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2022

CORSO AK - PROF. CATTANEO

ECONOMIA E
GESTIONE DELLE
IMPRESE
NATALIIA KARKOVSKA

IL SISTEMA IMPRESA
L’impresa è un sistema aperto costituito da risorse ed attori legati tra loro da relazioni orientate a realizzare delle
attività e collegati a vari soggetti esterni tramite relazioni. Gli attori interni ed esterni sono portatori di interesse
(stakeholder). L’impresa è un sistema cognitivo, apprende e modi ica se stessa e le relazioni con l’esterno, si
sviluppa in base a quanto le accade attorno, se non fosse un sistema cognitivo l’impresa dovrebbe bloccarsi
poiché le mancherebbe la capacità di reazione, è un sistema complesso poiché l’insieme è qualcosa in più della
somma delle parti, crea delle sinergie, sa produrre, bisogna creare un valore aggiunto, è un sistema autopoietico,
evolve a partire da se stesso, scambia risorse con l’esterno e persegue l’equilibrio interno, è un sistema aperto e nel
contempo chiuso, perché ho bisogno delle energie esterne, che vanno assorbite per l’equilibrio interno, devo
perseguire la stabilità e l’esterno non deve distruggere la realtà impresa. Queste considerazioni sono valide se
consideriamo anche le condizioni storiche e geogra iche in cui l’impresa va ad integrarsi.
Cosa determina l’evoluzione del sistema impresa?
Il sistema impresa ha un patrimonio genetico. Questo signi ica che l’impresa è equiparata ad un essere vivente,
ogni impresa è diversa dall’altra. Questo patrimonio genetico ha una spinta imprenditoriale (qualcosa che spinge
gli uomini a creare e a mettersi in gioco). Imprenditore e manager non sono sinonimi, imprenditore è qualcosa di
unico, con un proprio patrimonio genetico. Altri elementi più facili da individuare sono le risorse tangibili e
intangibili (brevetti, determinate capacità...), la terza componente del patrimonio genetico sono le relazioni (sono
una componente molto complessa, rapporto che si mantenga stabilmente nel tempo). Dal punto di vista
dell’economia aziendale, la relazione è veri icata quando è registrato uno scambio di risorse economiche. Per il
marketing relazionale, cliente è quel soggetto che si è messo in contatto con me, anche se non ha concluso una
relazione. Sulle relazioni si deve costruire, poiché sono un elemento di valore futuro.
L’altro elemento è il progetto strategico, l’impresa esiste perché ha un suo progetto strategico, può essere
osservato identi icando:
• Visione e mission: la mission è il modo che l’impresa ha di rappresentarsi verso l’esterno, la visione è quando
rappresento a chi do voce, di chi sto portando gli interessi. Visione e mission devono essere condivise e
comunicate. L’impresa deve comunicarle, altrimenti la mission avrà di icoltà a veri icarsi;
• Strategia competitiva: è l’elemento di maggior importanza quando si studia l’impresa;
• Generazione, sviluppo e utilizzo risorse.
Se io riuscissi a quanti icare tutte le componenti riuscirei a riprodurre come un modellino le stesse condizioni? No,
perché devo tenere conto anche dell’elemento casualità, non prevedibile e non ripetibile, ogni impresa è quindi
ancora di più un soggetto unico.
Cosa si può aggiungere al patrimonio genetico ed al progetto strategico?
Sempre più spesso si fa riferimento al concetto di responsabilità sociale di impresa, corporate social responsability
(CSR), il contratto sociale che ogni impresa stipula con il contesto esterno de inendo obblighi e diritti perché
l’agire dell’impresa ha e etti sulla collettività, sul livello qualitativo dell’ambiente e coinvolge direttamente ed
indirettamente un sempre più ampio numero di soggetti, comprese le generazioni future.
Il libro verde vuole che le imprese sviluppino le risorse umane e abbiano sostenibilità per l’ambiente, oltre il
semplice obbligo di tipo giuridico.
Posso stipulare contratti di responsabilità sociale sia con i clienti che con i fornitori per dare maggiore sviluppo.
Quando parlo di responsabilità sociale il numero di stakeholder diventa sempre più numeroso, vi sono vari
interventi promossi anche dall’ONU per promuovere comportamenti volti all’assunzione di responsabilità sociale da
parte dell’impresa (es. global compact, un documento che dà 10 principi riguardanti diritti umani, ambiente, lavoro
e lotta alla corruzione).
Oltre al global compact, c’è un intervento (GRE) di reportistica, che identi ica indicatori riguardo all’applicazione o
meno dei principi del global compact.
L’ambiente di riferimento
L’impresa interagisce con una pluralità di attori e si muove in contesti di erenti:
• Attori: acquirenti (attuali, potenziali, indiretti), concorrenti, fornitori (pluralità di fornitori), distributori, investitori,
autorità pubbliche (regionali, nazionali, internazionali), forze sociali;
• Contesto: condizioni economiche (PIL, tasso occupazione, tasso di in lazione...), condizioni tecnologiche
(trasferimento tecnologico, spesa in R&S), condizioni politiche – istituzionali (normativa, sistema istituzionale...),
condizioni socio – culturali (distribuzione della ricchezza, sistema di valori, coesione sociale...).
Attori e contesto sono così importanti perché l’impresa può scegliere se comportarsi in maniera attiva o passiva
nei loro confronti (es. la piccola impresa accetta con una condotta passiva il contesto politico e istituzionale, la
grande multinazionale, invece, ha una condotta attiva, propone delle modi iche del contesto, a seconda del ruolo
dell’organizzazione).

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L’ambiente quale contesto generale di riferimento per l’impresa


Si parla di microambiente, l’ambito dove si sviluppano gli scambi – le transazioni in entrata e in uscita – si
identi icano dei mercati due o più contraenti disposti a scambiare qualcosa nel mercato del lavoro, inanziario,
mercato della produzione e mercato della vendita.
Macroambinete da cui deriva il sistema di vincoli ed opportunità, qual è il rapporto dipendenza, in luenza
dell’impresa del macro e micro ambiente, quale può essere il livello di interazione attiva e passiva.
Perché l’ambiente è rilevante per l’impresa?
Si instaura una relazione bidirezionale tra l’insieme di attori e condizioni ed il raggiungimento degli obiettivi di
impresa. Dall’ambiente l’impresa può apprendere. In esso si manifestano le condizioni competitive.
Utilizzeremo, per l’analisi, il modello delle cinque forze competitive proposto da Michael Porter.
1. Intensità della concorrenza nel settore;
2. La minaccia di nuovi entranti nel settore;
3. La presenza di prodotti sostitutivi;
4. Il potere contrattuale dei fornitori;
5. Il potere contrattuale degli acquirenti.
Posso immaginare di riuscire a sviluppare, crescere e creare delle prospettive a lungo termine. Per poter procedere
è necessario de inire e condividere alcuni concetti di base.
Concetti di base
EFFICIENZA: indica una generica misura della prestazione, de inita dal rapporto tra i risultati conseguiti e la
qualità/quantità/valore dei mezzi impiegati, o anche il rapporto ottimale tra input (risorse date/consumate) ed
output (risultato voluto). Posso trovarmi a dover scegliere tra alternative, in questi casi il denominatore del
rapporto è de inito, mentre a variare è il numeratore. L’e icienza teorica è quello che ottengo in laboratorio, in una
situazione protetta, è un ipotesi che mostra i possibili sviluppi delle alternative. L’e icienza fattuale è quella della
realtà, calcolata su input e output, è reale e concreta. Ogni volta che a ronto il problema della scelta, ho deciso
cosa deve essere output e devo combinare i possibili input. L’e icienza si dice essere una misura neutrale, lavora
indipendentemente dagli obiettivi che si vogliono conseguire. Si parla di e icienza tecnica (produttività –
e icienza dell’ingegnere, è stata la prima ad essere utilizzata proprio perché erano gli ingegneri a decidere se una
macchina era più produttiva di un’altra) se nel processo di valutazione considero il rapporto tra l’energia
consumata e l’energia prodotta (posso però anche calcolare l’e icienza tecnica per la forza lavoro), ma anche di
e icienza economica (economicità) se ai termini del rapporto applico la nozione di costo, la valutazione
dell’e icienza economica risulta più signi icativa per chi deve sviluppare un’azienda, valuta se i costi che sostengo
rispondono a un risultato positivo. Per l’impresa la modalità più e iciente di una produzione è quella che consente
di ottenere una certa quantità x di prodotto al minor costo unitario possibile, a parità o con la minor perdita di
qualità. Il costo è un elemento determinante per la scelta, ma devo fare attenzione.
L’impresa potrebbe rinunciare ad incrementare la produttività? Sì, se vi è un peggioramento di economicità più
che proporzionale, cioè il costo unitario di produzione non diminuisce. Utilizzando i due elementi di
rappresentazione dell’e icienza, si ha un peggioramento poiché potrei dover intervenire a sopperire a una
mancanza di qualità. Devo assicurarmi di valutare tutti gli e etti e tutte le componenti di costo che ne fanno parte.
EFFICACIA: esprime una misura del grado con cui un’organizzazione riesce a realizzare i propri ini (sviluppo,
dominio sul mercato, autonomia) e a conseguire i propri obiettivi, che possono avere sia natura economica, sia
natura sociale, cioè rispondono ai bisogni della collettività (abbiamo parlato di sostenibilità/responsabilità sociale).
L’e icacia è una misura spesso non quanti icabile, rappresenta “il voler essere” dell’impresa, si collega alla
formulazione della strategia, rappresenta la capacità del management di combinare i fattori a disposizione per
consentire all’impresa di svilupparsi o al limite di sopravvivere.
REDDITIVITÀ: è il rapporto tra un lusso al numeratore ed uno stock al denominatore, espresso in percentuale. Al
numeratore un lusso monetario ricorrente (remunerazione/pro itto lordo), al denominatore un patrimonio (capitale
proprio/capitale investito). Nell’e icienza e nell’e icacia il rapporto è lusso/ lusso. Per quale ragione calcolare la
redditività? La redditività viene calcolata perché rappresenta la convenienza ad investire in un processo produttivo,
indica un valore obiettivo ed ha valenza strategica. Per l’impresa, obiettivo è ottenere la migliore remunerazione
piuttosto che massimizzare il pro itto. Due imprese che raggiungono lo stesso livello di e icienza possono
registrare livelli di redditività diversi? Il livello di redditività è indicatore del livello di e icienza dell’impresa? No,
entrambi i criteri sono da utilizzare, i due termini non sono equivalenti, poiché ho diverse di capacità di aumentare
o diminuire le risorse che vado a considerare, devo tenere conto della mia capacità di governare/non governare i
fenomeni attorno all’organizzazione. Quando osserviamo l’impresa dobbiamo ricordare che: ci sono componenti
interne all’impresa – risorse tangibili e intangibili rispetto alle quali è possibile agire (governabili) e ci sono
componenti esterne legate all’ambiente – economie esterne – che non possono essere dominate. Ci sono fattori
che non intervengono nel calcolo dell’e icienza ma che hanno ruolo nel determinare la redditività.

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Due imprese hanno lo stesso tasso di e icienza, ma una ottiene alta redditività e una bassa redditività, che errore
ha commesso l’impresa che perde? Entrambe sono e icienti nel produrre, solo che nella distribuzione non è stato
tenuto conto della variabile “consumatore”.
L’impresa potrebbe dotarsi di una griglia di riferimento per gestire in modo ottimale le proprie risorse. Ci sono dei
criteri (e icacia, e icienza tecnica, e icienza economica), identi ico delle inalità (dominare il mercato, ridurre il
costo di produzione), isso degli obiettivi (aumento del % il numero dei clienti, la % produzione per addetto).
Nella griglia, manca la colonna delle variabili, ovvero l’elemento chiave rispetto a cui bisogna operare (cliente,
qualità, ...), manca l’aspetto determinante per la realizzazione degli obiettivi. Ma la griglia sarà uguale per tutti?
Realtà pro it, realtà non pro it, operatori pubblici? Dati i criteri prima considerati, queste organizzazioni avranno le
stesse inalità e gli stessi obiettivi? No.
ECONOMIE DI SCALA: spesso viene detto che un’impresa di grandi dimensioni ha successo perché consegue
economie di scala, ovvero l’aumento degli input impiegati nel processo produttivo provoca una riduzione del costo
unitario. Se osservo la relazione tra costo unitario e capacità dell’impianto riconosco il punto di scala minima
e iciente. In sintesi, le economie di scala si riferiscono ai risparmi di costi generati dall’aumentare la scala di
produzione di un prodotto. Le organizzazioni devono veri icare se la loro struttura consente di attuare delle
economie di scala, allora ha senso perseguire l’investimento per l’aumento produttivo. Molto spesso si incorre
nell’errore di considerare questo come un dato di fatto, ovvero che sempre si veri ica. Dove e come hanno origine
le economie di scala? Le fonti delle economie di scala sono diverse:
• Relazioni tecniche tra input ed output (relazione non proporzionale);
• Indivisibilità di alcune attività e/o risorse (ma se posso distribuire il costo di una risorsa su volumi di output
maggiori...);
• Specializzazione (tematica che più volte incontreremo).
In particolare pensiamo alla fabbrica, alla catena di montaggio, al modello di produzione proposto da Henry Ford.
La specializzazione si manifesta nella divisione del lavoro, il processo produttivo è suddiviso in mansioni distinte e
avremo produzioni di massa. La specializzazione promuove l’apprendimento, evita perdite di tempo legate al
passare da una attività all’altra, favorisce la meccanizzazione e l’automazione. Tutto ciò funziona con produzioni di
massa, produzioni standardizzate, non con micro-produzioni. Ford ha successo perché produce modelli uguali per
tempi lunghissimi, senza varianti. Il primo modello prodotto è la T nero. Con l’economia di scala, riduce il prezzo di
vendita, aumentando i guadagni ed espandendo ancora di più la produzione di automobili. Questa logica della
specializzazione ha il punto di debolezza poiché non si può portare oltre un certo livello la standardizzazione di un
prodotto. Attraverso la specializzazione facciamo in modo che ci sia un apprendimento sempre minore da parte
dei soggetti, migliora sotto il punto di vista qualitativo, non quantitativo. Oggi la specializzazione è presente anche
“fuori dalla fabbrica”, in settori economici complessi ad elevato contenuto di servizio o ad elevata intensità di
concorrenza (alta inanza, progettazione, consulenza direzionale).
Chi non consegue economie di scala è destinato a soccombere? Fissare come unico obiettivo il conseguire
economie di scala presenta dei limiti? La risposta non può essere univoca. Le condizioni tipo che consentono di
conseguire economie di scala (grandi dimensioni, concentrazione del settore) non sempre sono garanzia di più
elevata redditività e/o minori costi. Il sistema produttivo italiano è un tipico caso di studio, poiché la grande
dimensione delle imprese non esiste, si basa su imprese di piccole e medie dimensioni. Dall’analisi si evince che
alla dimensione operativa ridotta spesso corrisponde:
• Maggiore lessibilità: riesco ad adattarmi meglio ai cambiamenti della domanda in termini quantitativi;
• Maggiore adattabilità: riesco a rispondere meglio alle domande qualitative;
• Più elevata motivazione;
• Più agevole coordinamento.
Un ulteriore limite può essere rappresentato dal ritenere che il vantaggio della grande dimensione si manifesti
esclusivamente nella fase di produzione. Al contrario sempre più spesso le opportunità si manifestano a livello di:
• Attività di marketing: comunicazione, pubblicità, promozione del marchio/logo;
• Ricerca e sviluppo: sviluppo nuovi modelli, nuovi prodotti;
• Economie di replicazione di attività basate sulla conoscenza: un modello organizzativo, un software.
Strettamente collegato al concetto di economie di scala vi è quello di economie di apprendimento, cioè la
possibilità di modi icare i costi grazie alle curve di esperienza. La curva di esperienza/apprendimento si basa sul
principio del learning by doing.
Chi ha analizzato il problema è giunto ad alcune conclusioni: poiché la ripetizione delle mansioni sviluppa sia le
competente e le abilità individuali (destrezza, approccio problem solving) sia le routine organizzative a livello di
gruppo (nella forma anche di miglior coordinamento). All’aumentare del volume produttivo, tutti i soggetti coinvolti
– a qualunque livello della piramide – saranno in grado di aggiungere valore.
ECONOMIE DI SCOPO: cosa dice il manuale: “esistono economie di scopo quando ci sono vantaggi di costo
derivanti dall’utilizzare una risorsa in molteplici attività condotte congiuntamente anziché indipendentemente”.
Cosa di erenzia una economia di scopo da una economia di scala (poiché possono apparire simili)? L’economia di

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scala va a vedere il risparmio di costo generati dall’aumentare della scala di produzione di un singolo prodotto, una
singola attività, nell’economia di scopo facciamo un passo ulteriore: andiamo a vedere i risparmi di costo generati
fa un aumento dell’output di più prodotti. Le economie di scopo hanno natura diversa, dipendono dalle risorse o
dal tipo di competenze. Cosa può essere trasferito/messo a fattore comune?
Vengono usate nella diversi icazione, è una strategia. Fiat-Chrysler era all’interno di RCS quindi proprietaria di una
quota del corriere della sera, ma hanno ceduto anche la proprietà di altri due giornali. Hanno dato vita a una
fusione con repubblica, loro sono apparentemente usciti dall’editoria. Hanno acquistato una quota dell’Economist,
stanno ra orzando il loro ruolo internazionale.
In genere si opera a livello di:
• Servizi amministrativi/servizi legali/sistemi informativi/u icio relazioni con il pubblico, creo strutture preposte
all’erogazione di detti servizi alle diverse aree di business;
• Risorse intangibili: marchi, brevetti, reputazione;
• Competenze organizzative: manageriali (motivare, coordinare, accentrare e decentrare), gestione marchi (tutto
ciò che precede e segue).
Esempio marchio Ferrero: (Kinder, Ferrero Rocher, Nutella ...), i cosiddetti marchi ombrello, per Ferrero era
importante la reputazione collegata al suo nome.
N.B.: le economie di scopo possono manifestarsi a livello di produzione, ma anche a livello di consumo.
Aggiungiamo un elemento: per sfruttare le economie di scopo devo necessariamente diversi icare? No, potrei
vendere o cedere in licenza le risorse o le competenze che sono alla base delle economie di scopo. Ma come
posso decidere se diversi icare o vendere/cedere licenza? Si parla in questo caso di problemi di e icienza relativa,
per risolverli devo procedere al confronto tra:
• Costi di transizione dei contratti di mercato – che cosa mi costa la decisione di cedere la licenza, cosa mi costa
tutelarmi nel momento in cui sto cedendo la licenza;
• Costi amministrativi associati ad attività di diversi icazione – se ho un marchio forte e decido di sfruttarlo
cedendolo in licenze devo dotarmi di competenze ulteriori.
Walt Disney cede la licenza d’uso per l’abbigliamento, giocattoli etc. Walt Disney continua ad occuparsi del suo
core business, cartoni e parchi divertimento. Walt Disney non gestisce i Disney Store, sono tutti ceduti in
franchising. Il contratto di franchising riduce il rischio d’impresa, Walt Disney trova imprenditori che si fanno carico
della distribuzione e della gestione di un punto vendita. Stessa cosa fa Benetton. Il contratto di franchising issa un
costo, de inisce in modo abbastanza rigido cosa si può fare, prezzi di vendita, promozioni a cui aderire.
Quale può essere il problema del franchising? Viene tolta l’autonomia privata, bisogna aderire alle campagne di
colui che gestisce il marchio, anche i prezzi vengono decisi dalla casa madre, senza tenere conto delle variabili.
Anche la localizzazione dei punti vendita in franchising può essere un problema: con littualità continua nel
territorio.
ECONOMIE DI REPLICAZIONE: è un concetto utilizzato quando si a ronta il tema della internazionalizzazione
tramite investimenti diretti, non tramite esportazioni per l’impresa che internazionalizza. I principali vantaggi: le
e icienze di costo derivano dalle economie di replicazione di attività basate sulla conoscenza e sulle competenze
organizzative.
Se l’impresa crea un prodotto/un’attività che si basa sulla conoscenza (un software, un sistema organizzativo), le
successive replicazioni comportano costi inferiori all’attività iniziale. (McDonald’s, Disneyland).
IMPRENDITORE: agli inizi del ‘700 una prima proposta de initoria: “... colui che cerca di sfruttare le opportunità
del mercato create dalla discrepanza tra domanda e o erta ...” o anche “... il vero organizzatore di ciò che si
produce ...”.
Alcuni studiosi proposero il termine intraprenditore per indicare una posizione intermedia tra la forza lavoro e
l’assetto proprietario. Nel ‘900 la igura assume una dimensione più dinamica: “l’imprenditore è un innovatore,
sviluppa nuove combinazioni produttive che portano ad un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti,
maggiori volumi di vendita, maggiori pro itti”. Può essere de inita come la prima de inizione moderna del concetto
di imprenditore.
A partire dalla metà del ‘900 ha inizio il passaggio dall’economia della produzione all’economia dell’informazione e
l’imprenditore ha il compito di trovare le informazioni, collegarle e porle tra loro in relazione, superare le
asimmetrie informative, sfruttare le conoscenze e le esperienze. La nuova de inizione di imprenditore presenta
elementi di maggiore complessità; imprenditore è colui che possiede in modo superiore alcune qualità:
• Capacità di previsione – razionalità consapevole – intuito;
• Spirito di iniziativa – forte volontà – libertà intellettuale;
• Autorevolezza e capacità di leadership nei confronti dei collaboratori.
Sa innovare in modo da realizzare prodotti non replicabili, crea vantaggio competitivo grazie alle tecnologie e ai
processi di ideazione (al know how). Sa assumere decisioni diverse dagli altri, ha accesso alle informazioni e
soprattutto meglio degli altri è in grado di interpretarle.

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Art. 2082 del codice civile: “Imprenditore: è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica
organizzata al ine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”
Anche dal punto normativo il codice civile identi ica in modo puntuale l’imprenditore. “L’imprenditore è a capo
dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori” art.2086.
Quindi organizza l’attività economica e controlla chi da lui è preposto alla gestione ed amministrazione (il
manager). La igura dell’imprenditore in sintesi si caratterizza per:
• Orizzonte temporale di medio lungo termine;
• Scelte orientate al benessere della propria impresa;
• Attenzione ai segnali interni ed ai mutamenti esterni;
• Elevata capacità di previsione e reattività.
Ed il manager? Imprenditore e manager sono igure tra loro complementari – talvolta possono coincidere. Al primo
è a idato il compito di accrescere il valore dell’impresa, assunzione del rischio. Al manager è a idato il compito –
dati certi obiettivi – di razionalizzare l’uso delle risorse ed evitare le ine icienze. Da ciò consegue che:
• L’e icacia è il valore proprio dell’imprenditorialità;
• L’e icienza della managerialità.
MERCATO: in termini economici si ha un mercato ogni qual volta vi siano due o più contraenti disposti a
scambiare fra loro i beni/servizi rispettivamente posseduti. L’impresa riconosce diversi mercati:
• Mercato del lavoro costituito dall’o erta di risorse umane;
• Mercato della produzione ne fanno parte tutti coloro che realizzano qualcosa utilizzabile nell’attività aziendale
(chi produce materie prime, chi eroga servizi...);
• Mercato inanziario ne fanno parte gli intermediari bancari e inanziari – i prestatori di capitali;
• Mercato di vendita costituito dai potenziali acquirenti.
Per l’impresa è necessario comprendere la struttura del mercato:
• La concentrazione di mercato;
• La di erenziazione;
• Le barriere.
Questi elementi sono alla base della identi icazione di diverse forme di mercato:
• Concorrenza perfetta (no asimmetria informativa, situazione teorica, trasparenza totale);
• Monopolio (soggetto unico nella capacità di o erta, colui che decide tutto);
• Oligopolio concentrato;
• Concorrenza monopolistica (coesistono due elementi: concorrenza e monopolio, posso decidere di alzare i
prezzi in quanto monopolista);
• Oligopolio (ci garantisce i risultati migliori perché si è in tanti ad operare con molte forme di specializzazione);
• Oligopolio di erenziato (soggetti diversi).
Ma è anche essenziale comprendere i rapporti tra le parti, da un lato la domanda, dall’altro l’o erta. In modo
congiunto e non separatamente per valutare il potere contrattuale di ciascuno dei contraenti.
SETTORE: il settore è l’insieme di qualcosa, è il risultato dell’operazione di classi icazione – cioè ho selezionato,
separato, conteggiato, ma è una rappresentazione che si può dire astratta poiché se modi ico il criterio di
aggregazione cambia. Il settore si de inisce come insieme omogeneo di unità produttive. L’omogeneità può
derivare da:
• Processi produttivi
• Tecnologia utilizzata
• Beni/servizi ottenuti dal processo produttivo (nella stragrande maggioranza dei casi, il criterio di aggregazione è
l’output, chi ha un output comune entra a far parte del settore).
I con ini del settore sono funzionali all’obiettivo che il soggetto conoscente si propone di conseguire in relazione
alla natura e inalità di questo soggetto si possono condurre:
• Analisi di settore inalizzate a interventi di politica economica (in genere decisore pubblico);
• Analisi di settore inalizzate ad obiettivi inanziari;
• Analisi di settore inalizzate a obiettivi conoscitivi del decisore impresa (nello speci ico gli obiettivi potrebbero
essere di espansione, di conquista, di sviluppo interno o esterno);
• Analisi di settore inalizzate alla ricerca (nello speci ico gli obiettivi potrebbero essere: condurre studi empirici,
formulare modelli teorici);
La de inizione dei con ini è il punto di partenza. Il rischio è di non identi icare il denominatore comune corretto e
così:
• Eccessiva eterogeneità (onnicomprensivo), ad esempio Trenord, Airpullman;
• Complessità nell’inserire le unità osservate perché diversi icate, integrate verticalmente, ad esempio Ferrero.
In genere quale denominatore comune viene scelta l’esistenza di omogeneità tra le merci prodotte.

