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Il trionfo di Venere
Analisi dei 40versi dell’incontro tra Antonio e Cleopatra. Enobarbo dipinge una donna che va oltre
la natura. Al corteo di Venere partecipano i 4 elementi di cui era tradizionalmente composto il
mondo fisico e i 5 sensi attraverso cui l’uomo sperimenta.
Questa rappresentazione di cleopatra-venere ha delle somiglianze con
- Quadri di trionfi regali
- Rappresentazioni allegoriche della bellezza
Al seguito di questa Venere troviamo elementi personificati e dotati di sensibilità:
- Terra (sponde) in love con il profumo della processione fluviale
- Acqua innamorata dei remi
- Aria innamorata delle vele
- Fuoco che è la regina stessa, i ventagli le fanno ardere le guance.
Rapporti erotici tra i 4 elementi è un tema che rimanda a quello neoplatonico dell’amore cosmico
tra gli elementi. Voluttuosi elementi che caratterizzano il trionfo fluviale.
La voluptas è tradizionalmente una forza cosmica a cui partecipano anche gli elementi e la bellezza
fisica è la manifestazione della pienezza della divinità.
I 5 sensi vengono espressamente menzionati (p20pdf)
Antonio decide di fruire solamente con la vista della cena. La vista è il più nobile dei sensi cosi
come il fuoco è il più nobile degli elementi.
L’amore suscitato dalla venere non è cieco (cosi come sarebbe se degenerasse nel tatto) ma
destinato a condurre l’amatore dal mondo esterno a quello interno. Antonio comportandosi in
questo modo è il corretto amatore neoplatonico. In questi primi 40 versi sia i 4 elementi sia i 5 sensi
sono disposti gerarchicamente in una struttura che conduce in una sola direzione.
Antonio paga col cuore ciò che mangia solo con gli occhi -> passaggio da mondo esterno a interno.
Occhi -> cuore sede dell’anima e del senso interiore dell’immaginazione.
Pico: gli occhi ricevono la bellezza di un corpo particolare, si costruisce l’ideale di bellezza.
Cleopatra, infatti, non viene descritta con una fisionomia particolare. “rendeva miserabile ogni
descrizione” questa mancanza di fisionomia particolare equivale ad essere perfezione poiché
permette il fenomeno di idealizzazione della bellezza che supera la natura.
L’anima (rivolta ai sensi 1) non si limita a ricevere passivamente per mezzo degli occhi la
particolare beltà ma perfezione l’immagine della bellezza particolare mediante la fantasia fino a
creare la bellezza generale che supera la natura.
Enobarbo: se avesse caratterizzato individualmente la bellezza di cleopatra non avrebbe superato la
natura.
Cleopatra viene paragonata da Agrippa alla terra che arata dà frutto.
Identità della venere neoplatonica:
- Venere celeste = sapienza (pico)
- Venere terrestre (Ficino) che si divide in vis generandi e anima mundi che fruttifica la terra
(arata da Cesare)
L’arte e l’artefice
Terza parte del trittico, dipinge un mondo particolare, perfetto (l’età non la può avvizzire fino a
quando è lussuriosa)
Viene utilizzato il presente e non siamo né sul fiume né sulla pubblica strada: non siamo in un punto
determinabile nel tempo e nello spazio ma in una sorta di presente eterno in cui la fame cresce
quanto più viene saziata, e in cui i devastanti poteri del tempo non esercitano alcun effetto sulla
regina benedetta dai santi sacerdoti. Il trionfo di venere era tutto una profusione di magnifiche
immagini sensibili e la regina a balzelloni presentava una immagine grottesca. Ora la regina non
offre alcuna immagine. A cleopatra si addicono anche le cose più vili e questa celebrazione della
varietà della natura è uno dei tratti più riconoscibilmente distintivi della visione neoplatonica del
mondo: un mondo che deve essere infinitamente vario.
Si può dire che se nella prima parte vediamo il prodotto dell’artefice e nella seconda parte l’artefice
del prodotto, nella terza vediamo l’arte stessa in base alla quale l’artefice produce. L’arte umana di
Enobarbo è una rappresentazione perfetta dell’arte divina e quella sapienza che per l’uomo è il
punto di arrivo è precisamente ciò che dal punto di vista divino è un punto di partenza. Il trittico
termina asserendo che i santi sacerdoti la benedicono, quando è lussuriosa.
La sapienza personificata da Cleopatra non è identica alla sapienza cristiana ma ha origini
neoplatoniche che ci riconducono ancora una volta ad Alessandria e all’Egitto, cioè alla terra oltre
che di cleopatra e dei santi sacerdoti che la benedicono anche di Ermete. (?) una sapienza lussuriosa
e benedetta per la sua stessa lussuria da santi sacerdoti che non possono che essere egiziani non può
a sua volta che essere una sapienza egiziana.
