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RINASCIMENTO:
DONATO DI
NICCOLÒ DI
BARDI
DETTO
DONATELLO
(FIRENZE, 1386-1466)
https://www.youtube.com/watch?v=4gl2Xa5JUT0&ab_channel=HUBScuola
Donatello (1386-1466), il cui vero nome era Donato di
Niccolò Bardi, è stato sicuramente il principale
scultore italiano del XV secolo, creando con la sua
opera un percorso straordinario: egli è stato il
protagonista della nascita della scultura
rinascimentale ma anche colui che riuscì a indicarne le
vie di superamento.
La sua cultura figurativa, infatti, rimase
costantemente in bilico tra perfezione formale (di
matrice decisamente rinascimentale) e valenze
espressionistiche (che ritroveremo soprattutto nella
scultura post-rinascimentale).
Ma in quegli anni venne a contatto con Filippo Brunelleschi e il confronto tra i due
fu sicuramente uno stimolo decisivo per entrambi per maturare quella nuova
visione artistica che creò l’arte rinascimentale.
Nel 1402-4 compì un viaggio a Roma, probabilmente in compagnia del
Brunelleschi, che gli servì a conoscere meglio l’arte classica il cui esempio era
indispensabile per creare la svolta dal gotico al rinascimento.
Dopo questa data troviamo le sue prime opere: il «David» marmoreo del Museo
del Bargello a Firenze, il «San Giovanni Evangelista» conservato nel Museo
dell’Opera del duomo di Firenze, il «San Marco» per Orsanmichele. In esse Paolo Uccello , Ritratto di Donatello
ritroviamo ancora elementi tardo gotici, come le valenze decorative lineari dei
panneggi, ma il controllo delle masse è già di gusto decisamente rinascimentale,
desunto probabilmente proprio dall’esperienza romana.
Abacuc era l’ottavo dei dodici Profeti minori della Bibbia, vissuto probabilmente
verso la fine del settimo secolo avanti Cristo. L’opera faceva parte di una serie di
sculture a tutto tondo raffiguranti i profeti biblici, collocate entro le grandi
nicchie sul trecentesco Campanile di Giotto a Firenze. L’opera è attualmente
collocata al Museo dell’Opera del Duomo.
Donatello, Il profeta Abacuc, 1423-1435, marmo, 195 cm, Museo Dell’Opera del
Duomo -Firenze
Il viso del profeta, estremamente realistico,
appare tormentato dalla sofferenza, consumato
e scavato dai continui digiuni, lontano
dall’idealizzazione di altre opere dello stesso
autore. La testa è leggermente chinata in avanti
e guarda in basso con occhi infossati; la fronte
sporgente è attraversata dalle rughe, la bocca
semiaperta, caratterizzata da un’espressione di
amarezza; barba e capigliatura sono appena
accennate tramite un rilievo molto basso.
La torsione del corpo magro, sottolineata dalle pieghe del vestito, il braccio nudo in leggera tensione fermato a
raccoglierlo, il senso del movimento bloccato mostrano uno sviluppo della scena; i tratti stravolti del viso, le sopracciglia
sollevate, la bocca tesa e semiaperta a mostrare i denti come se parlasse rendono l’opera più realistica e viva.
Donatello, San Giorgio, 1415-1417 circa, marmo, h 209 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello
https://www.youtube.com/watch?v=mAowu-
iNibE&ab_channel=HUBScuola
Il San Giorgio di Donatello rappresenta il patrono degli spadai e dei
corazzai. La corporazione lo commissionò per essere esposto sulle
pareti esterne dell’Oratorio di Orsanmichele a Firenze.
Al centro del lato principale del basamento è scolpita la figura di un crociato che lotta contro un drago. Alla sua destra si
trova la figura di una principessa prigioniera posta in piedi che osserva la scena. Dietro di lei, a partire dal bordo di destra
si individua lo scorcio prospettico di un colonnato con archi a tutto sesto. A sinistra, invece, oltre la figura del drago è
rappresentato l’antro nel quale l’animale fantastico si rifugia. Lo sfondo, oltre la grotta e il porticato, è occupato da un
paesaggio. Si scorgono infatti profili di colline e alberi appena rilevati.
La decorazione del basamento fu scolpita utilizzando la tecnica dello stiacciato. Il colonnato e la prospettiva utilizzata per
rappresentarlo sono infatti novità rinascimentali. Il panneggio del mantello, il modellato dell’armatura di San Giorgio e
le ali da pipistrello del drago sono invece di gusto tardo gotico. Il modellato e la composizione permettono alla luce
ambientale di rivelare in modo efficace le forme. Il colonnato dietro alla principessa è riprodotto con la prospettiva di
Brunelleschi.
