Il contesto storico nel periodo della formazione e consacrazione di Carracci e
Caravaggio era formato dalla riforma protestante di Lutero e dalla risposta della chiesa con l’indice dei libri proibiti. Questo viene considerato un periodo di rifioritura culturale in Europa, mentre in Italia si rimane “fermi” culturalmente dalle varie censure effetuate dalla chiesa. BERNINI: Scultore, architetto, pittore, scenografo: Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598 - Roma, 1680) è stato uno dei grandi protagonisti del Seicento europeo e l’artista con cui la scultura barocca raggiunse i suoi vertici più alti. Grande interprete della cultura figurativa del suo tempo, Bernini fu un ardito e continuo sperimentatore, che lungo una carriera durata oltre sessant’anni fu in grado di innovare in continuazione, ispirando generazioni su generazioni di artisti, creando stuoli di imitatori, guadagnandosi l’attenzione e gli incarichi non soltanto dei papi per i quali lavorò e per le grandi famiglie romane ma anche di diversi regnanti europei che gli chiedevano ritratti in continuazione. Fu dunque un artista di enorme successo. Le opere di Bernini hanno profondamente modificato il volto di Roma e hanno contribuito a renderla la città spettacolare e multiforme che vediamo oggi. Con Bernini, inoltre, si formò una vera civiltà dell’immagine fondata sul potere persuasivo dell’arte: una civiltà che nacque con la Chiesa e si diffuse nel resto d’Europa, con le corti animate dagli stessi intenti propagandistici della Chiesa. CONTESTO STORICO PERIODO BERNINI: Durante la formazione e consacrazione di Bernini abbiamo lo sviluppo della cultura Barocca. Il barocco è stato un movimento estetico, ideologico e culturale sorto in Italia tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo e dall'Italia propagatosi in tutta Europa nel mondo delle arti, della letteratura, della musica, e in numerosi altri ambiti, fino alla metà del XVIII secolo. Essa è rappresentata in modo eminente dall'opera di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini. In senso generale il Barocco è stato definito una “denominazione e qualifica dello stile secentesco: dapprima con senso dispregiativo, a indicare opera o forma goffa, pesante, strampalata, soprattutto artificiosa e involuta; oggi come designazione positiva e storica di quella civiltà letteraria e artistica. Piazza San Pietro melodramma Bernini riuscì ad utilizzare il melodramma per l’incarico di Piazza Navona, infatti lui costruisce borgo vecchio e borgo nuovo, come 2 strade strette che si aprono e ci mostrano piazza Navona, queste 2 stradine sono come le tende di un teatro, perché si aprono e mostrano la bellezza di piazza Navona, la quale con il rumore delle fontane crea la musica che ritroviamo nel melodramma. RATTO DI PROSERPINA: Il Ratto di Proserpina è un gruppo scultoreo realizzato da Gian Lorenzo Bernini, eseguito tra il 1621 e il 1622 su commissione del cardinale-protettore Scipione Caffarelli-Borghese. L'opera di Bernini coglie l'azione al culmine del suo svolgimento e offre all'osservatore il massimo del pathos: le emozioni dei personaggi sono infatti perfettamente rappresentate e leggibili attraverso la gestualità e l'espressività dei volti. Come possiamo vedere dall’opera Proserpina lotta inutilmente per sottrarsi alla furia erotica di Plutone spingendo la mano sinistra sul volto del dio, il quale, invece, la trattiene con forza, affondando letteralmente le sue dita nella coscia e nel fianco della donna. Con questo dettaglio, attraverso cui Bernini ha reso con notevole verosimiglianza la morbidezza della carne di Proserpina, lo scultore ha dimostrato il suo stupefacente virtuosismo. Bernini si prefiggeva di realizzare opere il cui virtuosismo fosse tale da far sì che i personaggi mitici raffigurati quasi sembrassero figure reali. Tuttavia, ciò che conferisce una certa artificiosità alla scena è la natura del movimento. La posa dei due è piuttosto innaturale e, idealmente, spiraliforme: un espediente, quello del moto a spirale, già utilizzato nel manierismo per esprimere al meglio un senso di moto e di dinamica all'interno di un'opera che, ovviamente, è caratterizzata dalla staticità. Tuttavia, pur essendo innaturale, la posa, nell'insieme, è indubbiamente molto teatrale e di grande impatto emotivo e visivo. APOLLO E DAFNE DI BERNINI: Il gruppo di Apollo e Dafne, in particolare, fu scolpito da Bernini tra il 1622 e il 1625. Il soggetto non era nuovo nella storia dell’arte ma gli scultori non lo avevano mai affrontato. Bernini osò quanto sino ad allora era apparso impossibile: rappresentare nel marmo un corpo umano che si trasforma in pianta. Narra Ovidio, nelle sue Metamorfosi, che Apollo, travolto da una passione incontenibile, inseguiva la ninfa Dafne; la fanciulla, che