Sei sulla pagina 1di 9

Giacomo Leopardi (1798 - 1837)

Periodi:

"Uno dei pi grandi autori letterari di tutti i tempi"

1798 - 1816: prima formazione


1816 - 1821: scoperta poetica
1821 - 1828: silezio poetico
1828 - 1832: canti pisano - recanatesi
1832 - 1837: testamento poetico


Caratteristiche principali:

Posizione nel romanticismo: L. vive nel romanticismo ma riceve formazione classica.


Filosofia: la sua poesia triste e sentimentale poich si riferisce al suo modo di pensare.
Sguardo sulla vita: si chiede il perch dell'esistenza umana e quale sia il suo scopo sulla Terra.

Biografia
Giacomo Leopardi nasce nel 1798 a Recanati, nelle Marche. Primogenito del Conte Monaldo e di
Adelaide Antici, faceva parte di una famiglia di antica nobilt che si trovava in quel periodo in
ristrettezza economica.
Il padre segue una politica conservatrice, infatti rifiuta l'annessione delle Marche all'Impero
napoleonico.
La madre austera influenzer molto l'infanzia di Leopardi, bambino sensibile e malato fin dalla
nascita di tubercolosi ossea.
L'amore del padre per la cultura si riverser in suo figlio, ma quest'ultimo avr sempre un rapporto
di amore-odio con il genitore, il quale non s'interessava degli affari economici della famiglia.
Giacomo viene affidato ai precettori per essere curato ed educato in casa, ma gi a 12 anni avr
una conoscenza culturale superiore a quella dei maestri.
Lo studio intenso che caratterizza la giovinezza di Leopardi verr denominato da lui stesso nello
Zibaldone, il suo diario personale, come "studio matto e disperatissimo".
Il 1816 suol essere l'anno di inzio del Romanticismo italiano, grazie alla pubblicazione del romanzo
di Madame de Stael, che invita gli intellettuali italiani a rinnovarsi.
In quello stesso anno, Leopardi si apre al mondo esterno dopo anni passati in solitudine fra gli
studi. Incontra Paolo Giordani, a cui si lega molto, e inizia la sua conversione "dall'erudizione al
bello". Conosce aurori come Dante, Petrarca, Torquato Tasso e Foscolo.
Fra il 1819 e il 1821 sboccia la sua poesia e le prime opere verranno conservati in una raccolta
denominata "Piccolo Idilii" (= piccole immagini).
Nel 1822 Giacomo si reca a Roma dagli zii materni in cerca di una citt florida e progredita, ma
purtroppo rimarr deluso. Tuttavia, vuole lavorare sodo pur di stare lontano da Recanati (definito
"l'Antico borco natio) e mantenersi. Inizia a lavorare come professore, ma quest'impiego non dar i
frutti sperati.
Nel 1823 Giacomo torna a Recanati e fino al 1828 non scriver pi poesie ma si dedicher alla
prosa. Il risultato di questo periodo di "silenzio poetico" sono le "Operette morali", ovvero saggi in
prosa in cui metter a fuoco la sua visione filosofica, rifiuter il cristianesimo e si convertir al
materialismo.
Nel 1825 l'editore "Stella" propone a Leopardi di curare una riedizione delle opere di Cicerone,
come ad esempio il "De Repubblicae". Giacomo accetta l'impego e, grazie ai soldi che guadagna,
nel 1827 pu viaggiare fino a Firenze e, successivamente, fino a Pisa.

Grazie al clima di vita positivo che incontra nella citt di Pisa, Giacomo riscopre la poesia e nel
1828 scriver "A Silvia".
Il periodo compreso fra il 1828 e il 1832 viene definito "dei Grandi Idilli" o dei "Canti Pisano Recanatesi".
Tornato a Recanati gi nel 1828 per motivi economici, tra il 1832 e il 1837 Leopardi tira le somme
riguardo il suo pensiero filosofico.
Nell'ultimo periodo della sua vita, compreso tra il 1836 e il 1837, si trasferisce a Napoli da un
amico e scrive il suo testamento poetico intitolato "La Ginestra".
Giacomo Leopardi muore il 14 Giugno 1837 a Napoli, ma il suo corpo, che rischiava di essere
gettata in una fossa comune, verr trasferito nel 1839 a Magellina grazie all'intervento dell'amico.



