Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Sotto Gerusalemme si apre l’Inferno e dalla parte opposta del globo terrestre sorge
invece la montagna del Purgatorio. Intorno alla Terra ruotano poi nove cieli e
l’Empireo, che è la sede di Dio.
Tutto questo è quanto ripropone Dante ma aggiunge a questi concetti di base una
gerarchia e una suddivisione dettagliatissime che nessuno prima di lui aveva mai
proposto. In questo è un pioniere a dir poco geniale.
L'Inferno della Commedia: struttura e gironi
Come si è formato l'Inferno?
La voragine dell'Inferno
La superbia di Lucifero
Lucifero, prima uno degli angeli più belli del firmamento, conduce un giorno una
rivolta contro Dio spinto dalla superbia. La rivolta fallisce miseramente e questo
angelo, ormai dannato, viene fatto precipitare giù dal cielo. Cadendo sulla Terra il
terreno è talmente inorridito che si scansa: si apre un’immensa voragine che sarà
appunto l’Inferno. La terra spostata si rialza dalla parte opposta del globo formando
la gigantesca montagna del Purgatorio (in sostanza il Purgatorio è un calco
dell’Inferno, e capiamo subito quanto questi due mondi, a differenza del Paradiso,
sono profondamente legati al nostro mondo terrestre).
La voragine in cui si trova l’Inferno della Divina Commedia non è un semplice
fosso ma un intero mondo sotterraneo con una sua geografia precisa che Dante, canto
dopo canto, descrive in modo dettagliato:
Gerusalemme è la città attraverso cui si accede all’Inferno: dopo
una porta che reca una scritta minacciosa incisa sopra si apre una zona
detta Antinferno dove si trovano gli ignavi, cioè le anime di quelli che in vita non
scelsero mai né di fare del bene ma neppure di fare del male, e sono quindi rifiutati
sia dal cielo e vi troviamo un fiume, l’Acheronte, dove un traghettatore, Caronte,
porta sulla sua barca le anime dei dannati verso la riva opposta. Qui troviamo una
zona detta Limbo – in cui scopriamo le anime dei non battezzati e dei nati prima di
Cristo – oltre la quale si accede finalmente al vero e proprio Inferno.
L’Inferno di Dante è formato da nove zone, nove “cerchi”, cioè dei
cornicioni giganteschi, uno più in basso dell’altro come in una macabra arena, che
continuano verso il basso fino a raggiungere il centro della Terra dove si trova
conficcato Lucifero dal tempo della sua caduta. La zona più cupa
dell’Inferno comincia a partire dal sesto cerchio, dopo il fiume Stige.
La Città di Dite è il nome della zona più profonda dell’Inferno che si apre
dopo il quinto cerchio. Questa zona è ulteriormente ramificata: il settimo cerchio
(dove sono punite le anime dei violenti) conta tre diversi “gironi” al suo interno,
l’ottavo cerchio (dove sono punite le anime dei fraudolenti) è a sua volta ripartito in
dieci zone diverse dette “bolge”.
Dopo le dieci bolge si apre il tetro pozzo dei giganti dopo il quale giungiamo
nell’ultima e più tragica zona dell’Inferno: il nono cerchio, dove sono puniti i
traditori ripartiti in quattro zone diverse.
Lo schema dell'Inferno
Inizia il viaggio
La metrica
Per quanto riguarda la metrica un particolare tipo di strofa caratterizza la Commedia e
prende appunto il nome di “terzina dantesca”.
Questa prevede gruppi di endecasillabi incatenati tre a tre con rime concatenate, per uno
schema ABABCBCDC...
Le rime hanno un ruolo fondamentale: è attraverso le rime che la lingua
dell’Inferno raggiunge i picchi poetici ed espressivi più alti. Si arriva ad avere una grande
musicalità oppure una grande asprezza resa attraverso rime difficili come ad esempio
l’alternanza di desinenze -azzi, -icchi, -isma, -ozza, -uffa.
Le figure retoriche
Abbondano le figure retoriche, troviamo a dismisura, fra le più comuni:
Perifrasi: es. Canto V, v.91: il re dell’universo (ovvero: Dio); Canto X, v.22: la città del
foco (l’Inferno)
Metonimia: Canto III, v. 93 più lieve legno convien che ti porti (barca); Canto VIII,
v.53: di vederlo attuffare in questa broda (melma, fango)
Allitterazione: Canto IV, v. 25-26: Quivi, secondo che per ascoltare / non avea pianto mai
che di sospiri;
Similitudine: Canto V, v.40: E come li stornei ne portan l’ali (gli stormi di uccelli); Canto
XV, vv. 95-60: però giri Fortuna la sua rota/come le piace e l’ villan la sua marra (la Fortuna
faccia il suo corso così come il contadino usa il suo arnese).
