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Sudafrica pre-apartheid
Il Sudafrica pre-apartheid è caratterizzato da 3 fasi:
• 1650-1800 colonialismo olandese e britannico (colonie dei settler)
• Utilitarismo liberale e superiorità razziale dell’800
• Fine 800 inizi 900 imperialismo britannico
1650-1800
Il Sudafrica vive modelli coloniali, che però non corrispondono alla classica struttura
coloniale africana. Nel pieno del periodo coloniale infatti il Sudafrica diventa quasi
indipendente.
Nel 1652 gli olandesi si insediano nella regione del Capo (tramite una compagnia
concessionaria), dove attuano un graduale processo di espansione territoriale verso nord e
verso est e impongono il proprio controllo sulle popolazioni della regione.
Inizialmente utilizzato come avamposto per le rotte commerciali con l’oriente.
La regione era abitata dalle popolazioni Khoisan che si dividono in due gruppi
principali: i Khoi (ottentotti) sono pastori e i San (boscimani) cacciatori.
Il modello agricolo dei Khoisan era itinerante e i territori che in quel momento non
venivano utilizzarti vennero occupati dagli olandesi.
Erano ritenuti un popolo arretrato ed erano numericamente pochi (anche perchè l’area del
Capo era molto desertica e piuttosto inospitali dal punto di vista naturale).
I coloni olandesi vengono chiamati boeri (sudafricani di origine olandese) ed erano
principalmente contadini e allevatori.
Un numero maggiore di olandesi, insieme e francesi e alcuni ugonotti, si stabiliscono
nella colonia e di conseguenza aumenta la necessità di terre e di manodopera per le
azione agricole dei coloni europei. Si attuano spoliazioni di terra, a danno dei khoisan che
vedono minacciata la loro autonomia politica ed economica. Tali popolazioni vengono
inglobate in un modello servile, di schiavitù (ma non era un modello classico di schiavitù,
ma più complesso. C’era un controllo rigido e coercitivo, ma le famiglie boere si
andavano ad allargare inglobando gruppi di questa popolazione).
Inoltre vengono importati schiavi dall’Asia, dal Mozambico e dal Madagascar.
I boeri continuano a spostarsi sempre più verso nord, isolandosi dal controllo centrale
della colonia, ed entrano in conflitto con i Khoisan, che vengono sconfitti e la loro società
A seguito delle guerre napoleoniche a fine 700 i britannici occupano la regione del
Capo, che viene controllata in modo definitivo a partire dal 1814.
Primo livello di tensione tra interessi britannici e dei boeri: boeri sono maggiormente
radicati sul territorio. Principio di superiorità razziale basata sul controllo del territorio,
che si esprime con un modello di servitù. Afrikaner (boeri) si consideravano i primi
arrivati e ritenevano di aver occupato terre che nessuno possedeva prima, in realtà non è
stato cosi, ma questa era la loro percezione.
Anche da parte britannica si sviluppa l’idea della superiorità razziale e quindi un forte
collegamento tra razza e un modello imperialista che si basa però su interessi economici,
in particolare da metà ottocento con la scoperta dei minerali.
A inizio 800 i britannici impongono la fine della tratta degli schiavi, l’abolizione della
schiavitù e si avvia un processo volto ad istituire un mercato del lavoro in cui i neri
fossero liberi di fornire la propria manodopera in cambio di un salario.
Quindi un processo di proletarizzazione, che però presenta varie contraddizioni.
Infatti fino a fine 800 viene sostenuta anche la peasentisation, cioè lo sviluppo di una
piccola agricoltura africana, e la possibilità di affittare la terra dei bianche per poterla
coltivare (i cosiddetti squatters).
Inoltre vengono introdotti contratti di lavoro sempre più vincolanti.
Secondo la Ordinance 50 i Khoikhoi vengono legalmente equiparati ai bianchi, ma nella
realtà le condizioni di marginalità impediscono a queste popolazioni di uscire da quei
rapporti di dipendenza che si erano ormai instaurati con i coloni europei.
Primo livello di tensione tra interessi britannici e dei boeri: boeri sono maggiormente
radicati sul territorio. Principio di superiorità razziale basata sul controllo del territorio,
che si esprime con un modello di servitù. Afrikaner (boeri) si consideravano i primi
arrivati e ritenevano di aver occupato terre che nessuno possedeva prima, in realtà non è
stato cosi, ma questa era la loro percezione.