Le idee

Leopardi riceve fin da piccolo un'educazione cristiana oppressiva e bigotta che non lo soddisfa
poich incapace di rispondere alle sue domande esistenziali.
Gli studi classici sono accompagnati da testi filosofici che a volte facevano parte dell'indice dei libri
proibiti sanciti dalla Chiesa (come ad esempio Rousseau).


1 fase delle idee leopardiane: Pessimismo storico (fino al 1822)

"La civilt ha portato l'uomo ad una condizione negativa che sta causando la sua decadenza."
"La ragione ha causato l'infelicit dell'uomo perch l'ha allontanato dallo stato di natura."

Accetta la natura, che positiva in quanto allieta l'animo degli uomini.


Rifiuta la ragione, perch la causa dell'infelicit umana.

Il pessimismo storico: ispirato chiaramente al pensiero filosofico di Rousseau, dichiara che gli
uomini hanno sofferto fin dall'inizio dei tempi, eppure, c' stato un periodo (riconducibile alla stato
di natura) in cui hanno sofferto meno.


2 fase delle idee leopardiane: Pessimismo cosmico e teoria dell'epicureismo

"L'uomo sempre in cerca della felicit (concetto infinito) ma non la trova mai poich egli stesso
un essere limitato (oggetto finito)."
"Anche se l'uomo fosse in possesso di ogni cosa, vorrebbe sempre di pi, e ci lo porterebbe alla
sofferenza." (= noia leopardiana, taedium vitae)

Accetta la ragione, che permette agli uomini di creare alleanze per fronteggiare le avversit.
Rifiuta la natura, che forse non madre, ma bens matrigna perch si disinteressa alla vita degli
uomoni, esseri dalla concezione infinita che lei stessa ha collocato in un contesto di vita finito.

Pessimismo cosmico: gli uomini hanno da sempre sofferto ma, grazie all'aiuto degli altri e quello
della ragione, hanno combattuto contro le difficolt che la natura gli ha imposto e sono
sopravvissuti.

Il pensiero leopardiano, difesa e critiche filosofiche

Illuminismo: difende l'idea di ragione - critica l'ottimismo insensato.


(Neo)classicismo: difende la poesia degli antichi - critica la mitologia.
Romanticismo: difende l'esaltazione dell'io e il titanismo alfieriano - critica la religiosit
romantica e la prosa.

Le Operette Morali (1824 - 1832)


Saggi in prosa di vari argomenti
Titolo:


Operette = testi brevi.

Morali = trattano di argomenti filosofici, riflettono sui comportamenti e criticano i costumi, il tutto in
tono satirico.


Tematiche e testi principali:

Critica delle illusioni: (da chiedere alla prof)

Satira anti-antropocentrica: una critica all'uomo che da sempre ha avuto la convizione e la


pretesa di essere al centro dell'universo.

1819 - 1821: scrive le "Prosette Satiriche" che non furono mai completate. Furono un'anticipazione
delle Operette Morali.

1824: scrive le Operette Morali. In questa opera il pessimismo materialistico, che consiste nel
considerare l'uomo e la sua anima come parte di materia, molto presente. Per questo motivo, lo
spiritualismo romantico viene del tutto rifiutato.

Il racconto "Storia del genere umano" il testo introduttivo delle Operette in cui Leopardi si
sofferma sul tema dell'infelicit e sulla satira antiantropocentrica.
Questo racconto fantastico vede come protagonisti un folletto e uno gnomo che discutono sulla
poca importanza della presenza dell'uomo sulla Terra. ispirato alle fiabe di Esopo, Fedro, ma
sopratutto a Luciano di Samosata (II secolo a.C.).
La funzione dell'ironia fondamentale e consiste nell'arte della dissimulazione, che consiste nel
mascherare le proprie emozioni.

