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Decennio del XVII crollo del cosmo aristotelico sembra che Shakespeare non abbia avuto influenza

da questo evento. Antonio e Cleopatra è un dramma egiziano del 1607-1608


Un nuovo cielo e una nuova terra erano stati propagandati da Bruno in Inghilterra due decenni
prima, esistono tracce inequivocabili della conoscenza di questo nell’opera. Vite parallele di
Plutarco, fonte principale dell’opera.
Bruno: il nuovo cielo copernicano segnava il riemergere di un’antica verità ‘egiziana’
Spaccio della bestia trionfante: riforma egiziana che non coinvolge solo cielo e terra fisici ma anche
quelli che intellettualmente sono dentro di noi fino a delineare una nuova etica ‘epicurea’ e un
nuovo microcosmo umano che corrisponde al nuovo cosmo, la cui rivelazione aveva già assunto in
un’altra opera caratteristiche sacramentali.
Cena delle ceneri di Bruno: il nuovo universo si traduce in una riforma fisica, etica politica e
religiosa in cui l’Egitto si contrappone non solo a Roma ma anche all’intero cristianesimo e diventa
il modello di una nuova umanità rappacificata dalla verità copernicana che altro non è che il
riemergere dell’antica e vera filosofia egiziana dalle tenebre aristotelico-cristiana.
Qualcosa di simile avviene anche in questo dramma.
Grottesco ha la funzione nel genere rinascimentale di segnalare e nascondere un tesoro. I dettagli
sono rivelati appartenenti a quel genere di mimici comici e istrionici sileni sotto gli quali sta
ricoperto il tesoro della bontade e veritade come li definisce Bruno.
PRIMA PARTE

I quaranta salti di Cleopatra


Prima e seconda scena del secondo atto dedicate a intrighi politici dei triumviri impauriti dalla
crescente potenza di Pompeo. Si tratta di un insieme di pensieri studiati, calcoli, interessi, prudenze,
recriminazioni, matrimoni machiavellici e compromessi basati su un amore da prendersi a prestito
per un momento e restituire non appena non si senta più parlare di Pompeo. Ci troviamo in un
mondo romano in cui la verità deve tacere.
Successivamente Enobarbo inizia a dipingere il primo incontro tra Antonio e Cleopatra sulle rive
del fiume Cidno.
Cleopatra viene definita il più quadro dei quadri di Venere in cui vediamo la fantasia superare la
natura. Nella sua prima parte il racconto di Enobarbo ricalca quello di Plutarco di North seguito
molto fedelmente. Una cosa che in Plutarco non c’è è il momento in cui Antonio si fa sbarbare 10
volte prima di andare a cena con Cleopatra e che il pasto è stato esclusivamente visivo.
Prima parte: sontuosità pittorica (trionfo fluviale di venere)
Dopo essere stato interrotto da un commento di Agrippa Enobarbo continua il suo racconto e passa
dalla terza persona alla prima.
(II, 2, 228-32) Cleopatra che fa 40 salti galoppanti grottesca stravaganza
Questo non c’è nella Vita di Antonio di Plutarco che accenna semplicemente a divertimenti
fanciulleschi e racconta che a volte Cleopatra passeggiava in incognito tra la folla.
Viene nuovamente interrotto da Mecenate che dice che deve lasciarla per sempre visto che ha
deciso di sposare la sorella di Cesare. Enobarbo cambia tono un’altra volta, abbandona il passato e
la prima persona e diventa solenne.
Il discorso di Enobarbo descrive l’incontro di due regnanti e di cui una regina è dotata di attributi
mitologici e scende in trionfo un fiume. Evidente affine ai trionfi e alle entrate regali dei monarchi
del XVI E XVII secolo. Questo trionfo è suddiviso in tre parti ben distinte tra loro per tempo tono
persona e ambientazione delimitate da un intervento di Agrippa e Mecenate.
La prima parte è un quadro dipinto verbalmente: un trionfo di venere. Ambientato sul Cidno è al
passato e descrive in terza persona ciò che ha visto Antonio. Prodigiosa versificazione della fonte di
Plutarco.
La seconda parte, strana, contiene l’immagine di una regina che salta a gallo zoppo quaranta volte,
ambientata in una pubblica via, al passato, descrive in prima persona ciò che ha visto Enobarbo,
Plutarco non è la fonte.
Terza parte sublime e solenne. Non contiene immagini visive, non è ambientata in nessun posto, è
al presente e descrive in terza persona senza assumere il punto di vista di nessuno. Descrive una
regina benedetta da certi santi sacerdoti, sottratta ai poteri del tempo, suscita una fame che cresce
quanto più viene saziata. Plutarco non è la fonte.
Seconda parte in particolare: violentemente ridicola e grottesca. Dato il secolo, l’autore e il
particolare luogo dell’opera appare inverosimile che la sua bizzarria non sia artificiosa ma al
contrario si pensa che ci si sia presi cura di rendere quell’immagine più sconcertante possibile.
Ricorda i Sileni Alcibiadis in cui l’immagine grottesca una volta aperta rivela qualcosa di divino. I
sileni erano una sorta di figurine a intaglio eseguite in modo da poter essere aperte e spiegate:
quando erano chiuse riproducevano l’immagine comicamente deforme di un suonatore di flauto,
aprendosi rivelavano d’un tratto l’immagine divina.
Quando Bruno dedica lo spaccio della bestia trionfante a Sidney, lo avverte di fare attenzione ai
mimici comici sileni sotto i quali sta ricoperto ascoso e sicuro il tesoro della bontà e della verità
lasciando la moltitudine a ridere e scherzare della superficie ridicola e grottesca che ricopre il
tesoro.
Se la stravaganza della nostra Venere dovesse appartenere a questo genere di comicità bisognerebbe
osservarla con occhi non naturalistici. Quindi bisognerebbe andare più a fondo e pensare che
Enobarbo non vuole dirci che ha visto fare 40 salti a Cleopatra ma che dobbiamo guardare in
profondità. a questo punto dovrebbe essere per noi opportuno chiederci cosa sono questi 40 salti di
Cleopatra e perché sono proprio 40. Dal pezzo del trionfo sul Cidno sono stati recitati per
coincidenza 40 versi. Il numero dei salti di Cleopatra equivale ai versi recitati in scena e questo non
è irrilevante poiché se le cose stanno cosi allora il testo parla di sé stesso e la sfilata della regina a
balzelloni è in qualche modo un’immagine e una personificazione della poesia e del poeta stesso
che dopo i salti è rimasto senza fiato e ansima e tuttavia continua a parlare trasformando il difetto in
perfezione.
‘versi che zoppicano’ è una immagine comune in letteratura in quegli anni, le polemiche sulla
versificazione erano di attualità. Alcuni critici consideravano la versificazione inglese zoppicante.
Cleopatra ‘più quadro dei quadri di venere in cui vediamo la fantasia superare la natura. Uso di due
ben noti luoghi della critica e della teoria dell’arte occidentali:
- Arte che supera la natura
- Paragone delle arti
L’arte che imita la natura è superiore o inferire alla natura imitata? La poesia è superiore o inferiore
alla pittura? Per quanto riguarda Enobarbo se nei quadri di venere la fantasia supera la natura in
questo quadro che non è dipinto col pennello ma con la lingua e che è più quadro degli altri quadri
vediamo la poesia superare la pittura che a sua volta supera la natura.
Visione del poeta come creatore e demiurgo.
‘regina sorta di personificazione di quella poiesis artistica che imita la poiesis divina’ -> cleopatra
che è sia regina dei tolomei e anche quella dipinta in 40 versi recitati sulla scena pubblica londinese
del 1608
Riallacciandosi alla polemica sui versi: Se il giambo nazionale zoppica allora Enobarbo crea questi
40 salti e trasforma il difetto in perfezione.

Qui edunt me adhuc esurient


“lei tanto più soddisfa tanto più affama” frase di Enobarbo non originale poiché ricorda le celebri e
tanto spesso citate parole con cui la sapienza, personificata come regina in trono, Loda sé stessa in
ecclesiastico 24,29 “chi mangia di me avrà ancora fame e chi beve di me avrà ancora sete”
Stessa cosa era successa a Beatrice che appare in trionfo a dante che guidato da Virgilio (poesia)
aveva mosso passi tanti (cit.) per vederla (9mila versi) beatrice mostra a dante la sua seconda
bellezza, l’anima del poeta gusta di quel cibo che saziando di sé di sé asseta.
Beatrice si rivela essere la figura della sapienza
DOPO TUTTI QUEI PASSI LA POESIA (Virgilio) HA CONDOTTO IL POETA FINO ALLA
SAPIENZA (Beatrice). Beatrice si sostituisce poi a Virgilio.
Poesia è ancella della Teologia (sapienza divina) e ha il compito teologico di condurre alla sapienza.
Tutto questo ha senso poiché il racconto di Enobarbo inizia con l’affermare che la poesia supera la
natura.
- LA POESIA conduce alla sapienza
- CLEOPATRA continua a parlare trasformando difetto in perfezione.
- CLEOPATRA diversa da tutte le altre donne naturali poiché a differenza loro lei suscita
fame, IDENTICA A QUELLA SUSCITATA DALLA SAPIENZA
CLEOPATRA:
- Venere in cui la fantasia supera la natura
- Venere che salta a gallo zoppo sulla pubblica via (restando senza fiato) ma nonostante ciò
parla trasformando difetti in perfezione
- Regina che viene distinta da tutte le altre donne naturali che saziano gli appetiti, è capace
invece di suscitare una fame che invece cresce quanto più viene saziata, fame identica a
quella suscitata da una celebre donna che ‘loda sé stessa’ anche lei diversa da tutte le altre
donne.
Inoltre,
- Inattaccabile dai poteri del tempo
- Benedetta da santi sacerdoti anche se a lei si addicono le cose più vili compresa la lussuria.
Simposio, Platone, distingue tra venere pandemia (terrestre) e venere urania (celeste) chi vuole
innalzarsi procede da amore per la bellezza sensibile dei corpi a inesauribile aspirazione alla
sapienza.
Da qui consegue che l’amore diventa la forza (individuale e cosmica) che permette di ripercorrere
all’incontrario i gradi di emanazione dell’uno, scala di Giacobbe:
Dall’uno procedono vari gradi di emanazione cosmica: mente, anima, sensi, materia.
Anche l’uomo è composto a sua volta da:
- Mente comunica con mondo attiguo superiore
- Anima facoltà mediana che protende verso mente o sensi
- Sensi comunica con mondo attiguo inferiore.
Questo consente di comprendere meglio la tripartizione del brano di Enobarbo composto da tre
diverse atmosfere e tre diverse regine:
1) L’anima rivolta ai sensi idealizza la bellezza sensibile di un corpo particolare e crea un
esempio di bellezza universale (trionfo di venere, esemplare di bellezza) DATI
SENSORIALI
2) Anima rivolta a sé stessa: il testo si rivolge a sé stesso attraverso l’immagine silenica della
regina a balzelloni, ovvero si rivolge alla creazione dei 40 versi. IMMAGINAZIONE
3) L’anima si rivolge alla mente: Venere celeste che non può essere percepita né tramite i sensi
né tramite l’immaginazione, c’è solo una fame intellettuale infinita.
La venere celeste viene identificata da Pico come sapienza.

