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Diego Latorre Violi

4°scientifico B

Colegio italiano Leonardo Da Vinci

16/05/2020

POESIE DI LEOPARDI

“La teoria del piacere”

"La teoria del piacere" è si puo intendere come una concezione filosofica
postulata da Leopardi nel corso della sua vita. La maggior parte
dell’argomento di questa concezione è contenuta nello Zibaldone (una
serie di appunti pubblicati in sette volumi tra il 1898 e il 1900, in cui
Leopardi cerca di esporre in modo semplice la sua visione delle passioni
umane). La "Teoria del piacere" sostiene che l'uomo nella sua vita tende
sempre a ricercare un piacere infinito come soddisfazione di un desiderio
illimitato. Quindi, questo fatto viene cercato soprattutto grazie alla facoltà
immaginativa dell'uomo che può concepire le cose che non sono reali.
Inoltre si puo dire che grazie alla facoltà immaginativa l'uomo può figurarsi
piaceri inesistenti e crearseli come infiniti in numero, durata ed
estensione, dove la speranza é il bene maggiore e che la felicità umana
corrisponde all'immaginazione stessa. La natura, quindi, viene messa
come protagonista, consegnandosi all'uomo strumento per giungere non
la verità, ma un'illusoria felicità. Si osserva anche il concetto di
occupazione che, apputno, può essere considerata come la soddisfazione
continua che non permette di vedere le svariate cose che la natura ha
toglie agli uomini ed è infatti una condizione che porta felicità nella vita
dell'uomo. Ad essa si oppone la noia, che è il male più grande che possa
percepire l'umanità. Infine, la felicità, dunque, non soltanto per Leopardi
ma anche per i filosofi, è più facilmente trovata dai fanciulli che riescono
sempre ad immaginare e perdersi dietro ogni cosa stupida, cioé riescono a
distrarsi con ogni sciocchezza. Secondo Leopardi, l'umanità poteva essere
più vicina alla felicità nel mondo antico, quando la conoscenza scarsa
lasciava libero corso all'immaginazione. Nel mondo moderno, invece, la
conquista del vero e la costante voglia di spiegare tutto ha portato
l'immaginazione ad indebolirsi fino a sparire del tutto negli adulti.

“Indefinito e infinito”

In Giacomo Leopardi, considerato il più grande poeta romantico italiano,


le caratteristiche specifiche del romanticismo raggiungono il massimo
livello di riflessione teorica e filosofica per mezzo dei risultati poetici. Crea
il concetto di infinito, che può essere giustamente considerato il
protagonista dell'universo romantico, il nodo centrale del suo pensiero e
della sua poesia. Passando da un concetto astratto di un'idea matematica
di spazio e tempo, si arriva ad un pensiero indefinito ed impreciso delle
sensazioni. Invoca, inoltre,l'indefinito come un elemento poetico
essenziale e l'unica forma di infinito a cui è possibile accedere. Nello
Zibaldone e nella sua lirica più bella e famosa, "L'Infinito", appartenente ai
piccoli Idillio, i due termini, infinito e finito, costruiscono un inseparabile
accoppiamento. Appunto si capisce come Leopardi diventa un teorico e
poeta dei convetti filosofici astratti come lo sono l’infinito , raggiungendo
un posto basato nella critica della modernità del suo il tempo e allo stesso
tempo rivela non solo un attento interprete di quel epoca ma anche della
nostra, inserendosi con il suo pensiero nelle radici e nelle preoccupazioni
più profonde della nostra stessa societá. Facendo una relazione con arte si
puo dire che l’infinito riportato qua é rappresetato da Dio, infatti, è la
maggiore caratteristica di Friederich, uno dei maggiori pittori tedesco.
Quindi, sono gli effetti della luce, del suono e d'altre tali sensazioni che
fanno creare un l'idea dell'infinito all’interno delle sue opere facendo
notare principalmente impossibilita di raffigurare questo concetto.
“Suoni indefiniti”

Per Leopardi, gli effetti della luce o meglio detto gli oggetti visibili, in
riguardo all’idea dell’infinito, si devono relazionare direttamente al suono,
e in generale a tutto ciò che ha che vedere con l’udito. L’autore afferma
che per lui é piacevole crearsi un’idea vaga ed indefinita che soltanto si
percepisca con il canto certamente presso dall’udito e che si senta da
lontano ogni volta divenendo piú insensibile, fatto che produce in lui l’idea
d’infinito. Questo canto fa capire il luogo che in tutti i casi é difficile di
interpretare dal fatto che né l’udito né gli altri sensi arrivano a
determinare le vere e proprie circoscrivere e sensazioni. A queste
considerazioni appartiene quindi il piacere che può dare e il senso del
piacere che si sente basato sul fatto di percepire appunto suoni di
campagna o di città trovandosi per le strade. Infine, tutte queste immagini
seconda Leopardi in poesia sono sempre bellissime a causa del suono che
emttono.