Il "Dialogo tra la Natura e un Islandese" fa parte anch'esso delle Operette Morali ed il testo che
introduce al pessimismo cosmico.
L'Islandese viaggia per il mondo nella speranza di scampare le avversit della natura ma un
giorno, arrivato sull'Isola di Pasqua, se la ritrova davanti sotto forma di statua gigantesca e
bellissima (= prosopopea della Natura, ovvero personificazione).
In questo testo presente il pensiero del "Vivi nascosto" che caratterizzava la filosofia degli
epicurei: soltanto estraniandosi dal resto del mondo possibile trovare il tetrafarmaco della felicit.
Le tematiche del "Dialogo tra la Natura e un'Islandese" sono tre:
1) Critica al Cosmopolitismo del '700: anche se si cittadini del mondo, ovunque si va c' sempre
qualche difficolt;
2) L'ideale positivo di Natura viene smentito;
3) L'uomo sempre soffrir.
Queste tematiche si concretizzano in uno stile negativo e in un'ambientazione fantastica e di
straniamento.

Il "Dialogo tra Tristano e un amico" l'ultimo testo delle Operette Morali.


Leopardi, che s'indentifica nel personaggio di Tristano sembra rifiutare tutto ci che ha affermato
nelle Operette. In realt si tratta di una finzione letteraria chiamata "palinodia" (= canto al
contrario). Nel rinnegare le sue idee risponde anche alle critiche che gli erano state mosse dai
lettori e afferma indirettamente le sue vere convinzioni attraverso il tono ironico. L'amico
simboleggia l'intellettuale comune di quel periodo storico.
Il testo si divide in tre parti:
Tristano finge di dare ragione alle affermazioni dell'amico;

Tristano critica le idee del suo secolo anche se fa finta di accettarle;


Tristano spiega le sue vere convinzioni intellettuali e fa anche una sintesi della sua vita.


I canti

Il "Discorso di un italiano sulla poesia romantica" afferma il desiderio di scrivere in prosa.


I canti (canzoniere) si dividono in:

1) Canzoni (1818 - 1823): si ispirano a Petrarca e trattano tematiche civili (decadenza) e tematiche
che riguardano il senso della vita. Il testo "Ultimo canto di Saffo" parla di una poetessa greca del VI
secolo a.C. brutta di aspetto che si suicid per amore e mette in evidenza il contrasto tra la
bellezza dell'anima e il corpo che non la rispecchia. La tematica riguarda la natura malvagia che
promette ma non mantiene le promesse, e che quindi partecipa all'infelicit dell'uomo;

2) Idilli (1818 -1821): gli Idilli (immagini) sono delle brevi poesie ispirate a quelle di Teocrito del III
secolo a.C. Leopardi le amplia con tematiche personali e la natura appare occasionalmente;

3) Canti Pisano-Recanatesi (1828 - 1830): questoi testi sono pi lunghi e pi articolati. La natura
appare in maniera pi approfondita ed una rappresentazione della rimembranza.

Leopardi guarda la realt e si ricorda di com'era la sua vita quando viveva a Recanati. Fa quindi
una sovrapposizione fra passato e presente.

Il tema del ricordo passato meno infelice mentre quello del presente trsite e doloroso. Questa
doppia visione della realt fa parte di una filosofia dolorosa ma vera in cui la poesia assume un
ruolo importante e una funzione "mitopoetica", cio creatrice di miti e di bellezza.

1830 - 1837: i testi che caratterizzano questo periodo sono "Ciclo di Aspasia", "Il tramonto della
luna", "La Giustizia" e la "Dedica alla Contessa Tozzetti".

