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Riassunto Digital Marketing Integrato


Capitolo 1- Imprenditori e web Agency: quel bisogno di informazione
Perché dovrai tenere questo libro sulla tua scrivania
Viviamo in un momento storico di grandi cambiamenti sociali determinati in gran parte dall’innovazione
tecnologica; mai come prima tutto sta evolvendo a una velocità che non siamo neanche più in grado di
quanti care.
La scelta è molto facile: o sai adattarti a questo cambiamento o nirai inevitabilmente come quelle aziende
che passano il tempo a cercare “un bottone magico” e in questo momento non hanno tempo per
comprendere e sfruttare il cambiamento.
Questo testo: percorso guidato che può servire come strumento di lavoro

Nella testa dell’imprenditore e delle grandi aziende


Secondo diversi studiosi stiamo vivendo nell’era che offre le maggiori opportunità di vendere e fare business
grazie al web e alle nuove tecnologie. Diverse aziende (anche di grandi dimensioni e multinazionali) pur
intuendo le possibilità del digitale, non avevano ancora ottenuto risultati. Perché? Spesso per uno o più di
questi motivi:
-La paralisi completa della conoscenza o informazione. Subissati dall’overload di informazioni,
spesso complesse o appositamente fuorvianti, imprenditori o aziende sono rimasti immobili, perché non
sentono completamente in mano “il volante” di tutta l’attività di marketing.
-L’illusione del bottone magico. Condizionati dal passaparola di
altri imprenditori o dall’ansia delle attività dei competitor, hanno
considerato il digital marketing come una sorta di bottone magico che
possa portare risultati immediati in maniera automatica,
concentrandosi principalmente sugli strumenti da utilizzare e non
sulle scelte strategiche.
-La priorità errata. Le attività di marketing digitale vengono
considerate accessorie oppure di priorità secondaria rispetto alla
produzione e alle vendite, quando in realtà sono strettamente
correlate e connesse dipendendo l’una dall’altra.
- L’effetto bolla speculativa. una particolare fase di mercato
caratterizzata da un aumento considerevole e ingiusti cato dei prezzi
che, una volta raggiunta una certa soglia, fa precipitare il valore delle azioni in maniera repentina.

A causa di questi ostacoli, i decision maker (chi decide e chi mette i soldi i per intenderci) rischiano
seriamente di non comprendere il valore reale di questo investimento. Aziende che sono semplicemente poco
o male informate su questi argomenti, il più delle volte perché hanno incontrato professionisti che hanno
utilizzato un linguaggio troppo tecnico o che non hanno avuto la capacità di inquadrare la loro attività in
maniera organica e si sono concentrate, magari, su un singolo dettaglio.

Imparare a valutare i servizi di digital marketing


Perché alcune agenzie pubblicitarie o web agency – che sono realmente valide ed ef cienti su alcuni
argomenti speci ci – portano le aziende a scegliere subito uno strumento senza pensare alla strategia che sta
a monte di tutto?
Il motivo è abbastanza semplice: spingono il cliente, ovvero l’azienda, a scegliere le soluzioni che conoscono
meglio perché sono quelle in cui hanno la totale padronanza e probabilmente le maggiori risorse da
impiegare, escludendo però a priori altre alternative. Per l’azienda, però, il più delle volte non è la scelta
ottimale, perché i veri bisogni vanno analizzati nella totalità della situazione, de nendo obiettivi e
strategie per implementare le differenti attività, utilizzando strumenti speci ci a seconda dei diversi obiettivi.
Ricordiamoci infatti che il macro obiettivo per un’azienda è sempre legato all’aumento di fatturato. Un altro
aspetto fondamentale per lavorare bene in questo settore è l’approccio umano: vanare avanti un progetto
insieme, con uno scopo comune.
Occorre entrare in empatia con chi offre questi servizi.
Un’altra caratteristica fondamentale è la capacità di ascolto: ascoltare bene l’interlocutore per cercare di
capire il suo linguaggio.
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Quindi se sei un imprenditore o un responsabile marketing che sta cercando partner per gestire le attività di
digital marketing, evita accuratamente chi ti interrompe continuamente mentre stai raccontando la storia e
gli obiettivi aziendali, solo perché non vede l’ora di proporti subito soluzioni perfette già pronte all’uso...
Un altro consiglio è di lavorare con chi conosce e ha esperienza con diverse tipologie di aziende
in diversi settori: in questo modo c’è la possibilità di sfruttare tutte le varie speci cità e sfaccettature di
business che si possono presentare.
In ne in un progetto di digital marketing è necessario non considerare le singole attività come separate tra di
loro, contattando un’agenzia per il social media marketing, una per il sito web, una per la SEO, una per la
pubblicità online ecc.. lavorare per compartimenti stagni non porta risultati, ma addirittura diventa
problematico.
Spesso può accadere che le diverse agenzie siano addirittura in concorrenza tra di loro.
Spesso l’approccio di un’agenzia unica abbia buone probabilità di risultare realmente vincente, e inoltre un
interlocutore unico facilita il usso delle informazioni.
Attenzione, però, questo non signi ca esternalizzare tutte le attività di digital marketing, anzi: la soluzione
che integra risorse interne ed esterne è spesso la migliore, perché sa unire la storia, i valori e le conoscenze
aziendali alle specializzazioni tecniche esterne che hanno bisogno di una reattività maggiore e che non
possono attendere tempi di formazione interni che risulterebbero lunghi e poco produttivi.

Il digital marketing integrato per le PMI


Questa modalità di pensare e lavorare strategicamente in maniera integrata è una prerogativa solo delle
grandi aziende o è possibile attuarla anche nelle piccole e medie imprese? Tante volte mi viene chiesto: per
quali ragioni una PMI dovrebbe iniziare da subito a investire in un progetto di digital marketing integrato?
La risposta è molto semplice: perché i suoi clienti sono sempre connessi al mondo digital, chi più chi meno e
in modo diretto o indiretto. La maggior parte dei processi di acquisto passa comunque dalla presenza online,
che dobbiamo saper portare all’of ine intercettando il cliente o il fornitore per portarlo all’acquisto nei luoghi
sici.
Il digital marketing non signi ca sostituire le attività di marketing in ambiente reale: permette, grazie alla sua
reale integrazione, interna ed esterna, di ottenere nuove informazioni che potranno essere utili anche alle
abitudini consolidate di business, oltre naturalmente all’apertura di nuovi scenari. Più aumenta la
consapevolezza del reale valore degli strumenti a supporto del digital marketing, più i costi di questi strumenti
aumentano di conseguenza.
Gli inserzionisti e le aziende che si stanno rendendo conto delle potenzialità del digital marketing sono
sempre di più; pertanto, per una PMI che vuole sfruttare l’occasione, è bene investire il prima possibile
perché i progetti che si possono fare oggi, se rimandati al prossimo anno, potrebbero costare già un 15-20%
in più. Siamo ancora in una fase dove anche la piccola- media impresa, se lavora in maniera integrata, può
addirittura ottenere risultati migliori delle grandi aziende, proprio perché per sua natura ha
un’organizzazione più snella che permette una maggiore reattività ai cambiamenti tecnologici e soprattutto
di acquisto.

Per le agenzie di comunicazione e pubblicità classiche


E per quanto riguarda le agenzie di comunicazione, di pubblicità o uf cio stampa più classiche? Tante
agenzie con struttura e servizi più tradizionali che logicamente si trovano smarrite sia dalle nuove richieste
dei clienti storici sia dal dover apprendere
l’utilizzo dei nuovi strumenti a supporto delle loro attività.
In questo caso, una volta superata la prima fase di smarrimento, ci sono possibilità forse ancor più
grandi che per le nuove web agency o startup innovative, perché i metodi di lavoro, le tecniche utilizzate e
l’esperienza di lavoro “più classica”, se integrati in maniera strategica ai nuovi strumenti, possono portare dei
risultati veramente notevoli.
Per queste ragioni spesso diventa necessario rivedere totalmente i budget pubblicitari: da giornali e radio
locali, cartellonistiche e brochure si passa a social e web advertising, remarketing, SEO, content marketing
persuasivo e altre attività che vedremo nel corso del libro.
Inoltre le agenzie di comunicazione e pubblicità più classiche hanno alcuni punti di forza che permettono di
differenziarsi dalle agenzie digitali più moderne e innovative, perché prestano una maggior attenzione alla
qualità e alla correttezza dei contenuti e sanno integrare meglio le attività of ine di supporto, curando spesso
in maniera più attenta eventi e rapporti con i commettenti.
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La vera s da è di saper coniugare metodi e tempi di lavoro più classici con le esigenze di reattività che sono
richieste nel mondo digitale

Per web agency e startup


Chi però può bene ciare in maniera più rapida e naturale di questa nuova metodologia sono sicuramente le
web agency e le startup.
Partire infatti con una strategia da subito integrata permette di affrontare i diversi progetti nella loro
interezza, o nel caso delle startup di far partire un’impresa con una guida solida che sappia gestire sia la fase
di lancio sia le eventuali criticità una volta avviata e messa a regime l’attività.
Deve cambiare però anche la predisposizione alla risoluzione del problema e il rapporto con il cliente. Uno
dei motivi di maggior contrasto tra agenzie e cliente: la componente del tempo a disposizione. Tutti vogliono
tutto e subito.
Ma per avere un rapporto realmente basato sulla ducia è importante non alimentare false speranze oppure
obiettivi non dimostrabili. L’obiettivo è di accompagnare il cliente per far comprendere che il percorso verrà
fatto comunque insieme, che le sue intenzioni sono benvolute, ma restano aspetti tecnici e professionali che in
alcuni casi è l’agenzia che deve sapere gestire.
Tuttavia questi “tecnicismi” devono sempre essere comunicati nella maniera più vicina all’interlocutore.
Quando un cliente è veramente coinvolto da un progetto, infatti, non smette mai di far domande e cerca
(giustamente) in tutti i modi, di trovare eventuali falle nel sistema: se sei un’agenzia dovrai trovare il modo di
rispondere accompagnandolo alla giusta soluzione, anche se il cliente è già partito con un’idea in testa ben
precisa.
Da questo punto di vista l’agenzia deve essere sempre dalla parte dell’imprenditore o dell’azienda che sta
investendo i suoi soldi per poterla guidare.
Meglio quindi essere sinceri e onesti mantenendo una visione di insieme che permette comunque di
accompagnare l’azienda-cliente lungo il cammino, invece di cercare un ritorno immediato, ma che non è
destinato a crescere.

Per chi vuole imparare a diventare digital marketing manager.


Quello che vedremo insieme è un metodo che è possibile applicare immediatamente e può essere
propedeutico alla professione del digital marketing manager o specialist ( gure richiestissime in questo
momento), a patto di comprendere quanto sia importante mescolare tutto questo con l’esperienza sul campo.
L’approccio teorico-strategico va unito alla prova empirica costante, iniziando da subito a ideare un progetto
online su misura, in modo da mettere in pratica immediatamente quanto appreso.

Capitolo 2-L’approccio del digital marketing integrato


Le quattro componenti fondamentali
Ci troviamo di fronte a un momento storico veramente particolare in cui, grazie al web e ai dispositivi
tecnologici connessi, possiamo raggiungere qualsiasi potenziale cliente, che a sua volta può scatenare un
passaparola positivo verso altri potenziali nuovi contatti. Pertanto il tuo obiettivo primario è imparare al
meglio l’uso delle tecnologie digitali per stimolare e portare all’azione chi viene raggiunto dal tuo messaggio,
ossia condurlo a quella che viene chiamata in gergo tecnico “conversione”. Il percorso non è immediato ma,
come un corteggiamento, può durare più o meno tempo a seconda di chi vuoi raggiungere.
È arrivato allora il momento di capire come ottenere tutto questo, impostando un metodo di lavoro che
permetta di maneggiare e gestire ef cacemente le quattro componenti del digital marketing integrato: i dati,
le strategie, le tattiche e gli strumenti, che come abbiamo visto troppo spesso rimangono slegati tra di loro.
Vedremo invece quanto sia importante mantenere collegate e interconnesse queste quattro componenti anche
dal punto di vista consequenziale, per rendere più ef ciente ed ef cace il nostro lavoro.
Usiamo delle metafore per spiegare i concetti.

La metafora della casa


Immagina di aver ereditato un terreno su cui puoi erigere la tua nuova casa. Come inizi a muoverti? Compri
subito un cumulo di mattoni e vai subito a noleggiare una gru per iniziare a metterli uno sopra l’altro?
Ovviamente no, perché non sai da dove iniziare, quanti e quali mattoni acquistare, in che modo utilizzare
realmente la gru, come fare in modo che la costruzione della casa sia realmente sicura ecc.

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Quindi cosa dovresti fare? Per prima cosa hai bisogno di dati: devi conoscere le metrature esatte del tuo
terreno, l’area di costruzione della tua casa, le distanze limitrofe per i servizi aggiuntivi; devi ottenere i dati
catastali che ti potranno essere di supporto per le autorizzazioni e le pratiche relative ai lavori ecc.
Dopodiché hai bisogno di de nire le strategie per piani care ogni attività a partire dai primi scavi nel terreno.
Pertanto dovrai scegliere un costruttore e un architetto che si occuperanno di tutta la progettazione della casa
e della piani cazione delle diverse attività.
Tuttavia, aver conosciuto i dati e piani cato le attività non basta a far venir su una casa no a che qualcuno
non inizia a lavorare concretamente alla realizzazione della stessa.
E qui entrano in gioco le tattiche e gli strumenti, che sono però strettamente connessi con i dati e la strategia.
La tattica signi ca decidere chi mettere in campo concretamente per eseguire i lavori progettati.
In ne dovranno essere scelti i materiali più ef cienti o in funzione delle risorse a disposizione, i migliori
attrezzi e utensili per riuscire a costruire la casa nel miglior modo dal punto di vista qualitativo e rispettando i
tempi previsti dalla progettazione.
Questi quattro fattori quindi sono determinanti e allo stesso tempo imprescindibili l’uno dall’altro.
Senza avere una strategia ben de nita non riusciresti a costruire nulla e quindi non sapresti utilizzare al
meglio le tattiche.
Appare evidente come sia necessario seguire anche un ordine cronologico nella realizzazione di tutto questo.
Solo così si riuscirebbe a creare la casa.