“Infinito”

Il titolo “L'infinito” fa capire già i temi fondamentali della poesia: si parla


quindi dello spazio e il tempo, raffigurando queste due entità come
effettivamente infinite nel mondo concepito dall'uomo. Il concetto
d’infinito può essere rappresentare tantissime cose come lo spazio
orizzontale sul piano cartesiano o lo scorrere dei minuti sulla linea del
tempo. Infinito è anche il tempo ciclico che si ripete continuamente o,
l’avvicnamento della vita che muore e rinasce. Il nucleo centrale della
poesia è dunque un tema molto vicino all'uomo, che esprime il suo
interrogarsi sui misteri del mondo che, sono impossibili da ricavare per
mezzo della sola ragione.
Stile:

La poesia è un componimento dove si usano la figura dei endecasillabi


sciolti. Questo significa che si avvicina alla tradizione poetica classica,
utilizzando il verso classico.D’altra parte, é strana dal fatto che non è
costruita con uno schema metrico particolare, infatti, non ci sono rime.
Quindi, si osserva che questa "libertà" metrica permette al poeta di
esprimersi senza troppi impedimenti e soprattutto senza dare troppa
importanza all'impressione dell'artificio letterario a chi legge, rendendo il
significato della poesia molto più personale e intimo.

Elementi importanti:

Come primo elemnto importante troviamo la natura: il vento, le piante, le


stagioni, il mare. Appunto la presenza di questi elementi è l'unica cosa che
unisce il poeta alla realtà, piuttosto queste appaiono ovunque in un modo
indistinte e piuttosto indeterminate. L’uso di questi termini determinativi
evidenziano ancora di più le caratteristiche del paesaggio. Qua possiamo
vedere che in realtà al poeta non interessa parlare della natura in se ma di
ciò che accade al poeta di fronte ad essa. Questo porta che ogni elemento
naturale diventa così solo un mezzo per mettere in scena e
reappresentare l'esperienza dell'io poetico, che sarebbe appunto il vero
personaggio della poesia.

Come secondo elemento troviamo lo spazio. É un elemento fondamentale


in questa poesia visto che é l'elemento descrittivo e metaforico su cui si
descrive tutta la narrazione. Tutto nasce infatti da una contrapposizione
iniziale tra uno spazio lontano rappresentato dal colle e uno spazio vicino
e ristretto, delimitato dalla siepe che gli impedisce appunto di raggiungere
il colle.

Come terzo elemento c’é il tempo. Un elemento centrale del poema che a
volte sembra dare inizio a una descrizione oppure sembra che dara inizio
al racconto di un ricordo passato. Un esempio di un elemento che fa
pensare al passato e al presente sarebbe la siepe, che anche fa da
evidenziatore spaziale tra ciò che è lontano e ciò che è vicino. Il passato è
passato e dunque non si può recuperare ma anche il presente sembra
irraggiungibile perché la siepe sembra rappresentare una barriera
mentale. Ma grazie alla sua esperienza mentale il poeta saprà ricordare e
riconoscere sia il passato che il presente, unendoli in un unico significato,
e arricchirsi di questa nuova consapevolezza cercando di imparare da
questa.

Come ultimo elemento mettiamo figura retorica dell'enjambement, grazie


alla quale possiamo leggere i versi in modo continuo, senza pause. Inoltre,
tutta la poesia si basa su metafore, dove la siepe rappresenta la barriera
mentale dell'uomo che lo stimola a guardare "oltre". Il rumore del vento
tra le piante ricorda alla mente gli spazi infiniti tra i quali può muoversi il
pensiero, e infine, il mare rappresenta la dimensione senza confini
dell'immaginazione.

Riflessioni personali:

Il racconto espresso in questa poesía è quello di un'esperienza personale e


intima: è soprattutto in questo senso che la poesia di leopardi viene
chiamata "idillio", quasi come fosse una pagina di diario in cui il poeta
trascrive sensazioni, contrapposta alla poesia dotta delle canzoni.

