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Fontana dei Quattro Fiumi

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La fontana del Bernini sovrastata dall'obelisco di Domiziano

La scultura detta Fontana dei Quattro Fiumi si trova a Roma in piazza Navona (davanti alla
chiesa di Santa Agnese fatta da Borromini) ed è stata ideata e plasmata
dallo scultore e pittoreGian Lorenzo Bernini nel 1651 su commissione di Papa Innocenzo
X Pamphilj, in piena epoca barocca, durante il periodo più fecondo di questo artista.

Si dice che il Bernini, per ottenere la commissione della realizzazione della Fontana da Innocenzo
X, regalò un modello in argento dell'opera alto un metro e mezzo, alla cognata del Papa
DonnaOlimpia Maidalchini la quale avida come era, convinse il cognato Papa a concedere il lavoro
appunto al Bernini che così facendo, spiazzò la concorrenza del Borromini.

Indice
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• 1 Descrizione
o 1.1 Gli animali della fontana
• 2 Leggende sulla fontana
• 3 Note
• 4 Bibliografia
• 5 Voci correlate

• 6 Altri progetti

Descrizione [modifica]
La fontana si compone di una base formata da una grande vasca ellittica, sormontata da un
grande gruppo marmoreo, sulla cui sommità si eleva un obelisco egizio ("Obelisco Agonale") di
epoca romana, rinvenuto nel 1647 nel circo di Massenzio sulla via Appia.

Le statue che compongono la fontana hanno una dimensione maggiore di quella reale. I nudi
rappresentano le allegorie dei quattro principali fiumi della Terra (Nilo, Gange, Danubio e Rio della
Plata), uno per ciascuno dei continenti allora conosciuti, e nell'opera sono
dei giganti in marmo appoggiati sullo scoglio in travertino.

Gli alberi e le piante che emergono dall'acqua e che si trovano tra le rocce appaiono anch'essi tutti
in scala più elevata. Le creature animali e vegetali, generate da una natura buona e utile,
appartengono a razze e a stirpi grandi e potenti. Lo spettatore, girando intorno all'imponente
fontana, può scoprire nuove forme o particolari che prima erano nascosti o quasi del tutto coperti
dalla massa rocciosa. Con questa fontana il Bernini vuole suscitare meraviglia in chi la guarda,
componendo un piccolo universo in movimento ad imitazione dello spazio della realtà naturale.

Si tratta di un paesaggio in cui l'elemento pittorico tende a prevalere, con lo scoglio, con l'anfratto
da cui esce un animale selvatico o su cui c'è una pianta rampicante. In questa opera il Bernini
ottiene vive sensazioni atmosferiche: infatti un vento impetuoso colpisce la pianta dipalma, la cui
chioma urta contro la roccia, muove la criniera del cavallo e sibila tra gli anfratti della rupe.

A lavoro concluso, il Bernini volle dare colore alle rocce, alla palma, alle peonie, per farle sembrare
d'oro. Così, all'illusionismo dell'insieme, si aggiungeva una componente coloristica ancora più
accentuata.

I letterati e i poeti contemporanei espressero il loro stupore per una fontana così straordinaria,
sottolineando l'impressione del capriccioso e in alcune parti perfino dell'esotico che la scultura
trasmette in colui che la osserva. Il Bernini, più che nelle altre fontane, tende a valorizzare
l'acqua come l'elemento essenziale della scultura.

Il disegno dei quattro colossi nudi che fungono da allegorie dei fiumi risalgono all'antico. I giganti
del Bernini si muovono in gesti pieni di vita e con un'incontenibile esuberanza espressiva.
Sull'antico, però, prevale l'invenzione del capriccioso. Così il Danubio indica
lo stemma delPamphili e il Nilo si copre il volto con un panneggio, facendo riferimento all'oscurità
delle sue sorgenti, rimaste ignote fino alla fine del XIX secolo. Lo scultore ricerca uno studio più
attento dei movimenti e delle espressioni, che l'artista varia al massimo.

Il Bernini nella progettazione della fontana volle conoscere e tener presente il significato della
simbologia contenuta nell'obelisco egizio collocato al suo centro. Per decifrare le iscrizioni presenti
sulle quattro facce si avvalse della collaborazione di Athanasius Kircher, un gesuita, colto
umanista, operante in quegli anni a Roma; questi indubbiamente influenzò lo scultore con le sue
teorie di stampo neoplatonico e i suoi riferimenti dotti alla sapienza egizia e caldea,
alla cabala ebraica, e a molti altri ambiti culturali collegati tra loro dalla comune origine gnostico-
sapienziale: ritroviamo tutti questi elementi presenti in forma simbolica nella fontana, che viene
così a costituire quasi una prosecuzione delle simbologie presenti sulla stele. Kircher, come altri
umanisti prima di lui, credeva in una continuità sapienziale di una linea proveniente
dall'antico Egitto e dalla tradizione mosaica, passante per la cultura greco-persiana per approdare
infine al cristianesimo delle origini. Nella fontana si possono riscontrare quattro nuclei tematici
principali:

