A causa di questi ostacoli, i decision maker (chi decide e chi mette i soldi i per intenderci) rischiano
seriamente di non comprendere il valore reale di questo investimento. Aziende che sono semplicemente poco
o male informate su questi argomenti, il più delle volte perché hanno incontrato professionisti che hanno
utilizzato un linguaggio troppo tecnico o che non hanno avuto la capacità di inquadrare la loro attività in
maniera organica e si sono concentrate, magari, su un singolo dettaglio.
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Quindi se sei un imprenditore o un responsabile marketing che sta cercando partner per gestire le attività di
digital marketing, evita accuratamente chi ti interrompe continuamente mentre stai raccontando la storia e
gli obiettivi aziendali, solo perché non vede l’ora di proporti subito soluzioni perfette già pronte all’uso...
Un altro consiglio è di lavorare con chi conosce e ha esperienza con diverse tipologie di aziende
in diversi settori: in questo modo c’è la possibilità di sfruttare tutte le varie speci cità e sfaccettature di
business che si possono presentare.
In ne in un progetto di digital marketing è necessario non considerare le singole attività come separate tra di
loro, contattando un’agenzia per il social media marketing, una per il sito web, una per la SEO, una per la
pubblicità online ecc.. lavorare per compartimenti stagni non porta risultati, ma addirittura diventa
problematico.
Spesso può accadere che le diverse agenzie siano addirittura in concorrenza tra di loro.
Spesso l’approccio di un’agenzia unica abbia buone probabilità di risultare realmente vincente, e inoltre un
interlocutore unico facilita il usso delle informazioni.
Attenzione, però, questo non signi ca esternalizzare tutte le attività di digital marketing, anzi: la soluzione
che integra risorse interne ed esterne è spesso la migliore, perché sa unire la storia, i valori e le conoscenze
aziendali alle specializzazioni tecniche esterne che hanno bisogno di una reattività maggiore e che non
possono attendere tempi di formazione interni che risulterebbero lunghi e poco produttivi.
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La vera s da è di saper coniugare metodi e tempi di lavoro più classici con le esigenze di reattività che sono
richieste nel mondo digitale
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Quindi cosa dovresti fare? Per prima cosa hai bisogno di dati: devi conoscere le metrature esatte del tuo
terreno, l’area di costruzione della tua casa, le distanze limitrofe per i servizi aggiuntivi; devi ottenere i dati
catastali che ti potranno essere di supporto per le autorizzazioni e le pratiche relative ai lavori ecc.
Dopodiché hai bisogno di de nire le strategie per piani care ogni attività a partire dai primi scavi nel terreno.
Pertanto dovrai scegliere un costruttore e un architetto che si occuperanno di tutta la progettazione della casa
e della piani cazione delle diverse attività.
Tuttavia, aver conosciuto i dati e piani cato le attività non basta a far venir su una casa no a che qualcuno
non inizia a lavorare concretamente alla realizzazione della stessa.
E qui entrano in gioco le tattiche e gli strumenti, che sono però strettamente connessi con i dati e la strategia.
La tattica signi ca decidere chi mettere in campo concretamente per eseguire i lavori progettati.
In ne dovranno essere scelti i materiali più ef cienti o in funzione delle risorse a disposizione, i migliori
attrezzi e utensili per riuscire a costruire la casa nel miglior modo dal punto di vista qualitativo e rispettando i
tempi previsti dalla progettazione.
Questi quattro fattori quindi sono determinanti e allo stesso tempo imprescindibili l’uno dall’altro.
Senza avere una strategia ben de nita non riusciresti a costruire nulla e quindi non sapresti utilizzare al
meglio le tattiche.
Appare evidente come sia necessario seguire anche un ordine cronologico nella realizzazione di tutto questo.
Solo così si riuscirebbe a creare la casa.
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E arriviamo solo alla ne al momento della scelta degli strumenti più adatti per raggiungere gli obiettivi, che
sono il frutto dell’analisi dei dati, della macro- strategia da utilizzare e delle speci che tecniche che sono state
messe in atto.
