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Capitolo 1: IL MARKETING

Il marketing è una funzione aziendale, una serie di operazioni e attività che favoriscono la vendita e tendono
a creare relazioni profittevoli di scambio sul mercato. Lo spazio relazionale del marketing è vasto, comprende:
- la produzione, con la creazione di nuovi prodotti e la determinazione dei volumi di produzione
- la finanza, per valorizzare le vendite
- il commerciale, per presidiare i canali distributivi ritenuti più adeguati ai prodotti da vendere
- la clientela, per instaurare legami fiduciari a lungo termine sia con quella intermedia (distributori) che con
quella finale (consumatori)
- gli stakeholder, per generare un clima favorevole intorno e dentro l’impresa
- i concorrenti, definendo le traiettorie di confronto competitivo

Il suffisso “-ing” rappresenta la continuità dell’azione ma soprattutto dell’investimento. Gli elementi di


continuità sono rappresentati:
- dal ricordo della marca
- la reperibilità e accessibilità dei prodotti sul mercato, per cui l’azienda risponde investendo e migliorando i
processi di distribuzione (sia fisici che digitali)
- relazione, che tende a essere continuativa e permanente con la clientela acquisita
- innovazione del prodotto, che non deve essere percepito come superato

Il mercato è il luogo dove hanno origine le relazioni di scambio. Il termine viene inteso in duplice accezione:
1. Mercato come “aggregato” in cui c’è un mercato molto ampio che considera non solo il mercato del
produttore, ma anche tutti gli altri delle aziende che offrono prodotti della stessa categoria

Il mercato aggregato è osservabile sotto tanti profili, distinguiamo:


- componenti di storicizzazione del mercato:
1. La dimensione spaziale del mercato (logistica dell’ambiente)
2. La dimensione cronologica: il tempo inteso come dimensione temporale di osservazione
- componenti di qualificazione del mercato: elementi che identificano il mercato, ovvero:
1. La categoria di prodotto
2. La domanda potenziale, i clienti teoricamente interessati al prodotto, all’acquisto
3. I produttori presenti nello spazio del mercato, che vengono identificati attraverso la marca, che deve
sintetizzare un’identità
4. La fascia dei prezzi, dal più basso al più elevato
5. Le misure di grandezza, per esempio volumi e valori delle vendite, i consumi pro capite, le fasce di prezzo
(man mano che il prezzo aumenta, la quantità diminuisce)

2. Mercato come ambiente della singola impresa: costrutto individuale della singola impresa


1.1. La polarizzazione
È un fenomeno di divisione in fasce di valore. Normalmente i mercati si polarizzano su due fasce che hanno
caratteri comuni, sono entrambe caratterizzate da un’elevata omogeneità interna cui si associa un’elevata
disomogeneità esterna. Il prezzo non è una variabile autonoma: c’è una correlazione proporzionale tra
l’aumento del prezzo e i benefici ricercati. Di conseguenza, il prezzo fa percepire il valore del prodotto e
quindi induce le persone a sopportare il sacrificio economico. Il compito del marketing è quello di orientarsi a
un target ricettivo che sappia apprezzare e riconoscere quell’oggetto e la qualità restituiva di valore.

1.2. Le parti dello scambio


Lo scambio (passaggio di proprietà di un bene da un soggetto a un altro) è una delle componenti
fondamentali del marketing. Perché si realizzi, è necessario ci siano:
- due parti: compratore e venditore
- l’oggetto dello scambio, cioè il prodotto: bene o servizio
- la sua contropartita, cioè il prezzo
- una relazione reciproca tra le due parti: una ritiene utile acquisire l’articolo che detiene l’altra
- il risultato che ciascuna delle parti intende perseguire
- la causa del contratto, che deve essere lecita altrimenti è nullo



















- l’orizzonte temporale. Ogni fenomeno economico deve poter essere osservato in una dimensione temporale
definita: può essere immediato (one shot) quando il venditore chiude la relazione con la controparte nel
momento stesso in cui si manifesta, o di lungo termine, quando la vendita è vista in modo diverso, non è fine
a se stessa ma è considerata come principio di un rapporto durevole di scambio, di relazione continuativa

Le parti coinvolte nello scambio sono venditore e acquirente. Cambiando i soggetti cambiano anche le regole,
le procedure e la strategia, mentre non cambia lo scambio. A seconda dei soggetti che si interfacciano nello
scambio, possiamo avere quattro diversi sistemi di scambio:
1. Business-to-business B2B in cui entrambi i soggetti sono imprese
- un produttore vende a un altro produttore
- un produttore vende a un commerciante (Barilla a Esselunga)
- un commerciante vende a un altro commerciante
2. Business-to-consumer B2C l’impresa si confronta con una persona fisica
3. Consumer-to-consumer C2C relazione tra persone che non hanno la funzione istituzionale di impresa
4. Business-to-government B2G che coinvolge aziende e pubblica amministrazione. Differisce nel fatto
che i soldi utilizzati sono pubblici

1.3. Il risultato perseguito


La formula dei ricavi totali (RT = pxQv) è data dalla quantità di prodotto venduta moltiplicata per il rispettivo
prezzo. Dalla formula dei ricavi possiamo distinguere due classi imprenditoriali:
1. Organizzazioni profit in cui si persegue l’obiettivo di fare profitto quindi i ricavi totali devono superare i
costi totali (occorre superare il punto di pareggio)
2. Organizzazioni no profit dove i ricavi totali sono uguali ai costi totali

Se il prodotto è materiale prende il nome di bene, mentre se è intangibile parliamo di servizio (prestazione
immateriale). I beni vengono prodotti dai fattori di produzione = lavoro, capitale.

