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1757-1822
Antonio Canova (1757-1822), Autoritratto, 1790, Olio su tela, Gallerie degli Uffizi, Firenze
Gli esordi
Antonio Canova nasce a Possagno, vicino a Treviso, il 1°
novembre del 1757. Rimane orfano di padre, quando la
madre si risposa e si trasferisce in un paese vicino, viene
affidato al nonno paterno, Pasino, abile scalpellino e
capomastro, che gli insegna i primi rudimenti del mestiere.
Poiché il giovane Antonio dimostra una dote eccezionale per
la scultura, nel 1768 viene mandato a condurre il proprio
apprendistato a Venezia, dove frequenta studi di scultori oltre
alla Pubblica Accademia del Nudo e dove realizza le sue
prime opere che gli danno in breve una certa notorietà
nell'ambiente artistico locale (Orfeo ed Euridice, 1773; Apollo;
busto di P. Renier; Dedalo e Icaro, 1779)
I disegni mostrano un’attenzione costante per il nudo
maschile e femminile, molti sono gli studi dall’Antico più le
cosiddette accadèmie di nudo. L’Accademia di nudo virile
supino su di un masso mostra una delle caratteristiche
proprie della grafica canoviana nell’affrontare questo tipo di
disegni –le «accademie»–, eseguiti essenzialmente a matita o
a carboncino e spesso lumeggiati a biacca. Alcune parti del
corpo vengono studiate in modo particolarmente dettagliato e
risultano ombreggiate con un tenue e fitto tratteggio, così da
definirne la volumetria, accentuando in maniera scultorea la
muscolatura, mentre altre parti risultano suggerite dalla sola
linea di contorno e un rado, parziale tratteggio.
Orfeo e Euridice, Museo Correr, Venezia, 1773 - 1776. Dedalo e Icaro, Museo Correr, Venezia, 1779
Nel 1779 Canova si reca a Roma, dove si stabilirà nel
1781 nell’atelier di via delle Colonnette e dove
realizzerà le sue opere più importanti.
Qui studia la scultura antica, conosciuta anche
attraverso il suo viaggio del 1780 a Pompei, Ercolano e
Paestum, e viene a contatto con artisti ed intellettuali
che teorizzano un nuovo ritorno al classico.
I cavalli bronzei di piazza San Marco vengono inviati a Parigi. Venezia, 1797 .
Ingresso a Parigi del corteo delle opere rubate Napoleone dopo la prima Campagna d'Italia
Nello stesso anno, 1815 il governo inglese gli chiede di dare un parere sull'autenticità dei marmi
provenienti dal Partenone: chiamato in Inghilterra per una perizia e un eventuale restauro, si
rifiutò di integrare le parti mancanti esclamando: “questo non è marmo, è carne!”
Canova infatti per primo capisce l' eccelsa qualità dei marmi che lord Elgin aveva calato giù dal
Partenone, a lungo rimasti incompresi dalla pur raffinata cultura antiquaria inglese: il suo
giudizio fu determinante, e convinse il governo ad acquistarli e a sistemarli nel British Museum,
primi originali del più fulgido periodo dell' arte greca ad essere esposti all' ammirazione del
mondo.
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/02/02/canova-predatori-dell-arte-perduta.html
Nel luglio del 1819 è a Possagno per la posa
della prima pietra della Chiesa Parrocchiale
intitolata alla Santissima Trinità che ha
progettato per la sua comunità.
Il maestoso edificio, noto anche come Tempio
Canoviano, che ora accoglie le sue spoglie,
sarà completato, però, solo dieci anni dopo la
sua morte, che avviene il 13 ottobre 1822, a
Venezia.
Le sculture di Canova sono realizzate in marmo bianco e con un modellato
armonioso ed estremamente levigato. Si presentano come oggetti puri ed
incontaminati secondo i princìpi del classicismo più puro: oggetti di una bellezza
ideale, universale ed eterna. Canova subì l'influenza e il fascino dello scultore
barocco Gian Lorenzo Bernini:DEPURANDOLO e FILTRANDOLO da tutti gli
eccessi drammatici e da tutte le spinte emotive e impetuose,EVITANDO le
violente passioni e i gesti esasperati,RALLENTANDO le azioni e dando alle
immagini una lettura più chiara.
le allegorie mitologiche (Teseo sul Minotauro, Amore e Psiche,Ercole e Lica, Le tre
Grazie…);
La scultura di Canova
intitolata Venere e
Adone raffigura il dio che saluta
Venere prima di uscire per la
caccia. Adone nella mano destra
stringe la freccia. Ares, geloso,
scatenerà contro di lui il
cinghiale che lo ucciderà. La
statua raffigura un momento
molto importante nella vicenda.