 La tetrade (numeri consecutivi dall'1 al 4 sommati), simbolo numerico di matrice platonica e


pitagorico-neoplatonica, di decifrazione complessa, è legato alla perfezione della creazione
divina; è rappresentato dalla forma piramidale della stele, la piramide essendo una delle
rappresentazioni della tetrade.
 La polarità dicotomica. Forma speculativa di origine gnostica e manichea, viene svolta nella
fontana sotto forma di coppie di opposti, rimandanti alla coppia originaria bene/male. Le due
coppie più evidenti sono:
 Luce/Buio: principale nucleo di senso dell'opera, è legato alla stessa forma
dell'obelisco, rimandante a un raggio di luce, collocato in modo contrapposto alle tenebre
rappresentate dalla caverna sotto la stele. Questa linea di pensiero proviene in particolare
dall'emanazionismo di Plotino e da Cusano.
 Piena/Secca: dialettica presente nella tradizione mosaica (episodio biblico delle
vacche magre e delle vacche grasse) ed egiziana. Il leone della fontana che lambisce
l'acqua con la lingua, modellato sulle statue di Moptha, il dio leone, presenti nei tempi egizi
con la funzione di "nilometro", simboleggia l'alternanza abbondanza/carestia dovuta alla
ciclicità delle piene del Nilo. La carestia, la distruzione, è rappresentata dall'ippopotamo,
sostituito nella fontana, con uno stratagemma linguistico, dal cavallo (ippopotamo=cavallo
di fiume), simbolo di Tifone, il vento arido che distrugge i raccolti.
 L'uovo di Zoroastro. Schema cosmologico di forma ellissoidale, rappresentante l'azione
nella cosmogonia dei principi opposti di luce e ombra. La pianta della fontana ricalca la
morfologia dell'uovo: da questa riprende l'andamento ellissoidale e la collocazione del
sole/obelisco, al centro. All'uovo di Zoroastro riportano inoltre le altre numerose simbologie
riconducibili alla dicotomia luce/ombra.
 La colomba. Allo stesso tempo simbolo dello Spirito Santo e stemma del
pontefice Innocenzo X Pamphilij, che aveva commissionato la fontana, vuole sottolineare come
il culmine della sapienza racchiusa nella simbologia della fontana, proveniente dall'Egitto
ermetico e dalla Persia zoroastriana, è la rivelazione cristiana, posta in sostanziale continuità
con quelle antiche forme di gnosi.
La Fontana dei Quattro La Fontana dei Quattro La Fontana dei Quattro La Fontana dei Quattro
Fiumi (particolare). Fiumi (particolare). Fiumi (particolare). Fiumi (particolare).

Gli animali della fontana [modifica]


Sulla fontana sono stati raffigurati sette animali, oltre alla piccola colomba ed ai delfinetti nello
stemma dei Pamphili. Per trovarli bisogna fare il giro attorno a tutta la fontana e sono: un cavallo,
un serpente di terra (nella parte più alta vicino all'obelisco), un serpente di mare, un delfino (che fa
anche da inghiottitoio delle acque), un coccodrillo, un leone e un dragone. Notevole è anche la
resa delle piante scolpite che sembrano reali.

Il leone. Il coccodrillo. Il serpente di mare. Il cavallo.

Il serpente di terra. Il delfino. Il drago. Gli animali dello stemma.

Leggende sulla fontana [modifica]


Una leggenda, molto popolare ancora ai giorni nostri, è legata alla rivalità tra il Bernini e l'altro
grande maestro del barocco, il Borromini. Si crede infatti che la statua del Rio della Plata tenga
alzato il braccio nel timore di un crollo della prospiciente Sant'Agnese in Agone e che ugualmente
la statua del Nilo si copra il volto per non doverla vedere (in realtà, la statua è coperta da un velo
perché quando fu realizzata non si conoscevano ancora le fonti del Nilo). Si tratta di una semplice
leggenda, poiché la fontana fu realizzata prima della chiesa, tra il 1648 e il1651,
mentre Sant'Agnese fu iniziata da Borromini non prima del 1652[1].

Sono inoltre tramandate dai cronisti dell'epoca alcuni esempi del carattere giocoso del Bernini: il
giorno dell'inaugurazione della fontana, alla presenza di papa Innocenzo X, dopo aver scoperto il
suo lavoro tutti rimasero folgorati dalla bellezza delle statue, ma la fontana era priva di acqua.
Facendo finta di niente il Bernini raccolse le congratulazioni di tutti compreso il papa, il quale non
fece cenno della mancanza per non umiliarlo e, solo quando egli stava facendo girare il corteo
pontificio per andarsene un po' a malincuore, il grande scultore fece un cenno e finalmente il suo
complice aprì la leva che fece sgorgare le acque, con grande ammirazione e soddisfazione di tutti.
Ci sono tramandate anche le parole del papa che disse Cavalier Bernini, con questa vostra
piacevolezza ci avete accresciuto di 10 anni di vita!.

In un'altra occasione Bernini dimostrò senso dell'umorismo: molti erano preoccupati della stabilità
dell'obelisco sulla fontana e più di uno gli fece notare che il suo innalzamento era una sfida
all'equilibrio naturale, tanto che un giorno alcuni suoi rivali sparsero la voce che l'obelisco stesse
per crollare. Bernini non mancò di arrivare presto, e, davanti alla numerosa folla che si era
adunata, fissò alla base dell'obelisco quattro cordicelle sottili che solennemente attaccò con dei
chiodini ai muri delle case circostanti della piazza.