L' Infinito


Le poesie

Linfinito uno dei pi noti idilli di Giacomo Leopardi, che lo compose nel 1819 a soli 21
anni. La lirica indica nel suo stesso titolo il tema che verr sviluppato: un colle solitario,
una siepe e il vento non costituiscono solo gli elementi di un sereno paesaggio, ma
diventano lo spunto di unincredibile esperienza. Il poeta percepisce nella mente,
attraverso limmaginazione, il vertiginoso concetto dellinfinit del tempo e dello spazio. E
questa una prova della grandezza della mente umana, la quale, pur cos limitata, pu
intuire lintero universo, senza dimensioni n confini.
Il testo, composto da ununica strofa di 15 versi, si sviluppa in due parti. La prima,
costituita da sette versi e mezzo, si apre con la descrizione di una siepe che costituisce un
ostacolo alla visione dellorizzonte; tuttavia proprio questo ostacolo a mettere in atto
limmaginazione infatti, varcato il limite materiale, crea spazi interminati e silenzi al di l
dellumano. Dunque la percezione di un elemento concreto (la siepe), suscita un moto
dellanimo, limmaginazione dellinfinito spaziale, cui segue un senso di smarrimento.
Prevalgono in questa parte i dati visivi.
La seconda parte, pure costituita da sette versi e mezzo, simmetrica alla prima, ma
centrata sui dati uditivi: presentato un elemento concreto (il rumore del vento) che

suscita un nuovo slancio verso linfinito, questa volta temporale, e un nuovo moto
dellanima, cio la dolcezza dellabbandonarsi completamente nellinfinito (naufragare nel
mare dolce).
Loscillazione continua fra la realt e linfinito sottolineata anche da un sapiente uso dei
dimostrativi: questa siepe indica che il poeta nella realt, ma poi nel verso 5 compare
quella siepe per indicare che la mente ormai nellinfinito, lontana dalla siepe. Il ritorno
del poeta nella realt indicato nei versi 9 e 10 : queste piante/questa voce, mentre
linfinito lontano (quello infinito silenzio); infine il poeta completamente immerso
nellinfinito (questa immensit/questo mare).
Per rendere poeticamente questa sua avventura spirituale, Leopardi utilizza altre tecniche
molto raffinate. Luso degli enjambement (ben 10 su 15 versi) ha una duplice funzione: da
una parte modifica il ritmo dei versi dilatandoli e assecondando cos la proiezione verso
linfinito dellanimo del poeta; dallaltra pone in evidenza parole-chiave, come interminati/
spazi, sovrumani/silenzi ecc, tutti termini che rimandano di nuovo al concetto di infinito.
Simile lobiettivo delle scelte lessicali (cio la scelta delle parole) effettuate da Leopardi.
La maggior parte dei vocaboli che appartengono allarea semantica dellinfinito sono
almeno di tre sillabe (orizzonti, interminati, sovrumani, profondissima, immensit,
infinito). Le parole che invece fanno riferimento alla realt, quella percepibile con i sensi,
sono brevi, per lo pi di due sillabe e producono quasi una contrazione del ritmo (caro,
colle, siepe, vento, guardo).
Particolarmente significativo l ultimo verso in cui compaiono ben due figure retoriche di
significato: "naufragar m dolce in questo mare" contiene una metafora che paragona
linfinito al mare, e un ossimoro (naufragare dolce) per indicare che lesperienza
dellannullamento di s, apparentemente negativa, si rivela in realt dolcissima.

L'Infinito, nella visione leopardiana, non un infinito reale, ma frutto dell'immaginazione