Ciascun individuo matura dei bisogni di diversa intensità e natura (condizione di mancanza).
La piramide di Maslow stila bisogni che vanno da “essenziali” a “di integrazione sociale” (acquisizione status).
La soddisfazione dei bisogni passa per l’utilizzo di oggetti o beni che potremmo chiamare “utilità”. Si accede al
bisogno successivo solo quando il precedente è stato soddisfatto. Una volta arrivato all’ultimo gradino, anche
qui ci saranno una serie infinita di altri bisogni, che sono teoricamente illimitati.

1.4. Le tipologie di domanda


1. Domanda potenziale, rappresentata da tutti i soggetti che non acquistano ma sono interessati e se
l’interesse si trasformasse in desiderio, avrebbero la disponibilità di acquistare il prodotto
2. Domanda primaria (sell in) in relazione con la domanda secondaria (sell out): queste due dimensioni
rappresentano i passaggi di relazione. Nella primaria il trasferimento di proprietà dell’oggetto di
scambio avviene tra venditore e consumatore o utilizzatore. È rappresentata dai primi soggetti che
entrano in possesso del bene, che lo acquistano per utilizzarlo anche in funzione di vendita: infatti la
domanda primaria non è necessariamente coincidente con la domanda finale cioè secondaria, dei
consumatori. È una dinamica che ci porta a individuare un produttore che può cedere la proprietà dei
propri prodotti a un distributore, realizzando un sistema B2B che a sua volta può vendere a un
acquirente finale che a sua volta può vendere all’utilizzatore finale = due relazioni B2B e una B2C

1.5. Principio fondamentale della teoria economica


Detto anche “principio del massimo risultato” secondo cui nell’attività eco si deve tendere ad ottenere il
massimo risultato impiegando il minor numero di risorse disponibili. In relazione a questo principio si
costruiscono due dimensioni fondamentali per l’attività economica:
1. Efficacia: esprime il raggiungimento dell’obiettivo preposto = nel nostro caso soddisfare il bisogno
2. Efficienza: capacità di raggiungere l’obi utilizzando il minimo impiego di risorse disp

L’attività eco è finalizzata alla produzione di beni economici che di per sé non sono in grado di soddisfare i
bisogni perché serve il consumo. Es. Nel momento in cui confeziono un panino eseguo un’attività di
produzione, ma il mio bisogno non è soddisfatto → serve il consumo del bene per soddisfare il bisogno.





1.6. Concetti fondamentali alla base dell’economia
1. Il comportamento / agente razionale
Viene considerato come il percorso che la domanda tende a seguire per acquisire i beni di cui necessita. Si
riferisce all’analisi delle reazioni e ne individua le possibili conseguenze (effetti).
La questione della scarsità delle risorse si connette al processo di comportamento razionale: come
consumatore posso avere la propensione a conseguire un bene, ma senza i denari non riesco = la scarsità
delle risorse è sufficiente per condizionare il mio comportamento.

2. I modelli economici
Insieme di ipotesi che vengono fatte a partire dalla realtà: problema, fenomeno, situazione. Le ipotesi però
non hanno una funzione di soluzione applicativa, infatti i modelli eco non sono soluzioni replicabili su realtà
concrete senza fare nessuna modifica ma sono orientativi, ci permettono di cogliere aspetti su cui costruire le
nostre strategie. Quindi un modello eco non descrive la realtà ma ci fa riflettere su concetti che ci aiuteranno
a risolvere problemi nella realtà. Ci sono due accezioni del termine “modello”:
1. Un qualcosa che evoca concetti di prototipo e allo stesso tempo è esplicativo di qualcosa, una
rappresentazione cui fare riferimento
2. Concetto di assunzione di qualcosa che può orientare, che può essere replicato emulato. Orientamento e
replicazione sono elementi che accomunano le accezioni di modello

