso e dal modo con il
quale egli se lo era procurato. L’azione di reintegrazione spetta dunque anche al detentore che non detenga per ragioni di servizio o
ospitalità, ovvero spetta a chi detenga nel proprio interesse e sulla base di un rapporto stabile; la detenzione vanta una protezione
autonoma da quella del possesso: può agire, quindi ottenere la reintegrazione, egli stesso (vedi pag.101).
! NB. Trascorso 1 anno dallo spoglio, il possesso del bene oggetto di spoglio passa nelle meni di chi ha posto in essere lo
spoglio, costringendo il proprietario che vuole recuperare il proprio bene, all’azione di rivendicazione.
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➡ AZIONE DI MANUTENZIONE (art.1170) Riguarda solo i beni mobili e le universalità di beni mobili; possiede un duplice campo
d’applicazione:
- per MOLESTIE (ostacolo del possesso) o TURBATIVE (ad es. immissioni);
- per SPOGLIO NON VIOLENTO O CLANDESTINO;
Può essere esercitata entro 1 anno dalla molestia, turbativa, spoglio non clandestino e mira ad ottenere, nel primo caso
un provvedimento che ordini la cessazione delle molestie, nel secondo caso, la restituzione della cosa. Tale azione è data
solo se il possesso durava, in maniera continua ed ininterrotta, da oltre un anno e non era stato conseguito in modo violento o clandestino,
oppure se conseguito in tal modo, se è trascorso almeno 1 anno da quando la violenza o la clandestinità è cessata (potrà quindi essere
esercitata dal ladro dopo 1 anno dopo aver posseduto alla luce del sole la cosa per oltre 1 anno). Sorge spontaneo chiedersi perché: non è
da escludere che potremmo trovarci dinanzi due ladri e che quindi, il possesso spogliato, posse a sua volta autore di spoliazione; per
evitare spoliazioni a catena capaci di pregiudicare l’ordine pubblico, la protezione giurisdizionale viene estesa ad entrambi i possessori,
con il ne maggiore di tutela dell’ordine pubblico (la protezione di interessi individuali è solo il mezzo mediante il quale vengono
perseguiti interessi di ordine collettivo.

➡ AZIONI DI NUNCIAZIONE Sono azioni che spettano al possessore indipendentemente dalla prova della proprietà, sia
al proprietario non possessore o al titolare di altro diritto reale. Hanno la funzione di prevenire un sanno che minaccia
la cosa; tali azioni sono ammesse nei confronti della PA che si basano non tanto sulla situazione di pericolo creta dalla costruzione,
ma sulle modalità di costruzione dell’opera pubblica, violando quindi le regole della prudenza, e salvaguardia dei diritti altrui.
Esse si quali cano come:
‣ DENUNCIA DI NUOVA OPERA (art.1171) È la denuncia all’autorità giudiziaria di una nuova opera, da altri intrapresa, della quale
si ha motivo di temere possa derivare un danno alla cosa di cui si è possessori, proprietari o titolari di altro diritto
reale (ad es. la costruzione di un’opera per mano del vicino che non rispetti le distanze legali dal con ne); l’azione può essere
esercitata no a quando l’opera non sia terminata e purché non sia trascorso 1 anno dal suo inizio.
‣ DENUNCIA DI DANNO TEMUTO (art.1172) È la denuncia all’autorità giudiziaria di un danno grave ed imminente che si
teme possa derivare alla cosa di cui si è possessori, proprietari o titolari di altro diritto reale, dall’edi cio o da altra
cosa altrui (ad es. l’edi cio del vicino minaccia di crollare travolgendo il proprio di edi cio).
Le azioni di nunciazione danno luogo ad un giudizio articolato in due fasi:
FASE 1, L’autorità giudiziaria, sulla base di una sommaria cognizione del fatto, emette provvedimenti provvisori ed urgenti, grazie ai quali è
possibile votare la continuazione dell’opera, eventualmente imponendo al denunciante il pagamento di una cauzione, o eventualmente
subordinarne la costruzioni a particolari cautele che escludano la possibilità di danno (in tal caso la cauzione sarà fatta pagare al
denunciato).
FASE 2, Il giudizio di merito conduce alla decisione de nitiva circa l’esistenza del pericolo di danno e l’illecita del comportamento del
denunciato.

IN SINTESI:
AZIONI PETITORIE (PROPRIETÀ)
➡ Azione di rivendicazione
➡ Azione legatoria
➡ Azione di regolamento dei con ni
➡ Azione di apposizione dei termini

AZIONI POSSESSORIE (POSSESSO)


➡ Azione di reintegrazione (o spoglio)
➡ Azione di manutenzione
➡ Azioni di enunciazione (nuova opera \ danno temuto)
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Cap.6 I MODI D’ACQUISTO DELLA PROPRIETÀ (da pag.103 a pag.113)


La proprietà si acquista solo nei modi previsti dalla legge: l’art.922 ne enuncia NOVE, facendo riserva agli altri modi
stabiliti dalla legge; i modi previsti all’interno del suddetto articolo, si dividono in due grandi categorie, rispettivamente modi
d'acquisto:
✦ A TITOLO DERIVATIVO [2): contratti, successioni mortis causa]
Si ha l’acquisto a titolo derivativo quando si acquista sulla cosa il diritto di proprietà già spettano ad un precedente
proprietario; ricorre infatti in forza di contratto o di successione (effetto traslativo della proprietà). Si de nisce DANTE CAUSA chi
trasferisco il diritto, mentre AVENTE CAUSA co lui che acquista in forza dell’effetto traslativo, la proprietà della cosa, solo se e solo come il
dante causa ne era proprietario; se ne evince che se la cosa era di un terzo e questi la rivendica (tramite azione di rivendicazione), l’avente
causa non avrà acquistato nulla. D’altra parte, se la cosa era gravata da diritti reali minori o da garanzie reali di terzi, essa si trasferisce dal
dante all’avente causa continuando ad essere gravata dai medesimi diritti e\o garanzie reali altrui.

✦ A TITOLO ORIGINARIO [7): occupazione, invenzione, accessione, speci cazione, unione, commistione, usucapione]
Si ha l’acquisto a titolo originario quando il diritto di proprietà che si acquista sulla cosa è indipendente dal diritto di un
precedente proprietario; ciò avviene non solo quando non c’è un precedente proprietario o quando questi abbia abbandonato la cosa
(la proprietà potrebbe avvenire per occupazione in tal caso), ma può accadere anche quando la cosa ha un precedente proprietario e,
tuttavia, il diritto di questo è destinato a soccombere di fronte al diritto di chi acquista a titolo originario. A differenza dell’acquisto a titolo
derivativo, la conseguenza dell’acquisto del titolo originario, fa si che la proprietà acquistata sia libera da diritti o garanzie reali precedenti,
che andranno estinguendosi. Esempi ulteriori di acquisto a titolo originario già analizzati: frutti e pertinenze.

OCCUPAZIONE E INVENZIONE :
➡ OCCUPAZIONE (art.923) È il modo d’acquisto con il quale si acquista la proprietà delle cose mobili che non
appartengono a nessuno (necessari dunque ai ne dell’appropriazione un elemento materia, ovvero l’impossessamento della
cosa, e l’elemento psicologico, ovvero l’intenzione di fare propria la cosa). Il codice civile considera cosa mobili di nessuno:
- Le cose abbandonate (derelizioni).
- Il patrimonio indisponibile dello stato (ad es. gli animali che formano oggetto di caccia e pesca)
È ammessa inoltre l’occupazione delle cose mobili altrui con il consenso, espresso o tacito, del proprietario.
! NB. Possono essere di nessuno solo i beni mobili, i beni immobili di nessuno, de niti beni vacanti, sono di proprietà statale o della
regione a statuto sociale ove siano ubicati.

➡ INVENZIONE (art.929) Diversa è la questione per le cose smarrite, di cui il proprietario ne abbia perduto il possesso ma senza
rinunzia alla proprietà (avendo un proprietario non possono dunque formare oggetto di occupazione). La persona che abbia
rinvenuto una cosa smarrita è tenuta a riconsegnarla al proprietario, e nell’ipotesi in cui non vi si riuscisse a risalire, consegnarla al
sindaco il quale rendere noto il ritrovamento per mezzo della pubblicazione dell’albo pretorio; alò ritrovatore spetta una ricompensa
pari ad 1\10 del valore della cosa smarrita. Trascorso 1 anno dalla suddetta pubblicazione, la cosa smarrita diviene
proprietà del ritrovatore, che ne acquista la proprietà per invenzione.
! NB. Sempre per invenzione ai può acquistare la proprietà di un tesoro, inteso in termini giuridici come ogni cosa mobile di pregio
nascosta o sotterrata di cui nessuno può provare di esserne proprietario (se non lo Stato nei casi in cui il tesoro vanti un interesse storico o
archeologico autorevole). Se il tesoro viene ritrovato dal titolare di un fondo egli ne diviene pieno proprietario, se trovato invece da un
terzo sul suo fondo, si smezza la proprietà del tesoro stesso.

ACCESSIONE, UNIONE, COMMISTIONE, SPECIFICAZIONE:


➡ ACCESSIONE Secondo un antico e generale principio la proprietà di una cosa quali cabile come principale, fa acquistare
la proprietà delle cose quali cabili come ad essa accessorie.
Tale modo d’acquisto vanta 3 forme distinte:
‣ ACCESSIONE DI MOBILE A IMMOBILE Si manifesta la preminenza della proprietà immobiliare: ogni bene che venga
materialmente unito ad un bene immobile accede a questo, ossia diventa di proprietà (a titolo originario) del proprietario del bene
immobile. Cambiano le situazioni in relazione alla costruzione di un’opera all’insaputa del proprietario del suolo, o che il proprietario
sia a conoscenza delle opere altrui (vedi pag.107).
‣ ACCESSIONE DI IMMOBILE A IMMOBILE Sono ipotesi di limitata importanza, salvi i pro li di tutela ambientale, come il caso di
alluvione, dell’avulsione, o del corso d’acqua che si ritira da una riva portandosi sull’altra (vedi pag.107\108).

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‣ ACCESSIONE DI MOBILE A MOBILE, distingue in:


- UNIONE Due cose mobili, di proprietà distinta, vengono unite.
- COMMISTIONE Due cose mobili, di proprietà distinta, vengono mescolate in modo da formare un tutt’uno inseparabile.

➡ SPECIFICAZIONE Modo d’acquisto della proprietà della materia altrui da parte di chi la adopera per formare una
nuova cosa. Di base chi utilizza la materia dovrà corrispondere al proprietario della materia il prezzo di questa per divenirne
proprietario; tuttavia, se il valore della materia usata supera notevolmente quello della mano d’opera (ad es. oro), la proprietà della
cosa spetterà al proprietario della materia, che dovrà all’utilizzatore il prezzo della mano d’opera.

IL POSSESSO IN BUONA FEDE DEI BENI MOBILI


La proprietà si può acquistare, a titolo originario, anche mediante il possesso (tale principio abbraccia sia i beni mobili,
quanto immobili; nel caso di beni immobili il possesso deve essere continuato nel tempo, a differenza dell’acquisto istantaneo della
proprietà di beni mobili–> collegamento con la legge di circolazione dei beni).
Si suol dire, tradizionalmente, che POSSESSO VALE TITOLO; il principio si manifesta in due ipotesi:
‣ IPOTESI 1) ACQUISTO DI COSA MOBILE DA NON PROPRIETARIO (art.1153): colui al quale è aliante una cosa godibile da chi ne
è proprietario ne acquista la proprietà mediante possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo
astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà (è l’ipotesi in cui una persona abbia inteso acquistare un bene mobile a titolo
derivativo, con ad esempio un contratto; se il venditore fosse stato un ladro, ma io avessi acquistato il bene in buona fede, essendo
esenti circostanze strane, il bene diviene mio).
‣ IPOTESI 2) ALIENAZIONE DI COSA MOBILE A PIÙ PERSONE (art.1155): se qualcuno aliena la stessa cosa, con successivi contratti,
a diverse persone, ne acquista la proprietà quella fra esse che per prima ha conseguito , in buona fede, il possesso della cosa, anche
se il suo contratto è successivo a quello dell’altra. Non è altro che n’applicazione del precedente principio: il secondo acquirente,
avendo acquistato da chi aveva alienato la cosa, acquista da non proprietario; ma se è in buona fede, ossia ne ignora la precedente
alienazione, acquista la propria mediante il possesso.
L’importanza del principio del possesso vale titolo sta nella sicurezza che attribuisce al compratore di cosa mobile: a questo è
suf ciente, per essere sicuro di aver acquistato bene, conseguire in buona fede il possesso della cosa. Il compratore sa che, se non è
divenuto proprietario a titolo derivativo, lo è divenuto a titolo originario; è perciò liberato da una possibile remora a comprare:
compra senza aver paura di dover restituire la cosa ad un terzo che se ne dimostri proprietario (sicurezza del compratore–> vantaggio per
il venditore, che vende il bene più facilmente).
Ne resta sacri cato, come è evidente, l’interesse circa il terzo proprietario, ad esempio: l’interesse del derubato, il cui bene sia
passato dal ladro ad un ricettatore e da questo ad un acquirente in buona fede (il quale non sarà tenuto a restituire il bene ora divenuto di
sua proprietà). A differenza di altri paesi dove ciò non avviene, il codice civile italiano vede soccombere l’interesse del terzo proprietario a
fonte di un interesse valutato come di ordine superiore, ossia l’interesse collettivo ad una rapida e sicura circolazione dei beni.
Nello stesso modo si acquistano, oltre alla proprietà, altri diritti reali su cose mobili e il pegno.
Non si può invece, acquistare mediante il possesso la proprietà circa un’universalità di beni mobili (ad es. pinacoteca), ne quella dei mobili
scritti nei pubblici registri (la loro forma di pubblicità li fa ricedere nell’alveo della disciplina di beni immobili).

USUCAPIONE
Il possesso è un potere di fatto sulla cosa che corrisponde al contenuto del diritto di proprietà: si può essere possessore di un bene,
ossia comportarsi come suo proprietario, senza averne diritto (e viceversa). Può capitare che una simile situazione si protragga
nel tempo, ossia che per anni un bene anni un possessore non proprietario; il protrarsi di tale situazione genera la
conseguenza che il proprietario non possessore perda il suo diritto di proprietà per mancato esercizio.
Ex art. 1158: PRESCRIZIONE ACQUISIVA, (o USUCAPIONE): l’acquisto della proprietà, a titolo originario, mediante il possesso
continuato nel tempo; è irrilevante, agli effetti dell’usucapione, che il possesso sia di buona o mala fede, ossia che il possessore avesse
conoscenza circa l’altruità della cosa perduta (l’unica differenza fra buona e mala fede sta nel fatto che se in buona fede, la durata
necessaria del possesso nalizzato all’usucapione è minore). Si deduce che, può acquistare la proprietà per usucapione, anche il ladro se
conserva il possesso della cosa rubata per tutto il tempo necessario (se è stato conseguito in modo clandestino o violento, il tempo utile
per consentirne l’usucapione decorre da quando sia cessata la violenza o la clandestinità sul bene; nche il ladro la tiene nascosta, il
tempo è “congelato”, ex art.1163).
L’usucapione trova la sua ragion d’essere in un’esigenza di ordine generale: assicurare la certezza dei diritti sulle cose
(l’incertezza si quali ca come una possibile remora rispetto la circolazione dei beni).
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Nichele Arianna

Con l’usucapione si diviene proprietari per effetto del possesso continuato nel tempo.
L’usucapione va a sempli care la prova in giudizio del diritto di proprietà (la cosiddetta prova diabolica). Essa rende agevole la
prova della proprietà; basta infatti provare di aver posseduto il bene per il tempo necessario atto all’acquisto della proprietà a titolo
originario e, se lo si possiede da un tempo minore, sommare al proprio il possesso del dante causa; oppure si può provare che per il
tempo necessario all’usucapione ha posseduto il dante causa, dimostrandosi cosi acquirente a titolo derivativo da un proprietario a titolo
originario.
Il tempo necessario, atto all’acquisto della proprietà cambia in relazione al tipo di bene, di base occorrono:
✓ 20 anni per i beni immobili (10 anni dalla trascrizione, se acquistato in buona fede);
✓ 10 anni per i beni mobili registrati (3 anni dalla trascrizione, se acquistato in buona fede);
✓ Discorso analogo per i beni mobili (se in buona fede 10 anni, se in mala fede 20 anni).

Oltre al diritto di proprietà si acquistano per usucapione anche gli altri diritti reali su beni immobili o mobili; la durata del
possesso necessaria per usucapirli è la stessa richiesta per usucapirne la proprietà.

! NB NUOVA FORMA DI USUCAPIONE PER I FONDI Limitata ai piccoli fondi rustici e ai fondi rustici montani, l’usucapione
ventennale si compie in 15 anni, mentre quella decennale in 5 anni; si tratta di una forma di usucapione, che nell’inerzia del proprietario
terriero, favorisce la formazione della proprietà del coltivatore, riducendo i termini dell’usucapione comune, ordinaria e abbreviata (ex art.
44 - 47 cost).

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Nichele Arianna

Cap.7 I DIRITTI REALI SU COSE ALTRUI


(DIRITTI REALI MINORI) (da pag.115 a pag.127)
IURA IN RE ALIENA
Con il diritto di proprietà possono coesistere, sulla medesima cosa, altri diritti, appartenenti a soggetti diversi dal
proprietario; la costruzione di questi diritti comprime il contenuto del diritto di proprietà, che si quali cherà come nuda proprietà, con
effetto che determinate facoltà possano essere esercitate da una persona diversa rispetto lo stesso proprietario (su una stessa cosa possono
coesistere più diritti reali minori).
Si de nisce consolidazione il passaggio da nuda a piena proprietà a causa dell’estinzione del diritto reale minore (in ragione
dell’elasticità della proprietà).
NUDA –> PIENA
Una generale causa d’estinzione del diritto reale su una cosa altrui è la confusione (ad es. per successione ereditaria, il proprietario
diviene egli stesso titolare di un diritto minore sulla cosa, anche qui si veri cherà, di conseguenza, la consolidazione della proprietà).
[I diritti reali minori (altresì de niti DIRITTI REALI SU COSA ALTRUI) sono 6: super cie, usufrutto, uso, abitazione, en teusi e servitù].
La natura di tali diritti è tale per cui essi hanno per oggetto la cosa e permangono sulla cosa nonostante il mutamento della
persona del proprietario, posseggono quindi diritto di seguito (o sequela), per tanto opponibile a tutti i successivi
proprietari. Una situazione analoga si veri ca anche per i diritti personali di godimento della cosa altrui, (ad es. la locazione),
anche se tuttavia vi differisce la legge di circolazione dei beni: i diritti reali minori sono, al pari della proprietà, suscettibili di possesso e
di acquisto a titolo originario e per tanto fruibili di tutela giurisdizionale per mezzo delle azioni possessorie.
I diritti reali minori, costituiscono un numero chiuso (tipicità dei diritti reali); il favore legislativo è per la piena proprietà (al ne
di assicurare il più inteso sfruttamento della ricchezza e la sua massima circolazione), motivo per cui i diritti reali minori si quali cano
come una sorta d’eccezione alla regola e quindi devono contenersi entro precisi limiti stabiliti dalla legge, primi fra tutti, limiti temporali
(essendo potenzialmente una remora economica). Per i diritti reali minori il termine di prescrizione è di 20 anni.

L’azione in giudizio a difesa dei diritti reali su cosa altrui assume il nome di AZIONE CONFESSORIA, che esprime l’antitesi di quest’azione
rispetto all’azione negatoria, spettante al proprietario contro chi pretende diritti reali sulla sua cosa. Con l’azione confessoria si mira ad
ottenere il riconoscimento in giudizio del proprio diritto reale su cosa altrui, contro chiunque, ergo proprietario o terzo che ne contesti
l’esercizio; mira inoltre a porre ne alle eventuali molestie o turbative e se necessario, la riduzione in pristino.

1) SUPERFICIE
È il diritto di edi care e di mantenere sul suolo altrui (o nel sottosuolo altrui), una propria costruzione. La costruzione di tale
diritto vale a sospendere l’operatività del principio di accessione; si determina così la situazione per cui il proprietario del suolo ed il
proprietario della costruzione (questi vanta proprietà super ciaria) siano soggetti distinti.
Se ne fa spesso ricorso per la costruzione di stazioni di distribuzione di carburante, autorimesse, ecc. È possibile che il diritto di super cie
riguardi la soprelevazione di un preesistente edi cio e che la proprietà super ciaria abbia ad oggetto solo la parte superiore di una
costruzione.
Una situazione analoga avviene quando il proprietario di un suolo ,sul quale insista una costruzione, la alieni; in tal caso
l’alienazione della proprietà della costruzione comperò la costruzione, a favore dell’acquirente, del diritto di super cie sul suolo.
Il diritto di super cie può essere perpetuo o a tempo determinato, ergo, scaduto il termine, il diritto si estingue e si ripristina
il valore del diritto di accessione, con la conseguenza che il proprietario del suolo acquista la proprietà della costruzione.
Al diritto di super cie temporaneo si ricorre generalmente per eseguire opere destinate a durare per un breve periodo, al vantaggio di
acquistare il diritto ad un prezzo minore.
Il diritto di costruire si prescrive, per un non uso pari a 20 anni; ma una volta che il super ciali vi abbia costruito non si
potrà più parlare di prescrizione. Se la costruzione perisce, il super ciali ha diritto a ricostruire (dal momento in cui perisce scatta pero
il termine ventennale).Il diritto di super cie temporaneo è anche uno strumento di politica urbanistica (tuttavia in Italia poco usato).

2 ) USUFRUTTO
Il diritto dell’usufruttuario sulla cosa altrui, mobile o immobile o universalità di beni, comprende:
‣ La facoltà di godere della cosa, ergo utilizzarla a proprio vantaggio (con eventuali future accessioni), ma nel rispetto della
destinazione economica impressa dal proprietario (unico titolare della facoltà di destinazione economica per l’appunto).
‣ La facoltà di fare propri i frutti, naturali e civili, della cosa.
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Nichele Arianna

! NB. Il nudo proprietario ha pur sempre la facoltà di disporre della cosa: egli può alienarla ma il diritto di usufrutto continuerà a
gravavi no al termine di scadenza.
Spese e imposte gravanti sulla cosa sono ripartite fra nudo proprietario (straordinaria amministrazione) e usufruttuario
(ordinaria manutenzione).
Il diritto di usufrutto ha carattere temporaneo: non può durare oltre la vita dell’usufruttuario (non passa in successione agli eredi) e
se persona giuridica, oltre 30 anni; l’usufruttuario può cedere il bene ad altri per atto fra vivi (ad es. donazione), in tal caso il diritto di
usufrutto si estinguerà con la morte del suo primo proprietario.
L’usufrutto si distingue in:
‣ volontario, se costituito per contratto o testamento (titolo originario);
‣ legale, se costituito direttamente dalla legge (ad es. l’usufrutto dei genitori sui beni dei gli minori).
! NB. Come per ogni altro diritto reale, l’usufrutto si può altresì acquistare per usucapione.
Al termine dell’usufrutto, l’usufruttuario dovrà restituire la cosa al proprietario nello stato in cui si trovava al momento in cui l’ha ricevuta
(obbligo di reintegrazione delle cose perite); il criterio in relazione al quale si giudica la custodia e lo stato di conservazione del bene è la
diligenza del buon padre di famiglia (ossia la diligenza dell’uomo medio). L’usufrutto può avere ad oggetto anche cose
consumabili o fungibili (ad es. denaro); in tal caso l’usufruttuario dovrà restituire il loro equivalente in qualità e quantità.

3) USO
Differisce dall’usufrutto solo per la limitata misura della facoltà di godimento che attribuisce sulla cosa: l’usuario può servirsene
solo limitatamente ai propri bisogni e della sua famiglia (i frutti eccedenti spettano per legge al proprietario).

4) ABITAZIONE
Il diritto di abitazione è ancor più circoscritto: ha per oggetto una casa, e consiste nel diritto di abitarla limitatamente ai propri
bisogni e quelli della famiglia.
! NB Ne l’uso, ne l’abitazione consentono di dare in locazione il bene.

5) ENFITEUSI
Un tempo molto usato, oggi meno a causa dello sfavore legislativo, l’en teusi è fra i diritti reali minori quello di contenuto più esteso, al
punto d’essere considerato, tradizionalmente, una forma di proprietà; si de nisce l’en teusi: dominio utile a differenza del nudo
proprietario de nito altresì: dominio diretto.
L’en teusi è un diritto perpetuo, o se previsto un termine, di durata non inferiori a 20 anni; può essere ceduti o trasmesso agli eredi.
Ha per oggetto generalmente fondi rustici, (ma può essere costruiti anche su fondi urbani); possiede la medesima facoltà di
godimento del proprietario, ma comporta due speci ci obblighi:
1. migliorare il fondo (trova la sua ratio nel ricavare una rendita disinteressandosi della destinazione economica);
2. corrispondere un canone al proprietario (se non paga 2 annualità, il proprietario del fondo può domandare l’estinzione
dell’en teusi).
L’incentivo dell’en teuta è il diritto di affrancazione: egli ha cioè la facoltà di acquistare la proprietà del fondo pagando al concedente
(che non può ri utarsi di prestare il proprio consenso, una somma di denaro pari alla capitalizzazione del canone annuo (canone
annuo x 15). Al concedente spetta per contro il diritto di domandare al giudice la devoluzione del fondo, ossia l’estinzione del diritto di
en teusi nel caso gli obblighi previsti non vengano rispettati dalla controparte.

6) SERVITÙ
➡ SERVITÙ PREDIALI
Si de niscono un peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario; tale peso non è altro che
una limitazione alla facoltà di godimento di un immobile, de nito fondo servente, alla quale corrisponde un diritto del
proprietario di un altro immobile, altresì de nito fondo dominante.
La servitù può essere costituita volontariamente (ad es. per contratto o testamento) o coattivamente (modi e limiti stabiliti dalla
legge).
Fra i casi più elementari quali chiamo la servitù di passaggio; il diritto reale minore risiede nel diritto del proprietario di un fondo di
passare di passare attraverso il fondo del vicino, ed il peso in questione non è altro che la limitazione del proprietario del fondo vicino circa
la limitazione degli accessi altrui al suo fondo. L’utilità di un fondo non è illimitata (si pensi al caso dell’acquedotto; il proprietario di uno
stabilimento industriale che abbia sul fondo del vicino la servitù di attingere acqua, non potrà accingerne in quantità smisurata e quindi
sfruttare l’eccedenza a favore di terzi.
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Nichele Arianna

Un carattere proprio delle servitù è il fatto che esse consistano in un NON FARE o SOPPORTARE chi altri ne faccia, ex art.1030, salvo le
cosiddette prestazioni accessorie alla servitù contraddistinte da una funzione strumentale rispetto l’esercizio della stessa servitù (fare o
dare); esse ricadono nell’alveo della categoria degli oneri reali, ossia obblighi accessori alla titolarità di un diritto reale, gravanti
quindi sul titolare del diritto reale in quanto tale. Gli oneri reali vengo guardati con sfavore dalla legge, proprio come tutti i pesi sulla
proprietà, essendo collegati alluminante diretto feudale e consistenti in un mero sistema (numero) chiuso.

Distinguiamo molteplici categorie di servitù:


‣ POSITIVE \ NEGATIVE
Le positive permettono al proprietario del fondo dominante forme di diritte utilizzazione del fondo servente, con l’obbligo del proprietario
di questi a sopportare l’altrui attività; le negative consistono invece in un obbligo di non fare del proprietario del fondo servente.
‣ CONTINUE \ DISCONTINUE
Per l’esercizio delle continue non è necessario il fatto dell’uomo; per discontinue è invece necessario il comportamento attivo del titolare
della servitù.
‣ APPARENTI\ NON APPARENTI
Si differenziano a seconda che sul fondo esistano o meno opere visibili e permanenti destinate al servizio del fondo dominante (ad es. una
servitù apparente è la servitù di una strada o di un acquedotto\ una servitù non apparente è di passaggio o di attingere acqua).

! NB. Sono ammesse, anche se non previste dalla legge, le servitù reciproche: proprietari di più aree edi cabili costruiscono, a favore di
ciascuno di essi, servitù di identico contenuto, generalmente implicanti al diritto di costruire; ciascun fondo viene a trovarsi nella
condizione, ad un tempo, di fondo dominante e di fondo servente. La funzionalità di tali servitù è quella di assicurare, per volontà provata,
il mantenimento di un certo assetto urbanistico (i privati molto spesso chiedono vengano approvate ergo inserite nei piani di
lottizzazione).

Le servitù si possono, come ogni altro diritto reale, acquistare per usucapione (non si possono tuttavia usucapire le servitù non
apparenti, le quali non permettono appunto di rendere certo e incontrovertibile il possesso della servitù).
Un modo d’acquisto a titolo originario, concernente solo le servitù apparenti, è la cosiddetta ex art.1062, destinazione del
padre di famiglia, cioè il rapporto di servizio stabilito fra due fondi appartenenti ad un medesimo proprietario; se questi due fondi
cessano di essere dello stesso proprietari, il presidente rapporto di servizio si trasforma automaticamente in una servitù di fondo a favore
dell’altro.
Le servitù si estinguono per prescrizione di 20 anni, anche se tuttavia è distinto il momento dal quale inizia il decorrere del tempo
per le servitù positive e negative; nel primo caso il decorso temporale inizia al termine circa l’attività di godimento del fondo altrui, nel
secondo caso dal momento in cui si veri ca un fatto che impedisca l’esercizio della stessa servitù.

➡ SERVITÙ COATTIVE
Si de niscono tali quelle servitù costruite indipendentemente dalla volontà del proprietario del fono servente.
Di regola sono costruite con sentenza dell’autorità giudiziaria su domanda dell’interessato, il quale dovrà corrispondere
un’indennità al proprietario del fondo servente ( nche queste non viene pagato può opporsi all’esercizio della servitù); vi sono casi (ad
es. elettrodotto coattivo), in cui la servitù coattiva può essere costruita con un provvedimento emanato dall’autorità amministrativa,
analogo a quello dell’espropriazione per pubblica utilità, con la differenza che la proprietà privata del bene si mantiene, a scapito dalla
costruzione di una servitù.
Una servitù di passaggio può essere costruita su fondo altrui in 3 ordini di casi:
1. FONDO INTERCLUSO (il proprietà del fondo vicino avrà il diritto di passaggio per giungere alla strada)
2. ACCESSO DAL FONDO ALLA STRADA PUBBLICA (ipotesi 1) Si avrà diritto di passaggio sul fondo vicino, salvo che il fondo stesso
non sia destinato all’agricoltura o all’industria.
3. ACCESSO DAL FONDO ALLA STRADA PUBBLICA (ipotesi 2) Si potrà scon nare sul fondi vicino per allargare un passaggio
pubblico.
In tutti e tre i casi il proprietario che abbia diritto alla servitù deve al\ai vicino\i un indennizzo proporzionato al danno cagionato
loro dal passaggio; se per attuare il passaggio occorra occupare stabilmente una zona del fondo servente si dovrà anticipare, al
rispettivo proprietario, una somma equipollente alla zona, oltre al risarcimento.
La servitù coattiva può essere soppressa quando cessano le cause per le quali era stata chiesta.
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Nichele Arianna

CASO DELL’ACQUEDOTTO COATTIVO


Si tratta della servitù di far passare le acque attraverso il fondo o i fondi altrui (escluse le case con giardini), al ne di soddisfare
il bisogno d’acqua del proprio fondo, sia che si tratti di bisogni relativi alla vita del proprietario, quindi domestici, sia bisogni inerenti
alla destinazione originaria del fondo, dunque agricola o industriale.
Il proprietario del fondo dominante dovrà cercare di occupare i terreni del fondo servente nel modo meno invasivo\ dannoso
possibile.
Il proprietario del fondo dominante prima del pro larsi della costruzione della servitù dovrà corrispondere un indennizzo al proprietario
del fondo servente. Tale servitù non può essere richiesta per un periodo superiore ai 20 anni; allo scadere del termine temporale
il proprietario del fondo servente potrà trattenere le opere che il titolare della servitù vi abbia costruito, pagando a sua volta un
corrispettivo.
Il fondo dominante è quello sul quale viene costruita l’opera, la quale sarà costituita per atto amministrativo.

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Nichele Arianna

Cap.8 COMUNIONE (da pag.129 a pag.135)


COMUNIONE IN GENERALE
Il diritto di proprietà o gli altri diritti reali possono appartenere ad una sola persona, e in tal caso si parla di proprietà individuale (o
solitaria); ma è altrettanto possibile che la medesima cosa formi oggetto del diritto di proprietà o del diritto reale di più persone, aventi
uguale contenuto, parlando in questo caso di comunione di proprietà (mentre la sua corrispondente situazione di fatto sulla cosa, in
relazione al possesso, si de nisce compossesso).
Ex art. 1100, si de nisce COMUNIONE, la situazione per la quale proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più
persone.
Tale situazione si può veri care in un triplice ordine di ipotesi:
➡ COMUNIONE VOLONTARIA, quando dipende dalla volontà dei partecipanti alla comunione;
➡ COMUNIONE INCIDENTALE, quando non dipende dalla volontà dei partecipanti alla comunione, ma può essere sciolta;
➡ COMUNIONE FORZOSA, alla quale non ci può sottrarre e svincolare (ad es. il condominio).
La coesistenza, sulla medesima cosa, dell’uguale diritto di più persone si realizza mediante la ideale scomposizione della cosa in quote,
ossia frazioni ideali che segnano la misura circa la partecipazione di ciascuno, facendone discendere vantaggi e pesi
distinti; (considerata nella sua materialità la cosa appartiene a tutti i partecipanti, ma si utilizzano le quote in quanto questa cosa non si
può scomporre sicamente). In linea generale e quote si presumono uguali, ma queste possono, per legge o per volontà delle parti,
essere diseguali fra loro. Le facoltà di godimento e disposizione della cosa spettano ai partecipanti della comunione in modo, per certi
aspetti individuale, per altri aspetti collettivo.
Si distinguono 4 SITUAZIONI: 2 relative alla facoltà di godimento, 2 relative alla facoltà di disposizione:
GODIMENTO:
‣ USO DELLA COSA COMUNE Spetta ad ogni partecipante, il quale però non deve ne alterare la destinazione economica, ne
impedirne l’uso agli altri partecipanti (non sempre è possibile godere sicamente della cosa, motivo per cui in taluni casi, es.
locazione, il canone percepito verra riparto in modo proporzionale alle quote spettanti).
‣ AMMINISTRAZIONE DELLA COSA COMUNE Spetta collettivamente ai partecipanti che deliberano a maggioranza di quote (più alta
è la quota, più peserà la posizione della persona in sede di voto). Tuttavia per le innovazioni e gli atti di straordinaria amministrazione
occorre una doppia maggioranza circa il numero dei partecipanti che rappresentino almeno i 2\3 del valore della cosa. Correttivo: le
deliberazioni di ordinaria e straordinaria amministrazione possono essere impugnate dinnanzi l’autorità giudiziaria che potrà
annullarle se pregiudizievoli per la cosa comune e se lesive circa l’interesse due singoli partecipanti.
DISPOSIZONE:
‣ ATTI DI DISPOSIZIONE DELLA PROPRIA QUOTA Ciascun partecipante può, senza dover richiedere il consenso degli altri
partecipanti, disporre della propria quota come meglio crede, ergo: alienarla, darla in usufrutto, ipotecarla ecc.
‣ ATTI DI DISPOSIZIONE DELL’INTERA COSA COMUNE Tali atti richiedono il consenso unanime dei partecipanti, ergo non si potrà
minarla ne tantomeno costruirci diritti o garanzie reali se non via comunque totale accordo (motivo per cui è guardato con sfavore
dalla legge, intralcia di fatto la circolazione dei beni, salvo la comunione fra coniugi).
Ogni partecipante potrà, in ogni momento, domandare al giudice di pronunciare la divisione della cosa comune, ex art.1111,
salvo si tratti di una cosa che se divisa cesserebbe di servire l’uso cui è destinata. La divisione si attua se, in natura, risulti possibile
trasformare le quote ideali in parti siche della cosa; se tuttavia il carattere del bene renda complicata una divisione in natura si procede: o
alla sua assegnazione in proprietà solitaria ad uno dei partecipanti (che verserà il valore delle quote altrui in denaro), o alla sua
vendita con conseguente ripartizione del ricavo fra i partecipanti.
! NB. Il patto fra i partecipanti di restare in comunione NON può eccedere la durata di 10 anni!

CONDOMINIO NEGLI EDIFICI (oggetto di riforma nel 2013)


Tradizionalmente riguarda gli edi ci composti di una pluralità di appartamenti, formati ciascuno da un piano o porzione di piano, che
appartengono a proprietari distinti, secondo la condizione urbanistica delle unità immobiliari urbane. Si veri ca in tal caso una duplicità di
situazioni: i singoli appartamenti sono oggetto di proprietà solitaria, invece le cose destinate per le loro caratteristiche strutturali -
funzionali all’uso comune (es. scale\ ascensore\ riscaldamento) e opere o installazioni sono oggetto di comproprietà.
Il condominio si può intendere con un’accezione tanto orizzontale, tanto verticale:orizzontale in riferimento alle cose comuni a più edi ci
separati fra loro e permanentemente destinato al loro servizio (es. piscina di un complesso residenziale), verticale in riferimento alle parti
comuni di un medesimo edi cio; la novella apportata con la riforma afferma che in quanto compatibili, le disposizioni sul
condominio si applicano ad entrambe le sue accezioni (consentendo cosi di regola di applicare la disciplina a molteplici ipotesi di
condominio complesso o supercondominio).

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Nichele Arianna

Il condominio si quali ca come caso di comunione forzosa, alla quale i proprietari dei singoli appartenenti non possono
sottrarsi; essi debbono contribuire, ciascuno in proporzione al valore della propria proprietà alle spese occorrenti per la
conservazione a cui possono sottrarsi e per il godimento delle parti comuni.
Tuttavia il singolo condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento, sempre che dal
suo distacco non ne derivino gravi pregiudizi o aggravi di spesa eccessivi per gli altri condomini; in tal caso il rinunziante resta tenuto a
concorrere al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua messa a norma.
Le spese che riguardano però cose destinate a servire in modo diverso o esclusivo alcuni condomini sono ripartire in modo proporzionale
all’uso. Dalla comune comproprietà il condono si differenzia per la sua complessa organizzazione: le deliberazioni circa
l’amministrazione sono presa da un’assemblea di condomini:
‣ Se i condomini sono più di 8 è obbligatoria la nomina di un amministratore (si può anche optare per un’autogestione se vi si
revoca l’amministratore).
‣ Se i condomini sono più di 10 è obbligatoria la redazione di un regolamento che ne disciplini l’uso comune, le spese,
l’amministrazione, ecc.
Le parti comuni non possono essere soggette a divisione, a meno che questa possa farsi senza rendere incomodo l’uso della cosa agli altri
condomini, ovvero alterare lo stato ed il paci co godimento della cosa; nel caso di divisibilità è comunque richiesto il consenso di
tutti.

! NB. Il carattere forzoso del condominio viene meno nel caso in cui le parti di un medesimo edi cio possono assumere il
carattere di edi ci autonomi o quando si tratta di un gruppo di edi ci; il tal caso si può costituire un condomino reparto fatto
salvo che questo lasci sopravvivere l’antico condominio per le parti rimaste comuni agli originari partecipanti.