Anche in Dante Cleopatra era lussuriosa per natura ma i sacerdoti egiziani non le assegnano
l’inferno. Stesso discorso vale anche per la sapienza che nel caso di Beatrice è quella della
tradizione cristiana mentre nel caso di Cleopatra è quella egiziana. Ma la sapienza è la
personificazione dell’arte con cui dio crea l’universo quindi due figure di sapienza implicano anche
due diversi modelli di universo. Quello di dante è quello aristotelico cristiano (in cui il centro della
terra che sta al centro di quell’universo corrisponde al basso ventre di satana) invece quello egiziano
è un mondo in cui la materia è impregnata di divino, la terra si muove, tutte le parti della natura
sono buone perché tutte sono parte di dio.
Nel mondo di cleopatra nessuna parte è tanto povera da non essere figlia del cielo. La lussuria è una
manifestazione di fecondità esuberanza pienezza e divinità.
C’è un altro motivo per cui questi due universi differiscono. Quelli di questo dramma non sono un
vecchio cielo e una vecchia terra ma quelli nuovi che bisogna scoprire.
L’impresa di Enobarbo
Shakespeare è solito avere il fair play di anteporre e posporre a un brano enigmatico delle parole
chiave che possano giovare a risolverlo, o quanto meno a riconoscerlo per tale e a specificare il
genere a cui appartiene. Si tratta di solito di parole che hanno un preciso significato originario.
Non appena concluso il brano di Enobarbo che ci porta dalla bellezza alla sapienza, mecenate
pronuncia le parole bellezza e sapienza. Prima che Enobarbo inizi a dipingere il suo trionfo di
venere mecenate definisce la regina “a most triummphant lady”
La nave di cleopatra è un carro allegorico con figure e decorazioni mitologiche per le quali sono
state usate le fonti erudite a cui attingevano gli altri letterati dell’epoca. Il trionfo è quello
caratterizzava le entrate regali dell’epoca.
Geroglifico del Cidno è propriamente la rappresentazione visiva e verbale dell’idea dell’opera.
Prima di cercare di capire di quali cieli sia modello e in che modo siano nuovi il cielo e la terra che
bisogna necessariamente scoprire è necessario indagare perché la regina è nera o soprattutto perché
per qualificarsi tale essa decida di prendere in prestito le parole della sposa del cantico dei cantici.
Il personaggio di Enobarbo è un prisma che di volta in volta svolge funzioni diverse come quella
del fool, confidente, coro, artefice. La sua impresa può rivelarsi non solo un gioiello ma anche un
prezioso strumento ottico di precisione con cui osservare la luce che irraggia dalla sua regina.
PARTE 2
I mantici e i ventagli
Il colore della pelle della Regina è la prima cosa che veniamo a sapere di lei: ce lo comunica filone
fin dal sesto verso del dramma. I tredici versi iniziali che il soldato romano recita costituiscono un
TABLEAU che viene porto allo spettatore prima ancora che entrino in scena i protagonisti.
Questo tableau viene fatto da un romano, quindi, presenta Antonio il triumviro, associato a Marte
con il suo attributo, la corazza, che diventa lo zimbello di Cleopatra considerata sgualdrina
lussuriosa. Di lei non viene detto nient’altro.
Un dettaglio interessante è quello dei ventagli-mantici che fanno splendere la cleopatra venere del
Cidno sottoposta all’azione del mantice cardiaco di Antonio, non può che bruciare tanto più viene
sventagliata.
Il fatto che il quadro venga presentato da soldati romani non implica che non possano esserci altri
significati da altre prospettive. Osservato alla luce del suo prisma il tableau romano si rivela di
natura composita.
Questo dettaglio dei mantici ventagli è un’immagine che ci porta al cuore non solo di Antonio ma
anche del simbolismo più profondo del dramma e della logica che lo governa perché raffigura con
una immagine materiale e addirittura meccanica la produzione e l’alimentazione di un calore
appetitivo che come quello suscitato dalla regina che saziando di sé di sé asseta cresce quanto più
viene soddisfatto.
Nel dramma l’insaziabilità dell’appetito sensibile corrisponde ad una insaziabilità intelligibile.