Per capire il loro funzionamento facciamo riferimento al modello dei limoni, che simula un mercato di
automobili. In questo caso, il mercato è costituito da individui che sono proprietari di veicoli di seconda mano
che hanno le stesse caratteristiche e sono delle stessa tipologia. L’offerta è quindi omogenea dal pov della
configurazione del prodotto, non abbiamo variazioni. L’unica caratteristica differenziale rilevabile tra queste
automobili è il fatto che siano di buona o di cattiva qualità. Ciò significa che o sono macchine di seconda
mano che però funzionano o che sono macchine di seconda mano che registrano gli effetti negativi del tempo.
I proprietari delle macchine “buone” sono affidabili perché le loro automobili sono in buono stato e non si
rompono, la funzione uso di trasportare la assolvono senza intoppi. Dall’altra parte, i proprietari delle
macchine “cattive” ne conoscono la non-affidabilità, il fatto che si rompano sistematicamente, e quindi se ne
vogliono liberare. Il mercato che immaginiamo non è un mercato di scarto perché:
1. I proprietari delle macchine buone pur avendo consapevolezza della qualità del prodotto ritengono che
proprio per le condizioni ancora positive debbano vendere in quel momento
2. Quanto alle macchine cattive, la tendenza a manifestare guasti si realizza solo dopo l’utilizzo, di
conseguenza a primo impatto le macchine sono assolutamente identiche, non è possibile identificare quella
cattiva differenziandola da quella buona
Supponiamo che questa offerta mercato si divida a metà: abbiamo metà proprietari di macchine buone e
metà di macchine cattive. Solo i proprietari delle macchine buone sono consapevoli del fatto che le loro
macchine sono di qualità, così come solo i proprietari delle macchine cattive sono consapevoli che si
guasteranno. Supponiamo che il venditore della macchina buona sia disposto a vendere la macchina a un
prezzo di 6.000 euro, e il venditore della macchina cattiva a 2.000. Tuttavia, l’acquirente assume che ci
possano essere uguali possibilità di acquistare una macchina buona rispetto ad una cattiva, quindi il modello
postula che in presenza di probabilità identiche di rischio sul mercato, il prezzo di vendita non possa che
essere un valore intermedio tra i due valori opposti delle macchine, quindi 4.000 euro.

1.7. Le strutture di mercato


Sono strutture organizzative del mercato all’interno delle quali si manifestano relazioni.
1. STRUTTURE DI RELAZIONE: quelle che influenzano e condizionano il modo in cui si realizzano le relazioni
di scambio. Parliamo ad es di promozione (si dovrà avere a che fare con i media, le agenzie) ma anche di
marketing information: svolgendo questa azione, l’azienda deve confrontarsi con interlocutori quali istituti di
ricerca, istituti statistici, agenzie di business. Le strutture di relazione hanno delle caratteristiche:
- sono localisticamente definite, cambiano a seconda dell’area geografica di mercato
- possono essere formali (se corrispondono a istituzione) o informali
- possono essere pro tempore o costanti
- spesso sono regolamentate da norme
- cambiano a seconda delle tipologia di prodotto
- vanno considerate come difficilmente o per nulla modificabili dalla singola impresa
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2. STRUTTURE DI VALORE: quelle che costituiscono l’offerta complessiva di un mercato. Sono variabili,
possono variare perché anche la domanda può cambiare. L’elasticità della domanda si definisce in funzione
dell’elevazione del prezzo: la domanda risulta elastica quando al salire del prezzo diminuisce, e viceversa si
dice anelastica quando l’oscillazione ha indici più contenuti.

Nel mercato delle automobili esistono tre fasce di valore:


1. Value market: comprende la maggior parte dei consumatori. Intendiamo il cosiddetto “mercato della
convenienza” dove la convenienza è intesa come un rapporto equilibrato tra qualità e prezzo, tra
prestazione attesa dal consumatore e prezzo di vendita. La convenienza (rapporto qualità-prezzo) si
esprime come:
- minor prezzo assoluto della categoria
- ampiezza di possibili scelte in un range di prezzo accessibile (main stream)
2. Premium: mercato aspirazionale esclusivo, non convenzionale. Con un prezzo crescente, la tipologia
del prodotto che occupa questa fascia restituisce al cliente non solo un rapporto equilibrato o add.
migliore, ma anche una serie di elementi interiori quali lo status, le aspirazioni e la gratificazione

Nel premium parliamo di:


- esclusività, specialità, identità del brand
- vende meno ma guadagna di più perché ha il prezzo più alto, è orientato verso nicchie
- rapporto direttamente proporzionale tra esclusività e prezzo

La fascia del mercato premium genera delle vendite inferiori quanto al volume, ma superiori di prezzo.
Indicatori che ci permettono di osservare le differenze tra questi due mercati:
- numerosità della clientela. Naturalmente c’è una numerosità alta per quanto riguarda il value market perché
i prezzi sono più accessibili, mentre nel premium è medio-bassa
- l’orientamento d’acquisto. Il compratore del value guarda le funzionalità di base, mentre nel premium ci si
concentra sul marchio perché il brand non è solo garanzia di funzionalità, ma possiede anche funzionalità di
appagamento sociale

Capitolo 2: IL PROCESSO DI MARKETING


Si articola in fasi: ciascuna include specifiche attività. Il modello individua all’interno del processo di
marketing due momenti fondamentali relativi al marketing strategico e al marketing operativo. All’interno di
queste due dimensioni vengono proposte due macro fasi di attività afferenti al marketing strategico e una
fase finale di riconducibile al marketing operativo.