Baldacchino di San Pietro


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Il Baldacchino di San Pietro nellaBasilica di San Pietro in Vaticano


Il Baldacchino visto da sotto, con la cupola nello sfondo

Il Baldacchino di San Pietro è un monumentale impianto architettonico barocco all'interno


dellabasilica di San Pietro in Vaticano, ideato per segnare il luogo del sepolcro del santo,
inserendosi sullo spazio semicircolare della confessione.

Fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il luglio 1624 e il 1633. L'incarico di realizzarlo fu la prima
grande commissione pubblica che l'artista ottenne in seguito all'elezione di papa Urbano
VIIInel 1623; l'opera venne inaugurata il 28 giugno 1633 dallo stesso papa.

Quella del Baldacchino è la prima impresa di Bernini in cui si fondono scultura e architettura a tal
punto da creare una allegorica immagine di un oggetto, un catafalco processionale di grandezza
monumentale, molto più grande del solito, e che sostituisce il consueto ciborio inserendosi nello
spazio in maniera innovativa e scenografica, aprendo nuove prospettive all'architettura barocca.

Quest'impresa è anche il risultato di un lavoro di cantiere collettivo che vide coinvolti altri artisti
celebri come Francesco Borromini, suo assistente per la parte architettonica, e gli scultori Stefano
Maderno, Francois Duquesnoy, Andrea Bolgi, Giuliano Finelli, Luigi Bernini (fratello di Gian
Lorenzo) e una schiera di fonditori e scalpellini.

Per realizzare l'opera vennero asportati e fusi gli antichi bronzi del Pantheon, consistenti nelle
sculture poste sul frontone e negli elementi di copertura del pronao. La scellerata decisione ispirò
la celebre pasquinata Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini ("ciò che non fecero i barbari,
fecero i Barberini") con la quale si voleva sottolineare la smisurata ambizione della famiglia del
pontefice che, pur di autocelebrarsi con monumenti spettacolari, spendeva cifre enormi e neppure
si fermava di fronte al danneggiamento di uno dei monumenti più importanti dell'antica Roma.

Le caratteristiche colonne tortili, alte 11 metri, sono composte di tre pezzi ciascuna, a cui si
aggiungono i capitelli e i basamenti su cui sono raffigurate le fasi di un parto tramite le espressioni
di un volto femminile[1]; sono tortili ad imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio della
vecchia basilica e attraversate da elementi naturalistici bronzei come tralci di lauro (che alludono
alla passione di papa Urbano VIII per la poesia), lucertole (simboli di rinascita e di ricerca di Dio) e
api, che fanno parte dello stemma della famiglia papale e che si trovano anche nei basamenti
marmorei. Questi quattro pilastri sono collegati da una trabeazione convessa tipica del Barocco.

Per la parte superiore fu adottata la struttura a dorso di delfino, al fine di alleggerirne l'aspetto, e si
aggiunsero statue (che furono disegnate da Francesco Borromini) di angeli e putti che reggono i
festoni, mentre i drappi sotto la trabeazione sono in movimento come mossi dal vento; a
sottolineare la commissione di un papa afferente alla famiglia Barberini, Bernini pose su uno dei
lati del baldacchino un putto che alza al cielo un'enorme corpo d'ape rovesciato; in cima fu
collocato il globo con la croce; le statue sono animate in senso barocco e sono impreziosite
cromaticamente, come il resto dell'opera, dall'uso della doratura.

È possibile ammirare una copia del Baldacchino (simile e di dimensioni minori) presso laCattedrale
di San Feliciano di Foligno.

Piazza San Pietro


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Coordinate: 41°54′8″N 12°27′23″E

Piazza San Pietro, il colonnato del Bernini e Via della Conciliazione con il rione di Borgo viste
dallaBasilica di San Pietro
Piazza San Pietro vista da Giovanni Battista Piranesi (1748)

Piazza San Pietro è la piazza antistante la basilica di San Pietro. Inserita a margine del centro
storico di Roma, la piazza è compresa nella Città del Vaticano, e delimitata dal confine con lo Stato
italiano; attraverso il rione Borgo che giace a est, i principali accessi sono da via di Porta
Angelica o da via della Conciliazione.

Descrizione [modifica]
La celeberrima piazza, notevole esempio di architettura ed urbanistica barocca, è dedicata
all'omonimo santo ed è quotidiano punto d'incontro per migliaia di fedeli cattolici provenienti da
tutto il mondo.

Lo spazio della piazza è formata da due parti: la prima a forma di trapezio rovescio il cui lato
maggiore corrisponde alla facciata con specifiche motivazioni prospettiche; la seconda, più grande,
di forma ovale con l'obelisco Vaticano al centro. I due grandi spazi sono unificati da un imponente
colonnato architravato. Nella situazione attuale, davanti alla piazza vera e propria troviamo un altro
spazio che funge da vestibolo (Piazza Rusticucci, oggi piazza Pio XII) e su cui sbocca in asse, la
novecentesca Via della Conciliazione.