MULTIPROPRIETÀ
Altro dalla comunione è la multiproprietà, non regolata dalla legge e diffusa nella forma di multiproprietà immobiliare turistica
(spazio-temporale); ciò avviene quando un medesimo appartamento viene venduto, separatamente, a più persone che ne
possono godere a turno, ciascuna per un predeterminato periodo dell’anno. Il diritto di ciascun proprietario è perpetuo e
disponibile.
La cosa oggetto di multiproprietà è indivisibile; le parti comuni del complesso residenziale sono invece disponibili.

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Nichele Arianna

Cap.9 LE OBBLIGAZIONI (da pag.137 a pag.148)


DIRITTO REALE E DIRITTO DI OBBLIGAZIONE
Accanto al rapporto uomini-cose, altrettanto fondamentali sono i diritti che spettano agli uomini nei confronti di altri uomini, essendo che i
diritti reali non assicurano, da soli, il soddisfacimento degli interessi umani, motivo per cui è bene focalizzare quello che si quali ca essere
il diritto di un soggetto alle prestazioni personali di altri soggetti, e come questo venga protetto dalla legge.
Dai diritti reali, si distingue cosi un’altra serie di diritti relativi: i diritti di obbligazione (altresì de niti diritti di credito) e i diritti
personali.
Pro lando una distinzione preliminare:
➡ I diritti reali sono i diritti sulle cose; i diritti d’obbligazione si quali cano anzitutto come diritti ad una prestazione personale,
ossia ad un dato comportamento di un soggetto, il quale può consistere, secondo una generale approssimazione, in un
comportamento di:
✦ DARE O CONSEGNARE (o RESTITUIRE) che da luogo a obbligazioni DI GENERE o obbligazioni DI SPECIE, differenziate per il
genere (regola per il creditore di prestare cose di qualità non inferiore alla media) o l’identità della cosa.
✦ FARE che da luogo a obbligazioni DI MEZZI o obbligazioni DI RISULTATO, differenziate appunto dal rischio per la mancata
realizzazione del risultato.
✦ NON FARE (NEGATIVA) ad es. non fare concorrenza.
La tripartizione precedente non tiene conto della maggiore complessità che può caratterizzare il rapporto obbligatorio: il debitore è
obbligato ad una prestazione, de nibile come principale, e ad una serie di obbligazioni de nite altresì come accessorie (ad es.
comportasi rispetto il creditore, e questi viceversa, secondo le regole della correttezza: ad es. con il dovere di informazione).

! NB. Esistono diritti d’obbligazione, come ad esempio i diritti reali di godimento che presentano forti analogie von i diritti reali (si pensi,
ad es. il contratto di locazione).

➡ I diritti reali sono assoluti (dunque opponibili erga omnes), mentre i diritti di obbligazione sono RELATIVI, ergo spettano ad
un soggetto nei confronti di uno o più soggetti determinati o determinabili.

➡ I diritti reali fruiscono di difesa assoluta contro chiunque ne contesti l’esercizio; i diritti di obbligazione fruiscono invece di difesa
relativa: il titolare può difenderli, con un’azione in giudizio, solo nei confronti della persona dell’obbligato (e non verso terzi), di cui
ovviamente ne necessita la cooperazione. Si manifesta quindi la sostanziale differenza che intercorre fra il diritto personale di
godimento della cosa altrui e i diritti reali sulle cosa (vedi es. sulla locazione a pag.139). Sotto questo pro lo si evince come la
giurisprudenza abbia progressivamente esteso ai diritti di credito la responsabilità aquilana, un tempo solo riferita ai
diritti assoluti, facendo divenire gli stessi diritti di credito diritti patrimoniali protetti nei confronti di chiunque, al pari
dei diritti reali.

➡ Un’ultima differenza si manifesta in riferimento alla legge di circolazione dei diritti, essendo che SOLO i diritti reali sono suscettibili di
possesso, ergo suscettibili di acquisto originario; i diritti di credito, per contro, si possono acquistare solo a titolo
derivativo (per renderne possibile un eventuale acquisto a titolo originario lo si deve incorporare ad un documento).

IL RAPPORTO OBBLIGAORIO
Nella sua più elementare struttura, l’obbligazione si quali ca come un rapporto, un vincolo, che lega un soggetto ad un altro
soggetto, per l’esecuzione di una data prestazione.
Nel rapporto obbligatori si può distinguervi:
‣ CREDITORE, un soggetto attivo, al quale spetta il diritto di esigere una data prestazione.
‣ DEBITORE, un soggetto passivo, il quale è tenuto ad eseguire la prestazione.
! NB. È possibile parlare anche di una pluralità di creditori, quanto di debitori*; ciò che è rilevante ai ni del rapporto obbligatorio è
la determinatezza o determinabilità dei soggetti.
‣ PRESTAZIONE, un oggetto, dovuto dal debitore –> al creditore.
! NB. La prestazione deve avere carattere patrimoniale, ossia, ex art.1174, essere suscettibile di valutazione economica, ergo
traducibile in una somma di denaro che ne rappresenti il valore economico (importante anche in termini di risarcimento).
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Nichele Arianna

Non è necessario ai ni del rapporto obbligatorio che l’interesse del creditore, a differenza della stessa prestazione, abbia interesse
patrimoniale. Il carattere patrimoniale è importante inoltre anche per distinguere fra i diritti assoluti: i diritti della personalità che difettano
appunto di patrimonialità, e fra i diritti relativi, quelli della famiglia.

! NB. Si de nisce PATRIMONIO: l’insieme di tutti i diritti patrimoniali, reali e di obbligazione, che appartengano ad una
medesima persona (si sottraggono a tutti i diritti della persona quelli della personalità e della famiglia); si ricordi la distinzione in
patrimonio lordo e patrimonio netto (netto: il valore del patrimonio di una persona, detratto l’ammontare dei debiti di codesta).

OBBLIGAZIONI CON UNA PLURALITÀ DI SOGGETTI O DI OGGETTI*


Quando si è davanti una plurima di creditori (concreditori), o di debitori (condebitori), l’obbligazione può con gurarsi come
solidale o parziaria.
➡ SOLIDALE L’obbligazione può essere solidale sia dal lato attivo che dal lato passivo:
‣ SOLIDARIETÀ ATTIVA: ciascuno dei creditori di un medesimo debitore può rivolgersi a questo ed esigere l’intera
prestazione, con la conseguenza che l’adempimento conseguito da uno dei creditori liberi il debitore nei confronti di tutti i
creditori.
‣ SOLIDARIETÀ PASSIVA: ciascuno dei debitori del medesimo creditore può essere costretto da questo ad eseguire
l’intera prestazione, con la conseguenza di liberare dall’obbligazione anche gli altri debitori.
Nei rapporti interni fra concreditori e condebitori l’obbligazione si divide, ergo: il creditore che abbia riscosso dovrà corrispondere agli
altri creditori la parte di prestazioni di loro spettanza; il debitore che avrà adempiuto avrà diritto all’azione di regresso dinnanzi gli altri
debitori per ottenere da essi il rimborso della parte da ciascuno dovuta (nel caso uno dei condebitori fosse insolvente, la perdita andrà
ripartendosi fra tutti i debitori).

➡ PARZIARIA L’obbligazione può essere parziaria si dal lato attivo che dal lato passivo:
‣ PARZIARIETÀ ATTIVA: ciascuno dei creditori di un medesimo debitore può esigere da questo solo la sua parte di prestazione.
‣ PARZIARIETÀ PASSIVA: ciascuno dei debitori di un medesimo creditore può essere costretto a pagare solo la sua parte, onde il
creditore, per ottenere l’intero, dovrà agire nei confronti di tutti.

Quando siano più i debitori, la solidarietà è la regola, la parzialità è l’eccezione, dunque valevole solo se stabilita per legge o per
volontà delle parti. La regola si inverte nel caso in cui siano in numero maggiore i creditori.
Fondamentale è quindi il principio del favore del creditore, il quale si trova esonerato dal rischio di insolvenza da parte dei singoli
debitori e può esigere l’intero dal debitore che appaia più solvibile (parziarietà passiva), o permettendo a ciascun concreditore di realizzare
direttamente quanto di sua spettanza (parziarietà attiva).
Un’accezione avviene quando la prestazione consiste in una cosa indivisibile o in una prestazione di fare indivisibile: in tal
caso l’obbligazione sarà necessariamente solidale.
L’obbligazione può avere ad oggetto due o più prestazioni, in alternativa fra loro; il debitore si libera dell’obbligazione
eseguendo l’una o l’altra prestazione e la facoltà di scelta, spetta di base, allo stesso debitore (salvo non sia stato pattuito
diversamente). Se la prestazione diviene impossibile dopo la scelta, il debitore si ritiene liberato dall’obbligazione medesima.

FONTI DELLE OBBLIGAZIONI


Si de niscono fonti delle obbligazioni quagli atti o quei fatti dai quali l’obbligazione trae origine.
Ex art.1173, si pro lano 3 grandi categorie di fonti (due speci che, una generica):
➡ CONTRATTO (art.1321) De nito come l’accordo fra due o più parti, il contratto è da intendere come fonte volontaria:
l’obbligazione sorge con il concorso della volontà del debitore (consenso).
! NB. Duplice funzione del contratto: esso è, ricordiamo, uno dei modi d’acquisto della proprietà a titolo derivativo (effetto traslativo)–> il
trasferimento della proprietà o altro diritto reale minore è direttamente e automaticamente prodotto dal contratto.
➡ FATTO ILLECITO (art.2043) Ogni fatto che cagiona ad altri danno ingiusto a fonte dell’obbligazione di risarcire il danno
conseguenza del compimento del fatto illecito; si tratta dunque di una fonte non volontaria.
➡ OGNI ALTRO ATTO O FATTO IDONEO A PRODURLE IN CONFORMITÀ CON L’ORDINAMENTO GIURIDICO
Obbligazioni ex lege.
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Nichele Arianna

Cap.10 ADEMPIMENTO E INADEMPIMENTO (da pag.149 a pag.169)


ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI
Si de nisce adempimento l’esatta esecuzione, da parte del debitore, della prestazione che forma oggetto dell’obbligazione;
ad esso ne consegue l’estinzione dell’obbligazione medesima e con questa, la liberazione del debitore.
L’esattezza della prestazione deve essere valutata in relazioni a differenti CRITERI, nel dettaglio:
‣ MODALITÀ DI ESECUZIONE
Il principio generale che abbraccia le obbligazioni di fare, nello speci co di mezzi, afferma l’uso circa la diligenza del buon padre di
famiglia, ossia la diligenza che uomo medio è solito prestare nell’assolvimento dei suoi impegni (pater familias=persona); la diligenza
richiesta sarà misurata in modo proporzionale all’attività professionale svolta, ergo valutata con riguardo alla natura dell’attività
esercitata (se la prestazione è tecnica, accanto alla diligenza verrà misurata anche la perizia).
A livello macroscopico la prestazione deve venir eseguita per intero (il creditore potrà sempre ri utare un adempimento parziale,
nonostante l’obbligazione sia divisibile).
‣ TEMPO DELLPESECUZIONE
La prestazione deve essere eseguita dal debitore a richiesta del creditore (il quale potrà esigerla in qualsiasi momento, af nché il suo
diritto di credito cada in prescrizione; la prescrizione dura 10 anni) o, se ssato un termine, alla scadenza di questo (il termine si
presume ssato a favore del debitore; il creditore non può esigere l’adempimento della prestazione in un momento precedente al termine
stabilito, il quale può essere determinato: a data ssa o a certo tempo, quindi tenendo conto del calendario comune).
‣ LUOGO DELL’ESECUZIONE
La prestazione deve essere stabilita nel luogo stabilito dalle parti; nell’ipotesi in cui non vi sia stabilito nulla, si pro lano 3 ipotesi:
1. l’obbligazione di consegnare la cosa determinata va adempiuto nel luogo ove sia sorta inizialmente l’obbligazione;
2. l'obbligazione di pagare una somma di denaro si adempie al domicilio del creditore;
3. ogni altra obbligazione sia tempie preso il domicilio del debitore al momento dell’adempimento.
‣ LA PERSONA CHE ESEGUE LA PRESTAZIONE
In linea di principio è il debitore. Tuttavia la prestazione può essere di natura tale per cui l’adempimento risulti indifferente che ad
esaurirlo sia il debitore oppure un terzo (come ad es. la consegna di cose fungibili, denaro in primis).
Il creditore può ri utare l’adempimento da parte di un terzo solo in 2 ordini di casi:
1. se ha interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione (ad es. per le cose di dare infungibili e per le prestazioni
di fare);
2. se il debitore abbia manifestato al creditore la sua opposizione all’adempimento altrui (il tal caso il creditore ha la
facoltà e non l’obbligo di ri utare l’adempimento ad opera di un terzo–> favore legislativo per il creditore).
Il creditore che invece accetti l’adempimento del terzo, può nel momento dell’adempimento surrogarlo nei diritti, che ha verso il
debitore. Si ricordi che l’adempimento è per il debitore un atto (meglio fatto) dovuto e non un atto di libera disposizione del
proprio patrimonio; non occorre ciò che il debitore sia una persona capace di intendere e di volere.
‣ LA PERSONA DESTINATARIA DELLA PRESTAZIONE
Il destinatario dell’adempimento presuppone invece avere la capacità d’intendere e di volere da parte del creditore; chi paga
nelle mani del creditore incapace non è liberato dalla prestazione, salvo che non provi che quanto ha pagato sia andato a vantaggio dello
stesso creditore. L’adempimento deve essere eseguito nelle mani del creditore oppure dinnanzi proprio rappresentante (o
persona comunque autorizzata; nella pratica spesso accade che si paghi alla persona apparentemente legittimata a ricevere il
pagamento). In tal caso il debitore è liberato dall’obbligazione solo se vi ricorrono 2 condizioni al momento del pagamento:
a. l’apparenza sia creata da circostanze univoche, ergo elementi obiettivi;
b. buona fede del debitore nel pagamento alla persona non legittimata.
‣ L’IDENTITÀ DELLA PRESTAZIONE
Il debitore è liberato solo se segue la prestazione dovuta e non una diversa, anche se di valore uguale o maggiore.
Frequente è tuttavia la prestazione in luogo dell’adempimento (altresì detta datio in solutum), ovvero la dazione di un assegno per
adempiere ad una obbligazione pecuniaria (cessione del credito in luogo dell’adempimento). Il debitore non è liberato nel momento in
cui il creditore acconsente a ricevere una diversa prestazione, ma solo quando questa risulti eseguita o, se in luogo della prestazione è
stato ceduto un credito, quando questo viene riscosso (il debitore che adempie ad una prestazione di denaro ha il diritto alla quietanza,
cioè un attestazione del debitore che riconosca e certi chi l’avvenuto pagamento). IMPUGNAZIONE DEI PAGAMENTI Chi ha più debiti
dinnanzi uno stesso creditore, può dichiarare quando paga, quale debito intende estinguere (oppure potrà essere il creditore che nella
quietanza segnerà quale debito sia stato estinto); se nella quietanza non venga dichiarato nulla valgono i criteri legali per cui si procederà
nell’estinguere i debiti già scaduti, poi quelli meno garantiti, poi quelli di antica data.
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Nichele Arianna

A favore del creditore è posta la regola per cui il creditore debba pagare prima gli interessi, e solo successivamente il capitale, salvo che
il creditore non diponga diversamente.

OBBLIGAZIONI PECUNIARIE
Il denaro è esso stesso un bene mobile il quale assolve una funzione di mezzo di scambio, serve cioè per acquistare altrui beni o per
procurarsi le altrui prestazioni. Nel linguaggio giuridico lo si de nisce moneta (o valuta, nazionale se riferita all’euro).
Si de niscono obbligazioni pecuniarie o con debiti di valuta quelle obbligazioni che abbiano per oggetto la consegna di
una somma di denaro; esse si adempiono con moneta avente corso legale nello stato al momento del pagamento (se
sussista un cambio di valuta si procede nel pagamento con la nuova valuta ragguagliata al valore della precedente).
Fondamentale è il principio nominalistico: la moneta è presa in considerazione, agli effetti dell’adempimento, per il suo valore
nominale e (non per il suo potere d’acquisto, il quale è appunto suscettibile di in azione); tale principio, se correlato al
fenomeno in azionistico, giova al debitore e svantaggia il creditore (accade il contrario in un contesto di de azione). Nella pratica esistono
delle clausole apposite, denominate clausole Istat (o numeri indici: clausola oro, merci, valuta pregiata, ecc), per cui si premunisce il
rischio della svalutazione economica.
Ai debiti di valuta si suole contrapporre i debiti di valore, i quali ricorrono quando una somma di denaro è dovuta come valore di un
altro bene (es. obbligazione di risarcire il danno cagionato da fatto illecito, per cui il denaro viene considerato l’equivalente economico del
bene). Nel momento in cui il valore venga liquidato, ergo tradotto in denaro, il debito di valore si trasforma in debito di valuta, ed è retto
dai medesimi principi di questo, con l’unica differenza riguardante il periodo antecedente alla liquidazione.
Il denaro, considerato bene produttivo, produce frutti civili, ovvero interessi. L’obbligazione di pagare una somma di denaro, che sia
liquida, ossia determinata nel suo ammontare, ed esigibile, cioè non sottoposta a termine ancora scaduto, è sempre accompagnata da
un’obbligazione accessoria: quella di corrispondere interessi compensativi (secondo la percentuale del tasso legale, quindi sempre
esigibili–> gli interessi con tasso legale superiore a quello ssato dalla legge devono essere battuti con atto scritto; i privati usano spesso
clausole di rivalutazione monetaria), ≠ dagli interessi moratori, cioè quegli interessi che il debitore deve corrispondere a seguito della
sua costituzione in mora da parte del creditore.

INADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI


Il debitore è inadempiente se non esegue la prestazione dovuta o se non la esegue correttamente (ergo non rispettando i 6 criteri
sopracitati); l’adempimento si quali ca dunque come fatto oggettivo, al quale ne consegue la responsabilità del debitore medesimo,
il quale dovrà quindi risarcire il sanno causato dal suo stesso inadempimento (favore del creditore).
Ex art.1218, al debitore inadempiente tuttavia, è ammessa la possibilità di provare che la sua mancata esecuzione della prestazione, sia
stata determinata da impossibilitò sopravvenuta, facendo divenire impossibile l’adempimento della prestazione. Il debitore potrà quindi
liberarsi della responsabilità solo offerendo duplice prova:
1. Provare che la prestazione da lui dovuta sia divenuta IMPOSSIBILE (si parla di responsabilità oggettiva, ergo ineseguibile da
qualsiasi altro debitore che si fosse trovato nella medesima situazione).
2. Una volta data prova circa l’impossibilità, il debitore deve provare che la mancata prestazione sia DIPESA DA CAUSA A LUI NON
IMPUTABILE, volendo intendere ogni evento che non fosse prevedibile ed evitabile–> caso fortuito (fatalità) o forza
maggiore(evento naturale, fatto del terzo, fatto del principe), quindi provando d’essersi comportato secondo le norme della
diligenza del buon padre di famiglia.

Occorre quindi analizzare le diverse serie di prestazioni:


➡ PRESTAZIONI DI DARE CHE ABBIANO AD OGGETTO UNA COSA DI GENERE
Il debitore sarà sempre responsabile per la mancata esecuzione della prestazione; la prestazione di dare una somma di denaro
non divenire mai oggettivamente impossibile (semmai soggettivamente impossibile). Analogo discorso vale per la prestazione di
consegnare una determinata quantità di cose di genere (al debitore non è ammesso provare che il fatto non fosse da lui prevedibile o
imputabile).
➡ PRESTAZIONI DI DARE CHE ABBIANO AD OGGETTO UNA COSA DI SPECIE
Lo stesso discorso abbraccia anche le prestazioni che abbiano ad oggetto un genere limitato. La prestazione può diventare
oggettivamente impossibile e sarà onere del debitore provare che la prestazione è divenuta impossibile per causa a lui non
imputabile, ossia le cause ignote; deve quindi provare che la causa accertata non era ne prevedibile ne evitabile da lui o dai suoi
dipendenti.
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Nichele Arianna

➡ PRESTAZIONI DI FARE CONSISTENTI IN PRESTAZIONI DI MEZZI


Solo in tale casistica si può far riferimento al metro di adempimento o meno previsto ex art.1176; in tal caso il fondamento della
responsabilità puoi essere la colpa del debitore, intesa come mancanza della diligenza, perizia e prudenza dovuta; l’onere di provare
l’inadempimento spetta quindi al creditore. Anche qui la prestazione può divenire oggettivamente impossibile (coerentemente alla
dif coltà nell’esigere la prova).
➡ PRESTAZIONI DI FARE CONSISTENTI NELLA REALIZZAZIONE DI UN RISULTATO
La mancata realizzazione del risultato può derivare da tanto da impossibilità soggettiva, quanto mi possibilità
oggettiva; nasce quindi il problema circa le cause e la loro imputabilità.
➡ PRESTAZIONI DI NON FARE
La violazione dell’obbligazione negativa si traduce come un atto volontario posto in essere dal debitore, il quale è
sempre responsabile. Nel caso in cui il debitore sia volontariamente inadempiente si parlerà di dolo, in tutti gli altri casi nei quali
l’inadempimento sia dipeso da cause non imputabili al debitore, si parlerà altresì di colpa; si veri ca una responsabilità oggettiva, quindi
senza colpa, quando l’inadempimento è stato generato da cause ignote.

Il RISCHIO D’INADEMPIMENTO si ripartisce in:


‣ RISCHIO DEL CREDITORE di non ricevere la prestazione sulla quale egli ha fatto af damento nel momento in cui l’obbligazione è
sorta.
‣ RISCHIO DEL DEBITORE inteso come l’eventualità di questi di dover risarcire i danni causati dal proprio inadempimento dovuto ad
una soggettiva impossibilità di adempiere o ad una oggettiva impossibilità che egli non possa provare essere dovuta a casa a lui non
imputabile.
Tale ripartizione può, per certi limiti, essere modi cata per volontà delle parti; è però nullo il patto con il quale il debitore sia
preventivamente esonerato da responsabilità per dolo o colpa grave (ex art.1229): il debitore può essere preventivamente
esonerato da responsabilità per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione imputabile a sua lieve mancanza di diligenza (colpa lieve);
mai invece, per quella che sia stata da lui volontariamente cagionata (dolo) o che ne derivi da causa imputabile a sua grave negligenza
(colpa grave).

COSTITUZIONE IN MORA
➡ MORA DEL DEBITORE
La mora del debitore è il ritardo di questo nell’adempiere alla prestazione dovuta; di regola non basta, perché il debitore sia in mora, il
mancato adempimento alla scadenza del termine: occorre altresì un atto formale de nito “costituzione in mora”, quali cabile come la
richiesta\ intimidazione scritta di adempiere, ricolta dal creditore al debitore (ex art.1219).
La formale costituzione in mora risulta tuttavia super ua se si ricade nell’alveo delle seguenti 3 situazioni:
‣ quando il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere;
‣ quando si tratta di obbligazione da fatto illecito;
‣ quando si tratta di obbligazioni di non fare.
(leggi approfondimento a pag.162)
La mora del debitore produce 2 effetti:
1. L’AGGRAVAMENTO DEL RISCHIO DEL DEBITORE Se, dopo la costituzione in mora, la prestazione diviene impossibile per causa
non imputabile al debitore, questi ne risponde ugualmente, a meno che non provi che l’oggetto della prestazione sarebbe
ugualmente perito presso il creditore (ex art.1221).
2. L’OBBLIGAZIONE DI RISARCIRE I DANNI che il creditore provi di aver subito a causa dell’inadempimento o del ritardo
dell’adempimento; si parla di responsabilità contrattuale, la quale comporta il pagamento (dal debitore al creditore) di una
somma di denaro che sia l’equivalente monetario dei danni che l’inadempimento o il ritardo nell’esecuzione della prestazione gli ha
causato.
Ex art.1223, il danno da risarcire è formato da 2 componenti:
‣ DANNO EMERGENTE: la perdita subita dal creditore;
‣ LUCRO CESSANTE: il mancato guadagno di questi.
! NB. Fra inadempimento e danno deve sussistere uno speci co rapporto di casualità, per cui è risarcibile solo il danno che ne sia
conseguenza diretta e immediata e che sia un danno prevedibile dal debitore come causa del proprio inadempimento al
momento in cui l’obbligazione è sorta. Il danno non prevedibile, sempre che ne sia conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento
è risarcibile solo per dolo del debitore, ossia volontariamente cagionato da questo; per contro la colpa del creditore, che avrebbe potuto
evitare il danno utilizzando ì’ordinaria diligenza, esonera il debitore dalla responsabilità.
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Nichele Arianna

È ancora, il discorso del rapporto di casualità fra inadempimento e danno: se questo è stato determinato, in tutto o in parte dal
comportamento del creditore, non si può dire che il debitore l’abbia cagionato o che ne sia stato la sola causa, motivo per cui non ne
risponde o ne risponde parzialmente, ergo nella misura a lui imputabile; (leggi gli esempi a pag.164).

La prestazione che ha ad oggetto una prestazione circa la consegna di una somma di denaro non diventa mai
impossibile: il debitore, anche dopo la costituzione in mora, resta sempre tenuto ad eseguirla.
Accanto alla somma dovuta, il debitore dovrà inoltre corrispondere al creditore ex art.1224, gli interessi moratori, secondo il tasso
legale (eventuali interessi compensativi continueranno ad insistere). Gli interessi moratori valgono come risarcimento del danno
per il ritardo: sono sempre dovuti, indipendentemente dalla prova, da parte del creditore, di avere subito un danno, essendo il denaro
un bene che per sua natura produce interessi e la mancata consegna del capitale producendo, di conseguenza, un automatico danno al
creditore. Tuttavia il creditore può provare di aver subito un maggior danno rispetto a quello risarcitogli al tasso di interesse
legale: è il caso caratteristico del danno da in azione; l’autorità giudiziaria alla quale si rivolgerà il creditore provvederà a calcolare gli
interessi moratori sulla base del tasso di svalutazione della moneta.

➡ MORA DEL CREDITORE


Il ritardo nell’inadempimento può dipendere anche dal comportamento del creditore, parlando appunto di mora del creditore, ex
art.1206, quali cabile come l’ingiusti cabile ri uto del creditore di ricevere la prestazione offertagli dal debitore, o
comunque, di mettere il debitore nella condizione di non poterla eseguire.
Se il debitore ha l’obbligo di adempiere alla prestazione, il creditore vanta la facoltà e non l’obbligo di esigere la prestazione.
Il creditore per non essere considerato in mora deve compiere quanto ne è necessario af nché il debitore possa adempiere
all’obbligazione; si tratta del cosiddetto dovere di cooperazione richiesto al creditore dinnanzi l’adempimento del creditore.
La costituzione in mora del creditore si effettua con: a) l’offerta della prestazione, che è l’offerta reale per le cose mobili da consegnare
al domicilio del creditore (offerta materialmente a questi), con b) l’offerta per intimidazione, per gli immobili e le cose mobili da
consegnare in luogo diverso (gli viene noti cata la richiesta di adempiere alla prestazione).
I 3 effetti della costituzione in mora del creditore sono i seguenti:
1. L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, per causa a lui non imputabile, è a carico del creditore; il debitore, cioè,
conserva il diritto alla controprestazione, anche se il creditore non potrà ricevere la prestazione, divenuta impossibile.
2. Non sono più dovuti dal debitore interessi sulle somme di denaro.
3. Sono dovuti dal creditore il rimborso per le spese di custodia della cosa, e in generale il risarcimento del dei danni che il
debitore abbia subito a causa della mora.
Accanto ai suddetti effetti, il debitore può, persistendo il ri uto del creditore, conseguire l’ulteriore effetto circa la propria liberazione
dal debito con il deposito della somma dovuta presso una banca o con la consegna del degli immobili al sequestratario nominato dal
giudice. Lo svincolo dal debito si produrrà solo qualora il giudice accerti che il ri uto del creditore effettivamente ingiusti cato,
perché nell’ipotesi opposta, quindi se fosse stato legittimo (ad es. perché la prestazione del debitore era inesatta) gli effetti dello svincolo
non andranno pro landosi.

ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE PER CAUSE DIVERSE DALL’INADEMPIMENTO


L’obbligazione, oltre che per adempimento, può estinguersi:
➡ IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA dovuta a causa non imputabile al debitore.
– Va aggiunto che l’impossibilità può solo temporanea: in tal caso l’obbligazione non si estingue e il debitore non sarà
responsabile per il ritardo; tuttavia l’impossibilità temporanea equivarrà a impossibilità de nitiva e libererà il debitore (se il
tempo doveva considerarsi come essenziale).
– Può, inoltre, essere un’impossibilità solo parziale: qui il debitore si libera eseguendo la prestazione per la parte rimasta possibile.

➡ NOVAZIONE cioè l’estinzione dell’obbligazione, per volontà delle parti mediante la costruzione di una nuova obbligazione,
diversa quella originaria o per l’oggetto e per il titolo.
– Diversa per oggetto: il consenso del creditore libera il creditore dalla originaria obbligazione ed in luogo di questa nasce
un’obbligazione distinta (a differenza della prestazione in luogo d’adempimento).
– Diversa per titolo: ad es. si trasforma un titolo di vendita in un titolo di mutuo, disciplinando la stessa obbligazione con l’obbligazione
del mutuo.
Non c’è novazione nella semplice modi cazione del tempo dell’adempimento originariamente previsto nella concessione di una
proroga o di una dilatazione del pagamento ecc.

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Nichele Arianna

L’obbligazione originaria è la ragione che giusti ca la costituzione della nuova obbligazione: perciò se la prima obbligazione non esisteva
(es. viene annullato il contratto con il quale era sorta), la nuova obbligazione è senza effetto.

➡ REMISSIONE DEL DEBITO è la rinuncia volontaria del creditore al proprio diritto; può essere una dichiarazione esplicita
(entro un tempo ragionevole), come implicita (se tace, l’obbligazione produce l’effetto estintivo dell’obbligazione)–>si segue
principio per il quale nessuno è costretto a ricevere da altri un favore.
Essa estingue l’obbligazione, sempre che il debitore, entro un congruo termine, non decida di opporvisi ex art.1236.

➡ CONFUSIONE quando la quando la qualità di debitore e di creditore vengono a riunirsi nella medesima persona; di
conseguenza, l’obbligazione si estingue per il semplice fatto che non si può essere creditori di se stessi.
Non c’è estinzione per confusione nel caso della cambiale di o di assegno: il debitore al quale venga girato, potrà girarlo a sua volta ad
altri.

➡ COMPENSAZIONE quando due persone sono obbligate l’una nei confronti dell’altra, sin forza di distinti rapporti
obbligatori per i quali la prima sia debitore della seconda e la seconda debitore della prima; in tal caso l’obbligazione
si può estinguere (nel caso di pagamenti, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti).
La compensazione non si veri ca se il debitore vi abbia previamente rinunciato o se si tratta di un credito impignorabile o di altro credito
per il quale la legge escluda compensazione.
Distinguiamo 3 tipologie di compensazione:
a) COMPENSAZIONE LEGALE Opera in maniera automatica al ricorrere dei seguenti presupposti di legge: debiti omogenei, liquidi ed
esigibili. Deve essere eccepita dal debitore, ma opera dal giorno in cui si è veri cata la coesistenza dei due debiti.
b) COMPENSAZIONE GIUDIZIALE Decisa dal giudice quando i due debiti sono omogenei ed esigibili, ma uno dei due non è liquidato.
Il giudice, se lo considera di facile e pronta liquidazione può dichiarare la compensazione per quella parte di debitore gli appare
sicuramente esistente o, previa liquidazione, per la sua totalità. Opera solo dal momento della sentenza che l’ha dichiarata.
c) COMPENSAZIONE VOLONTARIA Stabilita per accordo fra le parti.

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Nichele Arianna

Cap.11 IL CONTRATTO (da pag.171 a pag.201)


CONTRATTO E AUTONOMIA CONTRATTUALE
Accanto alle funzioni viste in precedenza di modo d’acquisto della proprietà a titolo derivativo e di fonte volontaria delle
obbligazioni, de niamo ora la funzione generale del contratto: ex art.1321 “Il CONTRATTO e' l'accordo di due o più parti per
costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Il rapporto giuridico, che il contratto costituisce, regola, o estingue deve avere carattere patrimoniale: deve, cioè, avere ad oggetto
cose o prestazioni suscettibili di valutazione economica. Tale rapporto nasce per accordo concorde fra le parti in gioco, svolgendo
quindi la volontà dell’uomo; l’effetto giuridico prodotto dalla volontà delle parti interessate deriva dalla signoria della volontà, ossia
dal fatto che la legge riconosce ai privati un ampio potere di provvedere, con proprio atto di volontà, alla costituzione, alla
regolazione ed all’estinzione dei rapporti patrimoniali.
Il contratto è:
➡ BILATERALE quando le parti siano due, e necessariamente due (ad es. contratto di vendita).
➡ PLURILATERALE quando le parti possono essere più di due; si parla appunto di moltitudine di parti (ad es. contratto di società
o associazione).
! NB. Si noti tuttavia come il concetto di parte NON coincida con quello di persona: per parte s’intenda il centro d’interessi (motivo per
cui ciascuna parte tuo essere formata da più soggetti).
Dai contratti si distinguono gli ATTI UNILATERALI, i quali si contraddistinguono per la dichiarazione di volontà di una sola parte
(ad es. il voto dei partecipanti alla comunione). Essi sono una fonte delle obbligazioni (NB. La promessa unilaterale di prestazione
non produce effetti obbligatori fuori dai casi previsti dalla legge; possiedono una disciplina particolare relativa a ciascuno di essi,
anche se sono compatibili le norme di portata generale sui contratti.
A differenza dei contratti che costituiscono una categoria aperta (includendo l’ammissibilità dei contratti atipici), gli atti unilaterali
formano un numero chiuso (sono solo quelli previsti dalla legge con esclusione degli atti unilaterali atipici).

Si parla appunto di libertà o autonomia contrattuale, la quale si manifesta sotto un duplice aspetto:
‣ Sotto un pro lo NEGATIVO: autonomia contrattuale signi ca che nessuno può essere spogliato dei propri beni o costretto ad
eseguire prestazioni a favore di un altro contro, o comunque, indipendentemente dalla sua volontà; il contratto non vincola, se non
chi abbia partecipato all’accordo, chi non abbia espresso il proprio consenso a riguardo. Il contratto infatti non produce effetti
dinnanzi terzi, se non nei casi previsti dalla legge.
‣ Sotto un pro lo POSITIVO: i privati possono, con proprio atto motivato, costituire, regolare o estinguere rapporti patrimoniali; in tal
senso l’autonomia contrattuale si manifesta in 3 forme:
1. LIBERTÀ DI SCELTA fra i diversi tipi di contratto previsti dalla legge.
2. LIBERTÀ DI CONTENUTO entro i limiti stabiliti dalla legge; ciascuna determinazione delle parti inserita nel contratto scritto prende il
nome di clausola o di patto, che nel loro insieme de niscono il cosiddetto regolamento contrattuale.
3. LIBERTÀ DI CONCLUSIONE DI CONTRATTI ATIPICI (O INNOMINATI), ossia contratti non corrispondenti alle tipologie
previste dal codice civile, ma ideati e praticati dal mondo degli affari, diffusitivi nella pratica previa una regolamentazione
legislativa propria (ad es. leasing, franchising, ma anche i contratti misti, come ad es. il portierato, generato dalla fusine di due o
più contratti tipici). Ex art.1322, i contratti atipici sono validi (causa) purché meritevoli di tutela; essi sono sottoposti alla portata
generale delle norme dei contratti in generale e per il resto, dalle proprie clausole contrattuali.
La vasta regolazione del contratto si articola, nel codice civile, in due serie di norme: la prima serie riguarda i CONTRATTI IN GENERALE,
la seconda invece regola i SINGOLI CONTRATTI, ossia quei contratti contraddistinti da una disciplina particolare e speci ca (largamente
discussa nel libro 4; non esaurisce completamente nel quarto, trovando esempi anche nel libro 2 e nel libro 5).
Le norme sui contratti in generale sono comuni a tutti i contratti e si applicano a ciascuno di essi; quelle sui singoli contratti invece, si
applicano limitatamente ai contratti cui riferiscono.

REQUISITI DEL CONTRATTO


Ex art.1325 il concetto di contratto si scompone in 4 distinti requisiti, rispettivamente: l’accordo delle parti, l’oggetto, la causa e la
forma (se richiesta, a pena di nullità).
Analizzandoli nel dettaglio:
➡ ACCORDO L’accordo delle parti è l’incontro delle manifestazioni o dichiarazioni di volontà di ciascuno di esse: il contratto
è concluso (perfezionato) solo se e solo quando si raggiunge una piena coincidenza fra le distinte dichiarazioni di volontà
provenienti da ambe le parti.
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Nichele Arianna

Il contratto può essere concluso in modo espresso (oralmente o per iscritto) oppure in modo tacito (la volontà la si desume dal
comportamento delle parti). L’accordo inoltre si può formare in modo simultaneo (nella medesima unità di tempo) o si può formare in
fasi successive: in tal caso la volontà delle parti si scompone in proposta e accettazione:
‣ PROPOSTA, ossia la dichiarazione di volontà di chi assume l’iniziativa del contratto
‣ ACCETTAZIONE, ossia la dichiarazione di volontà che il destinatario della proposta, rivolge a sua volta, al proponente; il destinatario
della proposta è libero di accettarla come no (pro lo negativo dell’autonomia contrattuale). L’accettazione vale come tale solo se
conforme alla proposta rivolta alla parte; se questa non è conforme, e il destinatario decida di contro-ribattere alla offerta originaria, si
parla di nuova proposta.
Il contratto si perfeziona nel momento in cui chi ha fatto la proposta (o formulato una nuova) riceve notizia circa
l’accettazione dell’altra parte; questa per essere tale deve pervenir entro il termine stabilito (o in mancanza di questo, entro un tempo
ragionevole). La proposta contrattuale può essere rivolta ad un destinatario determinato, ma può anche assumere la forma dell’offerta al
pubblico: chiunque, in tal caso, può esprime al proponente la propria accettazione, con effetto di perfezionare il contratto nel momento
in cui questa venga a conoscenza del proponente (ad es. annunci pubblicitari).
Dalla vera e propria offerta contrattuale bisogna però distinguere il semplice invito a proporre, ossia una dichiarazione che non
contenga tutti gli estremi essenziali del contratto; vale appunto come un semplice invito al pubblico a trattare (ad es. cartello con scritto
vendesi).
! NB. Ad uguale valutazione si può pervenire anche nel caso vi siano indicati tutti gli estremi del contratto da concludere,
essendo che il commerciante è libero di scegliere la propria clientela. Un esempio di proposta contrattuale è l’adesione di nuove
parte, quando sia consentita, ad un già formato contratto plurilaterale; la proposta di adesione (o richiesta di ammissione) è valutata dagli
organi, al cui autonomia contrattuale è insindacabile.
Fino al momento in cui il contratto non sia concluso, le parti conservano la propria autonomia contrattuale: proposta e
accettazione possono essere revocate da chi le abbia formulate. La conoscenza della proposta e dell’accettazione, come quella della
loro revoca, è però una conoscenza presunta, cioè esse si presumono conosciute dal destinatario nel momento in cui giungono al suo
indirizzo (si parla di conoscibilità); ma al destinatario è ammesso a provare d’essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di ricevere
notizia.
La proposta può essere dichiarata come proposta ferma o irrevocabile per un dato tempo: il destinatario può, entro questo tempo,
accettarla o non; il proponente invece non può revocare la proposta che rimane per lui vincolante, cosi come formulata, nche non sia
scaduto il tempo pattuito (a vantaggio evidente del destinatario). Dalla proposta irrevocabile differisce però, l’opzione; si parla appunto di
patto di opzione: ricorre quando una parte del contratto si vincola verso l’altra e si limita a prenderne atto, riservandosi la scelta (detta
opzione), se accettare o meno. Il patto di opzione produce, a carico di chi si obbliga, gli stessi effetti di una proposta irrevocabile, con
l’unica differenza che il termine non ssato potrà essere stabilito dal giudice.
Particolari tecniche di formazione dell’accordo riguardano:
‣ CONTRATTI CON L’OBBLIGAZIONE SOLO DEL PROPONENTE (art.1333) In tal caso il silenzio del destinatario della proposta è
valutato come accettazione tacita; il contratto si perfeziona se entro il termine richiesto dalla natura dell’affare o degli usi, il
destinatario non ri uti la proposta. La norma è formulata con riferimento ai contratti obbligatori (non vale per quelli a effetti reali).
‣ CONTRATTI CHE AMMETTONO ESECUZIONE PRIMA DELLA RISPOSTA DELL’ACCETTANTE (art.1327) In tal caso il contratto è
concluso nel tempo e nel luogo ove ha avuto inizio l’esecuzione (accettazione tacita della proposta).
Gli atti unilaterali richiedono la loro comunicazione al destinatario e producono effetto dal momento in cui giungono a conoscenza di
questo o quanto meno dal momento in cui sono, da questo, conoscibili.