Il rilievo è ottenuto con un aggetto minimo, ma è sorprendente l'effetto di spazio, ottenuto mediante la convergenza
delle linee ottiche della grotta e del portico in un unico punto. E' evidente che Donatello ha applicato il sistema
della prospettiva, appresa da Brunelleschi.
Sullo sfondo, una minima ondulazione del piano rinvia alle colline e alcuni alberi appena accennati compongono
il paesaggio; nel portico le linee architettoniche fuggono verso il fondo e gli alberi, facendosi sempre più piccoli e meno
nitidi suggeriscono prospetticamente la profondità atmosferica del paesaggio.
Donatello, Banchetto di Erode, 1423 – 1427, formella in bronzo del Fonte battesimale, 60 x
60 cm, Siena, Duomo
Il pannello, nonostante le piccole dimensioni, raffigura chiaramente tre scene del banchetto narrato dai Vangeli di Matteo
e Marco. Secondo i testi, Re Erode conviveva con Erodiade, moglie del fratellastro e madre di Salomè; questo adulterio
venne criticato da Giovani Battista, che fu rinchiuso su ordine del re. In seguito, durante il banchetto, lo stesso sovrano
venne conquistato dalla danza di Salomè e le promise di realizzare un suo desiderio: la decapitazione del Battista, la cui
testa, come rappresenta il primo piano del rilievo, viene portata alla ragazza.
Il banchetto di Erode viene realizzato con estrema maestria usando la tecnica dello stiacciato inventata dallo stesso
Donatello: a differenza di ciò che avviene nel bassorilievo, creato con scalpello e trapano nel marmo, per lo stiacciato
l’artista traccia il disegno con l’angolo dello scalpello, permettendo di ottenere volume in maniera illusiva; è
pertanto necessaria l’applicazione di una prospettiva curata nei minimi particolari per amplificare il volume e lo
spazio. In quest’opera la prospettiva, aiutata dal bordo che dà l’idea di una finestra aperta, è realizzata in modo tale
che il punto di vista dello spettatore sembri essere all’interno della sala, nonostante la profondità sia di soli 7,5
cm. Le linee diagonali portano al punto di fuga al centro della formella, insolitamente vuoto, creando un forte
impatto visivo: la scena principale, infatti, avviene a sinistra.
Sul primo piano è allestito un banchetto che occupa l’intera larghezza della formella. Un soldato inginocchiato offre ad
Erode la testa di Giovanni Battista poggiata su di un vassoio. Il re, a sinistra, oltre il banchetto, sembra spaventato dalla
visione e si ritrae ponendo le mani in avanti. Un commensale, a destra, per l’orrore si copre un occhio con la mano. Altri
commensali sono riuniti a destra in gruppo. Oltre l’arco centrale si notano dei musicisti mentre dietro il secondo
porticato si nota, a sinistra, un servitore che porta un vassoio. Infine, si affacciano due teste di profilo.
Il primo piano si divide simmetricamente, a sinistra si svolge la macabra azione principale in cui un soldato-servitore
porge ad Erode, Salomè ed Erodiade la testa di Giovanni Battista, appoggiata su un vassoio; l’espressione del re
rappresenta incredibilmente la drammaticità e l’orrore del gesto, fonte dell’indietreggiamento verso destra del resto dei
personaggi presenti sconvolti (quello al centro sulla destra si copre gli occhi con la mano), che crea il vuoto centrale.
In secondo piano si trovano solo tre personaggi, tra cui un musicista che indica lo svolgimento dello spettacolo di Salomè,
impegnata nella danza dei sette veli; e alla fine, sullo sfondo, la scena è più spoglia ed ordinata, in contrasto con il primo
piano. La storia, quindi, inizia cronologicamente dal fondo, per arrivare avanti con un crescendo di intensità e suspance.
La prospettiva è realizzata con una costruzione rigorosissima, per
sezioni parallele in profondità e linee convergenti nel punto di
fuga. Il palazzo di Erode si presenta con una visione verosimile e
dettagliata dell'interno. L'ambiente classico con gli archi a tutto
sesto composti dai conci rettangolari, questo tipo di muratura e
pavimentazione, riprende con esattezza il tipo
dell'antica domus romana. Nella scena Donatello inserisce una serie
di muri perpendicolari che scandiscono i vani, che man mano che si
allontanano indicano non solo la profondità, ma anche il susseguirsi
degli episodi della storia. Lo spazio è reso in modo che sembri
espandersi oltre al rilievo; si tratta di tre piani divisibili da arcate che,
susseguendosi, creano una visione a cannocchiale. Nei pilastri che
sostengono gli archi sono fissi dei pali, i quali determinano le direttrici
della costruzione spaziale; minuscole crepe creano la griglia della
mattonatura di grande realismo.