Il trionfo di Venere
Analisi dei 40versi dell’incontro tra Antonio e Cleopatra. Enobarbo dipinge una donna che va oltre
la natura. Al corteo di Venere partecipano i 4 elementi di cui era tradizionalmente composto il
mondo fisico e i 5 sensi attraverso cui l’uomo sperimenta.
Questa rappresentazione di cleopatra-venere ha delle somiglianze con
- Quadri di trionfi regali
- Rappresentazioni allegoriche della bellezza
Al seguito di questa Venere troviamo elementi personificati e dotati di sensibilità:
- Terra (sponde) in love con il profumo della processione fluviale
- Acqua innamorata dei remi
- Aria innamorata delle vele
- Fuoco che è la regina stessa, i ventagli le fanno ardere le guance.
Rapporti erotici tra i 4 elementi è un tema che rimanda a quello neoplatonico dell’amore cosmico
tra gli elementi. Voluttuosi elementi che caratterizzano il trionfo fluviale.
La voluptas è tradizionalmente una forza cosmica a cui partecipano anche gli elementi e la bellezza
fisica è la manifestazione della pienezza della divinità.
I 5 sensi vengono espressamente menzionati (p20pdf)
Antonio decide di fruire solamente con la vista della cena. La vista è il più nobile dei sensi cosi
come il fuoco è il più nobile degli elementi.
L’amore suscitato dalla venere non è cieco (cosi come sarebbe se degenerasse nel tatto) ma
destinato a condurre l’amatore dal mondo esterno a quello interno. Antonio comportandosi in
questo modo è il corretto amatore neoplatonico. In questi primi 40 versi sia i 4 elementi sia i 5 sensi
sono disposti gerarchicamente in una struttura che conduce in una sola direzione.
Antonio paga col cuore ciò che mangia solo con gli occhi -> passaggio da mondo esterno a interno.
Occhi -> cuore sede dell’anima e del senso interiore dell’immaginazione.
Pico: gli occhi ricevono la bellezza di un corpo particolare, si costruisce l’ideale di bellezza.
Cleopatra, infatti, non viene descritta con una fisionomia particolare. “rendeva miserabile ogni
descrizione” questa mancanza di fisionomia particolare equivale ad essere perfezione poiché
permette il fenomeno di idealizzazione della bellezza che supera la natura.
L’anima (rivolta ai sensi 1) non si limita a ricevere passivamente per mezzo degli occhi la
particolare beltà ma perfezione l’immagine della bellezza particolare mediante la fantasia fino a
creare la bellezza generale che supera la natura.
Enobarbo: se avesse caratterizzato individualmente la bellezza di cleopatra non avrebbe superato la
natura.
Cleopatra viene paragonata da Agrippa alla terra che arata dà frutto.
Identità della venere neoplatonica:
- Venere celeste = sapienza (pico)
- Venere terrestre (Ficino) che si divide in vis generandi e anima mundi che fruttifica la terra
(arata da Cesare)

Il divino soffio della poesia:


Nella scala di Pico l’anima dopo aver riformato e universalizzato la bellezza trasmessale dal senso
esteriore della vista fino a produrre un0immagine di bellezza sensibile generale e universale
converge in sé. I quaranta salti di cleopatra corrispondono ai quaranta versi con cui il poeta ha
creato un’immagine di bellezza corporea universale e idealizzata.
And, breathless, power breathe forth: questa regina spossata e sfiatata dalla sua pubblica prestazione
ludico-atletica si ostina ciononostante a parlare e trasforma il difetto in perfezione emettendo
‘fascino’
Il suo ansimare la rende ancora più graziosa e dunque fascinosa quindi. Power a sua volta deve
venire inteso come sinonimo di charm, ovvero fascino.
Memori del carattere assai ambiguo dei quaranta salti questa cosa è però sospetta soprattutto perché
questo power è in realtà frutto di un emendamento del normalmente ottimo testo del folio molto
probabilmente ricopiato dal manoscritto di Shakespeare che invece reca
And breathlesse power breath fort la cui trascrizione piu ovvia sarebbe pour _ e senza fiato emise
fiato.
Una regina le cui capacità di trasformare il difetto in perfezione si ridurrebbero alla facoltà di
rendere attraente un affanno respiratorio che normalmente non è seducente affatto. Da un lato la
regina è senza fiato ed esausta dopo i suoi quaranta balzi dall’altro questo difetto non le impedisce
di parlare e trasformare il difetto in perfezione e di versar fuori di sé un certo fiato cui
immediatamente il fiato per cui viene benedetta dai sacerdoti.
Da un lato c’è il difetto e l’esaustione del fiato, dall’altro questa esaustione coincide con
l’espulsione di un breath cui fa seguito la perfezione. Sembra essere lo stesso difetto che da accesso
alla perfezione.
Mistero che continua a stimolare l’interrogazione. Una regina che supera natura e perfezione non si
può limitare a rendere seducente l’affanno respiratorio. Anche perché breath oltre che fiato fisico
vuol dire anche anima soffio datore di vita.
Se dunque cleopatra dopo i 40 balzi e prima del trapasso in sapienza da un lato perde il fiato ma
all’altro versa fuori di sé un breath, ancora una volta la sua gestualità sembra avere una
corrispondenza mimica e istrionica con alcuni misteri teologici -> soffio creatore di una perfezione
intelligibile che implica un morire alla bellezza sensibile.
L’emendamento nasce dall’effettiva oscurità del testo ma per l’appunto si tratta di un’oscurità
deliberatamente e mistericamente tale. Dopo aver dipinto per 40 versi un quadro di venere di tanto
indimenticabile bellezza e prima di sortire la regina eterna benedetta dai santi sacerdoti egiziani
Enobarbo dice senza fiato emise fiato. È possibile allora che la scandalosa stravaganza e oscurità
dell’immagine abbia una sua funzione.
Regina dei 40 salti, essa stessa poesia che getta fuori un soffio e trasforma il difetto in perfezione e
che fin dall’inizio sappiamo superare tanto la natura, se con quei 40 salti si mimavano i quaranta
versi precedenti è allora possibile che con quel breath che trasforma il difetto in perfezione si imiti
il divino soffio con cui il poeta si fa scimmia di dio
Concezione della poesia come creazione che imita quella divina si accompagna Sidney ma anche
altri. P 29 pdf.

L’arte e l’artefice
Terza parte del trittico, dipinge un mondo particolare, perfetto (l’età non la può avvizzire fino a
quando è lussuriosa)
Viene utilizzato il presente e non siamo né sul fiume né sulla pubblica strada: non siamo in un punto
determinabile nel tempo e nello spazio ma in una sorta di presente eterno in cui la fame cresce
quanto più viene saziata, e in cui i devastanti poteri del tempo non esercitano alcun effetto sulla
regina benedetta dai santi sacerdoti. Il trionfo di venere era tutto una profusione di magnifiche
immagini sensibili e la regina a balzelloni presentava una immagine grottesca. Ora la regina non
offre alcuna immagine. A cleopatra si addicono anche le cose più vili e questa celebrazione della
varietà della natura è uno dei tratti più riconoscibilmente distintivi della visione neoplatonica del
mondo: un mondo che deve essere infinitamente vario.
Si può dire che se nella prima parte vediamo il prodotto dell’artefice e nella seconda parte l’artefice
del prodotto, nella terza vediamo l’arte stessa in base alla quale l’artefice produce. L’arte umana di
Enobarbo è una rappresentazione perfetta dell’arte divina e quella sapienza che per l’uomo è il
punto di arrivo è precisamente ciò che dal punto di vista divino è un punto di partenza. Il trittico
termina asserendo che i santi sacerdoti la benedicono, quando è lussuriosa.
La sapienza personificata da Cleopatra non è identica alla sapienza cristiana ma ha origini
neoplatoniche che ci riconducono ancora una volta ad Alessandria e all’Egitto, cioè alla terra oltre
che di cleopatra e dei santi sacerdoti che la benedicono anche di Ermete. (?) una sapienza lussuriosa
e benedetta per la sua stessa lussuria da santi sacerdoti che non possono che essere egiziani non può
a sua volta che essere una sapienza egiziana.
Anche in Dante Cleopatra era lussuriosa per natura ma i sacerdoti egiziani non le assegnano
l’inferno. Stesso discorso vale anche per la sapienza che nel caso di Beatrice è quella della
tradizione cristiana mentre nel caso di Cleopatra è quella egiziana. Ma la sapienza è la
personificazione dell’arte con cui dio crea l’universo quindi due figure di sapienza implicano anche
due diversi modelli di universo. Quello di dante è quello aristotelico cristiano (in cui il centro della
terra che sta al centro di quell’universo corrisponde al basso ventre di satana) invece quello egiziano
è un mondo in cui la materia è impregnata di divino, la terra si muove, tutte le parti della natura
sono buone perché tutte sono parte di dio.
Nel mondo di cleopatra nessuna parte è tanto povera da non essere figlia del cielo. La lussuria è una
manifestazione di fecondità esuberanza pienezza e divinità.
C’è un altro motivo per cui questi due universi differiscono. Quelli di questo dramma non sono un
vecchio cielo e una vecchia terra ma quelli nuovi che bisogna scoprire.

L’impresa di Enobarbo
Shakespeare è solito avere il fair play di anteporre e posporre a un brano enigmatico delle parole
chiave che possano giovare a risolverlo, o quanto meno a riconoscerlo per tale e a specificare il
genere a cui appartiene. Si tratta di solito di parole che hanno un preciso significato originario.
Non appena concluso il brano di Enobarbo che ci porta dalla bellezza alla sapienza, mecenate
pronuncia le parole bellezza e sapienza. Prima che Enobarbo inizi a dipingere il suo trionfo di
venere mecenate definisce la regina “a most triummphant lady”
La nave di cleopatra è un carro allegorico con figure e decorazioni mitologiche per le quali sono
state usate le fonti erudite a cui attingevano gli altri letterati dell’epoca. Il trionfo è quello
caratterizzava le entrate regali dell’epoca.
Geroglifico del Cidno è propriamente la rappresentazione visiva e verbale dell’idea dell’opera.
Prima di cercare di capire di quali cieli sia modello e in che modo siano nuovi il cielo e la terra che
bisogna necessariamente scoprire è necessario indagare perché la regina è nera o soprattutto perché
per qualificarsi tale essa decida di prendere in prestito le parole della sposa del cantico dei cantici.
Il personaggio di Enobarbo è un prisma che di volta in volta svolge funzioni diverse come quella
del fool, confidente, coro, artefice. La sua impresa può rivelarsi non solo un gioiello ma anche un
prezioso strumento ottico di precisione con cui osservare la luce che irraggia dalla sua regina.