Storia [modifica]
La Platea Sancti Petri fino al XV secolo [modifica]
La Piazza di San Pietro e la basilica retrostante occupano una piccola valle posta tra il colle
Vaticano e colle Gianicolo occupata in epoca classica dal Circo di Nerone, dalla via Cornelia e da
un'area cimiteriale ora denominata Necropoli vaticana, dove fu posta, secondo la tradizione, la
tomba di san Pietro dopo il martirio nel vicino Circo. Per tale motivo nel IV secolo fu eretta su tale
area la grande basilica costantiniana. Con tale costruzione venne creata, interrando anche l'area
cimiteriale[1], una vasta spianata chiamata platea Sancti Petri, in parte occupata dalla chiesa, in
parte dal quadriportico ed in parte lasciata libera.

Al suo margine nel Medioevo, nacque il quartiere del Borgo che occupava l'area compresa tra il
Tevere e la spianata.

Papa Pio II fece realizzare una scalinata marmorea davanti alla facciata della basilica ed iniziare
una loggia per le benedizioni a Francesco del Borgo. Papa Niccolò V aveva progettato di
trasformare l'informe spazio in terra battuta della platea in una piazza porticata all'interno del
complessivo riordino dell'area vaticana in cui era impegnato Bernardo Rossellino, regolarizzando
nel contempo le tre strade medievali del Borgo che vi afferivano. Il progetto non ebbe seguito
immediato.

All'inizio del Cinquecento la piazza (platea Sancti Petri) era all'incirca rettangolare, priva di
pavimentazione, con un dislivello di circa dieci metri tra il piede della scalinata che conduceva alla
basilica e l'antistante quartiere del Borgo che giungeva al Tevere.
La Via Recta o Via Alessandrina [modifica]
Papa Alessandro VI per il Giubileo del 1500 fece aprire la prima strada nuova rettilinea di Roma,
fra il ponte Sant'Angelo e il portone del Palazzo vaticano, forse regolarizzando la medievale via
porticata, Portica Sancti Petri[2] e traversando la platea con una striscia lastricata, inclinata di circa
6 gradi rispetto all'asse dell'antica basilica. Per realizzare tale strada fece demolire, con l'aiuto dei
pellegrini, la cosiddettaMeta Romuli, una sepoltura monumentale romana a forma di piramide. Tale
asse viario, detto anche Borgo Nuovo, creava davanti al grande portale di ingresso ai palazzi
vaticani una prospettiva di circa 800 metri (il Borgo più l'attraversamento lastricato della platea): si
trattava della conferma che Alessandro VI non assegnava alcun ruolo prioritario alla basilica di San
Pietro nel quadro della creazione della cittadella pontificia; egli proponeva invece come riferimento
per questa operazione il palazzo, la curia, la residenza del papa.

La Via Recta, o via Alessandrina o via Borgo Nuovo, è dunque il primo rettifilo centrato sul portone
di un palazzo, come una lunga passatoia che dall'androne di questo entra nella città. Il prototipo
alessandrino nasce nell'ambito di un programma che non è architettonico: non si prevedeva, in
quegli anni, di ricostruire né San Pietro, né i Palazzi Vaticani secondo un disegno unitario. Mentre
tutto verrà demolito e ricostruito attorno a quel portale, quell'asse non verrà più cancellato: il
portone diventa il Portone di bronzo, e la sua immagine rimane impressa già molto prima di
arrivarvi; l'atrio retrostante diventa il lungo corridoio del Bernini, allineato in fondo con la Scala
regia che conduce alla Sala omonima, da cui si entra nella Sistina da una parte, nell'alloggio del
pontefice dall'altra.

Rapidamente intorno a quest'asse il Borgo, precedentemente in stato di abbandono, si riorganizza


in una commistione di edilizia popolare e palazzi cardinalizi progettati dai più importanti architetti
del primo XVI secolo.

La basilica di San Pietro [modifica]


Durante il pontificato di Giulio II venne deciso di riedificare completamente la grande basilica,
iniziando i lavori dalla parte absidale, tanto che la piazza per oltre un secolo non sarà interessata
dal grande cantiere. Tuttavia la lunga storia dei progetti, nell'alternanza tra pianta centrale a croce
greca coperta la grande cupola (voluta da Bramante e Michelangelo Buonarroti) e quella a croce
latina che si affermerà definitivamente nel clima della Controriforma, determinerà il rapporto con la
città della basilica ed in definitiva il futuro assetto della piazza. La costruzione del grande edificio
pocedette lentamente, con un lungo elenco di progettisti: Bramante, Raffaello (con Giuliano da
Sangallo e Fra' Giocondo),Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi,
Michelangelo, Jacopo Barozzi da Vignola, Giacomo Della Porta con Domenico Fontana, Maderno.

Interventi sulla platea dal Cinquecento [modifica]


La piazza alla fine del XVI secolo

Durante tutto il XVI secolo la piazza non fu interessata dai lavori di ricostruzione della basilica che
continuava a rivolgere, verso la piazza la vecchia facciata, il quadriportico e le varie costruzioni
addossate. Pio IV a metà del Cinquecento allarga la piazza sui due lati. Nel 1586Sisto V fa
trasportare davanti alla basilica, circa a metà dell'intervallo fra il piede dell'antica scalinata e
l'isolato di fronte, l'antico obelisco egiziano che, dopo essere stato usato come Meta nel Circo
Neroniano, si innalzava, poco discosto dall'edificio, sul fianco sud della Basilica[3].