In un suo sogno Cleopatra vede un Antonio imperatore che è propriamente una rappresentazione
antropomorfica dell’universo. Quell’Antonio, o idea di Antonio, la cui faccia è come i cieli, i cui
occhi sono il sole e la luna, la cui voce è l’armonia delle sfere è anche un autunno che cresce quanto
più viene raccolto. Le caratteristiche di questa coppia di amanti sono anche le caratteristiche di un
intero cosmo in cui appetito fruizione e largizione non fanno che moltiplicarsi vicendevolmente
I mantici vengono qui usati senz’ombra di contraddizione alcuna come attrezzo che accende e
rinfresca la lussuria di cleopatra. Questo non è l’unico esempio del dramma in cui gli opposti
vengono fatti convivere.
Enfasi sui rapporti tra particolare e universale e sul tutto nelle parti è caratteristica della poesia e
dell’arte rinascimentale in genere.
Nell’universo neoplatonico il piacere è una forza propulsiva individuale e cosmica che da una parte
spinge la divinità a rivelarsi incessantemente nell’infinita varietà di una creazione che tutta riluce di
divinità fin nelle sue parti più vili e dall’altra spinge l’uomo a risalire e ascendere la catena
dell’essere verso la sua inesaustibile e traboccante fonte.
I piaceri di quell’Antonio che fruttifica quanto più viene raccolto sono simili ai delfini, mostrano il
dorso al di sopra dell’elemento di cui vivono cit. vale a dire che i piaceri di Antonio sono dotati di
una spinta ascensionale che lo eleva dall’acqua all’aria. Anche Cleopatra che è essa stessa il
massimo piacere di Antonio e in cui ogni passione si sforza pienamente di rendersi bella e
ammirata.
Nell’universo neoplatonico in cui la bellezza sensibile conduce verso la Sapienza, l’eccesso è una
virtù, sia da parte della divinità che continua a riversarsi nell’infinita varietà della creazione, sia da
parte della creatura guidata dai suoi stessi piaceri a trascendere l’elemento in cui vive.
Questi temi, destinati ad essere variamente sviluppati li troviamo anche nel tableau iniziale sia pur
sotto la maschera del disprezzo romano. Se infatti la voluptas di Cleopatra brucia quanto più viene
sventagliata, l’infatuazione di Antonio per parte sua trabocca ogni misura. Questi straripamenti e
crescite esponenziali di lussurie non meno cosmiche che soggettive sono dunque dei tratti
caratteristici di una visione del mondo.
Tableau: a parte certe espressioni grossolanamente denigratorie (sgualdrina) esso non fa che
mostrarci un guerriero associato a Marte che ha abbandonato le sue attività guerresche e i cui occhi
rivolgono ormai l’officio e la devozione della loro vista su una donna dalla fronte bruna, ed è
significativo che entrambe le parole office e devotion siano di genere liturgico e sacro.
‘uno dei tre pilastri del mondo trasformato nello zimbello di una sgualdrina’’ anche sapere del
Cidno la sgualdrina su cui si rivolge la devozione di Antonio-Marte verrà dipinta come venere
trionfante verrà dipinta come venere trionfante e benedetta da dei sacerdoti, si ha l’impressione di
trovarsi davanti a un ‘Marte disarmato da venere, cioè un soggetto caro all’arte rinascimentale e
simmetricamente opposto a quello in cui Marte, sottraendosi agli abbracci di Venere rappresenta di
solito gli orrori della guerra
Se un Marte che si sottrae a Venere era per un artista dell’Europa insanguinata dalle guerre di
religione un tanto conveniente exemplum degli orrori della guerra e della discordia che infrangono
l’armonia e corrompono e distruggono fecondità procreazione carità arti è lettere, è possibile che un
quadro dello stesso periodo in cui Marte smesse le armi rivolge tutta la sua devozione a Venere
abbia un significato opposto.
‘Marte disarmato da Venere’ non ha per forza il significato attribuitogli dai soldati, esiste un altro
punto di vista, quello dei santi sacerdoti egiziani e dell’artefice del Cidno che benedicono la lussuria
di Cleopatra che la rende sgualdrina agli occhi dei romani.
Se l’immagine dei ventagli-mantici compare sia nel tableau dei soldati dove Antonio è un Marte sia
nel quadro di Enobarbo in cui Cleopatra è una Venere, la sgualdrina corrisponde alla regina
lussuriosa benedetta per la sua stessa lussuria.
Si insiste sulla fronte BRUNA di Cleopatra due volte in 13 versi. Per capirne il motivo bisogna
aspettare il dialogo tra Cleopatra con l’eunuco durante l’assenza di Antonio dall’Egitto dove non a
caso appaiono anche Venere e Marte. Antonio ritiene di entrare in scena sancendo l’assoluta
necessità di scoprire un apocalittico nuovo cielo, nuova terra. Bisogna però aspettare il baccanale
egiziano in cui Enobarbo trasformandosi in coreografo e regista farà cantare sulla pubblica scena la
più sconvolgente e nuova delle caratteristiche di quel nuovo cielo e di quella nuova terra.