“A Silvia”
Leopardi scrive questa poesia alla fine del 1820 facendo parti delle sezione
dei Grandi Idilli o Canti pisano-recanatesi. Il tema riporta alla verità della
condizione umana destinata alla desilusione di ogni speranza.

Stile:

A Silvia, la intendiamo non come una poesia d’amore ma come una poesia
emblematica sulle speranze della vita che vengono sempre tradite. E’
incentrata su una donna amica di Leopardi, la figlia del cocchiere di casa
sua che, purtroppo, muore molto giovane, non riusciendo a vedere la sua
maturità. Leopardi, diciamo si paragona con lei, ricordando le esperienze
parallele della loro giovinezza che infatti, la ragazza non riesce a vivere.

Silvia, per mezzo della poesia viene rappresentata come un fiore nel suo
miglio momento, in primavera che, quando arriva l’inverno trova la sua
morte. Ho deciso che quesa scelta delle stagioni non sia casuale ma creata
in base al significato metaforico, appunto, la primavera rappresenta la
stagione della giovinezza ed il tempo della speranza e della gioia, mentre
l’inverno è la stagione della morte e della delusione.

A questo punto é importante ripetere il fatto che Leopardi si paragona a


Silvia in quanto entrambi hanno sperimentato il tradimento delle
speranze: da un lato Silvia, rappresenta che la fiducia di una vita futura è
stata bloccata dalla morte prematura. D’altra parte, Leopardi trova la sua
delusione nelle aspettative giovanili che aveva rispetto alla vita adulta e
alla natura.

Quindi, é una poesia che rappresenta un Leopardi maturo che cerca di


dimostrare l’infelicità del genere umano. Per fare questo prova a
individuare due piani temporali: Il passato, che sarebbe lontano e
indefinito e che corrisponde al tempo delle illusioni e delle speranze,
raffiguarto quando Silvia era ancora in vita, fiduciosa. D’altra parte
vediamo il presente, prossimo e definito, che corrisponde al tempo del
disinganno attraverso il momento in cui tutte le speranze risultano deluse.
La poesia si basa dunque sulla contrapposizione tra un prima illusorio e un
dopo di disillusione.

Elementi importanti:

Analizzando un’altro fattore, il nome della poesia: Silvia, si puo dire che
questo viene preso da Leopardi in omaggio alla ninfa protagonista di
un’opera di Torquato Tasso. Silvia nel opera di Tasso è infatti la donna che
muore prima di conoscere l’amore.
Come elementi importanti possiamo evidenziare una serie di flashback
rievocando scene dell’infanza dei personaggi. Inoltre si osservano una
sorta di personificazione come il nome Silvia, oggetto di speraza.

“La quiete dopo la tempesta”


La lirica “La quiete dopo la tempesta” è stata composta da Giacomo
Leopardi nel 1829. La poesia appartiene alla raccolta dei Canti leopardiani.
Venne pubblicata per la prima volta nell’edizione del 1831, facendo parti
anzi delle sezione dei Grandi Idilli o Canti pisano-recanatesi. Questo
componiment segna una svolta nel pensiero leopardiano, dove si elaborò
una nuova fase del suo pessimismo, quello cosmico. Questo spiega che
l’infelicità investe tutte le creature e gli uomini devono rendersi conto che
la natura non si cura minimamente di loro. Appunto questa liriche
presenta dei momenti lieti della vita umana ma con la consapevolezza che
ogni illusione dura solo per poco tempo. La visione del mondo di Giacomo
Leopardi diventa qui pienamente disillusa.

Stile:

“La quiete dopo la tempesta“, è una componimento libero composto da


tre strofe con la presenza al suo interno di endecasillabi e settenari
liberamente rimati. Qua si narra l’arrivo della pace dopo un violento
temporale e quindi della ripresa delle attività quotidiane da parte della
gente del paesino (riferito a Recanati). L’analisi che fa il poeta é quello di
percepire che questi momenti di calma sono soltanto brevi interruzioni del
dolore, che purtroppo è inevitabile.

Elementi importanti:

Adesso, analizzando le tre strofe si osserva che la prima è maggiormente


descrittiva. Leopardi infatti racconta come gli abitanti e gli animali
riprendano tutte le loro occupazioni dopo la tempesta. Si analizza come gli
uccelli fanno festa e il sole torna a risplendere.

D’altra parte, la seconda strofa inizia con alcune domande di riflessione


che lasciano capire che la felicità può nascere soltanto dopo un difficile
momento chequando l’animo umano si sente rinnovato.