Anche da parte britannica si sviluppa l’idea della superiorità razziale e quindi un forte
collegamento tra razza e un modello imperialista che si basa però su interessi economici,
in particolare da metà ottocento con la scoperta dei minerali. Si sviluppa una forma di
capitalismo razziale (mirava a concentrare le risorse nelle mani dei bianchi e a
trasformare i neri in manodopera migrante, funzionale al lavoro nelle miniere e nelle
aziende agricole)
La Gran Bretagna è disposta a lasciare ai boeri il controllo delle regioni a nord del Capo
(con eccezione del Natal). Solo più tardi, dopo la scoperta dei depositi di diamanti,
Londra ripensa la sua politica nella regione (cercando di imporre un maggiore controllo
e tentando di creare una federazione tra le colonie britanniche e le repubbliche boere
avviando una serie di campagne militari).
Negli anni 60 dell’800 un diamante viene scoperto tra il Capo e l’Orange Free State, e in
pochi anni si attua un processo di spoliazione delle terre a danno delle popolazioni locali
e la concessione per l’estrazione di diamanti viene affidata a un numero limitato di grandi
imprese, fino all’affermarsi di un vero e proprio monopolio.
La relazione tra capitale e lavoro comincia ad assumere connotazioni sempre più razziali:
proprietari bianchi e lavoratori perlopiù neri.
I salari pagati ai minatori diminuiscono e viene introdotto il sistema dei compound per i
lavoratori neri, che era funzionale al mantenimento del sistema di lavoro migrante
(manodopera che si trasferisce dalle aree rurali solo per il periodo di durata del contratto
lavorativo). Sistema che comporta spese minori per le imprese rispetto ad una completa
proletarizzazione e che si consolida proprio con il boom minerario.
Lavoro migrante e accesso alle terre sono elementi strettamente intrecciati in tutta
l’Africa Australe. Con l’affermassi del lavoro migrante subentrano politiche di de
peasantization e anti-squatting.
Con la scoperta delle miniere d’oro (1886) la necessità di manodopera aumenta ancora di
più, in un contesto in cui molti africani riuscivano ancora ad avere una accesso alle terre
anche se precario. Le imprese incentivano maggiormente il reclutamento di lavoratori
migranti provenienti da altri territori dell’africa australe (es. Mozambico). Tale sistema si
formalizza poi a inizio 900 con la politica di segregazione e la creazione di riserve
indigene.
Secondo alcuni studiosi in un contesto in rapida trasformazione, la partecipazione
temporanea a forme di lavoro salariato si configura come un tentativo da parte dei gruppi
africani di mantenere una certa autonomia e di perseguire modelli di accumulazione
capitalistica e di avanzamento sociale.
Nel momento di avvio della spartizione coloniale in Africa australe c’erano già colonie
britanniche e repubbliche boere. Intorte alcune popolazioni locali avevano perso
autonomia mentre altre, come nel Basutoland e nel Bechuanaland, erano ricadute sotto la
protezione britannica.
SUDAFRICA DELL’APARTHEID
Un modello di segregazione esisteva già prima, ma dal 1948 la segregazione dell’apartheid
diventa diventa normativa, istituzionale, definita a livello giuridico. L’apartheid è un
modello di segregazione molto più specifico nelle modalità di repressione e
discriminazione, ed è violento.
Alle elezioni del 1948 vince il National party, che rimane al potere fino al 1994.
Il National party era nato nel 1914 ed operava a sostegno dell’identità culturale degli
Afrikaner (nazionalismo Afrikaner). Il timore della popolazione bianca (rurale) e tensioni
economico/sociali portano l’NP al potere sulla base di un’alleanza di classe nazionalista che
si era costruita nei decenni precedenti e che includeva lavoratori banchi, agricoltori bianchi
e strati piccolo borghesi della popolazione.
L’idea di purezza etnica, di marcato razzismo e di segregazione razziale diventa un elemento
di dominio economico e politico che permetteva di raccogliere ampio consenso.
Esistono due visioni del sistema di apartheid: una reazionaria che prevedeva una
segregazione totale (verkampte), e una moderata che voleva garantire la supremazia in un
quadro già pragmatico (verligte).
Le prime decisioni prese furono quelle riguardanti il controllo dei flussi migratori e nel
frattempo il partito amplia il proprio controllo politico nella regione dell’Africa del sud
ovest (Namibia).