Mixtum celestiale
Mentre Cleopatra immagina Antonio a cavallo arriva un messaggero che dice che effettivamente lo
era. Antonio ci viene proposto in una vignetta che lo presenta in postura eroica mentre monta uno
stallone e la stessa estrema violenza del nitrito sembra escludere che esso possa essere fiaccato.
Gaun viene usato per gli animali famelici.
Jones si chiede se questa immagine abbia un valore emblematico dato che ai tempi di Shakespeare
simboleggiava comunemente il controllo delle passioni.
Il cavallo è la parte bassa del suo cavaliere e da quando la scena è iniziata si parla continuamente di
parti basse e del loro contributo necessario per creare l’armonia. (Pariglia alata e auriga di Platone)
Segue un’elaborata descrizione dell’umore di Antonio mentre monta il cavallo. (1,5,50-60)
Il comportamento di Antonio è un felice termine medio tra i due estremi. Happy mean che non è
un’aurea mediocritas ma che comprende la violenza di entrambi gli estremi opposti, è una
contraddizione. Ma secondo la logica non aristotelica l’armonia nasce dalla compresenza degli
estremi opposti. Cosi come antiaristotelica è la logica che governa la fusione dell’alto e del basso
all’interno dell’uomo che si mescolano.
Mingle è un sostantivo che non ricorre in altre parti in Shakespeare, se non in questo dramma.
(IV,8,35-38) dopo la sua ultima battaglia vittoriosa Antonio immagina una festa allietata da una
violenta musica per tamburi e fiati (terra e aria) che fa si che cielo e terra mescolino i loro suoni.
Mingle è caratteristica necessaria dell’armonia. La logica di questa armonia è neoplatonica, quella
della coincidentia oppositorum. Questa logica è anche una delle caratteristiche profonde del
dramma, come in questa scena in cui si ha propriamente una mistione che implica armonicamente in
se la violenza del basso e dell’alto, del grottesco e del misterico, osceno e sapienziale. Il linguaggio
stesso è una mistione tra alto e basso (grottesco e sapienziale)
Tintura alchemica: agente che mischiandosi con il corpo da tingere produce dei mixta che sono
degli esempi fisici di coincidentia oppositorum.
Alexas è uno dei rari maschi egiziani del dramma, nessuno dei quali spicca per virilità. È dunque
molto diverso da Antonio ma essendo stato accanto a lui gli ha dato una vernice di interesse perché
Antonio l’ha dorato. L’intero dramma tratta della trasformazione di materiali umani bassi in elevati
(come seminary) l’effetto è soltanto esteriore, una doratura e non una trasmutazione in oro.
L’allusione alchemica è giocosa e verte sulla trasmutazione di materiali umani bassi in elevati.
(anche nella tempesta è cosi) (76 pdf)
La sposa sapienza
Negli anni in cui venne scritto e messo in scena il dramma compare una nuova stella al di sopra del
cielo della luna nel 1604. Due stelle apocalitticamente annuncianti un nuovo cielo e una nuova terra
sono il fenomeno che contribuisce a una più vasta accettazione del nuovo cielo copernicano. Si
trattava allora di fenomeni inspiegabili se non come segno o miracolo. Gli anni che vanno dal 1604
al 1610 (quando il telescopio di Galileo rivelerà anche ai sensi che il cielo era effettivamente un
nuovo cielo) sono anni di interesse frenetico per le sorti del vecchio cielo.
Keplero stabilì che la stella del 1604 era portatrice di un significato cosmico ed escatologico che
annunciava una fase cruciale nel piano divino: era il segno della conversione di ebrei turchi e
indiani d’America (?)
Cleopatra: Vecchissima ed eternamente giovane donna, ha caratteristiche cristiane o platonico-
egiziane da cui discendono due modelli discordanti di rapporto tra cielo e terra. Quando la sapienza
egiziana e platonica tende a prendere il posto di quella dei teologi si producono delle implicazioni
contrarie alla trinità che di solito finivano per tirarsi dietro una serie di riforme.
(II,1,23) Antonio viene definito libertino alimentato da cuochi epicurei. La parola libertino era solo
agli inizi della sua carriera, il significato cinquecentesco è diverso da quello che ha assunto oggi.
Parola significava originariamente liberto, schiavo liberato. La parola usata per definire Antonio
appariva associata dalla massima autorità religiosa d’Europa protestante da un lato a due dei più
temuti e radicali movimenti eterodossi, anabattisti e spirituali e dall’altro a quegli epicurei che erano
noti prima che per gli abusi alimentari per le loro intollerabili opinioni religiosi.
