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ANTONELLO DA

MESSINA
VITA E OPERE
Antonello da Messina è stato uno dei più grandi artisti dell'Italia
rinascimentale, probabilmente il più grande nel Meridione.

Sappiamo poco di Antonello da Messina (Messina, 1430 circa - 1479): la


vita di questo grande pittore infatti ha pochi punti fermi.

Tuttavia, quel che conta è soprattutto la sua


importanza per la storia dell’arte: Antonello da Messina
è stato infatti il pittore che, nel Rinascimento, ha
saputo far incontrare il nord e il sud dell’Italia, dando
vita a uno stile molto originale (fu probabilmente il più
grande ritrattista del Quattrocento) con suggestioni
provenienti anche dal resto d’Europa.
CONTESTO SOCIALE

Antonello da Messina, dopo aver lasciato la terra natale, la Sicilia, studiò a Napoli nella
bottega di Colantonio, dove ebbe modo di entrare a contatto con la pittura provenzale e
con la pittura fiamminga, dalla quale riprese l’attenzione al dettaglio e il naturalismo. A
queste caratteristiche unì le volumetrie e il rigore di Piero della Francesca e, in seguito a
un viaggio a Venezia avvenuto nel 1475, anche la delicatezza dei colori veneti.

Per riannodare i fili del percorso del grande artista siciliano occorre però partire da
Napoli: qui, l’ascesa al trono di Alfonso d’Aragona nel 1442 rese di Napoli una città
culturalmente e artisticamente molto vivace e aperta al mondo. Il re, passato alla storia
anche come “Alfonso il Magnanimo”, salì al trono a seguito della sconfitta di Renato
d’Angiò, ultimo re angioino di Napoli: lo stesso Renato d’Angiò, tuttavia, durante il suo
regno (dal 1435 al 1442) si prodigò per cercare di far progredire l’ambiente culturale e
artistico napoletano. Sia Renato d’Angiò che il suo successore erano amanti dell’arte
fiamminga, e le tendenze artistiche nella Napoli della seconda metà del Quattrocento
guardarono soprattutto all’arte che si produceva nelle Fiandre
Stando alla ricostruzione di Giorgio Vasari, Antonello ricevette la sua
formazione a Roma e a Napoli, e in particolare sarebbe stato decisivo
l’incontro con un dipinto di Jan van Eyck (Maaseik, 1390 circa -
Bruges, 1441) che faceva parte delle collezioni di Alfonso d’Aragona
e che avrebbe spinto il giovane Antonello a studiare e imparare la
pittura a olio.
La tradizione vuole che sia stato proprio Antonello a portare in Italia la
tecnica della pittura a olio, anche se è una notizia che non si può
conoscere con sicurezza.

LEGGENDA
Alexandre Dumas: "Nel 1452 Venezia era in gran subbuglio per l'arrivo di Antonello da Messina, che già era stata preceduto dalla sua fama. Mai
si era vista prima una pittura come la sua - così brillante e con toni così armoniosamente integrati. Un giorno un nobile di grande eleganza e che
diceva di essere arrivato da Padova tre giorni prima, si presentò al pittore per avere il suo ritratto. Il prezzo venne fissato in venti Ducati e
l'appuntamento per il giorno successivo.
Il giovane seguì il lavoro del maestro con grande curiosità, anche se come affermava, non era mai stato interessato nell'arte. Il giorno seguente lo
straniero si presentò come il giorno prima. La seduta era già iniziata quando una giovane ragazza, che aveva posato come modella per i
principali pittori viennesi, arrivò e bussò alla porta di Antonello. Questi le ricordò che l'appuntamento era stato fissato per la sera e non per la
mattina. La modella tuttavia rispose che se voleva poteva esaminarla subito oppure mai più.
Antonello andò brontolando nella stanza accanto, chiedendo al giovane nobile di scusarlo.
Ma non appena Antonello chiuse la porta dietro di lui, lo straniero scattò dalla sua sedia verso la bottiglia, che conteneva il prezioso elisir usato
dal pittore e ne verso una parte in un piccolo recipiente che era stato preparato precedentemente per tale scopo; quindi riposizionò la bottiglia al
suo posto sul suo tavolo, riprese il suo posto e la sua posa abituale così naturalmente che Antonello, ritornato cinque minuti più tardi, lo trovò
così come l'aveva lasciato".
OPERE
La ritrattistica fu un ambito in cui l’artista fu un
grande innovatore, avendo portato in Italia i
caratteri della ritrattistica fiamminga: volto di tre
quarti, fondo scuro, luce che colpisce il lato destro
della figura. Inoltre, Antonello riuscì a infondere ai
soggetti ritratti un’analisi psicologica che non ha
eguali in tutta la pittura del Quattrocento. È proprio
nel ritratto che si apprezza uno dei filoni di
Antonello da Messina più originali e interessanti.
Il viaggio nella ritrattistica antonelliana potrebbe
cominciare dal Ritratto d’uomo. Non si sa chi sia il
personaggio raffigurato, ma dato l’abbigliamento si
suppone sia un personaggio benestante.
L’osservatore è colpito dall’espressione quasi
ironica del personaggio, col suo sorriso che sembra
quasi canzonatorio: è la dimostrazione di come
Antonello volesse coniugare, alla verosimiglianza
fisica, una altrettanto approfondita analisi
psicologica del soggetto raffigurato.