invece provava repulsione per lui, non voleva neppure essere toccata e scappava. Durante la corsa, ella implorò il padre, il dio fluviale Peneo, di salvarla; così, al tocco di Apollo venne trasformata in albero di alloro. Nel capolavoro di Bernini, Apollo riesce a raggiungere, alla fine di una lunga corsa, la bella Dafne e questa, sfiorata dalle dita del giovane, inizia la sua trasformazione in albero. Apollo ha il corpo di un adolescente, con i muscoli in tensione; sbilanciato in avanti, compie una rotazione con il busto per afferrare Dafne. Il mantello, che gli sta scivolando via, si gonfia nel vento. È confuso e ansimante. Dafne, invece, intuisce cosa sta accadendo e urla, più per lo stupore che per il dolore: si inarca all’indietro, ruota il busto e allarga le braccia in alto. Le sue mani e i capelli stanno prendendo la forma di rami e di foglie, le gambe stanno diventando tronco e i piedi radici. In un attimo la trasformazione sarà completata, la dura corteccia ricoprirà completamente il suo bel corpo di donna, le braccia e la chioma, già in parte mutate, saranno fronde. L’opera, le cui figure sono in scala naturale, è concepita per offrire molti punti di vista differenziati. Bernini volle collocarla in modo che, entrando nella stanza, si potesse inizialmente vedere solo Apollo di spalle e appena intuire il crescendo della metamorfosi di Dafne. Da quell’angolazione si scorgeva, infatti, la corteccia che già avvolge il corpo della ninfa ma anche la mano del dio che, secondo i versi di Ovidio, sotto il legno ancora sentiva batterle il cuore. Solo girando attorno alla scultura si sarebbero scoperti i particolari della trasformazione. Con Apollo e Dafne Bernini raggiunse la più alta e compiuta espressione della rappresentazione del movimento. Egli riuscì a fissare un solo istante dell’azione, quello cruciale. I due giovani sono in equilibrio precario, appaiono sbilanciati, sembrano dover cadere da un momento all’altro. Bernini seppe risolvere il complesso problema del rapporto tra spinte e controspinte attraverso un raffinatissimo gioco di equilibri: corpi, gambe e braccia delle due figure si estendono nello spazio sfidando le leggi di gravità, ma sono sempre in qualche modo bilanciate da altre parti che si protendono nella direzione opposta. L’Apollo e Dafne, in particolare, si presenta come un vero e proprio miracolo della tecnica. Le due figure sono ricavate da un unico, enorme blocco e le foglie arrivano a raggiungere spessori minimi, tanto che si potrebbero spezzare con la semplice pressione delle dita. David Anche il David (1623-1624) viene colto in un momento ben preciso della storia, e anche in questo caso l’opera era pensata per essere addossata a una parete, dato che il punto di vista preferenziale in origine era uno soltanto, anche se in questo caso non sappiamo con sicurezza quale fosse. Il David è raffigurato nell’istante in cui sta per scagliare la sua pietra. L’approccio è però del tutto diverso dello del David di Michelangelo, animato da una diversa tensione: là, il momento dell’azione era suggerito dalla tensione dei muscoli e si trattava del momento in cui il David iniziava a lanciare la pietra (quindi un momento precedente a quello descritto da Bernini, in cui David ormai sta per far partire la pietra verso Golia. BORROMINI: Figura diversa umanamente da Bernini, che ebbe una vita lunga e quasi principesca. Borromini è invece sempre tormentato, scontento del proprio lavoro e lavora per ordini religiosi. È originario di un paese del lago di Lugano in Lombardia dove nasce nel 1599. Ebbe una formazione sul cantiere, nel duomo di Milano; apprende non solo in modo teorico ma in modo pratico. In giovane età si trasferisce a Roma, anche perché li lavorava Carlo Maderno, un suo conterraneo e parente. Qui lavora all’inizio alle dipendenze di Bernini. In realtà i due sviluppano un modo di concepire l’arte che li distacca, si dice che fossero rivali. È solo architetto; dal 1430 lavora in modo indipendente. Si dice che Bernini gli abbia procurato il primo incarico, ma non come favore, ma con l’obbiettivo di farlo andare via. Questo primo incarica è essere nominato architetto della Sapienza, l’università di Roma. È una persona molto tormentata che tendeva ad una perfezione che pensava di non raggiungere mai. Questa sua depressione lo porterà ad una morte da suicida nel 1667. Borromini è molto concreto, rimane legato alla sua prima esperienza di lavoratore della pietra. Fa chiese romane di piccole dimensioni come quella di san Carlo alle quattro fontane chiamata anche di san Carlino per le dimensioni ridotte. Un’altra chiesa è quella di san Ivo alla Sapienza e poi lavora anche in San Giovanni in Laterano. Opera più importante di Borromini è sicuramente il “San Carlo alle Quattro Fontane”