! LIMITI ALL’AUTONOMIA CONTRATTUALE


All’esistenza di limiti circa l’autonomia contrattuale fa riferimento la norma generale dell’art.1322, la quale afferma che le parti possono
liberamente determinare determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge; tali limiti sono per un verso
il portato della odierna società industriale basata sulla produzione in serie su larga scala e caratterizzata da un governo pubblico
sull’economia (intervento statale).
I limiti all’autonomia contrattuale appieno abbastanza estesi e si manifestano sotto 2 aspetti:
1) LIMITI IMPOSTI AD UNA DELLE PARTI Tale ipotesi ricorre anzitutto nel cosiddetto contratto in serie, o “standard” il cui
contenuto è del tutto o in parte predeterminato da una parte, obbligando l’altra a prendere o lasciare (≠ contratto
isolato: cioè il contratto frutto di trattative intercorse fra i contraenti nel corso delle quali si discutono le condizioni che
saranno oggetto circa il contenuto del contratto). Il contratto in serie ubbidisce all’esigenza di regolare in modo uniforme i
rapporti contrattuali con i consumatori (clienti). L’aspetto giuridico si manifesta invece nell’ef cacia che la legge
attribuisce alle condizioni generali di contratto; queste sono le condizioni contrattuali predisposte in modo uniforme da uno

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Nichele Arianna

dei contraenti e destinate a valere per tutti i contratti che verranno conclusi con i consumatori o utenti–> esse sono ef caci nei
confronti dell’altro contraente se al momento del perfezionamento del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle
(mera conoscibilità: il produttore di beni o servizi su larga scala possiede volontà unilateralmente vincolante; egli ha solo l’onere di
rendere la propria volontà conoscibile ai consumatori).
Il consumatore o l’utente si quali ca come il contraente debole che la legge si preoccupa di proteggere -> intervento delle direttive
europee. Attenzione alle clausole vessatorie, ossia condizioni a favore di chi le abbia disposte circa limitazioni di responsabilità, facoltà
di rendere dall’esecuzione, ecc. Per il contratto in serie vengono spesso predisposta moduli già stampati; in tal caso il legislatore cerca di
mitigare il sacri cio dell’autonomia contrattuale del contraente debole affermando che le clausole aggiunte successivamente a
penna prevalgono su quelle già stampate, anche se quest’ultime non vengano cancellate.
+ OBBLIGO A CONTRARRE Ricade sempre in quest’alveo, a carico del contraente forte, circa l’obbligo di contattare del
monopolista; chi esercita una funzione di monopolio legale infatti ha l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni
che formano oggetti dell’impresa, osservando la parità di trattamento (il limite s’individua nella scelta dell’utente di contrarre o
meno, ma non dell’imprenditore che sarà tenuto ad esprimere sempre accettazione).

2) LIMITI IMPOSTI AD ENTRAMBE LE PARTI: FONTI DI INTEGRAZIONE DEL CONTRATTO Limiti posti a protezione di interessi
superiori; caso tipico è la determinazione autorizzata, da parte dei poter pubblici, dei prezzi di vendita di beni largo consumo, o delle
tariffe di determinati servizi pubblici. L’aspetto giudicante più rilevante è che i prezzi, più in generale, le clausole contrattuali imposte
dalla pubblica autorità sono automaticamente inserite nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi poste dalle
parti; non c’è quindi un vero obbligo per le parti di adeguarsi ma queste prescrizioni formano direttamente parte del contratto.
Analogo fenomeno di inserzione automatica si veri ca quando una clausola voluta dalle parti, sia contraria ad una norma imperita di
legge: in tal caso la suddetta clausola sarà nulla e automaticamente sostituita dalla prescrizione legislativa (il contratto
non obbliga le parti solo nelle volontà di queste, ma anche nelle conseguenze derivanti dalla legge, usi ed equità–> si deve perciò
distinguere la volontà della parti (mero contenuto pattizio), da quello che è il contenuto legale, ossia quello imposto dalla legge.
! NB. Ex art.1374, sono cosi inquadrate quelle che sono le 4 FONTI DEL REGOLAMENTO CONTRATTUALE (CONTENUTO):
‣ la volontà espressa dalle parti
‣ le norme imperative di legge e le clausole inserite nel contratto per disposizione di legge
‣ gli usi
‣ le equità (valutazione di fatto eseguita dal giudice ad integrazione della volontà delle parti)
! Art.8 preleggi: usi ed equità posseggono un carattere meramente suppletivo, nel caso in cui manchino appunto la volontà
delle parti o di disposizione di legge. Dal carattere suppletivo bisogna ≠ discernere il carattere correttivo dell’equità; l’equità
correttiva si veri ca quando il giudice è chiamato ad esercitare un vero e proprio potere correttivo circa l’autonomia privata (ad es. nella
riduzione equitaria della penale eccessiva).

➡ CAUSA
La causa è la funzione economica-sociale del contratto, ossia la giusti cazione dell’autonomia privata (ad es. contratto di
scambio: la causa della vendita è lo scambio della cosa con prezzo). Non tutti i contratti tuttavia sono a titolo di scambio, de niti titolo
oneroso ove la causa risiede nello scambio di prestazioni; vi sono anche contratti a titolo gratuito, nei quali la prestazione di una parte
non trova giusti cazione nella prestazione della controparte (ad es. causa della donazione è lo spirito di liberalità).
I contratti tipici, proprio perché regolati dalla legge, si presentano come modelli o schemi di affari precostituiti, i quali
posseggono una causa tipica: il trasferimento del diritto e l’assunzione dell’obbligazione sono direttamente giusti cati dalla legge.
Modello astratto, altra la concreta possibilità di realizzare il modello.
CAUSA IN ASTRATTO E CAUSA IN CONCRETO Dalla causa in astratto si deve distinguere la cosa in concreto; il problema della la causa in
astratto si pone per i contratti atipici: il giudice dovrà accertarsi che tali contratti siano diretti a realizzare interessi
meritevoli di tutela; egli dovrà sostanzialmente andare a veri care se nel modello di operazione economica del contratto ci ricorra il
requisito della causa (de nita causa atipica). È cosi riconosciuto un controllo giudiziario all’uso che i privati fanno della propria
autonomia contrattuale; un controllo che si può de nire, sia sotto un pro lo negativo e dunque atto al controllo circa la presenza di
interessi illeciti (causa illecita), sia sotto un pro lo positivo ovvero accertare che gli interessi di causa siano meritevoli di tutela,
quindi leciti, e perciò controllare se il contratto abbia una causa valida o se questa manchi –> il giudice dovrà giudicare non
secondo equità, ma secondo l’ordinamento giuridico applicando norme che regolino casi simili o mancanza di questi i principi generali
dell’ordinamento (analogia legis e iuris). Se manca la causa (come ogni altro requisito essenziale) il contratto è soggetto a nullità.
La giurisprudenza applica con rigore il requisito della causa: viene appunto esatta la expressio causae, ovvero l’enunciazione esplicita
della causa); ciò avviene anche per gli atti di liberalità (donazione): causa donandi.

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Nichele Arianna

Spesso il contratto atipico risulta dalla combinazione in unico contratto di più contratti tipici; dal punto di vista della causa si parla
di causa mista. Diverso dal fenomeno della causa mista sono i contratti collegati: qui non c’è un unico contratto ma bensì una
pluralità coordinati di contratti che conservano cioè ognuno una propria autonoma causa, volte a soddisfare una unitaria e complessa
operazione economica; il criterio sostanziale è dato dall’unità o dalla pluralità di cause (e non dei documenti contrattuali).
ASTRAZIONE DI CAUSA Dal requisito della causa discende l’ammissibilità dei contratti (e atti unilaterali), astratti, ossia diretti a
produrre effetti per sola volontà delle parti, indipendentemente dall’esistenza di una causa (tipica o atipica che sia).
Correlato a questo principio generale è l’art.1988: la semplice promessa di pagamento o il semplice riconoscimento del
debito, sono dichiarazioni unilaterali astratte, dalle quali non emerge la causa in forza della quale si promette il pagamento o ci si
riconosca debitori–> la dichiarazione ha un valore limitato e dispensa colui a favore del quale è stata fatta dall’onere di provare il
rapporto fondamentale.
ASTRAZIONE PROCESSUALE Si attua un’inversione dell’onere della prova: l’esistenza del rapporto fondamentale si presume no a
prova contraria; si parla di astrazione solo processuale della causa: anziché essere il creditore, secondo i principi generali sull’onere della
prova, a dover provare il titolo costitutivo del credito, sarà il debitore, per sottrarsi al pagamento, a doverne provare
l’inesistenza. L’astrazione processuale non è legislativamente ammessa per la ricognizione di diritto reale.
≠ causa sono i MOTIVI DEL CONTRATTO Se la causa è sempre una funzione oggettiva, i motivi sono ragioni soggettive che
inducono le parti al contratto, di conseguenza saranno diversi per ognuno dei contraenti; in quanto tali i motivi sono irrilevanti ai ni
del diritto, se non in due precise fattispecie e cioè: motivi illeciti e errore di diritto sui motivi.

CONTRATTO DI ACCERTAMENTO
Valore analogo alla ricognizione del debito ha il cosiddetto contratto di accertamento: con esso le parti non dispongono, l’una a favore
dell’altra, di propri diritti ma piuttosto mirano ad eliminare l’incertezza relative a situazioni giuridiche fra esse intercorrenti, e si vincolano
reciprocamente ad attribuire al fatto o all’atto preesistente gli effetti che risultano dall’accertamento contrattuale. Tuttavia il contratto di
accertamento può svolgere la sua funzione in quanto la situazione giuridica che con esso viene accertata, effettivamente preesistesse e
fosse obiettivamente incerta, sicché il contratto di accertamento ha sempre effetto retroattivo.
Si parla di astrazione materiale della causa quando la legge riconosce che la dichiarazione di volontà possa produrre fette traslativo di
diritti indipendentemente dall’esistenza della causa.

➡ OGGETTO Distinto dal contenuto del contratto (espresso all’interno del regolamento contrattuale), si distingue l’oggetto del
contratto, ovvero la cosa, più in generale il diritto (reale o di credito) che il contratto trasferisce da una parte all’altra, oppure la
prestazione che una parte si obbliga ad eseguire a favore dell’altra. Di regola il contratto ha più oggetti; si parla di oggetto unico
solo nei contratti a titolo gratuito (donazione).
L’oggetto del contratto, ex art.1346, deve essere:
‣ POSSIBILE Disponibilità materiale: diviene impossibile se una cosa non esiste o la prestazione è materialmente ineseguibile;
deroga per la vendita di cose future (≠ dal donare cose future che è vietato). Il requisito della possibilità allude inoltre alla sua
possibilità giuridica: l’oggetto diviene impossibile quando non è per legge un bene in senso giuridico (ad es. le parti del corpo
umano di cui la persona non può disporre ex art.5); oggetto giuridicamente impossibile è inoltre un bene fuori commercio o
inalienabile.
‣ LECITO Conforme all’ordinamento giuridico.
‣ DETERMINATO (O DETERMINABILE) Sicura identi cazione dell’oggetto; se non è determinato, l’oggetto può essere determinabile, in
base a criteri di individuazione enunciati nel contratto stesso oppure altrimenti ricavabili (ad es. le clausole di rivalutazione monetaria).
Un altro esempio di oggetto determinabile è quello dell’arbitramento cioè del contratto che deferisca ad un terzo la determinazione
dell’oggetto; di regola un terzo (arbitratore) procede alla determinazione dell’oggetto con equo apprezzamento, spesso matrice di
controversie, motivo per cui le parti possono preferire di af dare la determinazione dell’oggetto ad una persona di loro ducia al mero
arbitrio del terzo (la determinazione può essere impugnata solo nel caso di mala fede del terzo). (Rivedi pag.193\194).

➡ FORMA (A PENA DI NULLITÀ) Principio generale non nel nostro ordinamento è quello della libertà delle forme: i contratti
possono, per regola, risultare da dichiarazione espresse o tacite, orali o scritte; è suf ciente af nché il contratto sia valido, dunque
produttivo di effetti, che la volontà delle parti sia manifestata, qualunque sia il modo o la forma di manifestazione.
Si deroga a tale principio per i contratti immobiliari: cioè contratti che trasferiscano la proprietà o altri diritti reali su beni immobili
(o che costituiscano, modi chino o estinguano diritti reali su tali beni), i quali devono avere una forma scritta, a pena di nullità.
La forma scritta è richiesta inoltre per altri contratti o atti speci catemene indicati dalla legge; essa può consistere in un atto
pubblico o in una scrittura privata.

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Nichele Arianna

Distinguiamo:
‣ ATTO PUBBLICO Documento redatto dal notaio (o pubblico uf ciale autorizzato), il quale attesta, con le formalità richieste dalla legge
notarile, le volontà dichiarate alla sua presenza, dalle parti. Solo in casi eccezionali (donazione e società di azioni) la forma di atto
pubblico è richiesta a pena di nullità del contratto.
‣ SCRITTURA PRIVATA Documento redatto e sottoscritto dalle stesse parti, senza la partecipazione di un pubblico uf ciale autorizzato. La
scrittura privata può essere comunque autenticata da un notaio (art.2073); come no, quindi non autenticata.
L’atto pubblico e la scrittura privata sono solo mezzi speciali di prova: il primo fa fede no a querela di falso di quanto risulta essere
stato dichiarato dinanzi il notaio, la seconda fa prova circa l’autenticità delle rme apposte dalle parti in calce al contratto, andando così ad
impedire che una delle parti possa successivamente disconoscere la propria rma, protestandola come falsa.
Essi servono inoltre per formare il titolo per la trascrizione del contratto nei registri immobiliari.
La forma scritta è la forma che la legge richiede per la validità del contratto (in assenza di questa il contratto è nullo); altro è la forma scritta
che talvolta le legge richiede per la prova del contratto (prova documentale) come nel caso delle assicurazioni. In tal caso il contratto è
produttivo anche se difettante di forma scritta, rendendone ardua la prova; relativamente a questo ordine di casi, la forma scritta è richiesta
non tanto per la validità in se del contratto, ma piuttosto come forma di prova circa l’esistenza del contratto stesso.
Particolare questione abbraccia i contratti stipulati in forma elettronica: anche qui è richiesta forma scritta, nella sua accezione di
rma digitale o rma elettronica quali cata (prevista anche nella sua forma avanzata).

IL CONTRATTO PRELIMINARE
Si de nisce contratto preliminare quel contratto con il quale le parti si obbligano, l’una nei confronti dell’altra, a concludere
un futuro accordo, del quale predeterminano il contenuto essenziale. Esempio emblematico è il contratto preliminare di
vendita, eccepito come fonte dell’obbligazione, per l’una, di vendere e per l’altra, di comprare; il trasferimento di proprietà del bene
avverrà solo nel momento in cui le parte concluderanno il contratto de nitivo.
A riguardo del contratto preliminare il codice civile se ne occupa secondo duplice aspetto:
a) Ne prescrive la forma che deve essere, a pena di nullità, la stessa del contratto de nitivo. Se una delle parti si rivela
inadempiente è possibile rivolgersi al giudice, il quale emetterà una sentenza atta a produrre gli effetti del contratto non
concluso, ex art.2932.
b) Utilizzo della minuta di contratto (o lettera d’intenti) grazie alla quale le parti concordano su alcuni degli estremi futuri
del contratto, ma non ancora punti essenziali (come il prezzo ad esempio); in tal caso se verranno rispettati gli estremi ssati
non si potrà far ricorso all’art.2932, e si dovrà ritenere d’essere in presenza d’un contratto con oggetto non determinato o
determinabili, e in quanto, come tale nullo. Se per la conclusione del contratto, le parti hanno convenuto di adottare una certa forma,
non richiesta dalla legge, questa si presume convenuta per la validità del contratto e non per semplice prova.
Si ricorre, nella pratica, all’uso del contratto preliminare in diversi casi: ad esempio quando le parti intendono subito assicurarsi l’impegno
di una dinnanzi l’altra, ma si riservano alcuni accertamenti tecnici, oppure quando ile parti non abbiano ancora raggiunto l’accordo circa
alcune clausole accessorie del contratto, che si riservono di determinare prima della stipula del contratto de nitivo (possibile il ricorso ex
art.2932).
Bisogna prestare attenzione attenzione inoltre a non confondere il contratto preliminare con il contratto, che nella partita possiede lo
stesso nome, ma a differenza del primo già de nitivo anche se ancora mancante dei requisiti necessari per valere come titolo
per la registrazione; in tal caso le parti si impegnano reciprocamente a ritrovarsi in un secondo momento per riprodurre il
contratto già de nitivo in un documento avente la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata (nel caso una parte
fosse inadempiente potrà essere chiesta una sentenza al giudice atta ad accertare la sottoscrizione del contratto per formare il titolo
necessario alla trascrizione).

CONTRATTI CON IL CONSUMATORE


Nuove norme sono state introdotte dal codice del consumo in esecuzione di direttiva comunitaria, in vista di una maggiore tutela del
consumatore.
La materia è regolata con riferimento al contratto che intercorre fra le parti cosi de nite:
‣ PROFESSIONISTA (contraente forte): la persona sica o giuridica, privata o pubblica che nell’ambito della sua attività
imprenditoriale o professionale conclude contratti aventi per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi. Si de nisce
professionista, l’imprenditore individuale o collettivo, oppure in ente a scopo ideale, oppure una PA, oppure un esercente una
professione intellettuale, svolga in modo non occasionale un’attività diretta alla produzione\ distribuzione di beni o alla prestazione di
servizi.
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Nichele Arianna

‣ CONSUMATORE (contraente debole): la persona sica che si procura, per contratto, i beni o i servizi, per utilizzarli a ni estranei alla
propria attività imprenditoriale, ossia a ni personali (non sono consumatori quindi le persone giuridiche, ne i professionisti).

Essendo il consumatore il contante debole, può capitare che le condizioni contrattuali stabilite dal contraente forte provochino, a
danno del secondo, uno squilibrio di diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, violando così il dovere di buona fede
nelle trattative (bf in senso oggettivo).
Si de nisce CLAUSOLA VESSATORIA (ABUSIVA), quella clausola contrattuale che determina uno squilibrio signi cativo in merito
ai diritti e agli obblighi reciproci; non si parla di uno squilibrio economico ma piuttosto all’equilibrio dei diritti e dei doveri che dal
contratto derivano a favore di una o dell’altra parte (lesive soprattutto per il contraente).
Il codice del consumo accanto alla clausola vessatoria introduce una serie di presunzioni relative, che ammettono cioè la prova contraria da
parte del professionista.
Ex art.33 codice del consumo, si presumono vessatorie no a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto
o da un'omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento
totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista
l) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione
del contratto;
Quella delle clausole vessatorie resta però un categoria aperta: le 20 ipotesi legislativamente tipizzate sono ipotesi per le quali opera la
presunzione relativa di vessatorie–> onere per il consumatore di accertare il carattere vessatorio di altre clausole contrattuali.
La sorte delle clausole vessatorie è diversa a seconda che ricorrano le tre (a,b,l) sopracitate o le altre ipotesi: nel primo caso, la clausola
sarà sempre nulla, nel secondo ordine di casi la clausola sarà nulla solo se sia stata unilateralmente predisposta dal professionista, al di
fuori di una trattativa contrattuale con il consumatore (presunzione–> onere per il professionista di provare che la clausola sia oggetto di
trattativa individuale).
La nullità in questione ricordiamo essere una nullità relativa e parziale (non totale): opera cioè solo a vantaggio del consumatore (non
può essere fatta valere dal professionista) e può essere rilevata d’uf cio dal giudice.

Operiamo ora una comparazione fra le norme preesistenti in materia disposte dall’art.1341 e le nuove clausole introdotte dal
codice del consumo: si noti come l’art.33 diponga di un ambito di applicazione sicuramente più vasto, essendo che le clausole
a,b,l abbracciano non solo condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente dal professionista, ma anche clausole che abbiano
formato oggetto di trattativa individuale; altra differenza riguarda la parte predisponente.
+ Diverse sono in ogni caso le conseguenze della quali cazione della clausola vessatoria:
‣ L’art.1341 si limita a richiedere la speci ca approvazione per iscritto circa la clausole vessatorie, le quali assumono piena ef cacia se
approvate.
‣ Per le nuove norme invece, il carattere vessatorio di una clausola comporta, in linea di principio, la sua nullità; tuttavia le clausole a,b,l
escludono il carattere vessatorio se la clausola sia stata oggetto di trattativa individuale: occorre da parte del professionista la prova di
un’effettiva trattativa, risultante ad esempio da una lettera d’intenti; la mera approvazione della clausola si è rivelata nell’esperienza un
mero simulacro formale e non può valere come prova di negoziato fra le parti.
In conclusione si potrà dire che l’art.1341 sopravvive alle nuove norme per i contratti nei quali il contraente non sia de nibile come
consumatore nale o non sia una persona sica; le nuove norme prevalgono invece sull’art.1341 quando si sia in presenza di un contratto
de nibile, alla stregua di esse, come contratto stipulato fra professionista e consumatore.
Alla tutela individuale del consumatore si aggiunge una tutela collettiva: una volta accertata la vessatorietà di una clausola, le
associazioni dei lavoratori o le camere di commercio, possono chiedere al giudice di inibire, anche cin provvedimento d’urgenza, l’uso di
quella clausola al professionista.

Le esigenze di protezione del consumatore sono state avvertite anche nell’abito della contrattazione porta a porta (fuori dei locali
commerciali) o a distanza (inter absentes). Il consumatore, contattato all proprio domicilio, può essere indotto a sottoscrivere un
contratto per sollecitazione di un abile venditore, il quale non lascia il tempo atto ad una ponderata decisione da parte
dell’acquirente (allo stesso modo vale per le vendite online o televendite, le quali non permettono di ottenere abbastanza informazioni
dal professionista); a tal riguardo il codice del consumo prevede lo jus poenitendi del consumatore al quale viene riconosciuto il
diritto di recesso del contratto entro 14gg dalla conclusione (ex art.52 codice del consumo).
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Nichele Arianna

Cap.12 VALIDITÀ \ INVALIDITÀ DEL CONTRATTO (da pag.204 a pag.227)


CAUSE DI NULLITÀ DEL COINTRATTO
A livello preliminare un contratto si de nisce invalido quando in contrasto con una norma imperativa di legge; tuttavia è bene distinguere
2 specie di invalidità:
➡ NULLITÀ Invalidità di portata generale; non occorre, perché un contratto sia nullo, che la nullità sia prevista dalla legge come
conseguenza della violazione di una data norma imperativa, (virtuale), basta che una norma imperativa sia stata violata.
➡ ANNULLABILITÀ Invalidità di carattere speciale; essa ricorre quando sia stata espressamente prevista dalla legge (testuale) come
conseguenza alla violazione di una norma imperativa.
Sono norme imperative le norme NON derogabili per volontà delle parti, le quali si differenziano ≠ invece dalle norme dispositive,
le quali ammettono una diversa volontà delle parti (usando un inciso particolare).

CAUSE DI NULLITÀ
➡ 1) MANCANZA DI ALMENO UN REQUISITO FONDAMENTALE DEL CONTRATTO
Alla regola generale di nullità del contratto, l’art.1418, dispone una serie di applicazioni alla regola; produce nullità, anzitutto, la
mancanza di almeno uno dei quattro requisiti fondamentali del contratto stesso.
ACCORDO E VOLONTÀ L’accordo è il risultato della concorde dichiarazione di volontà delle parti; esso si compone di due (o più)
dichiarazioni di volontà, mediante le quali ciascun contraente partecipa all’accordo. In ciascuna dichiarazione si può distinguere fra:
‣ VOLONTÀ che il soggetto forma entro la propria mente;
‣ DICHIARAZIONE costituita dallo scritto, dalle parole, altri segni mediante i quali la volontà interna si manifesta all’esterno;
La dichiarazione esterna produce effetti giuridici quando a questa corrisponda la volontà del dichiarante; il contratto è di
conseguenza nullo per mancanza del requisito dell’accordo delle parti, ovvero quando vi è dichiarazione, ma non volontà.
➡ 2) VIOLENZA FISICA
La violenza sica è il fatto che dall’altro contrente o da un terzo che provoca una dichiarazione non voluta; quando alla
dichiarazione di uno dei contraenti non corrisponda alcuna volontà del dichiarante, il contratto si dice nullo. Rientrano in quest’alveo sia i
casi di coercizione sica, sia i casi in cui un terzo somministri una sostanza stupefacente al contrente il quale perda in toto la sua
capacità di intendere e di volere.
➡ 3) ILLEICITÀ DI CONTRATTO (CONTRATTO ILLECITO)
Il contratto è altresì nullo per illecita causa, oggetto o motivi; essi si de niscono illeciti quando in contrasto con le norme
imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Nel suo insieme la formula legislativa esprime un’esigenza di difesa circa i
valori fondamentali società: di difesa sia dei valori di natura collettiva, quanto individuale, quindi relativi alla libertà, dignità e
sicurezza dei singoli.
- La difesa di tali valori si ravvisa nella natura delle norme imperative medesime e delle sanzioni correlate alla loro inosservanza
(reati e illeciti civili).
- L’ordine pubblico è costituito da quelle norme, anch’esse imperative, che salvaguardano i valori fondamentali sopracitati, ma che si
ricavano per implicito dal sistema legislativo (boicottaggio considerato illecito).
- Il buon costume è costituto da quelle norme imperative, anch’esse non esplicite, che comportano una valutazione del
comportamenti dei singoli in termini di moralità e di onestà (riguardanti anche la sfera sessuale, ad es. la prostituzione
considerata illecita). Sebbene un contrato contrario al buon costume sia illecito, quindi nullo, produce ex art.2035, uno speciale
effetto per cui non si è tenuti a dare esecuzione al contratto, ma non si può nemmeno ottenere la restituzione di ciò che si è
pagato in esecuzione del contratto.
L’illiceità del contratto si articola nelle diverse forme dell’illiceità dell’oggetto, della causa e dei motivi:
‣ OGGETTO ILLECITO (quando la cosa o prestazione dedotta è illecita–>es.merci rubate o costruzione abusiva).
‣ CAUSA ILLECITA (quando la funzione o lo scambio dedotto è illecita–> es.frode alla legge grazie al contratto per mezzo
dell’elusione applicativa di una norma imperativa–> vendita a scopo di garanzia con patto di riscatto per eludere il divieto del patto
commissorio).
Leggi es. del contratto stipulato con il killer per capire la differenza fra oggetto e causa illecita, a pag.209.
‣ MOTIVO ILLECITO (motivo contrario alle norme imperative, ordine pubblico, buon costume; per essere considerato illecito il motivo
deve presentare due requisiti: 1. Essere un motivo elusivo del contratto e 2. Essere comune ad entrambe le parti: occorre
che l’altra parte ne sia partecipe e miri a trarre un vantaggio personale dall’attività che la prima si propone di porre in essere).
! NB. Nella donazione è suf ciente il solo motivo illecito del donante af nché il contratto sia nullo.
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Nichele Arianna

CAUSE DI ANNULLABILITÀ
Il contratto è annullabile solo nei casi in cui legge ricollega espressamente alla violazione di norme imperative (lo scrive nero
su bianco).
➡ 1) INCAPACITÀ (LEGALE\ NATURALE) A CONTRARRE
Una prima causa di annullabilità riguarda l’incapacità a contrattare di una delle parti, distinguendo in incapacità legale e naturale.
✓ Sono LEGALMENTE incapaci di contattare coloro che non hanno ancora la capacità d’agire o che, avendola conquistata,
l’hanno perduta; sono i minori di 18 anni e gli infermi totali di mente, interdetti grazie alla sentenza giudiziaria d’interdizione;
sono ancora, parzialmente privi di capacità di contattare i minori emancipati e gli inabilitati (i quali non possono appunto compiere
atti di straordinaria amministrazione circa il loro patrimonio).
Il contratto stipulato da un incapace legale è annullabile; l’annullamento può essere richiesto al giudice:
- da chi eserciti potestà sul minore (genitore o tutore)\ chi sull’interdetto (tutore);
- dallo stesso minore emancipato una volta raggiunta la maggiore età\ dallo stesso interdetto o dallo stesso inabilitato qualora gli stato
revocato lo stato di interdizione\ inabilitazione\ dagli eredi o aventi causa del minore.
! NB. Il contratto del minore non può essere annullato se il minore ha, con raggiri, occultato la sua età (ad es. falsi cando i
documenti circa la sua identità).
In NESSUN CASO l’annullamento del contratto può essere richiesto dall’altro contraente capace: l’annullabilità del contratto è
posta infatti a tutela e protezione del soggetto incapace–> il contraente capace non ha alcuna ragione giusti cabile per invocarla.
Leggi approfondimento a pag.212\213.
✓ Sono NATURALMENTE incapaci di contattare coloro versino in una condizione temporanea di incapacità di intendere
e di volere (causa transitoria) al momento della conclusione del contratto, ad esempio in seguito all’assunzione di
sostanze stupefacenti responsabili di alterare lo stato mentale del soggetto, quindi in stato di intossicazione o ubriachezza.
Per richiedere l’annullamento, la legge esige, oltre alla prova circa l’incapacità, ulteriori requisiti; occorre distinguere fra:
‣ ATTI UNILATERALI (ad es. promessa al pubblico), sono annullabili su istanza dell’incapace (dei suoi eredi o aventi causa), solo se si
provi che l’atto deriva un grave pregiudizio all’incapace.
‣ CONTRATTI sono annullabili su istanza dell’incapace (dei suoi eredi o aventi causa) solo se si prova, oltre al pregiudizio, anche la
mala fede da parte dell’altro contraente, il quale era a conoscenza dello stato d’incapacità naturale dell’altra parte. È protetto,
sotto questo aspetto, l’af damento di chi, ignorandone l’incapacità, ha contrattato con l’incapace: l’autonomia contrattuale
dell’incapace è sacri cata a fronte di un interesse generale maggiore ossia la vasta e sicura circolazione dei beni.
Attenzione: un’eccezione a questa regola si veri ca nel caso della donazione; l’incapacità naturale del donante comporta senz’altro
l’annullabilità del contratto.
! NB. La legge considera l’incapacità naturale non come fattore di alterazione della volontà, ma come possibile fattore di alterazione
della causa dell’atto o del contratto; se ad esempio il prezzo del bene x, pattuito in quel momento, è un prezzo di mercato “giusto”
non si veri ca alterazione causale del contratto, ergo non è annullabile, ma al contrario perfettamente valido.
➡ 2) VIZI DEL CONSENSO
Il contratto (o atto unilaterale) è inoltre annullabile nel caso in cui la volontà di una delle parti (o della parte negli atti unilaterali), sia
stata dichiarata in errore, carpita con dolo o estorta con violenza; tre ipotesi ravvisabili come vizi del consenso (vizio perché la
volontà è stata viziata).
‣ ERRORE
Dell’errore bisogna subito distinguerne due specie:
1) ERRORE MOTIVO Si tratta dell’errore che insorge nella formazione della volontà prima che questa venga dichiarata
all’esterno, alludendo quindi alla falsa rappresentazione della realtà che abbia indotto il soggetto a dichiarare una volontà che
altrimenti non avrebbe dichiarato. Per essere causa di annullabilità tale errore deve con gurarsi come errore essenziale, dunque
determinante del volere (se il soggetto non fosse caduto in errore non avrebbe concluso il contratto); esso è tale se vi ricorra una delle
seguenti 4 ipotesi, ovvero se l’errore può cadere:
Le prime 3 ipotesi sono ERRORI DI FATTO,
✓ SULLA NATURA O SULL’OGGETTO DEL CONTRATTO Il primo riguarda l’errore circa il tipo di contratto, il secondo riguarda la cosa o la
prestazione dedotta in contratto.
✓ SULL’IDENTITÀ DEL CONTRATTO Riguarda gli estremi del contratto, oppure la qualità dell’oggetto, che date le circostanze,
debbono ritenersi determinati dal consenso; è invece irrilevante l’errore sul valore in sé considerato (convenienza economica) ≠
dall’errore sul valore è l’errore sul prezzo–> si parla in questo caso di ERRORE OSTATIVO* (il semplice errore di calcolo non
comporta l’annullabilità del contratto, il quale verrà retti cato, salvo che non si traduca in errore sulla quantità).

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Nichele Arianna

✓ SULL’IDENTITÀ \ SULLE QUALITÀ PERSONALI DELL’ALTRO CONTRAENTE Riguarda l’errore nell’identi cazione della persona o la
mancanza delle qualità personali richieste alla controparte. Tale errore è rilevante ai ni dei contratti intuitu personae:
cioè quando l’identità o le condizioni sono tali per cui la mancanza non avrebbe condotto alla stipula del contratto; per i contratti
personali, l’identità o le qualità personali del contraente sono determinati dal consenso, essendo l’identità del contraente
circostanza inerente all’essenza del contratto.
L’ultima ipotesi è un ERRORE DI DIRITTO,
✓ SUI MOTIVI DEL CONTRATTO Di regola irrilevanti ai ni del diritto, assumono eccezionalmente rilievo quando questi sono illeciti e
comuni ad entrambi i contraenti (si parla di nullità in questo caso) e quando questi sono in ciati dall’ignoranza o dalla falsa
conoscenza di una norma di legge\ regolamento, costituendo la ragione esclusiva o principale del contratto.
! NB. L’errore sui motivi è irrilevante se si tratta di un errore di fatto; un’eccezione a questo principio è ravvisabile nella donazione: questa
può essere infatti impugnata per errore sul motivo anche se questo sia un motivo di fatto, purché questo risulti dall’atto e sia stato il
motivo che ne abbia determinato la liberalità.
Oltre che essenziale, l’errore deve, af nché sia consentito l’annullamento del contratto, essere riconoscibile dall’altro contraente secondo
l’uso della normale diligenza, che tenuto conto delle circostanze avrebbe potuto rilevarlo. Si tratta di un principio centrale importanza al
ne della circolazione dei beni e della protezione circa l’af damento dell’altro contraente sulla validità del contratto; vanno
considerati a questi effetti il contenuto e le circostanze del contratto, nonché le qualità dei contraenti.
* Si parla di errore ostativo, quando l’errore cade non tanto nella formazione della volontà ma nella sua esterna dichiarazione, oppure è un
errore commesso dalla persona o dall’uf cio incaricato di trasmettere la dichiarazione (di distingue dunque in errore del dichiarante o
errore del terzo). Orbene, il codice civile equipara l’errore ostativo all’errore motivo, con la conseguenza che esso può portare
all’annullamento del contratto solo se riconosciuto dall’altro contraente.
‣ DOLO Inganno; il contraente è stato indotto in errore dai raggiri posti in essere dall’altro contraente, o da un terzo. È necessario
distimie fra dolo determinante (contratto annullabile) e dolo incidente (contratto è valido ma il contraente che abbia indotto al
dolo deve risarcire i danni). La fattispecie del dolo è più vasta di quella dell’errore, essendo che include anche l’induzione in
errore sul valore dell’oggetto del contratto. Il raggiro del terzo, per comportare l’annullamento del contratto, deve essere noto (non
semplicemente riconoscibile) al contraente che ne abbia ricavato vantaggio (ad es. chi per ottenere un mutuo, si procuri l’altrui
compiacente lettera di referenze che attesti, falsamente la sua solvibilità).
Il cosiddetto dolus bonus consiste nelle esagerate vanterie delle qualità del proprio bene o della propria abilità professionale che, a
volte, accompagnano l’offerta di un bene o di una prestazione; una persona di media avvedutezza saprebbe riconoscere l’inganno, motivo
per cui non si potrà chiedere l’annullamento del contratto dopo la sua stipula.
‣ VIOLENZA MORALE Riferisce alla violenza morale (≠ non sica–>nullità); essa consiste nell’estorsione del consenso tramite
minaccia, con l’effetto di costringere (l’alternativa è soggiacere\ ricattare) una persona a dichiarare la propria volontà. Il male
minacciato può essere un male alla persona, alla vita di questa (integrità sica), una lesione ai diritti fondamentali altrui o una
minaccia rivolta ai beni, discendenti, parenti e af ni; l’annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione del giudice,
che terrà conto delle circostanze del caso concreto, come il rapporto affettivo esistente con il contraente.
Deve comunque trattarsi di un male ingiusto, ovvero contrario al diritto (ma anche non contrario); un male che oltre ingiusto deve
essere pure notevole, di gravità superiore, cioè al danno che il contratto estorto con la minaccia provoca al contrente (per esprimere quota
valutazione si fa sempre ricorso all’impressionabilità dell’uomo medio: la minaccia deve essere tale da far impressione su una
persona sensata, avuto riguardo delle età, sesso e alla condizione di questa).
Analoga ipotesi è quella della minaccia di far valere un diritto: questa è causa di annullamento del contratto solo se diretta a
realizzare vantaggi ingiusti (con riferimento alla natura strumentale del contratto).
La violenza, come i raggiri del dolo, può provenire anche da un terzo, ma a differenza di questi, non occorre che la violenza del terzo sia
nota al contraente che anche inconsapevolmente ne ha tratto vantaggio; dinnanzi la violenza si attenua quindi la protezione
dell’af damento dell’altro contrente.
! NB. Non è causa di annullamento il semplice timore riverenziale.

CONSEGUENZE DI NULLITÀ E ANNULLABILITÀ


A chiedere la dichiarazione di nullità di un contratto è legittimato chiunque, anche se terzo rispetto alle parti, dimostri di avervi
interesse; a chiedere l’annullamento invece è legittimata solo la parte a favore della quale sia stata disposta
l’annullabilità (vedi sopra).
! NB. Solo l’incapacità di agire del condannato all’ergastolo o alla reclusione superiore a 5 anni, che è in stato d’interazione legale, può
essere fatta valere da chiunque dimostri di avervi interesse.
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Nichele Arianna

La nullità può essere rilevata d’uf cio dal giudice; l’annullamento può essere pronunciato dal giudice solo su domanda o su
esecuzione della parte legittimata. L’azione di nullità è imprescrittibile; l’azione di annullamento è soggetta al termine di
prescrizione di 5 anni, anche se varia il termine di decorrenza della prescrizione (vedi art.1442), la quale riguarda l’azione, non
l’eccezione: l’annullamento può essere domandato se sono trascorsi 5 anni, ma può essere eccepito anche dopo che siano trascorsi, se solo
allora l’altra parte chiede l’esecuzione del contratto.