Spesso questa è la parte più critica proprio perché, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, si pensa che
lo strumento sia una sorta di “bottone magico” che risolva d’incanto tutti i problemi e che faccia raggiungere
immediatamente gli obiettivi pre ssati.
La sperimentazione
Ecco perché nei progetti di digital marketing integrato è sempre necessario prevedere una piccola parte di
attività legate alla sperimentazione.
È un cambio di mentalità che ci permette di mantenere questo processo di gestione del digital marketing
ef ciente nel tempo, perché in questo modo siamo in grado di sfruttare in maniera concreta e immediata le
novità tecnologiche, in funzione delle mutate abitudini di fruizione dei contenuti o di acquisto da parte del
nostro pubblico di riferimento. Sperimentare diverse soluzioni innovative e di testare alcuni strumenti che
magari sono stati appena lanciati sul mercato o addirittura sono in fase di test e il loro potenziale non è
ancora chiaro senza una “prova sul campo”.
È importante però essere in grado di andare poi a modi care in corsa tutta la strategia di digital marketing, se
da questa attività si scopre un incremento importante di risultati positivi.
Ovviamente non sempre le sperimentazioni hanno successo ed è proprio per questo che solo una minima
parte di attività è dedicata a esse.
La costumer centicity
Questo approccio, oltre all’integrazione dei quattro pilastri sopra esposti, necessita di un importante cambio
di paradigma rispetto al marketing aziendale più tradizionale.
Per anni la quasi totalità delle aziende ha messo al centro di ogni attività promozionale il proprio prodotto o
servizio, investendo e lavorando esclusivamente sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto senza
preoccuparsi di come potesse essere comunicato, relegando il marketing ad attività accessorie o comunque di
contorno rispetto alla centralità del prodotto.
Oggi tutto questo non è più possibile grazie al confronto continuo sul prodotto (o sul servizio) operato dai
clienti o potenziali tali e dai competitor.
Non è neanche più scontato che una volta arrivato all’acquisto del prodotto il tuo cliente sia capace di
operare quella che viene de nita customer retention, ossia il passaparola positivo di chi si è trovato bene con
l’azienda, perché anche questo, se non viene in qualche modo guidato nel modo corretto, rischia di essere
solamente un’occasione persa o addirittura controproducente. Oggi dobbiamo concentrarci principalmente
su quella che viene chiamata customer centricity: il cliente è al centro delle attività di marketing, ma
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soprattutto è il nostro primo in uencer e come tale dobbiamo educarlo, portandolo a un passaparola che sia
realmente strategico e che evidenzi i veri plus dei nostri prodotti.
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Questa paura ha diverse nature: da un lato c’è il timore (molto spesso inconscio) di veri care a fondo come
stiano andando realmente le cose. Arrivare a una misurazione che ti permette una profondità e una
speci cità di questo tipo può in molti casi mettere in discussione le scelte fatte nel recente passato e può
addirittura togliere anche una certa sicurezza e stabilità all’azienda stessa.
La paura di rimettersi in discussione in realtà fa parte della nostra vita quotidiana e ha radici extralavorative.
L’altra paura tipica è di non saper gestire, e soprattutto comprendere, questo overload di informazioni. Sia
perché i dati da gestire sono realmente innumerevoli, sia perché spesso i famosi report di analytics
contengono indicatori dif cilmente comprensibili, specialmente per l’imprenditore che non è stato
sensibilizzato e accompagnato all’argomento.
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Una volta riconosciuti gli obiettivi utilizzando questo schema, è altamente consigliato suddividerli in due
grandi categorie: micro e macro.
Il raggiungimento di tanti micro-obiettivi sommati tra loro, infatti, può permettere di ottenere un macro-
obiettivo: ma se non li sappiamo scomporre e analizzare nel dettaglio possiamo rischiare di non raggiungere
il risultato sperato.