Dalla casa al digital marketing


Come andare a impostare una strategia di marketing integrato, in modo da creare un metodo di lavoro che ci
permetta di gestire questi diversi elementi che troppo spesso rimangono slegati tra loro, mentre devono
assolutamente lavorare in continuità.
Si parte proprio dai dati: oggi abbiamo la grande possibilità di ottenere un numero incredibile di
informazioni sia per quanto riguarda le analisi interne sia per quanto riguarda l’analisi di settore o in merito
alle attività dei nostri competitor.
Si parte dall’analisi dei dati
È pertanto necessario approcciarsi all’analisi dei dati iniziando anzitutto dalla situazione attuale e veri cando
quindi tutti quei dati o presunti tali che sono già presenti o che arrivano grazie a un usso ben de nito.
Banalmente, anche se sei una piccola azienda avrai sicuramente la lista dei tuoi clienti, nella peggior ipotesi
catalogati in un faldone cartaceo... ma da qualche parte si deve pur partire!
Se, invece, sei dentro un’azienda già strutturata, avrai molto probabilmente già implementato alcuni ussi di
dati importanti, magari legati al sito web o alle attività di gestione dei clienti, acquisiti e potenziali. In questo
caso, come vedremo nel corso delle prossime pagine, dovrai riuscire a impostare una modalità di acquisizione
dei dati in modo tale da poterli poi realmente utilizzare e renderli il più possibile strutturati, con l’obiettivo di
saperli leggere e gestire in maniera rapida.
L’utilizzo dei dati è oggi fondamentale anche per vedere come si stanno comportando le altre aziende del
settore – soprattutto competitor – e intercettare anche alcuni trend che riguardano direttamente il tuo settore.
Impostare la strategia e le tattiche
i dati servono per de nire successivamente la strategia da attuare che, lo capirai ben presto, non riguarda solo
strettamente il marketing, ma può incidere in maniera determinante anche su tutta la strategia aziendale, con
ripercussioni sia all’esterno sia all’interno; la strategia soprattutto può avere conseguenze dirette
nell’organizzazione aziendale e nelle diverse aree in cui è suddivisa l’azienda: dalla produzione alla logistica,
no alle risorse umane.
Solo con una strategia aziendale integrata al marketing potrai de nire realmente in che modo attuare un mix
di tattiche per iniziare a raggiungere gli obiettivi prede niti. Obiettivi che, come vedremo nel corso del libro,
dovranno sempre essere speci cati in maniera precisa. Per questo vedremo quanto sia fondamentale
distinguerli in diverse tipologie, suddividendoli in micro e macro, e inserendoli in un planning temporale a
scadenze mensili per andare a veri care i diversi risultati raggiunti o eventualmente per modi care in
maniera reattiva le attività.
Anche le diverse tattiche utilizzate dovranno essere integrate tra loro: non esiste oggi SEO senza content
marketing e viceversa.
Pur avendo due obiettivi speci ci differenti, sono attività che devono assolutamente essere integrate tra di
loro; inoltre la strategia di contenuti è fondamentale per andare a creare i giusti presupposti per una vera
attività di social media marketing.
Scegliere gli strumenti
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E arriviamo solo alla ne al momento della scelta degli strumenti più adatti per raggiungere gli obiettivi, che
sono il frutto dell’analisi dei dati, della macro- strategia da utilizzare e delle speci che tecniche che sono state
messe in atto.
Spesso questa è la parte più critica proprio perché, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, si pensa che
lo strumento sia una sorta di “bottone magico” che risolva d’incanto tutti i problemi e che faccia raggiungere
immediatamente gli obiettivi pre ssati.

Il ciclo del digital marketing integrato


Metafora della casa: una volta che è stata costruita correttamente e ci inizi a vivere, potresti avere con il
tempo nuove necessità, alcune che dipendono da reali esigenze e bisogni, altre che magari nascono da nuove
passioni.
Al mutare di determinate condizioni, dovrai ripartire da capo misurando le distanze e gli ambienti a tua
disposizione, scegliendo magari l’interior designer o l’architetto per andare a
modi care gli ambienti. Architetto e interior designer a loro volta coordineranno
i professionisti specializzati per ogni singola attività, utilizzando ovviamente i
materiali corretti per le singole esigenze. Succede anche per il digital marketing:
terminate le attività pre ssate, appena sono disponibili i primi dati signi cativi, li
andremo ad analizzare e ripartiremo da capo, creando un ciclo continuo che ci
permetta di variare sempre le nostre attività e di conseguenza strategie, tattiche e
strumenti in funzione dei risultati che abbiamo raggiunto.
Rispetto alla metafora della casa ci sono, tuttavia, due grandi differenze. La
prima è che questa modalità di ciclo continuo va messa “a sistema”
immediatamente: pertanto non abbiamo bisogno di nuove esigenze o nuove
necessità, ma è proprio un metodo di lavoro che va impostato sin da subito.
La seconda differenza è data dalla capacità di cambiare in corsa. Grazie alla velocità con cui si riescono a
ottenere i dati è, infatti, fondamentale sapere eventualmente cambiare in eri anche le strategie, le tattiche e
gli strumenti correlati, in funzione dei risultati raggiunti.

La sperimentazione
Ecco perché nei progetti di digital marketing integrato è sempre necessario prevedere una piccola parte di
attività legate alla sperimentazione.
È un cambio di mentalità che ci permette di mantenere questo processo di gestione del digital marketing
ef ciente nel tempo, perché in questo modo siamo in grado di sfruttare in maniera concreta e immediata le
novità tecnologiche, in funzione delle mutate abitudini di fruizione dei contenuti o di acquisto da parte del
nostro pubblico di riferimento. Sperimentare diverse soluzioni innovative e di testare alcuni strumenti che
magari sono stati appena lanciati sul mercato o addirittura sono in fase di test e il loro potenziale non è
ancora chiaro senza una “prova sul campo”.
È importante però essere in grado di andare poi a modi care in corsa tutta la strategia di digital marketing, se
da questa attività si scopre un incremento importante di risultati positivi.
Ovviamente non sempre le sperimentazioni hanno successo ed è proprio per questo che solo una minima
parte di attività è dedicata a esse.

La costumer centicity
Questo approccio, oltre all’integrazione dei quattro pilastri sopra esposti, necessita di un importante cambio
di paradigma rispetto al marketing aziendale più tradizionale.
Per anni la quasi totalità delle aziende ha messo al centro di ogni attività promozionale il proprio prodotto o
servizio, investendo e lavorando esclusivamente sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto senza
preoccuparsi di come potesse essere comunicato, relegando il marketing ad attività accessorie o comunque di
contorno rispetto alla centralità del prodotto.
Oggi tutto questo non è più possibile grazie al confronto continuo sul prodotto (o sul servizio) operato dai
clienti o potenziali tali e dai competitor.
Non è neanche più scontato che una volta arrivato all’acquisto del prodotto il tuo cliente sia capace di
operare quella che viene de nita customer retention, ossia il passaparola positivo di chi si è trovato bene con
l’azienda, perché anche questo, se non viene in qualche modo guidato nel modo corretto, rischia di essere
solamente un’occasione persa o addirittura controproducente. Oggi dobbiamo concentrarci principalmente
su quella che viene chiamata customer centricity: il cliente è al centro delle attività di marketing, ma
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soprattutto è il nostro primo in uencer e come tale dobbiamo educarlo, portandolo a un passaparola che sia
realmente strategico e che evidenzi i veri plus dei nostri prodotti.

Il funnel storico del marketing


Il marketing deve anche superare quello che negli ultimi anni p stato
chiamato “funnel di vendita” o di conversione. Rimane
fondamentale ottimizzare le diverse strategie e tattiche per
intercettare i potenziali clienti in modo da incanalarli attraverso un
percorso di pre-acquisto. Andiamo allora ad analizzare nel dettaglio
quella che per decenni è stata l’idea di funnel, metafora visiva dei
potenziali contatti che entrano nella parte superiore e al termine
dell’imbuto si trasformano, attraverso una serie di attività, in clienti.
Awareness (consapevolezza)
Rappresenta la prima fase di contatto con i nostri prodotti o il nostro
brand da parte del cliente. L’obiettivo è che “al primo
appuntamento” questi non scappi e che capisca da subito il valore,
magari con interazioni positive. Le persone entreranno in contatto
con noi attraverso diversi touchpoint online e of ine, per questo
abbiamo bisogno di presidiare in maniera integrata i diversi strumenti che utilizziamo, dal sito web ai social,
dalla vetrina del negozio alla prima persona che i clienti incontrano in azienda.
Engagement (interazione)
È il momento in cui i clienti hanno la prima reale interazione con noi, effettuando nei confronti del nostro
brand o del nostro prodotto quella che viene de nita una micro-azione. Per esempio ci lasciano i loro dati per
iscriversi alla newsletter, compilano un form per effettuare una prova gratuita del prodotto o scaricano un
documento di qualsiasi tipo (white paper, report, catalogo), donandoci in cambio i loro dati.
Discovery (scoperta)
È la fase di approfondimento dei tuoi servizi, dei tuoi prodotti, dei valori e della percezione del tuo brand, di
quello che ti differenzia dalla concorrenza. Qui il vero obiettivo non è catturare nella rete più persone
possibili ma è coinvolgerle realmente attraverso contenuti esperienziali che le riguardino da vicino o che
possano rispondere a determinati bisogni.
Purchase (acquisto)
È uno di quei momenti che storicamente viene attribuito al traguardo nale, cioè alla fase della conversione.
Probabilmente è la parte più delicata del funnel perché, come vedremo nel prossimo capitolo, è proprio qui
che poniamo le basi per fare veramente la differenza rispetto al modello classico, attraverso la creazione di un
usso di analisi che ci permetta di intercettare le diverse modalità e le categorie speci che che hanno portato
alla conversione nale.
Retention (mantenimento)
Dopo che abbiamo portato un cliente ad acquistare un prodotto o un servizio, dobbiamo riuscire a
mantenerlo nel tempo, attraverso azioni dedicate a chi è iscritto al nostro servizio o ha acquistato un nostro
prodotto, con l’obiettivo di delizzarlo nel tempo.
Il funnel del pirata
Questa tipologia di funnel ha avuto negli anni una sorta di “upgrade”, grazie a Dave McClure che ha
sviluppato un sistema di funnel e di metriche di analisi conseguenti chiamato AAARRR (o funnel del pirata,
per via del suono prodotto dalla pronuncia dell’acronimo).
Il funnel è pressoché identico a quello sopra descritto con qualche sinonimo nei termini (Awareness,
Acquisition, Activation, Retention, Revenue, Referral)
In realtà però c’è qualcosa di più e per scoprirlo dobbiamo analizzare attentamente l’ultimo termine,
Referral, che concerne l’obiettivo di generare un passaparola (che porti eventualmente anche “un qualcosa in
cambio” a chi consiglia il nostro prodotto).
Oggi, grazie alle nuove potenzialità tecnologiche e digitali, dobbiamo quindi iniziare a considerare in
maniera sistematica anche il processo della fase di post-acquisto, perché prima delizzare il cliente e poi
renderlo un testimonial consapevole del nostro brand o dei nostri prodotti.
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Il nuovo funnel del marketing


Ecco che allora il nostro nuovo funnel si amplia e si inseriscono nuovi elementi.
Adoption (adozione)
Riguarda tutte quelle attività che ti permettono di rispondere alle promesse fatte prima dell’acquisto. Possono
andare dalla semplicità dei passaggi garantiti per effettuare l’acquisto online no alla facilità di fruire del
prodotto o di ottenere un supporto.
Expansion (espansione)
Questa fase rappresenta tutte quelle attività che hanno come obiettivo quello di portare i clienti ad acquistare
prodotti complementari rispetto a quelli che hanno già preso. Può includere attività di up selling, in cui si
stimola il cliente verso un prodotto qualitativamente migliore o più costoso, oppure attività di cross selling,
che stimolano l’acquisto di un prodotto correlato a quello già acquistato.
Advocacy (evangelizzazione)
L’advocacy è la vera destinazione nale del nuovo funnel. Dobbiamo incentivare il cliente a parlare bene del
nostro brand o prodotto, ma dobbiamo anche assicurarci che rimanga soddisfatto nel tempo, tenendolo
informato e partecipe della direzione e della visione strategica dell’azienda, e trovando opportunità per
sfruttare la sua volontà di aiutarci e di mettersi in gioco. Possiamo creare gruppi esclusivi per testare nuovi
prodotti, inviti speciali per eventi, modalità
partecipative ecc.
L’importante è avere ben presente questa tipologia
di obiettivo come ultimo step, nale.
Composizione del nuovo funnel
Ecco che allora il nostro nuovo funnel completo
andrà a comporsi in questo modo:
-Awareness (consapevolezza)
-Engagement (interazione)
-Discovery (scoperta)
-Purchase (acquisto)
-Adoption (adozione)
-Retention (mantenimento)
-Expansion (espansione)
-Advocacy (evangelizzazione)
A questo punto siamo pronti per entrare nel concreto e capire come sfoderare tutte “le armi” a nostra
disposizione, a partire dall’utilizzo strategico dei dati.

Capitolo 3- Gestire e creare il usso dei dati


Digital Analytics: superare le paure
Abbiamo visto come il punto di partenza (e conseguentemente di arrivo) del nostro ciclo di attività di digital
marketing integrato sia rappresentato essenzialmente dai dati.
Nel marketing digitale di solito i dati vengono presi in considerazione solamente dopo aver svolto
determinate attività e azioni: per veri care la qualità del lavoro effettuato, infatti, si operano misurazione e
raccolta dei dati sulle diverse piattaforme web e social.
Di non secondaria importanza è la comprensione e la selezione di questi dati da analizzare: la reportistica
funge da ltro e da sintesi dell’ef cacia degli investimenti sulle diverse attività di marketing precedentemente
piani cate.
Digital analytics distingue il marketing digitale da quello tradizionale.
La digital analytics rende misurabile qualsiasi attività, consentendo la creazione di analisi dettagliate e in
profondità, le comparazioni e le veri che dei risultati anche in tempo reale, con un grande risparmio di
tempo e risorse.
Sembra scontato: come si può oggi non avere un ef cace sistema di misurazione che riguardi almeno le
proprie attività digitali? Partiamo da quelle aziende che sono per settore e cultura aziendale “nativamente”
più lontane dal mondo digitale: capita primo incontro con imprenditori di piccole-medie aziende di scorgere
negli occhi una certa paura quando si affronta il tema dei dati.
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Questa paura ha diverse nature: da un lato c’è il timore (molto spesso inconscio) di veri care a fondo come
stiano andando realmente le cose. Arrivare a una misurazione che ti permette una profondità e una
speci cità di questo tipo può in molti casi mettere in discussione le scelte fatte nel recente passato e può
addirittura togliere anche una certa sicurezza e stabilità all’azienda stessa.
La paura di rimettersi in discussione in realtà fa parte della nostra vita quotidiana e ha radici extralavorative.
L’altra paura tipica è di non saper gestire, e soprattutto comprendere, questo overload di informazioni. Sia
perché i dati da gestire sono realmente innumerevoli, sia perché spesso i famosi report di analytics
contengono indicatori dif cilmente comprensibili, specialmente per l’imprenditore che non è stato
sensibilizzato e accompagnato all’argomento.