PARTE 2

I mantici e i ventagli
Il colore della pelle della Regina è la prima cosa che veniamo a sapere di lei: ce lo comunica filone
fin dal sesto verso del dramma. I tredici versi iniziali che il soldato romano recita costituiscono un
TABLEAU che viene porto allo spettatore prima ancora che entrino in scena i protagonisti.
Questo tableau viene fatto da un romano, quindi, presenta Antonio il triumviro, associato a Marte
con il suo attributo, la corazza, che diventa lo zimbello di Cleopatra considerata sgualdrina
lussuriosa. Di lei non viene detto nient’altro.
Un dettaglio interessante è quello dei ventagli-mantici che fanno splendere la cleopatra venere del
Cidno sottoposta all’azione del mantice cardiaco di Antonio, non può che bruciare tanto più viene
sventagliata.
Il fatto che il quadro venga presentato da soldati romani non implica che non possano esserci altri
significati da altre prospettive. Osservato alla luce del suo prisma il tableau romano si rivela di
natura composita.
Questo dettaglio dei mantici ventagli è un’immagine che ci porta al cuore non solo di Antonio ma
anche del simbolismo più profondo del dramma e della logica che lo governa perché raffigura con
una immagine materiale e addirittura meccanica la produzione e l’alimentazione di un calore
appetitivo che come quello suscitato dalla regina che saziando di sé di sé asseta cresce quanto più
viene soddisfatto.
Nel dramma l’insaziabilità dell’appetito sensibile corrisponde ad una insaziabilità intelligibile.
In un suo sogno Cleopatra vede un Antonio imperatore che è propriamente una rappresentazione
antropomorfica dell’universo. Quell’Antonio, o idea di Antonio, la cui faccia è come i cieli, i cui
occhi sono il sole e la luna, la cui voce è l’armonia delle sfere è anche un autunno che cresce quanto
più viene raccolto. Le caratteristiche di questa coppia di amanti sono anche le caratteristiche di un
intero cosmo in cui appetito fruizione e largizione non fanno che moltiplicarsi vicendevolmente
I mantici vengono qui usati senz’ombra di contraddizione alcuna come attrezzo che accende e
rinfresca la lussuria di cleopatra. Questo non è l’unico esempio del dramma in cui gli opposti
vengono fatti convivere.
Enfasi sui rapporti tra particolare e universale e sul tutto nelle parti è caratteristica della poesia e
dell’arte rinascimentale in genere.
Nell’universo neoplatonico il piacere è una forza propulsiva individuale e cosmica che da una parte
spinge la divinità a rivelarsi incessantemente nell’infinita varietà di una creazione che tutta riluce di
divinità fin nelle sue parti più vili e dall’altra spinge l’uomo a risalire e ascendere la catena
dell’essere verso la sua inesaustibile e traboccante fonte.
I piaceri di quell’Antonio che fruttifica quanto più viene raccolto sono simili ai delfini, mostrano il
dorso al di sopra dell’elemento di cui vivono cit. vale a dire che i piaceri di Antonio sono dotati di
una spinta ascensionale che lo eleva dall’acqua all’aria. Anche Cleopatra che è essa stessa il
massimo piacere di Antonio e in cui ogni passione si sforza pienamente di rendersi bella e
ammirata.
Nell’universo neoplatonico in cui la bellezza sensibile conduce verso la Sapienza, l’eccesso è una
virtù, sia da parte della divinità che continua a riversarsi nell’infinita varietà della creazione, sia da
parte della creatura guidata dai suoi stessi piaceri a trascendere l’elemento in cui vive.
Questi temi, destinati ad essere variamente sviluppati li troviamo anche nel tableau iniziale sia pur
sotto la maschera del disprezzo romano. Se infatti la voluptas di Cleopatra brucia quanto più viene
sventagliata, l’infatuazione di Antonio per parte sua trabocca ogni misura. Questi straripamenti e
crescite esponenziali di lussurie non meno cosmiche che soggettive sono dunque dei tratti
caratteristici di una visione del mondo.
Tableau: a parte certe espressioni grossolanamente denigratorie (sgualdrina) esso non fa che
mostrarci un guerriero associato a Marte che ha abbandonato le sue attività guerresche e i cui occhi
rivolgono ormai l’officio e la devozione della loro vista su una donna dalla fronte bruna, ed è
significativo che entrambe le parole office e devotion siano di genere liturgico e sacro.
‘uno dei tre pilastri del mondo trasformato nello zimbello di una sgualdrina’’ anche sapere del
Cidno la sgualdrina su cui si rivolge la devozione di Antonio-Marte verrà dipinta come venere
trionfante verrà dipinta come venere trionfante e benedetta da dei sacerdoti, si ha l’impressione di
trovarsi davanti a un ‘Marte disarmato da venere, cioè un soggetto caro all’arte rinascimentale e
simmetricamente opposto a quello in cui Marte, sottraendosi agli abbracci di Venere rappresenta di
solito gli orrori della guerra
Se un Marte che si sottrae a Venere era per un artista dell’Europa insanguinata dalle guerre di
religione un tanto conveniente exemplum degli orrori della guerra e della discordia che infrangono
l’armonia e corrompono e distruggono fecondità procreazione carità arti è lettere, è possibile che un
quadro dello stesso periodo in cui Marte smesse le armi rivolge tutta la sua devozione a Venere
abbia un significato opposto.
‘Marte disarmato da Venere’ non ha per forza il significato attribuitogli dai soldati, esiste un altro
punto di vista, quello dei santi sacerdoti egiziani e dell’artefice del Cidno che benedicono la lussuria
di Cleopatra che la rende sgualdrina agli occhi dei romani.
Se l’immagine dei ventagli-mantici compare sia nel tableau dei soldati dove Antonio è un Marte sia
nel quadro di Enobarbo in cui Cleopatra è una Venere, la sgualdrina corrisponde alla regina
lussuriosa benedetta per la sua stessa lussuria.
Si insiste sulla fronte BRUNA di Cleopatra due volte in 13 versi. Per capirne il motivo bisogna
aspettare il dialogo tra Cleopatra con l’eunuco durante l’assenza di Antonio dall’Egitto dove non a
caso appaiono anche Venere e Marte. Antonio ritiene di entrare in scena sancendo l’assoluta
necessità di scoprire un apocalittico nuovo cielo, nuova terra. Bisogna però aspettare il baccanale
egiziano in cui Enobarbo trasformandosi in coreografo e regista farà cantare sulla pubblica scena la
più sconvolgente e nuova delle caratteristiche di quel nuovo cielo e di quella nuova terra.

Ciò che un Eunuco ha (schemino)


Antonio è partito per Roma, richiamatovi dalle forti necessità del tempo e la regina è rimasta in
Egitto con le ancelle e l’eunuco a cui si aggiunge Alexas per dare alla regina notizie e doni da parte
di Antonio (discorso della perla). La regina non vuole che l’eunuco canti, gli fa invece domande di
carattere sessuale. Si tratta di una scena leggera in cui non avviene nulla. Ma pur essendo cosi non è
soltanto così. mentre la scena si svolge, cleopatra trova modo di definire Antonio con linguaggio
alchemico paracelsiano per due volte, di definire se stessa serpente del vecchio Nilo, di attribuire a
se stessa un’età inspiegabilmente avanzata, qualificarsi come nera utilizzando le parole della nera
sposa del cantico dei cantici e di accennare la sua capacità di uccidere facendo vedere la vita, di
trattare del cavallo platonico dell’epithumia ciato da Plutarco e di trattarlo in modo più tollerante
rispetto al Fedro. Di rivelare i gusti musicali che si rifanno a una precisa teoria neoplatonica
dell’armonia, riferirsi a un semenzaio micromacrocosmico che compare anche nel Faery Queen.
Scena divisibile in 3 parti:
- Colloquio tra Cleopatra e l’eunuco
- Soliloquio di Cleopatra che pensa a quello che pensa Antonio a cavallo
- Colloquio con Alexas
Battute a doppio senso tra Cleo e Mardian. “I take no pleasure in aught an eunuch has” sembra una
Battuta farsesca. PERO’ lo spettatore ride pensando a ciò che un eunuco NON ha. Ma la regina non
dice “io provo piacere in ciò che un eunuco non ha” ma “io non provo alcun piacere in ciò che un
eunuco ha” anche se la caratteristica primaria di un eunuco è quella di NON avere qualcosa.
Anche questa battuta può essere osservata da due punti di vista, quello dei soldati romani per cui
Cleopatra è una sgualdrina e quello dei sacerdoti egiziani per cui Cleopatra viene benedetta proprio
quando è lussuriosa.
Caratteristiche dell’eunuco: Voce bianca ma Cleopatra non è interessata alla sua musica, MAI.
Qualcosa della musica dell’eunuco non dà piacere a Cleopatra che la spregia.
“unseminared” battuta che diventa interessante poiché da questa si deduce che la regina prova
piacere in quello che l’eunuco NON ha ma che non si tratta solo di quella cosa che ci fa ridere ma
anche di qualcos’altro che ha a che fare con la necessità e la libertà.
L’altra cosa che l’eunuco ha è l’onestà necessaria, di cui Cleopatra non prova piacere.
L’onestà necessaria non è libera. Quindi l’eunuco non ha libertà di volere, di tradurre i più liberi
pensieri in azione. Quello che l’eunuco non ha è quindi il libero arbitrio, il FREE WILL.
Accostamento di una caratteristica fisica dell’eunuco (bassa) che diventa grottesca a una
caratteristica spirituale.
Bisogna considerare anche il doppio senso della parola will che da un lato significa volontà, volere
e dall’altro voglia, desiderio sessuale. Quello che l’eunuco non ha è effettivamente il will nella
piena estensione dei suoi significati.
Battuta di cleopatra che superficialmente rimane una battuta comica ma che nasconde significati
profondi quando viene esaminata.
Questa situazione vede contrapposti da un lato l’eunuco che è unseminared e dall’altro Cleopatra,
lussuriosa per definizione. Questo ricorda un altro contesto, anch’esso egiziano. Si tratta di una
radicalizzazione comica di quelle celebrazioni della libertà e dignità dell’uomo che partendo da un
passo dell’Asclepio, presentavano ormai da circa un secolo una situazione analoga.
Nell’oratio de hominis dignitate di Pico si parla della questione se l’uomo sia più o meno
ammirabile degli esseri costituiti di puro spirito e dunque necessariamente onesti. Quindi da un lato
sono posti gli angeli e i beatissimi cori del cielo che suonano la loro musica celestiale e magica,
costretti nei secoli dei secoli e ad essere necessariamente onesti e dall’altro l’uomo che può
rigenerarsi liberamente perché l’Artefice ha deciso di dotarlo non di un solo seme ma dell’infinita
varietà dei semi. Se in questo semenzaio universale microcosmicamente insito nell’uomo non ci
fossero anche dei semi bestiali, la coltivazione di quelli angelici e divini non potrebbe essere libera
e poiché nella libertà consiste la suprema ammirabilità e invidiabilità dell’uomo, questa condizione
risulta poggiare proprio sulla varietà dei semi: una varietà che deve contenere tutti i semi, compresi
quelli bestiali.
L’eunuco è castrato -> unseminared=emasculated
Verbo inesistente che deriva palesemente dal sostantivo seminary, parola utilizzata nel dramma
elisabettiano Faery queen, con la quale veniamo introdotti da Venere.
Si tratta del giardino di Adone che contiene nel suo seminary l’infinita varietà di semi delle forme
di vita universale -> punto focale di tutto il poema in cui si tratta della conciliazione degli opposti.
Infinite forme di un universo neoplatonico in cui le forme continuano a straripare e rigenerarsi in un
perenne raccolto del tutto corrispondente a quell’autunno di Antonio che cresce quanto più viene
raccolto. Nell’uomo è stato piantato il first seminary of all things da cui discende l’infinita varietà
della vita universale e quindi l’uomo contiene in se tutti i semi della creazione, i semi bestiali del
seminary umano non sono meno indispensabili di quelli divini per la sua suprema libertà
Il giardino di adone non è quello cristiano ma costruito secondo l’opinione dei platonici e prevede
l’eternità della materia e la metempsicosi.
Unseminared configura un insieme semantico che contiene castrato ma anche altro. E quest’altro
riporta in una sfera filosofica che implica la libertà dell0uomo e la sua superiorità rispetto agli esseri
necessariamente onesti. Infinita varietà micro-macrocosmica che più concretamente infinita non
potrebbe essere e alla necessaria presenza di parti povere che risultano a tutti gli effetti figlie del
cielo e prerequisito ineliminabile di ciò che nell’uomo è supremo.
Ciò che Venere fece con Marte
Edgar Wind nel suo studio sui misteri pagani del Rinascimento aveva analizzato ciò che venere
aveva fatto con Marte, l’antico mistero è che da venere e Marte nacque Armonia. È noto che gli dei
sono delle personificazioni di idee e forze cosmiche e tra essi ve ne sono alcuni che rappresentano
principi di bene e altri che invece rappresentano vizi, rispettivamente venere e Marte.
Gli amori degli dei racchiudono quindi un significato più profondo e cosi quando si tratta di
matrimonio di dei si allude a qualcosa di naturale, quando si parla di rapporto adultero si tratta di
qualcosa di straordinario.
È raro che nell’arte rinascimentale gli dei abbiano solamente valore decorativo ma piuttosto hanno
profondi scopi di significazione.
Plutarco nel De Homero scrisse che l’armonia nasceva dall’unione di Marte e Venere: perché
quando i contrari, l’alto e il basso, vengono temperati in una certa proporzione, nasce tra loro una
consonanza che evidentemente non c’è se nessun basso suona insieme all’alto.
La musica gradita a Cleopatra è quella che contiene armonia quindi mescolanza di forze contrarie
quindi anche quelle forze che non vengono benedette dai sacerdoti cristiani ma senza le quali non si
potrebbe mai dare né libertà ne musica armonica. La musica dell’eunuco non da piacere a Cleopatra
perché in lui l’alto non si miscela con nessun basso.
“serpente del vecchio Nilo” personificazione mista di bene e male.