Dato che si concentrano su periodi relativamente brevi, i micro-obiettivi ci permettono inoltre di gestire
l’attività e la misurazione in maniera più accurata, anche dal punto di vista economico. Mantenere invece
alcuni macro-obiettivi come riferimento permette di non accontentarsi di risultati parziali e di avere contezza
del risultato nale da raggiungere.
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L’analisi approfondita degli intenti e delle correlazioni di ricerca è probabilmente il più potente studio di
informazioni e di dati per guidare le nostre attività di marketing, ma non solo.
Infatti le informazioni che riusciamo a ottenere da questo tipo di analisi sono vere e proprie opportunità per
approfondire nel dettaglio il settore o il mercato di riferimento, ampliando inoltre l’analisi di business e
prodotto per l’internazionalizzazione dell’azienda.
In modo analogo possiamo infatti analizzare le intenzioni di ricerca degli utenti degli altri Paesi,
individuando i relativi bisogni espressi (e latenti) nelle loro lingue di origine, per andare a intercettare le loro
esigenze: così potremo pensare all’esportazione nei mercati esteri dei nostri prodotti o servizi o, al contrario,
di portare gli utenti a percorsi d’acquisto nel nostro Paese.
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Credo sia solo un problema di cultura aziendale.Le iniziative che hanno poi portato a vere migliorie, legate
alla strategia di marketing oltre che a quella aziendale, sono state messe in atto dalle aziende che hanno
implementato la maggior parte delle attività collegandole a una migliore comunicazione interna: veri e propri
social network aziendali integrati nelle intranet che hanno permesso di ridurre le distanze tra livelli e la
promozione di contest interni, portando bene ci anche all’esterno (incentivi allo spirito di squadra,
individuazione di eventuali talenti digitali e creazione di veri brand ambassador dall’interno).
Oltre a creare un ambiente positivo all’interno degli speci ci reparti, questa attività diventa utile per
raccogliere dati importanti sulla collaborazione tra le persone che possono inoltre facilitare i processi di
selezione interna e migliorare la retention dei dipendenti, con il supporto di manager e specialisti delle risorse
umane.
Includere tutte le aree aziendali come la produzione, le risorse umane e l’amministrazione permette quindi,
da un lato, di coinvolgere realmente le persone in questo processo di integrazione e ride nizione delle
strategie aziendali, dall’altro di focalizzare l’attenzione sulla raccolta delle informazioni durante tutto il
processo di business, in modo da ottenere un vantaggio competitivo destinato ad aumentare
esponenzialmente in futuro.
Simple visitor: rientrano in questo stadio tutti gli utenti venuti a contatto con i nostri prodotti, servizi, o
con il nostro brand almeno una volta, ma senza interagire. Hanno fatto una visita al sito web, visto un post
relativo a un pro lo social o, nel “mondo of ine”, hanno visto una pagina con una nostra pubblicità su una
rivista specializzata.
Real prospect: questo è un utente più avanzato, perché ha dimostrato in qualche modo un interesse verso
un nostro prodotto, un servizio o verso il brand stesso, compiendo una qualsiasi azione (un semplice
apprezzamento, una reaction sui social network, una condivisione sui social di un articolo del nostro sito o
blog) o entrando in relazione con noi.
Activated user: in questo caso l’utente ha deciso di interagire in maniera più avanzata con noi, fornendoci
alcuni suoi dati personali. Può essersi iscritto alla nostra newsletter, aver lasciato i suoi dati per scaricare un
catalogo, averci scritto direttamente attraverso il form di contatto, aver creato l’account sul nostro e-
commerce ecc. Questo è l’utente che non possiamo farci scappare, perché è quello che ci ha dato ducia, ma
che ancora non ha convertito con un’azione speci ca: è interessato, ma dobbiamo ancora conquistarlo.
Customer: è l’utente che ha compiuto la macro-conversione, acquistando il prodotto o il servizio.