Quando però, vent'anni dopo, la nuova fabbrica di San Pietro si erge in fondo alla piazza, l'obelisco
risulta spostato di 1,56 metri verso nord rispetto al suo asse, perché l'architettoDomenico Fontana,
nel trasportarlo e collocarlo, si era probabilmente riferito alla basilica costantiniana allora
parzialmente ancora in piedi. Inoltre, se fosse stato collocato sull'asse dell'edificio nuovo, sarebbe
risultato quasi a ridosso degli isolati a sud della piazza, la cui demolizione verrà decisa molto più
tardi.

La questione della piazza [modifica]

La facciata con i campanili del Maderno non realizzati

È solo dal Seicento che si pone la questione della piazza. Infatti papa Paolo V, nei primi decenni
del secolo fa costruire da Maderno il corpo longitudinale della chiesa rinunciando definitivamente al
progetto a pianta centrale di Michelangelo.

È in questa situazione che si passa dalle questioni dentro la chiesa, alle questioni fuori dalla
chiesa. Il problema è quello di trasformare uno spazio abbastanza indifferenziato, quale era
laplatea Sancti Petri, in uno spazio direttamente funzionale alla basilica. Mentre si distrugge
l'antico quadriportico del Paradiso, si ripropone il problema di soddisfare alle sue funzioni di
anticamera di san Pietro, ma più avanti, più all'esterno.

Inoltre Adesso i papi guardano dal Quirinale a San Pietro in una prospettiva formale e ideologica
diversa da quella che avevano dal Vaticano. San Pietro cessa di essere la grandiosa cappella del
palazzo papale e ritorna ad essere una delle basiliche di Roma, ed anzi ormai si concretizza il
travagliato progetto, a cui avevano dato avvio Giulio II e Bramante, di fare della chiesa il centro
simbolico della cristianità.

Subito dopo la navata, Maderno realizza la facciata riproponendo in un solo piano il prospetto
disegnato da Michelangelo, compreso l'ordine gigante. Per correggere le sue proporzioni inusuali
prevede anche di affiancarle due campanili. Martino Ferrabosco adegua allora l'ingresso ai palazzi
vaticani costruendo un nuovo avancorpo monumentale, marcato da una torre, sempre sull'asse
della via Alessandrina.

La piazza viene sempre voluta e pensata come chiusa anche per evidente contrapposizione alla
precedente platea Sancti Petri, apertissima in ogni direzione; quasi per assicurarsi che questo
carattere non venga poi compromesso, si crea contemporaneamente anche un'altra piazza, del
tutto aperta.

L'intervento secentesco comprende in realtà tre parti successive: la navata longitudinale con la sua
facciata; la piazza San Pietro interna, «chiusa» ed unitariamente progettata; la piazza Rusticucci
esterna, «aperta», vuoto ottenuto senza nessun disegno e «progetto».

Bernini: la facciata «quatta» [modifica]


Nella prima metà del Seicento anche Bernini prova a delimitare la cupola con due campanili, per
dare una presentazione assiale dell'edificio con un accesso di scarsa larghezza e forte profondità,
ma il cedimento delle fondamenta gli impedisce di procedere con la costruzione.

Immaginerà poi una diversa soluzione, legata alla risistemazione complessiva della piazza.

La piazza retta [modifica]


Quando Bernini affronta la sistemazione complessiva dello snodo tra il nuovo san Pietro e la città
la soluzione urbanistica è l'unica obbligata, e così ribalta l'asse alessandrino rispetto all'asse della
basilica, realizzando davanti alla facciata uno spazio a trapezio. Può essere avanzata anche
l'ipotesi di un riferimento extra-biblico all'Ariel ("leone di Dio", perché il leone viene schematizzato
con un trapezio per via delle maggiori dimensioni delle spalle), un cortile trapezoidale del Tempio
di Salomone (Re e Sacerdote, come il Papa).

Le due ali rettilinee devono però essere svincolate dalla scalinata centrale, essendo il pavimento
della nuova basilica 3,2 metri più alto di quello antico, per la decisione presa di realizzare le
«grotte».
Nella vistosa inclinazione dei "corridori" Bernini rinuncia alla soluzione cinquecentesca di lasciare
un ordine retto, inserendo sotto la base e tra capitello e trabeazione dei 'cunei' triangolari, e usa
invece un'"architettura obliqua". Ciò contravviene a quanto sosteneva Vitruvio riguardo
l'architettura come specchio della realtà.

La cornice dei tratti porticati finisce esattamente alla quota di quella dell'ordine basso inserito da
Maderno nell'ordine gigante michelangiolesco. Si ha così l'impressione di un unico partito
architettonico che circonda l'invaso.

Dovendo però accettare l'obelisco come centro della nuova piazza, Bernini ha dovuto ruotare
l'asse maggiore dell'ovale per renderlo parallelo alla facciata, imprimendo così una sensibile
deformazione alla parte trapezoidale.

La divergenza fra le ali fa sembrare più vicina la parete di fondo e al contempo cerca di mediare la
necessità di far predominare nella piazza l'asse della basilica (sottolineato dall'obelisco) e nella
città l'asse della via Alessandrina, centrata sul portone di bronzo.

L'asse architettonico e quello urbanistico [modifica]


Quello che nella città è l'asse principale, nella piazza diventa l'asse secondario, tanto che si
prevede anche la demolizione della torre di Ferrabosco.