Mixtum celestiale
Mentre Cleopatra immagina Antonio a cavallo arriva un messaggero che dice che effettivamente lo
era. Antonio ci viene proposto in una vignetta che lo presenta in postura eroica mentre monta uno
stallone e la stessa estrema violenza del nitrito sembra escludere che esso possa essere fiaccato.
Gaun viene usato per gli animali famelici.
Jones si chiede se questa immagine abbia un valore emblematico dato che ai tempi di Shakespeare
simboleggiava comunemente il controllo delle passioni.
Il cavallo è la parte bassa del suo cavaliere e da quando la scena è iniziata si parla continuamente di
parti basse e del loro contributo necessario per creare l’armonia. (Pariglia alata e auriga di Platone)
Segue un’elaborata descrizione dell’umore di Antonio mentre monta il cavallo. (1,5,50-60)
Il comportamento di Antonio è un felice termine medio tra i due estremi. Happy mean che non è
un’aurea mediocritas ma che comprende la violenza di entrambi gli estremi opposti, è una
contraddizione. Ma secondo la logica non aristotelica l’armonia nasce dalla compresenza degli
estremi opposti. Cosi come antiaristotelica è la logica che governa la fusione dell’alto e del basso
all’interno dell’uomo che si mescolano.
Mingle è un sostantivo che non ricorre in altre parti in Shakespeare, se non in questo dramma.
(IV,8,35-38) dopo la sua ultima battaglia vittoriosa Antonio immagina una festa allietata da una
violenta musica per tamburi e fiati (terra e aria) che fa si che cielo e terra mescolino i loro suoni.
Mingle è caratteristica necessaria dell’armonia. La logica di questa armonia è neoplatonica, quella
della coincidentia oppositorum. Questa logica è anche una delle caratteristiche profonde del
dramma, come in questa scena in cui si ha propriamente una mistione che implica armonicamente in
se la violenza del basso e dell’alto, del grottesco e del misterico, osceno e sapienziale. Il linguaggio
stesso è una mistione tra alto e basso (grottesco e sapienziale)
Tintura alchemica: agente che mischiandosi con il corpo da tingere produce dei mixta che sono
degli esempi fisici di coincidentia oppositorum.
Alexas è uno dei rari maschi egiziani del dramma, nessuno dei quali spicca per virilità. È dunque
molto diverso da Antonio ma essendo stato accanto a lui gli ha dato una vernice di interesse perché
Antonio l’ha dorato. L’intero dramma tratta della trasformazione di materiali umani bassi in elevati
(come seminary) l’effetto è soltanto esteriore, una doratura e non una trasmutazione in oro.
L’allusione alchemica è giocosa e verte sulla trasmutazione di materiali umani bassi in elevati.
(anche nella tempesta è cosi) (76 pdf)

Cavallo felice e il semi – Atlante


«in deed» nei fatti può fare solo ciò che è onesto. Tuttavia, nella mente può pensare a ciò che
Venere fece con Marte. -> Cleopatra pensa dunque ad Antonio.
(I, 5, 21-24): lo spettatore può solamente pensare male. Antonio e Cleopatra fanno ciò che Venere
fece con Marte, di conseguenza, Cleopatra sta avendo invidia nei confronti del cavallo montato da
Antonio. Inoltre, la parola Bear the weight non ha mai il significato di essere notato tranne qui nel
dramma. Il cavallo ha un compito importantissimo perché porta il peso del semi atlante che aveva il
compito di reggere il peso di tutto il mondo. Però Antonio è SEMI atlante. Figura curiosa perché
all’inizio Antonio viene definito «triple pillar of the word» e questa espressione si riferiva
ovviamente al suo essere un triumviro. Superficialmente si può pensare che Cleopatra stia
ignorando Lepido per via della sua debolezza MA qui non si tratta di un problema politico romano
che pensa a tutt’altro.
L’immagine di Atlante su un cavallo è nuova perché solitamente nella tradizione Atlante fa
affidamento esclusivamente alle sue proprie forze, in particolare alla forza delle sue braccia, che
corrispondono alla sua parte alta e sulle sue gambe, la parte bassa. L’altro semi atlante è proprio il
cavallo con cui si identifica Cleopatra. Senza il cavallo che lo sostiene il semi atlante è solo un
atlante a metà (nella sua parte alta) che solo unito alla sua parte bassa bestiale può completarsi. ->
FUSIONE TRA CIELO E TERRA la parte alta rimane senza fondamento senza quella bassa.

Non state a guardare che son nera


(I,5,24-34) riassume la sua carriera da amatrice e da 5 notizie su di sé:
- È un serpente del vecchio Nilo
- È nera
- Per via dei pizzicotti d’amore di Febo
- È profondamente corrugata nel tempo
- Pompeo guardandola negli occhi moriva guardando la propria vita
Ultima caratteristica assai curiosa. Sul colore della pelle di Cleopatra si insiste due volte
«think kindly on me» le parole di cleopatra sono un calco di quelle della Sposa nel Cantico dei
Cantici. L’unica cosa diversa è che è nera per i raggi del sole di Febo.
Cleopatra si paragona alla sposa del cantico dove l’amore tra sposo e sposa era cantato in maniera
licenziosa mentre l’amore di Antonio e cleopatra è benedetto solo da alcuni sacerdoti. Mixtum tra i
due amori. La sapienza e la sposa e il vecchio serpente traduttore appartengono al patrimonio dei
sacerdoti europei e questo è carico di significato. Cleopatra è il serpente del vecchio Nilo ma anche
venere. Di conseguenza è sia l’ideale divino sia l’origine del male. Mixtum che può risultare
problematico nel contesto delle sacre scritture.
Morte di vita risulta sconosciuta alla patologia naturale ma era ben nota ai mistici e cabalistici
dottori che sapevano penetrare la divinità nascosta sotto la scorza degli amori e affetti ordinari del
cantico: quella capacità di infliggere una morte di vita è infatti una capacità di una donna dalla
fronte bruna, anch’essa legata a un nuovo cielo e a una nuova terra.

La sposa sapienza
Negli anni in cui venne scritto e messo in scena il dramma compare una nuova stella al di sopra del
cielo della luna nel 1604. Due stelle apocalitticamente annuncianti un nuovo cielo e una nuova terra
sono il fenomeno che contribuisce a una più vasta accettazione del nuovo cielo copernicano. Si
trattava allora di fenomeni inspiegabili se non come segno o miracolo. Gli anni che vanno dal 1604
al 1610 (quando il telescopio di Galileo rivelerà anche ai sensi che il cielo era effettivamente un
nuovo cielo) sono anni di interesse frenetico per le sorti del vecchio cielo.
Keplero stabilì che la stella del 1604 era portatrice di un significato cosmico ed escatologico che
annunciava una fase cruciale nel piano divino: era il segno della conversione di ebrei turchi e
indiani d’America (?)
Cleopatra: Vecchissima ed eternamente giovane donna, ha caratteristiche cristiane o platonico-
egiziane da cui discendono due modelli discordanti di rapporto tra cielo e terra. Quando la sapienza
egiziana e platonica tende a prendere il posto di quella dei teologi si producono delle implicazioni
contrarie alla trinità che di solito finivano per tirarsi dietro una serie di riforme.
(II,1,23) Antonio viene definito libertino alimentato da cuochi epicurei. La parola libertino era solo
agli inizi della sua carriera, il significato cinquecentesco è diverso da quello che ha assunto oggi.
Parola significava originariamente liberto, schiavo liberato. La parola usata per definire Antonio
appariva associata dalla massima autorità religiosa d’Europa protestante da un lato a due dei più
temuti e radicali movimenti eterodossi, anabattisti e spirituali e dall’altro a quegli epicurei che erano
noti prima che per gli abusi alimentari per le loro intollerabili opinioni religiosi.
La parola libertino rimandava alle teorie miscredenti sulla impostura delle religioni, religioni che si
oppongono ad altre religioni. La cosa si fa più grave quando queste concezioni pretendono a loro
volta di essere il vero cristianesimo. La parola di Pompeo definisce in maniera inequivoca quale sia
il senso in cui l’etica del dramma può essere definita cristiana. Il libertino 500esco non si limitava a
godere, ma andava anche in cerca di una giustificazione teologica del suo gaudio, cosi nel dramma
Antonio che gode insaziabilmente della sua regina compaiono anche dei sacerdoti che benedicono
la licenziosità
Parole della sapienza nell’ecclesiastico: Chi si nutre di me avrà ancora fame, chi beve di me avrà
ancora sete, chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà
Amando insaziabilmente e svergognatamente quella donna il peccato consiste solo nel poco.
In quel periodo era nell’aria non tanto il rinnovamento del cristianesimo quanto la sua fine e la sua
sostituzione con una religione migliore e più antica che il cristianesimo aveva soffocato ma che
stava riemergendo e di cui il nuovo cielo di Copernico era l’alba. La religione che avrebbe in tal
caso trionfato era quella dei santi sacerdoti egiziani che avevano saputo benedire la divinità anche
nelle cose più vili. Posizione propagandata da Bruno in Inghilterra dove si assiste a un duplice
processo: Da un lato la riforma copernicana del cielo fisico vi viene estesa al cielo che
intellettualmente è dentro di noi fino a adombrare un nuovo tipo antropologico di carattere non
ascetico ma epicureo dove alto e basso, divinità e materia, intelletti e sensi si fondono come cielo e
terra si fondono nel nuovo universo.
Dall’altro la religione dei santi sacerdoti egiziani che avevano saputo riconoscere la divinità anche
nelle cose più vili e in tutta la natura viene additata come modello di una nuova religiosità
neoplatonico ermetica e panteistica che avrebbe riappacificato il mondo e soppiantato il
cristianesimo e le sue guerre dopo il crollo del suo cielo.