Io Definire il merca IIo Progettare Governare l’offerta di


to di riferimento l’idea di valore valore sul mercato

Strategico Operativo

La rappresentazione grafica si presenta come una freccia, immagine che predispone a pensare a un processo
lineare e sequenziale. Inizialmente, il processo di marketing viene suddiviso per funzione in marketing
strategico e marketing operativo:
- il marketing strategico si sviluppa in due macrofasi all’interno delle quali troviamo delle sezioni che
rappresenteranno le metodologie che devono essere osservate per sviluppare dei piani di marketing utili, di
successo. Le macrofasi si caratterizzano per la tipologia di attività:

1° macrofase: si riconduce a quell’azione che si riferisce al “pensare e definire il mercato di riferimento” in cui
l’azienda definisce i segmenti di una potenziale domanda cui rivolgere l’attenzione, quindi scegliere il mercato
di riferimento. Per fare questo, prima di tutto l’azienda va a guardare il mercato, la concorrenza e la
domanda. Quindi analizza il mercato e identifica il target verso il quale decide di orientare l’offerta.











2° macrofase: “progettare l’idea di valore”. Devo pianificare l’iniziativa con le caratteristiche che possono
essere apprezzate dalla domanda. Quindi questa è la fase nella quale l’idea concettuale del prodotto viene
sviluppata in tutte le sue componenti e i potenziali benefici. Si definisce il prezzo al quale si è deciso di
presentare l’offerta di valore al compratore finale.
l
In un ambiente di prodotti omogenei, il cliente sceglie in quanto ha una gamma di offerta plurima e
differenziata: tra le alternative possibili sceglie il prodotto più vantaggioso dal pov economico. Il primo
elemento che ci permette di codificare il vantaggio per il cliente è dato dal grado di livello di soddisfazione, i
benefici che il consumatore riceve da quel prodotto. Arriverò a comprare il bene quando il rapporto costi-
benefici pende a favore dei benefici: il valore deve essere proporzionale al beneficio che posso ricavare.
k
→ Dopodiché si transita nel marketing operativo in cui si governa l’offerta di valore sul mercato. Questa
macrofase ha a che vedere con l’immissione del prodotto sul mercato, di conseguenza si devono attivare una
serie di operazioni che permettano che il prodotto collocato sul mercato restituisca in termini di redditività il
successo dell’operazione. Si parla quindi di pubblicità, sponsorizzazioni e promozioni che devono essere
adeguatamente tarate sulla base del ciclo di vita del prodotto.

Sia che si parli di marketing strategico o operativo, si ripetono attività di tipo:


- analitico: per fare un’analisi di mercato si raccolgono dati che devono essere rilevanti in qualunque senso,
utili. In seguito i dati devono essere “convertiti” cioè elaborati perché possano essere utilizzati per orientare
la scelta aziendale che si vuole fare
- decisionale: bisogna fare una scelta. La decisione è il processo che mi porta a selezionare tra una serie di
opzioni possibili, quella che preferisco. In questo caso accade che le decisioni sono decisioni strategiche o
operative a seconda della sezione in cui sto lavorando, che impegnano l’azienda a intraprendere un certo tipo
di percorso. Non si deve mai prendere una decisione contrastante o che ignora le risultanze d. fase analitica
- di controllo: la funzione di monitoraggio e di controllo normalmente accompagna tutte le fasi di un’iniziativa.
Ci riferiamo al controllo ex post cioè quello che si esegue dopo che il processo si è sviluppato: i risultati
conseguiti vengono comparati con i risultati attesi. In questo modo potrò avere una serie di esiti: il risultato
potrà essere allineato quindi corrispondere a ciò che avevo previsto, oppure ci possono essere
disallineamenti. Analizzare eventuali scostamenti o le cause serve perché è funzionale a un nuovo ciclo di
processo. L’elemento fondamentale del controllo è che deve essere fatto in maniera tecnica, vengono utilizzati
strumenti indicatori, metriche di mercato che permettano di rilevare in maniera oggettiva gli scostamenti

Se l’impresa decide di lanciare un nuovo prodotto sul mercato, deve decidere a chi rivolgersi. All’interno della
domanda potenziale deve selezionare un segmento applicando delle variabili geografiche, demografiche,
economiche. Decido di immettermi nel mercato delle automobili con un’auto sprint quindi decido che il
segmento di popolazione che ricerca un’automobile più vicino alla mia idea possano essere i giovani
neopatentati = dalla popolazione potenzialmente interessata al settore automobilistico ho isolato un target.
Una volta individuato il target, mi concentro su questo segmento analizzando la potenzialità della mia offerta
esplorando le propensioni e le abitudini. Devo identificare quegli elementi che tendenzialmente spingerebbero
quel gruppo ad apprezzare determinate caratteristiche del prodotto. Solo dopo l’analisi di dettaglio del target
selezionato si può procedere alla cosiddetta definizione del prodotto = l’idea progettuale del prototipo viene
adattata in modo da recepire le propensioni emerse dall’esplorazione di dati. A questo punto il prodotto va in
produzione, ma siccome il target è ancora un segmento potenziale, le reciproche esigenze devono incontrarsi:
io di vendere, il target di soddisfare i suoi bisogni. Di conseguenza, ora ci si rivolge direttamente al target
selezionato attraverso la comunicazione e la promozione.