Bernini per la prima volta nella storia impone alla piazza l'asse della basilica; ma vi conserva
dentro l'asse ormai plurisecolare del Borgo Nuovo, anche se completamente nascosto. Non lo
evidenzia in alcun modo né il disegno della pavimentazione, né alcuna eminenza scultorea; ma è
vero che nulla lo interrompe, e la fontana nell'esedra settentrionale della piazza è tangente
all'angolo esterno di questo percorso, proprio per non intercettarlo.

La piazza ovale [modifica]

Piazza San Pietro in una fotografia del 1909


Piazza San Pietro, con vista frontale sull'omonima basilica; si notino le architetture ai suoi lati, che
rendono asimmetrica la veduta della piazza

La fontana vista da nord

La fontana vista da sud

Il problema del raccordo tra il trapezio e il tessuto circostante viene dapprima risolto con un
«parallelogramma», i cui bordi sono edifici porticati che rispondano ai presupposti economici e
funzionali enunciati dalla Congregazione della Fabbrica di San Pietro. Il portico riportava
simbolicamente alla tradizionale processione del Corpus Domini, guidata dal papa attraverso le
strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini.

Ma papa Alessandro VII Chigi interviene introducendo l'idea del portico libero e cancella i possibili
rientri finanziari, permettendo così a Bernini di ripensare il progetto; nel farlo egli dovette
comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, fino ad attribuire le scelte
decisive al pontefice e allo Spirito Santo.
Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra area oltre
a quella dell'«insula grande» e rispettare i prospetti delle case ad essa antistanti, con l'intenzione
di dimostrare così la netta insufficienza della proposta. Con le demolizioni, che inevitabilmente
deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il quartiere di Borgo cambierà radicalmente;
fino ad allora le sue case si erano spinte oltre l'abside di San Pietro sul lato meridionale, tra questo
e le mura. Le demolizioni per la piazza lo spaccano quasi metà. La trasformazione di Borgo
corrispose poi anche a un cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne
aristocratico. E diventò probabilmente anche più romano.

Ma perché l'ovale? Perché non era un'ellisse, di più difficile disegno e realizzazione e inconsueto
nell'architettura sacra; e perché l'ovale è l'unione di due semicirconferenze che si intersecano nei
rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica notoriamente cara alla Chiesa per
via delle sue implicazioni cosmologiche[senza fonte]. L'idea dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte
contrapposizione alla basilica longitudinale, serviva a reggere la spinta delle sequenza formata
dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini sosteneva opportunamente che «la chiesa di S. Pietro,
quasi matrice di tutte le altre doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever à
braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl'Heretici per riunirli alla
Chiesa, e gl'Infedeli per illuminarli alla vera fede», dando così una felice immagine del suo
intervento ancor oggi comunemente riconosciuta e accettata.

La piazza ovale doveva però essere ricavata in pendio, su cui la posizione dell'obelisco costituiva
una quota non modificabile. Nella primitiva soluzione ad arcate si era pensato di far assorbire il
dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico orizzontale. Nella soluzione definitiva il
colonnato corre su un piano inclinato in modo impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la
sua tessitura, formata da elementi uguali, è deformata a parallelogramma da pavimento a soffitto.

La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema evocabile
dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da Ezechiele
come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero della Trinità. In più
l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non avrebbe impedito al popolo la
veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro e di benedirli.

E la concavità della piazza produce l'effetto «teatro» (così definito nei documenti): quando è piena
di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea.

Altri particolari:

 il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi
dell'emiciclo settentrionale;
 la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord è parallela al prospetto meridionale
dello stesso Palazzo Nuovo.[4]
Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la linearità
dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo l'interno del corridoio
risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente allineate. Con la posizione delle fontane,
che si frappongono tra l'osservatore e gli avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a
nord era stata rinnovata dal Maderno, quella "gemella" a sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De'
Rossi).

La lunga teoria delle 162 statue di santi – ognuno in corrispondenza di una colonna, come tante
singole colonne trionfali – rappresenta la «ecclesia triunphans» in relazione alla «ecclesia militans»
cioè la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni delle sculture – realizzate da
collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con modelli dal vero provati sulla piazza – sono
esattamente la metà di quelle sulla facciata della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e
un Gesù di mano berniniana (la cui croce è sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella
dell'obelisco antistante). Dimensioni: 198 X 148 metri.

Piazza Rusticucci [modifica]


L'ingente e complessa manomissione della forma urbana, dovuta alla demolizione dell'ultimo
isolato tra la via Alessandrina e Borgo Vecchio – interrompendone la continuità – è messa a frutto
in scala architettonica.

La parte occidentale è il recapito dell'asse urbanistico e il luogo del suo raccordo con l'asse
architettonico, che si ferma, non potendo prolungarsi nella dimensione urbana.

Il contributo di piazza Rusticucci alla riuscita dell'insieme era determinante: non solo creava la
distanza prospettica necessaria per ritrovare la cupola al di sopra della facciata, ma permetteva di
vedere anche la piazza e il portico, di cogliere questo spazio-catino anteposto e strettamente
congiunto al resto. La piazza è molto decentrata rispetto a San Pietro, ma dalla parte giusta, cioè
verso il portone di bronzo.