Rappresenta in realtà il grado più delicato, perché la maggior parte delle aziende considera questo stato
come punto di arrivo, mentre in realtà è solo il primo passo nel percorso di delizzazione.
Active customer: è il cliente che, una volta acquisito il nuovo status, è attivo e interagisce con i
nostri prodotti e servizi o con la comunicazione del nostro brand senza però effettuare nuovi acquisti. È il
classico stadio in cui dobbiamo lavorare a una strategia di up selling, per convogliare al meglio le energie del
customer verso gli obiettivi aziendali.
Ambassador: è il cliente che ha già effettuato più di un acquisto e condivide la sua esperienza attraverso la
sua cerchia sociale, creando contenuti sui propri pro li social o lasciando recensioni nei portali dedicati. È a
tutti gli effetti un vero in uencer per i nostri prodotti e per il nostro brand, ma anche in questo caso non è
nita: dobbiamo riuscire a mantenerlo nel tempo soddisfatto e attivo con iniziative dedicate espressamente a
lui.
Una volta individuati i diversi stadi nel percorso di conoscenza del nostro pubblico di riferimento, dobbiamo
riuscire a integrarli con i percorsi o funnel di vendita a seconda dei diversi obiettivi e dei dati che provengono
dagli indicatori che abbiamo precedentemente individuato.
Occorre pertanto stabilire al più presto l’ordine di priorità rispetto al lavoro da svolgere.
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Queste scelte dipendono dalla tipologia di azienda e dai micro e macro obiettivi individuati in precedenza,
ma il vero obiettivo nale è di creare una modalità di lavoro che permetta di gestire tutte le tipologie di utente
in maniera integrata.
Un’altra componente fondamentale per l’ottimizzazione della strategia è la de nizione della lunghezza e
della frequenza del ciclo di vendita. Questa componente deve assolutamente essere integrata alla scelta del
tipo di consumatori a cui dare priorità, perché può far variare in maniera determinante le tue decisioni
strategiche.
Queste diverse strategie dovranno pertanto essere integrate tra di loro a seconda delle diverse tipologie di
utente, accompagnando i potenziali clienti nella fase più delicata e dif cile: quella che li trasforma in
Customer.
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tempo, il cliente che ha effettuato l’acquisto, in modo da ringraziarlo e soprattutto per comprendere se ci
sono eventuali richieste di assistenza o migliorie da attuare.
4. Nella fase di lancio di un nuovo prodotto: chi meglio dei tuoi clienti affezionati potrà comunicare
un tuo nuovo prodotto o servizio sul mercato? Organizza sempre iniziative dedicate ai tuoi clienti più
delizzati quando stai per lanciare un nuovo prodotto. In questo modo li porterai a condividere e a divulgare
la notizia. Organizza eventualmente anteprime dedicate, escogita modalità di compartecipazione durante la
realizzazione del prototipo del prodotto stesso o applica scontistiche promozionali riservate ai migliori clienti.
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Potenzialità a cui è dif cile rinunciare, perché un parere senza dati a riscontro resta e resterà sempre una
semplice opinione.
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l’attività SEO deve essere completamente integrata a tutte le altre, proprio perché è centrale nell’intercettare
e veicolare le richieste di informazione del pubblico verso i propri siti.
AdWords
Le attività di SEO appena descritte, de nite “organiche” perché non necessitano di investimenti pubblicitari
in quanto dipendono esclusivamente dal lavoro del SEO specialist, vanno a loro volta armonizzate con il
sistema a pagamento di Google AdWords.
per alcune tipologie di ricerca la cosiddetta SEO organica, che si basa su un lavoro di posizionamento spesso
medio-lungo (3-6-12 mesi), risulta comunque penalizzata per il risalto dato agli annunci provenienti dal
sistema AdWords.
La conseguenza è che dobbiamo esclusivamente puntare al sistema AdWords? Assolutamente no, dipende dal
tipo di parole chiave e ovviamente anche dalla disponibilità economica e dal budget investito.