dell'uomo e, quindi, da trattare in senso metafisico. Esso rappresenta quello slancio vitale
e quella tensione verso la felicit connaturati ad ogni uomo, diventando in questo modo il
principio stesso del piacere. L'esperienza dell'Infinito un'esperienza duplice, che porta
chi la compie ad essere in bilico tra la perdit di s stesso (cos tra questa / immensit
s'annega il pensier mio versi 13 e 14) e il piacere che da ci deriva (e "il naufragar m'
dolce in questo mare" verso 15).
Per l'autore il desiderio di piacere destinato a rinnovarsi sempre, ricercando sempre
nuove sensazioni, scontrandosi inevitabilmente con il carattere provvisorio della realt, per
terminare al momento della morte. Secondo questa teoria (teoria del piacere), espressa
nello Zibaldone, l'uomo non si pu appagare di piaceri finiti, ma ha necessit di piaceri
infiniti nel numero, nella durata e nell'estensione: tali piaceri, per, non sono possibili
nell'esperienza umana. Questo limite, tuttavia, non persiste nel campo dell'immaginazione,
che diventa una via d'accesso ad un sentimento di piacere (espresso nell'ultimo verso)
nella fusione con l'infinit del mare dell'essere. importante notare, tuttavia, che l'infinito
leopardiano non simile a quello di altri poeti romantici, in cui esso era straniamento dalla
realt per mezzo della semplice fuga nell'irrazionalit e nel sogno: la scoperta e
l'esperienza dell'Infinito sono processi immaginativi sottoposti al controllo razionale. Il
soggetto, cio, crea consapevolmente il contrasto tra ci che limitato e ci che illimitato
(l'ostacolo e l'infinito spaziale), e tra ci che contingente e ci che eterno. Tale
considerazione ci porta a contemplare quello che il pessimismo dell'autore: egli
consapevole della vanit del suo tendere, sa che tutto frutto della sua immaginazione,
per quanto questa situazione sia dolce.


La sera del d di festa

Nella lirica prevale il carattere soggettivo e autobiografico: il poeta riflette sul proprio
destino. Nella prima parte (vv. 1-24) si coglie il motivo dellamore non ricambiato e della
natura ingannatrice, che ha condannato il poeta allinfelicit. La seconda parte (vv. 24-46)
introduce invece le tematiche dello scorrere del tempo che vanifica ogni evento umano,
della rimembranza, della delusione che si prova al sopraggiungere di unattesa ma vana
felicit.
La differenza tra i versi lirici dellinizio e della fine e i versi 24-39, in cui prevale il
ragionamento, ha aperto un dibattito critico sulla mancanza di unit dellidillio, Il filo
conduttore tra le due parti potrebbe essere questo: anche linfelicit del poeta destinata
ad annullarsi nello scorrere del tempo, la qual cosa fa s che la sua disperazione iniziale si
rassereni, e che egli si senta parte di un destino universale.
I nuclei tematici
I/notturno e il sonno della donna (vv. 1-10). lI poeta contempla il paesaggio lunare nella
sera di un giorno festivo e lo interiorizza. La quiete evoca in lui il ricordo dellamata che a
quellora dorme serenamente. Le negazioni (non ti morde cura nessuna, non sai n pensi)
sottolineano la spensieratezza della donna di contro allangoscia del poeta, escluso dai
sogni e dai pensieri della fanciulla e destinato a unesistenza di dolore.
La festa degli altri e /a disperazione del poeta (vv. 11-24). La quiete del paesaggio e la
donna, che nel sogno ricorda le gioie della festa sono in sintonia tra loro, ma si
contrappongono al poeta che riflette sul proprio destino: la natura apparentemente
benigna in realt crudele, giacch lha condannato ad una vita dolorosa, privandolo
persino della speranza (a te la speme nego, mi disse, anche la speme). Questa
consapevolezza di solitudine dellio lirico, che poi prorompe in un grido di ribellione (e qui
per terra mi getto, e grido, e fremo), rimanda al tema romantico del titanismo, ossia la sfida
al destino ostile.
Il canto dellartigiano e i grandi imperi dimenticati (vv. 24-39). Improvvisamente il canto
dellartigiano che rientra a casa interrompe la meditazione del poeta sulla propria infelicit:
la sensazione uditiva mette in moto nuovi e pi disperati pensieri sulla caducit della vita
umana. Com passata la festa cos il tempo porta via con s ogni evento (come tutto al
mondo passa I e quasi orma non lascia): anche la gloria del grande impero di Roma
passata e non conta pi niente.
Dal giorno di festa ad una sensazione infantile (vv. 40-46). Il canto che si perde in
lontananza nella notte suscita nel poeta un altro canto udito da fanciullo, quando insonne
vegliava deluso e pieno dangoscia, dopo aver tanto atteso il d festivo: allora, come
adesso, la sensazione era di dolore, quando un canto si diffondeva in lontananza nel
silenzio della notte. Anche se il mondo esterno si arricchito di particolari, di figure e di
voci, su tutto domina il dramma del poeta: il ricordo della fanciullezza gli fa awertire ancor
pi duramente la sua solitudine.