2.1. Gli ambienti di marketing


L’ambiente di marketing di un’impresa è rappresentato da tutti i soggetti e le forze che influenzano la capacità
di instaurare e mantenere un rapporto vantaggioso con i clienti. Queste forze agiscono in un contesto esterno
e costituiscono quello che definiamo l’ambiente esterno.

L’ambiente del marketing si compone di un micro e di un macro ambiente.


- il micro comprende tutti i soggetti vicini all’impresa, che in particolare influenzano la capacità dell’impresa di
servire i clienti. I componenti sono i fornitori, i clienti e i concorrenti

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- il macro si riferisce all’ambiente generale, che può influenzare il funzionamento delle imprese quindi la
politica, l’economia, la società, la tecnologia

Capitolo 3: LA CONCORRENZA
→ La concorrenza orizzontale rappresenta quella dinamica competitiva che si realizza tra imprese che
producono e mettono sul mercato beni analoghi e si rivolgono ai medesimi segmenti di domanda. Si realizza
quando più imprese operano sui medesimi segmenti di domanda offrendo a soddisfazione dei bisogni, beni
analoghi. Questo comporta che le imprese sono costrette a farsi concorrenza perché se lavorano sulla stessa
base di domanda e offrono beni omogenei, è necessario sforzarsi per acquisire una quota di mercato
significativa, creando svantaggio competitivo alle imprese concorrenti.

La segmentazione è un’operazione che definisce i target di riferimento in termini di clientela, quindi il


posizionamento del prodotto dell’azienda sul mercato. Segmentare significa dividere, in questo caso
suddividere una dimensione in sotto sistemi. Questi segmenti si costruiscono attraverso diverse varabili:
- segmentazione demografica: consiste nella divisione del mercato in base a variabili quali l’età
- segmentazione su base economica
- in base al reddito: una delle segmentazioni utilizzate soprattutto in nei settori produttivi in cui i beni
commercializzati sono i servizi, per esempio il settore dell’ospitalità
- psicografica: acquirenti suddivisi sulla base di variabili quali classe sociale, stile di vita, tratti della perso

→ La concorrenza verticale: in questo ambito le imprese si accordano per conseguire vantaggi comuni
superiori rispetto alla competizione sfrenata. Si tratta di situazioni definite win-win in cui due agenti
economici possono ottenere benefici senza sacrifici dell’uno a scapito o a vantaggio dell’altro. Ad esempio, gli
accordi di distribuzione esclusiva in cui un fornitore accetta di vendere i propri prodotti solo ad alcuni punti
vendita e non ad altri, servono a rendere l’offerta complessiva più competitiva rispetto a offerte concorrenti.

3.1. Le nuove forme di competizione


Porter da vita al modello della cosiddetta “concorrenza allargata” o “le 5 forze/minacce” che è graficamente
rappresentato con l’impresa al centro e 5 ramificazioni che partono da essa.

Porter immagina un sistema competitivo nel quale si sviluppano dinamiche relazionali e conflittuali tra questi
attori / forze. Le forze del sistema concorrenziale sono riconducibili a 5 categorie: fornitori, clienti, produttori
di prodotti sostitutivi (hanno la stessa funzione d’uso quindi è probabile che riescano a soddisfare i bisogni.
Solitamente vengono immessi sul mercato del prodotto originario con un prezzo sfidante, più basso),
concorrenti attuali e potenziali concorrenti. Questo spazio è soggetto a restringimenti o allargamenti in
relazione all’atteggiarsi di queste forze competitive.

Tra questi attori vengono a stabilirsi dei rapporti che configurano altrettante forze concorrenziali.
Considerando i nuovi entranti, possono essere poste delle barriere che ostacolino i nuovi ingressi nell’arena
competitiva. Concretamente, questi ostacoli si configurano con la creazione di economie di scala: riuscire ad
aumentare la capacità produttiva, che porta a una riduzione dei costi di produzione. Succede quindi che
l’azienda in questione può praticare all’interno del mercato dove già agisce, una discriminazione di prezzi
verso il ribasso che lo rende appetibile per la domanda. Viceversa, il nuovo entrante che ancora non si misura
con quei processi produttivi, è fortemente svantaggiato perché dovendo sostenere investimenti per
aumentare la capacità produttiva, inevitabilmente i costi tendono ad espandersi, non a contenersi.
Per quanto riguarda i fornitori, la loro forza potrebbe essere la “differenziazione degli input” (materie prime):
possono lavorare x differenziare e rendere più apprezzabile il loro prodotto e quindi creare un’esclusiva.

Il modello di Porter parla di concorrenza allargata come se trattasse anche il cliente come un concorrente.
Questo scenario coincide con quello che potremmo definire “l’oceano rosso”: un mercato in cui solo la
competizione aggressiva produce risultati. Qui si inserisce la visione basata sulle risorse, ovvero una nuova
visione strategica che crea una sorta di rovesciamento delle prospettive tradizionali: piuttosto che continuare
a pensare che solo la competizione aggressiva porti al posizionamento dell’azienda, viene introdotto il
concetto di differenzazione. Non devi combattere necessariamente con l’altro, ma devi darti un’identità
perché il mercato ti apprezzi. Questo approccio ha cambiato gli approcci con strategia aziendale: si è passati
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da un atteggiamento di “imitazione” nei confronti dei concorrenti, a un atteggiamento di differenziazione.