Per ottenere il miglior risultato dobbiamo assolutamente integrare le attività SEO con gli investimenti in
AdWords. Visto che i risultati legati alla SEO organica possono arrivare su lungo tempo, il canale AdWords ci
permette di anticipare i tempi e in qualche modo anche di essere competitivi quando il posizionamento
organico sarebbe quasi proibitivo vista la concorrenza.
È importante anche analizzare nel dettaglio le diverse tipologie di ricerca, soprattutto quando sono molto più
vicine alla conversione o legate all’aspetto commerciale: in quel caso abbiamo bisogno di un maggior
investimento nel sistema AdWords.
Per sempli care le cose, si potrebbe dire che per tutte le parole chiave legate alla ricerca di informazioni
possiamo assolutamente andare avanti anche esclusivamente con le attività di SEO organica, mentre per
tutte le altre parole chiave, più legate agli intenti commerciali, abbiamo sempre bisogno di una spinta dal
sistema AdWords.
Tuttavia, il sistema AdWords ci permette di analizzare e testare la scelta delle parole chiave da utilizzare
anche per la SEO organica, con uno strumento apposito con cui veri care modalità più complesse di ricerca
(utilizzando per esempio le diverse corrispondenze di AdWords: a frase, generica modi cata, variante simile
ecc.)
Inoltre, se colleghiamo il nostro account AdWords a Google Analytics, possiamo conoscere nel dettaglio il
percorso che l’utente svolge quando entra all’interno del nostro sito da un link a pagamento di AdWords. In
questo modo possiamo immaginare il comportamento di un utente che arriva con la stessa parola chiave ma
dalla SEO organica.
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dinamico, utilizzando a nostro vantaggio il feed dei prodotti, in modo da mostrare un annuncio
personalizzato in base alla tipologia di azioni eseguite dagli utenti sul nostro e-commerce.
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Una tattica che sta ottenendo ottimi risultati, soprattutto a livello di account business e quindi aziendali,
consiste nell’utilizzo al meglio delle Instagram Stories.
Instagram Stories è una funzionalità di Instagram che consente di pubblicare in una particolare area molto
visibile dell’applicazione (in alto, appena apriamo l’applicazione), contenuti video o foto storytelling che
restano visibili nel pro lo per almeno 24 ore.
ttualmente le Instagram Stories vengono utilizzate per mostrare dei brevi video, di massimo 15 secondi,
oppure GIF animate che si autoriproducono in continuazione e che si creano montando insieme una
successione di foto (i cosiddetti “boomerang in video-loop”).
Per le aziende, e quindi i pro li business, i migliori risultati attualmente si ottengono grazie alla possibilità di
inserire link (attualmente concessi solo ai pro li business, sopra i 10.000 follower) e alle prime sperimentazioni
di realtà aumentata, che permette il riconoscimento del volto delle persone e può far comparire oggetti a
tema o brand (esperimenti già provati con successo su Snapchat).
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Le principali tattiche di email marketing automation che possiamo inserire nella strategia:
-email di benvenuto
-email per il recupero carrello abbandonato
-email per up selling o cross selling dopo il primo acquisto
-email di re engagement
-email per il compleanno o ricorrenze
-email ad hoc per il raggiungimento di un obiettivo
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BANNER COMPORTAMENTALI
banner popup automatizzati e differenziati in funzione della proposta di valore al cliente, che offrano:
-uno sconto
-il download di un documento
-iscrizione alla newsletter
-una richiesta di contatto
La visualizzazione dei banner può essere guidata da:
1. Regole di attivazione. De niscono gli eventi che attivano la visualizzazione del banner, per esempio in
base:
• al tempo in pagina;
• all’abbandono.
2. Regole di targeting. De niscono se il visitatore visualizzerà o meno il banner a seconda:
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Questo approccio viene chiamato Account Based Marketing (ABM): una disciplina storica del marketing, che
con le nuove possibilità del mondo digitale assume oggi un ruolo primario per ogni tipologia di azienda che
vende direttamente ad altre aziende.