La sentenza che dichiara nullità di un contratto opera retroattivamente, sia fra le parti sia rispetto a terzi, anche se questi sono
in buona fede, ossia ignorano la causa di nullità (travolgendo il contratto successivo). La nullità fa ritenere il contratto privo d’ef cacia dal
momento della sua nascita.
La sentenza che invece annulla il contratto, opera retroattivamente fra le parti eliminandone ogni effetto del contratto,
ma quanto ai terzi, opera solo rispetto ai terzi in mala fede, che conoscevano o potevano conoscere tramite diligenza, la causa di
annullabilità del contratto; essa non pregiudica i diritti acquistati da terzi di buona fede.
Anche in questa materia si assiste ad un con itto di esigenze: fra la protezione circa l’autonomia contrattuale e la sicurezza della
circolazione dei beni: la legge sacri ca le seconde e protegge le prime nel caso del contratto nullo ed esprime una opposta valutazione nel
caso del contratto annullabile. La regola ora menzionata NON vale però per tutti i contratti: se il terzo ha acquistato diritti a titolo gratuito
o se l’annullamento dipende da incapacità legale, la sentenza d’annullamento produce rispetto ai terzi (anche se in buona
fede), gli stessi effetti di una sentenza di nullità.
A questo punto bisogna però ricordare che i drastici effetti che la nullità del contratto produce sulla circolazione dei beni, possono essere
neutralizzati dai principi che regolano l’acquisto dei beni a titolo originario, mediante il possesso di buona fede o mediante
l’usucapione (sentenza dichiarativa della nullità).
È altresì vero che, la sentenza che dichiara la nullità del contratto (o l’annulla), travolge i diritti contrattuali acquistati dai terzi in buona
fede; ma è vero che, se costoro hanno conseguito il possesso del bene, ne diventano proprietari a titolo originario e non sono tenuti a
restituirlo.

PRINCIPIO DELLA CONSERVAZIONE DEL CONTRATTO


APPLICAZIONE I
Il contratto affetto da causa di annullabilità, può essere convalidato, con l’effetto di sanare il contratto e precludere l’azione di
annullamento; lo si può convalidare in due modi: o con espressa dichiarazione di convalida, oppure in modo tacito,
comportandosi di conseguenza.
Non può, all’opposto, essere convalidato il contratto nullo; esso è invece suscettibile di conversione; la conversione del contratto è
una generale applicazione del principio di conservazione del contratto: la legge tende, nché possibile, di attribuire effetti ad
una dichiarazione di volontà, esprimendo il favore per la conclusione degli affari (ratio: circolazione della ricchezza).
Le cause di nullità che investono le singole clausole contrattuali comportano la nullità delle stesse, ma non del contratto in toto, sempre
che tali clausole non siano essenziali alla risoluzione del contratto e se le clausole nulle siano sostituite di diritto da norme imperative di
legge. Leggi approfondimento a pag.226\227.
APPLICAZIONE II
CONTRATTO PLURILATERALE
Altra applicazione del suddetto principio è nei contratti plurilaterali la nullità e l’annullabilità della partecipazione al contratto di una delle
parti; essa può essere nulla\ annullata se non essenziale alla partecipazione al contratto, la quale potrà trovare attuazione nelle parti
restanti. Esempio del contratto societario.

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Nichele Arianna

Cap.13 EFFICACIA E INEFFICACIA DEL CONTRATTO (da pag.229 a pag.240)


INVALIDITÀ E INEFFICACIA DEL CONTRATTO
Dalla invalidità del contratto bisogna distinguerne l’inef cacia. Un contratto invalido è di conseguenza anche inef cace; la senza che
ne dichiara la nullità o l’annullabilità rende lo stesso contratto improduttivo di effetti giuridici (con effetto retroattivo, salvi i casi di
annullamento a titolo oneroso dei terzi in buona fede). Per contro un contratto valido è di regola anche ef cace, ossia produce
l’effetto voluto dalle parti in merito al rapporto giuridico patrimoniale instauratosi fra loro, nel momento stesso in cui il
contratto si perfeziona.
Può accedere tuttavia che un contratto, sebbene valido, sia inef cace e dunque, non produttivo di effetti; le cause circa
l’invalidità del contratto o delle clausole contrattuali correlate ad esso possono essere molteplici, come d’altronde le forme in cui questa
può manifestarsi: possiamo dunque trovarci dinnanzi un’inef cacia temporanea, permanente, assoluta (relativa alle parti e ai terzi)
o relativa (solo rispetto a terzi–> inopponibilità). Un caso di inef cacia relativa è quello del contratto immobiliare non trascritto: esso è
valido fra le parti, ma inef cace rispetto ai terzi (a differenza del contratto simulato, ef cace rispetto a serie di terzi).
Le cause che provocano inef cacia sono a volte le stesse responsabili di nullità del contratto, ex art.1418 (salvo che la legge non disponga
diversamente); può accedere in tal modo che il contratto contrario alle norme imperative sia annullabile anziché nullo; ma può altresì
accadere che un contratto cintarlo alle norme imperative trovi nella legge una sanzione diversa dall’invalidità del contratto, quale appunto
l’inef cacia. Leggi esempi a pag.230.

TERMINE E CONDIZIONE DEL CONTRATTO


Consideriamo, anzitutto, le cause di inef cacia che agiscono nel TEMPO, distinguendo in:
➡ CAUSE DI INEFFICACIA INIZIALE (termine iniziale o condizione SOSPENSIVA) L’ef cacia iniziale del contratto può essere
subordinata dalle parti, con apposita clausola, al raggiungimento di un termine (termine iniziale), ritardandone quindi l’ef cacia in
tempo successivo.
➡ CAUSE DI INEFFICACIA SOPRAGGIUNTA (termine nale o condizione RISOLUTIVA) Il termine nale invece, è quello che
limita nel tempo l’ef cacia del contratto.
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto al veri carsi del quale, è subordinata l’iniziale ef cacia del contratto, o di una sua
clausola (condizione sospensiva), oppure la cessazione degli effetti del contratto, o di una sua clausola (condizione risolutiva).
Svolge dunque una funzione analoga a quella del termine, con la differenza però che non si riferisce ad un avvenimento futuro, mia
piuttosto un avvenimento, oltre che futuro, anche incerto (che potrà veri carsi, come no). L’avvenimento futuro deve consistere in un
evento che, al momento della conclusione del contratto, non sia ancora accaduto; deroga: tuttavia può anche consistere in un
avvenimento già accaduto del quale però non si abbia ancora avuto notizia al momento della conclusione del contratto.
L’incertezza, a sua volta, può essere di vario grado: può essere incerto sia il “se”, sia il “quando” dell’avvenimento futuro (ma può essere
incerto il “se” e certo il “quando).
Tale avvenimento, furto ed incerto, può essere indipendente dalla volontà delle parti (condizione causale), come no, e dunque in quale
tale subordinato alla volontà delle parti.
È valida la condizione sospensiva potestativa, ossia quella che difende dal futuro comportamento volontario di una delle parti; è
nullo invece, il contratto con condizione sospensiva meramente potestativa, ossia consistente nel semplice arbitrio di una delle
parti (essendo che manca dunque la volontà attuale della parte di acquistare un diritto o assumere un’obbligazione, di conseguenza l’altra
parte rimarrebbe in balia dell’arbitrio della prima).
La condizione contraria a norme imperative, ordine pubblico e\o buon costume, sia essa sospensiva o risolutiva, rende nullo il contratto
(così come la donazione sottoposta alla condizione sospensiva potestativa del donatario, perché lesiva di irrinunciabili libertà della
persona).
È impossibile che la condizione possa consistere in un evento irrealizzabile: in assoluto, o in concreto che sia.
In questo caso bisogna distinguere: la condizione impossibile sospensiva rende il contratto nullo, quella impossibile risolutiva si
considera invece come non apposta (ergo non sottoposto a condizione).

! NB. In pendenza della condizione le parti debbono comportarsi secondo le regole della correttezza; debbono in particolare modo
astenersi dal compiere atti che possano impedire l’avveramento della condizione medesima: se questa non si avvera per
causa imputabile, anche a titolo di semplice colpa, alla parte che aveva interesse a che non si veri casse, essa si considera avverata.
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Nichele Arianna

Il codice civile regola solo la condizione volontaria: ossia quella apposta al contratto per volontà delle parti; dalla quale si distingue ≠
la condizione legale, la quale si veri ca quando è la stessa legge a subordinare l’ef cacia del contratto ad un evento futuro ed incerto, la
quale non ha, a differenza di quella volontaria, ef cacia retroattiva (ad essa, si ritiene non applicabile la nzione di avveramento).

SIMULAZIONE DEL CONTRATTO


Una causa di radicale e de nitiva inef cacia del contratto è la simulazione. Qui i contraenti creano, con propria dichiarazione, solo
le parvenze esteriori di un contratto, del quale non vogliono gli effetti, oppure creano le parvenze esteriori di un contratto diverso da
quello da essi voluto.
Ex art.1414, la simulazione può assumere 3 forme:
➡ SIMULAZIONE ASSOLUTA Ricorre quando le parti concludono un contratto e con separato accordo segreto (de nito
controdichiarazione), dichiarano di non volerne nessun effetto. Il loro intento è creare, dinnanzi ai terzi, l’apparenza del
trasferimento di un diritto o l’apparente assunzione di una obbligazione dell’una rispetto all’altra; l’intento può avere ragioni
variabili, principalmente, si vuole occultare i propri beni agli occhi dei creditori o su vuole evadere il sco.
➡ SIMULAZIONE RELATIVA Ricorre quando le parti creano l’apparenza di un contratto diverso da quello che effettivamente vogliono.
In tal caso si hanno due contratti: quello simulato (quello ttizio) e quello dissimulato (quello vero); il primo può essere
diverso dal secondo per il tipo contrattuale o per il contenuto.
➡ INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI PERSONA Si tratta di una particolare specie di simulazione relativa, che investe l’identità di una
delle parti: nel contratto simulato appare come contraente un soggetto (detto interposto), che è persona reale diversa dal soggetto
contraente (interponente). La funzione è analoga a quella della simulazione assoluta, ovvero che si crea sin dall’inizio una
divergenza fra apparenza e realtà.
La volontà di concludere un contratto simulato, o come nell’interposizione ttizia, di farlo concludere ad altri, risulta da un apposito
accordo di simulazione, de nito controdichiarazione: nel caso della simulazione assoluta le parti dichiarano di non voler affatto gli
effetti del contratto stipulato alla luce del sole, in quella relativa dichiarano di voler, in luogo della stipula uf ciale, un contratto diverso. La
controdichiarazione deve essere un accordo a tre nell’interposizione ttizia di persona (non basta un rapporto a due).
La simulazione è causa di inef cacia solo relativa del contratto: determina conseguenze profondamente diverse fra le parti e rispetto ai
terzi: fra le parti il contratto è inef cace e, se si tratta di simulazione relativa o interposizione ttizia di persona, l’inef cacia del
contratto simulato comporta l’inef cacia del contratto dissimulato.
Tutt’altro discorso vale per i terzi; nei loro confronti il contratto può essere ef cace come non:
‣ EFFICACE per quei terzi che in buona fede abbiano fatto af damento all’apparenza creatasi con il contratto simulato;
‣ INEFFICACE rispetto quei terzi i cui diritti siano stati pregiudicati dal contratto simulato.
Entrambe le regole proteggono i terzi, ma sono ispirate da esigenze diverse fra loro; nel caso di ef cacia si ravvisa anche qui la
sicurezza circa la circolazione dei beni. Leggi approfondimento a pag.237.
La PROVA che un contratto sia simulato è molto rigorosa per le parti e più agevole per i terzi: le parti non possono provare per testimoni la
simulazione, ma possono semplicemente dare prova scritta dell’accordo di simulazione fra esse intervenuto (controllare se fosse stata
richiesta la forma scritta a cena di nullità), oppure giovarsi di altri mezzi di prova, come ad esempio: confessione e giuramento.
I terzi possono invece provare la simulazione anche per testimoni. L’unica ipotesi in cui la prova testimoniale sia permessa alle parti è
invece per provare l’illiceità del contratto dissimulato.
Le norme circa la simulazione per i contratti si applicano anche agli atti unilaterali che siano destinati a persona determinata (de niti
atti unilaterali recettizi), se sono simulati per accordo fra il dichiarante e il destinatario della dichiarazione. Non è tuttavia possibile
parlare di simulazione per gli atti unilaterali non recettizi, come ad esempio: l’offerta al pubblico; l’eventuale controindicazione unilaterale
(de nita riserva mentale) non ha alcun valore giuridico, anche se messa per iscritto.

CONTRATTO FIDUCIARIO E CONTRATTO INDIRETTO


Dal contratto simulato ≠ differiscono il contratto duciario e il contratto indiretto:
➡ CONTRATTO FIDUCIARIO Riferisce a quei contratti la cui causa ecceda lo scopo che le parti perseguiti attraverso il contratto; tale
eccesso è il riusato di un patto fra esse intercorso (patto duciario), la cui funzione è quella di riportare il contratto entro i limiti
dello scopo dei contraenti (è il caso, ad es. della vendita a scopo di locazione).
Si distingua: ducia cum amico da ducia cum creditore (vendita a scopo di garanzia).
Il contratto duciario si distingue da quello simulato perché a differenza di questo, mira a realizzare effetti voluti dalle parti; il patto ducia
ha ef cacia meramente obbligatoria e non reale (=vincola le parti, ma non è opponibile ai terzi).
Chi acquisti un bene con contratto duciario ne acquista la piena proprietà e può validamente disporne.
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Nichele Arianna

Se il duciario, violando il patto, vende ad un terzo, questi acquista validamente; ed il duciante avrà de nitivamente perduto il bene.
Altro non potrà ottenere se non la condanna del duciario infedele al risarcimento dei danni (corrispettivo inglese trust).
Il contratto duciario è nullo quando costituisce il mezzo per eludere (raggirare) l’applicazione di una norma imperativa e si
rivela perciò un contratto di frode alla legge.

➡ CONTRATTO INDIRETTO Si parla di contratto indiretto quando un determinato contratto viene utilizzato dalle parti per
realizzare una funzione diversa da quella che corrisponda alla sua causa.
Tipico esempio è la vendita “nummo uno” o comunque per una somma irrisoria, ove lo schema causale della vendita è utilizzato per
realizzare, quindi porre in essere la funzione propria della donazione.
Il limite di validità del contratto è il medesimo del contratto duciario: esso è nullo se risulta concluso in frode alla legge.
È netta la differenza rispetto al contratto simulato, caratterizzato dall’antitesi fra dichiarazione e controdichiarazione delle parti, fra la
volontà che costoro ostentano ai terzi e la contraria o diversa volontà che essi esprimono nei loro rapporti; nel caso del contratto indiretto
non c’è una volontà delle parti, consacrata nel contratto, difforme dalla volontà che essi celano nel loro interno rapporto–> la volontà
delle parti si manifesta mediante un atto unico di volontà (non vi è dissociazione).
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Nichele Arianna

Cap.14 LA RAPPRESENTANZA (da pag.241 a pag.250)


IL CONTRATTO IN NOME ALTRUI
Ex art.1321, abbiamo ragionato sul presupposto che le parti del contratto, siano al tempo stesso, le parti del rapporto giuridico di carattere
patrimoniale; ma può accadere tuttavia, che molto spesso, una o entrambe le parti del contratto siano soggetti diversi dalle
parti del rapporto.
Si tratta del fenomeno della rappresentanza: un soggetto, de nito rappresentante, partecipa alla conclusione del contratto con una
propria dichiarazione di volontà; un altro soggetto, de nito rappresentato, subisce gli effetti giuridici della suddetta dichiarazione,
acquistando diritti e assumendo le obbligazioni derivanti dal contratto.
Il potere di rappresentanza può essere conferito:
➡ Dall’interessato: RAPPRESENTANZA VOLONTARIA. In tal caso il conferimento ad altri del potere di rappresentanza è esso stesso
una manifestazione di autonomia del soggetto, il quale preferisce af dare ad altri il compito di concludere il contratto, accettando di
rimare vincolato alla altrui volontà.
➡ Dalla legge: RAPPRESENTANZA LEGALE. In tal caso, manca un atto di autonomia del rappresentato, essendo che egli si troverà in
balia del suo legale rappresentante; si parla appunto di eteronomia.
In ambedue le specie di rappresentanza, ex art.1388, il contratto concluso dal rappresentante produrre direttamente effetto
nei confronti del rappresentato.
Af nché ciò accada sono necessarie 3 condizioni; il rappresentante deve concludere il contratto:
‣ 1) IN NOME DEL RAPPRESENTATO Il rappresentante deve agire in nome e per conto altrui; occorre la cosiddetta spendita del
nome: il contratto deve essere concluso in nome del rappresentato, e se si tratta di un contratto scritto, deve essere formulato con la
menzione del suo nome o deve essere sottoscritto in nome del rappresentato. Se un soggetto agisce in proprio nome, quantunque
per contro altrui, omettendo di spendere il nome di colui per conto del quale agisce, il contratto produrrà effetti nei confronti dello
stesso rappresentante. L’effetto rappresentativo si attua solo se il rappresentante è investito del potere di rappresentanza, il
quale potrà essere inerente ad una qualità (in quella legale) o procura (in quella volontaria).
La procura è un atto unilaterale non recettizio, ergo destinato ad una generalità di terzi, dinanzi i quali il rappresentato legittima il
rappresentante a contrattare a suo nome; essa può essere speciale (se riguardante un determinato affare), o generale (relativa ad una
determinata serie di affari di in certo tipo). La procura deve avere la stessa forma del contratto.
‣ 2) NEI LIMITI DELLE FACOLTÀ CONFERITEGLI –> FALSUS PROCURATOR Può accadere che qualcuno contratti come
rappresentate altrui senza averne i poteri o che qualcuno, pur investito del potere di rappresentanza, ecceda i limiti derivanti da
tale potere; in tali casi si parla di falso rappresentate. Il contratto stipulato dal falso rappresentante è un contratto invalido essendo
che gli effetti prodotti non potranno riversarsi ne su di lui, ne sul rappresentanti che non gli abbia conferito determinati poteri.
La persona in nome della quale il falsus procurator abbia contrattato (o gli eredi di questa), possono retti care il contratto con una
successiva dichiarazione unilaterale di volontà, de nita rati ca, atta a sanare l’originario difetto di potestà rappresentativa.
La rati ca può essere anche sollecitata dal terzo contraente e se dichiarata, ha effetto retroattivo: il contratto rati cato diviene ef cacia dalla
sua data (la rati ca assume a posteriori lo stesso valore giuridico di una originaria procura).
L’inef cacia del contratto protegge adeguatamente il soggetto il cui nome sia stato falsamente speso; non altrettanto può dirsi per il terzo
contraente, il quale con dava nell’ef cacia del contratto (l’inef cacia di questo sacri ca il suo interesse). Essendo un rischio incombente
quello di imbattersi in falso rappresentante, il terzo contraente può rivolgersi al falso rappresentante per chiedere il risarcimento dei
danni per avervi appunto con dato senza colpa.
La responsabilità del falso procuratore è una responsabilità da fatto illecito (responsabilità aquilana ex art.2043); il danno risarcibile,
in questi casi, è il cosiddetto interesse contrattuale negativo: verranno risarcite le spese sostenute e le occasioni perdute,
quindi il lucro cessante (interesse negativo si contrappone all’interesse positivo del contraente che avrebbe tratto vantaggio da una
contrattazione e con il falsus procurator).
Il rappresentato può sempre revocare la procura e modi carne il contenuto; la procura, come la sua eventuale modi cazione,
sono atti unilaterali di cui il rappresentato ha però il dif cile onere di portare a conoscenza di terzi con mezzi idonei; altrimenti il contratto
concluso dall’ex rappresentante è ef cace nei suoi confronti, salva solo la prova che il terzo era a conoscenza della revoca o della deroga
alla procura nel momento della conclusione del contratto. Leggi approfondimento a pag.245.
‣ 3) NELL’INTERESSE DEL RAPPRESENTATO Il rappresentante deve contrattare nell’interesse del rappresentato: non può dunque
utilizzare il potere di cui sia stato investito per perseguire un interesse proprio, cosa assai frequente in una situazione di con itto di
interessi con il rappresentato (concorrenza di interessi che si veri ca quando l’interesse dell’uno va a ledere l’interesse dell’altro).
Il contratto concluso dal rappresentante in con itto di interessi con il rappresentato è annullabile solo su domanda di questi
(riguarda i termini di prescrizione dell’annullabilità).
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Nichele Arianna

La situazione obiettiva di con itto di interessi è la sola causa di annullabilità del contratto, non occorre dunque l’ulteriore
prova che il rappresentante ne abbia tratto effettivo pro tto; tale situazione deve essere però in uente sul contento del contratto.
Un limite all’azione di annullamento è posto nell’interesse del terzo contraente: il con itto di interessi doveva essere noto o
comunque riconoscibile da questo (ex art.1394).
Ipotesi tipica di contratto concluso dal rappresentante in con itto di interessi è quella del rappresentante che conclude un contratto con
se stesso: egli prima due volte il medesimo contratto; anche in questo caso il contratto è annullabile, sempre su domanda del
rappresentato, salvo che il rappresentante non fosse stato autorizzato a contrattare con se stesso, oppure che il contratto non fosse stato
strutturato in modo tale da escludere la possibilità di un con itto di interessi.

RAPPRESENTENZA E AMBASCERIA
Il rappresentante agisce per procura del rappresentato: conclude contratti i cui effetti si concludono non nei propri confronti, ma
bensì quelli del rappresentato. Si spiega dunque perché la capacità legale di agire, richiesta per la conclusione del contratto, debba essere
presente nel rappresentato, il quale dispone dei propri diritti (motivo per cui il contratto può essere soggetto ad annullamento non caso la
stipula avvenisse con un incapace legale).
Basta, af nché il contratto sia valido, la capacità naturale di agire, avuto riguardo al convenuto e alla natura del contratto (motivo cui
anche un minore può concludere un contratto valido).
RAPPRESENTANZA Il rappresentante è investito dal rappresentato del potere di determinare, trattando con l’altro contraente, il contenuto
del contratto da concludere:
- Se la procura non pone limiti, questo potere abbraccia ogni elemento del contratto.
Il rappresentante dichiara a nome altrui la propria volontà e ciò produce come conseguenza: i vizi del consenso renderanno il
contratto annullabile solo se sono vizi della volontà del rappresentante (stesso discorso vale anche per gli stati soggettivi di buona\ mala
fede riguardo la persona del rappresentante).
- Ma può accedere che alcuni degli elementi del contratto siano presenti all’interno della procura; in tal caso concorrono a
determinare il contenuto del contratto duplice volontà, ossia quella del rappresentato e quella del rappresentante–> il quale
dichiara solo una volontà in parte sua; deriva da ciò la conseguenza che i vizi del consenso , che riguardino elementi del contratto
predeterminati dal rappresentato, renderanno annullabile il contratto solo se ricucita viziata la volontà del rappresentato.

Può in ne accadere che tutti gli elementi del contratto da concludere siano stati predeterminati dal rappresentato e che quindi il
rappresentate si limiti a dichiarare la volontà di questi in toto; si parla a tal proposito di AMBASCERIA, ove chi agisce in nome
altrui è un mero portavoce della volontà di un altro soggetto (nuncius), il quale si limiterà a rmare in calce il contratto.
Nel caso dell’ambasceria i vizi della volontà e gli stati soggettivi presi in considerazione sono solo quelli del rappresentato; anche se è
rilevante l’errore ostativo del portavoce (se questi sbaglia a riportare la volontà del soggetto rappresentato, il contratto è annullabile,
sempre se l’errore è riconoscibile all’altro contraente).
! NB. Diversa dalla gura del portavoce è la gura della persona o dell’uf cio incaricato di trasmettere la dichiarazione.

MANDATO CON O SENZA RAPPRESENTANZA


La procura è, come già visto, l’atto mediante il quale il rappresentato investe il rappresentante del potere di agire in suo nome; si tratta di
un atto unilaterale in forza del quale il rappresentante si legittima come tale di fronte ai terzi. L’intero rapporto che intercorre fra le
due gure è regolato dal contratto dal quale nasce l’obbligazione di rappresentanza; fonte di questa obbligazione può essere un
contratto di lavoro, un contratto di agenzia, o un contratto di mandato.
Il contratto di mandato è l’ipotesi di portata generale: quando l’intero rapporto, in base al quale un soggetto riceve una procura da un
altro soggetto, non è altrimenti quali cabile–> si dovrà concludere di essere in presenza di un mandato.
Il MANDATO è un contratto, con il quale un soggetto (mandatario), si obbliga nei confronti di un altro soggetto
(mandante), a compiere uno o più atti giuridici per conto di questo; il contratto si presume oneroso (il mandatario ha
diritto ad un compenso per l’attività svolta).

Mandato e procura svolgono dunque FUNZIONI DIVERSE: in forza del mandato (espresso o tacito), il mandatario è obbligato ad agire per
conto del mandante e questi a sua volta è obbligato a versargli un compenso; in virtù della procura, il mandatario è altresì legittimato ad
agire, dinnanzi ai terzi, in nome del mandante.
È però possibile che un soggetto conferisca ad un altro un mandato, e non anche una procura: si parla di MANDATO SENZA
RAPPRESENTANZA; in tal caso il mandatario agirà per conto del mandante, ma in proprio nome, con la conseguenza che sarà egli
stesso ad acquistare i diritti\ obbligazioni derivanti dalla stipula del contratto.
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Nichele Arianna

L’interno contratto di mandato, che lo lega di fatto al mandante, lo obbliga a ritrasferire a questi, con nuovo contratto, i diritti
acquistati; il mandatario avrà diritto di essere rimborsato dal mandante per i soldi, che essendosi obbligato in proprio nome, ha versato
al terzo contrente.

Del mandato senza rappresentanza, si suola parlare di RAPPRESENTANZA INDIRETTA e di INTERPOSIZIONE REALE DI PERSONA.
Leggi esempi a pag.250.
Molto spesso si usa il mandato senza rappresentanza come prestanome, per lo svolgimento di attività vietate agli occhi della legge,
oppure utilizzato dall’imprenditore (imprenditore occulto) che voglia sottrarre il proprio patrimonio ai potenziali rischi commerciali.
Si va sacri cando l’interesse del terzo contraente, il quale non potrà agire nei confronti del mandante, ma non gli interessi di questo.
INTERESSE MANDANTE > INTERESSE TERZO
(Ex art.1705\1706\1707:)
Per le cose mobili acquistate dal mandatario senza rappresentanza non occorre nemmeno un contratto di ritrasferimento: il
mandante può rivendicare direttamente come proprie, le cose, anche nei confronti di terzi (salvo i diritti del possesso in buona fede).
Al mandante è inoltre concesso di esigere direttamente i crediti derivanti dal contratto concluso dal mandatario senza rappresentanza;
il diritto del mandate rispetto a beni, mobili e immobili, è inoltre protetto contro le pretese dei creditori del mandatario.
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Nichele Arianna

Cap.15 GLI EFFETTI DEL CONTRATTO (da pag.251 a pag.262)


GLI EFFETTI DEL CONTRATTO FRA LE PARTI
Si sposti ora l’attenzione sugli effetti prodotti invece dal contratto; dal contratto come atto, formato dall’accordo di due o più parti,
dobbiamo passare al contratto come rapporto, inteso nella sua accezione di rapporto contrattuale intervenuto fra le parti, dunque
instaurato fra esse.
De niamo rapporto contrattuale quell’insieme di diritti e di obbligazioni reciproche nascenti dal contratto (=fonte delle obbligazioni);
esso può costituirsi e simultaneamente estinguersi o può invece, avere lunga durata. L’adempimento, da parte dei contraenti, alle
obbligazioni assunte con il contratto si de nisce esecuzione (o attuazione) del contratto; si andrà de nendo invece mancata esecuzione
una situazione di inadempimento.
Distinguiamo diverse TIPOLOGIE DI ESECUZIONE:
➡ ISTANTANEA L’adempimento del contratto, si esaurisce, per ciascuna delle parti, nel compimento di un solo atto appunto
simulando alla conclusione del contratto o senza apprezzabile intervallo di tempo rispetto ad essa (ad es. vendita).
➡ DIFFERITA L’adempimento del contratto si fraziona in una pluralità di atti (ad es. vendita con pagamento a rate).
➡ CONTINUATA O PERIODICA L’adempimento alla prestazione obbligano le parti, o solo una fra esse, ad una prestazione
continuativa nel tempo (ad es. contratto di somministrazione); rientrano in quest’alveo i contratti di durata (annuale) e i
contratti di organizzazione (stabile organizzazione societaria o associativa).
Il contratto, una volta concluso, ha forza vincolante per le parti–> si parla appunto di forza di legge (una volta validamente
perfezionato il contratto le parti sono tenute a rispettarlo allo stesso modo in cui sono tenute ad osservare la legge).
Per sciogliere il contratto occorre un nuovo atto di autonomia privata uguale e contrario al precedente–> si parla appunto di mutuo
dissenso, ossia un nuovo accordo fra le parti diretto ad estinguere il già costituito rapporto contrattuale (o a scioglierlo
prima dello scadere del termine). Il contratto può però consentire (ad una parte o entrambe) la facoltà di recesso unilaterale (art.1373),
ossia un atto unilaterale che non richiede per sua natura l’accettazione dell’altra parte, ma basterà portarlo alla mera conoscenza di questa;
il recesso unilaterale produce l’effetto di scioglimento del contratto nel momento stesso in cui questo viene comunicato (recesso e
contratto devono vantare la medesima forma).
Nei contratti a esecuzione istantanea ed in quelli ad esecuzione differita, la facoltà di recesso può essere esercitata, salvo patto contrario,
solo prima che il contratto abbia avuto un principio di esecuzione. Al contrario, nei contratti ad esecuzione continuativa o periodica, il
recesso è possibile anche se l’esecuzione sia già stata posta in essere (in tal caso il recesso non abbraccia quell’ordine di casi per cui
le prestazioni siano già state eseguite o fossero in corso di esecuzione). Il recesso scioglie il rapporto contrattuale senza effetto
retroattivo. Nei contratti plurilaterali, il recesso di una parte non comporta, se la sua partecipazione non è da considerarsi come
essenziale, lo scioglimento dell’intero contratto (clausola di corrispettivo per il recesso\ caparra penitenziale).
Per quanto riguarda la modi cazione del regolamento contrattuale, le parti non possono modi care unilateralmente il contratto (salvo che
non sia stato deciso così a monte).
Accanto al mutuo dissenso lo scioglimento del contratto può avvenire anche per cause ammesse dalla legge; esse sono di 2 ordini: il
primo ordine di casi riguarda i contratti a titolo oneroso [la risoluzione e la rescissione del contratto (vedi cap.16)], il secondo ordine di
casi concerne invece i contratti di durata.
Il contratto di durata presuppone che il vincolo instauratosi fra le parti sia destinato a protrarsi nel tempo, determinando
problemi di protezione contrattuale in merito al contraente più debole; la legge nega, in linea generale, l’ammissibilità di contratti
perpetui, che vincolino le parti a vita, essendo che l’accettazione di un tale contratto equivarrebbe alla rinuncia della libertà contrattuale: il
singolo disporrebbe con unico ed estremo atto di libertà, di tutta la sua libertà futura (conseguenza: limitazione della ricchezza in
circolazione).
Per soddisfare queste esigenze la legge utilizza due gure:
‣ TERMINE MASSIMO (FINALE) Termine di durata e termine massimo.
‣ RECESSO Alcuni contratti ammettono una durata a tempo indeterminato ed è qui che si riconosce alle parti l’istituto del recesso, il
quale si distingue in:
- Recesso puro e semplice (ad nutum) inteso come atto di autonomia del singolo che non richiede giusti cazione.
- Recesso per giusta causa atto di recesso che deve essere giusti cato dal contraente che decida di recedere.

CONTRATTI CON EFFETTI OBBLIGATORI ED EFFETTI REALI


Si parla di effetti obbligatori del contratto in riferimento alle obbligazioni che dal contratto derivano; si parla di effetti reali del
contratto quando si fa riferimento agli effetti prodotti direttamente dal contratto al momento stesso della formazione dell’accordo delle
parti.
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Nichele Arianna

Si distingue quindi in contratti con effetti obbligatori (fonti delle obbligazioni) e con effetti reali (fonti di obbligazioni con l’effetto di
trasferimento circa diritti reali).

Il nostro sistema legislativo è retto, in materia di contratti con effetti reali, dal cosiddetto PRINCIPIO CONSENSUALISTICO, che ex
art.1376, afferma che nei contratti che abbiano per oggetto il trasferimento della proprietà di una data cosa, la costituzione o il
trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente
manifestato-> si diventa proprietari al momento del contratto, per effetto dell’accordo che si perfeziona il contratto; e, se la
consegna o il pagamento della cosa sono differite nel tempo, quella determinata cosa è già nostra!
In ogni caso è super uo, agli effetti del trasferimento della proprietà, l’avvenuto pagamento del prezzo.
La legge protegge l’alienante non pagato in un altro modo: nella alienazione con pagamento del prezzo posticipato, il venditore, può
trascrivere ipoteca legale sul bene venduto a garanzie delle obbligazioni che derivino dal contratto; altrettanto può avvenire per
laminazione di beni mobili registrati. Per gli altri beni mobili manca un’analoga garanzia, ma le parti possono adottare le forme della
vendita con riserva di proprietà, per i quali il compratore acquista la proprietà della cosa solo con il pagamento dell’ultima data.
Af nché operi il principio consensualistico occorre che il contratto abbia per oggetto il trasferimento di una cosa determinata.
Se sia tratta invece di cose determinate solo nel genere, la proprietà non può, ovviamente, passare nel momento del contratto, ma
questa avverrà solo al momento dell’individuazione fatta dall’accordo fra le parti o nei modi da queste stabiliti, la quale si traduce
generalmente nella consegna del bene dall’alienante all’acquirente.
Se oggetto del contratto è una massa di cose (ad es, merce di un magazzino), la proprietà passa, secondo il suddetto principio, dunque
non occorre procedere nell’individuazione di tutte le singole cose (anche se a determinati effetti: le cose devono essere infatti pesate,
misurate, cintante per determinare il prezzo).
Quando l’oggetto del contratto sono merci trasportate da un luogo all’altro, l’individuazione (ossia il passaggio di proprietà), avviene al
momento della consegna al vettore o allo spedizioniere. Stabilire il momento in cui avviene il passaggio di proprietà è
fondamentale per stabilire su chi incombe il rischio di perimento della cosa, il quale dovrà pagarne il prezzo.

CONTRATTI REALI E CONTRATTI CONSENSUALI


Il contratto si perfeziona con l’accordo delle parti: da quel momento sarà dunque produttivo di effetti (che siano essi reali o
obbligatori); in linea generale l’accordo delle parti si rivela necessario e suf ciente alla perfezione del contratto; tuttavia vi sono alcuni
casi in cui questo è si necessario, ma non suf ciente: occorre cioè, oltre all’accordo stesso, anche la consegna della cosa che forma oggetto
di contratto.
Si distingue quindi in CONTRATTI CONSENSUALI e contratti reali: i primi si perfezionano grazie al mero accordo fra le parti e la
consegna del bene è solo una conseguenza all’adempimento dell’obbligazione creatasi con il contratto, per i secondi vale una disciplina
distinta.
Si de niscono CONTRATTI REALI: il deposito, il mutuo, il comodato ed il contratto costitutivo di pegno; essi non si perfezionano solo
grazie all’accordo, ma è assolutamente necessaria la consegna della cosa mobile o immobile oggetto di contratto (la legge
protegge l’interesse alla prestazione di una sola delle parti).
! NB. La consegna della cosa può svolgere tuttavia una speci ca funzione anche nei contratti consensuali; se con contratti successivi,
una parte concede a diversi contraenti un diritto personale di godimento sulla medesima cosa, prevale fra essi, quello
che per primo abbia conseguito il godimento della cosa (ex art.1380).
Tale criterio si af anca ad altri criteri già analizzati in precedenza, come ad esempio:
- Ex art.1155: fra più acquirenti di uno stesso bene mobile, prevale quello che fra essi ne abbia conseguito per primo il possesso.
- Ex art.2644: fra più acquirenti di uno stesso bene immobile (o mobile registrato), prevale quello che fra essi ne abbia trascritto per
primo l’acquisto.

GLI EFFETTI DEL CONTRATTO RISPETTO AI TERZI


Il contratto vincola le parti, ma secondo la regola generale dell’autonomia contrattuale negativa, NON produce effetto rispetto ai terzi
(ex art.1372). Coerente con questo principio generale è la promessa del fatto o dell’obbligazione del terzo; chi, per contratto,
promette la prestazione di un terzo, esprime una promessa valida, ma obbliga solo se stesso: se il terzo non adempie, risponderà lo
stesso soggetto promittente.
Leggi esempio circa il patto di non alienare a pag.259\260.
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Nichele Arianna

CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE


Al momento della conclusione del contratto una delle parti può riservarsi la facoltà di nominare successivamente la persona che
acquisterà i diritti e assumerà le obbligazioni derivanti dal contratto, ex art.1401; la nomina del contraente deve essere posta in
essere nel termine stabilito dal contratto o in mancanza di questo, entro 3gg e naturalmente accompagnata dall’accettazione (la quale
deve avere la stessa forma del contratto) del terzo nominato; in mancanza di nomina il contratto produce effetti fra i contenenti originari
(≠ rati ca). La nomina produce effetti retroattivi dalla data del contratto.
! NB. La riserva di nomina è spesso utilizzata nei contratti di chi svolge attività di compravendita di beni immobili o di valori mobiliari.