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Ma attenzione, cosa signi ica omogeneità? Una possibilità è de inirla come: la capacità di soddisfare funzioni
identiche o simili degli utilizzatori/consumatori, in altri termini prodotti/servizi in grado di rispondere a bisogni
identici o assimilabili. Secondo alcuni autori si potrebbe parlare di intercambiabilità. Da ciò consegue alta
sostituibilità, per cui ogni impresa può sottrarre clienti all’altra.
Bisogna però osservare: sempre più spesso risulta di icile riconoscere gli elementi di omogeneità atti a de inire il
settore poiché possono essere utilizzati:
• Materiali e/o processi produttivi diversi;
• Processi produttivi più o meno integrati e/o diversi icati.
Le criticità insite nella de inizione del settore devono indurre a:
• Osservare i cambiamenti a livello di domanda (poiché è la domanda inale a de inire i miei competitor);
• Valutare l’elasticità della domanda al prezzo (se alzo il prezzo la domanda crolla o si alza?);
• Riconosce condizioni di concorrenza anche indiretta (quel soggetto oggi fuori dal settore ma che potrebbe
decidere di entrare poiché attività redditizia).
Perché riveste importanza l’analisi di settore? All’origine la forte relazione che si manifesta tra le caratteristiche del
settore ed intensità della concorrenza e redditività. Uno dei più noti modelli di analisi è quello proposto da Michael
Porter, “modello delle cinque forze competitive”. Lo schema evidenzia come la redditività di un settore – tasso di
rendimento del capitale investito rispetto al costo del capitale – sia determinato da cinque forze che vengono
distinte in:
• Fonti di competizione orizzontale (concorrenza prodotti sostitutivi, concorrenza nuovi entranti, concorrenza di
imprese già operanti nel settore);
• Fonti di competizione verticale (potere contrattuale dei fornitori, potere contrattuale dei clienti) Ogni forza
competitiva agirà con una diversa intensità all’origine di tali di erenze.
STRATEGIA: il concetto di strategia è stato oggetto di approfondimenti a partire dagli anni ’60. Riprendiamo
alcune prime de inizioni. Chandler de inì la strategia come la determinazione delle mete fondamentali e degli
obiettivi di lungo periodo di un’impresa, la scelta dei criteri di azione e il tipo di allocazione delle risorse necessari
alla realizzazione degli obiettivi suddetti. Qualche anno dopo, Anso descrive la strategia come denominatore
comune fra le diverse attività di impresa ed individua quattro caratteristiche (componenti la strategia):
• Le combinazioni di prodotto/mercato;
• Il vettore di sviluppo seguito;
• I vantaggi competitivi;
• Le sinergie.
Gli studi aziendali hanno fatto ricorso – nella fase iniziale di orientamento – alla traduzione degli studi militari. In
campo militare formulare una strategia vincente consiste nel:
• Valutare i propri punti di forza e di debolezza;
• Confrontare tali punti con quelli del nemico;
• De inire le azioni di attacco che consentano di ottenere risultati migliori;
• E/o predisporre le azioni di difesa in grado di fronteggiare le iniziative del nemico.
Per condurre l’analisi strategica a livello d’impresa è necessario considerare due ottiche fondamentali:
1. L’analisi interna: qual è la nostra posizione;
2. L’analisi esterna: le forze in campo, cioè il nemico.
L’analisi strategica diventa strumento di gestione dell’impresa – in ottica dinamica – in grafo di fornire soluzioni atte
a rispondere alla necessità di cercare maggiore coerenza tra le risorse e le capacità interne e la rapida evoluzione
dell’ambiente esterno. Il concetto di strategia si articola diversamente in funzione del livello della strutture
organizzativa:
• A livello di gruppo (corporate strategy) si assumeranno decisioni in ordine alla struttura organizzativa e
inanziaria;
• A livello di area business si assumeranno decisioni in ordine al prodotto (linee prodotto, sviluppo dei mercati,
• distribuzione, ricerca e sviluppo);
• A livello di aree funzionali si assumeranno decisioni in ordine alla massimizzazione della produttività delle
risorse.
Volendo schematizzare, il ruolo della strategia è collegare tra loro gli elementi all’origine del successo che si
possono identi icare:
• A livello d’impresa:
• Obiettivi e valori (semplici, coerenti, di lungo periodo);
• Risorse e competenze (capacità di valutare in modo oggettivo le risorse);
• Struttura e sistemi organizzativi (capacità di implementare in modo e icace leadership, determinazione
nelle decisioni, unità di azione, coinvolgimento).

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• A livello di ambiente/settore: Comprensione dell’ambiente esterno (capacità di creare e gestire relazioni con i
clienti, con i fornitori, con i concorrenti e più in generale con gli stakeholder).
Il successo di un’organizzazione, così come quello di un individuo, raramente è il risultato di un processo casuale.

L’ANALISI DI SETTORE
Perché riveste importanza l’analisi di settore? All’origine, la forte relazione che si manifesta tra caratteristiche del
settore ed intensità della concorrenza e redditività. Uno dei più noti modelli di analisi è quello proposto da Michael
Porter: modello delle cinque forse competitive. Lo schema evidenzia come la redditività di un settore – tasso di
rendimento del capitale investito rispetto al costo del capitale – sia determinata da 5 forze che vengono distinte in:
• Fonti di competizione orizzontale:
• Concorrenza prodotti sostitutivi;
• Concorrenza nuovi entranti;
• Concorrenza imprese già esistenti.
• Fonti di competizione verticale:
• Potere contrattuale dei fornitori;
• Potere contrattuale dei clienti.
Ogni forza competitiva agirà con una diversa intensità. All’origine di questa di erenza ci sono alcune variabili
strutturali.
L’analisi di settore consentirà al decisore di valutare se entrare/uscire/investire in un determinato settore di attività
e nel contempo fornirà indicazioni in merito all’approccio strategico e alle risorse necessarie.
Concorrenza prodotti sostitutivi
Esistono P/S alternativi, o meglio, così sono percepiti dai consumatori. Questa percezione determina la maggiore o
minore pressione competitiva. Gli elementi di cui tenere conto sono:
• L’elasticità della domanda al prezzo: se non si riconoscono prodotti sostituitivi la domanda risulterà anelastica;
• I livelli di complessità dei bisogni a cui i P/S rispondono.
Sarà necessario considerare sia il rapporto qualità/prezzo, sia il grado di sostituibilità misurato dalla elasticità
incrociata.
Nello speci ico l’elasticità incrociata che dovrà essere positiva ed elevata. Si alza il prezzo di un P/S, la domanda
dell’altro P/S dovrà aumentare. Da un lato è necessario comprendere qual è la propensione degli acquirenti alla
sostituzione. Dall’altro dovremo comprendere come l’impresa che opera all’interno del settore può reagire per
ridurre la pressione competitiva. Alcune ipotesi:
• Contrastare il prodotto sostitutivo;
• Modi icare la strategia incorporando il prodotto.
Bisogna tenere conto dei possibili rischi del cambio dell’o erte. Da un lato posso incorporare il prodotto sostitutivo
nella mia realtà. Per contrastare il prodotto sostitutivo si può agire al ine di:
• Migliorare il rapporto prezzo/prestazione;
• Riposizionare il P/S;
• Di erenziare per ridurre l’elasticità incrociata, ma posso agire solo se i costi di di erenziazione non sono così
elevati da portarmi a non ottenere nessun vantaggio;
• Migliorare la comunicazione e/o avvicinandosi al cliente.
Per misurare l’attività del settore/del business sarà necessario comprendere qual è il livello di minaccia dei P/S
sostitutivi. Per fare questo dovremo considerare:
• La redditività dei prodotti sostitutivi;
• I costi di sostituzione;
• La probabilità che altri possano o rire un rapporto P/Q migliore.
Concorrenza nuovi entranti
La competitività di un settore è condizionata:
• Dalla pressione esercitata da imprese che dispongono delle condizioni necessarie ad entrare;
• Dalla capacità di reazione delle imprese già presenti.
L’entrata di un nuovo soggetto imprenditore può derivare da:
• Innovazione tecnologica;
• Cambiamento nel comportamento della domanda;
• Cambiamento normativo o istituzionale;
• Cambiamento nelle condizioni economiche dell’o erta.

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Chi minaccia può scegliere o di creare una nuova unità produttiva o di acquisire. Le due alternative hanno e etti
diversi nel tempo. Amazon può essere considerato un nuovo entrante (beni di largo consumo).
Cosa condiziona l’entrata? Le imprese nuove non possono entrare a condizioni equivalenti a quelle delle imprese
consolidate. L’opzione di entrata è condizionata dal libello delle barriere che proteggono il settore. Le barriere
possono escludere l’entrata oppure determinare imo svantaggio: minori ricavi/maggiori costi. Le barriere possono
ricondursi a fattori istituzionali, strategici e strutturali. L’elenco delle possibili fonti all’origine delle barriere è lungo
e non stabile.
Possono diventare rilevanti economie di scala, economie di esperienza. Qual è la dimensione produttiva
necessaria, qual è l’incidenza dei costi, qual è il livello degli investimenti?
Quanto è determinante l’essere anticipatori?
• Avere accesso privilegiato alle materie prime;
• Ubicazioni favorevoli;
• Migliori relazioni con fornitori e distributori;
• Curve di esperienza ed apprendimento;
• Accesso a inanziamenti pubblici.
Sono aspetti che si possono leggere in termini di svantaggi di costo indipendenti dal volume di produzione.
Fabbisogno di capitali – sostenibilità inanziaria. Vi sono settori ad alta intensità di capitale, le risorse potrebbero
essere necessarie per inanziarie le immobilizzazioni tecniche, sostenere R&S, per la pubblicità, credito al
consumo. Vi sono settori i cui costi di entrata sono molto modesti. Si può immaginare che chiunque possa
inventarsi un’attività in un determinato settore, tuttavia sono presenti problemi relativi alla sostenibilità e alla
rischiosità, per esempio attività di servizi.
Livello/grado di di erenziazione del prodotto. Chi ha già una posizione a ermata, se vi è elevata di erenziazione,
non solo materiale, ha il vantaggio della riconoscibilità: marca, posizione di leadership, livello di fedeltà, pubblicità/
promozione.
Accesso ai canali di distribuzione. La di icoltà di accedere al punto vendita è collegato a:
• Limitato spazio espositivo;
• Di idenza degli operatori o anche avversione al rischio;
• Rapporti di forza tra industria – distribuzione;
• Canali alternativi.
Barriere di tipo istituzionale o legale. Secondo alcuni le uniche barriere e icaci sono quelle create dal governo,
hanno origine esogena e regolamentano la concorrenza – concessione pubblica con il conferimento di un diritto
esclusivo. Ad esempio, le tabaccherie hanno barriere di questo tipo, infatti devono acquisire delle licenze. Chi
decide di operare in questo settore deve quindi superare una sorta di esame. Nel campo della distribuzione, un
esempio di barriera è la legge Bersani. Più in generale, tutte le professioni che presentano un albo sono soggette a
barriere di questo tipo.
In settori ad alta intensità di conoscenza, la proprietà intellettuale viene protetta. In alcuni settori si richiede
rispetto di standard ambientali o di sicurezza.
Un esempio di standard ambientali, sono dati agli stabilimenti balneari.
Nel settore delle telecomunicazioni/televisioni l’accesso non è libero, così come quello dei taxi (i proprietari dei
taxi hanno una licenza, da qui nasce la discussione Uber – taxi, Uber non ha forme di autorizzazione poiché
organizzato da privati).
Nel caso ILVA, non sono stati rispettate le direttive ambientali, non sono stati tutelati né l’ambiente, né i cittadini.
Viene lesa la libertà di concorrenza (concorrenza sleale) poiché chi rispetta le direttive ambientali, sostiene costi
più elevati.
Ogni qualvolta c’è un rapporto con il “pubblico” deve esserci qualcosa sopra al privato, per garantire un servizio
consono, che rispetti determinate qualità.
Le barriere istituzionali possono dunque governare i movimenti.
Nel settore farmaceutico va protetta la conoscenza, poiché brevettando nuove molecole si possono creare nuovi
farmaci. Quando il brevetto per la molecola scade, questa diventa ad uso pubblico delle case farmaceutiche.
Questo determina la nascita dei farmaci generici (medicinali equivalenti). Quando la molecola è libera, io la
acquisto e non ho più costi da sostenere (es. ricerca e sviluppo), se non quelli della produzione.
Le barriere all’entrata per i nuovi entranti possono collegarsi alle attese rispetto alle reazioni – ritorsioni di chi già
opera. La probabilità di reazioni vivaci è maggiore quando:
• Precedenti reazioni a fronte di tentativi;
• Esistenza di risorse elevate atte a contrastare entrata tramite politiche competitive;
• Limitato tasso di sviluppo del settore;
• Signi icativo impegno di chi ha posizione consolidata nel tempo, deve esserci un leader, qualcuno che abbia
una posizione competitiva.

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Queste vengono anche de inite barriere strategiche, ma per essere tali devono essere credibili e sostenibili. Si
tratta di porre in essere strategie aggressive nella forma di:
• Modi icazione dei prezzi che dovrebbe essere sia un punto di forza o debolezza;
• Incremento della pubblicità;
• Promozione delle vendite;
• Occupazione degli spazi isici.
Da cosa dipende l’e icacia delle barriere? Si diceva credibilità, intesa come convenienza e sostenibilità.
Convenienza economica è data dal rapporto tra costi diretti e indiretti dell’azione di barriera ed il vantaggio che ne
deriva dal mantenere lo status quo all’interno del settore. La convenienza è legata alla dimensione temporale,
dipende:
• Dalla durata temporale dell’azione di difesa aggressiva;
• Dal periodo di tempo in cui non ci saranno manifestazioni di minaccia di nuovi entranti;
• Dal periodo che intercorre tra termine azione difesa ed entrata nuovo.
Ma si parla anche di convenienza strategica, all’origine:
• L’opportunità di contenere il rischio di intensi icazione della concorrenza;
• L’opportunità di mantenere il controllo nel caso di settore ad elevato potenziale di sviluppo/crescita ed
innovazione.
Il termine sostenibilità dispone delle risorse necessarie per evitare o eliminare le minacce, spesso si riferisce alle
risorse inanziarie che devono essere adeguate agli investimenti richiesti. L’adeguatezza è da valutare in termini
assoluti rispetto a chi è già presente ed in termini relativi considerando la capacità potenziale entrante di sostenere
o contrastare gli e etti delle barriere all’entrata.
Concorrenza di imprese già operanti nel settore. L’intensità della competizione deriva dal grado di
concentrazione che può collegarsi alla numerosità degli operatori, al valore investimenti o al volume produzione
controllata. La concentrazione può de inirsi come la quota % di mercato detenuta da una singola impresa rispetto
al totale. Nel condurre l’analisi può essere utile conoscere:
• La concentrazione assoluta (le prime tre detengono ...);
• La concentrazione relativa (rispetto alle tre imprese osservate, la prima detiene ...) – quindi la distribuzione delle
quote rispetto al valore medio
Ma il dato in se non indica in modo univoco l’intensità della concorrenza.
Il numero di operatori presenti può spiegare le politiche di prezzo poste in essere, ma talvolta il prezzo è
strumento/e etto di politiche di coordinamento (ad esempio, nel mercato statunitense, Pepsi e Coca Cola, hanno
una sorta di accordo sul prezzo, basano la competitività su altri elementi). L’intensità della concorrenza può anche
derivare dalla diversità o dalla similitudine tra operatori. Ad esempio, a livello di struttura dei costi, per analizzare la
concorrenza, devo veri icare:
• Punto di break-even;
• Variazioni a livello di costi issi;
• Di erenze in termini di margine di contribuzione.
L’aggressività a livello di politica dei prezzi può essere l’e etto di eccesso di capacità di o erta oppure il segnale
della presenza di economie di scala.
Altri fattori da considerare in fase di analisi, sono:
• Continua innovazione: nel contempo causa ed e etto (concorrenza, intensità della concorrenza derivano e
determinano continua innovazione, innovazioni molto piccole che possono essere facilmente imitate, per
questo si continua a migliorare);
• Incremento degli investimenti in comunicazione – situazione analoga è nel contempo causa ed e etto.
Attenzione particolare merita l’analisi delle barriere d’uscita. Sono intese come costi connessi all’uscita e sono
legate a:
• Fattori economici;
• Grado di specializzazione degli impianti;
• Interdipendenze strategiche (a cosa è subordinata la competitività, ad es. macchinetta del ca è e capsule
oppure stampanti e toner);
• Ostacoli politici e sociali è la più grossa barriera d’uscita, ad esempio il danno causato dai licenziamenti:
un’autorità;
Le barriere all’uscita sono spesso all’origine di situazioni di eccesso di o erte, le prese, anche se non competitive
permangono. La stessa redditività del settore può subire cambiamenti:
• Eccesso di o erta e barriere all’uscita;
• Sviluppo di azioni di difesa, politica dei prezzi aggressiva.
Barriere all’entrata e all’uscita possono presentarsi congiuntamente ed essere correlate. Situazione ottimale:

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Barriere all’entrata basse e barriere all’uscita basse; Barriere all’entrata basse e barriere all’uscita alte;
Redditività bassa; Redditività bassa;
Possibilità di entrare da quasi chiunque, tutti possono Tutti possono entrare, posso mostrare le mie capacità. È
uscire, situazione facilmente modi icabile e luida, un settore altamente rischioso, vi è un vincolo a
abbastanza stabile. mantenersi all’interno, situazione da escludere.

Barriere all’entrata elevate e barriere all’uscita basse; Barriere all’entrata elevate e barriere all’uscita elevate;
Redditività elevata; Redditività bassa.
Condizione ideale, creando di icoltà ai nuovi concorrenti
chi è all’interno sfrutta meglio le proprie potenzialità, no
sostituti o alternative alla mia scelta, le barriere all’uscita
basse consentono di estromettere dal settore coloro che
sono nella fase marginale, non ci sarà eccesso di o erta, i
soggetti marginali sono al di fuori del mercato, è il
quadrante in cui bisogna ambire ad arrivare.
Il ciclo di vita del settore/del prodotto. La fase del ciclo di vita condiziona il grado di intensità della concorrenza.
In una fase di maturità ci sono spazi per miglioramenti, ma è stata esaurita la potenzialità di crescita.
Fonti di competizione verticale
• Potere contrattuale dei fornitori;
• Potere contrattuale dei clienti.
Sono elementi che forniscono informazioni in merito al grado di controllo delle transazioni e alla distribuzione del
potere negoziale tra le parti. Si deve comprendere il livello di potere contrattuale relativo.
Il potere contrattuale relativo riferito ad una speci ica negoziazione, è rappresentabile come:
• Capacità di rinunciare alla transazione;
• Percezione di una parte rispetto all’altra di poter rinunciare (la parte che può rinunciare è più forte degli altri).
È una sorta di “giocare” sugli aspetti psicologici, viene creata una sorta di pressione psicologica. Ha all’origine dei
comportamenti oggettivi, gli elementi che intervengono sono: costi diretti ed indiretti, comportamenti posti in
essere (devono essere credibili per controparte, che andrà a vedere i miei comportamenti passati, se ho solo
minacciato o se ho e ettivamente messo in atto).
Come si sottolineava, ogni impresa riconosce mercati diversi, il mercato degli input, degli output; in entrambi si
crea valore sia per il compratore che per il venditore, ma la distribuzione di tale valore è funzionale al potere
contrattuale delle parti.
Data la relazione tra fornitore ed acquirente, i fattori agiscono in modo speculare.
Il potere d’acquisto degli acquirenti: gli acquirenti possono agire così da mettere in concorrenza i produttori ed
ottenere un vantaggio (mettere in concorrenza i produttori, tramite prezzo/tipo di contratto/qualità/velocità di
consegna/condizioni di pagamento/dilazioni di pagamento/dimensioni dell’ordine), ma questo agire è condizionato
dalla sensibilità al prezzo degli acquirenti (poiché il prezzo è la variabile più semplice da modi icare ed utilizzare):
• Maggiore è l’importanza di un componente rispetto al costo totale tanto più avrò alta sensibilità al prezzo;
• Quanto meno di erenziati sono i prodotti delle imprese fornitrici tanto più la sensibilità degli acquirenti al
prezzo sarà bassa, il mio fornitore non è un fornitore esclusivo, posso cambiare fornitore se il prezzo è troppo
alto;
• Quanto maggiore è l’importanza del prodotto su qualità tanto meno sarò disposto a cambiare.
Un secondo elemento è quanto si diceva prima, ovvero il potere contrattuale relativo, cioè il potenziale ri iuto a
concludere. Il punto di criticità è il costo relativo che ciascuna delle parti deve sopportare. Cosa può agire:
• Dimensione e concentrazione degli acquirenti rispetto ai fornitori: basso numero di acquirenti elevato
ammontare acquisto, maggiore sarà il costo connesso alla perdita di uno di essi, l’acquirente ha quindi un
grosso potere contrattuale;
• Informazioni degli acquirenti: quanto più è elevato il livello di informazione del cliente sul fornitore maggiore
sarà lo spazio di contrattazione;
• Capacità di integrazione verticale: deve essere credibile, consiste nella minaccia di autosu icienza (Esselunga
reagisce a Barilla, inizia a produrre pasta Esselunga, non si è limitata a minacciare), conoscenza della struttura
costi (fornitore non può più giocare sui costi di produzione). Aumenta il potere dell’acquirente e diminuisce
quello del fornitore.
Il potere d’acquisto dei fornitori: come in precedenza, dovrò considerare la concentrazione dei fornitori e la loro
dimensione media rispetto alla dimensione e concentrazione acquirenti. Il potere sarà elevato quando il numero
delle imprese fornitrici è limitato e più concentrato rispetto agli acquirenti (ipotesi creazione cartelli, es. OPEC
cartello del petrolio); non esistono prodotti sostituitivi e/o il rapporto prezzo/qualità è insoddisfacente; il bene

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venduto è un fattore della produzione importante per l’acquirente; elevata di erenziazione tra i prodotti; possibilità
di minacciare l’integrazione verticale.
Il modello delle 5 forze competitive propone un approccio sistematico, ma o re una visione troppo sempli icata
del settore e della concorrenza. Il modello pone il problema della sostituzione, ma spesso i prodotti/servizi sono tra
loro complementari. La struttura del settore può essere meno stabile rispetto a quanto pre igurato (Porter parte
dall’ipotesi che il settore sia stabile), si pensi solo al ruolo dell’innovazione, l’innovazione è un elemento che
tuttavia va considerato nell’analisi di settore. Spesso si opera in condizioni di concorrenza dinamica, ossia i
cambiamenti sono determinati dalle scelte degli altri, non sono libere scelte (es. Coca Cola/Pepsi, non guardano
cosa accade nell’insieme delle bevande analcoliche, guardano solo il proprio diretto concorrente, le scelte sono
direttamente il risultato di comportamenti del loro concorrente. Coca Cola produce Coca Cola Light, Pepsi imita
producendo Pepsi Light). I settori sono spesso l’insieme di tanti segmenti e ciascuno dovrebbe essere analizzato
autonomamente, Porter si è limitato ad analizzare il settore come se fosse un “unicum”. Ci sono oggi stakeholder
esterni che possono intervenire e modi icare l’ambiente competitivo.
Il modello allora deve essere integrato, ci sono elementi aggiuntivi di cui tenere conto – alcuni studi hanno
sviluppato argomentazioni a supporto.
Le relazioni di iliera
I rapporti tra le imprese possono essere non solo di tipo antagonistico, ma anche collaborativo. Spesso all’origine
della collaborazione ci sono le persone e le relazioni che tra queste si instaurano. Si possono veri icare anche
fenomeni di fusione di settori che da autonomi progressivamente si confondono. L’integrazione può trovare origine
nella complementarietà tra P/S, talvolta a fronte di un bisogno complesso del cliente. Diversamente dall’esistenza
di prodotti sostitutivi, la presenza di complementarietà aumenta il valore dell’o erta. La complementarietà dei
prodotti potrebbe diventare la sesta forza competitiva nel modello di Porter.
L’agire degli stakeholder
È necessario riconoscere la presenza di stakeholder esterni, che possono da un lato in luenzare il settore e
dall’altro condividere programmi per un comune obiettivo di sviluppo, possono essere:
• Le autorità politiche ed amministrative che governano il territorio;
• Le autorità pubbliche di regolamentazione;
• Le associazioni di rappresentanza;
• Gli organismi della società civile.
Quando l’impresa opera, opera con tanti stakeholder. Porter non li considera tutti, ad esempio non considera le
autorità esterne, ma solo concorrenti, fornitori e clienti, come mostra il modello delle cinque forze.
La “concorrenza come vento di distruzione creatrice”
È la struttura a determinare la concorrenza o viceversa. Si parla di concorrenza dinamica poiché le strutture di
settore più stabili favoriscono la loro stessa distruzione, ad assumere importanza è la velocità del cambiamento. Si
pensa idealmente a situazioni di monopolio, che portano i soggetti ad essere attratti da queste situazioni. Tanto più
stabile è una situazione, tanto più un soggetto vuole entrarci. Le imprese sono continuamente in allerta, anche
nelle posizioni più stabili (monopolio dato da normativa).
L’interazione tra gli attori
Il modello di Porter è statico e non evidenzia delle interazioni. La scelta di oggi è il risultato delle decisioni attuali e
passate degli altri (es. Pepsi/Coca Cola). Alcuni osservano che un contributo importante può essere dato dalla
Teoria dei giochi – permette ad esempio di prevedere gli esiti della cooperazione e confrontarli con quelli della
concorrenza, aiuta a comprendere i diversi scenari possibili. Non fornisce risposte, ma aiuta a comprendere le
situazioni. Un esempio è il dilemma del prigioniero: se due soggetti vengono arrestati ed interrogati, se stanno zitti
entrambi non possono essere interrogati, se invece parlano perché non si idano dell’altro rischiano di essere
condannati. Nel solito caso Pepsi/Coca Cola, il risultato inale del non accordarsi, sarà una perdita secca, un
risultato negativo. In mezzo ci sono molte situazioni. I soggetti tendono a cercare la lealtà e la cooperazione della
controparte. Abbiamo bisogno della teoria dei giochi per osservare quale possa essere il risultato “meno peggio”,
tuttavia non dice cosa dobbiamo fare. Vi sono elementi diversi (azioni poste in essere dalle parti) che possono
modi icare le condizioni.
• Il ricorso alla dissuasione: imporre dei costi nel caso si adottino comportamenti non desiderati, la dissuasione ha
senso quando il non-rispetto delle regole porti il concorrente a una spesa molto onerosa. Nel caso del
comportamento di disertore, nella guerra, se ripreso sarà fucilato. La dissuasione porta il soggetto ad allinearsi
alla mia decisione e a non disertare. Nell’ambito delle imprese, di fronte alla possibilità di entrata di un nuovo
concorrente, aumento la produzione, creando un eccesso di o erta rispetto alla domanda, uno non è più
interessato ad entrare in un mercato dove l’o erta è già più alta della domanda: sono talmente forte da poterci
anche perdere, lasciando della parte di produzione in magazzino. L’elemento di criticità è la credibilità.