Infine, la terza strofa della poesia prosegue con questa riflessione della
felicita dopo lo catastrofico. Il poeta si rivolge direttamente alla natura con
grande ironia mostrando che questa é la colpevole dell’infelicita
dell’uomo. Qui l’autore mostra tutto il suo pessimismo cosmico
mostrando che la morte è l’unica cosa che può far togliere finalmente il
dolore per sempre.

Rifelssioni personali:

Dal mio punto di vista, la poesia “La quiete dopo la tempesta” può dirsi é
ricca di sensazioni uditive e visive inite a termini concreti e quotidiani che
vengono utilizzati per descrivere il borgo più realisticamente.

L’argomento di questa è semplice e il ritmo è veloce grazie all’utilizzo di


molti enjambements. Una narrazione che all’epoca fu nuova dal fatto che
si usa spesso l’ironia e la personificazione degli elementi come la natura.

In questa fase della vita del poeta, l’unica felicità che l’uomo può ottenere
è molto breve perché è dovuta all’interruzione temporanea del dolore.
Quella felicità eterna, da sempre aspirazione di tutti gli uomini, è quindi
raggiungibile solo con la morte. Gli eventi della vita però, porteranno il
poeta ad una maturazione meno pessimistica e più cosciente del suo
pensiero nelle fasi successive della sua poetica.

“Il sabato del villaggio”

La poesia scritta nel 1829, tratta dai Grandi Idilli, inizia descrivendo
un'atmosfera positiva, di dolce attesa. Raffigura a suo interno diversi
personaggi che fanno ambientare l’opera: la donzelletta, la vecchiarella, i
fanciulli, tutti presi dall'imminente giorno di festa.

Stile:

Nella prima parte del canto, quella idillica, Recanati è in preparazione della
festa, ed è appunto la sera del sabato. A questo momento i giovani e
vecchi si preparano e si affrettano a terminare il loro lavoro per godere
pienamente del riposo domenicale. Il tema principale è quindi gioia, la
speranza.

La seconda parte si riferisce appena alla triste realtà che dimostra che
l’attesa della festa è molto più gradevole e bella della festa stessa. Allo
stesso modo, si paragona con l’adolescenza che é piena di sogni per il
futuro ed é secondo Leopardi l’unica età felice dell’uomo.

La poesia si conclude allora con il "garzoncello scherzoso" cioè una figura


retorica utilizzata per invocare sulla pagina un fanciullo ancora innocente
della dura legge della realtà umana.

Riflessioni personali:

É fondamentale dire che Leopardi ha una teoria tutta personale del


piacere. In questo caso, “Il sabato del villaggio”, si completa l’aspetto
proposto nellla “La quiete dopo la tempesta”. Infatti, nella “La quiete dopo
la tempesta” il protagonista è il piacere che nasce dalla fine di un dolore
cosa che in “Il sabato del villaggio” diventa appunto il piacere della
speranza, quindi, dell’attesa di un futuro migliore. Qua vedo allora che il
sabato diventa un po’ una metafora dell’adolescenza e della giovinezza:
come il sabato precede il giorno della festa, si raffigura che la gioventù è
l’attesa dell’età adulta, un’età che, quando si è giovani, può sembrare
ricca di promesse. Nel sabato si spera e si guarda alla domenica anche se
questa, porterà delusioni.
“La ginestra”