La morte di vita
Nel momento culminante del dramma, ovvero un attimo prima di suicidarsi, cleopatra ancora una
volta si macchierà di omicidio facendo stramazzare un corpo per terra. La sua amata ancella Iras
con un semplice bacio. Anche in quel caso la morte della vittima risulta strana dal punto di vista
della rappresentazione della morte diretta e veritiera. Concidentia oppositorum: morte e vita
coincidono negli occhi di cleopatra e Pompeo incontra la prima nell’atto di veder la seconda. In
grado di uccidere non solo con gli occhi ma anche con le labbra.
Nuovo cielo era per Bruno la fine della religione cristiana che con l’aiuto di Aristotele e delle sfere
si era blasfemamente industriata a tener separato ciò che invece era unito. Le nuove scoperte
avrebbero riportato alla luce l’antica sapienza dei sacerdoti egiziani che avevano già saputo che la
terra si muove perché viva e intrisa di divinità.
Cleopatra a volte non è altro che una donna (4, 15,73) altre volte è integralmente idea e delle volte
no. Idea che tende a fondere natura e divinità. Il modello è quello del mixtum in cui entrambi i
componenti continuano a consuonare. Quando cielo e terra non possono mescolare i loro suoni la
donna diventa un’aurea mediocritas tra natura e divinità.

Il prisma ottico
Antonio viene descritto da cleopatra come dipinto da una parte come gorgone e dall’altra come
Marte. Cleopatra identifica quindi Antonio con una prospettiva.
Le prospettive erano dei congegni ottici molto in voga che mostravano a seconda dell’angolazione
da cui venivano osservati tre diverse immagini: una veniva dipinta sulla superficie di fondo e poi sul
dritto e rovescio di un foglio venivano dipinte due immagini. Il foglio veniva tagliato a strisce
regolari che venivano fissate ad angolo retto sul fondo. In questo modo osservate di fronte
mostravano le immagini della prima superficie, e osservate da destra e sinistra mostravano quelle
dipinte sul dritto e rovescio della seconda superficie. Quindi osservando lo stesso oggetto si
vedevano ben tre immagini.
Quindi Antonio – gorgone- Marte.
Lo stesso discorso può essere utilizzato per analizzare l’intero dramma: la storia di Plutarco finge da
immagine centrale, osservato di fronte il dramma è un normalissimo dramma romano, ma c’è anche
una seconda superficie egiziana ed è sovrapposta alla storia centrale. La ragione principale dell’uso
di questa tecnica consentiva di dar da mangiare con un medesimo cibo a diversi convitati cose di
diversi sapori. Era un modo per fuggire alla censura.

TERZA PARTE
Il baccanale egiziano
Sulla nave di Pompeo ha luogo un incontro politico importantissimo. Pompeo ha infatti acquistato
potenza sul mare. Una volta a bordo i triumviri e Pompeo parlano delle meraviglie dell’Egitto e in
particolare del coccodrillo, uno strano serpente che annovera tra le sue stranezze l’abiogenesi e la
trasmigrazione e soprattutto bevono senza limiti. Menas propone a Pompeo di tagliare la gola a tutti
ma lui rifiuta (impo) Enobarbo diventa un coreografo e da accurate indicazioni di regia per ballare
un baccanale egiziano. Scena strana. Si distacca da tutte le altre
- Si svolge a bordo di una nave
- Si parla di musica e si produce fisicamente sulla scena
Tutti si tengono per mano, la figura che formano è un circolo, quindi, l’unico modo di danzare è
roteare. Invocano Bacco re del vino mentre fanno il girotondo. La scena ha tutte le caratteristiche
tecniche del masque, che usa culminare con danze e canti e questi baccanali egiziani sono un vero e
proprio play within the play poiché configurano regista danzatori musicisti cantante solista e coro.
Mentre cantano il refrain Cesare, serioso e poco conviviale, interviene e dice che andrà a casa
(II,7,122-123)
Non c’è più bisogno di altre parole perché tutto è stato detto cantato urlato e mostrato visivamente.
Cesare dice che si tratta di un masque, una mascherata. DISGUISE (mascheramento)
Fin dal XIV secolo i disguisings erano un intrattenimento che faceva parte delle feste di corte in cui
comparivano dei personaggi in costume o mascherati.
Antics -> generi di show che prevedevano una dilettevole ostentazione di convenientemente
ingegnose finzioni di alta sapienza e che richiedevano un programma simbolico. Antic parola
tecnica per le grottesche usate in architettura e pittura oltre che a significare comunemente buffone.
Quindi se la maschera è grottesca ovviamente nasconde un mistero.
Cantano la canzone di Bacco signore dei misteri. Filastrocca che ha tante analogie con il Veni
Creator Spiritus di Rabano mauro usato nella liturgia pentecostale per invocare la discesa e la
manifestazione dello spirito santo. Shakespeare fa cantare i romani pagani sulla scena come
avrebbero fatto nella vita reale, dimostrando di aver compreso il significato religioso che il vino
aveva per loro, come se fosse un dono di dio. La filastrocca invoca una Epifania divina.
«versa finché il mondo gira» -> sembra che tutto ciò che desiderano sia una gran sbornia e oblio e
un giramento di testa che produce l’impressione che il mondo giri e ci si chiede costernati dove stia
il sovrumano, la profezia l’enigma. Sembrano essere dei sileni sotto i quali sta ricoperto il tesoro
della bontà e della verità. E può anche darsi che il tesoro non sia neppure nascosto ma anzi in vista e
urlatoci tanto violentemente in faccia da risultare invisibile per un eccesso di visibilità. La frase può
essere interpretata in due modi:
- Versa finché il mondo che non gira SEMBRI girare
- Versa finché il mondo che in realtà gira ma sembra star fermo sia visto girare come gira in
realtà.
Visto che viene invocato il dio Dioniso, nulla toglie che ci sia una rivelazione in corso.
Se è cosi abbiamo scoperto la nuova terra che in quel nuovo cielo gira anche a prescindere dal tasso
di ubriachezza dei suoi abitanti anche se solo ubriachi possono vederla girare.
Nel 1604 Bruno in visita a Oxford scrisse un libro. Egli voleva far stare in piedi l’ipotesi di
Copernico per cui la terra gira, mentre in verità era la sua testa che girava. I giramenti di testa di
bruno risultarono illuminanti come lo sono quelli dei ballerini del girotondo.
Copernico nella sua dedica a Paolo III nel De revolutionibus sostiene la necessità di non svelare i
misteri a coloro che non furono rigenerati con la purificazione dell’animo. Dimostra quindi di
essere cosciente della pericolosità del suo mistero e che quel mistero che contraddice il senso
comune può apparire assurdo e ridicolo.
I Sileni che danzano sono tra tutte le possibili fonti la meno autorevole per presentarci la gravissima
verità che il mondo gira e sono gli ultimi su cui si possa riporre fiducia. Ma proprio per questo può
essere che annuncino la verità.