Dopo lo sventramento piacentiniano è stata sostituita dalla simmetrica piazza Pio XII, termine di
via della Conciliazione.

Le colonne [modifica]
Tra l'obelisco e la fontana di destra, sul suolo, si trova contrassegnato il "centro del colonnato", da cui,
con un gioco prospettico, le quattro massicce file di colonne sembrano solo una

Vista del colonnato

La forma complessa rendeva difficile l'allineamento delle colonne e la conformazione dell'ordine.


Anche le basi devono essere deformate sull'arco di cerchio, così come i capitelli se fossero stati
utilizzati lo ionico o il corinzio. Quello dorico è pertanto l'ordine più adatto alla geometria della
piazza, utilizzato semplificando la trabeazione, senza metope e dei triglifi così come proposto
nell'opera teorica del Vignola.

L'ordine dorico era comunque considerato un ordine eroico adatto alla figura di san Pietro (vedi
il martyrium del Tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, del Bramante). In realtà il grande
ordine continuo della piazza è dorico nei sostegni verticali – colonne, pilastri e lesene – e più o
meno ionico (privo di triglifi) nella trabeazione: così del resto era usato spesso per marcare volumi
curvilinei, com'è – per esempio – la trabeazione del primo piano del Colosseo. Relativamente
basso ed estremamente austero, il dorico forniva un contrasto semplice e poco attraente
("contrapposto" era la parola di Bernini), che avrebbe ingrandito l'altezza della facciata e
aumentato la magnificenza dell'ordine corinzio della facciata.

La giacitura curva implica però l'espediente di aumentare gradualmente il diametro delle colonne
dalla prima alla quarta fila per compensare l'aumento dell'intercolumnio. Ciò comporta che le
proporzioni delle slanciate colonne e degli intercolumni sul lato interno della piazza sono vicine a
quelle del corinzio, mentre all'esterno – più massicce – sono compatibili col dorico; lo scarto
proporzionale sarebbe risultato evidente soprattutto nei triglifi, che vengono soppressi anche per
questo motivo.

Il «terzo braccio» [modifica]

La piazza con il terzo braccio

Un tema controverso (e delicatissimo) è la saldatura fra il nuovo scenario aulico e il paesaggio


urbano preesistente. Bernini ipotizza allora un «terzo braccio» centrale del colonnato, distanziato
dai laterali quanto basta per non invadere il canale visivo fra Borgo Nuovo e il portone di bronzo.

Prima segue la forma ovata della piazza (rendendone più netta la percezione), poi approda a una
versione rettilinea, che più tardi vorrebbe anche arretrare verso il borgo. Ma la Congregazione, pur
decidendo l'abbattimento dell'ultimo isolato di Borgo Nuovo, rimanda al futuro ogni spesa edilizia.
Poco dopo, con la morte di Alessandro VII, tramonta l'eventualità di queste aggiunte. La
mediazione tra la scala del monumento bramantesco e la scala minuta della città moderna non
viene più separata nettamente da altri corpi edilizi.

Lo scenario della piazza è presentato obliquamente anche nella maggior parte delle incisioni e
delle fotografie antiche. È questa coscienza connaturata con la città che ha scongiurato per lungo
tempo l'esecuzione dei tanti progetti per la demolizione della «spina»; ancora nel 1882 il consiglio
comunale di Roma delibera di sospendere, per questa parte, l'esecuzione del piano regolatore
del 1881 «anche per ragioni di estetica, essendo a dubitarsi che quella demolizione possa nuocere
all'effetto della piazza di san Pietro»[senza fonte].

Risoluzione dei problemi [modifica]


«L'abilità dell'Architetto si conosce principalmente in convertir i difetti del luogo in bellezza».
[5]
Bernini impostò il suo progetto su tutti i vincoli che i secoli precedenti – e i papi e gli architetti –
gli avevano trasmesso e imposto. Solo a San Pietro ha modo di lavorare abbastanza a lungo, in
fasi successive e correggendo se stesso, su un unico contesto. Riesce così a riordinare un intero
pezzo di città. Ci sono anomalie, simmetrie soltanto apparenti, soluzioni insolite, accomodamenti
dissimulati e bruschi raccordi francamente accettati, adattamenti ai vincoli imposti dagli elementi
preesistenti e artifici per mascherare la loro irregolarità.

Bernini non considera le proporzioni un valore assoluto ma una variabile dipendente da un più
ampio contesto.

Interventi sulla facciata del Maderno [modifica]


Il prospetto troppo sviluppato in orizzontale, basso e largo, non poteva essere rialzato senza
danneggiare ulteriormente la visuale della cupola.

Definita da Bernini una facciata «quatta», priva di ogni apprezzabile articolazione in profondità, fu
modificata in senso tanto estetico quanto funzionale. La scalinata che davanti alla chiesa, larga
quanto l'intera facciata, viene limitata solo alla parte centrale; davanti alle due appendici, costruite
come basi dei due campanili, Bernini demolisce la gradinata preesistente, scava il terreno
sottostante e abbassa il nuovo piano di calpestio fino a dove lo consentono le fondazioni delle due
appendici, avvicinandolo per quanto possibile al livello del piano su cui poggia la base
dell'obelisco. Sulla facciata, nella parte rimasta scoperta al di sotto dell'ordine, replica la stessa
zoccolatura che c'era già nelle parti absidali della chiesa. In questo modo la nuova scala sembra
qualcosa di aggiunto, di anteposto, migliorando le proporzioni del prospetto.