La parola libertino rimandava alle teorie miscredenti sulla impostura delle religioni, religioni che si
oppongono ad altre religioni. La cosa si fa più grave quando queste concezioni pretendono a loro
volta di essere il vero cristianesimo. La parola di Pompeo definisce in maniera inequivoca quale sia
il senso in cui l’etica del dramma può essere definita cristiana. Il libertino 500esco non si limitava a
godere, ma andava anche in cerca di una giustificazione teologica del suo gaudio, cosi nel dramma
Antonio che gode insaziabilmente della sua regina compaiono anche dei sacerdoti che benedicono
la licenziosità
Parole della sapienza nell’ecclesiastico: Chi si nutre di me avrà ancora fame, chi beve di me avrà
ancora sete, chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà
Amando insaziabilmente e svergognatamente quella donna il peccato consiste solo nel poco.
In quel periodo era nell’aria non tanto il rinnovamento del cristianesimo quanto la sua fine e la sua
sostituzione con una religione migliore e più antica che il cristianesimo aveva soffocato ma che
stava riemergendo e di cui il nuovo cielo di Copernico era l’alba. La religione che avrebbe in tal
caso trionfato era quella dei santi sacerdoti egiziani che avevano saputo benedire la divinità anche
nelle cose più vili. Posizione propagandata da Bruno in Inghilterra dove si assiste a un duplice
processo: Da un lato la riforma copernicana del cielo fisico vi viene estesa al cielo che
intellettualmente è dentro di noi fino a adombrare un nuovo tipo antropologico di carattere non
ascetico ma epicureo dove alto e basso, divinità e materia, intelletti e sensi si fondono come cielo e
terra si fondono nel nuovo universo.
Dall’altro la religione dei santi sacerdoti egiziani che avevano saputo riconoscere la divinità anche
nelle cose più vili e in tutta la natura viene additata come modello di una nuova religiosità
neoplatonico ermetica e panteistica che avrebbe riappacificato il mondo e soppiantato il
cristianesimo e le sue guerre dopo il crollo del suo cielo.
La morte di vita
Nel momento culminante del dramma, ovvero un attimo prima di suicidarsi, cleopatra ancora una
volta si macchierà di omicidio facendo stramazzare un corpo per terra. La sua amata ancella Iras
con un semplice bacio. Anche in quel caso la morte della vittima risulta strana dal punto di vista
della rappresentazione della morte diretta e veritiera. Concidentia oppositorum: morte e vita
coincidono negli occhi di cleopatra e Pompeo incontra la prima nell’atto di veder la seconda. In
grado di uccidere non solo con gli occhi ma anche con le labbra.
Nuovo cielo era per Bruno la fine della religione cristiana che con l’aiuto di Aristotele e delle sfere
si era blasfemamente industriata a tener separato ciò che invece era unito. Le nuove scoperte
avrebbero riportato alla luce l’antica sapienza dei sacerdoti egiziani che avevano già saputo che la
terra si muove perché viva e intrisa di divinità.
Cleopatra a volte non è altro che una donna (4, 15,73) altre volte è integralmente idea e delle volte
no. Idea che tende a fondere natura e divinità. Il modello è quello del mixtum in cui entrambi i
componenti continuano a consuonare. Quando cielo e terra non possono mescolare i loro suoni la
donna diventa un’aurea mediocritas tra natura e divinità.
Il prisma ottico
Antonio viene descritto da cleopatra come dipinto da una parte come gorgone e dall’altra come
Marte. Cleopatra identifica quindi Antonio con una prospettiva.
Le prospettive erano dei congegni ottici molto in voga che mostravano a seconda dell’angolazione
da cui venivano osservati tre diverse immagini: una veniva dipinta sulla superficie di fondo e poi sul
dritto e rovescio di un foglio venivano dipinte due immagini. Il foglio veniva tagliato a strisce
regolari che venivano fissate ad angolo retto sul fondo. In questo modo osservate di fronte
mostravano le immagini della prima superficie, e osservate da destra e sinistra mostravano quelle
dipinte sul dritto e rovescio della seconda superficie. Quindi osservando lo stesso oggetto si
vedevano ben tre immagini.
Quindi Antonio – gorgone- Marte.
Lo stesso discorso può essere utilizzato per analizzare l’intero dramma: la storia di Plutarco finge da
immagine centrale, osservato di fronte il dramma è un normalissimo dramma romano, ma c’è anche
una seconda superficie egiziana ed è sovrapposta alla storia centrale. La ragione principale dell’uso
di questa tecnica consentiva di dar da mangiare con un medesimo cibo a diversi convitati cose di
diversi sapori. Era un modo per fuggire alla censura.