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• L’eliminazione di opzioni strategiche: commitment, costringere l’organizzazione ad un determinato corso. Ad


esempio la raccolta punti, sposta l’attenzione dal prezzo al catalogo premi, a questo punto il concorrente o
produce un catalogo premi ancora più attrattivo, o il cliente resterà fedele all’altra parte.
• Il cambiamento della struttura del gioco: sviluppo creativo, al limite può essere vantaggioso creare concorrenti.
Alzare barriere per altri soggetti esterni interessati a entrare nel settore.
• L’invio di segnali: l’obiettivo è in luenzare la percezione e così evitare o provocare reazioni. A condizionare
l’e icacia dei segnali è la reputazione del soggetto. Inviare segnali signi ica trasmettere all’esterno dei messaggi
in modo da in luenzare la percezione che il cliente ha di noi, modi icando/creando una reputazione.
L’analisi della concorrenza
La Teoria dei giochi fornisce uno schema e degli strumenti, spesso però è necessario riferirsi alla realtà. La raccolta
di informazioni sui concorrenti può aiutare a prevederne le decisioni future – le reazioni – le in luenze. Per capire i
concorrenti dovremo conoscere:
1. L’attuale strategia;
2. Gli obiettivi;
3. Le ipotesi assunte come riferimento;
4. Le risorse e le competenze.
Nell’ambito industriale, per capire le informazioni sui concorrenti è attivissimo lo spionaggio industriale per poter
prevedere gli andamenti futuri dei concorrenti e anticiparne le scelte. Ad esempio il caso McLaren-Ferrari di
qualche anno fa.
Il combinarsi dei fenomeni: dalla disaggregazione (segmenti) alla aggregazione (gruppi strategici).
Partendo dalla di icoltà di tracciare i con ini del settore, poiché molto eterogeneo, si può procedere alla
disaggregazione per trovare elementi di omogeneità rispetto a realtà più circoscritte, segmenti. Dovrò identi icare
rispetto a cosa o a chi:
• Caratteristiche degli acquirenti: business o consumer, posizione geogra ica, canale distributivo;
• Caratteristiche del prodotto: materiali, livello di tecnologia utilizzato, prezzo, funzione d’uso;
• E poi altre variabili: dimensione, fattori demogra ici, esclusivo/non esclusivo.
Dovrò valutare attrattività e fattori critici di successo per i singoli segmenti. L’attrattività è data dalla redditività
(attuale o prospettica), dall’accessibilità (bisogna assicurarsi che sia raggiungibile). I fattori critici di successo
potrebbero essere il prodotto, la tecnologia, la modalità di distribuzione.
Il migliore lavoro si avrà quando c’è forte omogeneità tra i soggetti all’interno del segmento e i segmenti tra loro
saranno molto eterogenei.
Qualcuno si muove in senso opposto e a fronte della disaggregazione procede con l’aggregazione. All’interno del
settore vi è forte eterogeneità, ma ci sono elementi che possono portare le impese a confrontarsi – reagire in
modo omogeneo alle cinque forze competitive.
Secondo la prima formulazione di M. Porter, l’elemento aggregante è la comunanza si orientamento strategico.
Ma questo potrebbe, al contrario essere l’e etto e non la causa.
L’analisi potrebbe essere condotta considerando più variabili:
• Funzioni d’uso; • Tecnologie;
• Estensione del mercato; • Gruppo di clienti;
• Politiche di prezzo; • Grado di integrazione.
• Modalità distributiva;
Se questo è vero, l’impresa de inisce il proprio orientamento strategico guardando coloro che appartengono al suo
stesso gruppo. Si può ipotizzare che vi sia bassa mobilità tra raggruppamenti strategici, si possono identi icare
delle nicchie.
Un settore molto complesso al suo interno è il settore automobilistico (dalla Smart alla Ferrari). Si possono creare
raggruppamenti strategici sulla base, ad esempio, del prezzo medio del prodotto e sull’ampiezza della gamma dei
prodotti.

LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITÀ


L’obiettivo del seminario è darci un’idea di tutte le interconnessioni che ci sono tra i diversi ambienti ecc... E
quando è complicato dare una risposta adeguata.
I problemi che noi viviamo oggi non sono stati scoperti ora ma sono nati nel corso dei secoli e si sono accelerati
negli ultimi decenni, perché ci sono tantissime trasformazioni nell’ambito politico e nell’ambito tecnologico che
hanno creato.
In particolare i cambiamenti che si sono veri icati dagli anni ‘70 hanno avuto un’in luenza importante:
• Tra ‘70 e ‘80 si ha avuto un grande cambiamento nell’integrazione economica, tecnologica e culturale in tutto il
mondo. Si sono sviluppati muovi poli di potere (es. Cina è dagli anni ‘80 che sta cercando di uscire

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dall’isolamento che l’aveva caratterizzata da molto tempo, cosi anche l’India). Queste convinzioni hanno creato
un’interindipendenza sempre più crescente.
• Negli anni ‘70 si è sviluppata la “Rivoluzione scienti ica e tecnologia” (che no chiamano anche terza rivoluzione
industriale), l’arrivo dei computer ha cambiato molto il mondo produttivo e questo ha portato ad una emissione
di CO2 maggiore.
• L’arrivo di internet negli anni ‘90, ha sconvolto il mondo della produzione, cultura ha a ollato la tendenza
all’interdipendenza globale che aveva già iniziato a manifestarsi. La tecnologia già esisteva ma internet si è
sviluppato dopo a causa di un problema di sicurezza e quindi solo dalla caduta di Berlino nell’89 hanno iniziato a
svilupparsi tutte queste possibilità.
Tutto questo ha portato ad una maggiore integrità. Ma quali sono stati gli e etti tutto questo cambiamento?
1. Maggiore mobilita;
2. Aumento interdipendenza per quanto riguarda il “network del commercio globale”;
3. Aumento dei benessere ma non per tutti. Infatti i paesi più poveri che sono quelli nella parte verde del gra ico e
che hanno un 21% della popolazione mondiale godono solo del 3% del prodotto interno lordo mondiale. Mentre
i paesi intermedi che hanno il 70% della popolazione mondiale hanno il 19% della ricchezza mondiale, mentre
quelli più ricchi hanno il 78% del PNL. Possiamo vedere un enorme divario tra i paesi, ma anche all’interno dei
paesi stessi le di erenze si stanno accentuando sempre di più; si creano quindi enormi problemi legati alla
povertà.

4. Si aggravano i problemi ambientali: riscaldamento climatico che sta facendo sciogliere tutti i ghiacciai, a
partire da quelli dell’artico a quelli nostri, questo crea una crisi idrica non solo perché i ghiacciai si stanno
esaurendo ma c’è anche una crisi dovuta alla siccità, il clima sta cambiando e ci sono luoghi dove l’acqua inizia
a non esserci più. Abbiamo anche l’inquinamento sui suoli, acque e aria (atmosfera). Contribuisce anche la
deforestazione con l’incendi, venti, carenza di pioggia ma soprattutto le deforestazioni sono dovute dall’uomo.
5. Biodiversità a rischio: ci sono tantissime specie che sono a rischio. Si stanno estinguendo perché sta
scomparendo il loro habitat naturale (es. plastica). La questione centrale è che ormai l’assetto geologico della
terra è messo a discussione e cambia non tanto per e etto dei grandi eventi culturali ma per e etto dell’azione
umana. Sta nascendo una nuova era geologica creata dall’azione dell’uomo tanto che se il pianeta continuerà a
vivere chi andrà a stupire la terra troverà fossili di nuovo tipo: i tecnofossili cioè residui di apparati tecnologici
che rimangono nel treno, ecc...

Quindi i problemi che tuto questo crea è riassumibile in una parola: SOSTENIBILITÀ. È di icile arrivare a delle
soluzioni e ettive.
Perché la sostenibilità è un problema complesso perché implica trasformazioni radicali/importanti nel modo in cui
si produce, si consuma, smaltiscono i ri iuti e nel modo in cui si svolgono le pratiche della vita quotidiana questo
signi ica che non solo la responsabilità di quello che succede è ciascuno di noi: come facciamo la raccolta
di erenziata, come decidiamo di spostarci per la città. Fare una trasformazione così radicale che convince tutti e
tutte le sfere della vita e le decisioni quotidiane a quelle dei singoli cittadini.

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Per capire meglio perché è così complicato il problema e perché coinvolge tutti quali sono le principali
determinanti del decreto ambientali cosa sono queste dinamiche in che cosa consistono?
• Pressione demogra ica: questo è dovuto da un aumento delle aspettative di vita, riduzione della mortalità
infantile e continuano a rimanere in alcune aree del mondo dei tassi di natalità molto elevati (che spesso si
associano a situazioni di destinazione, povertà, diseguaglianze all’accesso alle all’istruzione, situazioni in cui
l’emancipazione femminile segna il passo, carenze ai servizi di salute sessuale; quindi si dovrebbe controllare di
più ma è di icile a causa di tutti gli elementi appena elencati).
• Modello moderno di sviluppo economico: a migliorato la vita di moltissime persone (a partire dalla rivoluzione
industriale il livello di benessere è aumentato progressivamente) ma è stato fatto secondo la logica: crescere ora
ripulire più tardi è una logica che sta diventando sempre più disastrose per l’ambiente. L’ambiente viene
spogliato progressivamente delle sue risorse e si continua ad inquinare. E anche un fenomeno che va nella
direzione di creare sempre più crescenti disuguaglianze.
• Rapida urbanizzazione: ormai le città sono diventati i principali dello sviluppo economico in tutto il mondo. E la
previsione che si è fatta è che entro il 2050 popolazione urbana inizierà a coprire il 66% del territorio globale (più
del 50% del territorio globale però occupato da persone).
• Accelerazione dell’innovazione tecnologica: da un lato favorisce la crescente ed e icace rapina delle risorse
naturali che creano profonde modi icazioni all’ambiente esempio: tecnica del Freaking o fatturazione idraulica: è
una pratica per prendere il gas del terreno in sostanza si estrae gas che è imprigionato nelle rocce in profondità.
In America questa tecnica si utilizza molto, consente di accedere al gas però il fatto è che serve tantissima acqua
per farlo che rende già la situazione di icile perché siamo in situazioni di scarsità, questa tecnica sembra essere
responsabile di alcuni terremoti. Da un lato le tecniche sono sempre più e icaci e si riescono a fare sempre più
cose, dall’altro lato però possono anche essere messi al servizio di innovazioni che non consento delle pratiche
sostenibili.
Principali e etti dell’accumulo di gas serra:
1. Riscaldamento globale di aria oceani;
2. Finanziamento del livello di mare dovuto allo scioglimento di ghiacciai, con molte città che rischiano di essere
sommersa dei mari;
3. Crisi della sicurezza alimentare (più popolazione, più fabbisogno alimentare non sia abbastanza spazio per la
cultura perché sono quelle che la diminuiscono a causa della siccità)
4. Carenza idrica (scarsità di piogge e scioglimento degli ghiacciai)
5. Eventi meteo
Le conseguenze del cambiamento climatico sono di vario genere, le cause dell’inquinamento climatico sono cause
della contaminazione di due fattori inquinamento atmosferico e deforestazione.
Tutto questo è alla base della crisi e dei rischi della biodiversità, perché cambiano gli habitat naturali (pensiamo ai
cinghiali che a volte si ritrovano per strada questa causo del fatto che il loro habitat sta sparendo, non hanno più
nulla per nutrirsi) e c’è il rischio di Spillover e ect. Tutto questo crea un’alterazione del rapporto tra uomo e animali
come le condizioni della produzione agricola. Perché non si è ancora arrestato il processo? Perché non si è fatto
niente per fermarlo per una serie di motivi.
Sono dinamiche complicate che si intrecciano uno con l’altro. Per avviare politiche ci sono una serie di problemi
che si possono pensare di risolvere in alcuni paesi ma in altri no, pensiamo all’inquinamento dell’aria, d’aria non
tiene conto dei con ini ecc. Il problema è chi ha le risorse il potere necessario per creare punto di sviluppo
sostenibile, il potere di garantire c’è anche un altro tipo di problema in cui è più di icile dire che possiamo
risolverlo con un’azione mirata: il problema di tipo culturale, tutte queste azioni coinvolgono la responsabilità di
una pluralità di attori, non si tratta solo di in luenzare le politiche deciso i governi, fare si tratta di un riorientamento
della mentalità della globalità non è che noi non sappiamo che cosa si deve fare. Pensiamo l’agenda 2030 fatta
dall’ONU nel 2015, si tratta di obiettivi di vario tipo ad esempio la lotta alla povertà ecc…
bisogna iniziare a far parte di un modello di sviluppo sostenibile, che sostanzialmente si riassume in tre pilastri:
1. Ecologia: integrità dell’ecosistema;
2. Economia: e icienza economica;
3. Equità: equità sociale.
Interazione fra i tre pilastri è dinamica e soggetta a costanti operazioni di riequilibrio.
Problemi sono gli approcci diversi da armonizzare e potenziali tensioni e con litti da appianare creando nuovi
equilibri.

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Ultimamente UNESCO aggiunto un quarto pilastro cioè: la sostenibilità culturale. La garanzia della diversità
culturale è importante perché quando ci sono tensioni legate al mantenimento di questa diversità queste tensioni
si possono poi tradurre in con litti anche con litti armati, di icoltà a far accettare certe politiche quindi per questo
è importante tener conto anche di questo elemento.
Sappiamo cosa fare, ma chi lo fa? Come si fa? È importante il programma della presidenza von der Leyen. Una
strategia basata sulla ine delle emissioni dei gas serra entro il 2050, crescita economica di società da uso delle
risorse, nessuna persona e luogo trascurati. Poi abbiamo anche il Green Deal europeo che a questi due obiettivi
(molti dicono però che non riuscirà a mantenere le scadenze che si era preposta cause della guerra che sta
portando a molti problemi, problemi che si sovrappongano e non si sostituiscono).
Produzione e consumo sostenibili: i criteri dell’economia circolare implicano un cambiamento dei comportamenti
di produttori e consumatori.
Produttori hanno delle riconversioni secondo criteri “Green”, responsabilità sociale d’impresa” (RSI o CSR), e i
consumatori fanno pratiche di consumo responsabile, contro iperconsumismo.
Come realizzare questi obiettivi del cambiamento nei modelli produttivi?
1. Sostegno a operatori impegnati nella conversione “Green”;
2. Misure dissuasive per chi continua a inquinare (es. “chi più inquina, più paga”);
3. Contrasto a pratiche tendenti ad alimentare l’iperconsumismo (obsolescenza programmata).
Cittadini-consumatori:
• Comportamenti responsabili nella vita quotidiana (riuso e riciclo, evitare sprechi, utilizzo mezzi di trasporto
sostenibili, ecc.).
• Orientamento al consumo critico.
Manifestazioni del consumo critico:

RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA


L'espressione Responsabilità Sociale d'Impresa o Corporate Social Responsability da cui l'acronimo più noto CSR
risulta variamente de inibile ed oggetto di continue integrazioni all’origine alcuni fenomeni quali:
• L’accentuato processo di globalizzazione che svincola. Impresa dal territorio dove si è insediata;
• Il mutamento del contesto sociale ed economico con una maggiore informazione - sensibilità - capacita di
scelta.
A questo si aggiunga l’accelerarsi della complessità ambientale e sociale che obbliga tutte le imprese a ampliare la
propria ottica di analisi andando oltre la dimensione economica, l’impresa ricerca una posizione di vantaggio
competitivo che consenta di essere conforme alle norme e alle aspettative degli stakeholder, ossia conseguire
successo economico e nel contempo divenire motore di miglioramento ambientale e sociale:
• Dalla centralità di grandezze economiche/ inanziarie – vendite - quote di mercato – redditività;
• Alla costruzione di una leadership d’impresa che si fonda sullo sviluppo della comunità di appartenenza/del
benessere collettivo.
Divenire consapevoli che le proprie azioni hanno un impatto su soggetti esterni quindi devo imparare a gestire le
relazioni se l’impresa è consapevole di tale responsabilità manifesta comportamenti/scelte di erenti e questo agire
ha ripercussioni sulla gestione d’impresa questo comporta:
• Assumere obiettivi di lungo termine;
• Estendere il concetto di rischio - non solo economico - facendosi carico di qualcosa che va oltre le norme;
• Dotarsi struttura di governo che favorisca trasparenza, coinvolgimento, integrità comportamenti, controllo
risultati raggiunti;
• Orientare l’innovazione al miglioramento delle performance ambientali e sociali – non solo a ini competitivi.
Come si osservava comporta il modi icarsi delle stesse relazioni con gli stakeholder che così si possono
identi icare.
Relazioni con attori del contesto “allargato”, ossia partecipazione attiva ad iniziative/progetti promossi da istituzioni
internazionali ma anche interventi su organismi di governo nazionale locale a sostegno normativa ambientale.

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Relazioni con attori dell’ambiente competitivo cooperare/agire con imprese del settore o della iliera:
• Per progetti di rilevanza ambientale o sociale;
• Per bandire comportamenti dannosi;
• Per issare standard (trasparenza – riduzione consumo materie – pratiche anticorruzione ....).
Relazioni con attori interni ed esterni a supporto della catena del valore gestione delle risorse umane così come
degli approvvigionamenti tematica che riprenderemo quando parleremo di “Catena del Valore”.
Relazioni con clienti e utilizzatori inali associazioni consumatori per favorire consumo consapevole e utilizzo
sostenibile il percorso di sviluppo è stato lungo e ancora molti ostacoli devono essere superati.
L’evoluzione del concetto CSR tra gli anni '30 e '50 negli Stati Uniti si a ermano diverse scuole di pensiero tratto
comune attribuire responsabilità ai business-men si fa riferimento agli obblighi degli uomini d'a ari di prendere
decisioni auspicabili in termini di obiettivi e valori della società. Solo a partire dagli anni '60 il concetto di CSR
subisce un'evoluzione e ad essere coinvolta è la corporate come entità autonoma .... il prendere decisioni e
intraprendere azioni che vanno oltre il mero interesse economico o tecnico della stessa impresa
ine anni '70 vengono identi icati quattro diversi livelli di responsabilità per l'impresa - rappresentati in forma di
piramide l'impresa ha responsabilità a livello economico legale etico discrezionale da perseguire
contemporaneamente alla base della piramide.
La responsabilità dell’impresa
L’impresa ha responsabilità a livello:
• La responsabilità economica - produrre per creare valore/pro itto per gli azionisti;
• La responsabilità legale - rispetto normativa e regole di funzionamento dei sistemi economici;
• La responsabilità etica - valori, equità, giustizia e imparzialità;
• La responsabilità discrezionale - ilantropica del tutto volontaria ossia il desiderio di impegnarsi.
Nel tempo si assiste ad integrazioni/arricchimento vengono proposti approcci che assumono come riferimento:
• La capacità dell'impresa di rispondere alle pressioni sociali ed agli obblighi derivanti dalla sua attività - essere
responsive;
• La creazione di valore e il riconoscimento di interesse e diritti di tutti gli stakeholder quali soggetti attivi siano
primari o secondaria;
• La visione strategica e etica della CSR - se l'impresa persegue inalità sociali ottiene un vantaggio che non è
detto sia economico in senso stretto ma che può essere reputazionale o di natura etica intesa come dovere
dell'impresa all'agire così da non danneggiare alcuno - l'agire deve essere giusto anche se non necessariamente
vantaggioso per l'impresa.
Sostenibilità
Il termine sostenibilità viene introdotto per la prima volta nel linguaggio comune durante la Conferenza delle
Nazioni Unite sull'ambiente nel 1972 i capi di stato di 113 nazioni presa coscienza dell’urgenza di a rontare i rischi a
cui il pianeta andava incontro a causa del degrado ambientale, dello sfruttamento delle risorse naturali pongono le
basi per un nuovo modello di sviluppo.
Dalla crescita illimitata ad un modello di equilibrio tra crescita economica e rispetto dell’ambiente ossia un modello
di sviluppo sostenibile che permette di soddisfare i bisogni delle generazioni presenti conservando le risorse
disponibili nel pianeta così che le generazioni future possano avere risposta ai loro bisogni. Obiettivo che le nazioni
tramite i loro rappresentanti perseguono è l'equilibrio fra:
• La sfera economica;
• La sfera ambientale;
• La sfera sociale.
L’impresa può considerarsi un "sistema sostenibile"? Condizione base è realizzare attività economiche con
modalità che non generino e etti negativi sul pianeta e sulle persone, sempre più spesso è richiesto un impegno
per la sostenibilità "positiva" ossia l'agire per migliorare le condizioni ambientali e sociali da ciò consegue che il
creare valore ambientale e sociale può essere integrato e funzionale alla realizzazione di valore economico.
Creazione di valore economico non per la massima soddisfazione bensì per lo sviluppo organico dell'impresa e del
contesto entro cui opera alcuni Autori hanno proposto il concetto di Shared Value.
L’impresa che opera nella prospettiva del valore condiviso non può considerare i soli costi e ricavi che la
riguardano direttamente ma anche i bene ici ed i costi per i soggetti coinvolti nella sua attività, l'impresa è
chiamata a comportarsi come un buon membro della comunità - non solo rispettando norme e usi ma anche
contribuendo alla sua crescita cioè deve maturare un forte senso di responsabilità ed evitare di danneggiare
l’ambiente e non deve avvantaggiarsi del suo potere economico.
L'impresa è sostenibile quando soddisfa in modo equilibrato gli obiettivi di stakeholder interni ed esterni.
Contribuendo a generare sviluppo sostenibile - ossia senza compromettere le future generazioni in generale viene