Il rione Borgo prima della costruzione della via

Non solo: ai lati della nuova scalinata è possibile realizzare due passaggi percorribili anche dalle
carrozze e l'originale dislivello tra i piani di spiccato della facciata e dell'obelisco si è ridotto a solo
sei metri (che con i 200 metri di distanza dall'obelisco fa una pendenza del 3%, e dunque
pavimentazione continua senza gradonature e corretta raccolta delle acque piovane).

Via della Conciliazione (1936–1950) [modifica]


Bisognava arrivare al 1936 perché due spensierati progetti distruggessero, senza neppure
accorgersi, un equilibrio tanto a lungo elaborato, occludendo addirittura l'asse del portone di
bronzo e puntando sulla piazza l'asse di uno stradone. «Dal 1960 a oggi le passività
dell'operazione restano in tutta evidenza, ma sembrano controbilanciate da una rassegnazione
storicista, che riconosce a tutti i fatti compiuti un diritto di esistere, anzi si sforza di riconoscere
pregi "artistici" o "testimoniali" a ogni parte della città sufficientemente stagionata».[6]

Un momento della costruzione della via nel 1937: si noti l'ultimo palazzo che copriva la piazza prima
della fine degli abbattimenti

Lo sventramento piacentiniano era parte di una prassi collettiva già culturalmente declassata e
battezzata da Pagano nel 1940 «l'internazionale dei pompieri».

Il proposito generico di "fare largo" alle spalle del «terzo braccio» berniniano trova credito nella
letteratura fino al XX secolo, facendo sopravvivere la voce che Bernini stesso avesse pensato ad
una strada assiale alle spalle del «terzo braccio». L'intervento di Piacentini eSpaccarelli fu
eseguito dal 1936 al 1950 e portò alla demolizione di palazzi e chiese del Borgo opera – tra gli altri
– di Bramante, Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Maderno, Raffaello...

Alla loro distruzione è seguita la ricostruzione con palazzi «armonizzati» a quelli antichi, e in certi
casi ribattezzati con gli stessi nomi, reimpiegando alcune finiture ricavate dalle demolizioni. Molte
parti decorative (contorni di porte e finestre, stemmi, sculture, colonne, trabeazioni, ecc.) sono
immagazzinate nei depositi comunali e al Museo di Roma. Un certo numero di manufatti interi,
come le fontane, sono state trasportate in altri luoghi.

La basilica vista da via della Conciliazione

Anche la piazza Rusticucci asimmetrica è sostituita da una piazza simmetrica, piazza Pio XII, che
ripete senza alcuna ragione la forma e l'orientamento della piazza trapezia davanti alla facciata
della basilica, confondendo quel delicato equilibrio trovato in cinquant'anni di lavoro dal Bernini
(1629–1679) e declassando così l'intera composizione. Il progetto fu approvato dallo stesso
Mussolini che intendeva rendere nota la grandezza della piazza mettendola a paragone con una
strada.

La vita nella piazza [modifica]

La piazza in occasione del Natale

Essa è la piazza più vicina, in un certo senso, al cuore delcattolicesimo; il grande colonnato ovale
è sempre stato considerato la figura di due grandi braccia che avvolgono maternamente i fedeli.

I visitatori della basilica di San Pietro, siano pellegrini con devozione o siano turisti con interesse
culturale, da tutto il mondo e di tutte le razze e le lingue, qui cominciano sempre dall'ammirare e
godere l'ampiezza e l'armonia dello spazio e delle forme, lo slancio dell'obelisco fiorito di mille
leggende, lo scroscio delle due copiose fontane, avvolti dal cielo di Roma che è bello sempre, e
non solo quando è bello come quello di Lombardia (diceva Manzoni).

Data la sempre maggiore affluenza, la piazza è diventata (almeno nella bella stagione) la sede
abituale di grandi cerimonie liturgichepresiedute dal papa, come le canonizzazioni, il corteo di
insediamento dei pontefici neo-eletti, ma anche le esequie del papa, come avvenne
nel 2005 per Giovanni Paolo II, di fronte ad una numerosa folla.

È diventato abituale l'appuntamento dell'Angelus Domini, la domenica alle 12.00, quando il papa si
affaccia dalla finestra del suo studio, saluta la folla radunata, fa un breve discorso, recita la
preghiera dell'Angelus ed impartisce la benedizione.

Il papa in piazza San Pietro in occasione di un'udienza generale

La piazza fa parte del territorio vaticano, ma è affidata alla pubblica sicurezza dello Stato Italiano.
Essendo un palcoscenico d'immenso prestigio mondiale, per evitarne la perenne occupazione
abusiva in essa sono proibite tutte le manifestazioni pubbliche diverse da quelle religiose.
[7]
Durante la seconda guerra mondiale, i soldati tedeschi occupanti Roma ne presidiavano il
perimetro, senza potervi entrare. Il 13 maggio 1981, durante un'udienza pubblica, il papa Giovanni
Paolo II fu colpito dalla pistola di un attentatore, che fu arrestato dalla polizia italiana.

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