Comprendere l’analisi dei dati


Importante: guidare l’imprenditore o il market manager a comprendere al meglio i dati.
La digital analytics deve essere impostata prima ancora di creare attività o di misurare concretamente.
Soprattutto chi è ai primi anni di digital marketing chiede quasi sempre:
▶ Il sito della mia azienda è veramente bello e affascinante?
Chi invece ha de nito alcuni obiettivi e implementato qualche strategia domanda:
▶ Il sito converte? Se sì, da che dispositivo?
Questi interrogativi secondo me rappresentano in modo ef cace l’essenza dell’utilizzo dei dati nel digital
marketing integrato.
Obiettivi e target di riferimento appaiono come centrali per valutare la cosiddetta “bellezza di un sito” e per
questa tipologia di risultato dobbiamo giocoforza mettere in campo un altro concetto, che è quello
dell’usabilità. A questo punto abbiamo già elementi suf cienti per riformulare la domanda di partenza, che
diventa: “Il mio sito permette al mio target di riferimento di trovare informazioni in maniera semplice da
qualsiasi dispositivo?”.

Data driven integrato: il usso è il segreto


Domanda: il sito converte? Se sì da che dispositivo?
Queste domande arrivano da aziende che hanno già iniziato a lavorare con il cosiddetto approccio data
driven: prendono decisioni in base ad accurate analisi di dati, utilizzando spesso gure specializzate come per
esempio il data analyst, in modo da de nire sempre nuove metriche da analizzare ed eventualmente farsi
guidare anche per le successive azioni da compiere.
Questa è comunque un’impostazione corretta: il problema è che il più delle volte il data analyst non ha la
visione d’insieme necessaria per valutare i dati e per considerare le strategie di business aziendali.
Ecco perché la gura del digital marketing manager diventa necessariamente integrata in questo sistema,
motivo per cui, se volessimo rappresentare gra camente il digital marketing integrato i dati sarebbero al
centro, ma sempre interconnessi con le diverse attività di marketing e aziendali.
Pensa se invece fossimo noi a guidare i dati in modo da stimolare le attività e le decisioni dei nostri potenziali
clienti.
In questo modo sarebbe anche più semplice analizzare i dati perché dipenderebbero quasi esclusivamente
dalle nostre attività e quindi sarebbero realmente gestibili e totalmente controllabili.
Abbiamo necessità di conoscere bene gli strumenti a nostra disposizione e di de nire strategie e tattiche che ci
permettono di scoprire come ottimizzare questo processo.

Creare un usso di dati strutturati


L’integrazione online e of ine fondamentale, ma anche nel mondo digitale spesso non sappiamo connettere i
dati nel modo corretto per ottenere questo tipo di informazioni. Come possiamo quindi creare realmente un
usso informativo che ci permetta di risparmiare tempo andando a selezionare solo i dati che realmente
possono essere determinanti in un processo di marketing?
Dobbiamo avere come obiettivo l’ottenimento di dati strutturati. Cosa signi ca tutto questo? Signi ca creare
uno schema a sistema ben preciso, in cui i dati possono essere immagazzinati e organizzati in modo tale da
renderne estremamente semplice e reattiva l’archiviazione e l’utilizzo.
cerchiamo di capire quali siano i dati che si presentano già strutturati e quelli che, invece, nascono
destrutturati e hanno quindi bisogno di essere in qualche modo importati all’interno di uno schema ordinato.
Abbiamo visto che i dati strutturati sono quelli che arrivano in azienda già memorizzati e organizzati
all’interno di strutture, schemi o tabelle prestabilite.
Dati strutturati:
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▶ tutti i dati inseriti nel nostro CRM aziendale;


▶ tutti i dati di vendita o meglio transazionali (nelle diverse piattaforme);
▶ i dati di utilizzo delle carte fedeltà o di sistemi di delizzazione simili;
▶ i dati che provengono da ricerche di mercato speci che o da attività di customer satisfaction.
Dati destrutturati o semi strutturati: sono gli innumerevoli dati che sono memorizzati senza uno schema
ordinato, che non possono essere salvati in modo automatico o gestiti su database relazionali.
▶ i dati che derivano da canali multimediali come audio, video o immagini;
▶ i dati che provengono da sistemi di messaggistica istantanea;
▶ i dati provenienti dai canali sici (come per esempio la pedonalità in un punto vendita); ▶ le chiamate
dirette al call center o al centralino dell’azienda;
▶ i messaggi email ricevuti o inviati;
▶ i messaggi sui social network.
Il nostro primo obiettivo quando parliamo di dati: incanalare questi dati destrutturati o semi-strutturati in un
usso informativo che ci permetta di trasformarli parzialmente o totalmente in dati strutturati, per poterli
utilizzare in maniera rapida e soprattutto per riuscire a impostare in maniera concreta la strada per il
raggiungimento degli obiettivi.

Obiettivi smart, micro, macro


La de nizione degli obiettivi è sempre un punto abbastanza critico perché spesso questi vengono confusi con
la mission e la vision aziendale.
Le caratteristiche degli obiettivi nel marketing sono storicamente racchiuse dentro l’acronimo di SMART:
▶  Speci c (speci ci): non obiettivi generici quindi, ma che riguardano il nostro speci co business e le
nostre speci che azioni. Per esempio: un post promozionale, un obiettivo.
▶  Measurable (misurabili): abbiamo visto quanto sia importante strutturare i dati dal punto di vista
quantitativo e misurare anche la qualità o lo stato emozionale che provocano le nostre attività.
▶  Attainable (raggiungibili): i nostri obiettivi devono essere realistici
▶ Relevant (rilevanti): de niamo gli obiettivi prioritari iniziando con quelli realmente importanti ed
essenziali per i nostri progetti e che potenzialmente possono “spostare” in maniera determinante il nostro
fatturato.
▶  Time-bound (basati su un periodo di tempo de nito): il raggiungimento degli obiettivi va
temporalmente circoscritto, de nendo i momenti in cui analizzarli e veri carli.

Una volta riconosciuti gli obiettivi utilizzando questo schema, è altamente consigliato suddividerli in due
grandi categorie: micro e macro.
Il raggiungimento di tanti micro-obiettivi sommati tra loro, infatti, può permettere di ottenere un macro-
obiettivo: ma se non li sappiamo scomporre e analizzare nel dettaglio possiamo rischiare di non raggiungere
il risultato sperato.
Dato che si concentrano su periodi relativamente brevi, i micro-obiettivi ci permettono inoltre di gestire
l’attività e la misurazione in maniera più accurata, anche dal punto di vista economico. Mantenere invece
alcuni macro-obiettivi come riferimento permette di non accontentarsi di risultati parziali e di avere contezza
del risultato nale da raggiungere.

De nire gli indicatori di performance in modo semplice


Una volta de niti in maniera chiara gli obiettivi occorre tuttavia entrare nella de nizione speci ca di quei
parametri che permettono di comprendere realmente se l’obiettivo sia stato raggiunto.
Tecnicamente questi indicatori vengono chiamati con un acronimo, KPI (Key Performance Indicator).
Troppo spesso questi indicatori vengono utilizzati in maniera eccessivamente tecnica dalle web agency o
agenzie di marketing: il rischio è di perdersi fra i numeri snocciolati nelle riunioni o nei report di dati,
tralasciando l’obiettivo nale.
Per gestire al meglio questo indicatori, tieni a mente che:
1. devono provenire da dati quantitativi: ci vogliono metriche signi cative e in linea con gli obiettivi
che vuoi ottenere;
2. devono essere elastici e reattivi: signi ca che devono essere impostati in modo che, in caso di
cambiamenti importanti, siano in grado di comunicare immediatamente la variazione positiva o negativa;
anche gli indicatori devono essere modi cabili prontamente, nel caso ce ne fosse bisogno;
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3. devono essere semplici da comprendere e da confrontare, possibilmente aiutandosi anche con


gra ci che “in un colpo d’occhio” mostrino l’oggettività del risultato.

Il motore di ricerca interno: google sei tu


Una volta de niti obiettivi e indicatori, torniamo alla creazione del usso e di un percorso che possa
stimolare il nostro utente a compiere un’azione e a fornirci dati strutturati.
Oggi abbiamo una grande opportunità per conoscere nel dettaglio i bisogni e le richieste del nostro pubblico
di riferimento: il motore di ricerca interno al nostro sito o e-commerce.
“Lo sai che puoi essere tu Google? Ti basta utilizzare un motore di ricerca interno sul tuo sito o sul tuo e-
commerce e, collegandolo a Google Analytics, puoi tracciare con esattezza ogni tipologia di ricerca che le
persone effettuano sul tuo sito”.
Questi dati sono davvero preziosi perché possono guidare sia la produzione di contenuti sia l’organizzazione
del sito web o dell’e-commerce ed eventualmente fornire anche nuove opportunità di business.
In questo modo possiamo intercettare gli argomenti realmente interessanti per i nostri utenti, veri cando le
eventuali corrispondenze legate anche ad altri fattori, come quelli demogra ci, oppure analizzando da quali
mezzi o sorgenti l’utente è arrivato sul nostro motore di ricerca.
Ma soprattutto, sono dati molto utili per veri care che l’esperienza sul sito dei nostri utenti risponda
realmente ai loro bisogni, in modo da strutturare in maniera corretta l’architettura del sito o dell’e-
commerce.
Il motore di ricerca interno rappresenti uno strumento imprescindibile sia per analizzare in maniera diretta
esigenze e bisogni del pubblico sia per stimolare l’utente all’acquisto di nuovi prodotti o alla fruizione di
ulteriori contenuti, grazie alle funzioni avanzate del motore stesso che può consigliare simili, correlati o in
promozione.

Come lavorare i dati di ricerca su google


Il motore di ricerca interno è un ottimo mezzo per intercettare e analizzare dati che provengono
dall’esperienza d’uso o dalle visite al nostro sito web. Entriamo ora in quello che personalmente reputo il più
potente canale di ascolto relativo ai nuovi clienti: l’analisi delle ricerche su Google e af ni.
Ogni volta che una persona digita qualcosa su un motore di ricerca ha probabilmente un preciso
interrogativo nella sua testa per cui, con determinate parole, prova a ottenere delle risposte. Analizzando
queste ricerche abbiamo la grande opportunità di capire i motivi alla loro base, i fattori che le determinano.
Le ricerche possono differenziarsi a seconda delle caratteristiche della persona stessa. Rilevarle dipende da un
sistema di dati e analisi molto complesso, ma tremendamente fondamentale, non solo per l’attività di
contenuti ma anche per le attività di business: per questo occorre comprenderlo per gradi, in modo da capire
come utilizzarlo in maniera realmente determinante per le proprie attività.
Partiamo dall’analisi, che no a oggi è sempre stata utilizzata anche per l’attività SEO, delle parole chiave
ricercate dalle persone o quelle correlate.

Search intent: intercettare gli intenti di ricerca


Il nostro focus deve essere l’intenzione che si nasconde dietro, perché questa ci può guidare sia alla creazione
di contenuti davvero ef caci sia a nuove forme di business. Ecco che allora possiamo realmente andare a
determinare i bisogni espressi del nostro pubblico di riferimento, che cerca informazioni legate a un prodotto
o a un servizio offerto.
Ma non solo: possiamo individuare bisogni di informazioni su prodotti anche non espressi esplicitamente o
addirittura “inconsci”, attraverso lo studio dei dati aggregati che provengono da Google e che prendono il
nome di Search Intent.
Un utilizzo approfondito e avanzato della Search Intent ci permette di analizzare il pubblico che potrebbe
essere interessato e soprattutto stimolato, in modo da far crescere un bisogno relativo al nostro prodotto o
servizio, o individuare nuovi settori di business dove è possibile inserirsi e dove la richiesta non è ancora stata
ancora soddisfatta (o lo è solo parzialmente).
La vera arte della Search Intent è di andare a intuire e scoprire anche bisogni latenti che ci aiuteranno e ci
guideranno nella de nizione della strategia.
Ammetto che non è solo una semplice questione di metodo: serve anche esperienza, soprattutto in settori e
speci che di business differenti per poter intercettare i diversi bisogni latenti. Utilizzare tutte le caratteristiche
di questo tipo di analisi possa portare a ottenere risultati e nuove prospettive di business in breve tempo,
pertanto non perdiamo tempo e torniamo alla nostra case history.
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L’analisi approfondita degli intenti e delle correlazioni di ricerca è probabilmente il più potente studio di
informazioni e di dati per guidare le nostre attività di marketing, ma non solo.
Infatti le informazioni che riusciamo a ottenere da questo tipo di analisi sono vere e proprie opportunità per
approfondire nel dettaglio il settore o il mercato di riferimento, ampliando inoltre l’analisi di business e
prodotto per l’internazionalizzazione dell’azienda.
In modo analogo possiamo infatti analizzare le intenzioni di ricerca degli utenti degli altri Paesi,
individuando i relativi bisogni espressi (e latenti) nelle loro lingue di origine, per andare a intercettare le loro
esigenze: così potremo pensare all’esportazione nei mercati esteri dei nostri prodotti o servizi o, al contrario,
di portare gli utenti a percorsi d’acquisto nel nostro Paese.

Il neuromarketing per l’analisi: casi studio concreti legati al settore turistico


Strumenti per migliorare in maniera davvero determinante il processo di acquisto o di conversione
dell’utente c’è sicuramente l’analisi di neuromarketing, che permette di misurare sia l’usabilità dei siti web sia
le emozioni che provano gli utenti una volta che visualizzano una qualsiasi tipologia di contenuto.
Oggi infatti è possibile raccogliere una serie di dati e analizzarli per garantire un approccio scienti co e
oggettivo a quella che viene de nita Conversion-Rate-Optimization.
La modalità di analisi prevede il reperimento di un campione di unità statistiche in funzione del target di
riferimento (di norma almeno 7) sul quale poi possiamo eseguire i test di usabilità e analisi di neuromarketing
attraverso tecnologie biometriche, Eye Tracking, Eye Glasses, EEG (Elettroencefalogramma), IAT (Implicit-
Association-Test), che ci permettono di raggiungere una corretta af dabilità statistica utile.

Capitolo 4- Creare la strategia integrata


Cultura aziendale e strategia
Una volta che abbiamo compreso i nuovi approcci per guidare e analizzare correttamente i nostri dati,
possiamo iniziare a de nire le nostre strategie di marketing.
Tuttavia, prima di approfondire la de nizione delle strategie, occorre aprire una parentesi importante che
riguarda nello speci co l’approccio strategico in azienda.
Quando si comprende che per ottenere risultati migliori occorre cambiare o creare nuovi approcci con il
pubblico di riferimento, la prima preoccupazione per le aziende è di capire le tecnologie utili per sempli care
i loro processi lavorativi.
Prima ancora di concentrarsi sugli strumenti da utilizzare è importante comprendere il nuovo modello di
business e marketing che, non essendo più orientato al prodotto ma al cliente, non può che partire da una
nuova visione organizzativa e da una revisione dell’intera strategia aziendale.
Dobbiamo realmente rispondere ai bisogni dei nostri potenziali clienti e soddisfarli: non possiamo
raggiungere questi obiettivi se prima non avviene un reale cambio culturale all’interno dell’impresa, che
guiderà e si integrerà con la strategia, coinvolgendo tutte le aree organizzative, in tutti i livelli e in tutti i
reparti.
Questo cambiamento di visione aziendale deve partire anzitutto dal management che deve essere il primo
promotore della nuova impostazione.
La dimensione dell’azienda non incide sulle probabilità di raggiungere gli obiettivi pre ssati.
I dipendenti e i collaboratori sono i primi che possono toccare con mano la nuova strategia aziendale
integrata e soprattutto sono i primi ad accorgersi (in tempi brevi) di eventuali carenze. Il primo obiettivo,
dunque, è di far passare nelle diverse aree aziendali questa nuova modalità di lavoro integrato.