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osservato come l'orientamento alla sostenibilità abbia speci icità legate al settore di attività all'esperienza
maturata.
Come possa considerarsi il risultato di un percorso evolutivo in cui si possono identi icare delle fasi da sostenibilità
come mera risposta a norme ed a sostenibilità come condizione intrinseca nei comportamenti di tutti gli attori.
Si potrebbe ipotizzare di tracciare una sorta di percorso virtuoso dell’impresa con il passaggio da uno stato
inerziale ad uno stato di consapevolezza di usa.
In una fase iniziale si rileva la mancanza di una "strategia":
• Adesione formale a valori insiti della sostenibilità;
• Realizzazione di buone pratiche;
• Supporto a organizzazioni non pro it (progetti);
• Rendicontazione dell'attività.
In una seconda fase l'impresa issa veri e propri obiettivi e de inisce azioni stabili e strutturate collaborazioni con
NPO, creazione di unità operativa per piani icare/monitorare.
In una terza fase l'impresa si apre verso l'esterno per condividere il coinvolgimento diretto degli stakeholder nella
de inizione degli obiettivi - delle azioni (stakeholder engangement).
In una quarta fase l'impresa innova il suo business model con il suo agire per raggiunge vantaggio competitivo
realizza anche obiettivi collettivi.
Qual è l’atteggiamento/la risposta delle imprese? Spesso la risposta più comune è di carattere cosmetico, mi
mostro attento – dichiaro quanto denaro destino a ma non esplicito qual è l’impatto del mio agire:
• Mancando di un inquadramento coerente;
• Non presentando relazioni con la strategia d’impresa.
Il punto di svolta è rappresentato è la consapevolezza della dipendenza reciproca tra impresa e società.
CSR
Il punto di svolta è rappresentato è la consapevolezza della dipendenza reciproca tra impresa e società l'analisi
empirica porta ad identi icare un cammino di accrescimento della CSR nella corporate strategy:
• Dalla CSR informale alla CSR dominante;
• Dall'adozione di pratiche di CSR che non pongono in discussione la strategia d'impresa - interpretate come un
costo, una costrizione, un gesto caritatevole;
• Al divenire priorità ineludibile - strumento per lo sviluppo di una cultura pervasiva da cui discendano traguardi
ed obiettivi per le aree di business così come per i diversi livelli manageriali - fonte di opportunità, innovazione e
vantaggio competitivo - un investimento strategico che crea valore nel lungo termine.
Sviluppare un approccio orientato alla CSR signi ica ispirarsi a principi quali:
• Sostenibilità uso consapevole ed e iciente delle • Qualità in termini di prodotti e processi produttivi;
risorse ambientali; • Visibilità osservabilità delle attività per essere
• Volontarietà ossia azioni svolte oltre gli obblighi di riconosciuti;
legge; • Proattività capacità di piani icare e anticipare;
• Trasparenza ascolto e dialogo con i vari portatori di • Integrazione visione e azione coordinata delle varie
interesse; attività.
Nell'ottica d'impresa quali fattori quali segnali dovrebbero portare ad adottare una cultura orientata alla CSR:
• Crescente domanda di qualità, in termini di processi, prodotti, servizi, relazioni;
• Linee guida internazionali (Onu, Ue), network d’impresa;
• Necessità di distinguersi strategicamente dai concorrenti – può divenire fattore di vantaggio competitivo;
• Fattori intangibili crescita intellettuale, professionale, relazionale di dipendenti e collaboratori e per chi si
occupa di gestione d'impresa lo sviluppo di approccio alla CSR quali cambiamenti.
A livello di pratiche connesse alla dimensione interna:
• Gestione delle risorse umane qualche esempli icazione conciliazione tra lavoro, tempo libero e famiglia, la parità
non discriminazione, formazione non coinvolgimento;
• Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro aspetti normati dalla legislazione ..... ma anche ulteriori forme
complementari di tutela;
• Gestione delle trasformazioni industriali ridurre i licenziamenti;
• Impatto ambientale pratiche come il risparmio energetico o la riduzione dei ri iuti prodotti.
A livello di pratiche relative alla dimensione esterna rapporto con la comunità locale, con i partner commerciali, i
fornitori, i consumatori, la promozione dei diritti umani e dell’ambiente a livello planetario consideriamo il caso:
comunità locali possono trarre bene ici dalla presenza di un’impresa socialmente responsabile ed attenzione il
rapporto è vicendevole, in realtà questa attenzione alla relazione con la collettività ha caratterizzato alcuni grandi
imprenditori possono essere considerati quali case study "Olivetti" oppure a Pavia "Necchi".

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Perché una crescente attenzione alla CSR? Per molti studiosi non ri lette una scelta del tutto volontaria, fattori
esterni possono essere all'origine:
• Le reazioni dell'opinione pubblica a questioni o accadimenti che rendono le imprese responsabili;
• L'in luenza dei criteri sociali ed ambientali sulle scelte dei consumatori;
• L'attenzione alla qualità della vita, alla sicurezza, alla salute;
• La regolamentazione che obbliga a documentare le iniziative poste in essere;
• L'importanza attribuita a rating e classi iche in termini di CSR, capitale reputazionale, sostenibilità.
Green - marketing
Da alcuni anni si parla sempre più spesso di green-marketing o marketing sostenibile, all'origine il crescere della
sensibilità ambientale così come il riconoscere da parte delle imprese della necessità di creare valore aggiunto per
la società nel suo insieme, come già evidenziato la tendenza dei consumatori a:
• Scelte di acquisto consapevoli;
• Preferire prodotti e servizi sostenibili sotto il pro ilo ambientale, etico, sociale;
• Favorire nei propri processi decisionali imprese impegnate sul fronte dell'ecologia.
Lo sviluppo in questa direzione impone all'impresa l'adozione di una prospettiva di sviluppo di medio lungo
termine vengono identi icate politiche green che si distinguono in:
• Verdi: issati e comunicati nuovi standard, evidenziata la maggiore sostenibilità rispetto a concorrenti piani icata
attività di comunicazione volta a creare consapevolezza ed a fare percepire grado di innovazione parlando di
quanto fatto fornendo esempi speci ici di prodotti, ma è anche necessario avere partner credibili e ottenere
certi icazioni ambientali per sviluppare progetti di Cause related marketing.
• Più verdi: condividere le responsabilità con i clienti e ricercare la loro collaborazione - le parole chiave sono
partecipazione, passa parola, community, condividere esperienze, educare ossia informare le persone per
migliorare i consumi creare brand tribali - divenire iconici, creare empatia (quindi essere inclusivi) o all'opposto
divenire esclusivi (creatori di tendenza - elitari).
• Verdissime: promuovere una nuova cultura, nuove abitudini, nuovi business model, nuovi stili di vita rendere tali
"novità" normali ossia di ondere/creare una moda - è quello che tutti fanno, che tutti hanno. Abituare i clienti ad
attribuire valore alle cose - da cui il recupero / riutilizzo / riciclo - e a possedere meno. Di conseguenza abbiamo
un sviluppo di forme di condivisione - noleggio.
Caratteristiche distintive del Green marketing:
• Intuitivo - rendere facilmente utilizzabili le soluzioni sostenibili;
• Innovativo - agisce sulla creatività eliminando ine icienze o ciò che dal punto di vista ambientale è inutile/
dispendioso;
• Invitante - il consumo sostenibile è una scelta che soddisfa bisogni, aspettative e non è un sacri icio;
• Informato - di onde conoscenza perché ogni cambiamento sia consapevole - si basa su educazione,
partecipazione ma talvolta si possono riconoscere da parte delle organizzazioni comportamenti opportunistici
che possono compromettere non solo immagine ma anche reputazione, credibilità.
Negli anni '90 viene proposto il termine Greenwashing (da whitewashing ossia azioni che tendono a dissimulare/
nascondere) taluni utilizzano anche l'espressione marketing di facciata ossia interventi anche in materia di CSR, di
diritti dei lavoratori, di tutela dei consumatori.
Diverse possono essere le tecniche di comunicazione adottate per creare immagine/reputazione ittizia ma non
necessariamente in malafede ... spesso solo imputabile a super icialità, errori.
Sdoppiamento - dichiarazione formale di adesione a pratica sostenibile per assecondare stakeholder ma nulla sarà
modi icato e ettivamente.
Deviazione dell'attenzione - utilizzo indicatori secondari per dimostrare sostenibilità facendo distogliere
l'attenzione degli stakeholder da problemi più sensibili dove resta carenza.
Quali i comportamenti più frequenti - identi icati come i peccati:
• Peccato di omessa informazione identi ico solo alcune caratteristiche ma dimentico di considerarne altre;
• Peccato di mancanza di prove de inisco green ma non ho informazioni accessibili o certi icate da terzi;
• Peccato di vaghezza creo nei consumatori fraintendimento 100% naturale;
• Adozione di false etichette associo parole/immagini/simboli che inducono a ritenere esistano certi icazioni -
approvazioni- raccomandazioni di terzi;
• Peccato di irrilevanza a ermazione veritiera ma non importante;
• Peccato del minore dei mali ossia relativamente ad una determinata categoria di prodotti (a basso consumo);
• Peccato di falsità.
A livello d’impresa qual è il percorso evolutivo?
• Creazione di un codice etico;
• Elaborazione di un bilancio sociale/sostenibilità per rendere conto delle relazioni con i diversi stakeholder;

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• Realizzazione di campagne marketing dedicate;


• Conseguimento di certi icazioni;
• Osservazione delle best practice, standard, codici di autoregolamentazione;
• Avvio dialogo con i diversi stakeholder per migliorare il processo decisionale;
• Introduzione di obiettivi socio-ambientali nei sistemi di valutazione e incentivazione manager;
• Monitoraggio della catena di fornitura;
• Articolazione di una politica ambientale.
Una esempli icazione può essere di interesse "monitoraggio della catena di fornitura" sviluppare politiche di
sostenibilità signi ica attuare interventi a livello di funzioni aziendali spesso interdipendenti. Dalla logistica - ridurre
il numero e la distanza degli spostamenti sia a livello di siti produttivi che di canali distributivi.
Ai rapporti con i fornitori - agendo in fase di selezione richiedendo standard ambientali e sociali monitorando
rispetto standard.
Accompagnando il fornitore verso il miglioramento - trasferendo competenze, sostenendo. Acquistando prodotti a
più alto contenuto sociale-ambientale.
Al marketing - incorporare nel prezzo una quota che verrà devoluta ad un progetto (campagna di comunicazione
forte...) legare un prodotto/servizio ad una causa sociale.
Quali sono gli strumenti a disposizione dell’impresa?
Codice Etico - strumento soft law della CSR - volontario atto a prevenire comportamenti irresponsabili/illeciti - non
ha rilevanza giuridica - richiede volontà, impegno, coerenza richiede lo sviluppo di procedure interne per stabilire
responsabilità, per formare ed informare.
A livello internazionale si fa riferimento alle Linee Guida dell'OCSE - ossia raccomandazioni indirizzate alle imprese
Standard - ossia adesione una serie di principi da rispettare, procedure da implementare, certi icazioni (di parti
terze che garantiscono conformità). Ad esempio elementi quali - lavoro infantile - lavoro forzato - salute e sicurezza
sul lavoro - liberà di associazione e diritto di contrattazione - discriminazione - procedure disciplinari - orario di
lavoro - remunerazione.
Bilancio sociale - strumento di rendicontazione volontaria, monitoraggio e comunicazione dei processi di gestione:
• Sistema di gestione che misura le performance;
• Sistema informativo per prendere decisioni;
• Supporto nella piani icazione;
• Strumento di comunicazione che attiva canali di ascolto - strumento di rendicontazione atto a evidenziare.
Interdipendenza tra fattori economici-sociali- ambientali esistono modelli di rendicontazione nazionali e
internazionali i principi guida / le caratteristiche essenziali sono in genere:
• Autonomia;
• Redazione periodica;
• Consuntivo;
• Orientamento al futuro;
• Pubblicità.
Le azioni/interventi dal punto di vista istituzionale. Molteplici sono le iniziative a livello mondiale, europeo e
nazionale che contribuiscono a de inire/integrare il concetto di CSR.
Il primo atto di portata mondiale è la creazione del Global Compact un network a cui le imprese possono aderire
volontariamente - rappresentabile come un insieme di principi che promuovono i valori della sostenibilità.
Nello speci ico 10 principi universali relativi ai diritti umani, al lavoro, all'ambiente e alla lotta alla corruzione
derivanti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, dalla Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali
nel lavoro, dalla Dichiarazione di Rio in materia di ambiente sviluppo e dalla Convenzione delle Nazioni Unite
contro la corruzione.
Nel 2001 la Commissione Europea promuove il Libro Verde sulla responsabilità sociale d’impresa che così la
de inisce “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni
commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
De inizione che viene poi riproposta dalla Commissione Europea nel 2011 con una forma più sintetica ma
onnicomprensiva, la CSR è la “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”.
A livello europeo si propongono via via iniziative volte a ra orzare la crescita intelligente - sostenibile - inclusiva,
Strategia Europa 2020 - Multistakeholder Forum Europe on CSR in cui si esplicita che la CSR deve essere parte
integrante del DNA delle imprese andando oltre la normativa.
Nel 2015 l'Assemblea delle Nazioni Unite si fa promotrice e portavoce di obiettivi di sostenibilità con l'Agenda 2030
per lo sviluppo sostenibile sottoscritta dai governi dei 193 paesi membri dell’ONU un programma di azioni volte a
guidare i Paesi aderenti al raggiungimento di 17 obiettivi di sostenibilità declinati in 169 sotto-obiettivi.

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Ogni Paese dovrà dotarsi di una propria strategia nazionale che coinvolga attivamente soggetti pubblici e privati
ossia tutti i cittadini - le organizzazioni economiche sia pro it che non pro it - le istituzioni - la politica.
I Paesi si impegnano formalmente ad attivare tutte le iniziative necessarie - agendo nell'ambito di 4 pilastri:
• Sociale;
• Economico;
• Ambientale;
• Governance del sistema inteso anche come collaborazione tra governi e condivisione di valori ed obiettivi.
La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS) e le 5 aree di intervento.
A livello nazionale lo strumento di coordinamento dell’attuazione dell’Agenda 2030 è rappresentato dalla Strategia
Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), approvata dal CIPE con Delibera n. 108/2017. Si tratta di un
provvedimento che prevede un aggiornamento triennale e “che de inisce il quadro di riferimento nazionale per i
processi di piani icazione, programmazione e valutazione di tipo ambientale e territoriale per dare attuazione agli
obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”.
L’attuazione della Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile deve raccordarsi con i documenti programmatici
esistenti, in particolare con il Programma Nazionale di Riforma (PNR) e più in generale il Documento di Economia e
Finanza (DEF). Le azioni proposte e gli strumenti operativi devono conciliarsi, inoltre, con gli obiettivi già esistenti e
vincolanti a livello comunitario.
La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile 2017-2030 si con igura come lo strumento principale per la
creazione di un nuovo modello economico circolare, a basse emissioni di CO2, resiliente ai cambiamenti climatici
e agli altri cambiamenti globali causa di crisi locali, come, ad esempio, la perdita di biodiversità, la modi icazione
dei cicli biogeochimici fondamentali (carbonio, azoto, fosforo) e i cambiamenti nell’utilizzo del suolo.
Un aspetto innovativo dell’Agenda 2030 è l’attenzione rivolta al fenomeno delle disuguaglianze. In assenza di
un’adeguata strategia di intervento, diversi fattori possono contribuire ad alimentare una polarizzazione tra diverse
situazioni. Per questo motivo è necessario individuare e condividere le politiche che possono rilanciare la crescita
e renderla sostenibile nel lungo periodo.
La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile si basa, infatti, su un approccio multidimensionale per superare le
disuguaglianze economiche, ambientali e sociali e perseguire così uno sviluppo sostenibile, equilibrato ed
inclusivo. Tale approccio implica l’utilizzo di un’ampia gamma di strumenti, comprese le politiche di bilancio e le
riforme strutturali.
Il piano aggiorna la precedente “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia 2002-2010′′, ma
ne amplia il raggio d’azione, integrando gli obiettivi contenuti nella Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
E’ strutturata in cinque aree di intervento, corrispondenti alle “5P” dello sviluppo sostenibile proposte dall’Agenda
2030, ciascuna delle quali contiene Scelte Strategiche e Obiettivi Strategici per l’Italia, correlati agli obiettivi per lo
sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e richiamano alla profonda interrelazione tra dinamiche economiche,
crescita sociale e qualità ambientale, aspetti conosciuti anche come i tre pilastri dello sviluppo sostenibile.
• Persone: contrastare povertà ed esclusione sociale e promuovere salute e benessere per garantire le condizioni
per lo sviluppo del capitale umano;
• Pianeta: garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, contrastando la perdita di biodiversità e
tutelando i beni ambientali e colturali;
• Prosperità: a ermare modelli sostenibili di produzione e consumo, garantendo occupazione e formazione di
qualità;
• Pace: promuovere una società non violenta ed inclusiva, senza forme di discriminazione. Contrastare l’illegalità;
• Partnership: intervenire nelle varie aree in maniera integrata.
Nuovi modelli economici
A partire dalla metà del '900 ha inizio il passaggio dall'economia della produzione all'economia dell'informazione
passaggio che comporta l'identi icazione di nuovi attori (sia imprese che imprenditori) ma anche nuovi modelli
economici di sviluppo.
A partire dagli anni 2000 ciò che emerge e via via si a erma sono modelli che si rifanno ai concetti quali:
• Collaborazione;
• Condivisione;
• On-demand services.
Ci si confronta con una molteplicità di pratiche non chiaramente de inite o meglio la cui de inizione non è sempre
condivisa pratiche "alternative" più centrate sulla persona, sulla condivisione, sull'utilizzo pieno ed e iciente delle
risorse dove si vengono a creare le condizioni più favorevoli per l'a ermarsi di prassi collaborative.
Queste diverse pratiche paiono essenzialmente accomunate dall'utilizzo delle tecnologie digitali e da piattaforme
in grado di mettere in contatto le persone ed abilitare scambi e collaborazione, si delineano nuovi modelli
economici che vedono coinvolti diversi attori i cui ruoli possono cambiare si parlare di:
• Economia collaborativa;

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• Economia della condivisione o Sharing Economy;


• Economia on-demand.
Economia collaborativa
La Commissione Europea nel 2016 fa riferimento a modelli imprenditoriali in cui le attività sono facilitate da
piattaforme di collaborazione che creano un mercato aperto per l'uso temporaneo di beni o servizi forniti da
privati. I diversi attori coinvolti sono:
• I prestatori sia occasionali P2P che professionali B2C o B2B;
• Gli utenti;
• Gli intermediari che mettono a disposizione la piattaforma.
Si riconoscono alcuni tratti caratteristici:
• Promuove lo sfruttamento pieno delle risorse: il soggetto che eroga servizio non agisce dall'alto verso il basso
ma da abilitatore mette in contatto chi cerca con chi o re.
• Gli asset che generano valore appartengono alle persone - gli attori possono scambiarsi i ruoli.
• La collaborazione è al centro del rapporto si può mettere in comune un bene temporaneamente o si può cedere
- anche cessione di competenza – si ha scambio nella forma del baratto - la tecnologia è un supporto
necessario.
• Favorisce l'ibridazione tra domanda ed o erta nasce un neologismo pro-sumer dato dalla somma di producer e
consumer
Si osserva come la tecnologia ampli ichi le interazioni tra sconosciuti... ed aumenti le occasioni di interazione tra le
esperienze di economia collaborativa si distingue tra:
• Esperienze di natura civica e sociale - che vengono dal basso, valorizzano dinamiche di tipo mutualistico e
solidaristico;
• Esperienze che si rifanno al più tradizionale modello impresa-piattaforma - che si muovono sul mercato per
generare opportunità di consumo low cost.
La collaborazione si può manifestare in forme di erenti dalla produzione all’apprendimento:
• Produzione collaborativa: open source - open design - open manufacturing - laboratori per la fabbricazione
digitale (FabLab);
• Apprendimento collaborativo: contenuti educativi liberamente prodotti e messi a disposizione di chiunque
(anche Wikipedia) - insegnare o condividere le proprie abilità e professionalità con chi voglia apprendere
rendere accessibile istruzione;
• Finanza collaborativa: piattaforme crowfunding - prestiti peer to peer forme alternative di misura di valore Banca
del tempo il risultato è duplice raccogliere il capitale necessario per lo sviluppo di un’idea e scegliere i
destinatari del prestito;
• Consumo collaborativo: noleggio - prestito - scambio - condivisione - baratto - regalo - riuso
• ossia messa di in circolo di risorse sotto-utilizzate.
Nello speci ico il consumo collaborativo si manifesta se esiste iducia tra estranei, come relazioni tra sconosciuti
grazie a nuovi luoghi di incontro online che favoriscono le relazioni tra pari che si basano su monitoraggio
reciproco.
Si crede nel valore della condivisione - il consumo collaborativo è alla base dell'economia della condivisione vi è
esistenza/riconoscimento di capacità inutilizzate dall’economia collaborativa hanno origine molte e diverse
espressioni:
• Peer-to-Peer Economy un modello decentralizzato dove individui interagiscono per comprare o vendere beni e
servizi direttamente senza intermediazione di una terza parte o il supporto di un’impresa.
• On-demand Economy attività economiche basate sull'utilizzo di piattaforme internet che consentono l'incontro
immediato tra esigenze dell’utilizzatore che richiede un bene/servizio ed un soggetto in grado di fornirlo -
accesso istantaneo a beni e servizi su misura.
• A questo si collega un ulteriore fenomeno Gig Economy o economia del lavoretto on demand - ad esempio i
rider pagati per lo più a consegna e considerati appaltatori indipendenti - gli autisti (driver) di Uber proprietari
delle macchine pagati per una prestazione professionale.
Economia della condivisione o Sharing Economy
L’atto attraverso cui si mettono a disposizione di altre persone risorse e/o l'atto di ricevere da altri la possibilità di
utilizzare le loro risorse grazie ad una esperienza condivisa relazione peer to peer ad esempio car pooling – auto
condivisa/viaggio condiviso.
L'elemento essenziale è la possibilità di dare accesso alle risorse – rimettendo in circolo risorse sotto-utilizzate in
contrapposizione alla proprietà quale status/identità dell'individuo.
Oggi spesso si parla di Sharing mobility la mobilità grazie a mezzi e veicoli che imprese specializzate metto in rete:
car sharing, bike sharing, scooter sharing - attività sostenibile/logistica dell’ultimo miglio ma non è P2P.
Le cause all'origine dello sviluppo di questi nuovi e diversi modelli economici possono essere diverse

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e possono avere impatto di erente sull’ambiente che può accelerare o rallentare gli e etti di una crisi economica e
inanziaria a cui si collega maggiore incertezza - precarietà. E etti ridurre l'entità dei consumi sviluppare forme
alternative di lavoro ricerca di forme integrative per aumentare entrate e/o per ridurre uscite.
Evoluzione tecnologica i rapporti iduciari face2face - sempre esistiti "autostop" "passatel" - sono riproposti grazie
alle tecnologie real-time piattaforme tecnologiche con interazione/partecipazione social network - dispositivi
mobile - sistemi GPS sistemi di pagamento.
Cambiamenti a livello sociale:
• Di erente sistema valoriale;
• Perdita di iducia;
• Proprietà all'accesso;
• Maggiore sensibilità ambientale - ricerca d'esperienza;
• Importanza della comunità e delle relazioni/socialità - desiderio di condividere interessi ed emozioni;
• Rivalutazione del tempo - riappropriarsi del tempo;
• Abbondanza e spreco come dis-valori.

IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

Le caratteristiche delle fasi/stadi del CVP dal lato della domanda e dell’offerta
Il punto critico, quando propongo la mia innovazione, è riuscire a contattare un numero su iciente di opinion
leader, anticipatori, in grado di riuscire a contaminare altri soggetti, in modo da raggiungere una certa massa
critica e passare dalla fase di introduzione alla fase di sviluppo.
Fase di introduzione
La fase è preceduta dalla progettazione (oneri, investimenti) ed è caratterizzata da: grado di accettazione
dell’innovazione è minimo, quindi altro grado di incertezza, sia dal lato domanda sia dal lato o erta, il prezzo di
vendita è elevato, ma i pro itti.
La struttura concorrenziale dal lato della domanda:
• Prodotto rivolto a nicchia di mercato;
• Elemento di attrazione è la novità;
• Sensibilità della domanda al prezzo nulla;
• Manca esperienza;
• La variabile di marketing mix a cui è più sensibile la domanda è la qualità.
Dal lato dell’o erta:
• Iniziale condizione di monopolio di durata variabile in funzione della di icoltà di imitazione;
• Si possono manifestare problemi di tipo tecnico-produttivo, poiché mancano standard di riferimento;
• Di icoltà nel valutare quali sono i desideri del consumatore;
• Problematiche a livello distributivo;
• È necessario creare mercato – devo creare immagine per gestire posizionamento futuro.
Fase di sviluppo
Nel tempo l’incertezza si riduce ed il grado di conoscenza ed accettazione dell’innovazione cresce, c’è un ampio
aumento delle vendite, i saggi di incremento sono crescenti, si presentano i primi concorrenti con prodotti
imitativi e i nuovi entranti sono attratti dalla possibilità di pro itto.
La struttura concorrenziale, dal lato della domanda:
• Rapporto qualità/prezzo sarà tale da garantire consumi crescenti;
• Gli acquirenti appartengono alla classe degli adottanti sensibili all’imitazione;
• La domanda non è ancora satura e la domanda di sostituzione è limitata;

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•La variabile di marketing mix a cui è più sensibile la domanda è la comunicazione – si


inverte la posizione rispetto alla fase di introduzione (più sensibile alla qualità).
Dal lato dell’o erta:
•Il livello di prezzo tende ad abbassarsi – poiché i nostri margini sono alti, sfruttiamo il
vantaggio della prima mossa, mentre i concorrenti sono ancora nella fase di
introduzione;
•Il mercato è in espansione, la competitività è relativamente bassa;
•Ci sono tutte le premesse per la standardizzazione del processo e del prodotto;
•Devo costruire fedeltà alla marca – devo costruirmi rispetto alla domanda di
sostituzione, cambia la forma di distribuzione che avrò all’esterno. Non devo più dimostrare che esisto, abbiamo
intercettato la domanda di opinion leader – devo comunicare che mantengo la promessa, che se sei fedele puoi
ottenere dei vantaggi, che da me ottieni la miglior risposta alla domanda
Fase di maturità
Si esaurisce la crescita dei volumi di vendita, le vendite diventano costanti. C’è un’elevata conoscenza del
prodotto, da decisione acquisto/non acquisto a scelta tra marche concorrenti, posso confrontare il prodotto con i
prodotti dei concorrenti. Le soluzioni tecniche sono di use, si ha standardizzazione e la struttura dei costi tra i
diversi concorrenti è uguale, hanno tutti recuperato l’onere iniziale di ricerca e sviluppo e riescono tutti a
conseguire economie di scala.
La struttura concorrenziale dal lato della domanda:
• Rapporto qualità/prezzo porta alla saturazione della domanda – ci sono soluzioni diverse (nuovi utilizzi, nuove
versioni);
• Elevato grado di conoscenza e riduzione di erenziazione – il livello di elasticità della domanda al prezzo è bassa;
• La variabile marketing mix a cui è più sensibile la domanda è il prezzo.
Dal lato dell’o erta:
• Progressivo aumento del livello di concentrazione;
• Di icoltà nel rivitalizzare la domanda;
• Riduzione del livello di pro itto;
• Aumenta la concorrenza per controllare la fase di distribuzione – uscita di operatori prima di declino;
• Due obiettivi: difesa della quota di mercato e maggiore diversi icazione (ho legato il cliente al mio marchio, esco
dall’o erta tradizionale per sfruttare il legame con il cliente, magari o rendo prodotti complementari) per
sfruttare le conoscenze, ma anche ricerca di alleanza/fusioni/acquisizioni.
Fase di declino
Si riducono i volumi di vendita perché mutano i gusti dei consumatori, nuovi modelli culturali, entrano nuovi
prodotti con miglior rapporto qualità/prezzo.
La struttura concorrenziale dal lato della domanda:
• Ci si rivolge alla domanda residuale – soggetti legati alla tradizione;
• Bassa sensibilità della domanda alle variazioni di prezzo;
• La domanda potrebbe essere di sola sostituzione;
• La variabile di marketing mix a cui è più sensibile la domanda torna ad essere la qualità.
Dal lato dell’o erta:
• Eccesso di capacità produttiva – è una costante;
• Riduzione dei prezzi e dei pro itti – non ci sono più margini di miglioramento;
• È necessario pensare come e se abbandonare – limitare gli investimenti.
Un e etto indotto, nella fase di declino, è continuare a produrre anche in quantità ridotta se ho un marchio che è
nella memoria della gente, poiché mi porterà vantaggi quando deciderò di uscire con un nuovo prodotto.
Mantengo l’immagine e costruisco un rapporto con i clienti per il nuovo prodotto evitando la fase di introduzione.
L’adozione del modello comporta la soluzione di alcuni problemi.
Come identi ico la fase in cui si colloca il prodotto
Vengono proposti criteri diversi che portano a ricercare parametri che mi dicono qual è la fase in funzione del
variare nel tempo della capacità competitiva prodotto. I parametri sono: stabilità della quota di mercato (es. se le
quote sono stabili sono nella fase di maturità, se io sto crescendo sono nella fase di sviluppo – c’è ancora domanda
primaria che si sta andando a manifestare, se la mia quota di mercato aumenta mentre quella dei miei concorrenti
si riduce ino a scomparire mi trovo nella fase di declino), rapporto pubblicità/vendite (più spesa pubblicitaria,
introduzione o sviluppo, anche nella maturità se devo pubblicizzare qualche novità del prodotto), n° dettaglianti
che vendono il prodotto (se il numero di dettaglianti è molto limitato sono in fase di sviluppo, per poi aumentare
costantemente nella fase di maturità, inché inizieranno di nuovo a decrescere nella fase di declino), indice di

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somiglianza tra marche (se sono molto simili tra loro sono in fase di maturità, guardando anche gli altri parametri),
andamento curva dei pro itti/vendite.
ATTENZIONE: i parametri hanno utilità operativa, ma il loro modi icarsi è anche funzione del sistema competitivo
del settore o del tipo di processo produttivo.
Altra logica è guardare i tassi di variazione delle vendite, si registra il passaggio di tassi di variazione positivi
(introduzione/sviluppo) a variazione intorno a zero (maturità) sino a tassi di variazione negativi ( ine maturità e
declino). L’ipotesi è che il CPV (ciclo di vita del prodotto) abbia un andamento classico, mentre nella realtà ciò
potrebbe non veri icarsi. Inoltre, deve riconoscersi la stretta relazione tra CPV e processo di di usione
dell’innovazione – per questo bisogna tenere conto della natura del prodotto, del ruolo degli acquisti di
sostituzione, della durata economica utile del prodotto e dell’obsolescenza.
La curva delle vendite idealmente segue un unico andamento, ma nella realtà può evidenziare di erenze:
• Esistono prodotti/settori high learning – lunga fase di introduzione perché i potenziali acquirenti oppongono
resistenza all’adozione, ho anticipato un bisogno futuro troppo presto (es. auto elettriche).
• Esistono prodotti/settori low learning–facili da inserire negli schemi di consumo, introduzione e sviluppo
coincidono, sono immediatamente accettati, molto facili e molto identi icativi di situazioni legate spesso alla
moda, legate a una domanda particolare.
• Esistono prodotti che si sviluppano disegnando una curva di ciclo e riciclo – nella fase di maturità o declino, a
fronte di tassi di vendita negativi, si ripropongono con percentuali di crescita positive: maturità → declino →
sviluppo. All’origine miglioramento del prodotto che porta a sostituzione, ma anche nuovi acquisti per
aumentato valore intrinseco.
• Esistono prodotti che mancano della fase di maturità.
Un esempio di entusiasmo passeggero sono i Minions. Gli stili sono delle modalità di espressione che magari si
rinnovano nel tempo, nel campo della moda soprattutto. La moda è una rappresentazione di stile, ha un
andamento vicino a ciò che è il ciclo di vita tradizionale, è chiaro che le imprese possono trovarsi ad a rontare
contemporaneamente qualcosa che è un entusiasmo passeggero, ma legato a uno stile.

Cosa possa o debba intendersi per prodotto


Il modello può essere applicato per analizzare il settore industriale, ossia prodotti che put di erenti hanno
omogeneità nella capacita di risposta ai bisogni del consumatore – a questo livello è possibile osservare le
trasformazioni nella struttura competitiva.
Il modello può essere applicato per analizzare la marca o il modello – le ricerche empiriche evidenziano un
passaggio tra fasi più rapido che per settore. Il modello può essere applicato per analizzare un tipo di prodotto –
cioè un aggregato che rappresenta una parte del settore ma che nel contempo può essere la somma di più
marche concorrenti, da ciò deriva che vi sono delle interazioni e che sarà necessario considerare il modello a più
livelli.

L’ANALISI STRATEGICA
Etimologicamente, strategia deriva dal nome stategos, attribuito ai generali greci dal V secolo a.C. Gli studi di arte
militare osservano che Napoleone fu il promo generale a dare impostazione strategica alle proprie campagne
militari – oggi si parla anche di Guerrilla Marketing.
La strategia è l’arte del vincere la guerra, o meglio “la scienza della creazione dei mezzi” necessari a vincere e si
distingue dalla politica (che viene prima della strategia!), ossia la scienza dei ini e dalla tattica intesa come l’arte di
vincere la singola battaglia, o meglio “la scienza dell’utilizzo dei mezzi dati” per vincere il nemico in una certa
situazione.
In campo manageriale, si riconoscono de inizioni alternative che tendono tuttavia a convergere.
Il concetto di strategia assume il ruolo di scelta e realizzazione degli obiettivi di lungo periodo, è l’insieme delle
iniziative che consentono all’impresa di primeggiare nel confronto competitivo. L’idea comune è che la strategia

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debba concentrarsi sul raggiungimento di obiettivi (di lungo periodo), che le azioni che la costituiscono
comportino l’allocazione di risorse (tecniche, umane, autoformazione, risposta a esigenze che vanno via via
manifestandosi) e che la stessa implichi un certo grado di coerenza e di coesione fra decisioni ed azioni. In
contesti sempre più turbolenti e mutevoli, quando l’impresa deve fronteggiare minacce impreviste o nuove
opportunità, avere un chiaro senso della direzione è un requisito essenziale.
Ma attenzione, la strategia non è tanto come fare le cose al meglio – non è un problema di e icienza operativa –
bensì come fare le cose in maniere diversa dagli altri. L’elemento essenziale è l’e ettuare delle scelte che,
sintetizzando, può ricondursi alla scelta del dove competere (tramite l’analisi di settore decido dove competere,
valutando l’attrattività di un determinato settore e se sia e ettivamente il miglior settore in cui entrare) e come
competere (è una valutazione più complessa, ci dice se e come posso realizzare un vantaggio competitivo rispetto
a chi è già nel settore e ai potenziali entranti, devo sapere che altri hanno già fatto la stessa valutazione, devo
basarmi sull’originalità per ottenere risultati che premino l’impegno). L’analisi strategica diventa strumento di
gestione dell’impresa – in ottica dinamica – in grado di fornire soluzioni atte a rispondere alla necessità di cercare
maggiore coerenza tra:
• Le risorse e le capacità interne;
• La rapida evoluzione dell’ambiente interno
La gestione strategica è la capacità di collegare tra loro gli elementi all’origine del successo che si identi icano:
• A livello d’impresa:
• Obiettivi e valori (semplici, coerenti e di lungo periodo e comunicato, per essere condiviso);
• Risorse e competenze (capacità di valutare in modo oggettivo le risorse);
• Struttura e sistemi organizzativi (capacità di implementare in modo e icace leadership, determinazione
nelle decisioni, unità di azione, coinvolgimento).
• A livello di ambiente – di settore: comprensione dell’ambiente esterno (capacità di creare e gestire relazioni con
i clienti, i concorrenti, i fornitori o più in generale gli stakeholder, la mappatura degli stakeholder è essenziale).
Provocatoriamente, alcuni autori si chiedono: se la strategia è l’individuazione di obiettivi, l’orientamento al pro itto
non potrebbe essere la bussola nelle scelte d’impresa? In realtà è obiettivo troppo generico, non indica cosa fare,
ma permette solamente valutazioni ex post. Solo in condizioni molto semplici potrebbe fornire delle regole
decisionali ex-ante. Con il fatturato non ho un’informazione precisa, anche se fosse in crescita, in alcuni casi,
potrebbe indicare l’inizio della crisi (il mio diretto concorrente ha aumentato il fatturato del 10%, io solo del 2%).
Ad esempio: ho due modalità per produrre un prodotto, scelgo la modalità meno costosa in termini di risorse
utilizzate. Questa regola è e iciente ed e icace solo se le due alternative producono gli stessi e etti, salvo quello
del costo. In questo caso la massimizzazione del pro itto consentirebbe di individuare la scelta vantaggiosa.
Ma se oltre al costo si producesse un’altra modi icazione di tipo economico che, seppur evidente, non ha
manifestazione monetaria nell’immediato? Ipotesi:
• Miglioramento qualitativo della prestazione;
• Valenza ecologica del prodotto.
Dovrò considerare variazioni a livello di costi, nella domanda e nei prezzi di vendita. L’insieme di queste valutazioni
porteranno ad individuare una convenienza strategica, risultato di una scelta rischiosa che ha valenza
imprenditoriale.
La scelta consentirà di realizzare pro itti e sviluppo, ma la strada per pervenire a tale risultato potrà essere diversa
da impresa a impresa.
Questo signi ica che deve esserci condivisione poiché la strategia condiziona e guida le scelte di tutti i livelli
gerarchici. Una strategia potrebbe non esistere nell’ipotesi limite del caso di un unico decisore. Nella realtà dovrò
esprimere la strategia con un cero livello di analiticità per poter guidare l’impresa e dovrò esplicitarla a tutti i
soggetti che fanno parte dell’impresa, quindi sono compresi gli stakeholder, ad esempio i fornitori.
È più opportuno essere generici o analitici? Quanto più mi esprimo in modo analitico, ossia assumo una serie di
ipotesi circa la futura evoluzione, tanto più sarà alta la probabilità di errore. È necessario essere consapevoli che la
strategia nel tempo dovrà essere ride inita.
Se ride inisco la strategia, dovrò porre attenzione agli e etti indotti dai continui cambiamenti di rotta, poiché i
risultati non derivano dall’agire di soli fattori economici, a questi si a iancano componenti di tipo psicologico e
sociologico. Spesso nell’analisi strategica si commettono errori, tra i più frequenti:
• Credere che la stessa strategia possa essere adatta a due realtà – è erroneo anche se operano all’interno dello
stesso settore;
• Credere che esista una strategia vincente in assoluto – la strategia è stata vincente perché in quel contesto, a
quelle condizioni, in quel momento. La soluzione non è pronta, non basta fare 1,2,3;
• Credere che formulare una strategia sia prevedere il futuro – la strategia è essere coerenti e razionali rispetto
alla realtà che ci circonda;

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• Credere che ciò che accade oggi nei paesi industrializzati sia rappresentativo di ciò che accadrà domani nei
paesi in via di sviluppo – non c’è replicabilità, devo creare un nuovo schema poiché non ci sono le stesse
condizioni.
Sarà allora necessario sviluppare ogni volta un processo di elaborazione della strategia originale, rappresentabile
con una sequenza di fasi.
• Chi decide, come e perché – struttura organizzativa;
• Quale contenuto concreto e speci ico dare alla strategia – identi icabile come problem solving, come riesco a
creare valore aggiunto o maggiore redditività, è la fase vera dell’attività strategica di impresa, cioè formulare
una soluzione che vada a migliorare il mio posizionamento rispetto ai miei concorrenti. De inire un orientamento
strategico per evolvere nel tempo;
• Come tradurre la scelta di contenuto in sequenza di azioni – fase del planning, allineare un insieme di fasi, come
piani icare la mia attività;
• Come veri icare se previsioni corrette, se attuazione segue programmazione, se è necessario riformulare – è la
fase di controllo, la più complessa, devo veri icare se le previsioni che avevo formulato all’inizio, devo vedere se
a posteriori le ipotesi che avevo formulato sono state riconosciute e svolte in modo corretto. È necessaria la
veri ica. Devo dotarmi di una struttura di supporto che veri ichi i risultati della mia azienda, è importate perché
può capitare che ci sia la necessità di riformulare le mie ipotesi, è un lavoro che non ha mai ine, è un lavoro
dinamico nonostante si lavori nel medio-lungo termine.
Le fasi sono solo teoricamente distinte, ma nella realtà sono tra loro connesse e sottoposte a continuo controllo. La
capacità strategica di un’impresa dipende dall’equilibrio tra le fasi, in funzione:
• Dell’ambiente esterno e della struttura che sono in continuo cambiamento;
• Della capacità di utilizzare strumenti metodologici che si riferiscono non solo all’economia, ma anche alla
sociologia, alla psicologia, una sorta di contaminazione.
Non si deve dimenticare che la strategia può svolgere ruoli diversi:
• Diviene supporto alle decisioni – le sempli ica, consente d’integrare le conoscenze, vincola alcune alternative;
• Diviene strumento di coordinamento, comunicando dal direzione del cambiamento;
• Consente di acquisire il consenso, è razionale, coerente;
• Lancia segnali ai partner
Un elemento di criticità è rappresentato dalla necessità di far coesistere strumenti di analisi diversi, dall’economia,
alla sociologia, alla psicologia. Questo ha portato allo sviluppo di approcci di ricerca che privilegiano
alternativamente:
• Cosa fare: elaboro strategia e poi piani ico introducendo una serie di sempli icazioni – planning e problem
solving;
• Quale struttura: adottare per assumere decisioni strategiche, come organizzare, delegare, stimolare, sanzionare,
retribuire, grati icare e formare i collaboratori
I due approcci in realtà dovrebbero integrarsi poiché non esiste “la” soluzione strategica, ad esempio la
propensione al rischio è virtù, l’attaccamento dell’impresa alla propria matrice culturale è virtù a meno che
impedisca l’evoluzione dell’impresa, ci si fossilizza e radicalizza su posizioni certe e note.
In realtà la capacità strategica d’impresa dipende dall’equilibrio. Nell’analizzare i molti lavori dedicati all’analisi
strategica, si evidenzia una casistica di possibili alternative che tengono conto degli scenari entro cui l’impresa
opera. Si parla di strategie:
• Di crescita; • O ensive, ma anche difensive;
• Di di erenziazione; • Collusive;
• Di diversi icazione, ma anche di gruppo; • Globali, ma anche glocali;
• Di integrazione verticale; • Multinazionali.
Adottando lo schema di analisi proposto dal vostro testo, sviluppiamo l’analisi assumendo come riferimento le
strategie competitive di base.

STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE


Assumendo quale riferimento la de inizione da manuale, le strategie competitive di base sono leadership di costo,
di erenziazione e focalizzazione/concentrazione. Esse rappresentano strade alternative per raggiungere una
redditività superiore alla media del settore nel medio-lungo periodo e presuppongono il conseguimento e la difesa
di un vantaggio competitivo. Tra i primi problemi da risolvere, il comprendere, come si identi ica, come si de inisce
il vantaggio competitivo e quali possono essere le fonti:
• Come si identi ica, come si de inisce il vantaggio competitivo:
• Redditività superiore ai concorrenti, ma quali concorrenti? Concorrenti diretti ed indiretti, potenziali nuovi
concorrenti, prodotti sostitutivi;

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• Un certo grado di superiorità, che deriva dall’avere investito in tecnologia, in innovazione, in soddisfazione
del cliente;
• In termini di vantaggio competitivo non devo tenere conto solo della redditività, essa non è necessaria,
devo tenere conto della superiorità, essa è essenziale;
• Il risultato di una situazione di disequilibrio.
• Quali possono essere le fonti:
• L’origine può essere legata a fattori esterni – la domanda, ossia i potenziali clienti, l’andamento dei prezzi, i
canali di distribuzione, lo sviluppo tecnologico;
• Cosi come a fattori interni – gli uomini (competenze, conoscenze, collaborazioni, disponibilità alla
coesione) – le risorse umane.
N.B.: un possibile strumento di analisi è rappresentato dalla catena del valore – concetto formulato da M. Porter
che risulta utile a meglio identi icare le possibili fonti (concetto che vedremo nel dettaglio in seguito).
Certamente il vantaggio o lo svantaggio competitivo si manifesta in presenza di cambiamento, qualsiasi
cambiamento per qualcuno crea un’opportunità.
L’impatto del cambiamento sulle imprese può essere di erente e le cause sono le più varie:
• Diversità in termini di competenze e risorse disponibili;
• Diverso posizionamento strategico;
• Diversità in termini di rapidità a percepire il cambiamento;
• Diversità in termini di capacità e tempi di adattamento.
A contribuire è anche il grado di turbolenza o al contrario stabilità del settore di riferimento. Quanto più si opera in
condizioni di turbolenza, tanto più la capacità di reagire al cambiamento, ma anche di anticipare lo stesso
diventano fonte di vantaggio competitivo. La capacità di reagire ed anticipare è legata alla disponibilità:
• Di risorse – ad esempio di carattere informativo;
• Di competenze – ad esempio lessibilità a livello produttivo, distributivo.
In sintesi si potrebbe a ermare che chi è in grado di cambiare le regole del gioco, può meglio di altri conseguire
un vantaggio competitivo. Es. di azienda che lavora in settore turbolento è Zara, il marchio è di uso in molti paesi.
Zara appartiene ad Inditex, il più grosso gruppo tessile e la sua forza è legata alla rapidità di produzione,
dall’ideazione al mercato inale il tempo è molto breve.
Passaggio fondamentale è l’identi icare le possibili fonti di vantaggio competitivo. Il cambiamento alla base della
reazione dell’impresa può avere natura diversa:
• Modi icazioni a livello di domanda (nuovi entranti che sconvolgono il mercato che sconvolgono i prezzi di
vendita/ altre funzioni d’uso/ nuovi canali di distribuzione, ad esempio l’e-commerce, Amazon che si mette a
fare il distributore anche di generi alimentari);
• Variazioni nelle politiche di prezzo, nelle condizioni di mercato – potenzialità dei nuovi entranti – nelle
caratteristiche del prodotto, nel sistema distributivo;
• Rapidità nello sviluppo tecnologico.
Spesso il vantaggio competitivo è il risultato dell’agire combinato è il risultato dell’agire combinato di una
molteplicità di fattori non chiaramente identi icabili. Il cambiamento si manifesta sotto diverse forme: alcuni autori
parlano di ambiguità casuale che determina quella che viene de inita condizione di imitabilità incerta.
Il cambiamento può avere origine da fonti interne (capacità creative ed innovative), in sintesi cambiare le regole
del gioco utilizzando meglio le proprie competenze distintive, rappresentate ad esempio da:
• Il controllo di una tecnologia chiave; • L’intensità delle relazioni con i clienti;
• Uno speci ico know how; • Le relazioni con gli stakeholder;
• La capacità di creare nuove idee; • Il grado di esclusività della marca/insegna;
• Le conoscenze e la professionalità del personale; • La reputazione dell’impresa.
Un ulteriore fonte di vantaggio competitivo è la ricerca di un elemento di unicità attraverso l’analisi (o la rilettura)
della catena del valore.
Il concetto di catena del valore
Può essere utilizzato con inalità diverse:
• Contribuisce ad individuare la strategia competitiva più idonea;
• È di supporto alla analisi delle competenze, alla loro classi icazione;
• È la base di riferimento per condurre l’analisi della struttura dei costi di ogni speci ica attività di cui l’impresa si
compone.
Il punto di partenza è il considerare l’impresa come un insieme di parti, ciascuna delle quali produce valore
aggiunto.
Si può vedere l’impresa come una “catena” o ogni parte è un “anello” della catena, sono tra loro uniti, ma dal punto
di vista dell’analisi posso so ermarmi sul singolo anello. È di icile studiare l’impresa nel suo insieme, se io smonto