CONTRATTO A FAVORE DI TERZO


Un’eccezione al principio generale si veri ca del contratto a favore di terzo–> il quale acquisterà SOLO i diritti.
Le parti del contratto sono lo stipulante (colui che contratta a favore di un terzo), ed il promittente (colui che si obbliga verso lo stillante
ad eseguire la prestazione a favore del terzo). Leggi esempio a pag.261.
A differenza che nel contratto per persona da nominare, NON è necessaria l’accettazione del terzo: questi acquista il diritto verso il
promittente per effetto della stipulazione a suo favore; è però possibile che il terzo dichiari di non voler pro ttare della stipula a suo
favore: la prestazione in tal caso resta a bene cio dello stipulante (salvo diversa disposizione delle parti).
La stipulazione a favore di terzi è valida solo se lo stipulante abbia interesse a procurare un favore a del terzo (in ragione del fatto
che ogni contratto debba avere una causa). Non necessariamente l’interesse dello stipulante deve avere natura patrimoniale e
presuppone un preesistente rapporto di provvista fra lui e il terzo (ad es. la causa della donazione è lo spirito di liberalità).
Leggi approfondimento sul rapporto di valuta a pag.261.
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Nichele Arianna

Cap.16 RISOLUZIONE E RESCISSIONE DEL CONTRATTO (da pag.263 a pag.276)


RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
La causa del contratto si è visto possa essere onerosa o gratuita; si distingue di conseguenza in contratti a titolo oneroso (la quasi
generalità dei contratti) ed i contratti a titolo gratuito (donazione, comodato, mandato gratuito, deposito gratuito, mutuo senza
interessi).
La causa dei primi consiste in uno scambio di prestazioni fra le parti; l’idea di tale scambio implica quella della loro corrispettività,
ossia ciascuna delle parti si obbliga nei confronti altrui, per avere in cambio la prestazione per la quale si è obbligata con la rispettiva–>
ciascuna prestazioni è nei confronti dell’altra, una controprestazione. Dei contratti a titolo oneroso si parla perciò di contratti a
prestazioni corrispettive: la prestazione di ciascuna parte trova giusti cazione (causa) nella prestazione altrui.
Questo rapporto di corrispettività fra prestazioni si de nisce in termini giuridici: SINALLAGMA (=legame, interdipendenza); il
sinallagma risulta dal contratto e ne costituisce la causa (sinallagma genetico), ma si realizza nella fase di esecuzione del contratto,
ossia quando ciascuna delle parti esegue le proprie prestazioni (sinallagma funzionale)–> solo allora lo scambio del contratto si
realizza in concreto.
VIZI DEL SINALLAGMA :
Può accadere tuttavia che una delle parti non adempia la propria prestazione a causa di un impossibilità sopravvenuta della
prestazione stessa o per eccessiva onerosità sopravvenuta della stessa, provocando, di conseguenza, un’alterazione circa la causa del
contratto, determinando l’impossibilità di porre in essere lo scambio (o far in modo che questo sia equipollente alle condizioni
economiche prestabilite). Si parla in questo caso di difetto funzionale della causa, in antitesi con la mancanza originaria (o la sua
illeicità), altresì de nito difetto genetico.
A differenza del sintagma genetico, la cui conseguenza è la nullità del contratto, il sinallagma funzionale comporta la risoluzione del
contratto. Risoluzione signi ca scioglimento del contratto e ragioni che la rendono possibili sono cause ammesse dalla legge*; la
risoluzione non è altro che la vicenda del rapporto contrattuale e possiede effetto retroattivo fra le parti, ossia alla data del
contratto.
La distinzione fra vicende del contratto e vicende del rapporto è rilevante ai ni dei contratti ad esecuzione continuativa o
periodica: in tali casi la risoluzione del contratto non si estende alle prestazioni già eseguite (analogamente a quando accade nei casi della
condizione risolutiva e del recesso unilaterale; nei contratti plurilaterale la regola generale rimane tale anche per la risoluzione).
* La legge prevede 3 GENERALI CAUSE DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE:
➡ 1) RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO
L’ inadempimento di una parte, che permetta la risoluzione del contratto, deve presentare un requisito ulteriore rispetto al comune
concetto di inadempimento, ossia deve con gurarsi come un inadempimento di NON scarsa importanza, ovvero da rendere
ingiusti cato l’inadempimento della parte stessa.
! NB. È opportuno distinguere fra inadempimento delle obbligazioni principali e delle obbligazioni accessorie; in mancanza dei
criteri di legge atti a stabilire la gravità dell’adempimento, sarà il giudice a stabilirla.
La risoluzione per inadempimento può assumere 2 forme:
‣ RISOLUZIONE GIUDIZIALE In caso di inadempimento la parte può:
a) Agire in giudizio per l’adempimento, chiedendo quindi al giudice di condannare l’inadempiente ad eseguire la prestazione
mancata (ed offrendosi di eseguire la propria, se non l’abbia già eseguita). In tale fattispecie la parte potrà sempre domandare, nché
non lo si abbia ottenuto (in modo spontaneo o coattivo) la controprestazione dovutagli.
b) Agire per la risoluzione, chiedendo quindi al giudice di sciogliere il contratto; in tal caso la parte verrà esonerata dall’eseguire la
prestazione, o se l’avesse già eseguita, chiederà al giudice di pronunciare, oltre alla risoluzione, anche la condanna dell’altra parte alla
restituzione della prestazione ricevuta. In tale fattispecie la parte non potrà più chiedere l’adempimento (ne la controparte, adempiere
alla propria obbligazione).
‣ RISOLUZIONE STRAGIUDIZIALE Se ne conoscono, a sua volta, 3 forme:
I DIFFIDA AD ADEMPIERE Il contratto può essere risolto per inadempimento senza necessità di un provvedimento giudiziario, nelle
forme, anzitutto, della dif da ad adempiere: la parte adempiente può intimare per iscritto all’altra parte di adempiere entro un
dato termine, il quale non può essere inferiore a 15gg, con l’avvertenza che il contratto, altrimenti, s’intenderà come risolto di
diritto (senza domandare al giudice di pronunciarne la risoluzione). NB. L’inadempimento deve essere anche qui di non scarsa
importanza.
II CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA Le parti possono convenire che, se una di esse sarà inadempiente, il contratto si rinoverà di
diritto, senza necessità di rivolgersi al giudice; non basta però il mero fatto circa l’inadempimento, ma occorre anche che la
parte adempiente dichiari all’altra di volersi avvalere di tale clausola.
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Nichele Arianna

Sarà dunque tale dichiarazione a provocare la risoluzione dalla data del contratto; la suddetta clausola esonera dalla necessità circa la
valutazione dell’importanza dell’inadempimento, essendo questa già stata valutata dai medesimi contraenti nella redazione della
clausola, quindi individuando quella determinata obbligazione (o più) il cui inadempimento comporti l’utilizzo della clausola.
III TERMINE ESSENZIALE scaduto il quale il contratto si risolve di diritto.

La risoluzione stragiudiziale permette di risolvere il contratto in tempistiche molto più rapide e senza il dover ricorrere ad un giudizio
in sensi tecnico che accerti il grado di importanza dell’inadempimento. Il ricorso a tale risoluzione tuttavia è a proprio rischio, essendo
che la parte convenuta potrà assumere l’iniziativa di un giudizio e se questa dimostri di avervi pure ragione, quindi dimostrando che la
parte inadempiente fosse l’attore, questi sarà tenuto a risarcire il danno.

ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO Il rapporto di corrispettività fra le prestazioni contrattuali, oltre che giusti care la risoluzione del
contratto per inadempimento, legittima ciascuna parte al ri uto di adempiere la propria prestazione se l’altra parte non adempie o non
offre di adempiere contemporaneamente la propria, sempre che per inadempimento non siano previsti termini diversi; si tratta
dell’eccezione di inadempimento, espressa tradizionalmente nel principio “all’inadempiente non si deve adempiere”.
Analoga a quest’eccezione è altresì l’eccezione basata sul mutamento delle condizioni patrimoniali dell’altro contrente, divenute tali
da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione; in tale fattispecie la parte che per contratto sia tenuta ad eseguire
per prima la propria prestazione, può sospendere l’esecuzione della prestazione dovuta, salvo che l’altra parte non offra idonee garanzie.
La parte inadempiente sarà comunque tenuta a risarcire i danni cagionati alla controparte, sia che abbia agito per l’inadempimento,
sia per la risoluzione del contratto, secondo i principi generali sulla responsabilità contrattuale.
CLAUSOLA PENALE E CAPARRA La parte che chiede il risarcimento del danno, ha l’onere di provare di aver subito effettivamente
un danno per l’altrui inadempimento (e di provare altresì l’ammontare del danno subito).
Il contratto può però prevedere una penale per l’inadempimento o per il ritardo, con il duplice effetto:
a) dispensare dall’onere di provare il danno;
b) limitare il risarcimento alla cifra pattuita alla stipula della penale, salvo che non sia prevista la risarcibilità del danno superiore.
La penale è prevista dal contratto, ma è versata solo in caso di inadempimento o ritardo.
Diversa dalla penale è la caparra, cioè una somma di denaro che, talvolta, una parte da all’altra nel momento stesso della
conclusione del contratto.
Possono veri carsi 3 possibili situazioni:
1) se la parte che ha dato la caparra adempie il contratto, l’altra parte dovrà restituirgliela o imputarla alla prestazione dovuta;
2) se la parte che dato la caparra non adempie, l’altra parte può trattenere la caparra e recedere dal contratto;
3) Se è invece inadempiente la parte che ha ricevuto la caparra, chi l’ha data può esigere il doppio della caparra versata e recedere dal
contratto.

➡ 2) RISOLUZIONE PER IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE


Essa comporta l’estinzione dell’obbligazione; qui si deve considerare che l’obbligazione estinta derivasse da un contratto a prestazioni
corrispettive, comportando perciò la risoluzione del contratto.
Ne consegue che la parte libera dall’obbligazione per la sopravvenuta impossibilità della propria prestazione non può chiedere la
controprestazione e, se l’ha già ricevuta, deve restituirla. La risoluzione del contratto anche qui opera di diritto; il giudizio verrà
promosso dalla parte solo nel caso in cui l’altra si ri uti di restituire la prestazione già eseguita.
Può accadere che la prestazione sia divenuta impossibile per causa imputabile al creditore; a tal proposito si prospetta una duplice
soluzione: si può ritenere che il contratto non si risolva o si può ammettere la risoluzione del contratto, alla quale ne consegue la
liberazione del debitore (esposizione del creditore rispetto ai danni subiti a causa della mancata prestazione).
L’impossibilità sopravvenuta della prestazione può essere totale, come anche solo parziale; nel caso di impossibilità parziale il contratto
non si risolve, ma l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della controprestazione dovuta e potrà recedere dal
contratto nel caso in cui non ne avesse interesse.
La disciplina della sopravvenuta impossibilità parziale di una delle prestazioni fa desumere che non ce solo un rapporto corrispettivo fra
prestazioni, ma anche un più speci co rapporto di corrispettività fra il valore economico dell’una e quello dell’altra; si parla per
descrivere questo rapporto di equivalenza economica di CONTRATTI COMMUTATIVI: cioè quei contratti a prestazioni corrispettive che
hanno la funzione di attuare uno scambio fra prestazioni economicamente equipollenti; ove variazioni successive alle
formazione del contratto ne determinino squilibri, queste andranno ad in uire sulla sorte del contratto.

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Nichele Arianna

➡ 3) RISOLUZIONE PER ECCESSIVA ONEROSITÀ SOPRAVVENUTA


Questo carattere di commutatività del contratto si manifesta nella disciplina della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità
sopravvenuta; questa riguarda i contratti la cui esecuzione è destinati a portarsi del tempo, con riferimento dunque all’esecuzione differita
e a quella periodica: può accadere che, nel tempo intercorrente dal momento della conclusione a quello dell’esecuzione, tale
prestazioni diventi eccessivamente onerosa rispetto al valore della prestazione originaria pattuita, a causa della
sopraggiunta di avvenimenti straordinari ed imprevedibili.
In questi casi si può domandare la risoluzione giudiziale del contratto; l’altra parte (che vuole evitarla), può offrire di modi care
equamente le condizioni contrattuali.
L’onerosità in questione deve essere realmente eccessiva, deve ciò consistere in un forte squilibrio economico delle prestazioni; un
esempio di evento capace di generare onerosità, ai sensi della giurisprudenza, è sicuramente un tasso di in azione (non basta una
semplice oscillazione dei prezzi o un’in azione, che per quanto sia elevata, ricada nei limiti stabiliti nell’alveo dell’alea normale del
contratto; in tal caso deve comparire un’apposita clausola che preveda l’aggiornamento contrattuale).
Le norme sulla risoluzione NON si applicano ai contratti aleatori o di sorte (caratterizzata dalla componente intrinseca del rischio di
poter anche non riceve la prestazione); il contratto può essere aleatorio per natura (ad es. contratto di assicurazione) o per volontà
delle parti (ad es. contratto di vendita di cosa futura). Essendo i contratti aleatori, contratti a prestazioni corrispettive, ad essi si applicano
le norme sulla risoluzione per inadempimento (1) o sulla ricusazione per impossibilità sopravvenuta della prestazione (2).

RESCISSIONE DEL CONTRATTO


Lo squilibrio economico fra le prestazioni, è quello che si determina in epoca successiva alla conclusione del contratto, nel corso
dell’esecuzione di questo. È invece di regola irrilevante, lo squilibrio economico originario fra le prestazioni dominando
infatti il principio della libertà contrattuale; a questo principio generale sono però apportati due temperamenti che ricadono
sotto il nome di rescissione.
La rescissione allude sempre allo scioglimento del contratto, ma per 2 particolari cause:
➡ 1) CONTRATTO CONCLUSO IN STATO DI PERICOLO
Chi, per contratto, assume obbligazioni a condizioni inique, ergo con forte sproporzione tra il valore di ciò che da e ciò che riceve, per la
necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, può chiedere al giudice la
scissione del contratto.
➡ 2) CONTRATTO CONCLUSO IN STATO DI BISOGNO
Se c’è sproporzione fra la prestazione di una parte e quella dell’altro, e questa sproporzione è dipesa dalla situazione, della quale l’altra
parte ne abbia appro ttato, la prima può chiedere la rescissione del contratto–> si parla appunto di rescissione per lesione (ad es. di
chi versa in momentanee dif coltà economiche). La lesione in questione deve con gurarsi come oltre la metà (la prestazione ricevuta
deve essere inferiore alla metà del valore che la prestazione eseguita aveva al tempo del contratto).
Le cause di rescissione sono, a rigore, difetti genetici e non funzionali, riguardano perciò la sua formazione e non l’esecuzione; non è
per cui ammessa la convalida del contratto rescindibile (gli effetti rispetto ai terzi sono regolati dalle medesime norme della
risoluzione).

L’atto di rescissione è, in ambedue i casi, soggetta al termine di prescrizione di 1 anno; al medesimo termine è sottoposta anche
l’eccezione di rescissione: se la parte appro ttatrice chiede l’esecuzione del contratto decorso 1 anno dalla conclusione, l’altra parte non
può più eccepirgli la rescindibilità del contratto (si tratta di una deroga al principio generale della prescrivibilità delle eccezioni).

LA PRESUPPOSIZIONE
La presupposizione è una causa di risoluzione del contratto, non prevista dalla legge, ma riconosciuta dalla giurisprudenza.
Essa consiste in un presupposto oggettivo del contratto che le parti hanno avuto presente nel momento della sua
conclusione, ma che non hanno menzionato nel testo del contratto; al venir meno di quel presupposto, viene riconosciuta la
possibilità, per il contraente che ne abbia interesse, di ottenere in via giudiziale la risoluzione del contratto.
Classico esempio è quello del balcone preso in locazione per un dato giorno, ad una data ora (leggi esempio completo a pag.275).
Negata per molto tempo, ad oggi la presupposizione tende a basarsi sull’applicazione delle clausole generali di buona fede
nell’interpretazione e nell’esecuzione del contratto; ex art.1467, importante rilievo assume l’alterazione della causa che fa
venir meno la funzione originaria del contratto, rendendo ingiusti cato lo scambio fra le prestazioni contrattuali.
Leggi il tra letto a piè di pag.276.
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Nichele Arianna

Cap.17 CRITERI DI COMPORTAMENTO DEI CONTRAENTI


E DI INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO (da pag.277 a pag.284)
BUONA FEDE CONTRATTUALE
Alle norme che regolano in modo analitico e circostanziato il contratto, si debbano aggiungere anche le norme che formulano un
generale criterio di comportamento delle parti contraenti; si tratta di norme che impongono un comportamento di buona
fede reciproca in tutte le applicazioni\ fasi del contratto (si parla di bf in senso oggettivo).
Buona fede signi ca infatti comportarsi con lealtà e correttezza (≠ bf in senso soggettivo); si allude infatti al dovere di comportarsi con
rigore e non allo stato soggettivo circa l’ignoranza nel ledere un altrui diritto, motivo per cui la si identi ca sotto la perifrasi di “buona
fede contrattuale”. La funzione della buona fede è quella di colmare le lacune legislative determinate dalla legge, che
inevitabilmente non riesce a prendere ogni singola concreta fattispecie (carattere astratto della legge); tale principio consiste
nell’identi care gli altrui doveri e gli altrui obblighi previsti dalla legge, realizzando la “chiusura” del sistema legislativo.
Le regole non scritte della correttezza\ lealtà sono regole di costume, ergo corrispondono a ciò che un contraente nella media
correttezza ao realtà si sente in dovere di fare, o no; spetta comunque al giudice stabilire in concreto ciò che è coerente, o al contrario, inc
contrasto con la buona fede, ovviamente prendendo come parametro non la sua etica\ morale, ma altresì le regole del buon costume,
sicuramente più elastiche e essibili.
Il dovere di buona fede opera:
➡ (Ex art.1337) NELLO SVOLGIMENTO DELLE TRATTATIVE E NELLA FORMAZIONE DEL CONTRATTO
Si mette in luce il dovere di informazione di una parte nei confronti dell’altra: ciascun contraente ha il dovere di dare notizia delle
circostanze che appaiano ignote all’altro e che possono essere determinanti del suo consenso.
Al dovere di informazione si collega la gura della reticenza, ovvero la violazione del dovere di informazione che può dar luogo, se
ad essa segue il contratto, ad un azione di annullamento per dolo omissivo.
Si considera contraria alla buona fede anche una improvvisa ed ingiusti cata rottura delle trattative precontrattuali; chi
violando la RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE abbia cagionato danno alla controparte è tenuto al risarcimento (si tratta di una
forma di responsabilità da fatto illecito). Una speci ca ipotesi di responsabilità precontrattuale è la mancata conoscenza di invalidità
del contratto di cui non sia abbia dato notizia; in tal caso l’altra parte potrà chiedere l’annullamento del contratto con la restituzione
della prestazione eseguita (verrà risarcito anche il lucro cessante).
➡ (Ex art.1375) NELL’ESECUZIONE DEL CONTRATTO
Due speci che applicazioni legge sono:
1) L’obbligo di comportarsi secondo buona fede IN PENDENZA DELLA CONDIZIONE, per conservare integre le ragioni dell’altra
parte, ossia custodire con diligenza la cosa che sia stata alienata secondo condizione sospensiva o acquistata sotto condizione
risolutiva.
2) Il divieto di ri utare la propria prestazione, avvalendosi della ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO, se il ri uto è contrario
alla buona fede (al riguardo bisogna considerare le circostanze). La buona fede di un’obbligazione nasce dal contratto stesso,
attenendo al suo contenuto legale; la conseguenza tratta dalla giurisprudenza afferma che, se essa riveste particolare gravità. Può
giusti care la risoluzione del contratto per inadempimento.
PRINCIPIO DELL’ABUSO DEL DIRITTO
La violazione del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto può anche con gurarsi come abuso del diritto: accade quando il
contraente esercita verso l’altro i diritti che gli derivano dalla legge o dal contratto per realizzare uno scopo diverso da
quello cui questi diritti sono preordinati.
Un caso di abuso del diritto viene si manifesta frequentemente nelle società per azioni: la maggioranza delibera un aumento di capitale al
solo scopo di liberarsi di una scomoda minoranza, sapendo a priori che questa non sarà in grado di sottoscrivere le azioni di nuova
emissione.
La violazione del dovere di buona fede comporta, di regola, l’obbligazione di risarcire il danno cagionato alla controparte; si
possono tuttavia pro lare conseguenze diverse, come ad esempio, la risoluzione del contratto per inadempimento (dando prova
dell’abuso del diritto posto in essere dalla controparte).
Leggi esempi e conseguenze a pag.281.

INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO


Quando non si con gura come tacito, il contratto è fatto di PAROLE scritte in documento (contratto scritto) o dette a voce (contratto
orale); capita spesso che il senso delle parole sia matrice di controversie interpretative.
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Nichele Arianna

Indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti, e non limitarsi al senso letterale delle parole da esse usate,
essendo che spesso le parole possono tradire l’intenzione dei contraenti.
Bisogna andare al di là delle parole espresse per capirne la vera intenzione, magari procedendo in una quali cazione (modi ca) del
contratto-> nome iuris.
La legge, per far fronte a tale problematica, ha elaborato diversi criteri di interpretazione, di cui ve ne si ravvisano più ordini:
‣ CRITERIO 1. STORICO Valutazione circa il comportamento complessivo delle parti, dunque andando ad analizzarlo
posteriormente alla conclusione del contratto. Analisi comportamento delle parti datante la fase delle trattative.
‣ CRITERIO 2. LOGICO Singola interpretazione di ogni clausola attribuendo a ciascuna il signi cato che risulta dal
complesso del contratto. Analisi contratto nel suo insieme, rispetto il suo contenuto e regolamento.
‣ CRITERIO 3. GENERALE Interpretazione oggettiva sulla base della buona fede e quindi sul presupposto che le parti siano state leali
e corrette l’una nei confronti dell’altra.
‣ ALTRI CRITERI Vi sono altri criteri atti all’interpretazione di clausole ambigue, ossia clausole alle quali vi si possono ricondurre più
sensi–> in tal caso vale il principio della conservazione del contratto, interpretandola quindi nel senso in cui questa risulti
valida ed ef cace. Vale inoltre il criterio degli usi interpretativi, secondo il quale la clausola ambigua s’interpreta secondo ciò che
generalmente si prativa nel luogo in cui il contratto sia stato concluso. Ancora, le clausole delle condizioni generali di
contratto, le quali s’interpretano nel senso più favorevole al contraente debole.
‣ In ultima istanza, se il contratto risulti essere ancora ermetico ed oscuro si applicano gli ESTREMI CRITERI, ai sensi dei quali il
contratto a titolo oneroso s’interpreta nel senso che sto realizzi un equo contemperamento circa gli interessi in gioco (s’interpreta
nel modo meno gravoso per il contraente obbligato).
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Nichele Arianna

Cap.18 SINGOLI CONTRATTI (da pag.285 a pag.318)


VENDITA
La vendita (ex art.1470), può avere ad oggetto il trasferimento della proprietà o di un altro diritto, sia esso un diritto reale o
un diritto di credito; l’espressione “altro diritto” è appunto da intendersi nella sua accezione più ampia, inteso come trasferimento circa
la complessa situazione (implicante diritti e obbligazioni) di contraente o di parte di un contratto.
La vendita è un contratto a titolo oneroso: attua il trasferimento di un diritto verso il corrispettivo di una somma di denaro (prezzo); e la
sua causa consiste nello scambio (causa: scambio cosa con soldi).
Per suo mezzo di realizza una duplice funzione economica: in primis, la circolazione di beni (e diritti), in segundis, la circolazione di
denaro.
In quanto contratto a titolo oneroso ≠ differisce dalla DONAZIONE, che attua anch’essa il trasferimento di diritti ma per spirito di
liberalità. Il prezzo in denaro è l’elemento che fa ≠ differire la vendita dalla mera PERMUTA, il cui trasferimento non soggiace allo
scambio di un corrispettivo in denaro, ma il trasferimento di un altro diritto (causa: scambio cosa con cosa).
Il contratto di vendita produce due ordini di effetti:
A) EFFETTI REALI La proprietà o altro diritto si trasferisce da una parte all’altra per effetto del solo consenso (si diventa proprietari
per effetto immediato del contratto).
B) EFFETTI OBBLIGATORI La vendita è altresì fonte di obbligazioni per il compratore ed il venditore; sul primo incombe il
dovere di pagare il prezzo, sul secondo gravano invece più serie di obbligazioni:
➡ Obbligazione di consegnare la cosa al compratore.
➡ Obbligazione di fargli acquistare la proprietà, quando l’acquisto non è immediato al contratto.
➡ Obbligazione di garantire il compratore dall’EVINZIONE–> essa si ha quando, dopo la vendita, un terzo rivendica con
successo la proprietà della cosa ed il compratore, di conseguenza, ne perde la proprietà; se il compratore subisce evizione, il venditore
dovrà rimborsargli il prezzo e risarcirgli il danno.
➡ Obbligazione di garantire il compratore dai vizi occulti della cosa, ovvero i vizi materiali della cosa che la rendono
inidonea all’uso cui è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; deve trattarsi inoltre di vizi occulti, ossia di vizi
che il compratore non conosce al momento del contratto o che non poteva facilmente riconoscere. Ai vizi occulti la legge equipara la
mancanza delle qualità promesse o delle qualità essenziali della cosa. La garanzia per i vizi occulti può essere esclusa o
limitata dal contratto, ma il patto in questione non sarà valido in caso di mala fede da parte del venditore. Il compratore ha un termine
molto breve per denunciare al venditore vizi o mancanza, dovendoli denunciare, a pena di decadenza, entro 8gg dalla scoperta, salvo
disposizioni diverse da contratto; effettuata tempestivamente la denuncia, ha poi un termine di prescrizione di 1 anno dalla consegna
per fa valere in giudizio la garanzia.
In giudizio, il compratore può, a sua scelta, esercitare 2 distinte azioni:
‣ AZIONE REDIBITORIA Con la quale può chiedere la risoluzione del contratto e il rimborso del prezzo (restituzione della cosa nel casso
in cui non fosse già perita).
‣ AZIONE ESTIMATORIA Con la quale domanda la riduzione del prezzo (e se lo avesse già pagato, il suo parziale rimborso).
Scelta, con domanda giudiziale, una delle due azioni, il compratore non potrà esercitare l’altra.
+ ALIUD PRO ALIO, gura che ricorre quando la cosa venduta si rivela completamente inidonea ad assolvere la sua funzione
economico-sociale; in tal caso la giurisprudenza ha mitigato la legge e l’azione di risoluzione si considera sottoposta all’ordinario
termine di prescrizione.
In ogni caso il compratore ha diritto al risarcimento dei danni subirti, se il venditore non prova di avere senza colpa ignorato i vizi
della cosa; al venditore è cosi imposta l’obbligazione di controllare che la cosa in vendita sia immune di vizi (se controlla con
ordinaria diligenza non sarà responsabile). Il diritto di risarcimento del compratore si estende no ai danni derivati dai vizi della
cosa.
Diversa dalla garanzia per i vizi occulti o la mancanza di qualità è la garanzia del venditore relativa al buon funzionamento, per un
tempo determinato, dalle cose mobili vendute; questa garanzia deve essere espressamente pattuita. Il compratore nché la cosa
comprata “è in garanzia” ha diritto di ottenere la sostituzione o la riparazione della cosa oggetto di scambio, nel caso in cui
questa presentasse un difetto di funzionamento (il quale deve essere provato dal compratore), salvo in ogni caso il risarcimento del
danno; il difetti deve, a pena di decadenza, essere denunciato al venditore entro 30gg dalla scoperta e la relativa azione del compratore
si prescrive nel termine di 6 mesi, sempre decorrenti dalla scoperta.
A maggior tutela dei consumatori, le garanzie nella vendita di beni di consumo, sono regolate da norme speciali, dettate dalla
direttiva europea 44\1999 e recepite in Italia dal codice del consumo.

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Nichele Arianna

Ex art.3 codice del consumo:


Si de nisce CONSUMATORE la persona sica (SOLO sica) che comperi il bene per il consumo o l’utilizzazione propria e non quale mezzo
per produrre altri beni o eseguire servizi nell’esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale.
Si de nisce BENE DI CONSUMO qualsiasi bene mobile, atto al soddisfacimento di bisogni propri del consumatore o della sua famiglia,
con esclusione perciò dei valori di scambio, quali azioni di società e strumenti nanziari in genere. Altri beni mobili, quantunque
astrattamente de nibili come beni di consumo sono esclusi: acqua, gas ecc.
Leggi artt.128\129 codice del consumo a pag.289.
Il venditore nale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di uniformità imputabile ad una azione o ad
una omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di un qualsiasi intermediario,
ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta
catena distributiva.
Il venditore nale è dunque obbligato nei confronti del consumatore per un difetto di conformità del prodotto, quantunque il difetto non
sia a lui imputabile, ma altresì imputabile al produttore o qualsiasi altro intermediario nella catena distributiva (egli non può svincolarsi
dalla sua responsabilità adducendo che il difetto preesisteva all’acquisto del prodotto–> difetto di conformità). Il difetto di conformità
abbraccia anche le lamentele del consumatore rispetto al venditore circa la mancanza di qualità del prodotto (messaggi pubblicitari
ingannevoli).
Il compratore ha diritto all’azione rispetto il venditore se il difetto di conformità manifesti nel prodotto entro 2 anni dalla consegna; egli ha
2 mesi di tempo per dalla scoperta per denunciare il difetto.
Leggi approfondimento a pag.290\291.

VENDITA OBBLIGATORIA
Si parla di vendita obbligatoria con riferimento a quei casi nei quali il trasferimento di proprietà della cosa venduta non è effetto
immediato del contratto, e sul venditore incombe per tanto l’obbligazione di far acquistare al compratore la proprietà del bene
venduto; l’effetto traslativo del contratto resta un effetto reale ma con la differenza che si produce in un momento successivo.
Parliamo delle seguenti fattispecie:
➡ VENDITA DI COSE DETERMINATE SOLO NEL GENERE La proprietà passa solo al momento dell’individuazione.
➡ VENDITA DI COSE FURURE Le cose future sono cose che non esistono ancora al momento della conclusione del contratto, ma si
spera vengano ad esistenza; di conseguenza il contratto non potrà trasferire subito la proprietà, ma questa passerà nelle mani del
compratore solo nel momento in cui la cosa viene ad esistenza.
- Se si tratta dei prodotti del suolo, questa avverrà solo con la loro separazione dal terreno (ad es. frutti naturali);
- Se si tratta di contratto aleatorio, il compratore dovrà pagare il prezzo e non potrà chiederne la restituzione nel caso la cosa non venisse
ad esistenza (ad es. contratti di assicurazione);
- Se si tratta di un contratto commutativo, che è inef cace, dunque la cosa non viene ad esistenza (il venditore comunque dovrà
impegnarsi al massimo af nché la cosa venga ad esistenza).
➡ VENDITA DI COSE ALTRUI Per vendere un bene non è necessario esserne proprietario, ma è valida anche la vendita di cose
momentaneamente non di sua proprietà; la vendita di cose altrui è fonte di obbligazione del proprietario di procurarsi la
proprietà di ciò che non ha per venderla–> il comprare ne acquisterà la proprietà nel momento stesso in cui il
venditore ne sarà altresì divenuto proprietario. Non è necessario un nuovo atto di trasferimento dal venditore al compratore, il
passaggio di proprietà dal primo al secondo sarà l’effetto; se il venditore non riesca a procurarsi la proprietà della cosa oggetto di
contratto sarà soggetto alle stesse regole dell’inadempimento contrattuale. Af nché la vendita sia valida il compratore deve essere
messo a conoscenza dell’altruità della cosa e del termine di procura di questa (altrimenti potrà rivolgersi al giudice af nché questo
venga stabilito).
➡ VENDITA A RATE CON PROPRIETÀ DI RISERVA, la quale si basa su 3 principi:
1) Il venditore è obbligato a consegnare immediatamente la cosa al compratore, che ne acquista subito la facoltà di
godimento; qui vi compare una deroga al principi generali sull’eccezione di inadempimento: il venditore può ri utarsi di
consegnare nché non sia avvenuto il pagamento.
2) Il compratore diviene proprietario solo nel momento del pagamento dell’ultima rata del prezzo.
3) I rischi relativi alla cosa venduta passano dal venditore al compratore nel momento della consegna; se la cosa perisce
prima del pagamento integrale del prezzo, quindi quando la cosa in linea teorica è ancora del venditore, il compratore dovrà
continuare a pagare il prezzo. Tale tipologia di vendita permette al compratore di conseguire immediatamente il godimento
della cosa, anche se non dispone di tutto il denaro necessario per pagare il prezzo immediatamente (si tratta di una
forma di vendita atta a conseguire un suo risparmio futuro). Se il compratore non paga, alle scadenze pattuite, le rate del
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prezzo, il venditore può ottenere la risoluzione del contratto (non potrà ottenerla nel caso in cui vi si presentasse il mancato
pagamento di una rata non superiore ad 1\8 del prezzo complessivo). Risolto il contratto il venditore esigerà la restituzione della cosa,
ma dovrà, a sua volta, restituire le rate già riscosse, salvo il diritto a trattenere una quota a titolo di compenso per l’uso che il
compratore ha effettuato sulla cosa.
Leggi l’approfondimento circa l’acquisto con riserva di proprietà a pag.295.

LOCAZIONE
La locazione (ex art.1571) è il contratto mediante il quale una parte (locatore), si obbliga a far godere all’altra parte
(locatario o conduttore), una cosa mobile o immobile per un certo periodo di tempo, verso un determinato corrispettivo.
Si tratta di un contratto consensuale, ovvero si perfeziona con il consenso delle parti, ed è inoltre un contratto a soli effetti obbligatori:
il locatario non consegue alcun diritto reale sulla cosa, ma solo un diritto di credito nei confronti del locatore, avente ad oggetto il
godimento della cosa altrui; è in ne un contratto a titolo oneroso: essenziale, perché si abbia locazione, è la pattuizione di un
corrispettivo–> frutto civile.
La facoltà di godere delle cose rientra nel contenuto del diritto di proprietà; con il contratto di locazione, il locatario concede ad altri il
godimento della propria cosa, ma solo ad un dato periodo di tempo e per un uso ben determinato.
La locazione è uno dei contratti più antichi ma allo stesso tempo più utilizzati oggigiorno permettendo appunto al locatario di lucrare su
una cosa di cui al momento non sta usufruendo in prima persona.
La locazione può avere ad oggetto un qualsiasi bene, sia mobile sia immobile; può trattarsi inoltre anche di una cosa produttiva di
per sé idonea a procurare frutti; in tal caso la locazione prende il nome di AFFITTO*, soggetto a regole distinte dalla mera
locazione.
Per la conclusione del contratto non è richiesta ai sensi del codice civile la forma scritta, neppure se si tratta di locazione immobiliare; è
solo richiesta la forma scritta, a pena di nullità, per le locazioni immobiliari ultranovennali, le quali sono altresì soggette a
trascrizione.
! NB. Con la legge 9\1998 è richiesta la forma scritta, a pena di nullità, per la conclusione di contratti di locazione aventi ad oggetto
immobili aditi ad un uso abitativo; inoltre la legge 30\2004 prevede la nullità dei contratti di locazione non registrati.
La normativa sulla cedolare secca, quale misura contro gli af tti in nero, prevede la registrazione uninominale dei contratti di locazione
verbali, con la conseguente applicazione della disciplina legale a riguardo.
Con la locazione il LOCATORE si obbliga:
1. A consegnare la cosa al locatario.
2. A mantenerla in condizioni tali da servire all’uso convenuto nel contratto; spetta al locatore eseguire le prestazioni
necessarie a tal ne, mentre è a carico del locatario la piccola manutenzione.
3. Garantire il paci co godimento della cosa da parte del locatario; tale grazia opera nel caso in cui terzi arrechino molestie
che diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, pretendendo di avere diritti su questa. Il locatore dovrà al ne di adempiere a
tale garanzia agire in giudizio con un azione negatoria, o se è il terzo ad agire in giudizio, il locatore dovrà assumere la lite.
Il diritto di godimento del locatario è opponibile al TERZO ACQUIRENTE, purché la locazione abbia data certa anteriore al trasferimento. Il
nuovo proprietario della cosa, è vincolato dal contratto di locazione concluso dal suo dante causa: egli subentra nei diritti e nelle
obbligazioni derivanti dal contratto.
Il LOCATARIO è a sua volta obbligato:
1. A prendere in consegna la cosa e servirsene con la diligenza del buon padre di famiglia per l’uso stabilito nel contratto; se la
cosa data in locazione perisce o subisce deterioramento la responsabilità è del locatario (salvo che questi dimostri che sia
stato dovuto a causa a lui non imputabile); inoltre se apporta miglioramenti alla cosa non avrà diritto di indennizzo da parte del
locatore (se esegue addizioni alla cosa, al termine del contratto potrà toglierle alla ne della locazione, salvo che il locatore non voglia
tenerle in cambio pagandone il valore).
2. A dare il corrispettivo nei termini stabiliti; i corrispettivi pattuiti devono essere consegnati al locatore periodicamente (tot al
mese, tot all’anno) o in toto al termine del contratto. Se la restituzione non avviene in ritardo rispetto al termine stabilito il locatario
dovrà pagare un canone maggiore al locatore.
3. A restituire la cosa al termine della locazione nel medesimo stato in cui l’abbia ricevuta, salvo il deterioramento
derivante dall’uso.
Essenziale della locazione è il carattere temporaneo del godimento; essa non può essere stipulata per una data superiore ai 30 anni
e se stipulata per un periodo maggiore viene ridotta alla durata trentennale. Può essere ad un tempo determinato o indeterminato:

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Nichele Arianna

nel primo caso, cessa con lo spirare del termine, nel secondo caso, cessa per effetto della disdetta–> ossia la dichiarazione di recesso
di una delle parti comunicata all’altra con preavviso. La locazione a tempo determinato è suscettibile di rinnovazione tacita.
Il locatario può a sua volta sublocare, ossia dare in locazione ad altri l’immobile locato, anche senza il consenso del locatore, salvo che la
sublocazione non fosse stata vietata a monte dal contratto.

*AFFITTO (ex art.1615) La locazione prende il nome di af tto quando questa ha come oggetto una cosa produttiva, come ad
esempio un fondo rustico, un’azienda; se si tratta di uno strumento produttivo da inserire in azienda o di un locale atto all’esercizio di una
attività commerciale si parla comunque di locazione e non di af tto.
L’af ttuario ha, rispetto al comune locatario, l’ulteriore obbligazione di gestire la cosa produttiva datagli in godimento, secondo
la sua destinazione economica, che di conseguenza implica il diritto di godimento dell’af ttuario di fare propri i frutti della
cosa (che siano essi naturali o utili).
Il locatore ha diritto di controllo, anche con accesso al luogo, sull’osservanza da parte dell’af ttuario degli obblighi che gli incombono;
e può chiedere la risoluzione del contratto se l’af ttuario non destina al servizio della cosa i mezzi necessari per la sua gestione, se non
osserva le regole della buona tecnica o se muta la destinazione economica della cosa.
L’af ttuario non può subaf ttare senza il permesso del locatore.

LEASING (LOCAZIONE FINANZIARIA) A metà strada fra la vendita con riserva di proprietà e la locazione vi è il contratto atipico del
leasing; si tratta della locazione di beni, mobili o immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore su indicazione del
conduttore, che dalla consegna ne assume i rischi e talvolta ha la facoltà di divenire proprietario al termine della locazione, dietro
versamento di prezzo stabilito.
IMPRESA DI LEASING Essa s’interpone fra due serie di imprenditori: quelli produttivi (distributori) di strumentazioni industriali e quelli
utilizzatori di tali tecnologie. Leggi spiegazione completa a pag.300.

LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI


L’ammontare del canone è rimesso all’accordo delle parti, coerentemente all’autonomia contrattuale; esso disporrà di fatto della
legge di mercato domanda\offerta, la quale in cerà il prezzo del canone in modo più o meno sensibile. Sugli opposti
interessi delle parti in uisce anche la durata della locazione; il canone pattuito resta tale per tutta la durata del contratto, ma le oscillazioni
del mercato mutando nel corso della sua evoluzione, in uenzando di conseguenza il canone, il quale potrà essere soggetto a delle
variazioni (spesso innalzamenti), come non.
La legge 392\1978 detta una disciplina speci ca in materia di locazione di immobili urbani:
A) LE CASE PER ABITAZIONE Al canone di mercato era andato statuendosi un canone equo, determinato secondo criteri di legge (non
superiore al 3,84% del valore dell’immobile), il quale poi è divenuto una cifra liberalmente determinabile dalle parti, stabilendo una
durata minima del contratto non inferiore a 4 anni, con un rinnovo per altri 4 anni, salvo che il locatore non abbia personalità
necessità dell’immobile, voglia ristrutturato o venderlo.
B) IMMOBILI URBANI AD USO DIVERSO DALL’ABITAZIONE È il caso degli immobili urbani adibiti ad attività commerciali, artigianali,
culturali, ecc; per questi vale ancora una parziale sospensione della legge di mercato, ma di regola la durata del contratto non può
essere inferiore a 6 anni (rinnovandosi ex novo ogni 6 anni per disdetta). Il canone resta invariato per i primi 3 anni, poi dopo, ogni 2
anni può essere aumentato (non più del 75% del valore della vita).