A Silvia

La lirica, composta a Pisa nel 1828, quella che inaugura la stagione dei cosiddetti
grandi idilli: Leopardi torna alla poesia, dopo lintervallo di sei anni delle Operette morali.
Queste poesie, a differenza degli idilli giovanili, sono pervase dalla consapevolezza
dellarido vero, causata dalla fine delle illusioni giovanili.
La Silvia che protagonista della lirica stata tradizionalmente identificata con Teresa
Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta giovanissima di tubercolosi circa dieci
anni prima. Il nome Silvia, oltre che per il gioco fonico che forma con salivi,ultima parola
della prima strofa, significativo anche perch il nome della protagonista dellAminta di
Tasso. Comunque, al di l dellidentificazione biografica, importante soprattutto notare
che Silvia diventa il simbolo della giovinezza, dellamore, delle trepidanti attese, del vago
fantasticare, interrotti troppo presto dalla morte, che fa cessare miseramente tutte le
illusioni. Infatti, ci che la unisce al poeta non una vera e propria storia damore, bens
la comune condizione giovanile, fatta di speranze e sogni destinati ad essere ben presto
delusi. La morte di Silvia, il suo cadere rappresentano anche la morte di ogni speranza
ed illusione giovanile del poeta. Per questo, si scaglia contro la natura, incapace di
mantenere le promesse fatte; alla fine, resta solo la fredda morte a spegnere ogni
immagine di vita.
Tutto il componimento pervaso dalla vaghezza e dal senso di indefinito che, per
Leopardi, sono massimamente poetici: infatti non vi sono descrizioni, la figura femminile
non presenta dettagli concreti. Gli elementi fisici e realistici sono solo un punto di partenza:
lunico particolare concreto cui si accenna lo sguardo ridente, luminoso e al tempo
stesso pudico che illumina la figura di Silvia e ne sottolinea latteggiamento spensierato,
felice ma anche riflessivo; anche lambiente circostante rarefatto e caratterizzato solo da
pochi aggettivi evocativi: quiete, odoroso, sereno, dorate. La poesia resa possibile
soltanto dal filtro del ricordo, che, come il filtro fisico rappresentato dalla finestra del
paterno ostello, rende le immagini sfocate, quindi vaghe e indefinite. La finestra, come
la siepe de Linfinito, infatti, limita il contatto con il reale, scatenando limmaginazione.
Inoltre il filtro del ricordo concorre in maniera determinante a spegnere le illusioni, che non
possono essere vissute ingenuamente come nella giovinezza, bens sono interrotte dalla
consapevolezza del vero. Tuttavia, anche se la poesia si chiude con limmagine lugubre
della morte, tutta pervasa da immagini di vita e di gioia, poich Leopardi vuole levare un
grido di protesta contro la natura matrigna che ha negato queste cose belle alluomo: non
si rassegna al dolore, ma, pur nella disperazione, non rinuncia mai a rivendicare il diritto
alla felicit.
Netta la contrapposizione anche nelluso dei tempi verbali: limperfetto caratterizza le
strofe del ricordo indefinito degli anni giovanili e domina le strofe 1, 3 e 5, il presente quelle
dellamara constatazione del dolore, la 4 e la 6. Nelle strofe del ricordo, la sintassi piana
e limpida, in quelle di riflessione pi mossa e tesa, ricca di interrogative retoriche e di
esclamazioni. Molte sono le parole appartenenti al linguaggio del vago e indefinito:
fuggitivi, quiete, perpetuo, vago, odoroso, lungi, dolce.