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la catena in tante singole parti posso acquisire più informazioni, poiché non lavoro più su un insieme complesso,
ma su tante singole parti.
Ma in quale punto/anello della catena l’impresa possiede o potrebbe conquistare un vantaggio competitivo?
M. Porter schematizza le attività di impresa seguendo un percorso sequenziale, distinguendo tra:
• Attività primarie – correlate alla produzione, tutte quelle attività che si riferiscono ai processi di trasformazione
degli input e quelle attività alla base della relazione impresa-cliente. Nello speci ico:
• Logistica in entrata/di input; • Marketing e vendite;
• Produzione/fasi operative; • Servizio.
• Logistica in uscita/ di output;
• Attività di supporto alle attività primarie – che possono essere associate all’intero processo, ma anche ad una
sola particolare attività primaria:
• Reperimento degli input/approvvigionamenti;
• Sviluppo delle tecnologie;
• Gestione risorse umane;
• Infrastruttura di impresa, la sola che per de inizione abbraccia l’impresa nel suo complesso, abbastanza
complesse da de inire, le tre aree più importanti sono la contabilità, l’aspetto inanziario e tutti i servizi
tecnologici, sistemi informativi d’impresa.
Ogni singola attività al suo interno può essere disaggregata per poter riconoscere le competenze più speci iche – i
punti di forza, i punti di debolezza, confrontandosi con i concorrenti.
Si possono rilevare eventuali interconnessioni tra aree di business.
Tra i possibili ambiti applicativi identi icati la catena del valore è vista come base di riferimento per condurre
l’analisi della struttura dei costi, è utile nel caso in cui si opti per una strategia di leadership dei costi – si persegua
un vantaggio di costo (strategia di base di cui vedremo in seguito il dettaglio).
Attenzione: per implementare tale strumento è necessario conoscere/comprendere qual è la struttura dei costi,
dovremo capire e sarà necessario comprendere:
• Se le singole attività sono tra loro più o meno distinte/separate o identi icare i legami tra attività e i possibili
e etti sui costi;
• L’importanza delle singole attività ed il peso relativo di ciascuna attività sul costo totale del prodotto:
• I fattori/le determinanti i livelli di costo e procedere ad un confronto con i concorrenti;
• Le possibili aree rispetto alle quali si osservano delle ine icienze e quindi valutare come sanarlo.
Una digressione: assumendo come punto di partenza un semplice quesito, esiste una relazione tra concetti
quali vantaggio competitivo e valore di impresa?
Prima di a rontare l’analisi dei contenuti propri delle strategie competitive di base, risulta opportuno cercare di
comprendere se esiste e quale può essere la relazione tra vantaggio competitivo e valore d’impresa. Si diceva, il
vantaggio competitivo ha origine da fattori esterni e fattori interni, dal combinarsi di una molteplicità di fattori,
dalla capacità di cambiare le regole del gioco. E il valore d’impresa? Oggi tende a prevalere un approccio che
riconosce la forte natura immateriale delle componenti del valore di impresa rispetto alle componenti a più alto
contenuto tangibile – il capitale isico e il capitale economico.
Il patrimonio intangibile viene visto quale indicatore del valore attuale d’impresa e soprattutto potenziale, ma se
questo è vero il vantaggio competitivo ed il di erenziale di performance saranno sempre più spesso spiegati:
• Dalle dotazioni di intangibile (know-how, marchi, brevetti, reti di vendita);
• Dalle opportunità di auto-riproduzione delle dotazioni di intangibile, cioè i processi di accumulazione di risorse.
Secondo questa impostazione, il patrimonio isico – tangibile – rappresenta il valore strumentale (rappresenta il
passato), dli asset intangibili rappresentano il valore attuale (rappresenta l’oggi, il presente), la capacitò di auto-
produzione ed accumulazione delle risorse rappresentano il valore potenziale (rappresenta il futuro).
Nello speci ico, il valore di queste risorse intangibili e conseguentemente il valore dell’impresa che le detiene
deriverebbe da:
• Rarità e grado di speci icità;
• Tempi di sedimentazione (quanto tempo ci vuole perché qualcuno imiti);
• Ostacoli che i concorrenti incontrano nel replicare i comportamenti attraverso i quali l’impresa ha sviluppato il
suo “patrimonio”.
Riprendendo un precedente passaggio: spesso il vantaggio competitivo è il risultato dell’agire combinato di una
molteplicità di fattori non chiaramente identi icabili che determinano condizioni di imitabilità incerta. Si può
arrivare a concludere che il valore dell’impresa dovrebbe essere unico e difendibile nel tempo.
In forma molto sempli icata si può rilevare che esistono due categorie di risorse a disposizione dell’impresa per
creare valore:
• Le risorse di conoscenza all’origine delle competenze e delle speci iche capacità aziendali;

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• Le risorse di iducia che hanno origine da processi di interazione tra impresa e stakeholder – de inibili come
risorse relazionali che dipendono da alcune dimensioni:
• A idabilità – grado di certezza o iducia che si ripone nell’impresa, certezza del corretto funzionamento in
base alle caratteristiche; intesa come la percezione consolidata in ordine alle aspettative di
comportamento d’impresa;
• Competenza – abilità, preparazione, esperienza, capacità, il saper fare qualcosa, rappresenta la
convinzione in ordine alla capacità dell’impresa di o rire non occasionalmente prestazioni di alta iducia;
• Equità – attribuzione di ciò che spetta, cioè la percezione di correttezza, trasparenza e congruenza tra le
ragioni di scambio all’origine delle relazioni con gli stakeholder;
• Convergenza di inalità intesa come la condivisione delle motivazioni all’origine della scelta di interagire, la
convergenza di obiettivi e valori.
Oltre alle risorse legate alla iducia, l’impresa dispone delle risorse di conoscenza che possono rappresentarsi
come l’insieme di elementi che danno origine al capitale intellettuale, nello speci ico: il capitale intellettuale è
de inibile come il valore economico di due categorie di risorse intangibili d’impresa.
• Il capitale umano, le risorse interne, ma anche le risorse esterne, clienti, fornitori, azionisti, è fonte di
innovazione, non può essere posseduto, è costituito da conoscenze, abilità, cultura, valori, saggezza;
• Il capitale strutturale, cioè l’infrastruttura che consente al capitale umano di esprimere il suo potenziale. Ne
fanno parte forme codi icate di conoscenza di proprietà dell’impresa: brevetti, software applicativi, manuali di
processo, database, best practices, reti internet, ma anche le strategie, la cultura, le routine organizzative, le
strutture di vendita.
Nello speci ico si fa riferimento a elementi quali:
• La struttura interna; • Le risorse umane;
• Le risorse commerciali; • Le risorse intellettuali;
• Le risorse organizzative; • Le componenti codi icate e tangibili;
• La struttura esterna; • La proprietà intellettuale.
• Le competenze professionali;
L’insieme di questi elementi rappresenta l’intelligenza visibile e invisibile dell’impresa. Questi elementi presentano
alcune particolarità:
• Si rivalutano nel tempo;
• Non si consumano;
• Appartengono alle persone che fanno parte dell’organizzazione.
In sintesi, le performance d’impresa possono essere spiegate dal capitale umano come risorsa unica e di icilmente
imitabile, componente da sostenere con investimenti in formazione, motivazione, identi icazione. Ma come si
accresce il contributo della componente capitale umano? Quando l’organizzazione usa una quota maggiore di ciò
che sanno i suoi componenti, quando un numero maggiore di questi sa più cose che risultano utili
all’organizzazione.
L’impresa sarà quindi orientata ad agire sulle capacità e sulle competenze e nel contempo difendere il proprio
vantaggio competitivo. L’impresa può promuovere azioni inalizzate a innalzare barriere all’imitazione (l’impresa
può agire su elementi che inducono all’imitazione da parte dei concorrenti) e cercare di trarre vantaggio dalle
condizioni di mercato, dalle sue imperfezioni.
Se opta per interventi inalizzati a innalzare barriere può intervenire su:
• Identi icazione – l’impresa agisce in modo da nascondere la propria redditività – le scelte in termini di politiche
dei prezzi possono essere indicative;
• Incentivo – l’impresa può agire al ine di convincere il concorrente che investendo in imitazione non avrà
vantaggi:
• Azioni di dissuasione: costi, capacità produttiva, politica di prezza, reputazione;
• Azioni preventive al ine di anticipare agendo sulla gamma prodotti, anticipando investimenti e acquisendo
brevetti.
• Diagnosi – l’impresa può agire in modo da impedire ai concorrenti di comprendere quali sono le basi del
successo, agire sull’ambiguità casuale, sull’imitabilità incerta;
• Acquisizione di risorse – l’impresa per difendersi cerca di allungare i tempi necessari al concorrente per
acquisire risorse, capacità e competenze. Divengono importanti aspetti quali la trasferibilità, la replicabilità,
investimento diretto, esperienze pregresse;
• Nel contempo l’impresa cerca di sfruttare il vantaggio di occupare una nicchia di mercato o una posizione
strategica: il vantaggio della prima mossa
Il secondo ambito di intervento difensivo è trarre vantaggio dalle imperfezioni di mercato (asimmetria informativa)
che determinano condizioni di concorrenza imperfetta. Escludendo il caso di mercati e icienti dove si ha

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concorrenza perfetta – tutte le informazioni sono ri lesse nei prezzi – si dice che il vantaggio competitivo in questi
casi è assente.
L’imperfezione ha origini diverse:
• Non perfetta disponibilità di informazioni – di icoltà ad accedere alle informazioni;
• Costi di transazione – a bassi costi corrisponde elevato vantaggio competitivo;
• Psicologia del mercato – tendenze sistematiche che ri lettono il passato;
• Reazione spropositata alla disponibilità di nuove informazioni, e etto spesso di un comportamento imitativo.
Se le anomalie sono da considerarsi temporanee, l’impresa potrebbe decidere di agire in controtendenza.
Passaggio che dobbiamo ora a rontare è l’analisi della relazione tra vantaggio competitivo e opzioni strategiche.
Per avviare tale processo, il modello di riferimento più di uso e noto è la SWOT ANALYSIS.
SWOT analysis
Strengths – forza Weaknesses – debolezza

Opportunities – opportunità Threats – minacce

Consente di evidenziare le componenti più signi icative dell’ambiente interno (riga sopra) e dell’ambiente esterno
(riga sotto) all’impresa. Aiuta ad identi icare come utilizzare le risorse e le competenze per ottenere un vantaggio
competitivo – rispetto all’ambiente dove l’impresa opera. Il modello introduce/impone sempli icazione molto
accentuata, è uno schema rigido, la classi icazione che richiede è arbitraria (es. Steve Jobs, esempio estremo, è
stato sia un punto di forza che di debolezza, alla ine della sua vita, per Apple). Tuttavia è utile perché impone un
approccio molto razionale ed o re spunti di ri lessione. Complessivamente adottando il modello di analisi SWOT si
è in grado di formulare l’approccio strategico ottimale. Nello speci ico la strategia vincente sarà quella che
trasformerà le minacce in opportunità e che sarà in grado di ridurre al minimo le debolezze.
Gra icamente sono molte le rappresentazioni. La SWOT Analysis va usata durante le riunioni di brainstorming.
L’impresa che sa condurre una buona SWOT dispone delle informazioni per valutare le possibili alternative. Sulla
base delle diverse possibili manifestazioni di vantaggio competitivo, qual è la migliore opzione strategica. È
possibile procedere ad una sempli icazione ed identi icare delle macro aree di riferimento. Il vantaggio
competitivo può derivare da:
• Una dimensione di produttività – il vantaggio si misura in termini di costi;
• Una dimensione di potere di mercato – il vantaggio in termini di massimo prezzo di vendita accettabile.
L’impresa dovrà valutare quale dimensione fare prevalere/privilegiare tenendo conto dei punti di forza – debolezza
suoi e dei concorrenti.

Opzioni strategiche
L’impresa si confronta con due visioni:
• Conquistare i mercati esistenti – ricercare in vantaggio difendibile in un dato prodotto-mercato, quali sono i
fattori chiave di successo e come l’impresa e i concorrenti sono in grado di sfruttarli. Se obiettivo è conquistare
i mercati esistenti, le strategie competitive attuabili sono essenzialmente:
• Vantaggio di costo o dominio di costo;
• Di erenziazione.
• Conquistare i mercati futuri – obiettivo è anticipare i possibili sviluppi di mercato. Sviluppare competenze per
trarre vantaggio da future opportunità. Tale approccio si fonda su alcune considerazioni base:
• Le condizioni attuali non sono un dato de initivo – ciò che vedo oggi, non per forza sarà quello che vedrò
domani, devo vedere come sono formate le persone;
• La concorrenza non è un riferimento obbligato – ciò che stanno facendo i concorrenti non è detto che sia
giusto, non è detto che debba essere imitato, mi devo confrontare, ma non è detto che sia migliore di me;
• Concentrarsi su ciò che i clienti apprezzano maggiormente;

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• Adottare un approccio problem solving nell’ottica del cliente;


• Chiedersi cosa si dovrebbe fare se si iniziasse da zero – guardare solo al futuro, vedere solo ciò che si
potrebbe cambiare senza guardare il passato.
Vantaggio di costo o dominio attraverso i costi – si basa sulla dimensione produttività e l’attenzione sarà rivolta:
• Ai costi di funzionamento;
• Agli investimenti che valorizzano l’e etto esperienza;
• Alla conoscenza dei prodotti;
• Alla riduzione dei costi di vendita, di distribuzione, di pubblicità.
Obiettivo è riuscire ad operare con un livello di costo inferiore a quello della concorrenza così da potere
controllare la leva prezzo. Condizione necessaria è la disponibilità di informazioni in merito alla struttura dei costi
dei concorrenti. Tale approccio manifesta i suoi e etti positivi rispetto a:
• Concorrenti diretti; • Prodotti sostitutivi;
• Nuovi concorrenti; • Fornitore in luente.
• Clienti in luenti;
Di erenziazione – agisce in modo da attribuire caratteristiche distintive importanti per il cliente, obiettivo è
arrivare ad operare in condizioni di concorrenza monopolistica. Le condizioni necessarie perché la di erenziazione
consenta di determinare un vantaggio competitivo sono:
• Unicità; • Percezione dei fattori di unicità;
• Valore dei fattori di unicità; • Sostenibilità economica – di erenziale di prezzo.
La di erenziazione può manifestarsi in molteplici forme:
• Immagine di marca; • La rete vendita;
• Primato tecnologico riconosciuto; • Componenti l’aspetto esteriore.
• Il servizio post vendita;
Toyota sta cercando di sviluppare l’aspetto di di erenziazione, tramite l’aspetto tecnologico. Fiat invece vendeva
grosse quantità di auto tramite una leadership di costi, ora ha molto accentuato la segmentazione di mercato. La
500 è stata fatta per spennare il cliente, ha giocato sulla storia, il concorrente più diretto della 500 è MINI con una
logica di retromarketing, recuperando una logica del passato e allineandola al moderno. Forte di erenziazione
giocando sulla marca. La stessa cosa la sta facendo anche Jaguar. Bisogna osservare l’o erta e identi icare qual è
l’elemento che sta giocando il ruolo di attrazione. Anche Alfa Romeo sta giocando su una logica di retro marketing.
Tale approccio manifesta i suoi e etti rispetto a:
• Concorrenti diretti – riduco la percezione di sostituibilità, aumento la fedeltà e nel contempo riduco la sensibilità
al prezzo, es. il soggetto che va a comprare 500 fa un confronto con MINI, ma poi si baserà sul suo ricordo
soggettivo;
• Fornitore in luente – la più elevata redditività aumenta la capacità di resistenza ad un aumento dei costi dei
fornitori;
• Nuovi concorrenti – la più elevata fedeltà rende complesso l’ingresso;
• Prodotti sostitutivi – qualità distintive e fedeltà come difesa nei confronti dei concorrenti.
Quali i tratti distintivi? Il prezzo di vendita può essere più elevato di quello praticato dei concorrenti, il prezzo
massimo accettato dalla domanda, da cui maggiore redditività anche a fronte di più elevati costi. Gli investimenti
in attività di marketing operativo sono maggiori, devo comunicare per fare conoscere gli elementi distintivi.
Come si ricordava all’inizio esiste un terzo possibile approccio strategico rappresentato dalla focalizzazione o
concentrazione (identi icazione di nicchia). L’obiettivo è ricercare una posizione di vantaggio assoluto.
Soddisfare meglio dei concorrenti le aspettative ed i bisogni del target individuato tramite la segmentazione di
mercato, l’impresa si rivolge ad un numero ristretto di clienti, un segmento rispetto al quale la quota controllata è
elevata (limitata al contrario se riferita all’intero potenziale di domanda...).
Per fare questo però è necessario valutare il rischio di investire e specializzarsi in un’area/segmento non
economicamente sostenibile o facilmente aggredibile. C’è la necessità di adattarsi al ciclo di vita dell’area/
segmento verso il quale si focalizza l’attività.
Nel momento in cui io scelgo la concentrazione, scelgo un rischio.
Una volta de inite le linee essenziali, è necessario cercare di comprendere quali risorse e competenze sono
necessarie per implementare una delle tre strategie.
Dominio attraverso i costi: Investimenti elevati, elevata competenza tecnica, rigido controllo dei processi di
produzione e distribuzione, prodotti altamente standardizzati. Non ho bisogno del creativo, ma dell’ingegnere. La
produzione assume il ruolo primario.
Di erenziazione: Solide competenze di marketing, capacità analitico/conoscitiva, elevata capacità di prevedere
l’evoluzione delle esigenze della domanda, massimi coordinamento tra R&S → produzione → marketing. Massimo
equilibrio tra le diverse funzioni aziendali.

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Concentrazione – focalizzazione: Rispetto al segmento di interesse, l’impresa deve essere in grado di gestire tutti
gli aspetti/le dimensioni dell’approccio leadership dei costi e di erenziazione.
Conseguentemente i tre diversi approcci strategici presentano taluni rischi e limiti.
Vantaggio di costo: Cambiamenti tecnologici che annullano il vantaggio acquisito grazie ad investimenti e ad
e etto esperienza (i miei concorrenti hanno accesso alla mia stessa tecnologia, ma a prezzi più bassi). Di usione
della tecnologia a basso costo tra nuovi entrati ed imitatori. Ritardo nel rilevare esigenze di cambiamento nei
prodotti a causa della eccessiva concentrazione dei costi. Incremento dei costi con riduzione del di erenziale di
prezzo utile ad imporsi sui nuovi concorrenti.
Di erenziazione: Il di erenziale di prezzo per mantenere unicità/elemento di di erenziazione è troppo elevato
rispetto al prezzo dei concorrenti. L’ampia di usione del prodotto di erenziato ne limita la richiesta da parte dei
clienti. Imitazioni che limitano l’e etto-impatto della di erenziazione.
Concentrazione: Il di erenziale di prezzo rispetto ai concorrenti non specializzati diviene troppo elevato. Le
di erenze tra segmento/i e mercato nel loro insieme di attenuano. Il segmento di divide in sotto-segmenti,
singolarmente non più pro ittevoli, dimensione insu iciente.
Può risultare utile cercare di rappresentare qual è il percorso di sviluppo delle opzioni strategiche estreme.
Come si sviluppa una strategia di leadership di costo: Molti gli aspetti che devono essere attentamente valutati.
L’impresa deve essere in grado di comprendere quali sono le possibili determinanti, i livelli di costo di speci iche
attività:
• Economie di scala e di estensione; • Localizzazione delle attività produttive;
• Tecnologie di processo; • Potere contrattuale dei fornitori;
• Economie di apprendimento; • Relazioni con il sistema distributivo, ovvero potere
• Modalità di progettazione; contrattuale;
• Grado di specializzazione della capacità produttiva.
Quali le possibili alternative per acquisire il vantaggio di costo:
• Massimo sfruttamento delle economie di produzione (economie di scala, esperienza, estensione);
• Innovazione di processo o di prodotto;
• Riorganizzazione geogra ica dell’attività produttiva;
• Riduzione sistematica delle ine icienze, tramite la catena del valore. Meccanismi incentivanti o disincentivanti
l’adozione di comportamenti virtuosi da parte delle RU e coinvolgimento predisposizione di un sistema di
controllo interno per identi icazioni aree di ine icienza. Modi icazione della struttura organizzativa per ridurre i
livelli gerarchici e aumentare la responsabilizzazione;
• Ricon igurazione della catena del valore, anziché agire sui singoli fattori, l’impresa modi ica l’impianto
organizzativo della società.
Con particolare riferimento alla catena del valore, il cambiamento può manifestarsi in forme di erenti:
Esternalizzazione di determinate fasi della catena di valore, outsourcing se ha uno svantaggio in termini di costi o
se non raggiunge livelli di e icienza analoghi a quelli dei concorrenti. Attenzione, talvolta può essere necessario il
processo inverso o può essere opportuno tenere conto di un fenomeno che viene identi icato come consumer
empowerment, trasferimento di potere: il cliente può controllare alcune variabili di marketing, ad esempio
l’informazione e la comunicazione.
Al manifestarsi di situazioni di consumer empowerment la possibile reazione dell’impresa è rappresentata dal co-
creare con il cliente nelle diverse possibili forme:
• Co-innovazione – i clienti (gli utilizzatori leader) sono coinvolti nella fase di progettazione del nuovo prodotto/
servizio o del marchio/logo, semplice espressione di voto o creazione di una piattaforma interattiva per
realizzare design partecipato;
• Co-promozione – attraverso un concorso vengono coinvolti un elevato numero di consumatori per produrre
immagini, ilmati per nuove campagne pubblicitarie, es. “che mondo sarebbe senza Nutella” o “mettici la faccia”
di Tiscali;
• Co-produzione – il consumatore interviene con la sua esperienza per personalizzare l’o erta, unicità della
proposta di vendita, tutto è lasciato alla libera de inizione del cliente;
• Co-immaginazione – creazione di piattaforme comunitarie per facilitare l’interazione tra appassionati di un
marchio/prodotto/servizio – vengono prodotte delle narrazioni che si traducono on line in siti comunitari ad es.
My Nutella Community, Desmoblog (Ducati), ma anche o line, nella forma di raduni.
Per dare vita a politiche di co-creazione è necessario creare le condizioni perché si sviluppi una buona inter-azione
cliente impresa, in questo senso si può agire su:
• Canali di interazione – al consumatore deve essere riconosciuta la massima libertà di scelta sul come e sul
quando interagire, l’impresa è chiamata ad attivare canali multipli;
• Valori – al cliente deve essere consentito e ettuare scelte che rispettino i suoi valori (contenuto etico,
linguaggio, uso delle immagini...);

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• Transazioni – l’elemento di riferimento è l’esperienza che il soggetto vive durante la transazione, è necessario
porre attenzione alla qualità della stessa, il contenimento dei costi della transazione non può essere il solo
elemento di scelta, es. il self service.
Altre forme di manifestazione del cambiamento sono:
• Re-ingegnerizzazione dei processi produttivi – identi icare una diversa sequenza logica delle fasi del processo
produttivo o una di erente modalità per collegare le fasi (solo se l’iniziativa crea un maggior valore rispetto ai
costi che ne derivano);
• Razionalizzazione delle unità produttive – concentrazione delle attività o distribuzione in stabilimenti integrati;
• Modi ica della posizione all’interno della iliera produttiva – avvio di processi di integrazione orizzontale o
verticale a monte o a valle.
Come si sviluppa una strategia di differenziazione
Molte le modalità di attuazione. L’impresa può decidere di intervenire a livello di:
• Componenti tangibili, agendo sugli attributi del prodotto;
• Componenti intangibili, agendo su componenti che possono condizionare la percezione del cliente in termini di
valore prodotto o suo posizionamento;
• Componenti relazionali, in grado di allargare i contenuti dell’o erta così da soddisfare meglio i bisogni del
cliente o per facilitare le modalità di soddisfazione.
Soprattutto nello sviluppo di una strategia di di erenziazione l’impresa agisce sulla componente servizio.
In taluni casi, la scelta del consumatore può essere guidata e condizionata dalla presenza di servizi, nella fase pre-
acquisto piuttosto che nella fase post-acquisto. Per questo può essere utile cercare di rispondere ad alcuni
semplici quesiti.
Quando un consumatore acquista o fruisce di un servizio cosa acquista?
Per l’impresa, quali sono le problematiche legate alla gestione di attività che portano alla erogazione del servizio?
In genere si evidenzia come il consumatore acquisti un’esperienza creata dalla prestazione correlata al servizio e
acquisti dei bene ici che derivano dall’esperienza vissuta. Dal lato dell’impresa i servizi presentano alcune
peculiarità, da cui derivano speci iche in termini gestionali.