Employee engagement come test strategico


Coinvolgere i dipendenti della propria azienda o i collaboratori è quindi il primo passo per conquistare
clienti, ed è il motivo per cui anche in Italia si stanno nalmente diffondendo pratiche di Employee
Engagement.
Una delle s de più importanti del digital marketing integrato, e più in generale della digital transformation, è
infatti quella di rendere i propri processi, interni ed esterni, collaborativi e integrati, per utilizzare la grande
opportunità di rivolgersi ai propri dipendenti con gli stessi strumenti di engagement disponibili per i clienti.
Le grandi aziende, infatti, sono molto più propense a inserire nei percorsi strategici e di marketing i propri
collaboratori, ottenendo diversi vantaggi.
PMI o ad aziende a conduzione familiare, ma il percorso è stato più tortuoso e comunque rimane ancora non
completamente integrato con le attività interne.

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Credo sia solo un problema di cultura aziendale.Le iniziative che hanno poi portato a vere migliorie, legate
alla strategia di marketing oltre che a quella aziendale, sono state messe in atto dalle aziende che hanno
implementato la maggior parte delle attività collegandole a una migliore comunicazione interna: veri e propri
social network aziendali integrati nelle intranet che hanno permesso di ridurre le distanze tra livelli e la
promozione di contest interni, portando bene ci anche all’esterno (incentivi allo spirito di squadra,
individuazione di eventuali talenti digitali e creazione di veri brand ambassador dall’interno).
Oltre a creare un ambiente positivo all’interno degli speci ci reparti, questa attività diventa utile per
raccogliere dati importanti sulla collaborazione tra le persone che possono inoltre facilitare i processi di
selezione interna e migliorare la retention dei dipendenti, con il supporto di manager e specialisti delle risorse
umane.
Includere tutte le aree aziendali come la produzione, le risorse umane e l’amministrazione permette quindi,
da un lato, di coinvolgere realmente le persone in questo processo di integrazione e ride nizione delle
strategie aziendali, dall’altro di focalizzare l’attenzione sulla raccolta delle informazioni durante tutto il
processo di business, in modo da ottenere un vantaggio competitivo destinato ad aumentare
esponenzialmente in futuro.

De nire il percorso di conoscenza dei clienti


Una volta compreso che de nire una strategia di digital marketing integrato signi chi rivedere processi e
strategie aziendali, iniziamo a studiare il modello che può aiutarti a creare in modo pratico e corretto la
strategia guida per le diverse attività di marketing.
È fondamentale intercettare e guidare i dati relativi al pubblico di riferimento. Per creare una strategia che
possa poi essere talmente integrata con tutte le tattiche e le tecniche speci che abbiamo bisogno di de nire il
percorso di conoscenza del nostro pubblico.Partiamo allora iniziando a de nire i diversi gradi di conoscenza
per comprendere in quale “stadio” o gradino del percorso si trovino gli utenti :

Simple visitor: rientrano in questo stadio tutti gli utenti venuti a contatto con i nostri prodotti, servizi, o
con il nostro brand almeno una volta, ma senza interagire. Hanno fatto una visita al sito web, visto un post
relativo a un pro lo social o, nel “mondo of ine”, hanno visto una pagina con una nostra pubblicità su una
rivista specializzata.
Real prospect: questo è un utente più avanzato, perché ha dimostrato in qualche modo un interesse verso
un nostro prodotto, un servizio o verso il brand stesso, compiendo una qualsiasi azione (un semplice
apprezzamento, una reaction sui social network, una condivisione sui social di un articolo del nostro sito o
blog) o entrando in relazione con noi.
Activated user: in questo caso l’utente ha deciso di interagire in maniera più avanzata con noi, fornendoci
alcuni suoi dati personali. Può essersi iscritto alla nostra newsletter, aver lasciato i suoi dati per scaricare un
catalogo, averci scritto direttamente attraverso il form di contatto, aver creato l’account sul nostro e-
commerce ecc. Questo è l’utente che non possiamo farci scappare, perché è quello che ci ha dato ducia, ma
che ancora non ha convertito con un’azione speci ca: è interessato, ma dobbiamo ancora conquistarlo.
Customer: è l’utente che ha compiuto la macro-conversione, acquistando il prodotto o il servizio.
Rappresenta in realtà il grado più delicato, perché la maggior parte delle aziende considera questo stato
come punto di arrivo, mentre in realtà è solo il primo passo nel percorso di delizzazione.
Active customer: è il cliente che, una volta acquisito il nuovo status, è attivo e interagisce con i
nostri prodotti e servizi o con la comunicazione del nostro brand senza però effettuare nuovi acquisti. È il
classico stadio in cui dobbiamo lavorare a una strategia di up selling, per convogliare al meglio le energie del
customer verso gli obiettivi aziendali.
Ambassador: è il cliente che ha già effettuato più di un acquisto e condivide la sua esperienza attraverso la
sua cerchia sociale, creando contenuti sui propri pro li social o lasciando recensioni nei portali dedicati. È a
tutti gli effetti un vero in uencer per i nostri prodotti e per il nostro brand, ma anche in questo caso non è
nita: dobbiamo riuscire a mantenerlo nel tempo soddisfatto e attivo con iniziative dedicate espressamente a
lui.
Una volta individuati i diversi stadi nel percorso di conoscenza del nostro pubblico di riferimento, dobbiamo
riuscire a integrarli con i percorsi o funnel di vendita a seconda dei diversi obiettivi e dei dati che provengono
dagli indicatori che abbiamo precedentemente individuato.
Occorre pertanto stabilire al più presto l’ordine di priorità rispetto al lavoro da svolgere.
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Queste scelte dipendono dalla tipologia di azienda e dai micro e macro obiettivi individuati in precedenza,
ma il vero obiettivo nale è di creare una modalità di lavoro che permetta di gestire tutte le tipologie di utente
in maniera integrata.
Un’altra componente fondamentale per l’ottimizzazione della strategia è la de nizione della lunghezza e
della frequenza del ciclo di vendita. Questa componente deve assolutamente essere integrata alla scelta del
tipo di consumatori a cui dare priorità, perché può far variare in maniera determinante le tue decisioni
strategiche.

De nire il work ow strategico


Una volta che abbiamo visto la metodologia per de nire i diversi stadi dei nostri utenti, dobbiamo
concentrarci sui diversi passaggi strategici che, nello speci co, porteranno una persona che non ci conosce a
diventare nostro simple visitor poi customer no ad ambassador.
La complicazione del processo di acquisto deve tenere conto di molteplici fattori, necessari per stimolare il
nostro utente. Ecco perché è tornato fortemente di moda il concetto di funnel: l’imbuto di azioni e attività
che dovrebbe portare al raggiungimento dell’obiettivo.
Il funnel più classico si è evoluto; del resto, non esiste un funnel unico che vada bene per ogni esigenza. È il
motivo per cui solitamente preferisco utilizzare il termine “work ow”, perché mi aiuta a spiegare meglio che
l’obiettivo, nel de nire una strategia, è comprendere come impostare diversi ussi di lavoro a seconda dei
diversi obiettivi o prodotti.
la differenza tra la progettazione di un work ow e la de nizione dei singoli strumenti, delle diverse attività e
delle tattiche da utilizzare.
Con la de nizione del work ow cerchiamo di individuare un sistema che ci porterà, attraverso il mix di
tattiche e di strumenti (anche automatici o semi automatici), a raggiungere gli obiettivi pre ssati. Proviamo
allora a individuare alcuni passaggi chiari del work ow, che ci possono aiutare a de nire al meglio la nostra
strategia.
Il bridge work ow
Il primo work ow su cui dobbiamo concentrarci quindi è quello che ci permette di de nire elementi
e strategie per preparare e accompagnare i diversi tipi di utenza al raggiungimento dell’obiettivo di
conversione che abbiamo prede nito.
Dobbiamo pertanto suddividere tre tipologie di work ow in base alla lunghezza del “ponte”
comunicativo:
1. Bridge Work ow corto (dedicato agli Activated User): in questo caso le azioni che possiamo
compiere possono essere molto più dirette perché l’utente di riferimento già ci conosce e ha addirittura
lasciato i suoi dati. Quindi possiamo portarlo direttamente a compiere un’azione vicina alla conversione,
perché già ci conosce e ha mostrato interesse.
2. Bridge Work ow medio (dedicato ai Real Prospect): in questo caso le strategie di conversione
devono tener conto di un approccio leggermente più lungo perché, pur avendo interagito con noi, l’utente
non si da ancora a tal punto da lasciarci i suoi dati. In questo caso cercheremo di implementare azioni che,
trasmettendo credibilità e autorevolezza, facciano crescere la ducia; per esempio, forniremo ogni tipologia
di garanzia per eliminare dubbi relativi alla privacy e portare l’utente a sentirsi sicuro di condividere i suoi
dati.
3. Bridge Work ow lungo (dedicato ai
Simple Visitor): è il percorso più complesso e
lungo, perché dovremo riuscire a trasformare
semplici utenti (che non ci conoscono) in clienti
prima e in Ambassador poi. In questo caso
dovremo saper mescolare sapientemente le diverse
attività legate alla creazione dei contenuti con
elementi interattivi e di engagement, per portare il
Simple Visitor a una qualsiasi azione che lo avvicini
ai work ow precedenti.

Queste diverse strategie dovranno pertanto essere integrate tra di loro a seconda delle diverse tipologie di
utente, accompagnando i potenziali clienti nella fase più delicata e dif cile: quella che li trasforma in
Customer.
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Da conoscenti a client: la strategia del dono


Le strategie per convertire gli Activated User in Consumer si concentrano soprattutto nelle diverse modalità
della cosiddetta “conversione” correlata all’offerta del prodotto o servizio, per proporre e stimolare nel modo
corretto la prima vendita.
La prima di queste strategie che potrai integrare nel tuo work ow è quella del marketing del dono, che
consiste nell’offrire il prodotto o servizio gratuitamente o a bassissimo costo, ovviamente per un periodo
limitato.
È un metodo molto utilizzato nel settore dei prodotti digitali, che non hanno ovviamente costi di spedizione e
dove la transazione e la raccolta dei dati avvengono praticamente in automatico.
l’obiettivo nale non è solo far provare il prodotto al cliente: nei giorni successivi al primo contatto va messa
in campo una serie di attività per stimolare l’acquisto del prodotto completo.
Inoltre, se il prodotto lo permette, è importante de nire i dati di analisi sul suo utilizzo nel periodo di prova:
in questo modo è possibile personalizzare ancora di più l’offerta nale.

Lead nurturing integrata e applicata


Quante volte nonostante le strategie attuate non ottieni il risultato sperato, che coincide con l’acquisto del
prodotto o del servizio?
Spesso il grande errore che viene fatto da imprenditori, marketing manager o dalle aziende in generale è di
archiviare queste non conversioni, quando in realtà potrebbe essere suf ciente aspettare e riproporre una
nuova tipologia di offerta.
Il più delle volte, infatti, può essere solo un problema temporale: gli utenti magari non sono ancora pronti ad
acquistare il nostro prodotto, ma non è detto che non lo vogliano acquistare o non lo acquisteranno mai!
Entra allora in gioco una strategia del marketing “classico” che, applicata al mondo digitale, acquista ancora
di più potenza: la cosiddetta lead nurturing. “Lead” è la persona che, pur non avendo effettuato l’acquisto,
rimarrà a stretto contatto con noi attraverso il “nutrimento” di contenuti e offerte, da qui appunto la parola
“nurturing”.
Le diverse strategie di lead nurturing possono essere scomposte in loni paralleli: da un lato c’è la creazione
di contenuti per stimolare e aumentare la ducia e l’autorevolezza nei nostri confronti, dall’altro ci sono le
diverse proposte di offerta.

Stimola i tuoi clienti. Subito!


La variabile tempo e i prodotti correlati possono essere utilizzati anche in altri work ow integrandoli insieme,
soprattutto nella fase successiva al primo acquisto.
È il caso della cosiddetta strategia “One time offer”, molto utilizzata negli Stati Uniti, che consiste nel
proporre un’offerta unica spesso in tema con il prodotto acquistato, entro un determinato periodo di tempo,
una volta che l’utente ha effettuato l’acquisto.
Il funzionamento è quindi abbastanza semplice: una volta che la persona ha acquistato uno speci co
prodotto, nella pagina di ringraziamento o nello store sico si propone un articolo realmente correlato a
condizioni di prezzo particolarmente vantaggiose.

Da active consumer ad ambassador: referral marketing


Una volta che siamo riusciti a conquistare nuovi clienti, dobbiamo compiere un ulteriore passo nei nostri
work ow strategici, in modo da diffondere il valore dei nostri prodotti, servizi o del nostro brand attraverso i
clienti più soddisfatti.
È il classico marketing del passaparola , ma che grazie alla potenzialità del marketing digitale può essere
inserito a sistema in ogni progetto e portare risultati di gran lunga maggiori anche per questi stessi settori.
Risulta strategico individuare il momento della relazione più adatto allo stimolo del passaparola positivo:
1. Nella fase di pre-acquisto: le persone che decidevano di acquistare il prodotto ottenevano una forte
scontistica se riuscivano a portare un nuovo cliente all’azienda. Lo sconto aumentava in proporzione al
numero di clienti. In alcuni casi si può pensare anche di dare il prodotto (o servizio) gratis al raggiungimento
di una soglia, se il valore lo permette.
2. Nella fase di consegna dell’acquisto: è il momento in cui la parte emozionale del cliente è più alta
poiché sta ricevendo il suo prodotto, ed è per questo che è il momento migliore per stimolare il passaparola.
3. Nella fase di veri ca post-acquisto: alcuni prodotti hanno bisogno di tempo per essere valutati in
maniera corretta. importante ssare dei momenti in cui andare a stimolare, dopo un determinato periodo di
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tempo, il cliente che ha effettuato l’acquisto, in modo da ringraziarlo e soprattutto per comprendere se ci
sono eventuali richieste di assistenza o migliorie da attuare.
4. Nella fase di lancio di un nuovo prodotto: chi meglio dei tuoi clienti affezionati potrà comunicare
un tuo nuovo prodotto o servizio sul mercato? Organizza sempre iniziative dedicate ai tuoi clienti più
delizzati quando stai per lanciare un nuovo prodotto. In questo modo li porterai a condividere e a divulgare
la notizia. Organizza eventualmente anteprime dedicate, escogita modalità di compartecipazione durante la
realizzazione del prototipo del prodotto stesso o applica scontistiche promozionali riservate ai migliori clienti.