Quindi le aziende formulano il piano sfruttando le differenze, non le similarità con i concorrenti.

3.2. La strategia dell’oceano blu


Questa strategia si propone di raggiungere un livello di limpidezza originaria dell’arena competitiva, dove non
ci si sbrana più. Ponendo una linea comparativa la strategia oceano rosso (alta competitività) e quella oceano
blu (creazione di valore) vediamo che:
- Nella strategia oceano rosso si compete in contrapposizione, nella blu si tende a creare uno spazio di
mercato per così dire incontestato
- Sotto il profilo della tattica, nella rosso c’è una logica di battere, sconfiggere la concorrenza, nella blu la
metodologia è aggirare la concorrenza
- Nella rossa i competitors tendono a concentrarsi nel saturare la domanda esistente, in quella blu si tende a
creare e conquistare una nuova domanda

Tattiche per attuare una strategia oceano blu:


1. Riduzione: la domanda che l’azienda si pone è “Quali fattori nella mia linea / curva attuale di valore
andrebbero ridotti al di sotto dello standard di settore?”
2. Eliminazione: “Tra questi fattori analizzati che l’impresa da per scontati, ce ne sono alcuni veramente per i
quali la competizione non da ne vincitori ne vinti?” Se si, vanno eliminati
3. Aumento: identificare i fattori che viceversa andrebbero aumentati al di sopra dello standard
4. Creazione: “Quali fattori non ancora offerti dal settore dovrebbero essere creati?”

Capitolo 4: ANALISI DELLA DOMANDA

La domanda può essere distinta in:


- potenziale, che corrisponde a coloro che potrebbero essere interessati al prodotto
- primaria, la domanda effettivamente espressa per la categoria di prodotto. Corrisponde a tutti coloro che
realmente richiedono e sono disposti ad acquistare il bene o servizio
- secondaria, parte di domanda primaria che si rivolge all’impresa e che si traduce in vendite

4.1 L’orientamento
Orientamento: il comportamento dell’offerta (dell’impresa) è fortemente condizionato dalla pressione della
domanda. Abbiamo orientamenti di diverse tipologie:

1. Orientamento alla produzione: la condizione è di carenza di prodotto in relazione a una domanda più
elevata. Di conseguenza l’impresa intensifica la produzione, non si preoccupa di sofisticare il prodotto
perché la domanda supera l’offerta
È utile quando parliamo di value market. Ci sono vantaggi perché produrre in maniera elevata è una forma di
risparmio, dall’altra parte il prodotto potrebbe cadere nel dimenticatoio a medio- lungo termine. Un altro
effetto è sui costi, perché porta a medio-bassi margini di guadagno.

2. Orientamento al prodotto: quando il cliente è attento alle caratteristiche di qualità, che differenziano
e orientano l’acquisto. L’impresa deve concentrarsi sul miglioramento del prodotto in modo da
concorrere con gli altri competitors sul livello di qualità
Siamo davanti al prodotto di nicchia, un prodotto compatibile con quel determinato target di riferimento. Gli
effetti positivi di questo orientamento sono un’alta qualità del prodotto e un processo di miglioramento
continuo nelle competenze. Un’eccessiva concentrazione sul prodotto può generare una scarsa attenzione alla
domanda e quindi posso rischiare di trascurare l’attenzione nei confronti del cliente.

3. Orientamento alla vendita: si attua quando sembra che se la domanda non venga adeguatamente
stimolata, indotta. Quindi i clienti vengono sollecitati a indirizzarsi verso quel mercato altrimenti la
produzione non viene assorbita
Siamo nel value market. I vantaggi sono rappresentati dal fatto che si possono raggiungere importanti
posizionamenti sul mercato in un lasso di tempo molto breve. L’effetto negativo è che il boom di vendita può
esplodere e decadere in poco tempo.

4.Orientamento al marketing: quando in condizioni complesse si verificano mercati altamente


competitivi, l’azienda deve sviluppare tattiche, approcci più sofisticati
Ci troviamo in mercati competitivi come il premium. Questo porta a concentrarsi sulla soddisfazione ad alti
livelli e poi si aggiungono redditi di profitto altrettanto elevati.

5.
Orientamento al cliente: avviene in mercati maturi, quando il prodotto ha raggiunto la sua migliore
performance e acquisibilità sul mercato quindi tutta la domanda potenziale è soddisfatta. A questo
punto bisogna tendere a un processo di fidelizzazione del cliente
Particolarmente opportuna nel mercato dei servizi.