L’opera fu realizzata intorno al 1478, poco dopo il suo ritorno a


Messina.
Il luogo nel quale si trova San Sebastiano è, probabilmente, la
raffigurazione di una piazza di Venezia. Antonello da Messina
inserì il martirio nel contesto di un angolo urbano a lui
contemporaneo popolato da personaggi di varia estrazione.

San Sebastiano era considerato protettore dalla peste. In alcuni


dipinti infatti è accompagnato da una mosca, secondo la
credenza per la quale il morbo era trasmesso dall’insetto. Nel
dipinto sono anche esposti, in alto, due tappeti orientali dalla
fattura molto preziosa. Al tempo, come ora, tali manufatti erano
considerati beni di gran lusso e alla portata di pochi.
Il martirio di San Sebastiano è un dipinto devozionale destinato al
pubblico dei devoti. Rappresenta un episodio della vita di un
Santo, quindi è di natura agiografica.
L’artista adottò alcune scelte stilistiche per dialogare
consapevolmente con gli artisti veneziani e altri a lui
contemporanei. Infatti sono presenti influenze da Piero della
Francesca nella struttura geometrica e prospettica delle
architetture e del pavimento ad intarsio.

Un’altra delle opere più interessanti di Antonello è


l’Annunciata della Galleria Regionale di Palazzo
Abatellis a Palermo: è un ritratto a mezzo busto che
emerge dal fondo scuro, con una figura caratterizzata
da volumetrie pierfrancescane, ma è interessante anche
notare le mani, con il gesto della mano sinistra, molto
naturale, che tiene fermo il velo all’altezza del seno,
mentre l’altra sembrerebbe rivolgersi allo spettatore,
forse un gesto di sorpresa nei riguardi dell’arcangelo
Gabriele che lo spettatore non vede, ma che occorre
immaginare sia appena arrivato nella stanza di Maria.
Una mano che suggerisce movimento, un elemento che
conferisce dinamicità a un’opera che senza questo
particolare forse non avrebbe la stessa portata
innovativa.
ANDREA
MANTEGNA

VITA E OPERE
Vita
Andrea Mantegna nacque tra il 1430 e il 1431 a Isola di
Carturo, piccolo centro tra Vicenza e Padova, in una
modesta famiglia in cui il padre svolgeva l’attività di
falegname. A Padova l’artista è citato per la prima volta
nel 1441 come apprendista e figlio adottivo del pittore
Francesco Squarcione, col quale soggiornò a Venezia nel
1447, ma dalla cui eccessiva tutela si svincolò presto.
Con il suo maestro Mantegna ebbe infatti un rapporto
burrascoso: fu costretto come apprendista a fare i lavori
più umili e a seguire una disciplina durissima. Non
abbiamo però molte notizie sulle prime creazioni del
pittore, pare abbia eseguito la sua prima opera firmata
nel 1448, ma purtroppo è andata distrutta.
Andrea Mantegna è uno dei principali pittori rinascimentali,
artista di corte dei Gonzaga. Le sue opere sono caratterizzate
da uno spiccato senso dello spazio, effetti scenografici e
monumentali, disegno minuzioso e attento ai particolari,
colori accesi e contrastanti.

Si formò in un ambiente ricco di stimoli culturali, maturando


un nuovo linguaggio di ampio respiro spaziale aggiornato
sulle novità plastiche e progettistiche diffuse dagli artisti
toscani, in particolare da Donatello, e caratterizzato da un
sicuro costante riferimento al mondo classico, stimolato e
approfondito anche attraverso gli stretti contatti con
umanisti e letterati.