Lo spettatore sa bene quale sarà
il destino che attende Adone. È,
quindi, l’occhio dell’osservatore
che interpreta e dà significato
all’incontro dei due giovani. Non
si tratta semplicemente di un
abbraccio amoroso di due teneri
innamorati. È, invece, un
momento classicamente
drammatico che rappresenta
l’ultimo sguardo in vita dei due
amanti. Nel momento in cui si
separeranno avverrà il tragico
epilogo che racconta il mito.
Venere accarezza teneramente
il viso di Adone e sembra non
volerlo lasciare andare verso il
suo destino di morte.
Canova, per sottolineare l’evento e la
sua incombente drammaticità, è
intervenuto elaborando sottili
messaggi visivi. Venere sembra
trattenere Adone in procinto di lasciarla
come indica la gamba sinistra protratta
in avanti. Il volto di Adone è virile, fiero
ma triste e pensieroso, preoccupato o
forse consapevole della sua morte. La
posizione fiera e determinata
rappresenta la fermezza del dio che è
intenzionato ad affrontare il fato. In una
mano Adone stringe una freccia che
indica il motivo della sua partenza.
Venere si abbandona completamente
sulla spalla di Adone consapevole che
sarà l’ultima volta per lei. Nella parte
posteriore, a sorpresa si rivela il terzo
protagonista della scultura. Si tratta del
fedele cane da caccia di Adone che
osserva il padrone dal basso. Anche
questa figura contribuisce a dare una
nota triste e sconsolata all’ultimo saluto
tra i due amanti.
Antonio Canova, Perseo trionfante, 1797-1801. Marmo, altezza 2,35 m.
Roma, Città del Vaticano, Musei Vaticani .
Leòcares, Apollo del Belvedere, copia romana da un originale del IV
sec. a.C. Marmo, altezza 2,24 m. Roma, Cortile del Belvedere .
Pochi scultori del XIX poterono vantare una fama e un apprezzamento universale paragonabili a quelli
conquistati da Canova, l’unico artista cui fu consentito di collocare le proprie sculture moderne nel
prestigioso Museo Vaticano. In alcune circostanze, con le opere di Canova si cercò di compensare la
gravissima perdita di alcuni capolavori della scultura classica, trafugati dai francesi e trasportati in Francia in
forza del Trattato di Tolentino.
Il trattato era stato firmato nel 1797 da Napoleone e
papa Pio VI e prevedeva la consegna alla Francia di
importanti opere d’arte collezionate dallo Stato
Pontificio. Quando l’Apollo del Belvedere,
considerato da Winckelmann come la più alta
espressione della statuaria greca, fu spedito a Parigi,
il Perseo trionfante del Canova fu collocato al suo
posto, assieme ad altre due statue dell’artista: i
pugili Creugante e Damosseno, protagonisti di un
cruento episodio sportivo narrato dall’antico
scrittore greco Pausania.
Questo lavoro è stato commissionato nell’estate del 1798 dal duca Alberto di Sassonia-Teschen, marito della defunta
Maria Cristina d’Asburgo-Lorena, ed è stato inaugurato nell’ottobre del 1805 nell’Augustinerkirche di Vienna. .Canova
pensò di realizzare un progetto già pensato per la tomba di Tiziano.
Una lenta processione si avvia verso il
buio di una porta scavata in una
piramide. Tre fanciulle a capo chino, la
più giovane delle quali ha quasi
oltrepassato la soglia nera, recano
un’urna e una ghirlanda di fiori che
collega tutte le figure allo stesso
destino. Sono seguite da una donna,
che sorregge un vecchio cieco, e da un
bambino. Alla base della piramide un
genio alato sembra assopirsi, privo di
energia, appoggiato ad un leone (la
fortezza).
