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1904 -> due Premesse iniziali (= primi due capitoli) del Fu Mattia Pascal
-> crisi delle certezze (Copernico) -> relativismo
1908 -> saggio L’umorismo
Il relativismo conoscitivo
L’arte umoristica si contrappone all’arte tradizionale (epica e tragica),
caratterizzata dalle certezze -> nella modernità (a partire da Copernico) l’opera
d’arte fondata sul tragico e sull’eroico non è più possibile, perché le categorie
su cui essa si basava – bene vs male, vero vs falso – sono entrate in crisi -> non
esistono più parametri certi di verità -> l’umorismo non propone valori né
eroi che ne siano portatori, ma un atteggiamento critico-negativo e
personaggi problematici (<- inetti).
Ciascun individuo si crea un’immagine del mondo esterno in base al proprio
punto di vista, probabilmente non condiviso dagli altri, che hanno a loro volta il
proprio punto di vista <- ciò riguarda anche il linguaggio: le parole che uno adopera
non sempre hanno il medesimo significato per gli altri -> incomunicabilità:
Forma vs vita
L’arte umoristica evidenzia costantemente il contrasto tra forma (->
personaggio) e vita (-> persona): l’uomo ha bisogno di autoinganni, di
credere che la vita abbia un senso -> organizza l’esistenza (propria e altrui)
secondo convenzioni, “riti”, istituzioni che gli servono a rafforzare questa
illusione:
-> autoinganni (individuali e sociali) = forma dell’esistenza1
-> spinta anarchica delle pulsioni vitali = vita2
La forma blocca, cristallizza, paralizza la vita, che è una forza profonda e
oscura che fermenta sotto la forma, e che riesce a erompere solo
saltuariamente nei momenti di sosta o di malattia, di notte o negli intervalli
in cui non siamo coinvolti nel “meccanismo dell'esistenza”.
Il soggetto, costretto a vivere nella forma, non è più una persona integra (=
coerente, unitaria, solida, compatta), ma si riduce a una maschera (personaggio)
che recita la parte che la società esige da lui (impiegato, marito, padre, figlio
ecc.) e che egli stesso si impone attraverso i propri ideali morali -> nell'arte
umoristica non sono più possibili né persone né eroi, ma solo maschere (o
personaggi): tutti gli uomini sono maschere o personaggi perché tutti
recitano una parte.
Se ciascun individuo interpreta una parte indossando una maschera, i
rapporti umani non sono autentici! Tuttavia, chi tenta di vivere una vita meno
falsa viene emarginato -> solo la follia può strappare la maschera che
opprime l’uomo liberandolo dalle costrizioni che la società gli impone.
La maschera-personaggio ha 2 alternative:
Visione della vita pessimistica -> l’uomo è perennemente scisso tra le pulsioni
vitali, le esigenze della vita, e le trappole delle forme/maschere -> per ogni
maschera che ciascuno indossa ve ne sono infinite altre che la società (= gli altri) gli
attribuisce -> trappola delle convenzioni sociali (lavoro, famiglia…). Chi voglia
riappropriarsi della propria libertà e autenticità deve fare i conti col fatto che,
all’infuori dei ruoli imposti (da sé e dalla società) che recita, non può consistere, ha
bisogno di una forma.
Comico vs umoristico
La riflessione interviene continuamente a porre una distanza fra il soggetto e
i propri gesti, fra l'uomo e la vita: più che vivere, il personaggio «si guarda
vivere». La riflessione e l'estraneazione da sé e dagli altri sono il segno
distintivo dell'umorismo -> distacco riflessivo, amaro, pietoso e ironico
insieme, che lo distingue dalla comicità:
1
Ideali, leggi civili, morale comune, convenzioni, vita sociale.
2
Tendenza a vivere momento per momento al di fuori di qualunque scopo ideale e di
qualunque legge civile.
- la comicità nasce dal fatto che avverto in maniera semplice e immediata (=
senza riflessione) che una situazione o un individuo sono il “contrario” di come
dovrebbero essere -> rido
- l'umorismo nasce dalla riflessione: riflettendo sulle ragioni per cui una
persona o una situazione sono il “contrario” di come dovrebbero essere, al riso
subentra in me un sentimento amaro, di solidarietà: percepisco le radici
dolorose del comico -> provo pietà3
avvertimento
comicità = del riflessione ------------------ -> riso
contrario
avvertimento sentimento
umorismo = del riflessione -> del -> pietà
contrario contrario
=> la riflessione porta alla consapevolezza che c’è un qualcosa che va oltre,
al di là dell’apparenza: svela una realtà altrimenti inconoscibile.