MANDATO
Ciascuno può scegliere se concludere i propri affari in prima persona o se af darli ad altri, facendosi sostituire nella conclusione di
contratti, riscossione dei pagamenti, ecc; occorre naturalmente che l’altro accetti l’incarico.
Si de nisce mandato (ex art,1703), quel contratto con il quale una parte, il mandatario, si obbliga nei confronti dell’altra,
il mandante, a compiere uno o più atti giuridici per conto di quest’ultima.
Il suo oggetto è una prestazione di fare, il compimento di un servizio, inteso nell’accezione maggiore del termine.
Sussiste un’analogia con il contratto d’opera, ma a differenza di quest’ultimo, per il compimento di atti giuridici per conto altrui; il
mandato può essere con o senza rappresentanza: nel primo caso il mandatario è investito della procura, che lo abilita ad agire (oltre
che per conto, anche in nome del mandante–> gli effetti giuridici ricadranno su di lui).
Il mandato può essere anche un mandato speciale, ossia atto compimento di uno o più atti giuridici determinati e speci ci, oppure un
mandato generale, il quale può investire, globalmente, la cura di tutta una specie di determinati interessi (o interessi di zona), di
amministrazione ordinaria (quelli di amministrazione straordinaria devono essere esplicitamente speci cati nel contratto).
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Nichele Arianna

Il mandato è, di regola, un contratto a titolo oneroso: al mandatario spetta un compenso da parte del mandante; ma ciò non esclude che
le parti possano pattuire un mandato a titolo gratuito.
In ogni caso il mandatario deve eseguire l’incarico con diligenza ed il mandante deve a sua volta, somministrargli tutti i mezzi
necessari per l’esecuzione del contratto.
Il mandato si basa sulla ducia del mandante nella persona del mandatario; ne deriva:
‣ Che il mandatario non può farsi sostituire da altri nell’esecuzione del contratto, salvo autorizzazioni o che la sostituzione sia
nalizzata all’esecuzione del mandato, altrimenti risponde la persona dell’operato del sostituito.
‣ Che il mandato si estingue per morte del mandante o del mandatario.
‣ Che il mandante può, in ogni momento, revocare il mandato, ossia recedere dal contratto (risarcendo i danni se questo era
a titolo oneroso). Occorre però una giusta causa di revoca se si tratta di un mandato quali cato dalle parti come irrevocabile o di
mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi (si tratta di un ulteriore rapporto in cui il mandatario o il terzo è
creditore del mandante). Il mandatario può a sua volta rinunciare al mandato, rispondendo dei danni derivanti dalla rinunzia, salvo non
vi suscita una giusta causa.
! NB. Il mandato può essere conferito da più persone ad un unico mandatario per un affare di interesse comune; in tal caso la
revoca del contratto deve provenire da tutti i mandanti, salvo ricorra una giusta causa.
Distinzione fra mandato disgiuntivo (ciascun mandatario può concludere da solo il contratto) e mandato congiuntivo (i mandati
devono agire insieme).

CONTRATTI DI PRESTITO,
Il prestito giudicante assume 2 forme distinte:
➡ COMODATO Ha per oggetto cose immobili o mobili infungibili.
Il comodato è un contratto reale: il comodante consegna al comodatario, una determina cosa af nché se ne serve per un uso
determinato, con l’obbligazione di restituire la cosa ricevuta; la consegna è dunque requisito essenziale per la conclusione del
contratto; si tratta di un contratto a titolo gratuito, la sua casa in genere è appunto lo spirito di liberalità, anche se può trattarsi di un
prestito gratuito giusti cato dai rapporti di affari intercorrenti fra le parti (la gratuità distingue il comodato dalla locazione).
Il comodatario può servirsi della cosa solo per l’uso convenuto e deve trattarla con la diligenza media; non può darla in
subcomodato senza il consenso del comodante.
Se la cosa perisce per caso fortuito il comodatario sarà responsabile solo se ha preferito salvare la sua cosa anziché quella data in
comodato.
La cosa dovrà essere consegnata alla scadenza del termine prestabilito o se questo non sia stato stabilito, quando l’uso da parte del
comodatario sarà terminato; si parla di precario, quando è stato pattuito che il comodatario dovrà restituire la cosa non appena questa vi
fosse richiesta dal comodante.

➡ MUTUO Ha per oggetto somme di denaro o determinate quantità di cose fungibili.


Il mutuo è il prestito di determinate quantità di denaro o altresì cose fungibili. La conseguenza è che le cose consegna
dal mutuante al mutuario passano di proprietà a questi, il quale è obbligato a restituire al mutante altrettante cose
della stessa specie e quantità, di danno o di merci. Si parla di mutuo ipotecario nel caso di un prestito atto a comperare una casa
per l’abitazione–> la banca mutuante come garanzia, trascrive un’ipoteca sull’immobile acquistato.
Il mutuo può essere sia un contratto reale, come un contratto consensuale: reale nel senso che il contratto si perfeziona con la
consegna delle cose dal mutuante al mutuario, ammettendo però la promessa di mutuo, che nel linguaggio ordinario non signi ca altro
che contratto di nanziamento, la cui funzione si traduce nel proteggere l’interesse del mutante nella restrizione della somma, ma anche
l’interesse del mutuario nel riceverla. Chi ha promesso di dire a mutuo può ri utare l’adempimento se le condizioni economiche
del mutuario, in quel frangente di tempo, siano sensibilmente peggiorate da rendere notevolmente dif cile la
restituzione delle somme.
Il mutuo è di regola un contratto a titolo oneroso: è presente infatti la corresponsione degli interessi, dovuti secondo il tasso legale, il
quale deve essere pattuito per iscritto; nel caso ci trovassimo dinnanzi interessi usuari, ergo gon ati, la relativa clausola sarà nulla e non
saranno dovuti gli interessi di sorta.
Il mutuario ha perciò duplice obbligazione:
- restituire la somma ricevuta a mutuo (capitale) anche a rate, nei termini temporali previsti (altrimenti si ricorre al
giudice); il mancato pagamento di una sola rata fa decadere il contratto e il mutuante sarà legittimato a chiedere l’intero.
- corrispondere i relativi interessi (che se non corrisposti legittimano la risoluzione del contratto.
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Nichele Arianna

APPALTO
In alcuni settori dell’attività produttiva l’imprenditore anziché produrre in serie, opera su diretta commissione del cliente; è il caso
degli appaltatori di opere o di servizi.
Si de nisce appalto (ex art.1655), quel contratto mediante il quale l’appaltatore si obbliga verso il committente, dietro
corrispettivo in denaro, a compiere un’opera o un servizio, con propria organizzazione dei mezzi necessari e con
gestione a proprio rischio.
L’appaltatore utilizza sia la propria organizzazione, sia i propri materiali; egli assume il rischio di:
‣ il rischio, di non coprire, con il corrispettivo pattuito, i costi di produzione dell’opera o di esecuzione del servizio (!
Attenzione: se i costi sono aumentati oltre il 10% si può chiedere una revisione del contratto).
‣ Il rischio, in secondo luogo, di non ricevere dal committente alcun corrispettivo se questi non riesca a realizzare l’opera, o se
non l’ha realizzata secondo il progetto convenuto, o se l’opera perisce prima della consegna per causa non importabile al committente.
L’obbligazione assunta dall’appaltatore non è un’obbligazione di mezzi, ma altresì di risultato–> l’appaltatore è inadempiente se non
realizza l’opera o non esegue il servizio, ossia non procura al committente il risultato pattuito. Egli è comunque
inadempiente anche quando l’opera realizzata è difforme dal progetto convenuti o presenti vizi intrinseci; in tal caso il
committente avrà 70gg (1 anno nel caso di immobili), per denunciare difformità e vizi e invocare la garanzia dell’appaltatore-> la
garanzia (che può assumere diverse forme), non è esigibile nel caso il cui il committente abbia accettato difformità e vizi da lui conosciuti o
riconoscibili.
! NB. Se l’appalto ha per oggetto edi ci o immobili di lunga durata, l’appaltatore ne sarà responsabile per rovina, pericolo di
rovina o altri gravi difetti per 10 anni; l’azione di danni spetta sia al committente sia ai suoi aventi causa; ratio: questo af nché gli
immobili siano costruiti a monte, con solidità e stabilità.
Viene inoltre protetta l’aspettava di pro tto dell’appaltatore: il committente può recedere dal contratto, ma deve rimborsare
l’appaltatore delle spese sostenute e del mancato guadagno, ossia l’occasione di pro tto perduta.
Il corrispettivo può essere determinato a corpo (=per l’opera nel suo insieme) o a misura (=per determinate porzioni) e gli è dovuto dal
committente solo una volta che questi abbia veri cato e accettato l’opera; ma se l’opera è da eseguire per partite, l’appaltare può
domandare il collaudo e il pagamento delle singole partite.
L’appalto può avere ad oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi (ad es. appalto-somministrazione).

CONTRATTO D’OPERA
Il contratto d’opera ha la medesima struttura del contratto di appalto, differendo per il fatto che l’appaltatore esegue l’opera o il
servizio con il lavoro prevalentemente proprio (ex art.2222); si parla di un lavoro autonomo (senza vincolo di
subordinazione nei confronti del committente, altrimenti si tratterà di un contratto di lavoro subordinato)–> il criterio per stabilire
l’autonomia del lavoro risiede nella esenzione del prestatore d’opera e nella soggezione, invece, del prestatore di lavoro subordinato
(leggi tra letto a pag.310) all’altrui potere direttivo.
Non è agevole la distinzione del contratto d’opera dal contratto di vendita–> il tal caso il criterio di differenziazione sta nello stabilire se le
parti abbiano prevalentemente in considerazione l’opera oppure la materia.
Il contratto d’opera presuppone un corrispettivo, il quale si determina (quando questo non sia stato pattuito ordinariamente dalle parti),
in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo. Il codice civile addossa così al predatore
d’opera e non al committente, il rischio del lavoro (! Attenzione: se la prestazione diviene oggettivamente impossibile, il prestatore dispera
avrà diritto ad un compenso per il lavoro prestato in relazione all’utilità della parte di opera compiuta, ovvero nei limiti in cui l’opera è
utile per il committente).
Il contratto d’opera può essere un contratto d’opera manuale (professioni artigianali) o d’opera intellettuale (professioni liberali).
Il codice civile regola in un medesimo titolo le due gure, anche se nel merito si tratta di due regolamentazioni distinte: il rischio del
lavoro grava nel primo caso sul 1)prestatore d’opera, nel secondo, sul 2)cliente.
- 1) L’obbligazione del prestatore d’opera manuale è un’obbligazione di risultato (oggetto del contratto), con il risultato che
egli si rivelerà inadempiente nell’ipotesi in cui non riesca a conseguire il risultato pattuito
- 2) L’obbligazione del prestatore d’opera intellettuale è un’obbligazione di mezzi (oggetto=comportamento diligente ed
espero atto a conseguire il risultato, il ne); egli sarà inadempiente se non svolge la sua prestazione con la perizia e diligenza richiesta;
sussiste un esonero di responsabilità per colpa lieve–> sarà dunque responsabile (quindi inadempiente) solo per dolo o colpa
grave. ! NB. La giurisprudenza riesce applica in modo più restrittivo tale norma a medici e chirurghi–> la mancanza di risultati viene
assunta come prova presentiva della negligenza o imperita prestazione sanitaria.
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Nichele Arianna

CONTRATTI DI TRASPORTO
Nel contratto di trasporto, il servizio sta nel trasferire persone o cose da un luogo all’altro; il committente è il viaggiatore (trasporto di
persone) o mittente (trasporto di cose), e chi si obbliga, verso corrispettivo, al trasporto è il vettore.
L’obbligazione del vettore è un’obbligazione di risultato, consistente nel trasportare le cose (intatte) o le persone (incolume) no alla
destinazione conventa. Egli sarà per tanto inadempiente e responsabile del danno:
➡ Per la mancata esecuzione, del trasporto (o per il ritardo nel trasporto), salvo che non provi che la mancata esecuzione o il
ritardo non siano dovuti a causa a lui non imputabile
➡ Per il sinistro che le persone abbiano subito nel trasporto o per la perdita\ avaria (deterioramento) delle cose oggetto
di trasporto;
La prova liberatoria di questa responsabilità si articola in modo distinto in relazione la fatto che sia stia parlando cose o persone:
‣ COSE (art.1639) Il vettore è responsabile circa la perdita o l’avaria delle cose consegnatogli per il trasporto dal momento in cui le
riceve al momento in cui le consegna al destinatario, a ameno che non provi che la perdita o l’avaria sia derivata da caso fortuito
oppure da vizi della cosa trasportata o in genere, da fatto del mittente (ergo causa antecedente alla consegna al vettore); il vettore per
liberarsi deve fornire prova positiva che ne identi chi la speci ca causa (a lui non imputabile) della perdita o del danno–> a suo
rischio le cause ignote, le quali possono essere mitigante con la rispettiva clausola di previsione del danno.
‣ PERSONE (art.1693) In tal caso a valere è una norma più rigorosa: il vettore sarà esonerato dalla responsabilità rispetto al sinistro se
questi provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (sia precedenti, sia successive l’attività di trasporto), che facciano
apparire l’evento dannoso come non evitabile da parte del vettore. La conseguenza è che il vettore può essere chiamato a
rispondere anche dinnanzi eventi fortuiti–> in tal caso per esserne esonerato dovrà provare la mancanza del rapporto causa
effetto fra attività di trasporto e danno subito dal passeggero; sono inoltre ammesse nel contratto, alcune clausole limitanti
la responsabilità in toto del vettore: in questo caso il rischio del sinistro verrà ripartito a tutti gli utenti, ex art.1681
(=tariffa più alta per gli utenti).
! NB. Attenzione all’applicazione della responsabilità extracontrattuale (da fatto illecito). Leggi tra letto a pag.314.
La disposizione dell’art.1681 si applica anche al trasporto gratuito (è un contratto a tutti gli effetti), il quale differisce dal trasporto di
cortesia o amichevole, il quale non prevede obbligazioni, ma sarà soggetto alla responsabilità aquilana.

DEPOSITO
Nel contratto di deposito il servizio consiste nella custodia di una cosa mobile; il depositario si obbliga nei confronti del
depositante nella custodia della cosa mobile, con il corrispettivo obbligo del depositario di restituirla in natura, a
richiesta del depositante.
Il deposito è un contratto reale, che si perfeziona con la consegna della cosa; si presume un contratto a titolo gratuito, salvo che il
depositario non eserciti professionalmente l’attività dedotta in contratto (ad es. custodi dei parcheggi); ma anche quando il deposito è
oneroso, non c’è rapporto di corrispettività fra obbligazione al deposito e obbligazione al compenso.
Il deposito ha, di regola, ad oggetto cose infungibili delle quali il depositario non può servirsi; tuttavia è ammesso anche il deposito
irregolare, avente ad oggetto denaro o altre cose fungibili, delle quali il depositario diventa proprietario e può servirsene (molto usato
nel mondo delle banche)->tale deposito assolve una duplice funzione: sia di custodia, quanto di credito, onde a questo contratto si
applicano, in quanto compatibili, le norme sul mutuo.
Il depositario deve custodire la cosa con diligenza; ex art.1780 il depositario è liberato dall’obbligazione di restituire la cosa se
la detenzione gli è tolta in conseguenza a fatto a lui non imputabile; egli è allora inadempiente se non prova che uno speci co
fatto, a lui non imputabile, gli ha fatto perdere la detenzione della cosa. In caso di deposito gratuito, la responsabilità è valutata con
minore rigore.
Diversi principi valgono per il deposito in albergo; l’albergatore risponde della sottrazione, della perdita o deterioramento delle cose
portate dai clienti nell’albergo, e a lui non consegnate, no ad un limite massimo pari a 100 volte il prezzo dell’alloggio giornaliero
in albergo.
La sua responsabilità è dunque illimitata quando:
- la sottrazione, la perdita, il deterioramento riguardino cose consegnate in custodia all’albergatore (non può ri utarsi di custodire
denaro\ oggetti di valore);
- quando la sottrazione, la perdita, il deterioramento siano dovuti a sua colpa o quella dei suoi ausiliari.

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Nichele Arianna

CONTRATTI NELLE LITI,


TRANSAZIONE
La TRANSAZIONE (ex art.1965), è un contratto con il quale le parti, mediante reciproche concessioni, pongono ne ad
una lite, cioè ad una controversia giudiziaria, fra loro insorta o che fra essi può insorgere.
L’essenza di tale contratto risiede proprio nelle reciproche concessioni delle parti: esse rinunziano parzialmente (non
totalmente) alla propria pretesa o contestazione; le concessioni possono consistere anche nella costituzione, modi cazione
o estinzione di rapporti diversi da quelli che formano oggetto della lite.
Le parti, transigendo, dispongono dei propri diritti: non è per tanto possibile transigere su materia sottratta alla disponibilità delle
parti.
La transazione presuppone l’incertezza sull’esito della lite: è di conseguenza annullabile la transazione su lite già decisa con sentenza
passata in giudicato, della quale le parti o una di esse non avevano notizia.
La funzione della transazione è quella di chiudere o prevenire consensualmente una lite; salvo patto contrario essa non
comporta novazione: non determina cioè, l’estinzione del precedente rapporto mediante la costituzione di uno nuovo-> se la parte non
adempie ai nuovi obblighi nascenti dalla transazione, l’altra parte potrà chiederne la risoluzione con l’effetto di poter riaprire la lite
originaria.
Il contratto di transazione deve essere provato per iscritto.

Nel caso di alienazione di un bene, può essere previsto che l’acquirente anziché pagare un prezzo, ne corrisponda una rendita,
obbligandosi di corrispondergli periodicamente una somma di denaro.
La rendita può essere perpetua o vitalizia:
‣ PERPETUA la rendita è dovuta senza limiti di tempo (passando in mano agli eredi dell’avente causa)-> si tratta di un contratto
commutativo. La rendita perpetua può essere costituita solo mediante vendita di immobile (rendita fondiaria) o mediante la
cessione di un capitale (rendita semplice). Tale rendita è redimibile in qualsiasi momento a volontà del debitore (si libera pagando la
capitalizzazione della rendita annua).
‣ VITALIZIA siamo dinanzi un contratto aleatorio; la rendita vitalizia può essere costituita anche mediante l’alienazione di un bene
mobile.

ANTICRESI
L’anticresi è un contratto che presuppone, fra le parti, un preesiste rapporto obbligatorio avente per oggetto il pagamento
di una somma di denaro.
Con questo contratto il debitore si obbliga a consegnare un immobile al creditore, af nché questi lo goda e ne percepisca i frutti
imputandoli a pagamento del proprio credito, prima per gli interessi e poi per il capitale.
Tale contratto non attribuisce al creditore alcun privilegio sull’immobile ma possiede solo funzione satisfattiva; non può durare oltre
10 anni e deve vantare la forma scritta a pena di nullità.
Leggi meglio il tra letto a pag.318.

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Nichele Arianna

Cap.19 IL FATTO ILLECITO (da pag.319 a pag.345)


LA RESPONSABILITÀ DA FATTO ILLECITO
Ex art.2043 si de nisce FATTO ILLECITO, qualunque fatto doloso o colposo che cagioni altro un danno, obbliga colui che
ha compiuto il fatto a risarcire il danno.
Ricordiamo che il fatto illecito rientra in quelle che possono essere le fonti delle obbligazioni; l’obbligazione che ne deriva è appunto
quella di risarcire il danno che l’illecito civile abbia cagionato all’altro soggetto–> è un’obbligazione di dare; dare appunto una
somma di denaro equipollente all’entità del danno procurato (=equivalente monetario).
Al ne di non confondere la responsabilità per danni al contenute per inadempimento, dai danni cagionati per fatto illecito, si suole
parlare di responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale (o aquilana, o torto, o civile, per distinguerla da quella
penale, con gurabile come reato).
Se scomposto nei suoi elementi costituitivi il fatto illecito presenta:
➡ Elementi oggettivi, quali il fatto, il danno ingiusto, il rapporto di casualità fra fatto e danno;
➡ Elementi soggettivi, quali il dolo e la colpa;
ANALISI NEL DETTAGLIO DEI VARI ELEMENTI:
‣ FATTO
Il fatto è un comportamento umano, commissivo (fare) od omissivo (non fare); si noti che il fatto omissivo è fatto illecito solo se il
soggetto, la cui omissione ha cagionato il danno, aveva l’obbligo giuridico di evitarlo.
‣ DANNO INGIUSTO
Il danno ingiusto si con gura come la lesione di un interesse altrui, meritevole di protezione secondo l’ordinamento giuridico.
Il principio di risarcibilità di ogni danno quali cabile come “ingiusto” è una CLAUSOLA GENERALE–> la valutazione è di fatto rimessa
alla giurisprudenza; è il giudice a decidere caso per caso se l’interesse leso è degno di protezione e di conseguenza ricade nell’alveo del
danno ingiusto. Il nostro sistema è retto dal principio dell’atipicità dell’illecito (≠ tipicità dell’illecito tedesca).
Integra con gli appunti della lezione 02\12\20.
Si con gurano come danni ingiusti:
✓ LESIONE DI DIRITTI DELLA PERSONALITÀ Nell’alveo dei diritti della personalità ricadono: diritto all’integrità sica, alla salute,
all’onore, ecc (vedi integrazione cap.3).
✓ LESIONE DI DIRITTI REALI Violazione del diritto di proprietà o di diritti reali minori (vedi cap.3 e 7).
✓ LESIONE AL DIRITTO DI MANTENIMENTO che eventualmente il coniuge o i gli avevano nei confronti del soggetto leso.
✓ LESIONE DIRITTO RELATIVO (DI CREDITO) Se in passato l’ingiustizia era riconosciuta solo alla lesione di diritti assoluti (opponibili
erga omnes), si è arrivati a riconoscerla anche per i diritti relativi (opponibili ad un soggetto determinato o determinabile)–> vedi
caso Superga e Meroni.
Nei casi sopracitati il fatto del terzo cagiona l’estinzione del rapporto obbligatorio; ma la giurisprudenza ha riconosciuto successivamente
la risarcibilità della lesione del credito anche in ipotesi in cui il fatto del terzo non estingua il rapporto obbligatorio:
- quando il terzo abbia reso solo temporaneamente impossibile la prestazione del debitore; ad esempio il ferimento, in un
sinistro stradale, di una persona che lavora alle dipendenze altrui, lede il diritto del datore di lavoro delle prestazfonidel dipendente (il
quale lo dovrà pure retribuire per malattia).
- quando il terzo sia concorso nell’inadempimento del debitore o istigando a non adempiere
Accanto alla serie di ipotesi riportate, fuori dalla lesione del credito, si collocano un’altra serie di ipotesi di danno giudicato risarcibile:
✓ LESIONE DELLA LIBERTÀ CONTRATTUALE a causa di falsa informazione o inganno.
✓ LESIONE DI UNA SITUAZIONE DI FATTO che appaia meritevole di protezione (ad es. uccisione di concubino a pag.323); sono
protette dalla tutela aquilana anche l’azione di chi subisca danni di spoglio o turbative nel possesso.
✓ LESIONE DI INTERESSE LEGITTIMO da parte della PA (giudice amministravo disapplica l’atto lesivo espugnandolo
dall’ordinamento giuridico).

Il danno ingiusto dunque non deve trattarsi di un danno cagionato dall’esercizio di un altro diritto; si suole distinguere in:
- DANNO CONTRA IUS (estremo positivo)
- DANNO NON IURE (estremo negativo)
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Nichele Arianna

In due casi la legge ESCLUDE in modo esplicito che sia il danno ingiusto:
1) LEGITTIMA DIFESA Chi cagiona danno per legittima difesa di sé o di altri non è responsabile del danno cagionato ex
art.2044; la difesa può essere della persona o dei beni, e può consistere anche in misure di prevenzione.
2) STATO DI NECESSITÀ A differenza del caso 1, qui si cagiona danno ad un innocente e lo si fa alla necessità di salvare sé o altri
dal pericolo attuale di un grave danno alla persona, ex art.2045; occorre però che il pericolo non sia stato
volontariamente cagionato, ne che fosse altrimenti evitabile (non lo si può invocare per salvare beni o giusti care misure di
prevenzione).
‣ RAPPORTO DI CASUALITÀ (= NESSO CAUSALE)
Il rapporto di casualità intercorrente fra fatto e danno è un rapporto di causa-effetto e NON deve essere inteso in senso naturalistico,
quindi considerando che ogni evento, in genere, dipende dall’intervento di molte cause–>per il diritto non basta che il fatto sia stato una
delle innumerevoli cause che sono concorse a determinare l’evento dannoso, ma che l’evento appaia, come conseguenza
prevedibile e quindi evitabile del fatto commesso (regolarità statistica).
‣ DOLO \ COLPA
Distinguiamo i due concetti:
➡ D DOLO Intenzione di provocare l’evento dannoso; è perciò “fatto doloso” il comportamento assunto con l’intenzione di
provocare, come conseguenza, il danno.
➡ C COLPA Mancanza di diligenza, di prudenza, di perizia: l’evento dannoso non è voluto (come nel fatto doloso), ma è provocato
per negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di norme di legge o di regolamento; è perciò “fatto colposo” il
comportamento negligente, o imprudente o imperito della persona.
L’onere di provare il dolo o la colpa del danneggiante incombe sul danneggiato (e questa è una grande differenza fra responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale).
Si distingue inoltre fra:
➡ D1 DOLO EVENTUALE È dolo, sia pure eventuale, quello di chi, pur agendo per realizzare l’evento dannoso, si rappresenta il suo
possibile veri carsi quale conseguenza della propria azione od omissione.
➡ C1 COLPA COSCIENTE È colpa cosciente, ma pur sempre colpa, l’atteggiamento di chi si comporta imprudentemente o
negligentemente con la previsione del potenziale evento dannoso, che con da di poter evitare.
Nel dolo eventuale c’è l’accettazione del veri carsi dell’evento, nella colpa cosciente invece c’è l’accettazione del rischio del
veri carsi di esso.

LA RESPONSABILITÀ INDIRETTA
Si de niscono ipotesi della responsabilità indiretta, tutte quelle eccezioni apportate ex art.2043.
Fra le diverse IPOTESI riveniamo:
➡ a) RESPONSABILITÀ DEI PADRONI E DEI COMMITTENTI
Se è danno cagionato da un dipendente, nell’esercizio di mansioni a lui af date, del danno risponde oltre al dipendente che ha
commesso il fatto anche il suo datore di lavoro (ex art.2049).
Si tratta di un principio antico; il lavoratore mette a disposizione del padrone le sue energie lavorative, correlativamente il rischio del
lavoro incombe sul datore di lavoro, compreso il rischio che il lavoratore, nello svolgimento della sua prestazione, cagioni danni a terzi.
La giurisprudenza riconosce ai padroni il diritto di rivalersi nei confronti dei lavoratori al ne di recuperare l’intera somma versata
(proponente e proposto rispondono in solido, ma il proponente, una volta risarcito il danno, ha azione di regresso per l’intero nei
confronti del proposto).
➡ b) RESPONSABILITÀ DI CHI È TENUTO ALLA SORVEGLIANZA DI INCAPACI
Se il fatto illecito è compiuto da una persona incapace di intendere e di volere, questa non ne risponde (ex art.2046), ne
risponde invece chi sia tenuto alla sorveglianza di questa (ex art.2047).
➡ c) RESPONSABILITÀ DEI GENITORI, TUTORI, PRECETTORI
I genitori sono responsabili dei fatti illeciti commessi dai loro gli minori, stesso discorso vale per il tutore del minore interdetto e per gli
insegnanti (precettori) rispetto i loro allievi.
Le ipotesi b e c differiscono dalla a: colui che è tenuto alla sorveglianza di incapace, genitori, tutori e prefetti possono liberarsi dalla
responsabilità provando di non aver potuto impedire il fatto; ai padroni invece non è ammessa alcuna prova liberatoria-> si tratta
in questo caso di una vera e propria responsabilità indiretta, ossia per fatto illecito altrui.
➡ d) RESPONSABILITÀ DEL PROPRIETARIO DI VEICOLO
Questi risponde in solido con il conducente, a meno che non provi che la circolazione del veicolo sia avvenuta contro la sua volontà.
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Nichele Arianna

LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
Per il principio generale, il fatto illecito deve presentare l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, tuttavia a questo principio generale si
possono af ancare molte eccezioni: sono le ipotesi di responsabilità oggettiva, nelle quali si risponde di un fatto
produttivo di danno anche se lo si è commesso senza dolo o senza colpa, riducendo così il principio generale ad un
principio residuale.
La responsabilità oggettiva si basa sulla sola esistenza, fra il fatto e l’evento dannoso, di un rapporto di casualità: si
risponde se il danno appare conseguenza prevedibile ed evitabile del fatto commesso; ci si libera da responsabilità con la prova
dell’imprevedibilità o della inevitabilità dell’evento dannoso, ossia con la mancanza del rapporto di casualità.
Tale prova è diversante con gurata nelle diverse ipotesi di responsabilità oggettiva, i cui casi più importanti sono:
‣ ESERCIZIO DI ATTIVITÀ PERICOLOSE (art.2050)
Chi cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al
risarcimento del danno se non prova di avere tutte le misure di sicurezza idonee ad evitare il danno.
Altro discorso vale inoltre per i prodotti messi in commercio* dalle imprese produttive, per i difetti di fabbricazione, possibile
fonte di pericolo (disciplina contenuta nel codice del consumo del 2005).
Chi ha cagionato danno nell’esercizio di una attività pericolosa ne risponde indipendentemente da ogni sua colpa e la prova liberatoria
non verte sulle modalità di fatto che ha cagionato il danno, ma sulle modalità di organizzazione, che debbono apparire idonee a
prendere l’eventualità di eventi dannosi–> l’attività deve essere svolta nella massima sicurezza che la tecnica offre, af nché l’veneto
dannoso possa ricadere nell’alveo di un evento imprevedibile ed inevitabile, svincolandosi cosi dalla responsabilità civile per cause ignote.
‣ ANIMALI O COSE IN CUSTODIA (art.2051-2052)
Ci si libera dal danno solo con la prova del caso fortuito; in alcuni casi anche se la causa resta ignota.
‣ ROVINA DI EDIFICIO (art.2053)
Se un edi cio o un’altra costruzione crolla, provocando danni a persone, il proprietario ne risponde, salvo che la prova che il crollo
non sia dovuta a difetto di manutenzione o vizio di costruzione; anche qui si deve dar prova di aver adottato tutte le misure
idonee atte ad evitare un sinistro, come la sua regolare manutenzione o la costruzione a regola d’arte.
‣ CIRCOLAZIONE DI VEICOLI (art.2054)
A livello statico è l’ipotesi responsabile di più danni.
Il conducente di veicoli senza guida su rotaia è responsabile del danno anche se non è in colpa, ossia nonostante la sue guida esperta e
diligente; in tal caso si libererà da responsabilità solo dando prova del fatto di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno
(umanamente possibile), quindi dando prova diretta ad escludere il rapporto di casualità fra la circolazione del veicolo ed il
danno cagionato.
Il carattere oggettivo della responsabilità è reso ancora più grave essendo che si risponde del danno anche se questo deriva da vizi di
costruzione e difetti di manutenzione del veicolo.
Per il caso di scontro tra veicoli, vale la seguente presunzione: si presume, no a prova contraria, che ciascuno dei conducenti
abbia ugualmente concorso a cagionare il danno subito dai singoli veicoli; a ciascuno dei conducenti dunque spetta l’onere di provare
che la responsabilità è tutta dell’altro o quantomeno la percentuale maggiore alla metà sia dell’altro.
Con la responsabilità oggettiva, concorre quando il conducente non ne sia proprietario, anche quella indiretta, della quale il
proprietario potrà liberarsene provando che il veicolo stava circolando contro la propria volontà (non basta quindi la prova di non
aver dato ad altri il mero permesso di usare il mezzo); conducente e proprietario rispondono in solido fra loro: il danneggiato, può a sua
scelta, esigere l’intero risarcimento dall’altro.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO


Chi è responsabile di danno, sia secondo regole generali, quanto speciali, deve risarcirlo, ossia corrispondere al danneggiato una
somma di denaro, che si calcola secondo il principio generale sulla valutazione dei danni ex art.2056.
In luogo del risarcimento in denaro si può ottenere, se possibile una reintegrazione in forma speci ca (art.2058), come ad esempio un
nuovo bene uguale a quello danneggiato. ! NB.Il danno permanente alle persone, come una de nitiva inabilità al lavoro, totale o parziale,
può essere liquidato in forma di rendita vitalizia.
Il danno risarcibile è, di regola, solo il danno patrimoniale, comprendente il danno emergente e il lucro cessante* (il quale sarà
suscettibile circa la valutazione del giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso).
[* Si de nisce lucro cessante: il danno futuro, basato sulla valutazione presente del suo possibile veri carsi; il danno emergente, per
contro, può essere sia danno presente, sia danno futuro].
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Nichele Arianna

I danni morali (non patrimoniali), consistenti nelle sofferenze siche o psichiche del danneggiato, sono risarcibili, ex
art.2059 solo nei casi espressamente previsti dalle legge e vengono liquidati dal giudice in via equitativo.
Il caso di maggior rilievo è quello cagionato del danno cagionato con un fatto che oltre ad essere illecito civile è altresì
quali cato come reato dal codice penale (art.185.2 cp)–> in tal caso la persona giudicata responsabile sarà condannata sia in sede
civile, sia in sede penale dunque obbligata a risarcire danno emergente, lucro cessante ed i danni non patrimoniali. La Cassazione ha
esteso la risarcibilità del danno non patrimoniale ad ogni caso di danno alla persona, anche se non previsto dalla legge, argomentando
alla base della tutela costituzionale della persona.
Altra speci ca gura è il danno biologico: si considera tale la lesione dell’integrità psico- sica della persona (ex art.32 cost),
indipendentemente dalla capacità della persona di produrre ricchezza.
Se sono più persone responsabili del medesimo danno, essi ne rispondono solidamente, indipendentemente dalla colpa dei
singoli; colui che ha pagato avrà poi diritto all’azione di regresso nei confronti degli altri responsabili; e solo in questo caso si terrà in
considerazione il grado di colpa di ciascuno (ex art.2055).

IL DANNO DA PRODOTTI*
Ogni prodotto industriale deve esser poter utilizzato in condizioni di sicurezza, cioè senza pregiudizio per l’integrità sica ed i
beni dell’utente (richiamo art.41 cost rispetto la sicurezza); la direttiva europea Cee 374\1985 argomenta in materia di “responsabilità
per danno da prodotti difettosi”–> ex art.5, si ravvisa la seguente de nizione di “difettoso”: un prodotto è difettoso quando non
offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere date le circostanze; i principi di tale direttiva sono stati recepito
nel nostro ordinamento con decreto del PdR nel maggio dell’88, ad oggi contenti nel codice del consumo del 2005.
Tutto ciò ovviamente al ne di tutelare e proteggere il consumatore, non solo ai ni della responsabilità extracontrattuale, ma per
promuovere un uso normale e sicuro.
I principi ravvisati all’interno della direttiva europea si pongono in rapporto di continuità con i principi della responsabilità oggettiva del
produttore (presunzione di colpa); ex art.114 codice del consumo, la responsabilità del produttore prescinde dalla prova della sua
colpa; si tratta di una responsabilità collegata al fatto d’aver messo in circolazione un prodotto difettoso; spetta al danneggiato l’onere del
provare il danno e di identi carne il nesso causale (la responsabilità oggettiva, a differenza di quella relativa al rischio d’impresa,
ammette la prova liberatoria, ovvero la prova della non imputabilità causale dell’altrui evento dannoso al fatto proprio).
Leggi tra letto a pag.337
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Nichele Arianna

Cap.20 ALTRI ATTI O FATTI FONTE DI OBBLIGAZIONE (da pag.339 a pag.345)


ALTRI ATTI:
PROMESSE UNILATERALI
Ex art.1173 Sono fonti di obbligazione, accanto al contratto e al fatto illecito, anche tutti quegli atti o fatti capaci di
produrle in conformità con l’ordinamento giuridico.
‣ La prima categoria, quella degli atti che producono obbligazioni, è omogenea alla categoria dei contratti essendo che
l’obbligazione sorge anche qui per effetto di una dichiarazione di volontà; a differenza dei contratti, in questo caso, non
serve che la dichiarazione di volontà sia concorde fra le parti; al ne di costituire un rapporto basta solo la dichiarazione
dell’obbligato.
‣ La seconda categoria, quella dei fatti che producono obbligazioni, presenta invece un’analogia con il fatto illecito, essendo che
l’obbligazione sorge indipendentemente dalla volontà dell’obbligato.
Gli atti che producono obbligazioni cadono nell’alveo degli atti unilaterali fra vivo aventi contenuto patrimoniale, i quali possono essere
atti produttivi di effetti reali, tanto di effetti obbligatori–> in tal caso prendono il nome di PROMESSE UNILATERALI: un soggetto,
detto promittente, è obbligato a d eseguire una data prestazione per il solo fatto di averla unilateralmente promessa,
indipendentemente dall’accettazione del soggetto a favore del quale la prestazione deve essere eseguita.
Le promesse unilaterali sono rette dal principio della tipicità: esse producono effetti solo nei casi ammessi dalla legge (a differenza dei
contratti che possono essere sia tipici, sia atipici).
Nella categoria delle promesse unilaterali rientrano:
✓ PROMESSA DI PAGAMENTO E RICOGNIZIONE DI DEBITO (art.1988)
Esse sono propriamente fonti di obbligazione: la promessa di pagare una somma di denaro o il riconoscimento di un debito, vale di per sé
a costruire un rapporto obbligatorio; il quale si andrà ad estinguere con l’adempimento delle promesse. Ma il dichiarante può sempre
dare la prova contraria e in tal mondo sottrarsi al pagamento promesso o all’adempimento del debito riconosciuto.
La dichiarazione fa presumere l’esistenza del rapporto fondamentale no a prova contraria, invertendo dunque l’onere della prova fra
creditore e debitore, addossandolo al secondo.
✓ PROMESSA AL PUBBLICO (art.1989)
È la dichiarazione di chi, rivolgendosi ad un pubblico, promette una prestazione a chi si trova in una data situazione o compie una data
azione: il promittente è vincolato dalla sua unilaterale dichiarazione non appena questa è resa pubblica. Leggi esempi a pag.340.

ALTRI FATTI:
➡ GESTIONE DI AFFARI
È il caso di chi comporta come mandatario altrui senza aver ricevuto alcun mandato; da questo comportamento del gestore di
affari altrui, che è un mero fatto perché il gestore di fatto non ha ricevuto alcun mandato dall’interessato, discendono due obbligazioni:
‣ Il gestore per il semplice fatto di aver iniziato, pur senza esservi obbligato, la gestione di affare altrui, è tenuto a
continuarla (secondo le regole ex art.2030), no a quando l’interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso (=non può
lasciare l’opera iniziata a metà).
‣ L’interessato dal canto suo, è tenuto ad adempiere alle obbligazioni che il gestore ha assunto in suo nome ed a
rimborsagli le spese affrontate (ex art.2031). È suf ciente af nché sorgano queste obbligazioni dell’interessato, che la gestione
sia stata unilmente iniziata, non occorre che abbia prodotto il risultato sperato; se poi l’interessato rati ca la gestione altrui, si
producono gli stessi effetti di un contratto di mandato, obbligandolo a pagare al gestore un compenso per l’opera realizzata.
➡ PAGAMENTO DELL’INDEBITO
È l’esecuzione di una prestazione non dovuta.
Si distingue in indebito oggettivo e soggettivo:
‣ INDEBITO OGGETTIVO Il pagamento o la prestazione eseguita non ha, oggettivamente, alcuna valida giusti cazione; il
pagamento eseguito si rivela un fatto privo di causa e questo fatto diviene fonte di obbligazione e correlativamente, di un
diritto di credito: l’obbligazione di restituire ciò che si è indebitamente ricevuto e il diritto correlativo di ripetere, ossia riottenere,
ciò che si è indebitamente dato (ex art.2033). Se la prestazione indebitamente eseguita era consistita nella consegna di una cosa
determinata, il debitore dovrà restituirla; se poi il compratore l’aveva nel frattempo alienata, dovrà restituire il corrispettivo ricevuto o
corrispondere il valore della cosa a seconda che fosse in buona o in mala fede.