Il sistema si consolida in modo definitivo negli anni 50 quando vengono emesse tutta una
serie di leggi cardine del sistema e nel 1958 diventa primo ministro Verwoerd (mette in atto
un vero e proprio programma di ingegneria sociale).
Leggi principali del sistema di apartheid:
- Population registration act (1950): legge che separa in modo netto le razze. Individuazione
di 4 razze — bianchi, neri, asiatici e meticci (colored)
- Group areas act (1950): normativa che definisce in maniera chiara la segregazione e la
divisione territoriale non solo in ambito rurale (riserve) ma anche in ambito urbano. Le
Township erano le aree urbane riservate alle persone di razza nera
- Bantu authorities act (1951): legge che diede avvio al modello di segregazione nelle ex
riserve, definendo le entità tribali di riferimento delle popolazioni indigene. Produce un
ulteriore separazione tra razze e tra gruppi etnici (in cui la popolazione nera era stata divisa).
Nel 1959 viene annunciata la formazione dei bantustan, che fu un tentativo di legittimare la
politica statale di esclusione. Infatti in questo modo il governo intendeva considerare come
stranieri i lavoratori neri migranti nelle aree urbane riservate ai bianchi. Questo porta anche
a modifiche sulle norme del lavoro (gli africani non potevano più cercare lavoro liberamente
nelle città, ma solo attraverso specifiche procedure).
- Petty apartheid: tutte le leggi che vengono messe in atto per separare la popolazione in
ogni aspetto della vita quotidiana.
- Industrial Conciliation Act (1956): va a sostituire le precedenti norme sul lavoro. Il colour
bar (differenze di salario a seconda della razza), già presente nel settore minerario, si estese
agli altri settori economici. Rappresenta un ulteriore irrigidimento del mercato del lavoro.
In questi anni la qualità della vita dei bianchi migliorò molto e questo permise al governo di
mantenere il consenso. Gli anni 60 rappresentano il momento di apice del modello di
apartheid (nonostante le lotte politiche interne): si rafforza lo sviluppo economico, vengo
placate le contraddizioni, nel 1961 il Sudafrica esce dal Commonwealth e inoltre grazie al
Bastione Bianco il paese riesce a mantenere una certa legittimità internazionale.
Bantustan: riserve indigene create dopo la legge del 1913 (Native Land Act).
Bastustan = terre dei Bantu (Bantu è un termine utilizzato dal Sudafrica per definire i neri
del Sudafrica). Diventano un caposaldo della segregazione. Nella regione del Capo non ce
ne sono, perchè era quella regione dove i gruppi di popolazione nera dediti all’agricoltura
non si erano spinti in quanto l’agricoltura non era favorita (in tale zona c’erano soprattutto
gruppi bianchi e gruppi misti). I Bantustan sono sparsi nel territorio sudafricano, non c’è
contiguità territoriale. Rappresentano un primo livello di interpretazione di ciò che era
l’apartheid in Sudafrica.
Nel 1955 l’ANC aveva approvato la Freedom Charter. Tale documento affermava che ’il
Sudafrica appartiene a tutti coloro che vi abitano, bianchi e neri’ e chiedeva libertà,
protezione dei diritti e uguaglianza per tutti. Diventa il manifesto politico di riferimento per
la lotta al sistema. ANC: Congresso Nazionale Africano. Importante partito politico
sudafricano, che è rimasto al potere dalla caduta del regime di apartheid nel 1994 ad oggi.
Dopo la messa al bando l’ANC operò in maniera clandestina creando un’ala di guerriglia
nota come ‘La lancia della nazione’, che mise in atto vari atti di sabotaggio.
Nel 1966 sale al potere Vorster che sul piano interno irrigidisce le procedure di controllo e
sul piano regionale da un lato avvia una politica più aggressiva, ma dall’altro tenta di attuare
anche forme di distensione (politica di détente. che insospettisce alcuni movimenti di
opposizione nera). Una politica quindi ambigua che si collega ad un panorama regionale in
piena trasformazione e che prelude l’inizio di una fase di crisi (economica/interna. Rivolta
degli studenti del 1976).
Nei primi anni 70 c’è un tentativo di pacificazione regionale che coinvolge la Rhodesia
(incontro alle cascate vittoria) per portare il paese verso l’indipendenza, ma fallisce.