TERZA PARTE
Il baccanale egiziano
Sulla nave di Pompeo ha luogo un incontro politico importantissimo. Pompeo ha infatti acquistato
potenza sul mare. Una volta a bordo i triumviri e Pompeo parlano delle meraviglie dell’Egitto e in
particolare del coccodrillo, uno strano serpente che annovera tra le sue stranezze l’abiogenesi e la
trasmigrazione e soprattutto bevono senza limiti. Menas propone a Pompeo di tagliare la gola a tutti
ma lui rifiuta (impo) Enobarbo diventa un coreografo e da accurate indicazioni di regia per ballare
un baccanale egiziano. Scena strana. Si distacca da tutte le altre
- Si svolge a bordo di una nave
- Si parla di musica e si produce fisicamente sulla scena
Tutti si tengono per mano, la figura che formano è un circolo, quindi, l’unico modo di danzare è
roteare. Invocano Bacco re del vino mentre fanno il girotondo. La scena ha tutte le caratteristiche
tecniche del masque, che usa culminare con danze e canti e questi baccanali egiziani sono un vero e
proprio play within the play poiché configurano regista danzatori musicisti cantante solista e coro.
Mentre cantano il refrain Cesare, serioso e poco conviviale, interviene e dice che andrà a casa
(II,7,122-123)
Non c’è più bisogno di altre parole perché tutto è stato detto cantato urlato e mostrato visivamente.
Cesare dice che si tratta di un masque, una mascherata. DISGUISE (mascheramento)
Fin dal XIV secolo i disguisings erano un intrattenimento che faceva parte delle feste di corte in cui
comparivano dei personaggi in costume o mascherati.
Antics -> generi di show che prevedevano una dilettevole ostentazione di convenientemente
ingegnose finzioni di alta sapienza e che richiedevano un programma simbolico. Antic parola
tecnica per le grottesche usate in architettura e pittura oltre che a significare comunemente buffone.
Quindi se la maschera è grottesca ovviamente nasconde un mistero.
Cantano la canzone di Bacco signore dei misteri. Filastrocca che ha tante analogie con il Veni
Creator Spiritus di Rabano mauro usato nella liturgia pentecostale per invocare la discesa e la
manifestazione dello spirito santo. Shakespeare fa cantare i romani pagani sulla scena come
avrebbero fatto nella vita reale, dimostrando di aver compreso il significato religioso che il vino
aveva per loro, come se fosse un dono di dio. La filastrocca invoca una Epifania divina.
«versa finché il mondo gira» -> sembra che tutto ciò che desiderano sia una gran sbornia e oblio e
un giramento di testa che produce l’impressione che il mondo giri e ci si chiede costernati dove stia
il sovrumano, la profezia l’enigma. Sembrano essere dei sileni sotto i quali sta ricoperto il tesoro
della bontà e della verità. E può anche darsi che il tesoro non sia neppure nascosto ma anzi in vista e
urlatoci tanto violentemente in faccia da risultare invisibile per un eccesso di visibilità. La frase può
essere interpretata in due modi:
- Versa finché il mondo che non gira SEMBRI girare
- Versa finché il mondo che in realtà gira ma sembra star fermo sia visto girare come gira in
realtà.
Visto che viene invocato il dio Dioniso, nulla toglie che ci sia una rivelazione in corso.
Se è cosi abbiamo scoperto la nuova terra che in quel nuovo cielo gira anche a prescindere dal tasso
di ubriachezza dei suoi abitanti anche se solo ubriachi possono vederla girare.
Nel 1604 Bruno in visita a Oxford scrisse un libro. Egli voleva far stare in piedi l’ipotesi di
Copernico per cui la terra gira, mentre in verità era la sua testa che girava. I giramenti di testa di
bruno risultarono illuminanti come lo sono quelli dei ballerini del girotondo.
Copernico nella sua dedica a Paolo III nel De revolutionibus sostiene la necessità di non svelare i
misteri a coloro che non furono rigenerati con la purificazione dell’animo. Dimostra quindi di
essere cosciente della pericolosità del suo mistero e che quel mistero che contraddice il senso
comune può apparire assurdo e ridicolo.
I Sileni che danzano sono tra tutte le possibili fonti la meno autorevole per presentarci la gravissima
verità che il mondo gira e sono gli ultimi su cui si possa riporre fiducia. Ma proprio per questo può
essere che annuncino la verità.