L’in uencer marketing strategico


L’in uencer marketing è senza dubbio una delle attività maggiormente cresciute negli ultimi anni. I brand
hanno compreso il valore che le sinergie con gli in uencer possono sviluppare, cavalcando
conseguentemente.A seconda della nalità ci saranno insight differenti da valutare, che varieranno anche a
livello di rilevanza. La domain authority del blog di un in uencer, per esempio, è sempre da tenere
sott’occhio, ma diventerà vitale se desideriamo migliorare la SEO. Invece, se desideriamo lanciare un nuovo
prodotto, sarà l’audience il KPI più rilevante. Le variabili sono molteplici, ma sempre da collegare alla meta
che ci siamo pre ssati.
Non dobbiamo tanto parlare di in uencer “giusto”, almeno a prescindere, quanto della gura più o meno
adatta a rispondere alle nostre esigenze.
Il reale problema è che agenzie e brand spesso non hanno l’expertise e gli strumenti idonei per andare in
questa direzione. Non è casuale infatti che l’outreach degli in uencer si basi per lo più sulla conoscenza
personale, sulla visibilità (spesso presunta), sui trend del momento. Un processo che manca nella gran parte
delle sue fasi di analisi. Un modo meno dispendioso, ma che ci costringe ad af darci al caso (e il caso ai
marketer dovrebbe piacere sempre molto poco).
Appoggiarsi ai dati signi ca comprendere su basi concrete gli elementi principali che caratterizzano l’attività
dell’in uencer e la sua incidenza su uno speci co network. Perché solo così è davvero possibile valutare
correttamente la posizione e il conseguente impatto che ha la comunicazione della gura analizzata. Un
elemento non certo da sottovalutare, dato che incide pesantemente sull’andamento della campagna.
Se la maggior parte dei follower di un in uencer è tra i 15-25 anni, la gura non sarà adatta a un brand che
ha un target d’età diverso, magari 30-40 anni. Inoltre, se la sua capacità di engagement sui canali social è
limitata, potrà avere anche un’audience molto ampia ma non innescherà coinvolgimento e conversazioni. E
qui solo i dati possono rispondere (e risolvere) questi dubbi.
In nostro aiuto arrivano numerosi strumenti dedicati (fra i tanti ti cito, per esperienza di utilizzo e
apprezzamento, Klear, Blogmeter e Launchmetrics), orientati all’in uencer marketing e sviluppati proprio
per supportare le attività dei professionisti, in particolar modo quelle legate ai dati come outreach e
misurazione delle performance.
Questi tool permettono di effettuare ricerche complesse utili a valutare gli in uencer che possono avere le
giuste caratteristiche per la propria campagna. Ma non solo. L’analisi dettagliata dei pro li (audience,
engagement solo per citare alcuni parametri) ci guida poi nella scelta vera e propria, facilitando la
comprensione, insight alla mano, dell’adeguatezza di una gura o di un’altra. Una valutazione che va in
profondità, permettendoci di andare oltre il semplice dato quantitativo, che resta essenziale per molti dei dati
n qui visti, ma spesso non basta. Non è mai tanto questione, per esempio, di quanti follower abbia
l’in uencer (tema spinoso, ma amato dalle aziende) ma della composizione degli stessi. Analizzandoli, spesso
si scopre che molti degli utenti che lo seguono non sono reali o che magari sono completamente fuori target
(per età, Paese, presenza di in uencer ecc.).
Non dimentichiamo mai, poi, che l’in uencer marketing è fortemente relazionale: come per ogni attività in
cui il fattore umano è essenziale, non possiamo non tenere in considerazione la qualità.
Tornando al valore dei big data, molto utile è anche l’attività di web listening, funzionale sia per la ricerca di
possibili gure d’interesse (attraverso la network analysis) sia per valutarne la bontà. La reputation è quasi
sempre la base da cui partire. Non è conveniente demandare il volto del brand a qualcuno con uno scheletro
nell’armadio, il sentiment negativo dell’in uencer rischierebbe di ricadere anche sul brand: un pericolo da
non sottovalutare.
La tecnologia è fondamentale anche in questo caso: il miglioramento delle intelligenze arti ciali e l’utilizzo da
parte di molti tool di funzioni di machine learning hanno portato gli strumenti di web & social listening a
livelli no a qualche tempo fa impensabili. Strumenti come Crimson Hexagon, per esempio, permettono oggi
di effettuare ricerche praticamente in real time o creare analisi che vadano a indagare non il semplice
sentiment della rete, ma i principali driver e topic che guidano e in uenzano le conversazioni.
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Potenzialità a cui è dif cile rinunciare, perché un parere senza dati a riscontro resta e resterà sempre una
semplice opinione.

Capitolo 5- tattiche e tecniche: come variarle e integrarle


Content marketing mix: le fondamenta
Capire le tattiche e attività da mettere in campo, per inserirle in modo integrato nelle nostre strategie.
Tra le diverse tattiche ce n’è una in particolare che ci serve come base comune per andare a collegare tutte le
diverse attività, e che è diventata oggi indispensabile per riuscire a creare davvero un rapporto con i nostri
interlocutori: il content marketing.
Il content marketing fonda le proprie radici su alcuni concetti nati sì diversi anni fa (la creazione della Guida
Michelin del 1898 ne è un esempio) ma che, applicati agli strumenti di oggi, possono portare risultati
impensabili e soprattutto facilmente misurabili.
Possiamo de nire il content marketing come un insieme di tecniche e tattiche di marketing (per questo spesso
si parla di “content marketing mix”) volte a creare e distribuire contenuti rilevanti e di valore per attrarre,
acquisire e coinvolgere una target audience ben de nita e circoscritta, con il ne di guidare l’utilizzatore a
compiere azioni in funzione degli obiettivi prestabiliti.
Nella maggior parte dei casi queste attività si concentrano sulla produzione di contenuti informativi e non
espressamente pubblicitari, che hanno l’obiettivo di convertire o vendere prodotti o servizi in modo indiretto
e a distanza di tempo, grazie al rapporto di ducia e autorevolezza conquistato.
Appare evidente come il content marketing consista dunque:
1. nella creazione di contenuti di valore;
2. nell’indirizzamento di questi contenuti verso un pubblico speci co; 3. nella stimolazione indiretta di nuovi
bisogni latenti.
Attraverso il content marketing mix possiamo pertanto agire anche sull’inconscio del nostro utente,
sensibilizzarlo su una particolare tematica, informarlo su determinati questioni perché prenda una posizione
o faccia una scelta politica ecc. Questo signi ca che tutti possono utilizzare il content marketing mix per
migliorare i propri servizi. In un universo dominato dal bombardamento di messaggi pubblicitari, il content
marketing mix ci permette di dirigere l’attenzione sui diversi touchpoint: quando il nostro pubblico non è
ancora consapevole di avere una necessità (per esempio mentre sta navigando su Facebook) possiamo
guidarlo attraverso contenuti di valore, che gli permettano di risolvere un problema o che in generale
rispondano a una sua reale esigenza.

SEO e Adwords: l’inbound marketing integrato


Le persone, una volta stimolate, usano i motori di ricerca per ottenere informazioni utili e risposte speci che
alle loro domande.
È per questo motivo che dobbiamo assolutamente sfruttare a nostro vantaggio questa opportunità,
utilizzando la tattica dell’inbound marketing: un insieme di attività che ci permette di intercettare potenziali
clienti in funzione dei loro interessi e bisogni espressi sui motori di ricerca.
È necessario un approfondimento sul numero di ricerche che viene effettuato su un determinato prodotto o
argomento, e soprattutto comprendere e capire le dinamiche di comportamento e le motivazioni che
spingono gli utenti a cercare quel prodotto o quella informazione utilizzando precise e determinate parole
chiave.
SEO onsite e offsite
Per ottenere tutto questo dobbiamo certamente partire dalla creazione di contenuti, ma dobbiamo anche
conoscere e utilizzare al meglio alcuni accorgimenti tecnici che fanno parte del complesso mondo della SEO
(Search Engine Optimization) per intercettare potenziali clienti attraverso i risultati organici dei motori di
ricerca.
Sintetizzando al massimo, Google (seguito da tutti gli altri) si basa su alcuni criteri per stabilire l’ordine della
visibilità delle diverse pagine web. Ciò implica delle attività da considerare per un posizionamento strategico
dei nostri contenuti sui motori di ricerca.
I fattori che condizionano questi posizionamenti sono innumerevoli, ma possono essere suddivisi in due
grandi macro-aree:
1. Fattori SEO onsite, che tengono conto di tutto quello che riguarda un sito (struttura, funzionamento e
contenuti).
2. Fattori SEO offsite, che riguardano tutti gli elementi esterni al sito e in particolare la strategia per ottenere
backlink (link di ritorno) di qualità al nostro sito.

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l’attività SEO deve essere completamente integrata a tutte le altre, proprio perché è centrale nell’intercettare
e veicolare le richieste di informazione del pubblico verso i propri siti.
AdWords
Le attività di SEO appena descritte, de nite “organiche” perché non necessitano di investimenti pubblicitari
in quanto dipendono esclusivamente dal lavoro del SEO specialist, vanno a loro volta armonizzate con il
sistema a pagamento di Google AdWords.
per alcune tipologie di ricerca la cosiddetta SEO organica, che si basa su un lavoro di posizionamento spesso
medio-lungo (3-6-12 mesi), risulta comunque penalizzata per il risalto dato agli annunci provenienti dal
sistema AdWords.
La conseguenza è che dobbiamo esclusivamente puntare al sistema AdWords? Assolutamente no, dipende dal
tipo di parole chiave e ovviamente anche dalla disponibilità economica e dal budget investito.
Per ottenere il miglior risultato dobbiamo assolutamente integrare le attività SEO con gli investimenti in
AdWords. Visto che i risultati legati alla SEO organica possono arrivare su lungo tempo, il canale AdWords ci
permette di anticipare i tempi e in qualche modo anche di essere competitivi quando il posizionamento
organico sarebbe quasi proibitivo vista la concorrenza.
È importante anche analizzare nel dettaglio le diverse tipologie di ricerca, soprattutto quando sono molto più
vicine alla conversione o legate all’aspetto commerciale: in quel caso abbiamo bisogno di un maggior
investimento nel sistema AdWords.
Per sempli care le cose, si potrebbe dire che per tutte le parole chiave legate alla ricerca di informazioni
possiamo assolutamente andare avanti anche esclusivamente con le attività di SEO organica, mentre per
tutte le altre parole chiave, più legate agli intenti commerciali, abbiamo sempre bisogno di una spinta dal
sistema AdWords.
Tuttavia, il sistema AdWords ci permette di analizzare e testare la scelta delle parole chiave da utilizzare
anche per la SEO organica, con uno strumento apposito con cui veri care modalità più complesse di ricerca
(utilizzando per esempio le diverse corrispondenze di AdWords: a frase, generica modi cata, variante simile
ecc.)
Inoltre, se colleghiamo il nostro account AdWords a Google Analytics, possiamo conoscere nel dettaglio il
percorso che l’utente svolge quando entra all’interno del nostro sito da un link a pagamento di AdWords. In
questo modo possiamo immaginare il comportamento di un utente che arriva con la stessa parola chiave ma
dalla SEO organica.

Rete display e google shopping dal remarking all’impulso


SEO e AdWords devono essere gestiti strategicamente in modo integrato, ma non basta: dobbiamo
assolutamente includere in questo sistema anche le campagne Google Display, il sistema di remarketing che ci
permette di far apparire banner pubblicitari (o meglio, banner per conversioni) agli utenti che hanno già
visitato il nostro sito. Le campagne Display ci permettono di “inseguire” l’utente che ha compiuto una certa
azione nei nostri siti web.Anche in questo caso l’integrazione con i dati è la vera “arma segreta” per ottenere
alte percentuali di successo ottimizzando gli investimenti economici, che sono spesso più importanti rispetto
al sistema AdWords, a parità di risultati.
È infatti determinante, anche in questo caso, adattare la strategia di utilizzo di Google Display alla tipologia
di utente e alla sua vicinanza alla conversione nale, ovvero l’acquisto.
la rete Display, basandosi principalmente sulla targetizzazione degli utenti sulla scorta delle visite o delle
azioni speci che, debba necessariamente essere integrata a tutte le attività del content marketing mix in
modo tale da sfruttare le diverse esigenze degli utenti nei diversi work ow.
Google Shopping
Un altro sistema da integrare alle attività di SEO e AdWords è rappresentato da quella che viene ormai
considerata come una sorta di vetrina digitale del principale motore di ricerca: Google Shopping. Se da un
lato può essere utilizzato per gli utenti più vicini alla conversione, grazie all’immediatezza delle informazioni
sulle caratteristiche di prodotto (prezzo, foto, recensioni ecc.), dall’altro può essere un utile alleato per la
comparazione tra le diverse offerte. A differenza di quanto accade in Google AdWords Search, la
visualizzazione degli annunci nelle pagine dei risultati di ricerca non dipende dalla scelta delle parole chiave,
ma da come abbiamo ottimizzato le nostre schede prodotto o le categorie di prodotti nel nostro e-commerce.
Il sistema, quindi, attiva gli annunci in funzione di come abbiamo suddiviso i nostri feed.
Per questo motivo è bene segmentare gli annunci strategicamente, in funzione dei prodotti speci ci
che vogliamo spingere maggiormente: dalle categorie di prodotto alle etichette personalizzate.
Un’altra tattica per ottimizzare al meglio Google Shopping consiste nell’integrazione con il remarketing

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dinamico, utilizzando a nostro vantaggio il feed dei prodotti, in modo da mostrare un annuncio
personalizzato in base alla tipologia di azioni eseguite dagli utenti sul nostro e-commerce.