L'effetto drammatico dell'opera è
impostato sulla composizione.
Tutto si sviluppa in un crescendo e
in un intensificarsi di agitazione,
che parte dal fondo e arriva in primo
piano. Sul fondo le scene sono più
spoglie, ordinate, in contrasto al
primo piano dove si riversa lo
scompiglio, il movimento concitato
delle figure. Appena decentrato in
primo piano verso sinistra si coglie il
particolare macabro del servo che
consegna sul vassoio la testa
tagliata. E' il punto da cui vengono
respinti tutti i personaggi che
inorridiscono e si ritraggono. Di
grande impatto è anche la luce che
si concentra nel punto di fuga e si
disperde sulle superfici dei
drappeggi delle vesti, sui capelli e
sui particolari delle figure, creando
un effetto di chiaroscuro ad
un’incredibile opera che, in 60
centimetri quadrati, riesce a
racchiudere tre diverse scene e una
tale drammaticità nelle espressioni
e nei movimenti dei personaggi, da
coinvolgere lo spettatore e farlo
sentire presente nella scena.
ll David-Mercurio è una delle più note Donatello, David, 1439-1443, fusione in bronzo, h 158 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Donatello, Monumento equestre al Gattamelata, 1447-1453, fusione in bronzo, 340 x 390 cm. Padova, Piazza del Santo
Nell'ideazione della statua equestre Donatello si distaccò dai tradizionali esempi gotici delle arche scaligere presenti in
Veneto e si riferì al Monumento romano di Marco Aurelio, mentre per il cavallo si ispirò agli esempi romani dei Cavalli di
San Marco a Venezia.
https://www.youtube.com/watch?v=NLUM-
NraxwQ&ab_channel=HUBScuola
Monumento equestre a Erasmo di Narni, detto IL GATTAMELATA, 1443, Padova,
piazza S. Antonio Monumento equestre di Marco Aurelio, 176 d.C., Roma, piazza del Campidoglio
L'opera ci offre l'immagine di un uomo armato, fiero
e deciso. Ha un'espressione concentrata, le
sopracciglia aggrottate tradiscono la preoccupazione Il cavallo è il tipico destriero da battaglia, la tipica andatura
di chi deve guidare i suoi uomini verso un destino dell'animale è suggerita visivamente dalle linee curve del corpo:
incerto, ma le mascelle e le labbra serrate indicano lo scultore lo rappresenta mentre sembra fermarsi un attimo
anche la profonda consapevolezza e forte con uno degli zoccoli in equilibrio su una palla di cannone.
determinazione di un consumato condottiero. Le Quest'ultimo dettaglio rappresenta la soluzione ad un
guance e le tempie scavate, i capelli cortissimi e problema di stabilità tipico delle statue equestri. La relativa
scompigliati sono le caratteristiche di un uomo sottigliezza delle zampe del cavallo deve infatti reggere oltre al
d'azione energico, rude e fiero. corpo dell'animale anche il peso del cavaliere.
Donatello con la sua
opera affrontò il tema
classico del monumento
equestre. Si tratta infatti
della prima statua
equestre realizzata
dopo il lungo periodo
medioevale. Il
monumento realizzato
da Donatello rappresenta
così un primo esempio di
opera pubblica
celebrativa con risvolti
politici. Con
il Gattamelata, Donatello
rilanciò così la
tradizione del
monumento equestre.
In Europa si diffuse poi
progressivamente fino al
XIX secolo. Già nel
Quattrocento la statua
del condottiero fu un
modello per altri
monumenti equestri
come il monumento a
Bartolomeo Colleoni del
1480-1488 del Verrocchio
e il monumento a Cosimo
I del Giambologna.
Donatello, Maddalena penitente, 1453 – 1455, legno di pioppo, altezza 188 cm. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo
Donatello,
Maddalena “Di mano di Donato è una Santa Maria Maddalena di legno in
penitente,
1453 – 1455,
penitenza, molto bella e molto ben fatta, essendo consumata dai
legno di digiuni e dall’astinenza, intanto che pare in tutte le parti una
pioppo, perfezione di notomia, benissimo intesa per tutto.”
altezza 188
cm. Firenze, Il Vasari nelle Vite
Museo
dell’Opera
del Duomo
La Maddalena conservata nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
appartiene all'ultimo decennio di vita di Donatello e nonostante la
mancanza di una documentazione precisa, viene collocata intorno al
1456.