Lo sciemenziato
Antonio e Cesare entrano in scena già impegnati in una discussione tecnologica sul regime delle
acque del Nilo e sull’utilità delle tecniche di misurazione degli straripamenti. Antonio spiega che gli
egiziani misurano l’altezza delle inondazioni con delle scale di misurazione incise sulle piramidi e
sono quindi in grado di prevedere il futuro raccolto. Argomento egiziano che sembra fatto apposta
per suscitare l’interesse di Cesare. Antonio poi conversa con Lepido che è interessato ai coccodrilli
-> parte comica. Antonio è appena tornato dall’Egitto e vogliono che fornisca qualche racconto
sulle meraviglie di quella terra. Wilson nota che l’Egitto era abbastanza sconosciuto alla cultura
rinascimentale europea e quindi anche a Shakespeare (II,7,40-48) brano che prova la povertà di
informazioni di Shakespeare ma nessuna quantità di erudizione avrebbe potuto darci con maggior
successo un’impressione dell’Egitto di Cleopatra. (che genere di cosa è il vostro coccodrillo? Fino
ha (potete ben dirlo)
La descrizione è dichiaratamente comica e consiste in una sequela di sciocchezze. E come al solito
questa frivolezza è la maschera di qualcos’altro.
Il coccodrillo qualcosa di meraviglioso ce l’ha: ha l’abitudine di nascere per abiogenesi dal suo
fango, a giudizio di Lepido che aveva interrotto Antonio e Cesare per dimostrare che anche lui
sapeva qualcosa sull’Egitto. (24-28)
La descrizione del coccodrillo fatta da Antonio fa ridere perché è eccessivamente esatta poiché è
una serie di proposizioni che per natura sono esatte, nessuno può dubitare dell’assoluta verità della
descrizione di questo coccodrillo. Il brano fa ridere perché imita qualcuno che utilizza questo stile
di descrizioni. Lo zimbello è Lepido che si prende per buona a sequela di tautologie. L’immobilità
di Lepido è stata poco fa paragonata a quella della terra aristotelica. La figura che viene parodiata in
queste due descrizioni è quella del filosofo naturale, lo scienziato, il filosofo scolastico e aristotelico
che spiega e descrive la natura in termini puramente verbali e grammaticali. Negli anni di
Shakespeare il disgusto per la scolastica era talmente diffuso in Europa, specialmente in Inghilterra
quindi la parodia di Antonio non è qualcosa di strano. Antonio si adegua all’interlocutore di turno
dando a ciascuno il cibo corrispondente ai suoi gusti: disquisisce di tecniche e misurazioni con
Cesare.
Una visione della natura opposta a quella di Aristotele è quella particolarmente egiziana di cui ci
aveva parlato l’indovino fin dalla seconda scena del primo atto. Per quell’indovino egiziano la
natura è un infinito libro di segreto che sono tuttavia almeno in parte decifrabili per chi in quel libro
sa leggere. L’immagine del libro della natura era molto conosciuta alle speculazioni mistico-
filosofiche medievali ma la sua enorme fortuna è rinascimentale e secentesca quando il libro della
natura comincia ad apparire associato e affiancato all’altro libro scritto dallo stesso Autore e per
almeno due secoli la loro concordanza e discordanza e priorità sta a cuore della storia intellettuale
europea. Una parte importante della storia intellettuale del secolo verte sul problema della
corrispondenza tra ciò che è possibile decifrare nell’infinito libro di segreti della natura e quello che
è scritto nell’altro libro divino.
All’interno del masque ognuno dei personaggi tocca personificare un determinato tipo di rapporto
con la natura e certi suoi segreti più o meno egiziani. Nella scena dei servi ci sono i punti di vista
della natura visti dalla vecchia e nuova astronomia, adesso c’è un terzo tipo di rapporto con la
natura, quella baconiana che vuole restare all’interno della sfera dell’utile senza commistioni col
sacro. Utilizzare i segreti della natura tecnicamente per trarne vantaggi materiali. La natura è per
Cesare un oggetto di dominio e non una fonte di illuminazione. Quando Enobarbo lo costringe a
partecipare al baccanale, Cesare non sa che farci con la nuova rivelazione.
Lepido Aristotelico, Antonio approccio egiziano, Cesare Baconiano. DI quei triumviri ce n’è uno
che non conta così come agli inizi del sedicesimo secolo non conta più l’aristotelismo scolastico.