L’obiettivo, alla base, è di riuscire a creare campagne di marketing altamente segmentate e personalizzate,
rivolte ad account speci ci che vanno a coincidere con le aziende stesse o con interi settori di mercato.
applicando al meglio questa tecnica è possibile ottenere un elenco di account rilevanti per ottimizzare le
opportunità di business e focalizzare le attività dedicate al marketing e alle risorse di vendita, riducendo
tempo e costi.
Vediamo nel dettaglio in che cosa consiste una strategia di Account Based Marketing e come possiamo
implementarla all’interno della nostra attività di marketing generale.
LA STRATEGIA
Prima di tutto dobbiamo identi care la nostra target audience speci ca, de nendo gli account che ci
interessano. La seconda fase consiste nel saper creare la giusta strategia di contenuti in rapporto al target di
riferimento e alle informazioni raccolte, mettendo particolare attenzione questa volta alla scelta dei migliori
canali di comunicazione.
Terza fase dedicata all’analisi dei risultati. Anche in questo caso è quindi possibile implementare i dati per
identi care nuovi account, creare annunci personalizzati e targettizzati ed eventualmente inserire sistemi di
machine learning per personalizzare contenuti sulla base delle azioni di comportamento degli account
individuati.
Credo che l’Account Based Marketing rappresenti la sintesi perfetta di quello che si può ottenere utilizzando
tutte le strategie e gli strumenti del digital marketing integrato nel mondo business-to- consumer, trasferiti nel
mondo business-to-business.
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Per le aziende business to business, quindi, il lavoro appare più semplice paradossalmente, perché hanno la
possibilità di avere tutti i dati a disposizione del target di riferimento.
La vera dif coltà è di saper ottimizzare questa strategia automatizzando e sempli cando i processi, in modo
da migliorare sempre di più la qualità dei contatti e riuscire a creare un approccio realmente diretto e
personalizzato con loro.
In un disciplinato succedersi di sei fasi ecco, all’atto pratico, che cosa fa un growth hacker.
1. Brainstorming: per prima cosa dà vita a una lista di idee per far crescere le metriche fondamentali del
business.
2. Prioritize: assegna un punteggio di priorità a ognuna delle idee in lista rispondendo a tre semplici
domande: Se funziona quanto ci farà crescere da 1 a 10?
Quanto credo che funzionerà da 1 a 10?
Quanto è facile da testare da 1 a 10?
Ognuna delle domande corrisponde a un parametro, la cui media dà il punteggio di priorità. I parametri in
ordine si chiamano Impact, Con dence e Ease, il cui acronimo ICE dà il nome al punteggio.
3. Test design: attraverso il pensiero laterale identi ca il modo più veloce per testare le tre “top idea” con lo
scopo di veri care l’ipotesi di partenza e capire se si tratta di un’opportunità o di uno spreco.
4. Implement: dopo aver trovato il miglior compromesso tra qualità e velocità per testare un’idea, è il
momento di realizzare l’esperimento sporcandosi le mani con il marketing o lo sviluppo del prodotto per
attuare nella pratica il test design.
5. Analisi dei risultati: il marketing tradizionale no a pochi anni fa realizzava senza misurare. Lo step
numero cinque del processo di growth hacking spazza via questa prassi.
Per il growth hacker è dunque il momento di misurare i risultati dell’esperimento, per farlo slittare nella fase
successiva, catalogandolo come vincente o fallimentare.
6. Sistemyze: a cosa serve catalogare? La risposta è chiara: serve a decidere se automatizzare un esperimento
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che si è dimostrato ef cace o per tenere traccia di tutto ciò che non ha funzionato. Cento esperimenti falliti
sono cento modi di fare le cose che non hanno funzionato, è meglio ricordarseli prima di ripetere gli stessi
errori.