LE STRATEGIE DI CRESCITA
Gli obiettivi di crescita sono presenti in ogni realtà di impresa, in qualunque contesto economico, è uno degli
obiettivi primari di ogni impresa, cambiano le modalità. La crescita può essere rappresentata in termini diversi
(andamento dei pro itti, volumi di produzione, economie di scala, dipendenti/risorse umane funzionale alla
diversi icazione dei prodotti o al miglioramento della qualità, quote di mercato) e avere di erente in luenza
sull’impresa.
• Agisce sulla vitalità;
• Stimola e sostiene l’avvio di iniziative;
• Accresce la motivazione del personale;
• Consente di rispondere alle azioni poste in essere dalla concorrenza.
L’obiettivo di crescita può essere de inito rispetto a tre grandi schematizzazioni:
• Attuale mercato di riferimento → crescita intensiva;
• Filiera industriale → crescita integrata;
• Ambiti esterni all’attuale → crescita per diversi icazione.
La crescita intensiva
Si può parlare di obiettivi di crescita intensiva ogni qualvolta l’impresa non ha sfruttato le opportunità dei prodotti
nei mercati in cui opera, riconosco dei margini di miglioramento, ma devo capire come sfruttarli.
L’obiettivo può essere incrementare le vendite degli attuali prodotti tramite lo sviluppo della domanda primaria,
devo far crescere la domanda, come? Aumentando i consumi ad ogni utilizzo, promuovendo nuovi utilizzi e
stimolando un utilizzo regolare – cerco di evitare che il mio prodotto sia un acquisto di impulso. Il rischio
dell’aumento della domanda è che agendo sulla domanda primaria, posso favorire anche la concorrenza, anche i
concorrenti traggono un vantaggio dall’aver mostrato al soggetto che c’è un altro utilizzo per il prodotto. Anche
tramite l’aumento della quota di mercato, ovvero attirare i clienti dei concorrenti tramite azioni di marketing,
migliorando il prodotto/servizio, riposizionando il marchio, riducendo il prezzo, agendo sulla promozione,
ra orzando la distribuzione, in sintesi si tratta di un buon utilizzo del marketing operativo, ma devo avere una
buona funzione ricerca e sviluppo. Non si tratta di scelte equivalenti, a preventivo ho fatto delle valutazioni,
l’elemento macro, che esula dalle potenzialità della singola impresa, osservo l’ambiente macroeconomico, il
contesto competitivo, si tratta di due scelte alternative, sono interessato a comprendere qual è lo stato attuale di
“sfruttamento della domanda”. Se la domanda può essere estesa, agisco sulla domanda primaria, altrimenti se non

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si può espandere la domanda agisco sulle quote di mercato, la domanda è satura, posso solamente rubare clienti
al concorrente, la domanda è de inita nella sua dimensione massima.
Ci sono altre azioni che possono essere di crescita:
• La difesa di una posizione di mercato (dove sono leader);
• La promozione di joint venture (alleanze, punti di cooperazione con altre imprese già presenti sul mercato);
• La razionalizzazione dei mercati, riorganizzazione dei mercati serviti per ridurre i costi ed aumentare l’e icacia
del marketing:
• Concentrandosi sui segmenti più redditizi;
• Ricercando i distributori più e icienti;
• Riducendo i clienti.
Trovo aree dove posso conseguire un miglioramento dei costi:
• La organizzazione del mercato:
• Fissando regole con il coinvolgimento della pubblica amministrazione;
• Creando organizzazioni professionali;
• Concludendo accordi per ridurre o stabilizzare volumi di produzione
La crescita intensiva può realizzarsi entrando in nuovi mercati con gli attuali prodotti tramite:
• L’identi icazione di nuovi segmenti, introducendo il prodotto industriale nel mercato di consumo, introducendo
il prodotto in un altro settore e riposizionando il prodotto rispetto a un nuovo gruppo di clienti, es. zuppa in
scatola Campbell, noi siamo abituati a vedere la zuppa negli sca ali dei supermercati, loro hanno inventato dei
distributori automatici di zuppa calda da installare nei posti di lavoro. Hanno deciso di proporre la zuppa in
alternativa alle classiche bevande calde, hanno esteso i loro clienti;
• L’identi icazione di nuovi canali di vendita (rete franchising, e-commerce, vendita diretta, vendita in esclusiva,
esportazione tramite agenti), cercando di evitare situazioni di cannibalismo tra canali di vendita, abbastanza
comune con l’e-commerce.
Altra logica per la crescita intensiva è perfezionare i prodotti e/o svilupparne di nuovi tramite:
• Nuove caratteristiche funzionali:
• Aumentando la versatilità del prodotto;
• Aggiungendo valore sociale e/o emozionale;
• Aumentando la sicurezza e il comfort;
• Rendendolo prodotto “verde”;
• L’estensione dei prodotti o dei marchi (nuove confezioni, varianti sapori, profumi, colori, diversa forma o
composizione);
• Il rinnovo della linea prodotti, riconoscendo l’obsolescenza e/o l’inadeguatezza, miglioramento nell’estetica,
nella tecnologia, nell’eco-sostenibilità ambientale;
• Miglioramento livello qualitativo, controllo qualità, certi icazioni di prodotto e di processo, ri-de inizione paniere
di attributi;
• Razionalizzazione:
• Standardizzazione gamma prodotti;
• Abbandono selettivo prodotti marginali;
• Stipula contratti fornitura su prodotti complementari o in alternativa acquisizione impresa per la
produzione diretta.
Rischi: non riuscire completamente a recuperare l’investimento che ho introdotto.
Opportunità: possibilità di valorizzare elementi di unicità, riuscire a valorizzare le mie capacità di analisi, di
previsione del mercato, dell’entrata di nuovi consumatori.
La crescita integrata
L’impresa ha la capacità di inserirsi in uno o più punti della iliera produttiva, così da aumentare la propria
redditività, controllando gli approvvigionamenti, le rete distributiva e il lusso informativo (si pensi alla domanda
derivata):
• Strategie di integrazione a monte:
• All’origine rapporti con i fornitori, ho l’obiettivo di stabilire rapporti molto stabili;
• Esigenza di controllare l’accesso alla tecnologia;
• Strategie di integrazione a valle:
• All’origine l’esigenza di controllare gli sbocchi;
• Per i beni industriali, l’opportunità i controllare la trasformazione/incorporazione di parti e componenti;
• Al ine di meglio comprendere i bisogni del cliente;
• Strategie di integrazione orizzontale – porta ad una forte concentrazione dei soggetti, rapporti che si muovono
nel mio stesso livello e sono spesso concorrenti diretti, tali da generare soluzioni che sono comuni.

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Integrandomi orizzontalmente entro in un segmento in cui per me sarebbe di di icile accesso, potrei anche
aumentare la mia forza competitiva rispetto ai nuovi entranti, come se alzassi una barriera all’entrata. Potrei
ampliare la gamma prodotti e o erta. Realizzo economie di scala, ho un vantaggio signi icativo in termini di
capacità di o erta.
La crescita per diversi icazione
È motivata da mancanza di ulteriori opportunità di crescita/redditività o limitate. Molto spesso la diversi icazione
ha origine inanziaria, non si va a vedere qual è la potenzialità di crescita del settore, ma si considera solo la
disponibilità di risorse inanziarie. Diversi icare NON è di erenziare. All’origine:
• Posizione di forza della concorrenza;
• Declino del mercato di riferimento.
L’approccio per diversi icazione si realizza con l’entrata in prodotti/mercati nuovi, il livello di diversi icazione
perseguito può essere di erente, si divide principalmente in due grosse categorie:
• Strategia di diversi icazione pura – il grado di diversi icazione è il più alto:
• Nessun collegamento con l’attività tradizionale, ci si muove in un campo interamente nuovo, es. il gruppo
Fiat ha portato questi soggetti ad acquisire anche Rinascente e RCS;
• Obiettivo rinnovare il portafoglio di attività;
• Elevata rischiosità e complessità;
• Necessita di elevate risorse umane e inanziarie;
• Cultura e stile di direzione possono divenire ostacoli;
• Strategia di diversi icazione concentrica:
• Uscita dalla iliera industriale;
• Ricerca di punti di complementarietà a livello tecnologico e/o commerciale;
• Ricerca di e etti sinergici (sinergia= se c’è sinergia uno + uno fa 3, l’unione di soggetti porta alla creazione
di qualcosa che non esisteva, e etto sinergico: la diversi icazione porta risultati migliori che i singoli
componenti porterebbero se si muovessero in autonomia);
• Obiettivi attrarre nuovi gruppi di clienti ed allargare il mercato di riferimento, anche potenziale.
Un esempio può essere il caso della Bic che produce biro, accendini, lamette. In comune hanno la plastica, il
prezzo, la quantità e il fatto che siano tutti prodotti usa e getta, un utilizzo prede inito.
Gli studi condotti tendono ad identi icare due dimensioni signi icative all’origine delle scelte di diversi icazione:
• Natura dell’obiettivo strategico, la scelta può essere difensiva o aggressiva;
• Risultati previsti, economici o coerenza/complementarietà.
Secondo gli studiosi, le due dimensioni spesso si intersecano così da delineare possibili logiche alla base.
Si parla di diversi icazione per estensione si combina scelta aggressiva a complementarietà, mi ra orzo e valorizzo
competenze; diversi icazione di scambio si combina scelta difensiva a coerenza, sostituisco attività in declino e
sfrutto RU; diversi icazione di spiegamento, si combina scelta aggressiva a valorizzazione economica;
diversi icazione di nuovo spiegamento, si combina azione difensiva a ricerca di nuovi canali di sviluppo.
Secondo alcuni autori le imprese possono promuovere strategie de inite competitive.

LA GESTIONE DEL PORTAFOGLIO


Ogni qualvolta mi trovo a dover gestire un gruppo – derivante da scelte di diversi icazione o un aggregato di aree
d’a ari – devo assumere decisioni in merito al come piani icare gli interventi per generare il più elevato valore
possibile.
Per piani icare dovremo valutare il grado di attrazione del mercato di riferimento delle aree d’a ari, il vantaggio
competitivo al loro interno. In questo modo potrò assumere decisioni in ordine a:
• Allocazione delle risorse;
• Posizionamento strategico;
• Bilanciamento del portafoglio in termini di lusso di liquidità e prospettive di crescita;
• Obiettivi di performance in funzione di attrattività e posizione competitiva, lo strumento gra ico utilizzato sono
le matrici.
Matrice saggio di sviluppo - quote di mercato
Elaborata dal Boston Consulting Group (nota anche come matrice BCG). Ogni business viene inserito in matrice
tendendo conto di:
• Quota di mercato relativa – data dal rapporto tra il proprio giro di a ari e quello del concorrente leader;
• Saggio di crescita del mercato – quale misura dell’evoluzione della domanda.
L’impresa con quota di mercato relativa più alta grazie a curva di esperienza ed economie di scala è in grado di
produrre a costi più bassi e da ciò consegue che saranno maggiori i margini e sarà generato un lusso di cassa

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positivo. Se il tasso di crescita del mercato è elevato, il business risulta più attrattivo, ma necessita anche di
maggiori risorse inanziarie perché devo fare investimenti.
Applicando i due parametri ottengo una matrice a quattro quadranti in grado di prevedere l’evoluzione futura dei
prodotti e dei lussi di cassa. Obiettivo sarà il bilanciamento all’interno dei quadranti. L’impresa tenderà a spostare i
business verso sinistra, mentre i competitors agiranno per spostarli nel senso opposto. Il tempo e le innovazioni
tendono a fare scendere verso il basso i prodotti.
È un’analisi versatile, ma semplicistica, è utile a fornire un quadro generale, ma tuttavia non tiene conto delle
possibili interdipendenze tra business e delle possibili sinergie. Una variante è rappresentata dall’utilizzo di un
terzo parametro: ovvero il fatturato generato da ogni business. Cosa indicano i quattro quadranti:
• Star: utili elevati, in stabile crescita; lussi di cassa neutri; investire nella crescita;
• Question mark: utili bassi, instabili, in crescita; lussi di cassa negativi; strategia: veri icare se l’attività può
evolvere verso star o degenera verso dog;
• Cash cow: utili stabili e alti, lussi di cassa alti e stabili, la strategia è mungere;
• Dog: utili bassi instabili, lussi di cassa neutri o negativi, strategia: disinvestire.

Matrice posizione dell’azienda - attrattività del settore


Elaborata dalla società McKinsey, risponde ai limiti insiti nella BCG, poiché l’attività di un business potrebbe non
dipendere dai soli lussi di cassa/capacità di produrre liquidità. Vengono utilizzati due parametri, ma la loro
de inizione è il risultato ponderato di diversi criteri, per questo motivo il risultato è più arbitrario ma è più
complesso l’utilizzo rispetto alla BCG.
Quadranti del costruire corrispondenti alle posizioni star e question mark, è opportuno investire.
I due parametri assunti quale riferimento: sull’asse attrattività del settore si vengono a combinare le dimensioni del
mercato, la ponderazione è tra criteri quali aspetti sociali, legali, ambientali ed umani, redditività, margini del
fatturato, potenziale tecnologico e potenziale internazionale.
Sull’asse vantaggio competitivo del business procedo ponderando fattori quali: quota di mercato, posizionamento
relativo rispetto a risorse umane, immagine, punti di forza e di debolezza, posizionamento tecnologico.
Matrice del pro ilo business
Evoluzione della matrice McKinsey, assume come riferimenti due dimensioni: la posizione competitiva e lo stadio
del ciclo di vita del prodotto così da ottenere 20 quadranti.
La dimensione competitiva viene de inita in: dominante, forte, favorevole, sostenibile e debole e viene incorniciata
dalle quattro fasi del ciclo di vita del prodotto.

LE STRATEGIE COMPETITIVE
Il punto di riferimento è il posizionamento in termini di vantaggio competitivo, di quota di mercato detenuta. È
necessario comprendere quali sono le forze in gioco e quali sono le risorse da mettere in campo per conseguire
determinati obiettivi. Il primo problema che devo risolvere è capire quali sono i miei clienti (attuali, potenziali,
grado di idelizzazione) e la stabilità del volume dei miei consumatori. Se sbaglio nella stima del mercato (la mia
o erta e quella dei miei concorrenti), sbaglio l’analisi preventiva dell’andamento della domanda. Inoltre poi devo
capire quali sono le risorse utili a mantenere nel tempo le condizioni di mercato che io vado ad individuare. Ci si
può imbattere in tre situazioni/strategie.

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Strategia del leader


L’impresa occupa la posizione dominante ed è riconosciuta come tale dai concorrenti, non solo dall’impresa. Devo
avere consapevolezza di come i concorrenti guardano l’impresa. Siamo sottoposti alla pressione esterna da tutti gli
altri concorrenti che svilupperanno strategie aggressive per ledere la nostra posizione di dominio, non posso
quindi immaginare di stare fermo e godermi la posizione di forza, ma devo attivarmi per mantenere questa
posizione. L’impresa leader potrà agire nel senso:
• Dello sviluppo della domanda primaria – io sono leader, ho valutato la mia quota di mercato rispetto ai miei
concorrenti, vado ad agire sulla domanda primaria (quando posso! Cioè se c’è ancora una domanda inespressa
che io vado a vitalizzare, quando la domanda non è satura) aumentando consumi ad ogni utilizzo, promuovendo
nuovi utilizzi e stimolando un utilizzo regolare;
• Della difesa della quota di mercato – se non ho spazio per agire sulla domanda primaria, agisco sulla quota di
mercato, identi ico i miei punti deboli e investo su quelli, ad es. intervenendo sulla tecnologia o sulle funzioni
d’uso, eliminando possibili spazi di debolezza e ra orzando le mie competenze, poiché al di fuori della mia
realtà organizzativa ci sono altri soggetti attenti e pronti a colpirmi dove ho di icoltà;
• Dell’aggressione per accrescere redditività –posso arrivare a una politica di quasi monopolio, rischiando di
essere accusato di aver estromesso i concorrenti tramite azioni non legali o forzature;
• Del demarketing con riduzione volontaria della QM – per non incorrere in sanzioni legate al presunto monopolio,
riduco le quote di mercato, tramite una politica di prezzo di scrematura (alzo prezzo di vendita del mio prodotto
escludendo una parte di clientela, quella più sensibile) o prezzo di penetrazione. In questo modo consento ad
altri concorrenti di entrare nel mercato, i quali o riranno ai clienti prezzi più bassi, è il contrario della politica del
sottocosto (la uso per aumentare la mia quota di mercato). Devo far rientrare delle imprese nel mercato. Con il
demarketing potrebbe anche manifestarsi un abbassamento del livello qualitativo o una riduzione dei servizi
o erti.
Un’altra ipotesi è quella dell’impresa che non occupa una posizione dominante, può optare tra la s ida (strategia
dello s idante) o l’adattarsi (strategia del follower).
Strategia dello s idante
È messa in atto da un soggetto molto prossimo alla posizione del leader, è e icace quanto più è elevata la mia
quota di mercato detenuta, molto spesso lo s idante agisce sulla variabile prezzo, scatena una battaglia di prezzo,
poiché se il leader può reagire, nella maggior parte dei casi si arriva però a una sorta di accordo con chi detiene la
posizione di leader. Si parla di:
• Attacco frontale – anche io come il leader lavoro sui servizi, distribuzione, tecnologia – modi di s idare
l’avversario in forma diretta;
• Aggiramento;
• Guerriglia – brevi azioni che coinvolgono quote di mercato marginali o piccole aree geogra iche per brevi
periodi;
• Attacco laterale o indiretto;
• Accerchiamento;
• Difesa mobile.
Prima di intraprendere è necessario valutare la capacità di reazione e di difesa del concorrente dominante, da
valutare in termini di vulnerabilità, rappresaglie e provocazioni.
Il problema di fondo dello sviluppo di questa strategia è riuscire ad entrare negli elementi di maggiore sensibilità
dell’impresa che vado a s idare e se ho le risorse necessarie per reagire ad eventuali rappresaglie. Mi devo
chiedere cosa potrebbe provocare una reazione nel concorrente che vado a s idare. L’obiettivo di chi inizia una
strategia di s ida è sostituirsi al leader.
Strategia del follower
De inibile anche come situazione di coesistenza paci ica e condivisione del mercato, è la strategia tipica del
mercato oligopolista. Sono imprese che accettano di essere piccole, riconoscono un leader e:
• Formulano strategie, spesso di crescita;
• Hanno obiettivi ben delineati così da realizzare buone performance;
• Si caratterizzano per segmentazione creativa (il leader segmenta il mercato sullo scontrino del cliente, il
follower tende a o rire qualcosa di più personalizzato, speci ico per la clientela), utilizzo e icace della R&S,
presenza di capacità di dirigenza e capacità di pensare in piccolo.
In alcuni casi si fa riferimento a un’ulteriore opzione, la strategia dello specialista (o di specializzazione): è
riconducibile alla strategia di concentrazione/focalizzazione, essere un pesce grosso in un iumiciattolo, anziché
un pesce piccolo in un oceano. Riconosco delle nicchie rispetto a quali ra orzarmi e specializzarmi, ma mi
consente di caratterizzarmi meglio, sviluppando competenze che vengono riconosciute all’interno di questo
piccolo mercato.

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LE STRATEGIE DI SVILUPPO INTERNAZIONALE


Il processo di globalizzazione ha quale e etto l’internazionalizzazione di tutte le imprese, anche di quelle che
operano in mercati locali, qualunque impresa è internazionale perché magari il fornitore o le materie prime
operano in mercati internazionali. Talune imprese optano per lo sviluppo internazionale al ine di perseguire
obiettivi diversi:
• Allargare il mercato potenziale – scelta opportuna se ho margini di miglioramento in termini di economie di
scala se aumento i miei volumi di produzione;
• Prolungare il ciclo di vita del prodotto;
• Diversi icare il rischio commerciale – se lavoro in più mercati riesco a compensare il rischio che avrei lavorando
in un solo mercato;
• Tutelarsi dalla concorrenza;
• Ridurre i costi di approvvigionamento e/o di produzione;
• Sfruttare la capacità di produzione in eccesso;
• Realizzare la diversi icazione geogra ica;
• Seguire all’estero clienti importanti.
In genere l’internazionalizzazione è un lungo processo che si articola con modalità di erenti:
• Esportazione–relazioni di tipo commerciale, da ricostruire ad ogni singola transazione, ogni relazione si chiude
alla ine del contratto di transazione;
• Contrattuale – ricerca stabilità di medio, rapporti con importatore/a iliato/licenziatario;
• Partecipativo – impregno diretto di capitali per sostenere lo sviluppo e/o controllo il partner;
• Investimento diretto – da partecipazione a pieno controllo;
• Impresa multinazionale – multi...domestico – iliali dotate di autonomia rispetto alla casa madre, concentrazione
su problematiche locali;
• Impresa globale – il mercato è unico ed indistinto, si riconosce interdipendenza dei mercati, annullo
l’autonomia.
Nei rapporti con i mercati internazionali le imprese seguono modelli di sviluppo diversi che possono rappresentarsi
come orientamenti. Standardizzo o adatto?
• Organizzazione domestica: massima concentrazione sul mercato locale, l’esportazione è solo un’opportunità.
• Organizzazione internazionale/orientamento etnocentrico: ricerco fattori comuni/similitudini – estendo/
trasferisco in modo passivo valori/metodi/approcci. Immagino di poter trasferire nel mercato internazionale in
forma quasi passiva tutto ciò che mi caratterizza nel mercato nazionale. Non posso muovermi in tutti i mercati
indistintamente, ma devo cercare i mercati più simili a quello locale in cui opero. I prodotti non subiranno
nessun adattamento, è un’internazionalizzazione che va a sfruttare competenze che ho già acquisito, amplio la
mia quota di mercato.
• Organizzazione multi-domestica/orientamento policentrico: riconosco unicità dei mercati – adattamento alle
speci icità, applico strategia di adattamento. Creo una struttura dedicata per ogni singolo mercato. Avrò tanti
diversi soggetti con competenze dedicate a particolari aree e paesi, accentuo la mia capacità di adattamento.
Non posso limitarmi a studiare il consumatore inale, ma anche eventuali fornitori locali, sviluppo l’analisi di
Porter per ogni singolo paese.
• Organizzazione globale o transnazionale: applico strategia di standardizzazione, un solo prodotto può
rispondere a molti bisogni, non c’è più un approccio locale, è l’opposto di quella precedente. Parto dall’ipotesi
molto forte e non sempre veri icata che un prodotto risponde a più bisogni, la casa madre decide tutto. Questo
modello oggi è entrato in crisi, l’eccesso di globalizzazione è ri iutato dai mercati, ci sono elementi nella società
che lo hanno messo in crisi.
• Orientamento geocentrico o regio-centrico: i mercati sono simili e nel contempo di erenti, oggi di massima
attualità. Signi ica quindi andare a ricercare elementi di comunanza, ma nel contempo riconoscere quanto i
mercati siano di erenti. Devo trovare elementi di similitudine per vantaggio competitivo in termini di costi, ma
dovrò dotarmi di strutture in grado di rispondere alla speci icità di ogni mercato.

LE STRATEGIE DI COLLABORAZIONE
Mettono in crisi l’analisi di Porter, perché considera le imprese sempre in competizione e mai in collaborazione.
Nella realtà dei fatti assistiamo molto spesso a fenomeni che partono da competizione e antagonismo, ino ad
arrivare un approccio che va a favorire elementi di collaborazione. Si a rontano i problemi in comune, creando
delle sinergie.
L’ambiente competitivo è da intendersi come ambiente dove i diversi protagonisti agiscono secondo logiche sia
competitive che collaborative. Gli attori possono essere imprese e/o istituzioni, con stessa area geogra ica o
diversa, stessa area di business o contigue, leader di mercato o follower.

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Le motivazioni all’origine possono essere esterne ed interne, tra le motivazioni esterne si riconoscono aspetti di
tipo normativo che premiano ... e azioni poste in essere dalle istituzioni pubbliche.
Tra le motivazioni interne si riconoscono motivazioni che possono coesistere ed in luenzarsi:
• Sviluppo del patrimonio di competenze, elementi distintivi, ricerca i partner complementari, la collaborazione
consente la specializzazione dei singoli, poi si mette tutto ciò a fattore comune;
• Miglioramento dell’e icienza, condivisione di fasi del processo produttivo, centralizzazione di attività della
catena del valore, es. fatto dallo statistico di Assocalzaturi ici, che spiega come ogni parte della calzatura venga
prodotta da parti diversi e poi assemblata;
• Espansione, per mercati di grandi dimensioni, se elevata incertezza, ma potenzialità di crescita. Cerco qualcuno
che possa integrarsi con me in un’azione anche se è rischiosa e cerco elementi di collaborazione con chi ce l’ha
già;
• Gestione della posizione competitiva – il risultato può essere un accordo collusivo, garantiscono stabilità dei
prezzi, distribuzione geogra ica delle quote di mercato, ma anche azione per reagire a minacce o opportunità
contingenti a comportamenti aggressivi.
Alla base delle strategie di collaborazione, la capacità di cooperare, legata a disponibilità di risorse per sostenere
investimenti e costi di risorse distintive, ma anche la capacità di valutare costi e bene ici collegati. Tra i fattori
determinanti:
• Capitale sociale, da mettere a disposizione. Ma non inteso nel senso di capitale sociale della S.p.A. come
studiato in economia aziendale e diritto, ma come asset intangibile, valore dell’impresa, capacità di creare
valore con le relazioni che io sviluppo con i soggetti terzi, gli stakeholder, queste relazioni saranno anche
all’origine della scelta di collaborare;
• Stile manageriale/attitudine culturale/orizzonte temporale – non si può mettere a collaborare imprese con uno
stile patriarcale con una di tipo partecipativo;
• Chiarezza obiettivi strategici – deve esserci una discussione di quello che è l’obiettivo strategico (per andare
dove? Per fare cosa?) dobbiamo avere la stessa mission e la stessa visione;
• Competenze organizzative – disponibilità a modi icare la propria struttura organizzativa nei ruoli e nel sistema
informativo;
• Reputazione – un accordo non può avere origine se non c’è un riconoscimento reciproco in termini di
reputazione ed a idabilità tra le parti.
In genere le alleanze seguono un ciclo di sviluppo/di vita passando da una prima fase di collaborazione
“sperimentale” a una fase di vera e propria integrazione strategica.
Prima fase: alleanza tattica, sviluppo commerciale, gestione clienti, processo produttivo.
Seconda fase: sviluppo di alleanze strategiche nelle forme di accordi contrattuali, consorzi, jointventure (ultimi due
più complessi, perché vado a costituire una nuova organizzazione, de inire quali sono gli organi sociali, de inire il
potere delle parti)
Nello sviluppo strategico si riconosce:
• Fase di preparazione/negoziazione;
• Fase di gestione;
• Fase di transizione – conclusione o rilancio.
Luci ed ombre: ci sono condizione soggettive, ma anche oggettive alla base del successo/insuccesso di
un’alleanza. Ci deve essere equilibrio tra costi sostenuti e bene ici, oggettivamente veri icabili, appropriabilità dei
risultati e dei vantaggi, trasparenza e condivisone.
Presenza di un sistema di governo: attribuzioni di ruoli e competenze sia apicali che manageriali.
Equilibrio tra autonomia e integrazione tra i soggetti partner, presenza di meccanismi di controllo e incentivi.
L’alleanza avrà buona probabilità di successo se è costruita attorno alle competenze per sfruttare risorse esclusive
e alle caratteristiche soft (storia, cultura manageriale, sistema di valori) è attribuita la stessa rilevanza di
caratteristiche core (risorse investite, competenze, governance). Attenzione: l’alleanza non deve essere promossa
per neutralizzare una propria debolezza.