Capitolo 5: LA STRATEGIA
vÈ quella funzione che consente, attraverso una pianificazione, di agire in maniera coerente con il
raggiungimento del risultato e utilizzare in maniera efficiente e funzionale le risorse necessarie. Il concetto
chiave della strategia è acquisire il vantaggio competitivo = posizione di superiorità rispetto ai concorrenti
riconosciuta come tale dagli acquirenti / consumatori e sostenibile nel tempo. L’azienda non è svincolata e
perfettamente libera di elaborare la propria strategia di successo senza confrontarsi e subire dei
condizionamenti da parte del micro o dal macro ambiente, che pur non avendo una diretta partecipazione
nella vita dell’azienda, interferisce. Per questo, formulare una strategia di successo significa formulare una
strategia coerente e compatibile sia con le caratteristiche dell’ambiente interno che esterno dell’azienda. Se
l’azienda ha capacità nel prevedere il futuro in una logica sequenziale di causa-effetto, tendenzialmente
riuscirà a fare una strategia di successo = conta la prevedibilità dei fenomeni.
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Le decisioni strategiche, per essere definite tali, hanno delle caratteristiche.
- sono importanti perché implicano un significativo impiego di risorse che vengono sottratte ad altre iniziative.
In una decisione strategica è importante considerare l’impatto che si avrà sull’andamento futuro delle ulteriori
iniziative d’azienda
- la difficile reversibilità: tornare indietro non è impossibile, ma costa sacrifici di successo
- tendono a considerare i rapporti causa-effetto (sia diretti che indiretti)
- ha orizzonti temporali medio-lunghi
- sono sistemiche: coinvolgono, interessano il sistema organizzativo nel suo complesso

5.1. La piani cazione strategica aziendale


L’impresa da inizio al processo di pianificazione strategica:
1. Definendo il proprio scopo quindi la mission che viene poi tradotta in obiettivi. Ha il compito di
identificare in maniera chiara la direttrice cui dovranno conformarsi gli obiettivi

L’impresa ha funzioni che vengono realizzate attraverso le attività, che sono poi raggruppate in quelle che
vengono definite Strategic Business Unit che traduciamo come Attività Strategiche d’Affari: agglomerati di
attività che realizzano quegli obiettivi che la mission identifica come direttrici. La strategia competitiva o
operativa viene costruita a livello ASA.

2. Identificare il portafoglio di attività e di prodotti che sono necessari perché a livello ASA (Attivià
Strategiche d’Affari) si possano poi sviluppare i vari business

All’interno della stessa struttura abbiamo due livelli aziendali:


- corporate: livello complessivo dove viene definita la mission aziendale, il portafoglio dell’attività, l’offerta e
gli obiettivi. Le scelte a livello corporate hanno la responsabilità di avviare l’intero processo di pianificazione
- a livello di ASA verrà riservata la pianificazione di marketing e delle altre specifiche funzionali per quello
specifico mercato

5.2. La missione aziendale


È importante definire il proprio scopo e porsi delle domande “Cosa so fare? A chi mi rivolgo? A cosa danno
importanza i miei clienti?”. Dopo essermi fatto queste domande, creo la mia missione, che però deve tener
conto della dinamica evolutiva e di conseguenza ritararsi sulla focalizzazione del business, del proprio scopo,

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senza prescindere dalla percezione del valore atteso dai segmenti di domanda selezionati, dai target. La
mission deve essere fedele alla struttura dell’azienda e attenta a motivare il cliente attraverso la motivazione
dell’appagamento dei bisogni. Una mission corretta non si orienta al mercato definendo il business in termini
di qualità sostanziale del prodotto, ma viceversa in termini di soddisfazione del bisogno del cliente.
Slogan 1 “gestiamo parchi tematici” – concentrazione al prodotto
Slogan 2 “creiamo fantasie da vivere in famiglia” – orientamento al mercato

L’impresa, una volta confezionata la missione, deve trasformarla in obiettivi dettagliati per ciascun livello di
management. In particolare, l’obiettivo deve rappresentare una “soluzione” al problema o al tema specifico
che si è isolato in fase analitica.

5.3. Prodotti e mercati


Ogni azienda entra nel sistema competitivo di mercato per realizzare un processo di crescita che viene
restituito in termini di redditività. Se l’impresa non riesce a conseguire e mantenere una posizione di
vantaggio competitivo sul mercato, rischia nel medio o lungo termine di essere sbalzata fuori. Quindi per
competere adeguatamente e acquisire quote di mercato, l’azienda deve orientare un percorso di crescita
profittevole che viene portata avanti grazie al marketing, che coglie e sfrutta le opportunità che di volta in
volta il mercato offre. Fra i tanti strumenti c’è la matrice di Ansoff / di espansione prodotto-mercato, un
modello che serve per l’esame della crescita. La matrice viene rappresentata graficamente in 4 blocchi, e le
variabili che vengono a confrontarsi sono sulla retta orizzontale i mercati, e in quella verticale i prodotti. Per
ciascuna delle due variabili vengono considerati i prodotti nuovi ed esistenti di mercati nuovi ed esistenti.

1. Penetrazione del mercato 3. Sviluppo del prodotto

2. Sviluppo del mercato 4. Diversificazione

All’interno e in corrispondenza dei numeri andiamo a individuare le strategie compatibili, comparabili.