Il growth hacking è un processo veloce e disciplinato nel quale maggiore è il numero di esperimenti che viene
condotto nel minor tempo possibile, migliore è l’output in termini di risultati sulla crescita.
Le skill necessarie per realizzare con successo l’intero processo all’interno di un’azienda vanno dal marketing
alla programmazione o alla produzione se si tratta di hardware o prodotti sici.
Senza contare la statistica, l’analisi, il design, la UX e il copywriting.
Tanti sostengono che il growth hacker debba possederle tutte. Per questo il mondo ha capito che il growth
hacker è necessariamente “un po’ marketer e un po’ un programmatore”.
Il growth team è un gruppo di quattro persone composto da un growth hacker, un designer di prodotto, un
analista e uno sviluppatore. Con le sue competenze, il growth hacker ha il ruolo di coordinare il processo.
Il growth team è la vera anima della crescita di un’azienda.
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CAP e nome dell’azienda per completare l’operazione di creazione della Pagina. Una Pagina Facebook
consente una duplice gestione: in organico e tramite advertising a pagamento.
Se non abbiamo una singola attività ma una catena, un franchising, Facebook ci consente di gestire tutte le
sedi del nostro business sotto il cappello di un’unica Pagina centrale. Stiamo parlando di Facebook Locations.
GOOGLE MY BUSINESS
Dopo aver introdotto le possibilità che ci vengono date dall’utilizzo di Facebook, possiamo iniziare ora a
parlare di ciò che la domanda, se sfruttata al meglio, è in grado di generare, ovvero la ricerca consapevole. La
visibilità su Google diviene quindi indispensabile in una strategia per attività local.
Da diversi anni, cambiando più volte nome, Google ha introdotto uno strumento che rappresenta la
condizione necessaria (ma non suf ciente) per poter avere una buona visibilità local sul motore di ricerca:
Google My Business.Google My Business è la piattaforma su cui ogni azienda local deve assolutamente avere
un pro lo, in quanto in primis permette di essere presenti all’interno di Google Maps e in secondo luogo
fornisce una serie di dati che consentono all’utente e anche al motore di ricerca di ottenere informazioni
molto dettagliate su un’attività.
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▶ automazione per l’invio di contenuti promozionali a target speci ci in funzione delle azioni o
delle interazioni precedentemente avvenute con i diversi canali aziendali;
▶ connessioni ai canali social per analizzare opinioni e sentiment su prodotti e servizi e
coordinare azioni integrate;
▶ integrazione per l’analisi e la raccolta dei dati provenienti dai device mobili in funzione
della geolocalizzazione, e successive modalità di engagement automatico o semiautomatico.
Caratteristiche della piattaforma: SEOZoom è suddiviso in tante macro-aree principali con tabelle, gra ci e
dati differenti.
PROGETTI SEO: La sezione “Progetti” è il cuore della suite. È qui che si concentra l’attività per seguire nel
tempo i siti web da analizzare. È utile inserire un sito web nell’area Progetti, in modo da ottenere uno storico
dei dati e monitorare nel tempo l’andamento. La sezione è sviluppata per favorire da un lato uno sguardo
d’insieme e dall’altro un aggiornamento quotidiano sulle variazioni.
ANALIZZA: Nell’area “Analizza” si svolgono analisi speci che su siti web, URL, keyword per indagare
speci ci dati e ottenere feedback immediati.
Competizione: è stata creata con l’obiettivo di permettere confronti diretti con due o più competitor e
comparare i volumi di traf co, il numero delle keyword posizionate e la distribuzione delle stesse all’interno
delle prime cinque pagine di Google.
Strumenti editoriali: funzionalità che possono aiutare nella stesura del testo
Keyword research: SEOZoom porta all’attenzione dell’analista, a partire da una parola chiave di riferimento,
le ricerche correlate e uno studio sugli intenti di ricerca simili. Ed è proprio sul concetto di intento di ricerca
che prosegue il nostro percorso.