Pittore e disegnatore eccelso, Mantegna si dedicò anche


all'incisione, alla scultura e probabilmente all'architettura,
vista non soltanto come uno sfondo decorativo, ma come
parte integrante dei suoi dipinti.
OPERE
Nel disegno Andrea Mantegna tende a
un effetto scultoreo ed è influenzato
anche dal segno duro, secco spigoloso
tipico degli artisti tedeschi. Il foglio al
British Museum di Londra con un
giovane uomo semigiacente su una
lastra di pietra, consente di capire quali
fossero gli interessi primari dell'artista e
di conoscere la sua tecnica disegnativa. Il
giovane nudo, ma per metà coperto da
un drappo, probabilmente un lenzuolo
funebre, sta cercando di sollevarsi da
una lastra di pietra sulla quale giace.
L'effetto prospettico è potenziato dalla
geometria irregolare della pietra
squadrata. Il drappo si modella sulle
gambe definendone il volume con parti
in ombra e altre in luce. il busto è
chiaroscurato per rilevarne il volume.
Nell'opera del Mantegna, Orazione nell'orto, vediamo una
scena tratta dalla Bibbia dove in un orto troviamo Cristo
assorto in preghiera poco prima di essere arrestato.
Vediamo che davanti a lui sulla sinistra appaiono cinque
angeli su di una nuvola che vogliono forse avvertirlo del
pericolo che sta correndo.

In primo piano poi vediamo tre degli apostoli che dormono


beatamente e non si accorgono che sta arrivando Giuda
insieme a molti soldati e gente del popolo per tradire il
Cristo. Questi escono da una città ideale cinta da alte mura.

Possiamo notare che ogni aspetto della scena come le


formazioni rocciose, la città immaginaria le pieghe dei
vestiti o le scale fatte nelle rocce sono dipinte dal
Mantegna con uno stile quasi scultoreo, molto preciso.
Infatti il Mantegna riprende lo stile di altri artisti della sua
epoca, uno stile rinascimentale basato sull'ispirazione della
scultura greco-romana.

L’inizio “ufficiale” del Rinascimento veronese: il


31 luglio 1459, giorno in cui la celeberrima Pala di
San Zeno venne collocata sull’altare maggiore
della Basilica di San Zeno a Verona, alla presenza
dell’autore del dipinto, Andrea Mantegna.
Il primo aspetto rivoluzionario consiste nello
spazio unitario entro cui si svolge la scena: se fino
a prima i polittici erano rigidamente divisi e ogni
scomparto faceva storia a sé, adesso ciò che
vediamo al di là delle colonne è una scena intera,
dove trovano posto i personaggi: al centro, la
Madonna col Bambino assieme ad angioletti
festanti, sul lato sinistro vari santi L’illusionismo
prospettico con cui Andrea Mantegna rende
credibile lo spazio descritto dal dipinto è un altro
degli aspetti nuovi della pala.
La loggia marmorea è scolpita con medaglioni
entro cui Mantegna ha ambientato scene
mitologiche, mentre sul fregio appaiono putti
classicheggianti.

La Camera degli Sposi, nota anche con il nome di “Camera


Picta”, è il capolavoro di Andrea Mantegna. Realizzata tra il
1465 e il 1474 per Ludovico Gonzaga, si trova all’interno del
Palazzo Ducale di Mantova, in uno dei torrioni del Castello di
San Giorgio.

La Camera degli Sposi di Mantegna non era una camera


nuziale ma una sala di rappresentanza.
Ogni personaggio è ritratto fedelmente, nelle lunette e nelle
vele del soffitto ci sono i simboli della famiglia Gonzaga, ma
non mancano anche soggetti mitologici e i ritratti degli
imperatori romani, che hanno lo scopo di comunicare al
visitatore il prestigio e l’attitudine al comando dei Signori di
Mantova.

Alzando lo sguardo verso il soffitto, però, è lo stupore a


prendere il sopravvento perchè Mantegna ha realizzato
l’illusione di sfondamento del soffitto, permettendo allo
spettatore di osservare il cielo azzurro attraverso un oculo sui
cui si affacciano alcuni putti e figure femminili.
Cristo morto di Andrea Mantegna è uno dei dipinti più drammatici e
rivoluzionarî del Rinascimento.
Nessuno, prima di Mantegna, aveva raffigurato un Cristo morto così
ferocemente drammatico, così straordinariamente umano: un freddo
cadavere appena deposto dalla croce, più che il figlio di Dio in attesa
della resurrezione. Il corpo di Cristo è infatti adagiato su di una lastra
di marmo rosso (la cosiddetta Pietra dell’Unzione).

Il riguardante può così osservare i segni delle ferite lasciati dai chiodi,
sul lato sinistro del dipinto compaiono tre dolenti: la Madonna, san
Giovanni e Maria Maddalena. Ma forse, al di là dei personaggi che
osserviamo nella scena, i veri protagonisti della composizione sono
due elementi: la luce e la prospettiva.

La luce proviene da destra e fa risaltare le pieghe rigide del sudario,


creando forti contrasti con le ombre, così che l’attenzione
dell’osservatore si possa concentrare sui dettagli più crudi del dipinto
e contribuisce ad alimentare il dramma e la partecipazione emotiva
di chi guarda l’opera mantegnesca. Mantegna è stato uno dei più
grandi maestri dell’illusionismo prospettico, e dà prova delle sue
eccezionali abilità anche con il Cristo morto.

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