Un medaglione ricorda la defunta, posto
sopra l'ingresso della piramide con il
ritratto di profilo di Maria Cristina.
Il ritratto della principessa è incorniciato
da un serpente che si morde la coda
(simbolo di eternità), sorretto dalla
Felicità alata e da un angelo che porge
alla defunta una palma, simbolo della
gloria. I simboli araldici delle case di
Asburgo e di Sassonia sono nascosti tra il
genio alato e il leone.
Gli strascichi degli abiti che ricadono sui gradini, come un
tappeto d’acqua che scivola dalla porta della piramide e
scende sulle scale, collegano la vita (l'esterno) al mistero
della morte (l'interno della piramide) e suggeriscono il
lento e faticoso incedere verso l’oscurità. La porta nera
rappresenta il mistero della morte, destino ineluttabile cui
nessuno può sottrarsi.
Tutto allude allo scorrere inesorabile del tempo, i
panneggi che coprono i gradini come un velo d’acqua
calpestato da tutte le figure, il serpente che si morde la
coda, il genio alato le cui energie vitali sembrano
affievolirsi lentamente e il leone, la cui forza simboleggia
quella della defunta (donna decisa e volitiva) alla quale il
duca si appoggiava.
I personaggi hanno tutti la testa chinata in avanti, a simboleggiare che nei confronti della
Morte la superbia umana non può nulla. Il marmo scolpito da Canova (lo scultore era
profondamente religioso), esprime la rassegnazione con la quale l'umanità accetta impotente
il proprio destino e, a differenza dell’ateo Foscolo (corrispondenza di amorosi sensi), il sepolcro
rappresenta il passaggio per il regno dei morti: la porta dell’Ade, secondo una tradizione molto
antica.L’opera elegante, sobria, di grande equilibrio e simmetria, esprime una profonda
meditazione sulla vita e sul mistero della morte, anticipando la nuova sensibilità romantica
Antonio Canova, Monumento funerario di
Clemente XIV, 1783-87, Basilica dei Santi Apostoli a
Roma
Come molti altri famosi artisti dell'epoca, anche Canova contribuisce con varie sculture alla campagna propagandistica e
celebrativa di Napoleone. Nelle sue statue però non si ha una sintesi tra personaggio reale ed eroe, ma il mito dell'antico
prende il sopravvento sull'attenzione al dato reale: Napoleone viene identificato apparentemente nell’antico condottiero
romano e l'intento celebrativo vuole diventare apoteosi. Il recupero di modelli della statuaria greco-romana s'impone
anche nella produzione dei ritratti dei familiari di Bonaparte
Napoleone è ritratto in uniforme, frontalmente, con gli occhi incavati ma fissi e leggermente
rivolti verso il basso in segno di riflessione e concentrazione, le sopracciglia aggrottate per
esprimere la profondità dei pensieri del primo console e l’alta responsabilità da loro derivante, il
mento pronunciato, il volto pieno che trasmette tutta la fermezza del carattere ma anche la
freschezza dei suoi trentatré anni.
Antonio Canova e bottega, Ritratto di Napoleone
Bonaparte (1803-1822?; marmo, altezza 76 cm; San
A partire dal 1803 l’autore continuò a
Pietroburgo, Ermitage). replicare questa versione del volto di
Napoleone spinto dalle numerose
richieste dei sostenitori del nuovo
regime e dall’esigenza di diffondere
un’immagine del primo Console,
destinato a diventare presto
Imperatore. L’idea è quella
di idealizzare Napoleone, di conferire
al soggetto una dimensione tale da
collocarlo fuori dal tempo. Inoltre,
viene introdotta quella torsione del
collo che dona un senso di naturale
movimento alla testa: tanto basta per
rendere il ritratto molto più vivo.
Antonio Canova, Ritratto di
Napoleone Bonaparte (1802; gesso,
67 x 44 cm;Accademia di san Luca)
Il supporto ligneo, drappeggiato come un morbido triclinio antico, ospita all'interno un meccanismo che fa
ruotare la scultura come in altre opere di Canova. Si inverte così il ruolo tra opera e fruitore: è la scultura ad
essere in movimento, mentre l'osservatore fermo viene impressionato dalle immagini sfuggenti di una
scultura da osservare da tutti i lati.