Per determinare
una strategia di successo online ci sono due ussi da considerare, uno teoretico e uno tecnico:
▶Buyer personas → Buyer’s journey
▶ Keyword research → Search Intent
La buyer personas è la rappresentazione del cliente ideale. De nire la buyer personas serve per capire i clienti
attuali ma soprattutto a identi care quelli potenziali. Targetizzare il cliente tipo è utile per creare contenuti
personalizzati e per strutturare un funnel “attrarre, convertire, chiudere e deliziare”. Questo itinerario che il
cliente tipo compie verso la conversione fa parte, in modo più o meno consapevole, di un journey preciso.
De nire il percorso di acquisto del cliente tipo è fondamentale per attivare azioni di marketing realmente
ef caci. Come si traduce questo in termini di digital?
Entra in gioco qui la keyword research (o ricerca delle parole chiave) quella serie di analisi che permette di
individuare le parole chiave giuste per il proprio sito web aziendale. Ma non basta. Oggi parlare di keyword
research signi ca solo in parte concentrarsi sulle parole, sulle correlazioni, sul volume di ricerca e sul livello di
concorrenza. Oggi fare keyword research signi ca studiare l’utente e conoscere i diversi stadi di interesse che
può avere nei confronti di un servizio o prodotto.
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L’attività di keyword research va infatti intrecciata con lo studio dei concorrenti, dei competitor, sia per trarne
ispirazione sia per identi care pattern vincenti che possano essere adattati e riproposti in una nuova veste, più
ef cace e ottimizzata.
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tale ottica, i prospect forniti da Lead Champion discover sono utilizzabili in un paradigma di Account Based
Marketing per individuare le aziende più interessanti a cui rivolgere i propri sforzi di marketing.
Inoltre le informazioni fornite sono utilizzabili direttamente, per la crescita del business, come strumento di
lead generation: tramite Lead Champion discover è possibile infatti riconoscere i prospect ed avviare delle
azioni verso questi al ne di convertirli in lead e poi in clienti.
Lead Champion booster :Se Lead Champion discover è un servizio dedicato principalmente alle aziende
Business to Business, Lead Champion booster è un servizio che si rivolge alle aziende B2C e B2B con lo
scopo di aumentare i contatti nominali acquisiti tramite il sito web, migliorando dunque il conversion rate
delle iniziative di lead generation.
Si basa su smart overlay form, cioè sulla possibilità di visualizzare, durante la navigazione, dei form a
comparsa che invitano il visitatore a rilasciare il contatto in cambio di un vantaggio o di un contenuto offerto
(sfruttando cioè il concetto di lead magnet).
Lead Champion booster permette al visitatore di richiamare il form durante ogni momento della
navigazione.
Lead Champion booster permette di con gurare non solo l’user experience (intesa come gra ca e messaggi
da proporre al visitatore) ma anche le regole di visualizzazione delle campagne, de nendo per ciascuna a chi
e quando deve essere mostrata.
Ciò avviene tramite la con gurazione delle regole di comparsa, di seguito descritte:
▶A chi: è possibile de nire a quale audience mostrare la campagna
▶Quando: permette di de nire quando far comparire la campagna con il booster in overlay
Inoltre è possibile utilizzare Lead Champion booster integrato con Lead Champion discover, sfruttando
dunque le informazioni rmogra che che provengono da discover per creare campagne con targeting mirato
in base al settore merceologico, al fatturato, numero di dipendenti, geolocalizzazione o a singole aziende
scelte come audience della campagna.
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Dotarsi di un piano editoriale è importante, perché offre una serie di vantaggi tipici della piani cazione
strategica:
▶assicura costanza e coerenza alla comunicazione sui social;
▶ previene errori, refusi e dimenticanze;
▶ ottimizza i contenuti e la loro distribuzione in base a canali, target e argomenti;
▶ consente di veri care i risultati in relazione agli obiettivi stabiliti.
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