Social media marketing integrato


Se da un lato tutto il traf co sui siti web deriva principalmente dai motori di ricerca e da tutte le tattiche
attuate, dall’altra parte abbiamo un’altra grande fonte di traf co, che deriva dai social network.
È necessaria una strategia ben de nita e integrata con le altre attività: logicamente tutto questo ha un costo,
dovuto alla creazione dei contenuti speci ci per ogni tipologia di social scelto ed eventualmente anche agli
elementi multimediali correlati
In questo settore, accade spesso che si cerchi di impiegare qualcuno interno all’azienda, che spesso ha come
unico requisito una costante presenza personale sui social. Mentre per le altre attività, come quelle legate alla
SEO, è più naturale richiedere un certo tipo di formazione, in quanto necessita di competenze più tecniche,
chi si occupa di social media marketing solitamente è “la ragazza o il ragazzo dei social”, che in generale è
una persona dotata di creatività e di buona capacità comunicativa a cui viene af data la gestione dei canali
aziendali.
La creatività da sola non basta: va inserita in un approccio strategico integrato di marketing, legato sempre di
più ai sistemi di pubblicità a pagamento interconnessi con i social.
Sia in realtà aziendali più grandi e strutturate sia in quelle medio piccole è ormai evidente che il social media
marketing deve essere utilizzato per sfruttare determinate tattiche all’interno di work ow prede niti.
Anche in questo caso il content marketing mix ci viene in aiuto: i social network sono adatti per ottenere
visibilità e creare consapevolezza del brand. Ovviamente questo obiettivo non è di semplice e rapida
realizzazione, e ha bisogno di un’attenta analisi per de nire bene le diverse strategie da utilizzare.
Prima di tutto occorre concentrarsi sul tipo di pubblico di riferimento con cui interagire: è necessario quindi
fare un’analisi nel dettaglio per individuare la tipologia di social media da utilizzare e in che modo.
Ogni social ha un suo linguaggio speci co e caratteristiche proprie da sfruttare, oltre che naturalmente una
target audience completamente differente in base anche alle abitudini di utilizzo.
Social media marketing integrato: possibilità di creare vere e proprie community private non solo con i nostri
clienti più delizzai. Ma entriamo nel dettaglio dei singoli social attualmente offrono i migliori risultati se
utilizzati in modo integrato con le altre tattiche e attività.
FACEBOOK E INSTRAGRAM: BRAND AWARENESS E ADVERTISING:
Macro obiettivi che possiamo raggiungere grazie a Facebook
-far conoscere la nostra azienda
- stimolare e far interagire i nostri utenti
- Creare una community delizzava
-Possiamo fare lead generation: possiamo cioè acquisire nuovi contatti con attività di interazione,
innescando un percorso di conoscenza del pubblico attraverso i nostri contenuti, a cui seguirà l’estrazione di
dati.
Oppure possiamo utilizzare la possibilità offerta da Lead Ads, lo speci co strumento nativo di Facebook
Business per acquisire contatti in modo rapido e semplice senza lasciare la piattaforma.
-Possiamo vendere direttamente dalla piattaforma
Tutti questi risultati e obiettivi possono essere ottenuti integrando le attività organiche con quelle a
pagamento su Facebook Ads, e quindi investendo una parte di budget sso sulle inserzioni pubblicitarie.
è bene de nire un investimento periodico e differenziale in funzione delle caratteristiche dei diversi pubblici
da raggiungere.
INSTAGRAM PER LA PUBBLICITA’
All’interno della piattaforma Facebook Business possiamo anche gestire tutta la parte pubblicitaria di un altro
social particolarmente importante: Instagram.
Per comprendere il tipo di target di Instagram è suf ciente citare un dato su tutti: gli under 25
trascorrono su Instagram più di mezz’ora al giorno. Parliamo di un cambio completo nella comunicazione e
nell’utilizzo dei social tra gli utenti delle nuove generazioni.
Facebook viene considerato ormai un social per vecchi o comunque legato al mondo dei genitori.
attenzione però a non farne solo una questione di generazione: se analizziamo il settore moda e bellezza,
scopriamo che ben 7 utenti su 10 effettuano un acquisto dopo aver visto un prodotto su Instagram.
Possiamo quindi inserire questa piattaforma nella tattica del nostro work ow strategico di avvicinamento,
quando vogliamo stimolare un acquisto basandoci sull’impatto emotivo e sull’impulso.

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Una tattica che sta ottenendo ottimi risultati, soprattutto a livello di account business e quindi aziendali,
consiste nell’utilizzo al meglio delle Instagram Stories.
Instagram Stories è una funzionalità di Instagram che consente di pubblicare in una particolare area molto
visibile dell’applicazione (in alto, appena apriamo l’applicazione), contenuti video o foto storytelling che
restano visibili nel pro lo per almeno 24 ore.
ttualmente le Instagram Stories vengono utilizzate per mostrare dei brevi video, di massimo 15 secondi,
oppure GIF animate che si autoriproducono in continuazione e che si creano montando insieme una
successione di foto (i cosiddetti “boomerang in video-loop”).
Per le aziende, e quindi i pro li business, i migliori risultati attualmente si ottengono grazie alla possibilità di
inserire link (attualmente concessi solo ai pro li business, sopra i 10.000 follower) e alle prime sperimentazioni
di realtà aumentata, che permette il riconoscimento del volto delle persone e può far comparire oggetti a
tema o brand (esperimenti già provati con successo su Snapchat).

Linkedin: social lead generation


LinkedIn rappresenta oggi il miglior social per fare attività di lead generation prima e per vendere
direttamente poi.
Il motivo principale è che su LinkedIn sono presenti praticamente tutte le aziende e soprattutto gli
organigrammi aziendali con nome e cognome delle persone collegate, abbinate al loro ruolo in azienda.
Questo signi ca che LinkedIn è attualmente il social più autorevole, dove dif cilmente i dati inseriti sono
fasulli e pertanto è realmente possibile installare “veri” rapporti con le persone a seconda del proprio business
di riferimento.
Inoltre la piattaforma LinkedIn, per come è strutturata, risponde nativamente alle nuove esigenze del
percorso di acquisto e delle nuove modalità di interazioni, soprattutto per quanto riguarda il team
commerciale di un’azienda e il responsabile o fornitore di prodotti e servizi.
Chiunque voglia vendere prodotti o servizi, ancor di più nel mondo B2B, ha oggi una grande opportunità,
soprattutto per costruire relazioni approfondite e personalizzate, integrando le varie attività di marketing del
brand per generare una notorietà aziendale più completa e quali cata.
Con le tecniche di content marketing mix, è possibile individuare i contenuti di maggior interesse per i
potenziali clienti presenti sulla piattaforma LinkedIn, che in questo caso potranno essere contattati
direttamente. La possibilità di comunicare direttamente con i cosiddetti decision maker accelera i processi di
vendita.
Sia per i pro li personali sia per quelli aziendali è sempre importante costruire un’identità ben de nita,
dimostrandosi competenti nel proprio lavoro, pubblicando contenuti informativi e aggiornati sul settore di
riferimento, con l’obiettivo di interagire realmente con le persone che dimostrano interesse.
Nel caso di LinkedIn, quindi, appare ancora più importante integrare la stessa strategia aziendale con le
attività e le diverse tattiche da utilizzare in questo social, poiché gran parte del lavoro è legata alla de nizione
e al rintracciamento dei possibili clienti.
Una volta creati i contenuti, è fondamentale de nire una modalità strategica per andare a ingaggiare e
coltivare la relazione con gli utenti che si sono dimostrati interessati, in modo da creare un rapporto vero con
le persone che verranno contattate.
SLIDESHARE E SALES NAVIGATOR
Dal punto di vista aziendale si possono attuare diverse strategie: dal creare un team specializzato dedicato al
social lead attraverso LinkedIn no all’applicazione di pratiche di Employee Engagement, in cui vengono
coinvolti direttamente i dipendenti dell’azienda al ne di creare contenuti di storytelling aziendale.
la piattaforma SlideShare collegata a LinkedIn consente il riutilizzo delle presentazioni aziendali: in questo
modo si sfrutta il materiale che spesso viene preparato, ma che poi non ha la visibilità che si merita. Ma
LinkedIn ha un altro asso della manica: sales navigator, è la ricerca avanzata per lead, che permette di
utilizzare diversi ltri avanzati per intercettare i contatti più strategici. Tra i più interessanti:
-il livello di anzianità nella posizione o nell’azienda
-la tipologia di azienda
-quanti hanno cambiato lavoro negli ultimi 90 giorni
-quanti hanno pubblicato su linkedin negli ultimi 30 giorni
-Chi gia segue la nostra azienda.

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Video marketing: YouTube e oltre


La rivoluzione digitale, Internet e i suoi strumenti, le tecnologie e i dispositivi che negli ultimi anni sono
comparsi sul mercato e che si sono affermati a tal punto da diventare di uso comune e trasversale, hanno
dunque portato i video fuori dal loro habitat originario.
Realizzarli è molto più semplice e per farlo non serve più una videocamera da qualche migliaio di euro: basta
uno smartphone da qualche centinaio per ottenere risultati di qualità suf ciente. Anche il montaggio è molto
più semplice e alla portata di tutti. In molti casi addirittura economico, se non gratuito.
Così com’è per lo più gratuito mettere video in Rete e renderli disponibili a tutti, potenzialmente su scala
globale. YouTube ha cambiato tutto e lo ha fatto nel periodo immediatamente precedente a quello della
svolta rappresentata dalla rete mobile e dagli smartphone. Lo ha fatto a partire dal 2005 . Da YouTube in
avanti tutto è cambiato.
Ma i video in Rete non sono un’esclusiva del colosso di Google. Su questo mezzo stanno investendo in modo
signi cativo tutte le piattaforme web, a partire da Facebook e da Twitter, che nel 2015 ha rilevato il sito di live
streaming Periscope e che da tempo consente di caricare video, oltre che immagini.
I live di Facebook hanno imposto nel 2016 su scala globale il formato del live streaming, già disponibile in
precedenza su YouTube, ma senza mai oltrepassare la nicchia degli YouTuber e dei videomaker. Oggi ci sono
centinaia di migliaia di dirette sui social media, a testimonianza del fatto che questo formato, esaltato a
partire dal 2000 da format televisivi come il Grande Fratello e i reality e talent che lo hanno seguito e che
ancora impazzano sugli schermi, è ormai entrato nel quotidiano delle persone.
Il paradigma del live streaming è entrato nella realtà delle persone.
Oggi nessuna azienda può ignorare questo dato di fatto. La comunicazione e il marketing non sono più
attività periodiche, saltuarie o occasionali e, soprattutto, non sono più erogabili nel formato “one-to- many”,
ma devono essere coltivate in modo continuativo e trasformate in qualcosa di molto diverso. Il nuovo
paradigma impone tre passaggi fondamentali e ineludibili: condivisione, interazione, coinvolgimento.
I video rappresentano un formato perfetto per questo paradigma, perché la loro facilità di fruizione e le
opportunità offerte dai social media li rendono il contenuto ideale per arrivare davvero alle persone e per
innescare la conversazione.
Il mix tra parola, parlata e scritta, immagine, gra ca, effetti, suono, musica e tecnica rende i video uno
strumento ideale per il web e per i social media.

Email marketing: oltre l’email


è importante non tralasciare l’insieme di tattiche più “classiche”, che a oggi risultano ancora uno dei migliori
investimenti: l’email marketing.
La maggior parte delle statistiche e analisi sulle migliori tecniche di digital marketing a fronte degli
investimenti effettuati parla chiaro: l’email marketing funziona, anche grazie alle possibilità di
personalizzazione e segmentazione del pubblico che vanno assolutamente sfruttate in un’ottica di
integrazione all’interno dei diversi work ow.
L’email, infatti, è il sistema più semplice per creare una sequenza di processi che permettono di gestire in
automatico una campagna, de nendo i messaggi e i destinatari coinvolti, i tempi di attesa tra un messaggio e
l’altro e le condizioni di innesco di ciascun messaggio.
Utilizzando infatti piattaforme di ESP (Email Service Provider), possiamo mettere in pratica immediatamente
ogni attività del work ow per:
-raccogliere in un unico contenitore le informazioni di comportamento del nostro pubblico
-segmentare la target audience in funzione delle caratteristiche anagra che
-creare work ow automatizzati con l’invio di email personalizzate

Le principali tattiche di email marketing automation che possiamo inserire nella strategia:
-email di benvenuto
-email per il recupero carrello abbandonato
-email per up selling o cross selling dopo il primo acquisto
-email di re engagement
-email per il compleanno o ricorrenze
-email ad hoc per il raggiungimento di un obiettivo
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Marketing automation: le diverse opportunità


Una delle caratteristiche della marketing automation è proprio di integrare insieme strumenti e tecnologie
che consentono di automatizzare, attraverso trigger e work ow automatici prede niti, operazioni di
marketing volte alla conversione nale.
Se, come abbiamo visto, con “work ow” si intendono percorsi e progetti in sequenza che (in questo caso in
modo automatico) governano l’esecuzione di una campagna, con il termine “trigger” indichiamo azioni o
comportamenti effettuati dall’utente, in corrispondenza di eventi di tipo occasionale o ricorrente. È pertanto
evidente come la marketing automation non dipenda tanto dagli strumenti o dai canali utilizzati quanto dalla
composizione del work ow automatico, che coinvolge e utilizza le informazioni riprese dalle diverse sorgenti
di dati.
Il digital marketing integrato ci consente di ottenere informazioni da aree differenti che si completano a
vicenda. La base di partenza della marketing automation è proprio la pro lazione dei diversi utenti a seconda
delle relazioni con i prodotti o con il brand, dell’intento di ricerca o navigazione sul sito e dell’interesse
dimostrato verso speci ci prodotti o contenuti.
Tecniche speci che di azione che possiamo realizzare con la marketing automation:

UP SELLING E CROSS SELLING AUTOMATICO


Una delle principali automazioni attivabili sul sito/e-commerce è quella legata all’up selling o al cross selling
automatico dei prodotti.
Il nostro obiettivo deve essere infatti di stimolare il visitatore con prodotti di suo interesse. Per far questo è
fondamentale impostare work ow dinamici a seconda dell’esperienza e delle azioni svolte dal visitatore sul
nostro sito.
Alcuni esempi di elementi da monitorare per implementare automazioni di questo tipo possono essere
legati alle pagine o agli indirizzi URL. Parliamo di:
▶  pagine viste entro una settimana;
▶  pagine che hanno avuto un’impennata di visite rispetto alla settimana precedente;
▶  pagine più visualizzate nel mese;
▶  pagine prodotto viste senza/con acquisto;
▶  pagina vista dopo attività di up selling o cross selling;
▶  URL legati alle categorie di prodotto più visti o più venduti;
▶  analisi della pagina di carrello e del percorso di acquisto;
▶  analisi della “Thank you page” visualizzata post acquisto e delle attività di cross selling o up selling
collegate;
▶  pagine visualizzate tra quelle proposte nelle ricerche correlate

BANNER COMPORTAMENTALI
banner popup automatizzati e differenziati in funzione della proposta di valore al cliente, che offrano:
-uno sconto
-il download di un documento
-iscrizione alla newsletter
-una richiesta di contatto
La visualizzazione dei banner può essere guidata da:
1. Regole di attivazione. De niscono gli eventi che attivano la visualizzazione del banner, per esempio in
base:
• al tempo in pagina;

• al tempo sul sito;

• al numero pagine viste;

• agli scroll sulla pagina;

• all’abbandono.
2. Regole di targeting. De niscono se il visitatore visualizzerà o meno il banner a seconda:



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• che sia nuovo o di ritorno;

• della sua provenienza (referrer);

• della landing page;

• dei parametri nell’indirizzo URL

CONTENUTI PERSONALIZZATE IN FUNZIONE DEI DATI DEL CLIENTE


Un’altra grande implementazione di marketing automation è legata alla personalizzazione dei contenuti
stessi in funzione delle diverse caratteristiche del target di riferimento.
Altre personalizzazioni possono essere impostate in funzione dei dati geolocalizzati e del meteo, dell’ora del
giorno o in funzione del grado di delizzazione dell’utente

CHAT BOT E MACHINE LEARNING


Tra le nuove forme di marketing automation : chat bot, Sono software che forniscono strumenti di
comunicazione automatica. Nati principalmente per l’assistenza agli utenti, oggi possono essere utilizzati
come tattica di marketing per fare lead generation e per promuovere determinate offerte direttamente
attraverso questi dispositivi collegati al sito web o all’e-commerce.
-fornire assistenza al cliente in modo automatico
-portarre traf co a pagine speci che del sito
-inviare sequenze automatiche di messaggi
-fare integrazioni
-eseguire pagamenti

Account based marketing: l’oro del B2B


Sono davvero molteplici le tattiche che le aziende possono utilizzare per aumentare i lead e tramutarli in
clienti, sia che prevedano un’attività business-to-consumer, in cui servizi e i prodotti sono destinati a
consumatori nali privati, sia che operino nel business-to-business, dove invece la vendita avviene ad altre
aziende.
Esiste però un approccio espressamente dedicato al mondo business-to-business, che racchiude le attività del
digital marketing integrato inserendolo in un contesto unico.