Introduzione al Canto I dell’Inferno
Dante e Virgilio —
I gironi danteschi —
Esistono, tuttavia, altre ipotesi: secondo alcuni, ad esempio, la lonza, il leone e la lupa
rappresenterebbero rispettivamente l’ incontinenza, la violenza e la frode, le tre
disposizioni al male punite nell’Alto, Medio e Basso Inferno. Secondo altri ancora,
invece, sarebbero allegoria delle tre potenze guelfe – Firenze, Francia, Roma – che,
opponendosi agli ideali imperiali, avrebbero contribuito alla corruzione della società.
Canto I Inferno: sintesi e spiegazione
Versi 1-27. All’età di trentacinque anni, Dante si ritrova smarrito in una foresta
oscura e intricata, il cui pensiero ancora lo turba. Non è in grado di dire come vi sia
entrato. Al mattino, però, riesce ad uscire da essa, ritrovandosi ai piedi di un colle la
cui sommità è illuminata dai primi raggi dell’alba; è un’immagine che riesce un poco
ad acquietare la sua paura e a ridonargli speranza.
Versi 28-60. Dopo essersi riposato, Dante riprende il cammino su un pendìo che
conduce al colle ma, non appena iniziata la salita, gli si presenta davanti una
minacciosa lonza dal manto maculato. La luce del sole e la stagione primaverile gli
donano la speranza di riuscire ad oltrepassare quel primo ostacolo, ma ecco
comparire di fronte a lui un leone affamato che gli sbarra il cammino. Dopodiché
compare anche una lupa, magra e vorace, che lo spinge a indietreggiare verso la
foresta.
Versi 61-90. Mentre torna sui suoi passi, Dante vede una figura umana nella
penombra e chiede aiuto. Questa si presenta: dice di essere un’anima e fornisce
ulteriori dettagli sulla sua persona, come di aver avuto genitori lombardi, di aver
vissuto all’epoca di Giulio Cesare e sotto l’imperatore Augusto e di aver cantato le
gesta di Enea. Dopodiché chiede a Dante perché non stia proseguendo il suo
cammino verso la vetta del colle. Dante, a questo punto, lo riconosce: si tratta
di Virgilio, poeta latino che definisce suo maestro di alto stile poetico e a cui dichiara
tutta la sua devozione artistica. Infine, spiega a Virgilio il motivo del suo
indietreggiare indicandogli la lupa.
Versi 91-136. Virgilio suggerisce a Dante di prendere un altro percorso dal momento
che la lupa costituisce, per ora, un ostacolo insormontabile. Contro di essa però,
spiega ancora il poeta latino, si batterà un giorno un Veltro – modello di sapienza,
amore e virtù – che la sconfiggerà e la ricaccerà all’Inferno, luogo da cui era uscita.
Virgilio, a questo punto, si offre come guida di Dante: lo condurrà nei luoghi
dell’Inferno e del Purgatorio, per poi affidarlo in Paradiso a un’anima più
degna. Dante, allora, lo prega di guidarlo e inizia a seguirlo.
Analisi del Canto I dell’Inferno: elementi tematici e narrativi
Il viaggio di Dante
La «Selva Oscura»
La selva oscura come allegoria del peccato
A partire dal verso 100 del primo Canto dell’Inferno – in un luogo, quindi, topico
del testo – Dante inserisce la prima profezia della Commedia, nonché la più
celebre e problematica dell’intero poema: quella del Veltro. È d’obbligo, però, una
premessa riguardo la componente profetica dell’opera dantesca.
Uno dei mezzi con i quali Dante tenta maggiormente di dare una dimensione divina
alla propria opera è quello delle profezie. L’intera Commedia è costellata da
predizioni, visioni, sogni anticipatori, capaci di dare al lettore la sensazione di
trovarsi di fronte ad un qualcosa scritto per ispirazione di Dio. Bisogna stare ben
attenti a non confondere la finzione con il reale: come ben sappiamo, tra il viaggio di
Dante nei mondi ultraterreni e la stesura del poema intercorrono diversi anni. Risulta
quindi facile per l’autore “profetizzare” nel tempo della storia narrata (quello che
appartiene, come abbiamo visto, a Dante agens) qualcosa che, nel tempo della
scrittura (appartenente invece a Dante auctor), è già accaduto.
Tradizionalmente, perciò, sono state suddivise le profezie della Commedia in due
diverse tipologie:
Le profezie post eventum: si tratta di quelle “predizioni” che si riferiscono a
momenti compresi tra la primavera del 1300 e la loro scrittura e che giocano quindi
sull’espediente della retrodatazione dantesca.
Le profezie ante eventum: si tratta di pochi ed isolati casi in cui le predizioni
fanno riferimento a fatti che, al momento della scrittura dell’opera, devono ancora
accadere.