LA STRATEGIA “OCEANO BLU”


I ricercatori W. Chan Kim e Renée Mauborgne conducono un’analisi su più di 150 casi aziendali in 30 diversi settori,
casi riferiti ad un arco temporale che va dalla ine dell’800 agli anni 2000. Parte da un’indagine empirica.
L’utilità di analisi non è come tradizionalmente il settore/le aziende che ne fanno parte, bensì la mossa strategica
ovvero l’insieme di azioni e decisioni manageriali che porta all’o erta di nuovi prodotti/servizi in grado di creare un
mercato. Il punto di partenza/l’obiettivo dei ricercatori è come rispondere all’inasprirsi della concorrenza e alla
progressiva maturità dei settori, se da un ambiente stabile e prevedibile si passa a condizioni di massima
incertezza e dinamicità.

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La cultura strategica dovrà evolvere sino a consentire all’impresa di adeguarsi camaleonticamente ai cambiamenti.
Cosa accade? Quali elementi contribuiscono a ri-disegno complessivo?
• Maggiore e più agevole accesso ai lussi informativi;
• Ampliamento dei con ini geogra ici;
• Sviluppo tecnologico;
• Mutamenti demogra ici;
• Aumentato potere dei clienti;
• Sovra ollamento dei mercati;
• Modi icarsi dei con ini aziendali, attraverso partnership – outsourcing – crowdsourcing (il creare innovazione o il
produrre attraverso la folla, così come c’è il crowfounding) – co-creazione;
• Tendenziale scomparsa dei mercati di nicchia e dei monopoli.
Secondo i due ricercatori, il combinarsi di questi elementi rende obsoleti gli approcci strategici tradizionali.
L’ipotesi di studio è che la formulazione della strategia si sposti dalla reazione alle mosse dei concorrenti alla
ricerca di nuovi mercati dove essere pionieri, in sintesi non essere sempre follower, ma anche innovatori.
Diviene essenziale ragionare in modo anticonvenzionale, lessibile, svincolandosi da con ini di mercato (dai settori
de initi) e alla ricerca dei “non settori” e “non clienti”.
Le imprese di maggiore successo non hanno cercato di imporsi alla concorrenza, bensì di neutralizzare i
competitor sviluppando un approccio di innovazione di valori.
Secondo i ricercatori per avere successo, le imprese devono passare dall’oceano rosso (tutti nemici di tutti)
all’oceano blu. Da mercati conosciuti, con regole del gioco e con ini ben de initi in cui si ingaggia un’“aspra guerra”
in cui tutti o rono di più a minor prezzo, ad un oceano calmo, privo di pericoli, scon inato, in cui la concorrenza
non è rilevante e vi è ampia possibilità di crescita della domanda. Dal tentativo di preservare le proprie quote di
mercato, battere la concorrenza all’operare in mercati che sono il risultato della creazione di nuova domanda,
aggirare la concorrenza. Dal focalizzarsi sul ...
• Gli elementi assunti quali riferimento sono:
• Disegnare una curva del valore, diversa da quella dei concorrenti
• Creare valore, sia verso l’esterno che verso l’interno, formulare una proposta di valore tale da attrarre gli
acquirenti ed in grado di motivare il personale al perseguimento dell’obiettivo di attirare nuova clientela
• Rivolgersi non solo ai clienti già acquisiti, ma ricercare “non clienti”.
Per creare valore, secondo gli autori è necessario fondere l’innovazione con l’utilità, il prezzo e le diverse
componenti di costo.
La strategia OCEANO BLU mira al doppio obiettivo, di erenziandosi dai concorrenti e contenere i costi: da un
approccio strutturalista (struttura settore → condotta → performance) ad un approccio ricostruzionista -
l’innovazione nasce da un processo interno non replicabile sistematicamente.
Quali gli strumenti della trasformazione?
• Rappresentare il quadro strategico: fotografare lo stato attuale per comprendere chi, cosa, come e le possibili
reazioni dei concorrenti ai nostri cambiamenti;
• Disegnare le curve del valore identi icative i diversi attori, sull’asse orizzontale le dimensioni della competitività,
sull’asse verticale il valore dell’o erta rispetto alle singole dimensioni;
• Selezionare un set di fattori competitivi verso cui orientare gli investimenti;
• Eliminare, ridurre, aumentare, creare.
Il caso ALESSI S.p.A.
Nasce in zona montana, dove da sempre ci sono insidiati buoni artigiani che lavorano i metalli (Omegna) – distretto
del pentolame, viene lavorato rame, ottone etc. – nasce nel 1921, si chiama FAO (Fratelli Alessi Omegna) e sono
negli anni ’60 diventa S.p.A. sono loro che disegnano e lavorano su commessa. Il settore è un settore del
pentolame, negli anni ’50 iniziano ad esportare, negli anni ’70 ci si rende conto che la produzione industriale ha
cambiato le regole del gioco, iniziano a lavorare acciaio Inox e diventano i maggiori utilizzatori, diventano così
degli industriali e a questo punto devono mettersi in competizione e iniziano a produrre quantitativi sempre più
alti.
Alessi negli anni ’80 inizia ad avere una condizione di crisi e sviluppa una logica di Oceano Blu.
Il loro punto di forza oggi è lavorare con gli ArchiStar, grandi artisti, designer e architetti. Lavorano tantissimi
materiali, sia punto di forza che di debolezza, oggi lavorano anche porcellana, vetro, legno, tessuti, plastica.
Stanno producendo qualcosa di diverso dalle semplici pentole. Hanno sviluppato diversi icazione, dalla cucina
standard alla produzione di elettrodomestici insieme alla Philips, ma con marchio Alessi. Hanno produzione per la
tavola e oggettistica per la persona (biro, fermagli, gioielli, ciondoli), producono arredo per bagni e per casa di
vario tipo. Si sono molto distaccati dall’idea iniziale delle pentole. La realtà è molto particolare e molto interessante

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da studiare. Il “ragno di Alessi”, in realtà è uno spremiagrumi, è il prodotto identi icativo dell’azienda, è stato
prodotto anche in oro.
Gran parte del loro fatturato attuale deriva dalla vendita del ragno. Anche il bollitore Alessi è uno degli oggetti che
garantisce una buona entrata nel fatturato.
Alessi ha già elementi di originalità negli anni ’70, viene identi icato il “non settore dei
casalinghi” come aggregato di settori diversi. Le sue caratteristiche derivano dall’ambito distributivo (pentolame,
posateria, utensili cucina/casa, piatti, bicchieri). L’analisi può essere condotta rispetto ai materiali/tecnologie
oppure rispetto alla funzionalità.
La curva del valore del non settore.
Gli elementi strategici, sull’asse delle ascisse:
• Brand – il valore e non la riconoscibilità - grado di di erenziazione;
• Qualità dei materiali; • Resistenza all’utilizzo;
• Funzionalità: • Ampiezza gamma;
• Canali distributivi; • Servizi al cliente.
Sostanziale allineamento tra ALESSI e grandi produttori (Lagostina, Barazzoni, Guzzioni, Sambonnet, Piazza,
Calderoni). Unici elementi di di erenza per creare valore per il cliente, maggiore attenzione al brand e ai canali
distributivi.
Nel tempo il “non settore” diventa un oceano rosso, un settore maturo. L’entrata dei produttori asiatici obbliga ad
azione sui prezzi, mossa strategica di delocalizzazione per produzione di bassa gamma, cambiamento abitudini ed
esigenze dei consumatori. Si identi icano categorie di erenti di produttori:
• Low cost – importazione di prodotti da conto terzisti ed utilizzo di marchio commerciale;
• Media gamma – accentuata delocalizzazione e tentativo di esportare metodo di lavoro per mantenere livello
(Bialetti);
• Premium brand – obiettivo riconoscimento brand, se si limita osservazione alla variabile prezzo rientra anche
Alessi.
Ma ALESSI è anche oggettistica per la persona, arredamento, ha avviato la diversi icazione. La nuova curva del
valore, a cui si aggiungono dimensioni:
• Qualità dei materiali; • Collaborazione con designer;
• Ampiezza della gamma; • Estetica e design;
• Partnership con altre imprese; • Servizi al cliente.
Ma la s ida per ALESSI continua e per non rischiare di navigare in un Oceano Rosso con l’arrivo del nuovo millennio
si ha la metamorfosi con l’ingresso in un secondo non settore, quello del design e confrontarsi con nuovi
concorrenti. Il non settore del design – auto motive, arredamento interno ed esterno, telefonia, tessile ...
Nascono le fabbriche del design, simbolo della cultura industriale italiana, in grado di coniugare funzionalità ed
emotività, il design come mission. Maggiore rischio poiché si può essere non compresi, ma se si è piccoli e
lessibili... riunisce tantissimi nomi, Artemide, Flos, Kartell, DePadova, Molteni&Co., Cassina, Riva 1920...
La curva del valore oggi per ALESSI:
• Brand come riconoscimento di status ed il prezzo come indicatore di esclusività;
• Funzionalità bilanciata alla emozionalità;
• Emotività in grado di agire sulla memoria, sull’immaginazione e sull’inconscio;
• Status come strumento di autorealizzazione o come mezzo di relazione;
• Sensorialità, agendo sulla vista, tatto.
Ma il futuro di ALESSI? Selezionare un set di fattori competitivi verso cui orientare gli investimenti: eliminare,
aumentare servizi ai clienti, ridurre ampiezza gamma, creare.
Come identi icare le dimensioni verso le quali promuovere iniziative per creare un oceano blu:
• Guadare i settori alternativi – imprese che o rono prodotti/servizi diversi, ma rispondono allo stesso scopo (es.
cinema, ristorante);
• Analizzare i gruppi strategici contigui – per comprendere gli spostamenti dei clienti - trading up (verso più
costoso a fronte di bene ici per maggiore valore) o trading down;
• Analizzare e ride inire la catena degli acquirenti – compratore – utilizzatore – in luenzatore;
• Analizzare l’o erta di prodotti/servizi complementari – osservando il cliente nelle fasi pre e post consumo;
• Analizzare appeal funzionale o emotivo – esercitato sugli acquirenti – da calcolo utilitaristico a concorrenza sui
sentimenti, ma in modo equilibrato;
• Analizzare i cambiamenti nel tempo – osservare ed essere consapevoli dei trend esterni e del loro impatto anche
in prospettiva futura.
Secondo gli autori è necessario seguire una corretta sequenza:
• Comprendere dove può manifestarsi un livello di utilità superiore per il cliente che possa indurlo all’acquisto.
Uno strumento è la mappa di utilità per condurre l’analisi del ciclo esperienziale del cliente nelle diverse fasi

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(acquisto, consegna, utilizzo, integrazione, manutenzione, smaltimento) rispetto alle leve dell’utilità (produttività
del cliente, semplicità, comodità, rischio, divertimento, immagine, rispetto dell’ambiente);
• De inire un prezzo strategico, ovvero un compromesso tra accessibilità - prezzo “abbordabile” dal cliente ed
o erta “irresistibile”;
• Condurre una attenta analisi dei costi – la creazione di un’o erta di valore comporta cambiamenti a livello di
costi, si può agire su aspetti che contengono i costi attraverso potenziamento della logistica (innovazione nella
produzione e distribuzione, informatizzazione delle attività) oppure ricercare collaborazioni con altre imprese
per condividere competenze e ridurre i costi.
Per poter nuotare in un oceano blu è necessario superare alcuni ostacoli – i cambiamenti impattano in particolare a
livello organizzativo dove si presentano:
• Ostacoli di natura cognitiva – si è vincolati allo status quo, è necessario indurre i dipendenti a considerare
“indispensabile” il cambiamento essendo però consapevoli delle di icoltà e dei rischi;
• Ostacoli legati alle risorse – disponibilità limitata considerare quali sono gli ambiti di intervento che consentono
di moltiplicare il valore delle risorse (punti caldi necessitano di poche risorse ma elevato potenziale di sviluppo);
• Ostacoli di natura motivazionale – lo sta non manifesta alcun interesse. Azione mirata inizialmente ai leader
naturali presenti all’interno dell’organizzazione che trascinano, il processo renderà più visibile chi non segue, e
in seguito sviluppare coinvolgimento;
• Ostacoli di natura politica – ostilità manifestata da chi ha interessi diretti - è necessario identi icare i “consiglieri”
igure in grado di gestire i contrasti interni e predisporre le corrette argomentazioni
Cosa determina il successo?
• Tutta l’organizzazione condivide e sostiene;
• Si sviluppa un clima improntato alla reciproca cooperazione ed alla iducia;
• La nuova cultura riesce a permeare ed a radicarsi ad ogni livello organizzativo.
Quali sono i rischi del nuovo approccio strategico:
• Ingeneri ansia poiché richiede al personale di cambiare;
• Porti a manifestare scetticismo se non vi è coinvolgimento.
Il nuovo approccio è essenziale manifesti la sua equità nella sua de inizione e messa in pratica. È necessario che
l'impresa riconosca ed apprezzi i singoli individui in funzione delle loro capacità e non sulla base della posizione
gerarchica.
E etti dell’implementazione della strategia oceano blu: crea rapidamente barriere all’imitazione a livello
organizzativo e cognitivo (il vantaggio della prima mossa), consente di realizzare economie di scala, vantaggio di
costo che si somma a svantaggio di costo degli imitatori:
• Può determinarsi una situazione di monopolio naturale avendo creato un settore o un non settore;
• Aumenta la idelizzazione dei clienti – o erta ad elevato valore;
• Non rappresenta un traguardo statico bensì un obiettivo dinamico che impegna in modo continuo il
management chiamato a monitorare costantemente la curva del valore ed a agire:
• Sul prodotto – la piattaforma isica;
• Sul servizio – la piattaforma a supporto del prodotto dalla manutenzione all'assistenza sino alla formazione
rete vendita;
• Sulla consegna – a livello di logistica e di canale di distribuzione del prodotto ai clienti.

INTRODUZIONE ALLA GESTIONE DI SERVIZI


La gestione di attività ad elevato contenuto di servizio così come sviluppare una strategia di di erenziazione
agendo sulla componente servizio presenta alcune speci icità. Le logiche per la gestione di servizi sono ben più
complesse rispetto ai beni materiali, o tangibili. Un fattore della produzione nell’ambito dei settori è il
consumatore, devo dotarmi di una capacità ulteriore per utilizzare questo fattore, aggiungo elementi di
complessità.
In taluni casi la stessa scelta del consumatore può essere guidata e condizionata dalla presenza di sevizi – può
essere la stessa impresa ad agire al ine di avere consumatori.
Questa interazione con il consumatore si può veri icare in diverse fasi: già nella fase pre-acquisto devo imparare a
gestire il consumatore e nel post acquisto, devo poter fruire dei suoi elementi informativi che possono essere
determinanti per migliorarmi. Per comprendere tali speci icità può risultare utili porsi alcuni semplici quesiti:
quando un consumatore acquista o fruisce di un servizio, cosa acquista? E per l’impresa quali sono le
problematiche legate alla gestione di attività che portano alla erogazione di un servizio? Io consumatore acquisto
la dimensione di valutazione del servizio (certezza), contribuisce a capire il valore del servizio che acquisto.
Acquisto un servizio perché se ho un bisogno vado alla ricerca di un bene icio, ma non solo, acquisto anche

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un’esperienza poiché il consumatore è parte del servizio che vado ad acquistare. La valutazione a posteriori sarà
legata all’esperienza che viviamo con quel servizio.
Da un lato il consumatore acquista un’esperienza che ha origine dalla prestazione correlata al servizio e dei
bene ici che derivano dall’esperienza vissuta. Dall’altro l’impresa riconosce ed attribuisce al servizio alcuni ruoli:
• Strumento per realizzare un vantaggio competitivo;
• Strumento atto ad evitare condizioni di price competition;
• Strumento utilizzato per ridurre la percezione di sostituibilità tra prodotti;
• Strumento atto a garantire la massima lessibilità – è più facile modi icare un servizio che non richiede
investimenti impegnativi, risponde a una strategia di di erenziazione.
Le imprese di servizi sanno di avere in mano una macchina che permetto loro di giocare su queste variabili.
Per l’impresa, l’erogazione di servizi presenta alcune peculiarità da cui derivano speci iche conseguenze in termini
organizzativi e gestionali: immaterialità – intangibilità, eterogeneità, simultaneità tra produzione e consumo,
deperibilità.
Immaterialità – intangibilità:
• Non si possono immagazzinare – rotazione delle vendite, la domanda non è costante;
• Non si possono brevettare – il mio concorrente può imitarmi senza problemi;
• Non si possono esibire o comunicare – quando vendo un elemento tangibile lo rappresento e il consumatore lo
valuta
• isicamente, nell’ambito dei servizi non posso farlo. Posso al massimo esibire un simbolo che riporti alla mente di
tutti una determinata realtà di impresa. È di questo che si occupano il marketing e la comunicazione.
• Il pricing è di di icile determinazione – sto vendendo qualcosa che subirà il condizionamento legato
all’esperienza, non ci sono costi de inibili e confrontabili tra di loro. È facile giocare sulla variabile prezzo, si
preferisce giocare su altre variabili;
• Non posso difendere la business idea;
• Si registra un’altissima mobilità innovativa – il tempo che intercorre tra quando ho un’idea e la propongo sul
mercato e qualcuno mi imita può anche essere pari a zero;
• Non posso sfruttare rendite di posizione – si sfruttano quanto più è lungo l’intervallo di tempo sopra citato.
Dovrò ottenere risultati da altre cose.
Eterogeneità:
• I servizi sono performance – tutti i soggetti hanno dei compiti, dei ruoli che generano pezzi unici;
• I servizi sono il risultato di interazioni;
• La qualità dipende da fattori non controllati – non posso certi icare il servizio, ma certi ico il processo di
erogazione, tutte le fasi, devo studiare tutte le varianti e le ipotesi che consentono l’erogazione del servizio (sia
back – o ice che front – o ice);
• Non è certo che quanto erogato sia in linea con quanto piani icato.
Simultaneità tra produzione e consumo:
• I clienti partecipano e condizionano il risultato – so che il risultato è condizionato dal cliente, il cliente fa parte
dell’erogazione del servizio e può condizionare sia in positivo che in negativo (es. paziente dal medico che non
dice di prendere eventuali farmaci);
• I clienti si condizionano a vicenda;
• I dipendenti determinano la qualità – i dipendenti sono il primo fattore che determinano la qualità del servizio,
devono
• essere formati in modo adatto a garantire una buona prestazione;
• Decentralizzazione / produzioni ad hoc – se io ho bisogno di essere isicamente in contatto con il cliente, devo
essere lì, se invece posso essere sostituito da una macchina, posso delocalizzarmi (es. Facile.it ha 60 operatori,
molte imprese hanno operatori sparsi in giro per il modo).
Deperibilità:
• Non si possono conservare, immagazzinare, rivendere o restituire – esaurisco la vita economica nel momento
spesso in cui viene prodotto;
• Di icilmente sono in grado di sincronizzare domanda ed o erta;
• Variabilità della domanda e ritmi della produzione sono di erenti, devo gestire la capacità di erogazione;
• Ricerca della massima lessibilità;
• Identi icazione di azioni di “rilancio” per recuperare la iducia – se commetto un errore e il servizio è deperibile,
non posso “farmelo ridare indietro” per riparare l’errore, o ro al cliente un servizio integrativo.
Inoltre quando erogo un servizio devo ricordare che ogni persona o cosa che entra in contatto con il consumatore
in realtà sta erogando un servizio, le componenti dove si ha l’erogazione sono servizio, i dipendenti a contatto con

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il pubblico sono il servizio, la qualità del servizio non può essere controllata a priori a causa del ruolo che il cliente
è chiamato ad assumere.
In ine poiché l’innovazione è di icilmente difendibile nell’ambito dei servizi, l’impresa dovrà cercare di spostare il
confronto competitivo dal prezzo ad altre dimensioni. Obiettivo è portare l’utente a riferirsi a di erenti elementi per
valutare, confrontare tra o erte concorrenti. Da ciò consegue il dover valutare:
• Il grado di partecipazione del cliente;
• Il grado di esperienza del cliente;
• L’immagine di cui l’erogatore gode;
• La iducia nei confronti dell’erogatore;
• Le modalità di assunzione delle informazioni.
Consideriamo ad esempio le modalità di ricerca delle informazioni. Talune caratteristiche possono manifestarsi:
prima dell’acquisto (componente ricerca), solo dopo l’esperienza, al limite neppure a seguito dell’acquisto –
consumo, componente iducia. Questi elementi avranno e etti sul processo decisionale del consumatore e per
questa ragione l’impresa dovrà intervenire in modo coordinato su una pluralità di fattori, tra i quali ad esempio:
• L’immagine di marca;
• Le fonti di informative dirette ed indirette.
Per quale ragione intervenire su una pluralità di fattori? Obiettivo comune è comprendere qual è il servizio previsto
dal cliente, ma come si formano le attese del cliente? Si osserva come il cliente assuma un ruolo attivo nella
erogazione, come egli sia un soggetto che partecipa. IL CLIENTE E’ UN IN-PUT, IL CLIENTE E’ UN PROSUMER.
Ma questo comporta alcune criticità:
• Diversa gestione del layout – se è fattore della produzione;
• La qualità dell’out-put subisce l’e etto cliente;
• La performance è condizionata dal grado di partecipazione.
Attenzione: il cliente non è sempre consapevole di essere co-attore e co-produttore.
Il cliente diviene co-attore in diverse fasi (contrattuale, erogazione, post servizio,). In funzione della sua
partecipazione esprimerà un giudizio soggettivo che sarà condizionato da: tipo di prestazione, bisogni personali,
immagine aziendale, informazioni esterne, comunicazione.
Bisogna poi ricordare che nel corso del processo che porterà alla scelta dell'erogatore di servizi, il cliente
procederà al confronto tra aspettative ed esperienza attraverso la valutazione di attributi quali: tempi, a idabilità,
lessibilità, disponibilità.
I clienti hanno diversi tipi di aspettative, si parla di servizio desiderato (livello di performance auspicato) e servizio
adeguato. Le imprese hanno quindi una zona di tolleranza, che può modi icarsi a seconda del cliente, del servizio
erogato per quanto riguarda dimensioni, tempi ed a idabilità, inoltre variano per quanto riguarda servizio
originario e servizio di recupero.
Il livello di servizio desiderato è condizionato da:
• Bisogni personali - isici, sociali, psicologici, funzionali gerarchia dei bisogni secondo Maslow;
• Intensi icatori transitori del servizio - elementi temporanei che rendono il cliente più consapevole del bisogno di
servizio - emergenza, recupero;
• Alternative di servizio percepite;
• Il ruolo di servizio autopercepito dal cliente cioè il grado di in luenza del cliente sul livello del servizio ricevuto;
• I fattori situazionali cioè condizioni non controllabili dal fornitore - catastro i naturali.
Il servizio previsto cioè il livello di servizio che il cliente si aspetta in base ad un giudizio probabilistico - la stima di
un livello atteso di performance.
I livelli di servizio desiderato e previsto sono entrambe condizionati da:
• Promesse esplicite del servizio a ermazioni personali e non fatte dall'organizzazione in merito al servizio;
• Promesse implicite segnali inespressi che portano a formulare delle ipotesi - prezzo, elementi tangibili;
• Passa parola;
• Esperienza pregressa
Ma attenzione, nella valutazione è necessario tenere conto anche del servizio percepito. Le percezioni sono
sempre relative alle aspettative e poiché le aspettative sono dinamiche, i clienti percepiscono i servizi in termini di:
• Qualità dell'erogazione questa dipende da dimensioni speci iche - a idabilità, reattività, empatia, rassicurazione,
elementi tangibili;
• Soddisfazione prodotta dall'esperienza questa dipende dalla qualità del servizio, dal prezzo, da fattori,
situazionali e personali.
In particolare, la soddisfazione o l'insoddisfazione prodotta dall'esperienza risulta in luenzata da:
• Caratteristiche ed attributi del prodotto servizio;
• Emozioni del consumatore stabili o pre-esistenti indotte dall'esperienza di consumo;

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• Cause percepite degli eventi - quando si è sorpresi di un certo risultato;


• Percezione di equità o di correttezza.
In conclusione, per gestire un'impresa di servizi è necessario realizzare una progettazione attenta del processo di
erogazione che ponga al centro il cliente.
Uno degli strumenti a supporto è il Service Blueprint un diagramma di lusso del processo di erogazione attraverso
il quale evidenziare tutte e attività sia visibili che invisibili.

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