1. Intercetta prodotti e mercati esistenti: la strategia utilizzata è quella che viene definita di
“penetrazione del mercato” in cui si entra in un nuovo mercato e lo si esplora, non c’è nessun livello
di innovazione ne per quanto riguarda il mercato ne il prodotto
2. Intercetta prodotti esistenti esplorando mercati nuovi. Si orienta la strategia di sviluppo del mercato
3. Prodotti nuovi innestati su mercati esistenti: viene sviluppato un prodotto
4. Prodotti e mercati nuovi: strategia definita “diversificazione” che ha senso quando è possibile trovare
buone opportunità al di fuori del business attuale

Nella diversificazione il punto focale è rappresentato dai prodotti. Può essere di tre tipi:
- “concentrica”: creare nuovi prodotti che siano in connessione / abbiano sinergie tecnologiche o di marketing
con le linee di prodotto esistenti. Siccome queste innovazioni dei prodotti entrano in un nuovo mercato,
possono intercettare anche nuovi target
- “orizzontale”: l’azienda crea nuovi prodotti in grado di interessare gli stessi clienti serviti (mercato
esistente) anche se tecnologicamente non sono correlati al prodotto corrente
- “conglomerata”: in questo caso l’impresa potrebbe ricercare nuove attività che non abbiano alcuna relazione
con i mercati dei prodotti e delle tecno precedenti, quindi ci sono nuove tecnologie, nuovi standard e attività

5.4. L’analisi dell’ambiente e delle risorse: PEST / PESTLE / PESTEL


Si tratta di una metodologia di analisi che consente di analizzare i fattori esterni provenienti dal macro
ambiente, che possono interferire sulle decisioni strategiche dell’azienda.
PESTEL è l’acronimo delle 6 categorie di macro fattori:
- political. I fattori politici sono riconducibili al contesto politico, che condiziona in maniera più o meno
significativa un settore industriale per es attraverso i sistemi di regolazione normativa
- economical. Fattori inclusivi della crescita economica, che hanno un forte impatto sul modo di operare delle
imprese e sul modo di assumere le decisioni (tassi di cambio e di inflazione)
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- social. Sono fattori che evidenziano i cambiamenti nelle tendenze della società, che evolve, muta. Queste
modifiche dell’atteggiamento della domanda rappresentano un effetto
- technological. Il progresso tecnologico ha un impatto sulla domanda
- legal. Riguardano gli aspetti delle discipline giuridiche antitrust, diritto del lavoro, sicurezza
- environment. I fattori ambientali sono tutti i fattori che possono essere posti in relazione a situazioni globali
e che interessano l’ambiente nella sua totalità (riscaldamento ambientale, effetto serra, calamità naturali)

Capitolo 6: L’ANALISI SWOT


Strumento elaborato dal ricercatore Albert Humphry per identificare le opportunità di sviluppo dell’azienda.
All’interno dell’azienda vengono individuati i profili di positività, i punti di forza, e i profili di negatività, le
debolezze. Entrambi gli aspetti vanno potenziati o depotenziati in relazione allo scenario dell’ambiente
esterno, che può offrire opportunità o rischi. Viene costruita una matrice all’interno della quale viene
rappresentato il sistema impresa: vengono identificate le forze e le debolezze dell’impresa. Fuori dai confini
dell’azienda, si identificano poi le opportunità e le minacce.
Abbiamo un nucleo centrale che va identificato con il micro ambiente (soggetti esterni ma che impattano in
maniera prossima) es target di domanda, fornitori, concorrenza, e con il macro ambiente (politici, economici,
sociali). Questi ambienti esterni possono offrire delle opportunità o rappresentare delle minacce rispetto
all’iniziativa che l’impresa vuole intraprendere. Si deve far di tutto per valorizzare il positivo, ma senza
esagerare perché se la neutralizzazione dei punti di sconfitta supera la credibilità dell’iniziativa, si cambia
strada = la SWOT non da la soluzione.

Variabili interne (forze e debolezze): possono essere rappresentate da

Efficiente produttività degli impianti (nuovi) Impianti obsoleti, alti costi di produzione

Competenze di marketing Scarse competenze di marketing

Capacità di innovazione Scarsa capacità innovativa di rigenerare

Risorse umane con competenze che fanno la differenza

Immagine e posizionamento nel mercato di riferimento

Ampia gamma di prodotti: diversificazione, esclusive

Variabili esterne (opportunità e minacce)

Opportunità (provengono dall’ambiente esterno) Minacce

- nuove tecnologie e scoperte - concorrenza


- barriere all’entrata per chi è detentore di un - nuovi concorrenti
posizionamento all’interno del mercato - cambiamento del gusto della domanda
- domanda crescente del settore - prodotti sostitutivi
- nuovi mercati - sistema fiscale sfavorevole
- alleanze strategiche
- misure di governance

La combinazione incrociata delle componenti della matrice SWOT ci permette non solo di analizzare, ma di
pervenire alla configurazione di una serie di strategie.
1. Strategia reattiva: l’impresa si impone di adattare nel miglior modo possibile le risorse e le
competenze che ha (punti di forza) con le opportunità offerte dall’ambiente esterno. Strategia che
tende a sfruttare al massimo le opportunità
2. L’impresa sfrutta al massimo le opportunità, ma costruendosi delle opportunità che permettano di
generare profitti. In altri termini, l’impresa propone un’offerta alternativa

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