“La ginestra” di Giacomo Leopardi è stato uno dei suoi ultimi


componimenti, pubblicato nel 1845 nella raccolta dei Canti, a cura di suo
amico Antonio Ranieri.
La poesia appartiene al periodo della poetica eroica di Leopardi che è
caratterizzata da uno stile più aspro meno equilibrato e non più ispirato
dall’ideale poetico del vago e dell’indefinito ma piuttosto vuole rendere
visibili le fastidiose e dure verità della vita.
“La ginestra” è una metafora dell’uomo intelligente e consapevole della
propria debolezza e inferiorità. Il fragile fiore si contrappone perciò allo
orgoglio degli uomini che pensano di essere i padroni di tutto l’universo.
La ginestra rappresenta un essere vivente, appunto un fiore, che un giorno
morira come il resto di essere vivente ma in questo caso, tra le cose che si
vogliono rappresentare c’é il aftto che questa lo farà senza l’orgoglio di chi
pretende di essere immortale, perciò la ginestra è infinitamente più saggia
dell’uomo perché non ha la presunzione di confrontare al naturale corso
degli eventi.
Per capire meglio il lavoro si deve spiegare che tutto inizia dal fatto ch
Leopardi vede dalla sua finestra il Vesuvio e guardandolo bene vede delle
ginestre sul terreno che circonda il vulcano, e quindi prova a spiegare che
le ginestre riescono a vivere anche su un terreno che non é troppo siccuro
visto che le loro radici si intrecciano e riescono ad aiutarsi l'una con l'altra
per vivere, ed a questo punto che fa l'analogia con gli esseri umani,
dicendo che dovrebbero essere come le ginestre, cioè aiutarsi tra di loro
per costruire un mondo migliore.
Nella poesia Leopardi si rivolge a tutta l’umanità chiedendo di diventare
capaci di affrontare una lotta di resistenza contro la natura, senza illudersi
di vincerla, ma soltanto accettando le conseguenze delle sue leggi. Il fiore,
che dà il titolo alla poesia, é quello che diventa il simbolo dell’umanità
indifesa dinanzi alla violenza della natura, ma che, nello stesso tempo, è
cosciente della propria condizione e in base ad essa e che decide di
costruire un sentimento di solidarietà. Qua é il perfetto esempio per
vedere come Leopardi traccia quindi la strada per la sopravvivenza umana,
un cammino senza voler dominare la natura, senza nascondersi dietro la
protezione di Dio, in generale, un percorso basato nell’umiltà e nella
consapevolezza della propria sofferenza. Infine, nonostante il suo
pessimismo cosmico, Leopardi lancia un messaggio che tende al
progresso, non politico ne ideologico ne sociale, ma umano, reale, come la
ginestra, il fiorellino delicato che continua a vivere sulle sponde del
vulcano.

“Dialogo della Natura e di un islandese”

Questo dialogo viene scritto nel 1824 e compare nella prima edizione delle
Operette morali nel 1827. Il "Dialogo della natura e di un islandese"
affronta il tema nodale della natura. Leopardi attraverso la
personificazione della natura focalizza l’attenzione sulla natura crudele e
indifferente al destino degli uomini, evidenziata come una forza spietata e
impersonale nemica della felicità dell’uomo. La stessa crudeltà umana
dipende dalla condizione naturale degli uomini destinati ad essere infelici
e cattivi. Emergono quindi in questo dialogo due punti importanti del
pensiero di Leopardi: la natura matrigna e il pessimismo cosmico.

Stile:
Lo stile di questa opera è dato dall’utilizzo della una tecnica che possiamo
nominare come “l’accumulo”, infatti tutta la sua struttura è basata sulla
descrizione e l’accumulo di tantissime sofferenze e disgrazie che servono
per passare poi nella seconda parte all’elenca l’accusazione verso la
natura.
Un’altra caratteristica si evidenzia tra l’incontro tra l’Islandese e la Natura
che appunto avviene in un deserto equatoriale, in un luogo che sembra
pratticamente messo al di fuori delle carte geografiche, fatto che si
intetende visto che la descrizione racconta che si trova l’irlandese in un
posto mai frequentato. Anche la descrizione utilizzata da Leopardi, e
riferita ad un tempo lontano che ha la funzione di richiamare immagini di
tempi e luoghi lontani creando quindi una visione astratta sia del tempo
che dello spazio.
Si deve analizzare anche il pessimismo cosmico per mezzo delle sofferenze
degli esseri viventi che sono semplicemente dovute all’universo e
indispensabili alla sua stessa conservazione. Con questa teoria Leopardi
annulla ogni ipotesi di antropocentrismo, ogni presunzione di considerare
l’uomo l’ultima crazione di Dio.

Analisi:
Un uomo, appunto irlandese, dopo aver viaggiato molto per varie parti del
mondo, per fuggire dalla Natura arriva un giorno in Africa. Qui gli compare
una donna gigantesca, seduta per terra, con il dorso e il gomito appoggiati
ad una montagna, la descrive come se avesse un viso bello e terribile con
tantissimi capelli. Appunto, questa figura gli domanda al irlandese chi sia e
che cosa cerchi in quei luoghi ancora inesplorati l’uomo. A questo
l’irlandese risponde, di essere un povero uomo che sta fuggendo la natura.
La storia continua quando la donna gli dice di essere la natura ma
personificata in donna, egli fugge, accusandola di essere la causa della
sofferenza e dell’infelicità degli uomini.
La Natura quindi risponde che il mondo non è stato fatto per il genere
umano e per la sua felicità, anzi che se un giorno esoo si estinguesse, lei
forse non si accorgerebbe.
Se fosse invitato da un signore nella sua villa e piuttosto all’arrivo in casa
l’invitato fosse maltrattato dai servi e dai figli del padrone di casa,
l’irlandese dice che ricorderebbe al signore che lo ha invitato in un modo
cattivo. Infatti, l’invitato aveva il diritto di non essere trattato male.
L’irlandese fa questo esempio per esprimere alla Natura che cosi è che si
comporta con gli uomini, allo stesso modo del signore padrone della casa.
La natura sì è vero che non ha fatto il mondo per gli uomini, ma avendoli
fatti nascere, non deve renderli infelici e schiavi, ma deve trattarli
umanament secondo l’irlandese. Allora la Natura gli ricorda che la vita
dell’universo è un ciclo perpetuo di trasformazioni della materia, a cui
nulla sfugge.
II dialogo si conclude in maniera brusca per la misera fine dell’Islandese:
secondo alcuni, fu divorato da due leoni, secondo altri, fu preda di un
violentissimo vento, che lo ricoprì di sabbia, trasformandolo in mummia.