Il sabato del villaggio

Il sabato del villaggio fa parte dei cosiddetti grandi idilli e fu composto a Recanati nel
1829, subito dopo La quiete dopo la tempesta, con la quale presenta diverse analogie: ha
la stessa struttura, con prima una parte descrittiva, poi una riflessione che prende le
mosse dalla descrizione precedente. Inoltre, i due idilli sono complementari anche dal
punto di vista tematico, in quanto nella Quiete il piacere era visto come assenza di dolore,
mentre qui lattesa e lillusione, destinata ad essere delusa, di un godimento futuro.
Si tratta di tematiche tipiche degli idilli leopardiani: le illusioni e le speranze della
giovinezza, il ricordo, i quadri di vita paesana con le suggestioni date dalle immagini
vaghe e indefinite, unite, per, nei cosiddetti grandi idilli, ad un pessimismo assoluto e
ad una lucida consapevolezza dellarido vero. Per questo, le immagini liete sono spesso
create dalla memoria e si accompagnano sempre alla consapevolezza del dolore e della
loro illusoriet.
Il sabato simboleggia lattesa di qualcosa di pi piacevole e lieto: tutti lavorano pi
alacremente, pensando che quello successivo sar un giorno di riposo; ma quando arriva
finalmente la domenica a dominare sono tristezza e noia e il pensiero va subito alle
consuete fatiche che ci aspettano il giorno successivo. Il sabato, dunque, come la
giovinezza, ricca di attese e illusioni; mentre la domenica simboleggia le delusioni dellet
pi matura. Per questo, Leopardi invita il suo garzoncello scherzoso a cogliere lattimo e
a godersi la sua giovane et, senza preoccuparsi del domani: non bisogna aspettarsi goie
future, perch, come la domenica delude le attese del sabato, cos let adulta destinata
a deludere le attese della giovinezza.
Il quadro di vita paesana, che si apre con la contrapposizione tra la donzelletta (v. 1),
simbolo dei piaceri della giovinezza, e la vecchierella (v. 9) che rappresenta il ricordo dei
piaceri passati, non ha nulla di realistico, sia perch rimanda a numerosi precedenti
letterari, sia perch il paesaggio descritto simbolico e ricco di quelle immagini vaghe e
indefinite tanto care a Leopardi, perch permettono di evocare vastit e lontananze che
stimolano limmaginazione. Proprio a questesigenza di indeterminatezza risponde anche
laccostamento di rose e viole, inverosimile perch si tratta di fiori che fioriscono in mesi
diversi e, per questo, criticato da Pascoli in un celebre saggio del 1896.
La parte finale di riflessione, a differenza di quella della Quiete, breve e pacata; il
colloquio col ragazzo non angoscioso, ma affettuoso e delicato e vi sono evocate
immagini di vita, legate al campo semantico delle gioie della giovinezza: et fiorita (v.
44), chiaro, sereno (v. 46), festa (vv. 47 e 50), soave (v. 48), lieta (v. 49). Infatti, il
poeta qui invita il ragazzo a non addentrarsi oltre langusto spazio dellillusione giovanile,
ma a godersela appieno, prima che larido vero della maturit arrivi a rovinarla. La
tenerezza e laffetto del poeta sono dimostrati anche dalluso costante di diminutivi:
donzelletta (v. 1), mazzolin (v. 4), vecchierella (v. 9), piazzuola (v. 25),
garzoncello (v. 43).


Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

Il Canto Notturno un momento chiave per capire lo sviluppo del pensiero e della poesia
leopardiana. Leopardi spinto a considerare, utilizzando la figura di un pastore errante, la
costitutiva infelicit dell'intero genere umano e di tutti gli esseri viventi. Nel paesaggio
asiatico, desolato e stepposo, sovrastato dalla misteriosa vastit del cielo stellato, un
pastore interroga la luna sul perch delle cose e sul senso del destino umano. Ma le sue
domande non trovano risposta, e il silenzio del cielo sconfinato gli conferma ci che gi
sapeva, cio che la ragione insufficiente a comprendere il mistero delle cose e
dellesistenza universale.
Scegliendo una figura umile come protagonista della lirica, Leopardi vuole dimostrare
come tutti, ricchi o poveri, intellettuali o analfabeti, si pongono le stesse domande senza
risposta sul significato della vita e sullesistenza del male; anzi, sulle labbra di un semplice
pastore questi interrogativi acquistano una forza particolare, primordiale e assoluta, che
esprime la "radice" comune della condizione umana. Il pastore assimila la propria vita (vv.
21- 38) alla corsa affannosa di un vecchio infermo verso la morte. Limmagine del
vecchierello risale al Petrarca, ma lui utilizza le sue fonti mutandone o rovesciandone il
significato originario: in Petrarca il vecchio compie un pio pellegrinaggio a Roma. Il pastore
immagina (vv.61-78) che la luna, contemplando dal cielo lo spettacolo della vita terrena,
possa vedere ci che al pastore appare misterioso. La luna, infatti, dovrebbe essere in
qualche modo consapevole di ci che luomo ignora. La bellezza della primavera e del
cielo stellato devono giovare a qualcuno, non possono essere semplici apparenze di un
universo indifferente. Ma lo sconforto emerge nellammissione finale, in cui i dubbi fiduciosi
lasciano spazio a una certezza terribile: a me la vita male. Il pastore (vv.105 -132) si
rivolge anche al suo gregge, che invidia in quanto essa, a differenza delluomo, sente la
vita solo istante per istante, dimentica subito ogni stento e cos non soffre la noia. La
noia per Leopardi un male. Dunque la vita semplicemente un male e, quando luomo
sente in generale linfelicit nativa delluomo, vuol dire che avverte la noia. Infine nella
mente del pastore (vv.133-143) balena una possibile felicit in una condizione di vita
diversa, quella degli uccelli, molto diversa dalla sua; ma subito a questa immaginazione
succede lidea che in qualsiasi forma o stato la vita un male. Il Canto Notturno si
distingue dagli altri grandi idilli: viene meno la poesia della rimembranza e il paesaggio
non pi quello familiare di Recanati, ma un paesaggio remoto ed astratto, solo la luna e i
deserti. La quarta strofa ricca di moduli caratteristici del linguaggio dellinfinito, dal
lessico alla sintassi e alla metrica: v.61 solinga, eterna peregrina ; v.72 tacito, infinito andar
del tempo; v.87 laria infinita, e quel profondo infinito seren; v.88 questa solitudine
immensa. Questo moduli suggeriscono il senso di un infinito, in cui sembra dolce
naufragare, anche se soggetto a quella legge di patimento e di morte dalla quale gli uomini
sono oppressi. Landamento del canto sembra voler riprodurre quello di una litania
religiosa. Tra gli elementi che creano tale impressione si pone la sintassi volutamente
semplice, che solo in due passi tesi verso una conclusione fortemente negativa colloca il
verbo in fondo al periodo. Fitta la trama di ripetizioni: v.1 che fai che fai; vv. 1,16,18
dimmiDimmidimmi; vv. 1,16 lunaluna; di rime: vv.1-3 fai/ vai; vv. 5,7 paga/ vaga;
vv.. 6,8 calli / valli; di assonanze: vv. 3,4 Sorgi / posi; vv. 12,13 vede / erbe; di
allitterazioni: vv.16,19 vale vita vostra vita a voi ove vagar mio breve.
La rima costante in -ale che conclude in tutte le strofe lallocuzione alla luna e nella quinta
strofa al gregge, spesso sottolinea sentenze che suonano come proprie di una sapienza
antica: vv. 37,38 tale / la vita mortale; v. 104 a me la vita male.

Potrebbero piacerti anche