La nave del sole
La conoscenza sull’Egitto di Lepido consiste nella teoria dell’abiogenesi o generazione spontanea
che prevede la nascita della materia vivente dalla materia senza vita. Per la terza volta Lepido viene
associato all’aristotelismo. In Plutarco si accenna molto brevemente alla festa di Pompeo a bordo
della nave, ci informa brevemente della proposta di tradimento di Menas a Pompeo e del fatto che a
bordo si scherza dell’amore tra Antonio e Cleopatra. Invece in questo dramma la festa si trasforma
in un masque e si scherza piuttosto sul coccodrillo. Coccodrillo era un animale emblematico presso
gli egiziani. Più di un coccodrillo è reperibile in quelle opere di consultazione mitografica di cui i
poeti e pittori si avvalevano per quei generi di composizioni che prevedono invenzioni fondate
sull’antichità. Nelle immagini de i dei di Cartari c’è un coccodrillo che può essere interessante, sia
perché compare associato alla ‘Nave del sole’ sia perché significa proprio ciò di cui a bordo della
nave si sta parlando: la nascita della vita dal fango grazie all’operazione del sole. ‘sole come prima
causa che governa l’universo dopo iddio’
In un contesto copernicano il fatto che il sole è la prima causa che governa l’universo significa che
tutti i pianeti girano intorno ad esso?
Lepido parlando del coccodrillo ne approfitta per dimostrare anche di essere al corrente della teoria
dell’abiogenesi. Lepido sembra parlare di un sole egiziano e Antonio conferma l’asserzione di
lepido. Però tutti e due pensano a una cosa diversa: Lepido in chiave aristotelica, Antonio in chiave
copernicana. (Copernico aveva parlato di un sole che ingravida la terra)
Copernico: sole che ingravida la Terra che si muove ed è vista muoversi ad opera di un sole divino.
Argomento tradizionalmente aristotelico che diventerà la base di una dottrina sull’origine della vita
che diventerà antiaristotelica e anticristiana.
Per Copernico il sole ha lo scopo di illuminare e rischiarare il mondo, DI CONSEGUENZA, deve
esserne posto al centro e non per una ragione puramente scientifica. È il motore della vita, quindi,
diventa il centro ontologico (dell’essere) e di conseguenza anche il centro geometrico dell’universo.
Sole manifestazione divina
Il rinascimento ha derivato dalla rivoluzione copernicana una sorta di eliolatria (adorazione del
sole) e quale terra migliore dell’Egitto per parlare anche dell’Europa e dagli entusiasmi suscitati dal
nuovo cielo e nuova terra?
Grammatici e Pitagorici
La filosofia dei pitagorici è opposta a quella aristotelica. Per i pitagorici la natura era come per
l’indovino egiziano un libro infinito di segreti che andava decodificato mentre per il pedante
aristotelico era un’occasione per esercitare la tautologia. Il primo osservava il silenzio pitagorico, il
secondo si dilungava in prolisse spiegazioni esatte. Il primo comunicava le sue verità solo agli
iniziati, il secondo le esponeva dalla cattedra. Il primo tendeva all’intuizione, il secondo si dedicava
all’enumerazione delle qualità.
Un luogo comune pitagorico spacciato come logica conclusione di tautologie aristoteliche equivale
a chiudere un’argomentazione asserendo il preciso contrario di quello che è stato precedentemente
detto. Ed è quello che avviene qui: Lepido dichiara di conoscere la teoria dell’abiogenesi ma
annuisce quando Antonio finisce il discorso parlando di trasmigrazione. Tutto questo diventa
comico perché se il coccodrillo nasce per abiogenesi dal fango non dovrebbe anche trasmigrare.
Espressione comica di una polemica che vede contrapposti i due indirizzi intellettuali che in quegli
anni si trovavano in Inghilterra in clamoroso contrasto.
In questa scena la contrapposizione tra aristotelici e pitagorici è ancora più evidente, Copernico non
aveva fatto altro che restituire l’antica verità pitagorica. Questo Copernico l’aveva letto in Plutarco
che diventa quindi la principale fonte rinascimentale per avallare la nuova concezione che il mondo
gira con l’autorità dell’antica concezione pitagorica. Nella Vita di Numa (sovrano di favolosa
sapienza del quale si diceva che fosse stato in intima relazione d’amicizia con Pitagora) c’è scritto
che Numa aveva costruito un santuario di Vesta dove si custodiva il fuoco perenne: secondo i
Pitagorici la terra non è immobile né al centro dei cieli ma sospesa intorno al fuoco: essa non
costituisce neppure una delle parti più considerevoli e primarie dell’universo.
Tuttavia, sia l’universo aristotelico-tolemaico sia quello copernicano era finito. Digges è il primo a
parlare di un universo che è infinito perché è stato prodotto dall’infinita creatività di Dio che non
può che tradursi in un universo fisico infinito. Considerare finito l’universo creato dal dio infinito
potrebbe essere una cosa blasfema. Argomento che viene sviluppato con più entusiasmo da Bruno.