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Nichele Arianna

Il diritto di ripetere (riottenere) ciò che si è indebitamente pagato VIENE MENO in due ordini di ipotesi:
1) nel caso di prestazione eseguita in esecuzione delle OBBLIGAZIONI MORALI; ossia doversi morali o sociali, e come tali
sentiti dalla collettività (si de niscono “naturali” perché nessuna norma di legge esige di adempierle ≠ obbligazioni civili); sono
pur sempre obbligazioni e non atti di liberalità, in quanto l’adempimento viene posto in essere nella convinzione che esse siano
dovute. Data la loro natura non si può pretendere in giudizio l’adempimento di un’obbligazione naturale; chi le ha spontaneamente
eseguite non può ripetere ciò che ha dato, adducendo la mancanza di un obbligo giuridico ad adempiere–> esse assumono
rilievo solo se adempiute, giusti cando la già eseguita prestazione e dunque impedendo la ripetizione di indebito.
Leggi tra letto a pag.342.
[Ne sono esempi il pagamento dei debiti di giuoco e scommessa]:
Ipotesi tipica di obbligazione naturale sono i debiti di giuoco e scommessa; chi vince al giuoco o alla scommessa (non proibiti), non ha
azione in giudizio per ottenere il pagamento della somma vinta; tuttavia, il perdente che abbia spontaneamente pagato il debito naturale
non può ripetere ciò che ha pagato, salvo che non vi sia stata frode a suo danno.
A questa regola vi sono due eccezioni riguardanti le competizioni sportive e le lotterie autorizzate (vedi meglio pag.343).
2) nel caso di PRESTAZIONI CONTRARIE AL BUON COSTUME; chi in esecuzione del contratto illecito (nullo–> non attribuisce perciò
azione in giudizio per ottenere l’adempimento), abbia eseguito la prestazione, non può ripetere ciò che dato (ex art.2035).

‣ INDEBITO SOGGETTIVO Avviene quando per errore scusabile, si paga un debito altrui credendolo proprio. A differenza
che nell’indebito oggettivo, qui il debito esiste, ma è stato pagato per errore da una persona diversa dal debitore–> anche in questo
caso è ammessa la ripetizione!

➡ ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA Può accadere che fra due soggetti si veri chi, senza giusti cazione, uno spostamento
patrimoniale per cui uno subisca un danno e l’altro correlativamente si arricchisce; oltre che per eventi della natura
(ad es. avulsione), casi di questo genere si possono veri care anche per fatto dell’uomo (ad es. chi, credendosi proprietario della
cosa, la usa in buona fede consumandola).
L’arricchimento senza causa è considerato un fatto per sé produttivo di una speci ca obbligazione: chi, senza giusta causa, si sia arricchito a
danno di un altro è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzarlo della correlativa diminuzione patrimoniale (ex
art.2041), ossia corrispondergli la minor somma fra l’ammontare del danno altrui e quello del proprio arricchimento.
L’azione di arricchimento è generale e sussidiaria: dunque, esperibile in una serie illimitata di ipotesi e proponibile solo quando kl
danneggiato non può esercitare nessun’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito (ex art.2042).
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Nichele Arianna

Cap.21 RESPONSABILITÀ DEL DEBITORE E GARANZIA DEL CREDITORE (da pag.347 a pag.361)
RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE
Il debito è il dovere del debitore di eseguire una data prestazione avente valore economico, che sia essa una prestazione di dare,
fare, non fare; il credito è correlativamente il diritto del creditore di esigere quella data prestazione. Tale correlazione diritto-dovere non è
altro che il rapporto obbligatorio, il quale può avere diversa matrice (fonti delle obbligazioni).
Ex art.2740, si de nisce RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE del debitore, il principio per cui questi risponde
all’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti o futuri; ne consegue, per il creditore, che tutti i beni (presenti
o futuri) del debitore non siano altro che una fonte di garanzia generica di credito.
- È per tanto opportuno discernere il debito ≠ dalla responsabilità patrimoniale: il debito ha appunto per oggetto quella
speci ca prestazione, dedotta in obbligazione; la responsabilità patrimoniale ha invece per oggetto l’intero patrimonio del debitore.
- Correlativamente si deve distinguere fra credito ≠ e garanzia di credito: il credito è il diritto ad una data prestazione, dedotta
in obbligazione; la garanzia di credito invece costituita dall’intero patrimonio del debitore.
Il rapporto fra DEBITO e RESPONSABILITÀ (e dunque: credito e garanzia) si manifesta in varie fasi del rapporto obbligatorio:
a) FASE COSTITUTIVA Se si tratta di obbligazione da contratto, si manifesta nella stessa fase costitutiva del rapporto obbligatorio: è
intuitivo che in tanto si fa volontariamente credito ad una persona, in quanto il debitore disponga di un patrimonio che
rappresenti un’idonea garanzia per il creditore, il quale sa di poter far af damento su di esso.
b) FASE ESTINTIVA Si manifesta poi nella fase estintiva del rapporto obbligatorio: la responsabilità patrimoniale del debitore è
fondamentalmente preordinata all’eventualità che, raggiunto il tempo per l’adempimento, il debitore non esegua la
prestazione dovuta.
In tal caso il creditore potrà procedere alla esecuzione forzata; l’esecuzione forzata può aver forma:
- E.F. GENERICA, se il suo credito ha per oggetto una somma di denaro che egli realizzerà in forma coattiva sul patrimonio
del debitore, facendo ad esempio eseguire il pignoramento o la vendita forza di uno dei suoi beni.
- E.F. SPECIFICA, ossia ottenere per provvedimento giudiziale la prestazione che il debitore non ha eseguito spontaneamente;
l’uf ciale giudiziario procederà nel prelevare le cose che il debitore si è ri utato di consegnare, porgendole al creditore, oppure un
terzo incaricato dal giudice eseguirà la prestazione di fare addebitandone al debitore le spese, oppure distruggerà le cose che il
debitore non doveva fare (sempre a spese di questi). ! Attenzione: l’esecuzione in forma speci ca non è possibile (ad es, perché la
prestazione di fare è infungibile), interviene ancora l’esecuzione in forma generica: a fronte dell’inadempimento il debitore dovrà
corrispondere una somma di denaro. Si noti che anche l’esecuzione speci ca può comportare esecuzione generica: il
debitore sarà infatti sottoposto all’obbligazione di pagare le spese.
c) FASE INTERMEDIA fra la fase costitutiva e la fase estintiva; assumono importanza in questa fase le vicende che possono
investire il patrimonio del debitore, il quale se dovesse andare riducendosi potrebbe determinare un pregiudizio
alla garanzia del creditore, il quale è legittimato ad esperire diverse misure di tutela preventiva del credito, fra queste: la
decadenza del bene cio del termine ed i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale.

GARANZIE REALI:
Il patrimonio del debitore si quali ca come una garanzia generica; il creditore infatti non ha la certezza assoluta di potersi
soddisfare, in caso di inadempimento, su un dato bene del debitore.
Accanto alle garanzie generali, intervengono perciò le garanzie speci che, fra queste: pegno ed ipoteca–> hanno in comune la
funzione di vincolare un dato bene a garanzia di un dato credito: il bene piò essere del debitore, come di un terzo (terzo datore
di pegno o ipoteca), che acconsenta di garantire per un debito altrui.
➡ (art.2784) PEGNO–> (si costituisce su beni mobili, su universalità di beni mobili, su diritti di credito);
➡ (art.2810) IPOTECA–> (si trascrive su beni immobili o su beni mobili registrati).
Pegno e ipoteca sono diritti reali di garanzia, diritti su cosa altrui: il bene resta di chi, debitore o terzo, lo ha dato in pegno o ipoteca
e può essere dal proprietario liberalmente alienato; il creditore (creditore pignoratizio\ ipotecario) nel caso dell’ipoteca, acquista sul bene
una duplice diritto:
1. Il diritto di procedere ad esecuzione forzata sul bene anche nei confronti del terzo acquirente (DIRITTO DI SEGUITO)
no a quando il credito non si sia estinto (ecco il motivo per cui si parla di diritti reali di garanzia).
2. Il diritto di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla vendita coattiva del bene con preferenza rispetto agli altri eventuali
creditori del medesimo debitore (DIRITTO DI PRELAZIONE). Se avanza una somma, dopo il soddisfacimento di tutti i creditori,
questa è di proprietà del debitore.
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Nichele Arianna

DIVIETO DI PATTO COMMISSORIO


La cosa data in pegno o ipoteca può avere, e normalmente ha, valore superiore all’ammontare del credito che garantisce; di
questo valore suppletivo, il creditore non può appro ttarne a danno dello stesso creditore (o degli altri creditori)–> il patto
commissorio è dunque nullo.
Si de nisce il patto commissorio come il patto con il quale il creditore e il debitore convengano, che in caso di mancato
pagamento, la cosa data in pegno o ipoteca passi in proprietà del creditore (ex art.1174).
! NB. Il divieto di patto commissorio viene spesso eluso nella pratica, con la vendita a scopo di garanzia: uno dei contratti in frode
alla legge.

PEGNO
Il pegno si costituisce per contratto, che deve risultare da atto scritto.È un contratto reale, quando si tratta di legno su cose mobili, che
dunque si perfeziona con la consegna della cosa dal proprietario al creditore; è pegno di crediti, un contratto che si perfeziona con la
noti cazione del pegno al debitore del credito dato in pegno oppure con l’accettazione di questo.
La realità del pegno comporta lo spossessamento del proprietario ed assolve, in tal modo, la funzione di porre i terzi, cui il proprietario
voglia alienare la cosa, nella condizione di rendersi conto che si tratta della cosa della quale l’alienante, essendone privo di possesso, non
ha la piena disponibilità. Analogamente la noti cazione del pegno di crediti al debitore del credito dato in pegno vale ad impedire che il
debitore paghi nelle mani del proprio creditore, frustando cosi la funzione di garanzia del pegno. Ricordiamo che il pegno di cose si può
acquistare a titolo originario, da non proprietario, mediante il possesso di buona fede.
Se il debitore paga, in capitale e interessi, il credito garantito da pegno su cosa mobile, il creditore dovrà restituirgli la
cosa (ex art.2794). Se, invece, non paga, il creditore dopo avergli intimato di pagare, può far vendere la cosa da un mediatore a
ciò autorizzato o a chiedere al giudice che essa gli venga assegnata in proprietà. Nel primo caso, l’eventuale eccedenza del
prezzo ricavato dalla vendita rispetto all’importo del credito andrà al debitore, oppure se sono, agli altri dei suoi creditori–>
necessario effettuare una stima del valore del bene, la quale accerti che essa non ha valore superiore all’importo del credito.

Diverso discorso vale per il pegno di crediti (garanzia spesso richiesta dalle banche rispetto i clienti); qui il creditore pignoratizio è
tenuto, alla scadenza, a riscuotere il credito: tratterrà quanto a lui dovuto, e quindi verserà l’eventuale eccedenza al
proprio debitore (ex art.2803); perciò il pegno di crediti implica anche un mandato a riscuotere il credito del proprio debitore.

Si parla di pegno irregolare quando la cosa data in pegno è una domma di denaro o altre quantità di cose fungibili non individuate o
delle quali è stata conferita al creditore la facoltà di disporre; il creditore, in caso adempimento da parte del debitore, dovrà restituire
l’equivalente o in caso inadempimento, restituire la parte che ecceda l’ammontare dei crediti garantiti.

Nel caso fosse inadempiente si potrà procedere a pignorare 1\5 dello stipendio del debitore.

IPOTECA
L’ipoteca si distingue dal pegno, anzitutto per l’oggetto: in questo caso beni immobili o mobili registrati; in secondo luogo, perché la sua
costituzione richiede una speci ca formalità, ossia l’iscrizione in pubblici registri.
L’ipoteca può avere 3 diverse fonti:
‣ FONTE 1) IPOTECA VOLONTARIA Si basa su un contratto fra debitore (o terzo datore di ipoteca) e creditore, o su un atto
unilaterale (escluso il testamento), del debitore o del terzo datore di ipoteca; il contratto o l’atto devono avere la forma scritta, a
pena di nullità.
‣ FONTE 2) IPOTECA GIUDIZIALE Si basa su una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro, o all’adempimento di
un’altra obbligazione, o al risarcimento del danno da liquidarsi successivamente; può basarsi anche su decreto ingiuntivo reso
esecutivo.
‣ FONTE 3) IPOTECA LEGALE Può essere iscritta, anche contro la volontà del debitore, nei casi espressamente previsti
dalla legge, fra i quali ricordiamo l’alienazione di un bene immobile o mobile registrato che non sia stato pagato dall’acquirente–>
in tal caso l’ipoteca si costruisce sul bene allineato e garantisce il pagamento del prezzo.
Tanto l’ipoteca giudiziale, quando legale si costituiscono per iniziativa meramente facoltativa del creditore, diversa regola vale a
seguito della riforma dell’85, per l’ipoteca legale a favore dell’alienante e del coerede: il conservatore dei registri immobiliari,
nel trascrivere un atto di alienazione o di divisione, deve registrare l’ipoteca legale, a meno che dal titolo, o da separato atto pubblico, o
scrittura privata autenticata risulti che vi è stata rinunciata l’ipoteca.
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Nichele Arianna

Il contratto o atto unilaterale per ipoteca volontaria, la sentenza per l’ipoteca giudiziale e l’atto di alienazione per l’ipoteca legale sono il
titolo per ottenere la costituzione dell’ipoteca: questa si costituisce sono con l’iscrizione nei pubblici registri (forma di pubblicità
analoga alla trascrizione, quale pubblicità dichiarativa la cui funzione è quella di rendere opponibile l’atto ai terzi).
Ex art.2852\2853 L’iscrizione è condizione necessaria ma non suf ciente per l’esistenza dell’ipoteca; essa conserva il suo
effetto per 20 anni, trascorsi i quali l’ipoteca si estingue, salvo rinnovo di questa previa scadenza (se l’iscrizione viene rinnovata dopo,
equivarrà a nuova iscrizione: produrrà effetti dalla nuova data). L’ipoteca si estingue con la sua cancellazione dal registro; come per la
sua costituzione, anche per la cancellazione è necessario un titolo. Il conservatore dei registri non può procedere alla cancellazione di
questa senza disporre della domanda della parte interessata, corredata dal titolo o dalla sentenza che ne ordini la cancellazione.
Su un medesimo bene ci possono essere più ipoteche, a garanzia di crediti differenti; ogni successiva ipoteca è in ordine di tempo,
contrassegnata da un numero, che prende il nome di grado.

L’ipoteca è, come il pegno, un diritto reale di garanzia: il bene ipotecato può essere venduto, ma chi lo compera compera un
bene gravato da ipoteca (allo stesso modo si trasmette gravato agli eredi); perciò alla scadenza del credito, a garanzia del quale
l’ipoteca fu costituita, il creditore non pagato ha diritto di promuovere la vendita forzata del bene anche in confronto del
terzo acquirente–> il quale, per EVITARE LA VENDITA FORZATA, ha 3 possibilità:
1) PAGA LUI STESSO IL CREDITORE\I IPOTECARI;
2) EFFETTUA IL RILASCIO DEL BENE IPOTECATO con apposita dichiarazione alla cancelleria del tribunale;
3) PURGA L’IPOTECA tramite purgazione la quale consiste nell’offerta al creditore\i di una somma pari al prezzo d’acquisto del bene
(o del bene stesso se l’acquisto è avvenuto a titolo gratuito)–> se nessun creditore si offre di acquistare per un prezzo superiore di
almeno 1\10, il bene è liberato dall’ipoteca.
L’ipoteca è retta dai principi della SPECIALITÀ e dell’INDIVISIBILITÀ: grava solo su beni speci catamente (designati) indicati
e solo per una somma determinata; gli unici margini di principio della specialità riguardano le pertinenze (indicazione di almeno tre
con ni).
Leggi tra letto a pag.354.
Il principio di indivisibilità comporta che l’ipoteca continui a gravare su tutti i beni ipotecati, anche se il credito sia in parte estinto, salvo
che il proprietario del bene ipotecato non ottenga, per consenso del creditore o per sentenza, una riduzione della stessa.

GARANZIE PERSONALI:
Dalle garanzie reali si distinguono le garanzie personali: qui la garanzia non risiede in una cosa, ma bensì in una persona, il
deiussore per essere precisi, il quale garantisce con proprio patrimonio, l’adempimento di una obbligazione altrui (si
obbliga personalmente con il creditore, rendendo estraneo al contratto il debitore).
➡ FIDEIUSSIONE
L’effetto prodotto dalla deiussione è la responsabilità solidale nei confronti del creditore, del debitore e del suo deiussore: il
creditore può a discrezione esigere il pagamento dall’uno o dall’altro, senza necessità di rivolgersi prima al suo debitore
principale, salvo che non sia previsto da contratto. A questo modo il creditore potrà fare af damento sulla responsabilità
patrimoniale di due persone (soprattutto sul patrimonio del deiussore, molto solvibile).
! NB La volontà di assumere una obbligazione deiussoria deve essere espressa (non basta la lettera di patronage); se il
debitore non paga siamo nel merito di responsabilità extracontrattuale (aquiliana).
La deiussione può garantire l’adempimento di un debito futuro ( deiussione omnibus), anche se valida per un importo massimo
garantito.
Il deiussore diventa, egli stesso, debitore; la sua tuttavia è un’obbligazione accessoria rispetto l’obbligazione garantita (è valida solo
se è valida l’obbligazione del debitore principale)–> la causa del contratto di deiussione è la garanzia di un debito altrui,
ragione per cui la deiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore.
! NB. Se il creditore si rivolge al debitore principale e questo paga, adempiendo alla sua obbligazione, la deiussione si estingue
insieme all’obbligazione adempiuta. Se invece, il creditore si rivolge al deiussore, questi ha azione di recesso verso il debitore
principale per il rimborso di quando ha pagato.

Il MANDATO DI CREDITO è un contratto con il quale il soggetto (ad es. una banca), si obbliga verso un altro, che gliene ha
dato incarico (lettera di credito o credenziale), a fare credito ad un terzo, in nome e per conto proprio: chi ha dato l’incarico
risponde come deiussore.
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Nichele Arianna

CONCORSO DEI CREDITORI E CAUSE DI PRELAZIONE


Una medesima persona può avere, e normalmente ha, più creditori: il suo patrimonio può pertanto costituire la garanzia
patrimoniale di una pluralità di creditori. Nei rapporti fra più creditori di un medesimo debitore la regola generale è quella della
PARITÀ DI TRATTAMENTO (par conditio): i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, e se
questi decidono di venderlo forzatamente, ciascuno si soddisferà sul ricavato della vendita in proporzione con
l’ammontare dei rispettivi crediti.
Alla regola generale appena descritta, fanno altresì eccezione le CAUSE DI PRELAZIONE, le quali consistono nel diritto di preferenza
che è riconosciuto dalla legge a determinati crediti; sono cause di prelazione: il pegno, l’ipoteca ed i privilegi (ex art.2741)–> diritto
del creditore a soddisfarsi con preferenza rispetto agli altri creditori.
I PRIVILEGI sono i diritti di preferenza accordati dalla legge a determinati credi in considerazione della causa di credito,
ossia della speci ca natura del rapporto dal quale derivano; si tratta di una valutazione rimessa alla sola legge.
I creditori non muniti di cause di prelazione sono de niti creditori chirografari, quelli minuti invece, sono i creditori privilegiati (o
con cause di prelazione).
Il privilegio può essere di 2 tipi:
‣ PRIVILEGIO GENERALE Spetta su tutti i beni mobili del debitore; è riconosciuto in considerazione dell’esigenza di assicurare il
soddisfacimento prioritario di tutte quelle categorie professionali che dalla realizzazione del credito traggono i mezzi di
sostentamento (crediti di retribuzione), oppure in considerazione dell’esigenza di prelievo scale dello stato.
‣ PRIVILEGIO SPECIALE Spetta solo su determinati beni mobili o immobili; esso ha diritto di seguito.
! NB. Ex art.2775 bis, il promissario acquirente ha privilegio sull’immobile oggetto del contratto preliminare trascritto (oltre che ai crediti
garantiti da ipoteca ex art.2825 bis.

Vedi elenco privilegi (generali e speciali) a pag.385.


In relazione all’elenco di pag.385, i crediti che hanno pari collocazione entro questo ordine, concorrono fra loro secondo il principio della
parità di trattamento e quindi in proporzione del rispettivo importo.
Quanto al pegno e all’ipoteca vedi pag.385.

MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE


Tornando ora alla FASE INTERMEDIA DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO ed il tempo dell’adempimento; il creditore può valersi, in questa
fase di speci ci mezzi di conservazione della sua garanzia patrimoniale:
➡ AZIONE REVOCATORIA
Si tratta di uno strumento di reintegrazione della garanzia patrimoniale del debitore; se il debitore compie atti di disposizione del suo
patrimonio, a titolo gratuito o oneroso, che rechino pregiudizio alle ragioni del creditore, questi può chiedere al giudice che l’atto di
disposizione a lui pregiudizievole sia dichiarato inef cace nei suoi confronti, quindi revocato–> si avrà di conseguenza
un’inef cacia relativa, operante a favore di chi abbia agito per ottenerla, il creditore potrà soddisfarsi sul bene che ha formato oggetto.
[Fra gli atti di disposizione suscettibili di revoca troviamo il pagamento di debiti NON scaduti (per quelli scaduti no)].
L’azione revocatoria si prescrive in 5 anni dalla data dell’atto.
! NB. Se il debitore è un imprenditore commerciale insolvente, dichiarato fallito, si potrà esperire allora l’azione revocatoria
fallimentare.
L’azione revocatoria è di dif cile esperimento; il creditore che la esercita deve provare:
1) FATTO OGGETTIVO DEL PREGIUDIZIO (EVENTUS DAMNI) l’impossibilità per lui di soddisfarsi sul restante patrimonio del debito
se esperito l’atto di disposizione del patrimonio.
2) FATTO SOGGETTIVO DELLA CONOSCENZA (SCENTIA FRAUDIS) da parte del debitore, se l’atto di disposizione è a titolo oneroso,
anche da parte del terzo acquirente–> sapeva che il suo dante causa avevi debiti e sapeva l’insuf cienza del restante patrimonio del
suo dante causa a soddisfarli.
3) FATTO SOGGETTIVO DELLA DOLOSA PREORDINAZIONE (CONSILIUM FRAUDIS) se l’atto di disposizione di cui si chiede la revoca
è anteriore al sorgere del credito, ulteriore fatto soggettivo della dolosa preordinazione dell’atto, da parte del debitore e, se l’atto è a
titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente.
➡ AZIONE SURROGATORIA
Può accadere che il debitore trascuri di esercitare i propri diritti, ledendo cosi la garanzia patrimoniale dei creditori; ciascun creditore potrà
allora, surrogarsi, ovvero sostituirsi al debitore e assicurarsi che siano soddisfatte o conservate integre le sue ragioni (con
esclusione delle azioni di carattere strettamente personali\familiari). Chi agisce con azione surrogatoria reintegra il patrimonio a
tutela di tutti i creditori (non a titolo egoistico come per la revocatoria).
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Nichele Arianna

ALTRI MEZZI DI TUTELA PREVENTIVA DEL CREDITO


Si menzionino:
➡ DECADENZA DEL DEBITORE INSOLVENTE DAL BENEFICIO DEL TERMINE
Può accedere che nella fase intermedia del rapporto obbligatorio il debitore diventi insolvente, quindi non più in grado di far fronte ai
propri pagamenti; per il creditore il cui credito non sia ancora scaduto si delinea una prospettiva negativa (tutti gli altri creditori daranno
fondo alle risorse lasciandolo a mani vuote)–> per far fronte a tale fattispecie il codice civile pone rimedio concedendo al creditore di
esigere immediatamente la prestazione e di concorrere in tal modo sul patrimonio del debitore insieme agli altri
creditori, ex art.1186.
Si noti il rapporto debito-responsabilità (vedi pag.361).

➡ DIRITTO DI RITENZIONE
Il creditore che detenga una cosa del debitore, può ri utarsi a restituirla sino a quando questi non abbia soddisfatto il
suo credito; si parla di ritenzione privilegiata quando sulla cosa il creditore ci vanti pure un privilegio (tale ritenzione è opponibile a
terzi).

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Nichele Arianna

Cap.22 CIRCOLAZIONE E ALTRE VICENDE DEL CREDITO E DEL CONTRATTO (da pag.363 a pag.369)
LA CESSIONE DEL CREDITO (art.1260)
Anche i crediti, al pari dei beni, possono circolare, dunque passare da un soggetto ad un altro, con l’effetto di sostituire all’originario
creditore un nuovo creditore ed a questo un altro creditore, ecc, no al momento in cui, con l’adempimento da parte del debitore,
l’obbligazione non sia estinta.
Si parla a questo proposito di CESSIONE DI CREDITI: il creditore trasferisce ad altri, a titolo oneroso, o a titolo gratuito, il
proprio diritto di credito, senza necessità di consenso da parte del debitore.
La cessione di credito non è un contratto a se stante, ma l’oggetto di un contratto traslativo di diritti; si noti che non tutti i crediti
sono cedibili: sono esclusi quelli di carattere strettamente personale.
Essa è ef cace, nei confronti del debitore ceduto, solo dal momento in cui è stata noti cata a questo o è stata da questo accettata; no a
quel momento il debitore si libera adempiendo nei confronti del cedente (salvo che il cessionario non provi che era comunque a
conoscenza della cessione); dopo quel momento se paga nelle mani del cedente, paga male e può essere costretto dal cessionario a
pagare una seconda volta.
! NB. Se il medesimo credito è, con successivi contratti, ceduto a più persone, prevale la cessione che sia stata noti cata per
prima al debitore ceduto.
La cessione trasmette il credito a titolo derivativo (è retta dal principio che l’avente causa non può acquistare diritti maggiori di quelli
spettanti al dante causa), di conseguenza il cessionario è esposto alle stesse condizioni che il debitore ceduto avrebbe potuto opporre al
cedente: se, ad esempio, era a sua volta creditore del cedente, potrà opporre al cessionario l’eccezione di compensazione, a discapito
di un’insicurezza circa la sessione, quali cabile come una remora alla circolazione del credito, creando dif denza nel possibile cessionario.
Questi inconvenienti sono eliminati quando il credito è stato acquistato a titolo originario, ma ciò è possibile solo per i crediti che siano
rappresentati da titoli di credito (beni mobili).
Il credito ceduto può essere un credito inesistente o può inoltre accadere che, pur trattandosi di un credito esistente, il debitore ceduto non
adempia. La prima ipotesi è regolata in modo corrispondente all’evizione nel trasferimento di cose: il cedente, se la cessione è a titolo
oneroso, deve garantire l’esistenza del credito; se invece la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta (come nella donazione), solo se
espressamente pattuita.
Discorso diverso vale per l’ipotesi di mancato adempimento: il cedente, per regola generale, non garantisce la solvenza del
debitore ceduto–> l’inadempimento di questo è un rischio del quale il cedente si libera addossandolo al cessionario; tuttavia si può,
con la clausola di salvo buon ne, pattuire che il cedente garantisca la solvenza del debitore ceduto, con la conseguenza che il
cessionario, se il debitore non paga, potrà rivolgersi al cedente ed esigere da lui il pagamento.
Cessione pro soluto e pro solvendo.

LA DELEGAZIONE
Si può essere al tempo stesso, debitori di un soggetto e recettori di un altro soggetto.
A è debitore di C e allo stesso tempo, A è anche creditore di B
A è debitore-creditore, C è il creditore, B è il debitore-> i 3 soggetti sono legati dal seguente rapporto obbligatorio AC - AB (nessun
rapporto fra BC).
La delegazione si può presentare in 2 forme:
➡ DELEGAZIONE DI DEBITO
Il debitore (delegante) assegna al proprio creditore (delegatario), un nuovo debitore (delegato), il quale si obbliga verso il creditore; tale
operazione presuppone un precedente rapporto fra delegante e delegato, in forza del quale il delegante è creditore del delegato.
De niamo i rapporti:
- RAPPORTO DI VALUTA fra delegante e delegatario;
- RAPPORTO DI PROVVISTA delegante e delegato (rapporto preesistente);
La funzione della delegazione è quella di far si che un unico pagamento, del delegato a favore del delegatario, estingua
simulatamente due rapporti obbligatori: tanto quello di valuta, quanto quello di provvista.
L’operazione è assai complessa e la si può scomporre in 3 fasi:
1) delegazione in senso stretto: è l’invito del debitore-creditore delegante, rivolto al proprio debitore.
2) promessa con la quale il delegato dichiara al delegatario di volersi obbligare nei suoi confronti.
3) accezione del delegatario (tacita o espressa). Se il creditore delegatario dichiara espressamente di voler liberare il debitore originario
si parla di–> delegazione positiva; si produce quindi una novazione soggettiva. Se il delegato non paga, il creditore potrà
rivolgersi al delegante, oppure il nuovo debitore si aggiunge al vecchio debitore originario (delegazione cumulativa).
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Nichele Arianna

La delegazione può essere CAUSALE (titolata), oppure ASTRATTA (pura):


‣ CAUSALE Il delegato, obbligandosi verso il delegatario, menziona il rapporto di provvista, oppure menzione il rapporto di valuta.
‣ ASTRATTA Nessuno dei due rapporti viene menzionato; di conseguenza, il delegato può ri utarsi di pagare eccependo al delegatario
le eccezioni basate sul rapporto di provvista o sul rapporto di valuta (il delegato deve comunque pagare, salvo il caso che difettino
entrambi i rapporti!).

➡ DELEGAZIONE DI PAGAMENTO
Differisce dalla delegazione di debito per il fatto che il delegato non è invitato a farsi debitore del delegatario, costituendo un
nuovo rapporto obbligatorio fra lui ed il delegatario, ma è semplicemente invitato a pagare il debito del delegante, ossia ad
estinguere il rapporto obbligatorio esistente fra delegante e delegatario (il delegato anche se è debitore del delegante, non è
tenuto ad accettare l’incarico).
Ne sono applicazioni concrete i “mandati di pagamento”.

Operazioni analoghe alla delegazione sono:


‣ ESPROMISSIONIONE (art.1272) L’espromissione è quell'istituto nel quale un terzo, senza delegazione del debitore, assume il
debito di costui nei confronti del creditore, con l'effetto di rimanere solidalmente obbligato col creditore originario: il creditore, tuttavia,
può liberare quest'ultimo dal debito facendone espressa dichiarazione.Il terzo che, senza delegazione del debitore, ne assume
verso il creditore il debito, e' obbligato in solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di
liberare quest’ultimo. L’espromissione può essere privativa o cumulativa, ma può essere solo parzialmente attratta.

‣ ACCOLLO (art.1273) L’accollo è uno dei contratti che rientrano nel fenomeno della successione a titolo particolare nel debito, viene
posto in essere tra il debitore (accollato) e un terzo (accollante) con il quale lo stesso si assume un debito del primo
verso un creditore (accollatario). Secondo la dottrina dominante, l’accollo non sarebbe, a differenza dell’espromissione, un
contratto autonomo, dovrebbe sempre  essere conseguito in un più ampio contratto del quale sarebbe una semplice clausola.

LA CESSIONE DEL CONTRATTO


Con la cessione del contratto, ex art.1406, si sostituisce un altro soggetto (detto cessionario) ad uno dei contraenti in tutta la
situazione giuridica derivante dal contratto stesso. Per perfezionare la cessione è necessario il consenso del contraente ceduto.
Infatti, quest'ultima (c.d. contraente ceduto) ha diritto di opporsi alla cessione, non prestando il proprio consenso, ad esempio per motivi
di maggiore garanzia solutoria. Per tale motivo, lo schema della cessione del contratto è considerato di tipo trilaterale.
Leggi tra letto a pag.368\369.
Le garanzie dovute dal cedente al cessionario sono analoghe a quelle della cessione dei crediti: il cedente garantisce la validità del
contratto ceduto, ma non granisce salvo patto contrario, l’adempimento del contratto da parte del cintante ceduto.
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Nichele Arianna

Cap.23 PRESCRIZIONE E DECADENZA (da pag.371 a pag.374)


➡ PRESCRIZIONE
Ex art.2934, si de nisce prescrizione, l’estinzione dei diritti a causa del loro mancato esercizio per un tempo prolungato,
determinato dalla legge.
Il termine ordinario di prescrizione è di 10 anni (decennale); un termine maggiore vale per i diritti reali su cosa altrui, la cui
estinzione è dovuta ad un mancato esercizio di 20 anni (ventennale). La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
poteva essere esercitato.
RATIO: l’interesse generale alla base della prescrizione comporta la nullità dei patti con i quali si voglia sottrarre diritti alla prescrizione; ad
essa si può rinunciare ma solo quando sia già compiuta.
I diritti fondamentali, in quanto indisponibili, NON sono sottoposti a prescrizione (stesso discorso vale per i diritti di
personalità\ famiglia).
NON è sottoposto a prescrizione, sebbene disponibile, il diritto di proprietà (l’azione di rivendicazione infatti non si
prescrive); una deroga alla prescrizione è l’usucapione.
Anche l’azione di nullità del contratto NON è sottoposta a prescrizione (salvo la prescrizione decennale dell’azione di ripetizione
dell’indebito).
Il decorso del termine di prescrizione è interrotto se:
A) il titolare del diritto compie un atto di esercizio dello stesso;
B) Il soggetto passivo riconosce l’esistenza del diritto;
Conseguenza dell’atto interruttivo della prescrizione è che questa ricomincia a decorrere da principio. Diversa dall’interruzione è
altresì la SOSPENSIONE ALLA PRESCRIZIONE: il decorso del termine di prescrizione si arresta con il veri carsi di una causa di
sospensione e ricomincia a decorrere, per la parte residua, quando la causa si sospensione sia terminata.
Si parla di PRESCRIZIONE BREVE quando il termine deroga ai 10 anni tradizionali, esaurendosi in un termine minore:
- SI PRESCRIVONO IN 5 ANNI: l’azione di annullamento del contratto, l’azione revocatoria, i diritti derivanti da contratto di società, il
risarcimento da fatto illecito.
- SI PRESCRIVE IN 1 ANNO i diritti derivanti da contratto di trasporto, spedizione, assicurazione, mediazione.
Si parla di PRESCRIZIONE PRESUNTIVA quando ci sono cediti, sottoposti alla ordinaria prescrizione decennale, che si
presumono estinti, salvo prova contraria, se è trascorso un certo tempo da quando sono sorti:
- 6 MESI dall’alloggio in hotel, consumazione del pasto, il conto si presume pagato.
- 1 ANNO per la retribuzione dei lavoratori, per il prezzo delle merci vendute o medicinali.
- 3 ANNI per il compenso dell’opera prestata da liberi professionisti (medici, avvocati, ecc).
La prova contraria è ardua: si può vincere la presunzione di avvenuta estinzione solo con la confessione del debitore in
giudizio o con il giuramento, deferitogli in giudizio dal creditore e non prestato dal debitore (ex art.2960).
! NB. La prescrizione deve essere eccepita dalla parte che vi abbia interesse: il giudice non può rilevarla d’uf cio.

➡ DECADENZA
Ex art.2964, si de nisce decadenza, l’estinzione di un mancato esercizio entro un dato tempo.
Differisce dalla prescrizione per la speci ca funzione assolta: ovvero limitare entro un breve (talvolta brevissimo) tempo lo stato
di incertezza delle situazioni giuridiche (termini di decadenza sono ad esempio, i termini perentori previsti per il concepimento di
atti processuali–>30 giorni di tempo per appellare sentenza).
A differenza della prescrizione, la decadenza può essere regolata solo dalla legge e può essere pattuita (tuttavia è nullo il patto con
cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente dif cile ad una delle parti l’esercizio del diritto); non ammette ne
interruzione, ne sospensione.
Essa non può essere impedita se non dal concepimento dell’atto.
La decadenza ha natura eccezionale: quando non sia previsto un termine di decadenza, il diritto dovrà ritenersi sottoposto a termine di
prescrizione.

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Nichele Arianna

Cap.25 LE SUCCESSIONI MORTIS CAUSA (da pag.437 a pag.448)


LE SUCCESSIONI IN GENERALE
Alla morte di una persona alcuni suoi diritti e alcuni suoi obblighi si estinguono; altri si trasmettono ai suoi successori.
L’insieme dei diritti che alla morte di una persona si trasmettono ai suoi successori prende il nome di ASSE o PATRIMONIO EREDITARIO
(in generale si parla si EREDITÀ).
La successione può prendere 3 tipi di forme:
➡ SUCCESSIONE TESTAMENTARIA Se il defunto aveva fatto testamento, l’eredità si trasmette alla\e persona\e indicate nel
testamento.
➡ SUCCESSIONE LEGITTIMA Se il defunto non aveva fatto testamento, sono successori i suoi parenti (si rispetta un ordine).
➡ SUCCESSIONI NECESSARIE Se il defunto aveva fatto testamento, ma aveva parenti ai quali la legge riserva una quota di eredità
(legittimari).
Nel primo caso, nella successione testamentaria, il soggetto regola, con proprio atto di volontà, la propria successione (si tratta della
facoltà di disporre delle cose inerente al diritto di proprietà, in generale dei propri diritti); se ne può disporre per atto fra vivi, ma
altresì anche disporre per atto a causa di morte, ossia con testamento; in tal caso acquista valore il rapporto di parentela con il defunto.
La terza successione costituisce, per contro, un limite alla facoltà di disporre dei propri diritti a causa di morte: può essere esercitata
solo per quota (quota disponibile) del proprio patrimonio; un’altra quota è destinata invece, per legge, ai determinati parenti (i quali ne
hanno diritto), anche contro la volontà del defunto.
Ex art.42 cost I limiti della successione testamentaria sono quei limiti che tangono il diritto di proprietà: l’individuo non
ha, quando dispone per testamento (o per donazione), un potere sulle cose pari a quello che gli spetta quando ne dispone a titolo
oneroso.
Occorre distinguiere ancora fra:
➡ SUCCESSIONE A TITOLO UNIVERSALE Successore a titolo universale è colui al quale vanno tutti i beni del defunto o una quota di
essi (frazione aritmetica); egli è erede, o se concorre che latri, coerede; si quali ca come successore universale perché succede, per
intero o per quota, nella totalità dei rapporti trasmissibili del defunto, ne prende il posto di titolare, o contitolare, del patrimonio; e
succede, oltre che nei rapporti attivi, anche nei debiti del defunto.
➡ SUCCESSIONE A TITOLO PARTICOLARE Successore a titolo particolare è colui al quale vanno, per legato contenuto nel testamento,
uno o più beni determinati: egli non è erede, ma legatario, e non risponde dei debiti del defunto.