Questo approccio viene chiamato Account Based Marketing (ABM): una disciplina storica del marketing, che
con le nuove possibilità del mondo digitale assume oggi un ruolo primario per ogni tipologia di azienda che
vende direttamente ad altre aziende.
L’obiettivo, alla base, è di riuscire a creare campagne di marketing altamente segmentate e personalizzate,
rivolte ad account speci ci che vanno a coincidere con le aziende stesse o con interi settori di mercato.
applicando al meglio questa tecnica è possibile ottenere un elenco di account rilevanti per ottimizzare le
opportunità di business e focalizzare le attività dedicate al marketing e alle risorse di vendita, riducendo
tempo e costi.
Vediamo nel dettaglio in che cosa consiste una strategia di Account Based Marketing e come possiamo
implementarla all’interno della nostra attività di marketing generale.
LA STRATEGIA
Prima di tutto dobbiamo identi care la nostra target audience speci ca, de nendo gli account che ci
interessano. La seconda fase consiste nel saper creare la giusta strategia di contenuti in rapporto al target di
riferimento e alle informazioni raccolte, mettendo particolare attenzione questa volta alla scelta dei migliori
canali di comunicazione.
Terza fase dedicata all’analisi dei risultati. Anche in questo caso è quindi possibile implementare i dati per
identi care nuovi account, creare annunci personalizzati e targettizzati ed eventualmente inserire sistemi di
machine learning per personalizzare contenuti sulla base delle azioni di comportamento degli account
individuati.
Credo che l’Account Based Marketing rappresenti la sintesi perfetta di quello che si può ottenere utilizzando
tutte le strategie e gli strumenti del digital marketing integrato nel mondo business-to- consumer, trasferiti nel
mondo business-to-business.
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Per le aziende business to business, quindi, il lavoro appare più semplice paradossalmente, perché hanno la
possibilità di avere tutti i dati a disposizione del target di riferimento.
La vera dif coltà è di saper ottimizzare questa strategia automatizzando e sempli cando i processi, in modo
da migliorare sempre di più la qualità dei contatti e riuscire a creare un approccio realmente diretto e
personalizzato con loro.

Growth hacking: il futuro è adesso


Growth hacking è un processo di sperimentazione costante su canali di marketing e prodotto che permette a
ogni tipologia di azienda – non solo alle startup – di trovare i modi più ef caci per far crescere il proprio
business.
è un approccio al business dettato dalle regole del buon senso, nel quale i dati prendono le decisioni al posto
delle gerarchie riducendo errori e sprechi.
Portarlo all’interno delle grandi aziende vuol dire dotarle dell’agilità e della velocità che invidiano alle startup,
permettendogli di prendere decisioni basate sui dati attraverso un processo scienti co e snello.
a vera rivoluzione del growth hacking è di essere un processo che coinvolge ogni componente di un’azienda.
Dal marketing al prodotto, dalla A alla Z, ogni settore aziendale è coinvolto nel processo di crescita.
Gli utenti arrivano sul sito e-commerce, si iscrivono ma poi non comprano? Il marketer tradizionale non può
farci nulla. Il suo compito era solo di accertarsi che l’utente si iscrivesse. Il resto riguarda il product manager.
Il growth hacker segue l’utente no all’acquisto, scopre perché non è stato effettuato attraverso l’analisi dei
dati o il dialogo con i clienti, risolve il problema insieme a uno sviluppatore ed elimina ogni collo di bottiglia.
Con lo scopo di seguire l’utente passo dopo passo, il processo di growth hacking si basa su un framework che
coinvolge elementi di marketing ed elementi di prodotto.
Il framework in questione è noto ormai a tutto il mondo come il funnel AAARRR, acronimo di: Awareness,
Acquisition, Activation, Retention, Revenue e Referral

In un disciplinato succedersi di sei fasi ecco, all’atto pratico, che cosa fa un growth hacker.
1. Brainstorming: per prima cosa dà vita a una lista di idee per far crescere le metriche fondamentali del
business.
2. Prioritize: assegna un punteggio di priorità a ognuna delle idee in lista rispondendo a tre semplici
domande: Se funziona quanto ci farà crescere da 1 a 10?
Quanto credo che funzionerà da 1 a 10?
Quanto è facile da testare da 1 a 10?
Ognuna delle domande corrisponde a un parametro, la cui media dà il punteggio di priorità. I parametri in
ordine si chiamano Impact, Con dence e Ease, il cui acronimo ICE dà il nome al punteggio.
3. Test design: attraverso il pensiero laterale identi ca il modo più veloce per testare le tre “top idea” con lo
scopo di veri care l’ipotesi di partenza e capire se si tratta di un’opportunità o di uno spreco.
4. Implement: dopo aver trovato il miglior compromesso tra qualità e velocità per testare un’idea, è il
momento di realizzare l’esperimento sporcandosi le mani con il marketing o lo sviluppo del prodotto per
attuare nella pratica il test design.
5. Analisi dei risultati: il marketing tradizionale no a pochi anni fa realizzava senza misurare. Lo step
numero cinque del processo di growth hacking spazza via questa prassi.
Per il growth hacker è dunque il momento di misurare i risultati dell’esperimento, per farlo slittare nella fase
successiva, catalogandolo come vincente o fallimentare.
6. Sistemyze: a cosa serve catalogare? La risposta è chiara: serve a decidere se automatizzare un esperimento

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che si è dimostrato ef cace o per tenere traccia di tutto ciò che non ha funzionato. Cento esperimenti falliti
sono cento modi di fare le cose che non hanno funzionato, è meglio ricordarseli prima di ripetere gli stessi
errori.
Il growth hacking è un processo veloce e disciplinato nel quale maggiore è il numero di esperimenti che viene
condotto nel minor tempo possibile, migliore è l’output in termini di risultati sulla crescita.

Le skill necessarie per realizzare con successo l’intero processo all’interno di un’azienda vanno dal marketing
alla programmazione o alla produzione se si tratta di hardware o prodotti sici.
Senza contare la statistica, l’analisi, il design, la UX e il copywriting.
Tanti sostengono che il growth hacker debba possederle tutte. Per questo il mondo ha capito che il growth
hacker è necessariamente “un po’ marketer e un po’ un programmatore”.

Il growth team è un gruppo di quattro persone composto da un growth hacker, un designer di prodotto, un
analista e uno sviluppatore. Con le sue competenze, il growth hacker ha il ruolo di coordinare il processo.
Il growth team è la vera anima della crescita di un’azienda.

Voice search marketing: dirlo invece che scriverlo


Se hai un dubbio o cerchi un prodotto, probabilmente vai su Google o Amazon e digiti la tua domanda; per
una fetta importante di persone oggi non serve più digitare, ma basta una semplice ricerca vocale, che ha il
vantaggio di tenerti le mani libere.
Oggi tanti player della comunicazione si sono dotati di sistemi avanzati che trascrivono la tua voce,
correggono automaticamente anomalie, normalizzano il testo2 e, come per magia, la voce si trasforma in
testo in frazioni di secondi.
Già oggi usando la sola voce, gli smartphone/tablet con le opportune app ti permettono di dettare le tue
ricerche e avere delle risposte immediate; tutti i colossi del digital hanno sistemi a supporto della ricerca
vocale.
Questi assistenti vocali, oltre che nello smartphone, cominciano a entrare nelle case: Google Assistant, siri,
Alexa..La trascrizione corretta della voce in testo ha qualcosa di magico e sorprendente, molti utenti abituati
a scrivere non pensano sia possibile/af dabile e non sono abituati a dialogare con una macchina; questo è il
motivo per cui la diffusione per certe fasce di età è ancora parziale. Tuttavia è solo questione di tempo: i più
giovani, che invece si abituano dall’inizio a dettare, impareranno in fretta ad interagire vocalmente con tutti i
dispositivi connessi.
La ricerca vocale permette ai colossi del digital di desumere l’intento di chi cerca sia in base a quello che
detta sia in base a segnali impliciti (localizzazione, rubrica telefonica) dati in pasto (più o meno
consciamente... hai letto le condizioni di servizio della app di Facebook? Scommetto di no!) alle varie app
presenti nel telefonino.
privacy personale: sappiamo che Google registra, mantiene e utilizza le ricerche vocali fatte attraverso le app
Google per migliorare il suo database di stringhe vocali. Per vedere i le salvati da questo tipo di attività,
loggati sul tuo account Google cliccando nella sezione delle attività a livello di account e potrai risentire tutte
le tue ricerche vocali.

Attività locali: le speci cità di Facebook e google


Facebook: qual è l’elemento (uno dei) che ha consentito a questo social di inserirsi in maniera poderosa nel
panorama di comunicazione e marketing? Il mobile. La possibilità, quindi, di connettersi tramite app in
qualunque momento della giornata e in qualunque circostanza ha reso Facebook una nestra sul mondo
presente in maniera continua nel usso della nostra quotidianità e questo, di fatto, è stato il punto effettivo di
rottura con tutto quello che era il web prima dell’avvento di questo social.
È inevitabile, quindi, per le aziende locali che vogliono trarre massimo vantaggio dalla presenza sul web
immaginare, pensare e strutturare una strategia che metta al centro Facebook, e ora andiamo a vedere con
quali modalità farlo.
Che tu gestisca un’attività singola o sia il social media manager di una catena o di un franchising, Facebook ti
fornisce l’opportunità di trovare la soluzione più ef cace per il tuo business.
Il primo passo, se abbiamo un’attività locale, è scegliere correttamente la tipologia di Pagina da aprire,
scegliere la tipologia di attività tra quelle in elenco e successivamente basterà inserire i dati come indirizzo,

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CAP e nome dell’azienda per completare l’operazione di creazione della Pagina. Una Pagina Facebook
consente una duplice gestione: in organico e tramite advertising a pagamento.
Se non abbiamo una singola attività ma una catena, un franchising, Facebook ci consente di gestire tutte le
sedi del nostro business sotto il cappello di un’unica Pagina centrale. Stiamo parlando di Facebook Locations.
GOOGLE MY BUSINESS
Dopo aver introdotto le possibilità che ci vengono date dall’utilizzo di Facebook, possiamo iniziare ora a
parlare di ciò che la domanda, se sfruttata al meglio, è in grado di generare, ovvero la ricerca consapevole. La
visibilità su Google diviene quindi indispensabile in una strategia per attività local.
Da diversi anni, cambiando più volte nome, Google ha introdotto uno strumento che rappresenta la
condizione necessaria (ma non suf ciente) per poter avere una buona visibilità local sul motore di ricerca:
Google My Business.Google My Business è la piattaforma su cui ogni azienda local deve assolutamente avere
un pro lo, in quanto in primis permette di essere presenti all’interno di Google Maps e in secondo luogo
fornisce una serie di dati che consentono all’utente e anche al motore di ricerca di ottenere informazioni
molto dettagliate su un’attività.

Visual marketing: il potere del logo


Aspetto, sia per l’online sia per l’of ine, di cui spesso non si comprende totalmente l’importanza, ovvero la
creazione del logo: un vero alleato a disposizione del cosiddetto visual marketing.
Sia legato all’azienda sia abbinato a prodotti o progetti, svolge un ruolo fondamentale perché in molti casi
forma la prima impressione dell’interlocutore sul nostro brand (o sulla nostra persona quando si parla di loghi
per progetti personali).

Dai contenuti online agli eventi sici


Il marketing può contribuire alla creazione di un brand, ma il brand è più grande di qualsiasi sforzo di
marketing.
Ogni brand ha il suo “profumo”, l’essenza dei valori aziendali, e ci sono due attività strategiche perfette per
diffonderlo:
1. Content marketing. Ti permette di inebriare con ottimi contenuti i clienti già acquisiti e attirarne di
nuovi, grazie alla presenza nei risultati di Google oppure tramite la condivisione sui canali social.
2. Evento. Parliamo di un contenitore in cui contestualizzare gli argomenti che de niscono la brand identity.
Un acceleratore di connessioni, opportunità di collaborazioni e business.

Capitolo 6- Gli strumenti da integrare


analizzare alcuni strumenti che possono esserci di aiuto, da inserire eventualmente nei nostri progetti di
marketing digitale.

CRM: la strategia prima della tecnologia


Strumento determinante per l’integrazione delle nostre attività di marketing e non solo: CRM (Customer
Relationship Management), che ci permette di sviluppare e mantenere le relazioni con i nostri contatti in
qualunque stadio si trovino del percorso di conoscenza del nostro brand o dei nostri prodotti e servizi.
Storicamente i CRM si dividevano, a seconda degli obiettivi, in:
1. CRM operativi: riguardavano strettamente le azioni legate al team Contact Center per la gestione delle
promozioni mirate.
2. CRM analitici: riguardavano esclusivamente la raccolta delle informazioni sui clienti da diversi
touchpoint, con l’obiettivo di migliorare l’assistenza alla clientela.
Oggi invece al CRM dobbiamo assolutamente integrare la strategia e le tattiche che utilizzeremo per trovare
nuovi lead e clienti, perché è lo strumento perfetto per convogliare le informazioni sugli utenti raccolte sui
diversi canali e che ci permette di veicolare i ussi di dati in un unico database, utilizzabili successivamente
per l’automatizzazione delle azioni di marketing o di assistenza alla clientela.
Vediamo allora, in sintesi, i vantaggi di un uso adeguato di un CRM:
▶ creazione di un unico database in cui vengono convogliate tutte le informazioni dei clienti ed
eventualmente dei prospect su richieste e problemi riscontrati, touchpoint di contatto, tempistiche di
interazione ecc.;
▶  monitoraggio e sincronizzazione delle diverse attività di marketing e di vendita, dalla
sede
operativa ai diversi operatori sales attraverso la funzionalità di Sales Force Automation;

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▶  automazione per l’invio di contenuti promozionali a target speci ci in funzione delle azioni o
delle interazioni precedentemente avvenute con i diversi canali aziendali;
▶  connessioni ai canali social per analizzare opinioni e sentiment su prodotti e servizi e
coordinare azioni integrate;
▶  integrazione per l’analisi e la raccolta dei dati provenienti dai device mobili in funzione
della geolocalizzazione, e successive modalità di engagement automatico o semiautomatico.