Il non esser visti muoversi in un’immensa sfera


Prima che avesse inizio il baccanale egiziano erano entrati in scena i servi. L’oggetto delle
chiacchiere dei servi è Lepido e la sua incapacità di muoversi nel mondo della politica. (II,7,14-16)
Immagine che a primo impatto può lasciare indifferenti ma questa introduzione al banchetto merita
la massima attenzione, soprattutto per la gravità delle implicazioni logiche dei servi.
Nell’immagine del servo c’è una “immensa sfera” in cui qualcosa che è “chiamato a muoversi” che
però “non è visto muoversi”. E questo equivale all’orbamento di un volto che si ritrova mutilato e
con degli orrendi buchi dove dovrebbero esserci gli occhi. La frase si riferisce ovviamente a Lepido
che deve muoversi nell’immensa sfera della politica mondiale e non è visto muoversi PERO’ quella
del servo è ovviamente una metafora che paragona qualcosa, cioè Lepido con la sua immobilità e
l’immensa sfera della politica a qualcos’altro. Ma a cosa? La metafora sicuramente è di genere
astronomico e ovviamente l’immensa sfera a cui viene paragonata la politica è sicuramente
l’universo. Tutto questo però viene a sua volta paragonato a un corpo. Non si tratta di un’immagine
nuova perché paragonare la sfera allo stato e lo stato al corpo erano luoghi comuni nel 16esimo
secolo.
L’unica cosa che non è vista muoversi in quella grande sfera del cosmo aristotelico che da secoli
veniva paragonata al corpo e alla sfera dello stato è ovviamente la terra. Come prima queste notizie
così importanti ci vengono date dai servi, gli ultimi a cui verrebbe da credere. Nell’immagine del
servo l’immobilità di Lepido assume un significato disastroso: quel non muoversi equivale a dis-
astrare un volto, cioè a strappargli gli astri, mutilarlo. Il volto è naturalmente quello della grande
sfera dell’universo. Se quella del servo è effettivamente una metafora tratta dalla vecchia
astronomia, ciò a cui viene paragonato Lepido è, e non può che essere, quell’unica cosa che nella
vecchia astronomia non viene vista muoversi, la terra. Quell’immobilità è un delitto che attenta
all’integrità del volto universale e lo sfigura dis-astrandolo e privandolo di quell’astro che è la terra
per la nuova astronomia.
Metafora che diventa più interessante se oltre a considerare la situazione di Lepido nella grande
sfera della politica romana del I secolo avanti Cristo, ci interessiamo anche alla situazione di ciò a
cui Lepido e la sfera vengono comparati: la terra immobile aristotelico-tolemaica e l’universo
guercio in cui la terra non è vista muoversi. Anche questa metafora è un prisma. Il massimo
interesse non è nell’immagine centrale ma in quello che si osserva di sbieco.
Si tratta di una metafora della vecchia astronomia tanto disastrosa per la vecchia astronomia quanto
disastrosa è per lepido la sua immobilità. La metafora è tratta dalla vecchia astronomia ma dal punto
di vista di quella nuova, dove invece la terra si muova ed è un astro, una stella, un pianeta.
QUINDI: Lepido fa parte della sfera politica dove dovrebbe muoversi, non è visto muoversi e
questo è disastroso per lui. Viene paragonato alla terra aristotelico-tolemaica che nella grande sfera
dell’universo non è vista muoversi e questa sua immobilità disastra il volto dell’universo.
Gli astri (quindi anche la terra) sono per Bruno i vivi organi dell’organismo universale e proprio
questa vita è la causa del loro moto. Negare il moto della terra equivale amputare un organo
dell’universo. Bruno aveva trovato in Ermete, che aveva sostenuto che la terra è soggetta a una
moltitudine di movimenti perché è viva e come tutto si muove. Cosi per bruno Copernico ridava
vigore all’antica teoria egiziana del moto della terra. In questo senso Copernico riportare alla luce
questa antica filosofia sepolta nelle tenebrose caverne dell’ignoranza di Aristotele e dei cristiani con
la loro terra immobile.
La metafora astronomica del servo è logica e coerente se osservata dal punto di vista della nuova
astronomia.
Se si osserva l’immobilità e la sfera anche dal punto di vista della vecchia astronomia. La parola
sfera è stata considerata una allusione al sistema astronomico tolemaico e alle sfere cave
concentriche, ciascuna delle prime sette col suo pianeta. Però il servo non parla di sfere ma di UNA
sfera. Importante dettaglio perché l’abolizione delle sfere a vantaggio dell’unica immensa sfera è la
caratteristica più vistosa dello smantellamento del cosmo di Aristotele che nell’interpretazione
bruniana l’abolizione delle sfere che separavano il mondo della natura fisica da quello del cielo e
delle divinità (basso e alto) assume un significato religioso: abolendo le sette sfere tolemaiche e
cristiana, e anche la sfera delle stelle fisse che Copernico aveva lasciato, Bruno rompe le sbarre che
per tanti secoli avevano separato la terra dal cielo e dalle divinità producendo un nuovo universo
omogeneo e infinito. Le sfere di cui il servo NON parla ci condurrebbero invece all’universo
aristotelico.
Cusano: quest’unica sfera implica un universo non geocentrico in cui la terra si muove e non c’è più
un sopra e un sotto ma solo un unico cosmo.
Il paragone di Lepido con la terra immobile del sistema aristotelico tolemaico conduce
necessariamente a esiti che implicano la CRITICA di quel sistema e quindi anche alla conoscenza
di un altro sistema.
Visione di Copernico: il sistema descritto da Aristotele e Tolomeo non produce un sistema
armonico, quindi, non può essere prodotto dalla divina sapienza del creatore. Dio secondo
Copernico è artista e quindi non può aver prodotto un mostrum perché glielo vieta la sua natura di
perfetto artefice. L’opposizione dei teologi a Copernico è epistemologica perché nega la legittimità
della pretesa umana di conoscere le verità. La conoscenza del cosmo è sopra le capacità
dell’intelletto umano. Il cosmo aristotelico-tolemaico è dunque un mostro e non può corrispondere
ai veri piani della Sapienza divina. Tuttavia, corrisponde al senso comune e gode di una autorità
plurisecolare mentre l’opinione di Copernico, che è quella più sensata può comportare il disprezzo.
La breve comparsa introduttiva dei servi diventa un elemento strutturale in cui viene anticipato il
tema che viene poi sviluppato nel corso della scena. L’apparente e sciocca canzoncina che sembra
invocare dal dio un semplice giramento di testa stride con tutte le caratteristiche strutturali del
contesto in cui era inserita e con la sua stessa forma di inno. La sua frivolezza non solo non era
estranea alla faccenda più seria ma era la maschera che al tempo stesso nasconde e segnala.
Possiamo ignorare o notare il linguaggio astronomico del servo, nel primo caso ci si può
concentrare solo sull’incapacità politica di Lepido, nel secondo possiamo:
- Parlare in generale di metafora tratta dalla vecchia astronomia
- Cercare di comprendere come funziona la metafora in base alla vecchia astronomia
(spiegazione sopra)
Tuttavia, risulta insoddisfazione perché dobbiamo considerare delle sfere non citate nel testo, la loro
non- luminosità di cui il testo non parla e la comparazione di Lepido con 14 entità, ciascuna delle
quali va supposta in condizioni per le quali non è possibile reperire causa alcuna, QUINDI:
- Possiamo chiederci se l’immobilità di Lepido non sia paragonata all’immobilità della terra
che è l’unica cosa che non è vista muoversi nella grande sfera del cosmo aristotelico. Ma se
la metafora risulta semplice è perché è tratta dalla vecchia astronomia MA dal punto di vista
della nuova.
Nel caso dello spettatore di oggi questo rappresenta la prova che la nascita di un nuovo universo dal
crollo del cosmo aristotelico-tolemaico ha lasciato tracce eccome nell’opera shakespeariana!!! Visto
che molti critici dicono di no…

Lo sciemenziato
Antonio e Cesare entrano in scena già impegnati in una discussione tecnologica sul regime delle
acque del Nilo e sull’utilità delle tecniche di misurazione degli straripamenti. Antonio spiega che gli
egiziani misurano l’altezza delle inondazioni con delle scale di misurazione incise sulle piramidi e
sono quindi in grado di prevedere il futuro raccolto. Argomento egiziano che sembra fatto apposta
per suscitare l’interesse di Cesare. Antonio poi conversa con Lepido che è interessato ai coccodrilli
-> parte comica. Antonio è appena tornato dall’Egitto e vogliono che fornisca qualche racconto
sulle meraviglie di quella terra. Wilson nota che l’Egitto era abbastanza sconosciuto alla cultura
rinascimentale europea e quindi anche a Shakespeare (II,7,40-48) brano che prova la povertà di
informazioni di Shakespeare ma nessuna quantità di erudizione avrebbe potuto darci con maggior
successo un’impressione dell’Egitto di Cleopatra. (che genere di cosa è il vostro coccodrillo? Fino
ha (potete ben dirlo)
La descrizione è dichiaratamente comica e consiste in una sequela di sciocchezze. E come al solito
questa frivolezza è la maschera di qualcos’altro.
Il coccodrillo qualcosa di meraviglioso ce l’ha: ha l’abitudine di nascere per abiogenesi dal suo
fango, a giudizio di Lepido che aveva interrotto Antonio e Cesare per dimostrare che anche lui
sapeva qualcosa sull’Egitto. (24-28)
La descrizione del coccodrillo fatta da Antonio fa ridere perché è eccessivamente esatta poiché è
una serie di proposizioni che per natura sono esatte, nessuno può dubitare dell’assoluta verità della
descrizione di questo coccodrillo. Il brano fa ridere perché imita qualcuno che utilizza questo stile
di descrizioni. Lo zimbello è Lepido che si prende per buona a sequela di tautologie. L’immobilità
di Lepido è stata poco fa paragonata a quella della terra aristotelica. La figura che viene parodiata in
queste due descrizioni è quella del filosofo naturale, lo scienziato, il filosofo scolastico e aristotelico
che spiega e descrive la natura in termini puramente verbali e grammaticali. Negli anni di
Shakespeare il disgusto per la scolastica era talmente diffuso in Europa, specialmente in Inghilterra
quindi la parodia di Antonio non è qualcosa di strano. Antonio si adegua all’interlocutore di turno
dando a ciascuno il cibo corrispondente ai suoi gusti: disquisisce di tecniche e misurazioni con
Cesare.
Una visione della natura opposta a quella di Aristotele è quella particolarmente egiziana di cui ci
aveva parlato l’indovino fin dalla seconda scena del primo atto. Per quell’indovino egiziano la
natura è un infinito libro di segreto che sono tuttavia almeno in parte decifrabili per chi in quel libro
sa leggere. L’immagine del libro della natura era molto conosciuta alle speculazioni mistico-
filosofiche medievali ma la sua enorme fortuna è rinascimentale e secentesca quando il libro della
natura comincia ad apparire associato e affiancato all’altro libro scritto dallo stesso Autore e per
almeno due secoli la loro concordanza e discordanza e priorità sta a cuore della storia intellettuale
europea. Una parte importante della storia intellettuale del secolo verte sul problema della
corrispondenza tra ciò che è possibile decifrare nell’infinito libro di segreti della natura e quello che
è scritto nell’altro libro divino.
All’interno del masque ognuno dei personaggi tocca personificare un determinato tipo di rapporto
con la natura e certi suoi segreti più o meno egiziani. Nella scena dei servi ci sono i punti di vista
della natura visti dalla vecchia e nuova astronomia, adesso c’è un terzo tipo di rapporto con la
natura, quella baconiana che vuole restare all’interno della sfera dell’utile senza commistioni col
sacro. Utilizzare i segreti della natura tecnicamente per trarne vantaggi materiali. La natura è per
Cesare un oggetto di dominio e non una fonte di illuminazione. Quando Enobarbo lo costringe a
partecipare al baccanale, Cesare non sa che farci con la nuova rivelazione.
Lepido Aristotelico, Antonio approccio egiziano, Cesare Baconiano. DI quei triumviri ce n’è uno
che non conta così come agli inizi del sedicesimo secolo non conta più l’aristotelismo scolastico.
La nave del sole
La conoscenza sull’Egitto di Lepido consiste nella teoria dell’abiogenesi o generazione spontanea
che prevede la nascita della materia vivente dalla materia senza vita. Per la terza volta Lepido viene
associato all’aristotelismo. In Plutarco si accenna molto brevemente alla festa di Pompeo a bordo
della nave, ci informa brevemente della proposta di tradimento di Menas a Pompeo e del fatto che a
bordo si scherza dell’amore tra Antonio e Cleopatra. Invece in questo dramma la festa si trasforma
in un masque e si scherza piuttosto sul coccodrillo. Coccodrillo era un animale emblematico presso
gli egiziani. Più di un coccodrillo è reperibile in quelle opere di consultazione mitografica di cui i
poeti e pittori si avvalevano per quei generi di composizioni che prevedono invenzioni fondate
sull’antichità. Nelle immagini de i dei di Cartari c’è un coccodrillo che può essere interessante, sia
perché compare associato alla ‘Nave del sole’ sia perché significa proprio ciò di cui a bordo della
nave si sta parlando: la nascita della vita dal fango grazie all’operazione del sole. ‘sole come prima
causa che governa l’universo dopo iddio’
In un contesto copernicano il fatto che il sole è la prima causa che governa l’universo significa che
tutti i pianeti girano intorno ad esso?
Lepido parlando del coccodrillo ne approfitta per dimostrare anche di essere al corrente della teoria
dell’abiogenesi. Lepido sembra parlare di un sole egiziano e Antonio conferma l’asserzione di
lepido. Però tutti e due pensano a una cosa diversa: Lepido in chiave aristotelica, Antonio in chiave
copernicana. (Copernico aveva parlato di un sole che ingravida la terra)
Copernico: sole che ingravida la Terra che si muove ed è vista muoversi ad opera di un sole divino.
Argomento tradizionalmente aristotelico che diventerà la base di una dottrina sull’origine della vita
che diventerà antiaristotelica e anticristiana.
Per Copernico il sole ha lo scopo di illuminare e rischiarare il mondo, DI CONSEGUENZA, deve
esserne posto al centro e non per una ragione puramente scientifica. È il motore della vita, quindi,
diventa il centro ontologico (dell’essere) e di conseguenza anche il centro geometrico dell’universo.
Sole manifestazione divina
Il rinascimento ha derivato dalla rivoluzione copernicana una sorta di eliolatria (adorazione del
sole) e quale terra migliore dell’Egitto per parlare anche dell’Europa e dagli entusiasmi suscitati dal
nuovo cielo e nuova terra?