Si rafforza poi un modello più duro, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, quando
Angola e Mozambico diventano indipendenti sotto regimi marxisti leninisti e il Bastione
Bianco si ‘spezza’, rendendo più vulnerabile il regime di minoranza bianco sia alle
contestazioni regionali, sia a quelle interne.
Altri elementi che vanno ad isolare il regime a livello internazionale sono: invio truppe
cubane in angola, critiche da parte dell’amministrazione usa di Carter, ostilità da parte
dell’OUA, opposizioni da parte degli Stati della linea del fronte.
Il Sudafrica mette in atto la cosiddetta politica di destabilizzazione, cioè un interviene
militarmente in Angola a sostegno dell’UNITA e in Mozambico a sostegno della RENAMO,
con l’obbiettivo di ricostruire un sistema di protezione regionale, difendendosi dall’avanzata
di nemici, terroristi e comunisti.
Inoltre il Sudafrica deve far fronte anche alla complicata questione della Namibia. La Corte
Internazionale dell’Aia aveva già dichiarato illegale l’occupazione nella Namibia e la
questione viene ripresa dopo il 1975, quando il Sudafrica viene nuovamente condannato per
l’occupazione e la violazione dei diritti umani e vengono imposte delle sanzioni (embargo
sulla vendita di armi al Sudafrica).
Si rafforzano le opposizioni e a partire dalle seconda metà degli anni 70 prende avvio il
modello del Consas e la strategia totale (che si rafforza negli anni 80 con Botha).
Modello del Consas: costellazione di Stati che doveva portare ad un nuovo ordine regionale
a garanzia del Sudafrica (in quanto il bastione bianco era in crisi).
Strategia totale: strategia secondo cui il governo e il mondo degli affari dovevano unirsi per
salvare il capitalismo e la civiltà bianca dal comunismo e dalle rivendicazioni dei neri. Porta
ad un rafforzamento della collaborazione tra capitalismo e apartheid. Per la prima volta con
i militari entrano in modo diretto nella politica del paese.
Si voleva inoltre dimostrare che il capitalismo sudafricano era superiore alle alternative
forme di socialismo.
A fine anni 70 la crisi del sistema di apartheid si fa più intensa, anche a causa del nuovo
contesto internazionale e regionale (quasi tutti i paesi africani erano ormai indipendenti e il
paese era isolato. Rimanevano solo la Rhodesia e la Namibia).
Il governo cerca di salvare il sistema applicando alcune riforme interne: allentamento della
La transizione 1990-1994
Si sviluppa un complesso processo di dialogo e negoziato (a tratti violento) che porta alla
stesura di una nuova Costituzione, a elezioni multipartitiche e quindi alla nascita di un
Sudafrica democratico e attivo politicamente e economicamente in Africa e nel contesto
internazionale
1994: nasce il nuovo Sudafrica democratico. L’ African National Congress - che resta tuttora
il partito dominante del paese – vince le prime elezioni libere (a suffragio universale) e
Nelson Mandela viene eletto presidente.
La democrazia nel paese si consolida e si ottiene un cambiamento del quadro politico.
Sicuramente nella fase iniziale le capacità e il carisma di Mandela hanno prodotto risultati
rilevanti (ad esempio in termini di diritti umani e politici).
Nonostante i progressi, il Sudafrica si trova ad affrontare vari problemi:
- Disuguaglianze sociali, disoccupazione, povertà, marginalità di ampi settori di
popolazione soprattutto rurale (passaggio da differenza di razza a differenza di classe).
Esistenza di una nazione (ed economia) ricca e bianca e di una nazione (ed economia)
povera a maggioranza nera. Necessità di colmare tale divario attraverso politiche sociali
adatte.
- Le difficoltà di passare dal capitalismo razziale a una democrazia capitalista: i problemi
economici quali la riforma agraria
- La complessità della programmazione economica e il rafforzamento di politiche
neoliberiste controbilanciate da una serie di attività sociali volte a favorire lo sviluppo delle
aree più povere e marginali (da molti considerate non abbastanza efficaci)
- Sul piano regionale e internazionale il Sudafrica si pone come elemento attivo di
negoziato nelle crisi africane, per la risoluzione dei conflitti. Fra queste la non ancora risolta
crisi dello Zimbabwe.
Inoltre si ricerca un maggior sostegno internazionale, rompendo l’isolamento che aveva
caratterizzano il Sudafrica dell’apartheid negli ultimi anni .