APERTURA DELLA SUCCESSIONE E DELEGAZIONE DELL’EREDITÀ


La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.
La morte di una persona fa si che i diritti e le obbligazioni del defunto perdano il loro titolare, ma ancora non determina, si per se da sola,
la loro trasmissione ai successori: gli eredi hanno un termine per accettare l’eredità; di per sé la morte del soggetto produce
semplicemente la situazione giuridica, de nita DELAZIONE o devoluzione dell’eredità (ex art.457): i suoi diritti e le sue
obbligazioni sono destinate alla successione, ma ancora non si sa chi siano gli eredi o legittimi e dunque, chi effettivamente gli succederà.
A seconda che il defunto avesse fatto o meno testamento, si parla si: di delegazione testamentaria o legittima (con riferimenti ai legittimari
si parla di delazione necessaria).
Si suol dire che la morte di una persona determina la vocazione o chiamata, dei suoi successori.
Delazione e vocazione soni due aspetti della medesima situazione provocata dalla morte della persona: rispettivamente:
aspetto oggettivo e aspetto soggettivo.
Non tutti coloro che sono indicati nel testamento o dalla legge possono succedere; af nché la successione sia possibile, occorre che
le persone indicate sia capaci e non indegne–> sono CAPACI: sia le persone siche (anche quelle che a quel tempo siano solo
concepite), sia quelle giuridiche.
Per testamento, inoltre, si possono lasciare i propri beni al glio non ancora concepito di una data persona già vivente (se e quando il glio
nascerà; se non dovesse avvenire la nascita, si aprirà una successione legittima).
Le persone indegne di succedere, sono coloro le quali abbiano commesso gravi reati nei confronti del defunto o dei suoi parenti
e chi ha falsi cato, soppresso o alterato il testamento (o ha indotto il testatore, con forza o inganno, a mutarlo)–> in tali casi serve
che la persona defunta abbia proceduto, quando ancora in vita, a riabilitarli (ex art.448 bis: il glio può escludere dalla successione i
genitori nei confronti dei quali sia decaduta la responsabilità genitoriale, legge 219\2012).
Sia successione PER RAPPRESENTAZIONE nel caso che una persona, la quale per legge o per testamento, dovrebbe succedere ad
un’altra, non voglia o non possa succedere, ergo: vi rinunci o muoia prima della successione–> in tal caso i discendenti prenderanno
il suo posto.

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Nichele Arianna

Quando non si possa dar luogo ad una successione per rappresentazione, si può, se gli eredi sono più di uno e sono eredi in parte uguale,
effettuare l’ACCRESCIMENTO, grazie al quale i beni non accettati, vanno ad altri eredi.
Nel caso non sia possibile procedere a rappresentazione o accrescimento, i beni andranno agli eredi legittimi (ex art.674).

LA SUCCESSIONE NECESSARIA
Chi fa testamento, non sempre può liberamente disporre di tutto il suo patrimonio; quando la persona ha coniuge, unito civilmente,
discendenti o ascendenti, una parte dei suoi beni è riservata per legge a costoro (anche contro la volontà del soggetto).
Questa parte, frazione aritmetica del patrimonio, si chiama quota di LEGITTIMA o RISERVA (quota disponibile è tutto il resto del
patrimonio).
LEGITTIMARI sono le persone che ne bene ciano; essi sono: il coniuge (o l’unito civilmente), i gli e gli ascendenti.
Vedi legge Cirinnà 76\2016 per le unioni omosessuali (dagli appunti lezione).
Ex art.536, i legittimari succedono nel seguente modo:
‣ CONIUGE (O UNITO CIVILMENTE) è riservata la metà del patrimonio (attenzione che va riducendosi nel caso di gli); oltre al diritto
di abitazione sulla casa e residenza familiare.
‣ FIGLI (o se questi non vogliono, ai loro discendenti ex principi rappresentazione) 50% o 2\3 del patrimonio in relazione al numero,
da dividersi in parti uguali.
‣ ASCENDENTI (in mancanza di gli), ovvero ai genitori del defunto, è riservato 1\3.
! NB. La quota di legittima (o riserva), si calcola non sul semplice patrimonio, ma sul patrimonio aumentato dalle
donazioni da lui elargite in vita (a scopo di tutela dei legittimari).
Se i legittimario ha avuto, per testamento, meno di quanto gli spetta, e si veri ca per cui la lesione di legittima, egli ha diritto di
conseguire dall’erede testamentario la quota che gli è dovuta, dunque chiedendo la riduzione delle disposizioni testamentarie o
delle donazioni, quindi integrando la sua quota a spese di altri successori ed eventualmente dei donatari; per procedere a far ciò il
soggetto leso deve prima imputarle alla quota di riserva.

LA SUCCESSIONE TESTAMENTARIA
Ex art.587 , Il TESTAMENTO, è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di
tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Il testamento è un atto giuridico unilaterale, con il quale si dipinse dei propri beni per dopo la propria morte–> si tratta
dunque di un atto a causa di morte (mortis causa) che differisce dagli atti unilaterali fra vivi.
Lo si può formare in qualsiasi momento, raggiunta la maggiore età, ma questo assumerà valore solo dopo la morte del
testatore, al quale opera come condizione legale sospensiva dell’ef cacia del testamento.
Il testamento è sempre revocabile: in ogni momento può essere reso inef cace per volontà di chi l’abbia redatto, sia in modo
espresso, sia tacito–> stilando un nuovo testamento per certi versi in contrasto con il precedente (quello posto successivamente limita
l’ef cacia del precedente). La revocabilità rende di conseguenza nulli sia i patti successori, cioè i contratti con i quali una persona
si obbliga lasciare i propri beni, o tutto o in parte, ad un’altra (ex art.458), sia il testamento ingiuntivo, che quello reciproco.
In deroga al divieto di patti successori, l’art.768 bis, ammette la validità del patto di famiglia, il cui effetto traslativo è immediato, sicché
l’atto equivale ad una donazione (deve avere la forma dell’atto pubblico).
Il testamento può assumere 3 forme:
OLOGRAFO, scritto, datato e sottoscritto tutto di mano del testatore (può essere scritto ovunque; svantaggio: dif coltà nella lettura).
PUBBLICO, scritto e sottoscritto dal notaio il quale mette nero su bianco le ultime volontà del testatore davanti a 2 testimoni, oppure
scritto dal testatore e sottoscritto dal notaio.
SEGRETO, scritto di mano (o stampato) dal testatore, il quale consegna il testamento sigillato, dinnanzi il notaio, con 2 testimoni.
! NB. Il testamento olografo e pubblico devono essere pubblicati dinnanzi ad un notaio dopo l’apertura della successione, o non possono
essere fatti valere.

IL TESTAMENTO (CONTENUTO)
Il testamento è solo la forma dell’atto a causa di morte: esso ha per contenuto l’istituzione dell’erede (o eredi), ossia del
successore\i, a titolo universale (se sono più di uno succedono la quota determinata dal testatore, altrimenti, per quote uguali); e può,
tuttavia contenere, uno o più legato, ossia disposizioni a titolo particolare che hanno per oggetto beni determinati.
Ancora: per testamento è possibile costituire una fondazione, sempre nel rispetto dei diritti dei legittimari.
In ne, il testamento può contenere disposizioni anche non patrimoniali, un esempio è il riconoscimento del glio naturale
(art.254).
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Nichele Arianna

Sia l’istituzione di erede, sia di legato, possono essere sottoposti a termini a condizione, sospensiva o risolutiva.
Solo i legati possono essere sottoposti a termine, iniziale o nale; le condizioni impossibili o illecite e il termine apposto alle istituzioni di
erede si considerano come non apposti.
Peculiare delle disposizioni testamentarie è la possibilità di sottoporre l’istituzione di erede e il legato ad onere (art.674), che
consiste in un comportamento imposto all’erede o al legatario. La disposizione testamentaria resta, anche se grava ad onere, una
disposizione a titolo gratuito, un atto di liberalità; la risoluzione della disposizione testamentaria per inadempimento dell’onere
può essere pronunciata dal giudice solo se prevista dal testatore o l’adempimento dell’onere era determinante dalla disposizione
testamentaria.
Le persone dell’erede o del legatario devono essere determinabili in base al testamento (attenzione al discorso poveri);
anche la quantità della quota o della cosa legata devono essere quanti cabili.
SOSTITUZIONI
È possibile che il testatore nomini, oltre al successore, una persona destinata a succedergli nel caso in cui questi non volesse o non potesse
accettare (in tal caso si parla di successione ordinaria).
Non è possibile però nominare come successore il proprio glio o il proprio fratello, ma ordinando che essi conservino i beni ricevuti, e li
passino, alla loro morte, ad un loro glio (successione fedecommissaira, un tempo legittima anche se perpetua, ora inammissibili se
perpetui, essendo in contrasto con la circolazione della ricchezza, salvo che il fedecommissario non sia disposto a favore di una
persona interdetta).
ESECUTORI TESTAMENTARI
Spesso il testatore indica nel testamento una o più persone incaricate di eseguire le disposizioni che vi sono contenute–>
sono esecutori testamentari persone di ducia del testatore; se l’esecutore dovesse accettare il compito dovrà fare tutto ciò che è
atto alla conservazione del patrimonio ereditario e salvo diversa volontà del testatore, l’esecutore dovrà amministrare i beni
nell’interesse delle persone cui sono stati lasciati (se gli ed sono più di uno, e non si trovano d’accordo, interverrà allora l’autorità
giudiziaria).
INVALIDITÀ DEL TESTAMENTO
Al pari dei contratti, il testamento potrà versare in condizioni di nullità o annullabilità:
‣ È NULLO Nel caso di testamenti ingiuntivi o reciproci, o se il motivo è illecito, o se il testamento versa difetti di forma (ad es. privo di
rma).
‣ È ANNULLABILE Nel caso in cui il testamento fosse viziato da violenza morale, dolo, errore (errore motivo, di fatto o di diritto);
l’azione di annullamento si prescrive in 5 anni dalla notizia di vizio del consenso, e può essere esercitata da qualsiasi interessato.

LA SUCCESSIONE LEGITTIMA
Se una persona muore senza aver fatto testamento, o nel caso il testamento si fosse rivelato invalido, i beni ereditati
andranno alle seguenti gure.
L’ordine previsto per la successione legittima è infatti il seguente:
1) SE CI SONO FIGLI, i beni andranno loro in parti uguali, al coniuge (o UC).
2) SE NON CI SONO FIGLI, MA CONIUGE andranno i 2\3, 1\3 invece andrà a genitori e fratelli o all’UC.
3) SE NON CI SONO NE FIGLI, NE CONIUGE–>GENITORI (o FRATELLI o viceversa).
4) SE NESSUNO DI COSTORO È SOPRAVVISSUTO–> PARENTI (SIA IN LINEA DIRETTA, SIA COLLATERALE) no al grado 6; se non ci sono
parenti no al grado sesto, il patrimonio ereditato andrà allo stato, il quali acquista i beni senza accettazione.
Commutazione abrogata (legge 219\2012)–> la stessa legge riconosce che il riconoscimento del glio produce effetti sia
rigido al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso: a seguito del riconoscimento giudiziale il glio entra Afar parte della
famiglia, indipendentemente sia stato concepito entro o fuori il matrimonio–> gli effetti successori saranno invariati.
Diversa è la condizione di glio nato fuori dal matrimonio e non giudizialmente accettato: egli può solo ottenere dal
genitore la provvigione del suo mantenimento, gli alimenti (alla morte del genitore ha diritto ad un assegno vitalizio).
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Nichele Arianna

Cap.26 L’ACQUISTO DELL’EREDITÀ E DEI LEGATI (da pag.449 a pag.454)


LE DONAZIONI
L’ACCETTAZIONE
Come abbiamo già osservato, la delazione dell’eredità è la destinazione della successione testamentaria, necessaria o legittima.
L’altro lato della vicenda successoria riguarda l’atteggiamento che assumono i chiamati alla successione, ovvero
l’ACCETTAZIONE dell’eredità da parte del chiamato o chiamati, che è l’atto necessario af nché la successioni si realizzi.
L’accettazione, una volta intervenuta, produrrà i suoi effetti retroattivamente, dal momento dell’apertura della successione (ex
art.459): non ce mai soluzione di continuità nella titolarità dei rapporti che facevano capo al defunto.
L’accettazione è necessaria solo per l’acquisto dell’eredità; i legati invece si acquistano immediatamente, senza bisogno
di accettazione, salvo che lo stesso legatario non vi rinunci. Il legatario, se non vi intende rinunciare, deve chiedere all’erede
(onerato), la consegna del bene legatogli dal testatore: egli consegue la proprietà, per successione a titolo particolare, dal
testatore, ma il possesso lo consegue dall’erede.
Può accadere ancor prima dell’accettazione che l’ereda prenda possesso dei beni, in tal caso egli avrà il compito di custodirli e
amministrarli; se ciò non dovesse avvenire, se di fatto non ne prende possesso, l’eredità verrà a trovarsi nella condizione di eredità
giacente–> il pretore potrà quindi procedere nella nomina di un curatore, pubblicando il decreto sul registro delle successioni (l’attività
del curatore cessa non appena l’eredità verrà accettata).
L’erede ha 10 anni di tempo per accettare, decorrenti dal giorno di apertura della successione o, per chi è erede sotto condizione, dal
giorno in cui questa si avvera.
L’accettazione può essere espressa (atto pubblico o scrittura provata), oppure tacita (l’erede si comporta come se di fatto lo sia).
Se nel patrimonio ereditario ci sono beni immobili, si può trascrivere l’accettazione.
Quando l’erede tarda ad accettare, il giudice, su domanda degli interessati, può ssare un termine di scadenza circa la decisione di
questi; se questo muore prima dell’accettazione, questa passa in mano ai suoi eredi.

ACCETTAZIONE CON BENEFICIO DI INVENTARIO


L’accettazione può essere pura e semplice oppure un’accettazione con bene cio di inventario:
➡ ACCETTAZIONE SEMPLICE I beni del defunto si confonderanno con il patrimonio dell’erede, con la conseguenza che l’erede dovrà
pagare i debiti del defunto, oltre che con i beni ereditati, anche con il proprio patrimonio (nel caso in cui i beni ereditati non si
rivelassero abbastanza).
Per scongiurare ciò si procede con:
➡ ACCETTAZIONE CON BENEFICIO DI INVENTARIO Il patrimonio dell’erede diventerà suo, ma restando separato dai suoi altri
beni–> i creditori non potranno esigere più del valore dell’eredità. Tale accettazione si fa con atto pubblico presso un notaio del luogo
in cui si è aperta la successione (nel caso di beni immobili serve la trascrizione).
Perché abbia effetto occorre che, entro 3 mesi, si compia l’inventario dei beni ereditati, i quali potranno essere venduti con
l’autorizzazione del giudice, af nché i creditori si possano soddisfare.
! NB.Quando l’erede è un incapace o un ente che non sia una società, sia esso riconosciuto o non, chi lo rappresenta è
obbligato ad accettare con bene cio d’inventario.
Non solo l’erede ha interesse a tenere reparto il proprio patrimonio da quello del defunto, ma questo vantaggio
abbraccia anche i creditori dello stesso defunto; motivo per cui questi possono chiedere, entro 3 mesi dall’apertura della
successione, la separazione dei due patrimoni (in tal caso sarà possibile per loro aggredire anche i beni dell’erede che abbia accettato
senza bene cio di inventario.
L’erede prima che sia decorso il termine per accettare può rinunciare all’eredità, la quale va fatta con le medesime formalità
dell’accettazione bene ciata.
All’erede che abbia accettato l’eredità, spetta contro il possessore di tutti o in parte dei beni ereditati, la PETIZIONE DELL’EREDITÀ, con la
quale egli chiederà l’accertamento della sua qualità di erede, e di conseguenza la consegna dei beni a lui spettanti; l’azione di rivendica
dell’eredità è imprescrittibile (salvi gli effetti dell’usucapione)!
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Nichele Arianna

LA COMUNIONE EREDITARIA E LA DIVISIONE


Se gli eredi, testamentari o legittimi sono due o più, fra essi, si instaura una comunione ereditaria, regolata dalle norme sulla
comunione, ma con alcune particolarità; ex art.732 e seguenti, i coeredi, comproprietari delle cose che fanno parte
dell’eredità in porzione della loro quota ereditaria, nella stessa proporzione acquistano tutti crediti e rispondono a tutti
i debiti del defunto.
Vediamo nel dettaglio:
a) i crediti ed i debiti ereditati danno luogo ad obbligazioni parziarie e non solidali.
b) Il coerede può alienare la sua quota, ma, prima che ad altri, deve offrirla ai suoi coeredi (diritto di prelazione), se ciò non dovesse
avvenire i coeredi potranno riscattarla grazie al retratto successorio.
c) ciascuno dei coeredi può chiedere la divisione (non può aver luogo se il testatore non l’abbia prevista, o uno dei coeredi non sia
ancora nato.
Alla divisione del patrimonio ereditario devono partecipare tutti i coeredi, compresi quelli che abbiano alienato la propria
quota.
Possiamo trovarci dinnanzi 3 ipotesi di divisione:
1. AMICHEVOLE Fatta con il consenso di tutti i coeredi–> contratto di divisione, sottoposto a tutte le cause di invalidità ed inef cacia dei
contratti.
2. GIUDIZIALE Se i coeredi non si trovano in accordo, uno fra loro può domandarla al giudice–> svolgimento delle operazioni
divisionali con relative assegnazioni.
3. FATTA DAL TESTATORE Anche senza indicare le quote, forma le porzioni da attribuire a ciascuno.
La divisione, comunque fatta, non può essere annullata per errore (salvo che ad uno dei coeredi che valga meno dei 3\4 non venga toccata
la propria quota); in tal caso la divisione può essere rescissa–> per lesione di quarto.
! NB. La divisione ha effetto retroattivo.
Se i coeredi sono discendenti del defunto o discendenti del coniuge o UC, nell’assegnare ad ognuno la sua porzione si deve tenere conto
delle donazioni che egli abbia ricevuto dal defunto–> COLLAZIONE (ex art.737), si mira ad evitare disparità di trattamento fra
eredi.
La collazione può venir posta in essere in 2 modi:
‣ COLLAZIONE IN NATURA il coerede rimette nel patrimonio ereditato i beni immobili o il denaro che gli aveva donato il defunto.
‣ COLLAZIONE PER IMPUTAZIONE il coerede trattiene i beni o il denaro, ma avrà tanti beni ereditari in meno per quanti ne ha avuti
in donazione.
Alla collazione non si fa luogo se il defunto l’avesse esclusa, si parla a tal proposito di DISPENSA della collazione, la quale avrà effetto
solo nei limiti della quota disponibile.

LA DONAZIONE
La donazione è un atto di liberalità.
Ex art.769, si de nisce DONAZIONE quel contratto con il quale il donante arricchisce un’altra persona, de nita donatario,
per spirito di liberalità; essa può essere reale o obbligatoria:
‣ REALE quando il donante attribuisce al donatario un proprio diritto;
‣ OBBLIGATORIA quando assume una obbligazione verso il donatario;
In ambedue i casi, per le donazioni di modico valore è richiesta a pena di nullità, l’atto pubblico (non per quelle con un
valore irrisorio). Donazione manuale = contratto reale.
Come l’istituzione di erede e di legato, la donazione può essere gravata da onere; il donatario è tenuto ad adempiere nell’onere nei limiti
del valore della cosa donata.
! NB. Anche la donazione può essere fatta a favore del concepito o del non ancora concepito che nascerà da persona vivente al tempo della
donazione.
Ex art.800, il donante (o suo erede), può revocare la donazione e riprendersi i beni (e i loro frutti) in due casi:
- CASO I) REVOCA PER INGRATITUDINE se il donatario commette nei riguardi di lui omicidio, tentato omicidio, calunnia, ingiuria,
danneggio grave, negazione alimenti.
- CASO II) REVOCA PER SOPRAVVIVENZA DI FIGLI se il donante, dopo la donazione, ha o apprende di avere un glio o
discendente.
È ammesso nella donazione–> IL PATTO DI RIVERSIBILITÀ, cioè il patto per cui il donante riavrà i beni donati nel caso il donatario o
discendenti muoiano prima di lui.
Donazione rimuneratori ≠ liberalità d’uso!

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Nichele Arianna

Cap.27 LA TUTELA DEI DIRITTI (da pag.455 a pag.470)


LA GIURISDIZIONE CIVILE
I principi fondamentali della protezione giurisdizionale dei diritti sono contenuti nel codice civile; i modi e le forme della
giurisdizione civile sono regolate dal codice di procedura civile.
Alla tutela giurisdizionale dei diritti l’autorità giudiziaria provvede, di regola, solo su domanda dell’interessato; solo in casi
eccezionali il PM o il giudice, d’uf cio.
Chi lamenta la lesione circa un proprio diritto e si rivolge all’autorità giudiziaria si quali ca come ATTORE, colui ritenuto
responsabile della lesione del diritto e quindi citato in giudizio dall’attore si quali ca invece come CONVENUTO.
Attore e convenuto sono dunque le parti del processo.
Si de nisce PROCESSO (o GIUDIZIO), insieme degli atti compiuti nel merito della funzione giurisdizionale, dal momento in
cui l’attore si rivolge al giudice, sino al momento in cui questi decide la controversia con una sentenza.
La controversia si de nisce CAUSA (o LITE) fra le parti, ed essa forma l’oggetto del processo.
Si de nisce AZIONE la pretesa che l’attore vanta in giudizio rispetto il convento, il quale, se vuole contestare la pretesa dell’attore
può opporgli una o più ECCEZIONI, con le quali verranno contestate le pretese dell’altra parte (mera funzione di difesa); se il
convenuto volesse invece contrattaccare la pretesa dell’attore potrà avanzare una DOMANDA RICONVENZIONALE, basata o
sullo stesso titolo sul quale l’attore fonda la sua pretesa oppure sul titolo sul quale il convenuto fonda la sua eccezione.
Quando una sentenza non sia stata impugnata, oppure siano state tentate tutte le impugnazioni possibili ( no alla Cassazione) si dice che
la sentenza passa in giudicato–> ne le parti, ne gli eredi o i loro avanti causa possono più portare in giudizio la medesima azione e le
medesime eccezioni sulle quali la sentenza si è pronunciata (ex art.2909).
Vedi gli appunti di costituzionale sulla magistratura cap.16.

LE PROVE
Chi fa valere in giudizio un diritto, ossia l’attore, deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (ex art.2697, comma1).
È l’ONERE DELLA PROVA: non basta per ottenere il riconoscimento del proprio diritto, limitarsi ad affermare di averlo, altresì occorre
provarlo, ossia addurre ai fatti che ne costituiscano la dimostrazione. Chi, all’opposto, contrasta la pretesa dell’attore, ossia il
convenuto, deve a sua volta provare i fatti su cui l’eccezione si fonda (comma2).
Le prove si distinguono in:
‣ PROVE DOCUMENTALI O SCRITTE Le prove scritte sono atti pubblici o scritture private.
- ATTO PUBBLICO: art.2966, documento redatto, cin le date formalità da un pubblico uf ciale (o uf ciale di stato civile); gli atti
pubblici fanno piena prova no a querela di falso (per mettere in dubbio le attestazioni bisogna impugnarli dinnanzi un
giudice–> vedi codice di procedura civile).
- SCRITTURA PRIVATA: art.2699, fa piena prova, contro chi l’ha sottoscritta. Può avere come contenuto, un contratto, un atto
unilaterale, una quietanza di pagamento, ecc.
La sottoscrizione deve essere essere autografata, ossia di pugno dalla parte il cui nome risulti della sottoscrizione, quale prova certa della
sua paternità. Non è ammessa di regola la riproduzione meccanica della rma, salvo eccezioni, quale ad esempio la rma
digitale.
Quando si voglia addurre un documento contro persone estranee alla sua redazione bisogna che esso abbia data certa, la quale
corrisponde alla data di registrazione presso i pubblici uf ci.
Anche i telegrammi (telex), i registri dimestici e le riproduzioni meccaniche hanno valore di scritture private.
Il d.p.r. 513\97 regola i criteri, le modalità di formazione, archiviazione, trasmissione circa il documento informativo (è valido se segue
certe tecniche).
‣ PROVE TESTIMONIALI La prova dei fatti può aggiungersi anche con le dichiarazioni di persone che siano state presenti al loro
veri carsi o che ne abbiano avuto notizia–> TESTIMONI. La prova testimoniale è esclusa quando:
1. Per i contratti in generale, salvo che il giudice non reputi tali le circostanze da richiesta;
2. Quando si voglia provare l’esistenza di un patto aggiunto o contrario alle clausole di un contratto scritto;
In questi casi la prova testimoniale è ammessa se alla base ci sia già un principio di prova scritta, o quando questa è andata
perduta per colpa del contraente, o se egli era nella impossibilità materiale\ morale di procurarsela.
La corte ha giudicato illegittima la restrizione del corpo testimoniale sulla base dei 14 anni.
‣ CONFESSIONE È una dichiarazione che una parte fa, in giudizio (confessione giudiziale), o al di fuori di questo (confessione
stragiudiziale), della verità di fatti a sé sfavorevoli. Ha per oggetto i fatti e non rapporti giuridici.
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Nichele Arianna

Si deve discerne fra dichiarazione di scienza (conoscenza di un dato fatto) e dichiarazione di volontà (riconoscimento del diritto
altrui); la prima è impugnabile per errore di fatto o per violenza, la seconda ha invece un effetto di riconversione.
‣ GIURAMENTO È una confessione pronunciata in giudizio, accompagnata da una formula solenne; è fatta da una delle
parti su invito (deferimento) dell’altra o del giudice. Giurare il falso è reato.
Il giuramento può essere:
- SUPPLETORIO Se insuf ciente;
- DECISORIO Se il giuramento fa dipendere la decisone parziale o totale della causa.
! NB. Non si può provare con giuramento l’esistenza di un atto che richiede la forma scritta.
‣ PRESUNZIONI Sono mezzi di prova indiretti, de niti anche prove critiche, in antitesi con le altre, de nite prove storiche.
Consistono nel dedurre da fatti noti l’esistenza di un fatto ignoto.
Le presunzioni possono essere:
- LEGALI Quando è la stessa legge che da un fatto noto;
- SEMPLICI Quelle presunzioni lasciate al prudente apprezzamento del giudice; debbono essere gravi, precise, concordanti–> essere
quali cate da un rigoroso rapporto di consequenzialità logica fra il fatto storico e il fatto da provare.
Secondo un’ulteriore classi cazione, in relazione alla PROVA CONTRARIA, possiamo distinguerle in:
- PRESUNZIONI ASSOLUTE Quelle che non ammettono prova contraria;
- PRESUNZIONI RELATIVE Quelle che invece ammettono la prova contraria (caso eccezionale ma non impossibile).
Di regola, il giudice valuta liberalmente le prove, e la loro ammissibilità in relazione al caso in analisi; tuttavia alcune prove
sono vincolanti per il giudice: PROVE LEGALI.

LA PUBBLICITÀ DEI FATTI GIURIDICI


La legge appresta diversi mezzi per dare pubblicità a determinate serie di fatti giuridici, ossia per rendere tali fatti conoscibili
da chiunque.
Parliamo appunto con riferimento diretto ai REGISTRI:
๏ REGISTRI DELLO STATO CIVILE Rendono conoscibile lo stato della persona sica.
๏ REGISTRO DELLE PERSONE GIURIDICHE Rendono conoscibili le vicende relative alle associazioni e fondazioni riconosciute come
persone giuridiche.
๏ REGISTRO DELLE IMPRESE Da pubblicità alle vicende relative alle imprese e alle società commerciali.
๏ REGISTRI IMMOBILIARI Danno pubblicità ai fatti costitutivi, traslativi ed estintivi della proprietà e degli altri diritti reali su beni
immobili (in via eccezionale anche di fatti relativi a diritti di obbligazione, come locazione e conferimento in godimento
ultraventennali).
๏ REGISTRI DI CATEGORIA Danno pubblicità ai medesimi fatti relativi a determinate categorie di beni mobili: pubblico registro
automobilistico, registro navale, registro degli aeromobili.

La pubblicità dei fatti giuridici può svolgere funzioni diverse; distinguiamo 3 pubblicità fondamentali:
➡ PUBBLICITÀ-NOTIZIA:
Vale a rendere conoscibili i fatti giuridici a chiunque ne abbia interesse: ed è funzione assolta da ogni mezzo di pubblicità
(determinati mezzi, come ad esempio il registro dello stato civile, possiedono SOLO questa funzione).
➡ PUBBLICITÀ DICHIARATIVA:
Ha la speci ca funzione di rendere opponibile ai terzi il fatto giuridico del quale è stata data pubblicità, indipendentemente
dalla circostanza che i terzi ne abbiano avuto effettiva conoscenza. Essa trasforma la conoscibilità del fatto, resa possibile dalla sua
pubblicità, in conoscenza legale: una volta che dal fatto è stata data pubblicità, nessuno può eccepire di ignorarlo.
Entro la pubblicità dichiarativa occorre però introdurre una distinzione, rilevante per il caso in cui non sia stato dato il fatto giuridico:
A) LA PUBBLICITÀ È MEZZO SUFFICIENTE MA NON NECESSARIO PER L’OPPONIBILITÀ DEL FATTO AI TERZI.
B) LA PUBBLICITÀ È MEZZO NECESSARIO OLTRE CHE SUFFICIENTE PER L’OPPONIBILITÀ DEL FATTO AI TERZI.
➡ PUBBLICITÀ COSTITUTIVA:
Ricorre nei casi in cui l’iscrizione di un fatto giuridico nel registro è requisito necessario perché si producano i suoi
effetti giuridici (è il caso dell’iscrizione dell’ipoteca, delle società di capitali e cooperative).
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Nichele Arianna

LA TRASCRIZIONE IMMOBILIARE
Si debbono rendere pubblici per mezzo della trascrizione nei registri immobiliari:
- i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili o che costituiscono, trasferiscono, modi cano o estinguono diritti edi catori o
comunque dominanti, ovvero diritti reali di godimento su di essi, nonché le locazioni ultraventennali, e i contratti di società per i quali
si conferisce il godimento di immobili per oltre nove anni o a tempo indeterminato..
- Gli atti unilaterali, sentenze e altri provvedimenti giudiziari che producano le stesso effetto.
La trascrizione ha funzione di pubblicità dichiarativa: il contratto o l’atto soggetto a trascrizione è perfettamente valido ed ef cace fra
le parti, anche in mancanza di trascrizione (nel c caso di una pluralità di acquirenti: chi trascrive per primo, ha vantaggio–>principio di
priorità).
Leggi tra letto a pag.463.
Sono inoltre, soggette a trascrizione, sempre agli effetti della opponibili ai terzi, le DOMANDE GIUDIZIALI riguardanti atti soggetti a
trascrizione–> si parla di effetto perentorio della trascrizione: la quale fa retroagire al momento della trascrizione della domanda
giudiziale l’effetto della successiva trascrizione della sentenza di accoglimento della domanda.
Se le domanda sarà accolta, la sentenza di accoglimento potrà essere opposta ai terzi dalla data di trascrizione della domanda.
Distinguiamo:
➡ TRASCRIZIONE SANANTE
È una regola che non vale per il contratto nullo: la sentenza che dichiara la nullità, travolge, in linea di principio, anche i diritti
acquistati dai terzi in buona fede, e ciò quantunque il terzo avesse trascritto il proprio acquisto prima della trascrizione
della domanda giudiziale di nullità.
A questo principio è pero apportato un temperamento per l’ipotesi in cui il contratto nullo (o annullabile) sia stato trascritto e
siano passati 5 anni senza che risulti eseguita la trascrizione della domanda giudiziale di nullità. In tal caso, la sentenza che
dichiara la nullità (o l’annullamento), non pregiudica i diritti acquistati da terzi in buona fede ad un atto trascritto anteriormente alla
domanda giudiziale (ex art.2652, comma6).
➡ TRASCRIZIONE DEL PRELIMINARE
Ex art.2645 bis, per il contratto preliminare; la trascrizione del contratto de nitivo o della sentenza che accoglie la domanda giudiziale
di esecuzione in forma speci ca ex art.2932, prevalga sulle trascrizioni ed iscrizione eseguite contro il promettente alienante dopo la
trascrizione del contratto preliminare.
L’effetto prenotativo cessa, tuttavia, se entro 1 anno dalla data convenuta nel preliminare per la conclusione del contratto de nitivo, e
comunque, entro 3 anni dalla trascrizione preliminare, non è eseguita la trascrizione del contratto de nitivo o della sentenza
che accoglie la domanda giudiziale di esecuzione in forma speci ca.
➡ TRASCRIZIONE DI ATTI DI DESTINAZIONE
Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili registrati iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non
superiore a 90 anni o per la durata della vita della persona sica bene ciaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a
persone disabili, PA, altri enti o persone siche ai sensi dell’art.1322, comma2, possono essere trascritti al ne di rendere opponibili ai
terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita
del conferente stesso.
I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati sono per la realizzazione al ne di destinazione e possono costruire oggetto di
esecuzione, salvo solo per debiti contratti per tale scopo.
Si prende in sostanza la possibilità di trascrivere gli atti in forma pubblica con cui un soggetto (conferente), costituisce,
su beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, un vincolo di destinazione nalizzato, per un periodo non
superiore a 90 anni o per la durata della persona sica bene ciaria, a realizzare interessi meritevoli di tutela, riferibili a
soggetti individuati, peraltro con ampia formulazione, della stessa disposizione (bene ciari).
➡ TRASCRIZIONE DI ATTI COSTITUTIVI DI VINCOLI
Si devono trascrivere, se hanno per oggetto beni immobili, gli atto di diritto privato, i contratti e gli altri atti di diritto privato, anche
unilaterali, nonché le convenzioni e i contratti con i quali vengono costituito a favore dello stato, regioni, enti pubblici territoriali, vincoli di
suo pubblico o vincolo richiesto dagli strumenti urbanistici comunali, di pani cazione territoriale, ecc.
Il legislatore ha cosi introdotto una norma aperta al rinvio che consente la trascrizione di qualunque vincolo disciplinato
da norme statali, regionali e comunali.
Leggi tra letto a pag.465\466.
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Nichele Arianna

SISTEMA DELLA TRASCRIZIONE IMMOBILIARE


Il nostro sistema della trascrizione immobiliare è a base personale e non reale: i registri fanno riferimento a persone (indice dei
nomi) e non a beni. Il conservatore dei registri immobiliari esegue la trascrizione di ciascun atto a favore dell’acquirente contro il suo dante
causa; motivo per cui le ricerche in tali registri vengono eseguite per nomi di persone e non per unità immobiliari.
A base reale è invece il sistema tavolare vigente tutt’ora nelle province già appartenenti all’impero austro-ungarico, e annesse
all’Italia dopo la prima guerra mondiale. L’iscrizione in quei libri fondiari (intavolazione), ha inoltre valore di pubblicità costitutiva.

Altro dai registri immobiliari è il catasto (leggi tra letto a pag.467).

CONTINUITÀ DELLE TRASCRIZIONI


Il sistema della trascrizione immobiliare è bastato sul principio della continuità delle trascrizioni ex art.2650; ad ogni trascrizione
contro una persona deve corrispondere una trascrizione a favore della stessa persona. Finchè non accade, resta inef cace la
trascrizione dell’ultimo acquisto (tutto a favore della testi del sistema a base personale dei registri immobiliari); una volta che, con la
trascrizione del precedente atto di acquisto, si sia ristabilita la continuità delle trascrizioni, le successive trascrizioni o iscrizioni producono
effetto secondo il loro ordine rispettivo (dalla propria data).
In conclusione: si può acquistare un immobile in tutta sicurezza solo e dai registri immobiliari, risulta, partendo dal dante
causa e andando a ritroso, una serie continua di trascrizioni.

TITOLO PER LA TRASCRIZIONE La trascrizione si esegue presso l’uf cio fra registri immobiliari nella cui circolazione sono
situati i beni. L’atto da trascrivere deve presentare speci ci requisiti formali, idonei a farne un titolo per la trascrizione (sentenza, atto
pubblico o rma autenticata con rme giudizialmente accertate), trascrivendo la domanda giudiziale (anche preventivamente).
Il titolo per la trascrizione deve essere accompagnato da una nota per la trascrizione, nella quale sono indicati gli estremi essenziali
dell’atto e degli immobili che ne formano oggetto.
La trascrizione degli atti è solo un onere per le parti; è invece un obbligo per il notaio che ne abbia redatto l’atto o
autenticato la scrittura privata. Oltre che dalle parti dell’atto, la trascrizione può esser fatta da chiunque ne abbia
interesse.
La cancellazione della trascrizione è rigorosa: la trascrizione delle domande giudiziali può essere cancellata se la cancellazione è
consentita dalle parti o se è ordinata dal giudice con sentenza passata in giudicato (il giudice può anche decidere di rigettare la domanda
ed estinguere il giudizio); si deve inoltre cancellare l’indicazione della condizione, ecc (vedi art.2688, comma 3).
! NB. Il conservatore dei registri immobiliari, in quanto pubblico funzionario, è responsabile dei danni che cagiona a privati per
l’illegittimo ri uto di trascrizione, per il ritardo o le omissioni inerenti a questa–> applicazione della personale
responsabilità per danno.
Qualora emergano gravi dubbi sulla trascrivibilità di un atto (o sull’iscrizione di un’ipoteca), il conservatore su istanza della
parte può richiederne la formalità con riserva; la parte deve quindi proporre il reclamo all’autorità giudiziaria af nché sciolga il dubbio (ex
art.2674 bis, riforma dell’85).

LA TRASCRIZIONE MOBILIARE
I medesimi atti, se relativi a beni immobili, sono soggetti a forme di pubblicità quando hanno per oggetto beni mobili registrati–>
registro automobilistico (Pra), navale e degli aeromobili.
L’identità di funzione che hanno cura di elencare gli altri soggetti a trascrizione mobiliare è richiesta per\ha gli effetti degli artt.2644 e.
seguenti.
Anche qui la trascrizione è un onere per i privati interessati, ma un obbligo per il notaio rogante (rogante=rogito); vale anche qui il
principio circa la continuità delle trascrizioni.
La grande differenza con il sistema immobiliare, è che il sistema della trascrizione mobiliare è a base reale, e ciò sempli ca
molto le ricerche sugli stessi registri (ricerca del numero di matricola del bene).

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Nichele Arianna

RIEPILOGO ARTICOLI LA CUI DISPOSIZIONE È DA IMPARARE A MEMORIA:

PROPRIETA (art.832)
Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti
dall'ordinamento giuridico [Cost. 42, 43, 44].

TESTAMENTO (art.587)
Il testamento è un atto revocabile [679 ss. c.c.] con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie
sostanze o di parte di esse.
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno ef cacia, se contenute in un
atto che ha la forma del testamento [601 c.c.], anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale.

POSSESSO (art.1140)
Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può
possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.

FONTI DELLE OBBLIGAZIONI (art. 1173)


Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo [2043] a produrle in conformità dell'ordinamento
giuridico.

CONTRATTO (art.1321)
Il contratto [1173] è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale [1174,
1322].

FATTO ILLECITO (art.2043)


Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno
[2058].

BUONA FEDE (OGGETTIVA) NELLE TRATTATIVE (art. 1375)


l contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

≠ BUONA FEDE SOGGETTIVA.

Che cosa signi ca "Buona fede"?


È un concetto che risale al diritto romano e ancora oggi costituisce uno dei principi base del nostro ordinamento civile. Non è altro che una
situazione psicologica del soggetto rilevante per il diritto, poiché produce importanti conseguenze giuridiche.
In senso soggettivo, è intesa come ignoranza di ledere un diritto altrui; in senso oggettivo, è quel generale dovere di correttezza e di
reciproca lealtà di comportamento nell'esplicazione della vita giuridica dei soggetti.

Secondo Cassazione 9651/2016 "In senso soggettivo, per “buona fede” si intende lo stato di ignoranza o l’erronea conoscenza circa
una data situazione giuridica o di fatto; per contro, per “mala fede” si intende la scienza, la consapevolezza, l’esatta conoscenza, di un
fatto o di una data situazione giuridica. In senso oggettivo, invece, la “buona fede” consiste in una regola di condotta da tenersi nei
rapporti giuridici, una regola improntata alla lealtà nei confronti delle altre parti: è in buona fede chi si comporta con lealtà nei rapporti
giuridici. Per contro, per “mala fede” si intende la slealtà di condotta nell’agire giuridico.

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