Grammatici e Pitagorici
La filosofia dei pitagorici è opposta a quella aristotelica. Per i pitagorici la natura era come per
l’indovino egiziano un libro infinito di segreti che andava decodificato mentre per il pedante
aristotelico era un’occasione per esercitare la tautologia. Il primo osservava il silenzio pitagorico, il
secondo si dilungava in prolisse spiegazioni esatte. Il primo comunicava le sue verità solo agli
iniziati, il secondo le esponeva dalla cattedra. Il primo tendeva all’intuizione, il secondo si dedicava
all’enumerazione delle qualità.
Un luogo comune pitagorico spacciato come logica conclusione di tautologie aristoteliche equivale
a chiudere un’argomentazione asserendo il preciso contrario di quello che è stato precedentemente
detto. Ed è quello che avviene qui: Lepido dichiara di conoscere la teoria dell’abiogenesi ma
annuisce quando Antonio finisce il discorso parlando di trasmigrazione. Tutto questo diventa
comico perché se il coccodrillo nasce per abiogenesi dal fango non dovrebbe anche trasmigrare.
Espressione comica di una polemica che vede contrapposti i due indirizzi intellettuali che in quegli
anni si trovavano in Inghilterra in clamoroso contrasto.
In questa scena la contrapposizione tra aristotelici e pitagorici è ancora più evidente, Copernico non
aveva fatto altro che restituire l’antica verità pitagorica. Questo Copernico l’aveva letto in Plutarco
che diventa quindi la principale fonte rinascimentale per avallare la nuova concezione che il mondo
gira con l’autorità dell’antica concezione pitagorica. Nella Vita di Numa (sovrano di favolosa
sapienza del quale si diceva che fosse stato in intima relazione d’amicizia con Pitagora) c’è scritto
che Numa aveva costruito un santuario di Vesta dove si custodiva il fuoco perenne: secondo i
Pitagorici la terra non è immobile né al centro dei cieli ma sospesa intorno al fuoco: essa non
costituisce neppure una delle parti più considerevoli e primarie dell’universo.
Tuttavia, sia l’universo aristotelico-tolemaico sia quello copernicano era finito. Digges è il primo a
parlare di un universo che è infinito perché è stato prodotto dall’infinita creatività di Dio che non
può che tradursi in un universo fisico infinito. Considerare finito l’universo creato dal dio infinito
potrebbe essere una cosa blasfema. Argomento che viene sviluppato con più entusiasmo da Bruno.

Il fuoco che anima il fango


(II,7,24-28) il fuoco animatore sembra uno dei segreti del libro dei segreti della natura, il fango
sembra animato dal sacro fuoco e partorisce serpenti strani e migranti. Questa generatività e
animazione del fango egiziano viene sostenuta sia da Antonio (alimentato da cuochi epicurei) sia da
Lepido e questo rende interessante il discorso. I due personaggi sono molto diversi, Antonio sembra
più esperto di Lepido. Questo è uno di quei casi in cui lo stesso cibo ha due diversi sapori per due
persone = che la stessa teoria abbia due significati diversi a seconda di chi la sostiene e del contesto
in cui viene sostenuta. Aristotele non era stato il primo a fornire una teoria sulla generazione
spontanea della vita, anche Lucrezio (frequentato da Bruno e dai copernicani inglesi) nel de rerum
natura aveva descritto l’universo infinito popolato da un’infinità di mondi.
L’abiogenesi aristotelica di cui parla Lepido è un’arma a doppio taglio perché in un contesto
copernicano (come quello di Bruno o del servo che ha iniziato la scena) in cui la terra si muove
perché è animata essa poteva dar vita a una teoria che sostenendo la presenza della divina scintilla
animatrice fin nel cuore della materia rende superfluo un intervento esterno e non solo si ritorce
conto ad Aristotele ma diventa anche anticristiana e anti-creazionista.
Nel nuovo universo di Bruno la prima causa della vita da un lato è infusa dalla materia e dall’altra
trasmigra producendo l’infinita varietà di forma della vita esattamente come a bordo della nave del
sole il coccodrillo che per cartari era imagine della prima causa da un lato nasce direttamente da
quel fango del Nilo che per Antonio stesso è animato da un certo sacro fuoco e dall’altro lato
trasmigra.
In Bruno la scoperta del sole copernicano comporta la parallela teorizzazione di un’origine della
vita che non richiede il soprannaturale fiato di un’entità divina distinta dalle cause naturali ma che
sgorga continuamente dalla materia.

Il mondo montato sulle ruote


Pompeo rifiuta la proposta di tradimento di Menas, le bevute continuano in un clima sempre più
inebriato. Lepido non regge il vino e viene trasportato a terra e questo da vita a uno scambio di
battute tra Menas ed Enobarbo (II,7,87-92)
Lo scambio ha qualcosa che rimanda a una sentenza perché finisce con la rima “reels-wheels”.
Menas si augura che anche le altre due parti del mondo si ubriachino cosi il mondo possa andare
sulle ruote e un mondo montato sulle ruote non può che essere un mondo che si muove. La terza
volta che il mondo è visto muoversi:
- Nell’immagine del servo c’era qualcosa che non muovendosi disastrava l’universo
- Nel refrain pentecostale la visione di un mondo che gira è l’esaudimento di una preghiera
che impetra una teofania
- Nell’immagine di Menas il mondo montato sulle ruote viene presentato come un augurio di
pace e felicità.
Nel primo caso il movimento del mondo restaura l’integrità fisica dell’universo, nel secondo
coincide con uno svelamento divino e nel terzo con una rappacificazione delle parti del mondo e un
augurabilissimo funzionamento generale.
“andare sulle ruote” andare liscio, funzionare bene oltre che whirl dizzily ovvero vorticare roteare.
Vale a dire che il buon funzionamento del mondo coincide con il suo vorticoso e vertiginoso
movimento. Perché il mondo funzioni e tutto fili liscio come l’olio bisogna da un lato che il mondo
si muova e dall’altro che sia anche visto muoversi. La risposta di Enobarbo è interessante: “drink
thou, increase the reels” ovvero bevi, incrementa i giri. Quali giri? Reels in senso secondario può
significare baldoria ed Enobarbo sta indubbiamente spingendo a un incremento consumo del vino
ma questo invito risulta molto intrigante come risposta a un mondo montato sulle ruote. Enobarbo
sta facendo un gioco di parole basato sull’equivalenza “wheel= to reel” che ha un ottimo
fondamento perché se wheel significa ruota, ovvero un qualcosa che come caratteristica primaria ha
quella di ruotare attorno al proprio asse, il significato primario di reel da cui discendono tutti gli
altri è quello di rocchetto che anche ha la caratteristica primaria di ruotare attorno al proprio asse.
La ruota si sposta nello spazio, il rocchetto ruota attorno a sé stesso. L’invito di Enobarbo a
incrementare i giri è curiosamente adatto a incrementare e completare l’immagine precedente.
Addizionando alla traslazione del mondo nello spazio implicata dalla sua dotazione di ruote il
movimento del rocchetto abbiamo davanti i due movimenti di cui era dotata la nuova terra nel
nuovo cielo: quello per cui si spostava nello spazio e quello con cui ruotava attorno al proprio asse.
Inoltre, reel è anche una danza scozzese dal movimento rotatorio e anche una parola che viene usata
in frasi idiomatiche tipo my head reels mi gira la testa. E cosi si può dire che nessuna accezione di
reel risulta irrilevante nel contesto in cui ci troviamo.
Il mondo gira sta inoltre acquisendo un significato politico oltre che religioso perché nel corso della
sua celebrazione non solo vediamo le diverse parti del mondo inebriarsi tanto che il mondo può
finalmente filar liscio come l’olio viaggiando senza intoppi su certe sue ruote, ma vediamo anche
sia pur provvisoriamente riconciliati i due grandi nemici che minacciano la pace il benessere e la
prosperità mondiale: Antonio e Cesare. Nella previsione di Enobarbo (mascelle che per quanto cibo
il mondo possa buttar loro nella strozza finiranno per divorare tutto il cibo del mondo e per
macinarsi l’un l’altra) dopo che Cesare avrà eliminato Lepido si libererà anche di Antonio.
Previsione che è formulata mentre andavano maturando le condizioni che di li a poco portarono alla
Guerra dei trent’anni in cui effettivamente un paio di mascelle, protestante e cattolica, divorarono in
nome della religione cristiana buona parte delle risorse europee.
Nel corso di questi baccanali egiziani vediamo quindi configurarsi una utopica e pacifica situazione
politica mondiale. È una caratteristica del masque di corte quella di culminare in canti e danze
pitagoriche in cui re cortigiani e grandi della terra celebrano il costituirsi di un’armonia nella sfera
dello stato che corrisponde all’armonia della sfera del cosmo. Si tratta di un tema centrale e
dominante e poteva articolarsi in modi diversi: entrate trionfali in cui re e regine diventano delle
personificazioni di idee neoplatoniche, trionfi di venere e Marte volti a far rinascere la loro figlia
armonia, danze pitagoriche danzate dai grandi della terra che riproducono i movimenti celesti,
tableaux allegorici in cui i personaggi personificano idee neoplatoniche e la danza è sempre il
momento culminante. Molto spesso il pubblico non penetrava affatto le invenzioni più alte e vere e i
misteri. Non è un caso che il masque conosca il suo massimo sviluppo proprio in questo periodo di
guerre religiose che precedono lo scoppio della Guerra dei trent’anni. L’unità del mondo cristiano
era ormai frantumata dalle guerre e la danza divenne parte di una ricerca ossessiva di nuova unità e
armonia. L’ascesa e il declino del masque inglese coincidono perfettamente con l’ascesa e il declino
dell’estrema rivendicazione della monarchia: la divinità. Quanto meno armonia regnava nel corpo
sociale, tanto più il sovrano tendeva a presentarsi come incarnazione terrena di un’armonia celeste.
La situazione è quella invocata in Troilo e Cressida dove si assiste a un meraviglioso discorso sulla
gerarchia e l’ordine micro-macrocosmico nel mezzo della più assoluta incapacità di produrlo. La
soluzione storica dei greci durante l’assedio di troia è certamente rilevante per quella europea.
Quello che compare nei masque come modello di armonia per la terra è poi sempre il vecchio cielo
medievale, gerarchico e aristotelico-tolemaico in cui la terra non è affatto dotata di ruote. Ciò su cui
poggia l’armonia proposta dai masque di corte è quel vecchio cielo e quella vecchia terra che qui
invece deve essere abbandonata a vantaggio di un cielo e una terra nuovi perché per trovare la vera
armonia cielo e terra devono mescolare i loro suoni. Nuovo cielo che aboliva le gerarchie delle sfere
e la distinzione tra cielo e terra poteva non essere adatto a fungere da fondamento e modello di un
ordine tradizionalmente gerarchico in terra. In questo masque la verità è detta da un servo e
coreografata da un attendente e i grandi della terra sono ridotti al ruolo di buffoni. Ancora una volta
avviene che nell’atto di rivelarsi del tutto convenzionale dal punto di vista del genere la scena porta
anche delle novità. Sia Bruno sia anche Campanella vedevano nello stato uno degli aspetti di una
cosmologia magica. I programmi politici proposti da questi pensatori tardorinascimentali non
possono essere disgiunti dall’interesse estremo che nutrirono nei confronti di occultismo magia e
sapienza pansofica. La verità propagandata da Bruno in Inghilterra aveva una missione politica oltre
che religiosa. Copernico era stato ordinato dagli dei come una aurora che doveva far uscire la verità
che era stata sepolta nelle tenebre. Questa verità che era stata a lungo oppressa dall’ignoranza
aristotelico cristiana che aveva anche prodotto una situazione intollerabile di discordia politico-
religiosa era quella egiziana come risulta dallo Spaccio (1584) dove viene citata la profezia
dell’Asclepio in cui Ermete prima lamenta l’imminente distruzione della sapienza egiziana e poi
annuncia la finale restituzione del mondo al suo antico volto egiziano. Per bruno l’Egitto è
l’immagine di un cielo copernicano in cui il mondo non si limita a girare in un’unica immensa e
infinita sfera ma fila anche liscio come l’olio senza più essere insanguinato dalle guerre dei barbari
la cui religione non solo non favorisce la comprensione della natura e il vivere civile ma è il motivo
stesso per cui nella sventurata Europa Marte si separa da Venere. Egitto e copernicanesimo
diventano un modello non soltanto scientifico ma anche religioso e politico destinato a soppiantare
il modello cristiano che non era in grado di capire che la terra si muove per il buon motivo che non
sapeva che la divinità è totalmente infusa nella natura e nella materia e che proprio la divinità che la
anima fa anche muovere la terra. Perché il mondo cristiano non aveva capito quello che sapeva
l’Egitto: che la divinità è in tutte le cose.
Il cristianesimo aveva trasformato la religione in motivo di sanguinose controversie. Nello Spaccio
l’Egitto diventa il modello di civiltà che va additato come esempio per opporsi all’imbarbarimento
della civiltà cristiana. Bruno voleva propagandare questo modello in Europa ritenendosi in grado di
convertire vari regnanti alle sue visioni politico-religiose che avevano in Copernico e nell’Egitto i
loro punti di forza.
(V,2,79-92) Quando ormai Roma ha sopraffatto l’Egitto e Antonio è morto Cleopatra racconta a
Dolabella, che le si rivolge come imperatrice, un certo sogno in cui compare un Antonio Imperatore
a cavalcioni degli oceani che è anche una rappresentazione antropomorfica dell’universo intero.