Sul mercato ci sono attualmente tre grandi tipologie di CRM:


1. software vendor: i Microsoft Dynamics, Salesforce, SugarCRM, SAP, Oracle/Siebel, IBM, Zoho CRM
ecc.;
2. software open source: tra i più utilizzati SuiteCRM, Vtiger, Zurmo;
3. software proprietari: interamente creati e sviluppati all’interno dell’azienda.
Conoscere le differenze è necessario per operare la scelta più adatta alle proprie esigenze
È determinante la scelta del partner che implementerà il CRM in azienda in maniera strategica, molto più di
altre caratteristiche.

SEOZoom: studiare l’intento e non solo


SEOZoom: software creato per l’analisi e la gestione dei progetti SEO e per le campagne di search marketing
e keyword research, che vanta un database di dati enorme e in continuo aumento. All’interno della suite sono
disponibili tanti strumenti sempre aggiornati per ottenere un altissimo numero di informazioni su siti web,
keyword e nicchie di mercato.

Caratteristiche della piattaforma: SEOZoom è suddiviso in tante macro-aree principali con tabelle, gra ci e
dati differenti.

PROGETTI SEO: La sezione “Progetti” è il cuore della suite. È qui che si concentra l’attività per seguire nel
tempo i siti web da analizzare. È utile inserire un sito web nell’area Progetti, in modo da ottenere uno storico
dei dati e monitorare nel tempo l’andamento. La sezione è sviluppata per favorire da un lato uno sguardo
d’insieme e dall’altro un aggiornamento quotidiano sulle variazioni.
ANALIZZA: Nell’area “Analizza” si svolgono analisi speci che su siti web, URL, keyword per indagare
speci ci dati e ottenere feedback immediati.
Competizione: è stata creata con l’obiettivo di permettere confronti diretti con due o più competitor e
comparare i volumi di traf co, il numero delle keyword posizionate e la distribuzione delle stesse all’interno
delle prime cinque pagine di Google.
Strumenti editoriali: funzionalità che possono aiutare nella stesura del testo
Keyword research: SEOZoom porta all’attenzione dell’analista, a partire da una parola chiave di riferimento,
le ricerche correlate e uno studio sugli intenti di ricerca simili. Ed è proprio sul concetto di intento di ricerca
che prosegue il nostro percorso.
Per determinare
una strategia di successo online ci sono due ussi da considerare, uno teoretico e uno tecnico:
▶Buyer personas → Buyer’s journey
▶ Keyword research → Search Intent
La buyer personas è la rappresentazione del cliente ideale. De nire la buyer personas serve per capire i clienti
attuali ma soprattutto a identi care quelli potenziali. Targetizzare il cliente tipo è utile per creare contenuti
personalizzati e per strutturare un funnel “attrarre, convertire, chiudere e deliziare”. Questo itinerario che il
cliente tipo compie verso la conversione fa parte, in modo più o meno consapevole, di un journey preciso.
De nire il percorso di acquisto del cliente tipo è fondamentale per attivare azioni di marketing realmente
ef caci. Come si traduce questo in termini di digital?
Entra in gioco qui la keyword research (o ricerca delle parole chiave) quella serie di analisi che permette di
individuare le parole chiave giuste per il proprio sito web aziendale. Ma non basta. Oggi parlare di keyword
research signi ca solo in parte concentrarsi sulle parole, sulle correlazioni, sul volume di ricerca e sul livello di
concorrenza. Oggi fare keyword research signi ca studiare l’utente e conoscere i diversi stadi di interesse che
può avere nei confronti di un servizio o prodotto.
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L’attività di keyword research va infatti intrecciata con lo studio dei concorrenti, dei competitor, sia per trarne
ispirazione sia per identi care pattern vincenti che possano essere adattati e riproposti in una nuova veste, più
ef cace e ottimizzata.

Mailup: oltre l’email marketing


MailUp offre tutti gli strumenti per creare, inviare, automatizzare e monitorare campagne evolute di
marketing via email, SMS e Facebook Messenger. In questo capitolo approfondiremo le sue possibilità più
interessanti per mettere a punto strategie di digital marketing integrato.
Integrazione vuol dire innanzitutto contenuti digitali perfettamente fruibili su tutti i tipi di device. Fluidi care
l’esperienza utente da uno schermo all’altro è essenziale in uno scenario in cui la navigazione da mobile ha
sorpassato quella da desktop8 e in cui aumenta l’importanza degli Everywhere Shopper, cioè dei consumatori
che utilizzano sia canali sici sia digitali in qualunque momento e in modo continuo.
Peculiarità di MailUp
MailUp facilita questo percorso grazie a un editor drag & drop che consente di creare contenuti (email,
landing page, form di iscrizione) nativamente mobile responsive, senza richiedere conoscenze di
programmazione o di design. Che cosa vuol dire? L’editor drag & drop presenta un’interfaccia “a
trascinamento e rilascio” che consente di creare contenuti esteticamente belli e perfettamente funzionali
senza dover scrivere una sola riga di codice HTML. È possibile partire da uno dei template personalizzabili
disponibili, oppure creare il proprio contenuto da zero. L’output è già ottimizzato per una perfetta resa su
tutti i device, con la possibilità di avere anteprime precise per ciascun tipo di schermo.
Mailup mette a disposizione diversi strumenti:
-form di iscrizione personalizzabili
-database anagra co
-form di autopro lazione
-app per Facebook e iPad

Lead Champion: oltre l’account based marketing


Lead Champion è una innovativa piattaforma di lead generation che permette di generare contatti di qualità
da immettere nei funnel di marketing e vendite.
È un servizio SaaS che rende disponibili online i lead che visitano un sito web, attraverso logiche di
anonymous tracking e smart overlay form. Lead Champion è composto da due moduli:
▶ Lead Champion discover, per conoscere le aziende che visitano un sito web.
▶ Lead Champion booster, per ottenere contatti nominali attraverso smart overlay form.
Lead Champion discover : Lead Champion discover è uno strumento che si rivolge al mondo del Business to
Business (B2B) con lo scopo di aumentare le opportunità commerciali derivanti da un sito web e fornire
informazioni di dettaglio riguardo l’ef cacia delle azioni di marketing e acquisizione traf co.
Opera dunque su siti web che hanno già traf co, aiutando a convertire tale traf co in nuovi potenziali clienti.
Lead Champion discover è uno strumento di anonymous tracking: è in grado cioè di rilevare le aziende
che visitano il sito anche se queste non lasciano i dati di contatto.
Per ogni azienda, Lead Champion discover fornisce il cosiddetto pro lo rmogra co: l’insieme delle
informazioni che permettono di conoscere i dati chiave dell’azienda stessa.
In particolare, vengono fornite le seguenti informazioni: ragione sociale e forma societaria, numero di
telefono, numero di fax, sito web..
Tali informazioni permettono di conoscere il potenziale cliente e de nire se e quali azioni di marketing
effettuare nei suoi confronti. Questi dati sono utilizzati per calcolare il punteggio di scoring rmogra co:
un indicatore che misura su una scala da 0 a 100 quanto l’azienda si avvicina al proprio cliente ideale.Oltre ai
dati dell’azienda, Lead Champion discover raccoglie anche i dati di comportamento, cioè informazioni
come: ogni singola visita effettuata da parte dell’azienda; le pagine viste; il tempo speso su ogni pagina; la
provenienza delle visite e le keyword utilizzate per accedere al sito.
Inoltre, Lead Champion discover permette di distinguere i propri clienti che visitano il sito, isolandoli in un
listato separato che permette di monitorarne puntualmente le azioni e i comportamenti. Le informazioni
fornite da Lead Champion discover rappresentano la base per un’analisi di marketing business intelligence:
permettono infatti di analizzare da un punto di vista non solo quantitativo (come gli strumenti di web
analytics) ma anche qualitativo il traf co web sul sito e capire le azioni e gli interessi delle singole aziende. In
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tale ottica, i prospect forniti da Lead Champion discover sono utilizzabili in un paradigma di Account Based
Marketing per individuare le aziende più interessanti a cui rivolgere i propri sforzi di marketing.
Inoltre le informazioni fornite sono utilizzabili direttamente, per la crescita del business, come strumento di
lead generation: tramite Lead Champion discover è possibile infatti riconoscere i prospect ed avviare delle
azioni verso questi al ne di convertirli in lead e poi in clienti.
Lead Champion booster :Se Lead Champion discover è un servizio dedicato principalmente alle aziende
Business to Business, Lead Champion booster è un servizio che si rivolge alle aziende B2C e B2B con lo
scopo di aumentare i contatti nominali acquisiti tramite il sito web, migliorando dunque il conversion rate
delle iniziative di lead generation.
Si basa su smart overlay form, cioè sulla possibilità di visualizzare, durante la navigazione, dei form a
comparsa che invitano il visitatore a rilasciare il contatto in cambio di un vantaggio o di un contenuto offerto
(sfruttando cioè il concetto di lead magnet).
Lead Champion booster permette al visitatore di richiamare il form durante ogni momento della
navigazione.
Lead Champion booster permette di con gurare non solo l’user experience (intesa come gra ca e messaggi
da proporre al visitatore) ma anche le regole di visualizzazione delle campagne, de nendo per ciascuna a chi
e quando deve essere mostrata.
Ciò avviene tramite la con gurazione delle regole di comparsa, di seguito descritte:
▶A chi: è possibile de nire a quale audience mostrare la campagna
▶Quando: permette di de nire quando far comparire la campagna con il booster in overlay
Inoltre è possibile utilizzare Lead Champion booster integrato con Lead Champion discover, sfruttando
dunque le informazioni rmogra che che provengono da discover per creare campagne con targeting mirato
in base al settore merceologico, al fatturato, numero di dipendenti, geolocalizzazione o a singole aziende
scelte come audience della campagna.

KLEECKS: il web kit di sviluppo SEO


KLEECKS è stato pensato per aiutare nella gestione tecnica e contenutistica di un sito, facilitando il lavoro
del reparto SEO e ottimizzando i tempi di posizionamento di un sito.
Lo de nirei “rivoluzionario”, perché modi ca il usso di lavoro di un team SEO facilitandolo ed elimina i
tempi di latenza tra il momento della consulenza e la veri ca dei primi risultati.
È un web kit adatto a e-commerce, portali o siti con molti contenuti da gestire, continui aggiornamenti e bei
reparti IT a seguito. È possibile utilizzarlo su qualsiasi tipo di CMS, anche proprio, perché non richiede
alcuna installazione o modi ca del CMS utilizzato.

SEMrush: SEO e digital marketing internazionale


È uno dei software più utilizzati per le attività SEO, specialmente internazionali, perché supporta i dati di
ricerca multilingua (ed è stato un pioniere in questo).
Oggi SEMrush si è evoluto per risolvere le esigenze di marketing interne, in modo da aiutarti a gestire i
principali problemi legati alla SEO, al search advertising e al content marketing, così che tu possa risparmiare
tempo da investire in altre attività.

PostPickr: il social media assistant italiano


Se le attività SEO hanno bisogno di strumenti di supporto, anche per la gestione dei social network l’attività
di marketing e comunicazione si rivela complessa, più di quanto si possa immaginare.
A fronte dei bene ci e delle opportunità offerti da questi canali, è richiesto un impegno importante in termini
di tempo, organizzazione, risorse e competenze.
“Allocare la giusta quantità di tempo e organizzare ef cacemente le varie attività sono quindi le principali
s de che professionisti, brand e organizzazioni devono affrontare.”
Chiunque voglia usare i social media (o il web in generale) come canale di comunicazione, dovrebbe pensare
come un editore e dotarsi di un minimo piano editoriale, progettato su misura per la propria attività.
Il piano editoriale è un documento strategico che contiene gli obiettivi della nostra presenza sui social e, a
cascata, tutte le attività, le procedure e le risorse da mettere in campo per raggiungerli, in particolare dal
punto di vista della piani cazione e distribuzione dei contenuti nel tempo.
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Dotarsi di un piano editoriale è importante, perché offre una serie di vantaggi tipici della piani cazione
strategica:
▶assicura costanza e coerenza alla comunicazione sui social;
▶ previene errori, refusi e dimenticanze;
▶ ottimizza i contenuti e la loro distribuzione in base a canali, target e argomenti;
▶ consente di veri care i risultati in relazione agli obiettivi stabiliti.

ADA: mobile engagement automation


Le aziende che vogliono avere successo devono inevitabilmente adeguare la propria comunicazione alle
nuove abitudini di acquisto, improntate su una modalità più semplice e veloce di scelta di prodotti, di
confronto delle informazioni e assunzione delle decisioni.
Per questo motivo è fondamentale avere uno strumento che ci permetta di gestire al meglio e in maniera
speci ca le attività di mobile marketing: ovvero l’insieme di tutte quelle attività di marketing orientate a
creare engagement e quindi a sviluppare il proprio business o brand, attraverso i dispositivi mobili.
Il mobile marketing è oramai il migliore modo per ingaggiare il cliente nei diversi contesti e touchpoint e
permette a chi produce contenuti o promozioni di metterli a disposizione gratuitamente, senza limitazioni, a
qualunque ora del giorno e della notte, in qualunque parte del mondo uno si trovi.
Ma concretamente cosa consente di fare ADA?
-Creare contenuti
-distribuire contenuti in tempo reale su più canali
-misurare: È possibile sapere, per ogni utente, i contenuti con i quali interagisce, dove si trova, quali
sono le sue preferenze... e determinare esattamente il ritorno sull’investimento.

Il motore di ricerca interno per gli ecommerce


Almeno il 40% degli utenti inizia la sua navigazione partendo dalla barra di ricerca sul sito di e- commerce.Si
stima che, nel 98% dei casi, se un utente non trova il prodotto al terzo tentativo abbandona l’e- commerce
per sempre!
Appare pertanto evidente quanto sia determinante avere un motore di ricerca interno che possa fornire un
reale valore all’utente . cVetta è un motore di ricerca interno per i siti di e-commerce compatibile con i
sistemi più utilizzati

Capitolo 7- Casi reali aziendali


Macron: il digital integrato nello sport
Barilla: digital enterprise integrata
Argo tractors: digital marketing e transformation integrati
Dorelan: integrazione per la customer centrici

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