Rilfessione personale:
Questo dialogo svolge il concetto leopardiano della natura matrigna, che è
la causa dell’infelicità degli uomini, perché ha diffuso in essi il desiderio
insopprimibile della felicità, pur sapendo di non poterlo mai mantenere.
La scelta a protagonista di un Islandese sta a significare che sono infelici
anche coloro che sono vicini alla natura, alla vita primitiva. Il dialogo della
natura e di un Islandese, è composto in forma mista di narrazione e di
dialogo. Quest’opera segna un momento di fondamentale importanza nel
pensiero di Leopardi, il passaggio da una concezione di una natura
benefica a quella di una natura matrigna.

“Dialogo di un venditore di almanacchi e di un


passeggere”

Il Dialogo fu scritto nel 1832, é infatti riproduce un’immaginaria


conversazione tra un passante ed un venditore di almanacchi, nella quale
si evidenzia che nessuno dei due è contento del proprio passato giacche le
sofferenze sono state maggiori delle gioie, ed allora è meglio non fare
pronostici per il futuro. Nell'operetta si comprende come, per Leopardi, la
felicità non è mai trovata nel presente, ma è sempre sospesa tra un
passato, caratterizato dal dolore umano, ed un futuro fatto di speranze. Il
tono del dialogo é forte pessimist, con un sottilmente senso ironico.

Analisi:
Leopardi in questo scritto, narra di un incontro tra un venditore di
calendari (che all’epoca venivano venduti per strada) e un passante.
Quest’ultimo chiede al venditore se pensa che l’anno che sta arrivando
possa essere felice e il venditore risponde che sicuramente lo sarà. Il
passante decide di iniziare con alcune domande, chiedendogli appunto al
passante se gli piacerebbe che l’anno a venire potesse essere uguale a un
anno del passato vissuto o infatti, rivivere la vita passata, con il proposito
di vivere un’altra volta i momenti di tristezza e di felicità. il venditore a
questa domanda gli dice di no, che preferisce vivere la vita così come gliela
manda Dio, senza alcun patto o ritorno in passato.
Il passante risponde che così vorrebbero tutti, proprio perché la vita ha
portato ad ogni persona sofferenze ed è questo il motivo per cui nessuno
vorrebbe nascere nuovamente e tornare indietro nel tempo rivivendo gli
anni passati. Il bello della vita, aggiunge il passante, non è in quello che è
stato, ma in quello che sarà e che l’anno nuovo finalmente regalerà
serenità a tutti. A questo, il venditore risponde con un simbolo di
speranza. Dopo di questo, il passante acquista il calendario più bello e più
costoso ( lo paga trenta soldi ) e finsce lá la sua conversazione con
venditore che prosegue così il suo lavoro.

Riflessioni personali:
L’ambientazione realistica che caratterizza “Dialogo di un venditore di
almanacchi e di un passeggere” nasconde in realtà un potente simbolismo,
che fa emergere le illusioni da cui l’esistenza umana è fondata. Da questa
conversazione, che sembra apparentemente banale, esce fuori uno dei
temi leopardiani più forti che si ritrova nell’affermazione che esclude la
felicità dell’uomo dalla legge naturale. La felicità è naturalmente nascosta
all’uomo, per cui la positività va ricercata nelle illusioni rivolte al passato e
nelle aspettative per il futuro. La felicità non è realizzabile: l’uomo ama
ricordare il passato, ma non vorrebbe che si ripetesse e questo sta a
simboleggiare la negatività della vita e dell’inevitabile dolore che essa
comporta.

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