La fatica mostruosa di lavarsi il cervello


Gli effetti del vino conquistatore coincidono con uno svelamento di modo che per penetrarne il
profondo significato non accorre presumere nulla di più esoterico che ‘in vino veritas’. I tre
triumviri hanno tre diversi rapporti con questo vino che rende sensibili agli occhi fisici una verità
che è opposta all’apparenza:
- Antonio data la sua estrema dimestichezza coi banchetti egiziani lo beve gioiosamente e in
abbondanza
- Lepido lo beve ma non lo regge
- Cesare, baconiano, lo beve di malavoglia solo per dovere o per convenienza politica.
Appena termina la danza Cesare non vede l’ora di finire queste frivolezze per dedicarsi alle sue
faccende più serie -> andare a dormire. Quando Antonio gli dedica personalmente un brindisi
Cesare risponde che ne farebbe volentieri a meno perché I could well forbearet ecce cc
In senso traslato ‘wash the brain’ può significare bere vino e ubriacarsi ma il senso primario di wash
è lavare pulire purificar. Anche in questo caso il senso letterale ci riporta al senso medullato,
superficie e profondità coincidono. Cesare sta dicendo che per lui lavarsi il cervello/purificarsi la
mente con quel vino è una fatica mostruosa che non fa che turbarlo e confonderlo.
La risposta di Antonio è notevole ‘sii figlio del tempo’
- Goditi la festa
- Suono gnomico, lavarsi il cervello e trovare il nuovo cielo e una nuova terra in quel periodo
erano le condizioni per poter essere dei figli del tempo
Tra i figli del tempo il più celebre era una donna che si chiamava Veritas, veritas filia temporis.
Quando Bruno nella cena parla di sole copernicano che annuncia il vittorioso risorgere dell’antica
filosofia egiziana egli aveva in mente quell’immagine della veritas filia temporis che era stata usata
in Inghilterra a proposito del ritorno della fede cattolica sotto Maria fuori dalle tenebre protestanti e
a proposito della verità protestante sotto Elisabetta fuori dalle tenebre cattoliche.
La veritas che deve essere scoperta è sconvolgente e non si addice a qualsiasi cervello, Cesare
preferirebbe non bere. Comportamento che era stato previsto da Bruno come possibile reazione. Si
sofferma a lungo sulle talpe che non tollerano il nuovo sole della verità e non vedono l’ora di
ributtarsi sottoterra per non essere costrette a purificarsi il cervello. Cesare è dunque una di quelle
talpe. Presentare quella verità come figlia del tempo significava proporla come una terza via che
non era né cattolica e protestante. Dunque la selvaggia mascherata di questi baccanali egiziani è
integralmente dedicata alla celebrazione di un segreto della natura pieno di significati e il masque
rimanda in maniera inequivoca al banchetto di quella Cena in cui la rivelazione del moto della terra
tende a soppiantare la rivoluzione cristiana e rimanda anche allo Spaccio opera in cui l’Egitto viene
additato all’Europa come il più perfetto esempio di civiltà illuminata da quella veritas che a lungo
oppressa e dimenticata stava ormai tornando alla luce.
Il primo scambio di battute tra Antonio e Cleopatra non è costruito in maniera qualsiasi ma
appartiene a un preciso genere da cui è possibile/inevitabile dedurre quasi l’intero frutto delle
inebrianti fatiche cui ci costringono i baccanali egiziani. E poiché nel momento in cui questo
avveniva non eravamo preparati:

Nuovo cielo, nuova terra


(I,1,14-17) questo notevole scambio si chiude con una citazione dell’Apocalisse. A primo sguardo
sembra trattarsi di un semplice bavardage da innamorati, un’illustrazione del rimbambimento
dell’ex Marte cui ha appena accennato il tableau dei soldati.
Cleopatra chiede QUANTO Antonio le vuole bene e Antonio risponde che il suo amore non è
quantificabile perché un amore misurabile è un amore miserabile.
Reckoned rimanda al conto, al numero, al quanto richiestogli e l’implicazione è naturalmente che il
suo amore non essendo miserabile non è nemmeno misurabile. Cleopatra esige però una prova
fisica.
Bourn: confine che delimita un campo. Cleopatra vuole farsi dare una prova
dell’incommensurabilità dell’amore di Antonio. Trovare uno spazio fisico per qualcosa di
incommensurabile non può che richiedere uno spazio incommensurabile e visto che neanche
l’universo era tale allora Antonio non può che rispondere che
THEN bisogna trovare un nuovo cielo e una nuova terra. Questa è la citazione di quella che è
l’espressione più famosa dell’Apocalisse. Il then svolge funzioni di una clausola logica. NEEDS
necessariamente.
Cleopatra pone Antonio davanti un enigma che viene risolto in tre battute che costituiscono un
sillogismo che consta di tre proposizioni collegate tra loro in modo che dalle due prime (premesse)
se ne deduca per necessità logica una terza (conseguenza) che è introdotta dalla clausola ergo.
- L’amore è infinito
- Desidero sapere fino a dove si estende
- Ergo bisogna trovare un nuovo cielo e una nuova terra.
Nuovo cielo e nuova terra formano un universo e di nuovi universi ce ne sono pochi nel 1608 quindi
si tratta di una allusione specifica a quello che stava accadendo in quel periodo.
Il cielo aristotelico avrebbe fatto contenta Cleopatra che avrebbe trovato il confine ma non Antonio
perché il suo amore sarebbe rimasto strangolato dalla sfera delle stelle fisse.
Anche il cosmo di Copernico era finito e anche quello di Galileo e di Keplero. Digges fu il primo in
Inghilterra a sostenere l’esistenza di un cosmo infinito: A una vera infinita potenza e maestà divina
si conviene soltanto un luogo infinito.
Antonio dice anche che un amore finito sarebbe miserabile cosi come anche Bruno aveva sostenuto
davanti ai giudici. L’infinito universo, effetto della infinita divina potenza sarebbe cosa indegna
visto che era stata prodotta dalla divina bontà e potenza.
Bruno: la realizzazione del nuovo cielo, nuova terra apocalittico non consiste nell’iniziare a
muoversi della terra e trasformarsi in astro ma nel fatto che l’uomo si renda conto che essa si è
sempre mossa ed è sempre stata un astro. Questo può costituire una fatica mostruosa per certe talpe
molto restie a purificarsi il cervello con il vino della verità che fa vedere il mondo girare. L’unico
cataclisma apocalittico è quindi quello che si deve verificare nel cervello di chi si trova a respirare
tra terra e cielo perché essi sono sempre stati così.
Ancora una volta mentre viene detta una cosa cosi importante il tono è comico, non solo per i
bamboleggiamenti di Cleopatra ma anche perché c’è qualcosa di esilarante nel fatto che per trovare
un nuovo universo illimitato che fa letteralmente esplodere il cosmo aristotelico chiuso
trasformandolo in un nuovo universo infinito si faccia uso dello strumento dell’aristotelismo ->
sillogismo.
Tendenza di Shakespeare a stendere l’avversario con le sue stesse armi.

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