3
Cf. vecchia imbellettata, che fa ridere in modo comico solo se non si riflette sulle ragioni del
suo imbellettamento.
4
Cf. l’occhio strabico di Mattia Pascal, il naso storto di Vitangelo Moscarda, ecc.
5
Matrimonio, famiglia, ecc.
6
Talvolta con elementi dialettali, stranieri, o mutuati da linguaggi tecnici.
5. poiché la realtà è piena di contraddizioni e irriducibile al significato,
chi percepisce tale condizione di insignificanza è indotto a vivere in una posizione di
estraneità totale; l'unica arma a disposizione è la riflessione amara, ironica,
paradossale (-> nell'arte umoristica, del momento ragionativo, cerebrale);
6. la poetica umoristica rifiuta la concezione precedente dell’arte, sia
classica, sia romantica, sia decadente: l'arte umoristica non nasce dal rispetto di
regole stabilite precedentemente ed estranee al momento dell'elaborazione (classici),
né è espressione immediata dell'autenticità della passione o del sentimento o della
natura (romantici), né è manifestazione di un significato ultimo e misterioso delle cose
(simbolisti e decadenti).
I personaggi di Pirandello
Il personaggio tipico pirandelliano è l’opposto dell’eroe dannunziano: appartiene
generalmente al ceto borghese; cova un senso di frustrazione e di vuoto; ha
scarsa considerazione di sé; non è sicuro del suo ruolo nella società; non ha
una meta verso cui orientare la propria vita: attraversa infatti una crisi d’identità; è
prigioniero delle trappole-convenzioni sociali, che impongono maschere-ruoli
da interpretare -> spesso è tormentato da tic nervosi/difetti fisici7 = espressioni di
sofferenza interiore dovuta alla necessità di vivere in queste trappole-convenzioni
sociali:
- Mattia Pascal -> occhio strabico
- Serafino Gubbio -> mutismo
- Vitangelo Moscarda -> naso storto
7
Cf. Svevo, con Zeno Cosini.
8
Si guarda frequentemente allo specchio -> non “si riconosce”.
9
Cf. Il treno ha fischiato.
L’esito per tutti è lo stesso -> alienazione, incomunicabilità, solitudine:
l’individuo che si (auto)isola dalla società finisce per essere il “forestiere della vita”,
uno spettatore della vita propria e di quella degli altri, prigionieri delle
trappole e irrigiditi nelle maschere imposte nella vita sociale, la cui
inconsistenza e le cui contraddizioni guarda con atteggiamento umoristico
nella sua filosofica superiorità <- “filosofia del lontano” = distacco dalla vita in
una prospettiva estraniata che ridimensioni le vicende personali e stemperi il
dolore che esse comportano permettendo, allo stesso tempo, di osservare dal di
fuori ciò che si nasconde dietro la reale condizione esistenziale dell’uomo (cf.
vecchia imbellettata).
“Vidi davanti a me, non per mia volontà, l’apatica attonita faccia di quel povero corpo
mortificato scomporsi pietosamente, arricciare il naso, arrovesciare gli occhi
all’indietro, contrarre le labbra in su e provarsi ad aggrottar le ciglia, come per
piangere”
Uno, nessuno e centomila
10
I legami più diretti tra Pirandello ed Espressionismo li troviamo, come vedremo, nel teatro.
Il pensiero di Pirandello: dall’influsso
verista alla poetica dell’umorismo al
Surrealismo
La formazione di Pirandello è influenzata dal Verismo (Capuana, Verga), influsso
evidente nei romanzi L’esclusa, Il turno e I vecchi e i giovani.
Dal Verismo Pirandello prende le mosse per poi superarne la visione del mondo:
l’indagine delle vicende dell’uomo impegnato nella lotta per la vita,
presentata secondo i canoni dell’impersonalità, si tramuta in uno scavo nella
vita psichica, per scoprirne la fragilità e l’incoerenza11.
Nel corso dei suoi studi, Pirandello viene profondamente influenzato da:
- Alfred Binet -> saggio di psicologia Le alterazioni della personalità -> “io
debole” = diviso -> personalità complessa e instabile
- Henri Bergson -> saggio Il riso. Saggio sul significato del comico -> riso come
strumento per scardinare le convenzioni sociali
imposte dalla forma
-> concezione dell’universo in continuo cambiamento
- Georg Simmel -> relativismo: non esiste una verità assoluta
-> vita come incessante fluire, trasformazione continua
che crea continuamente “forme”, che poi distrugge nel suo
perenne divenire
Negli ultimi anni Pirandello passò alla composizione di novelle surreali e testi
teatrali basati sui “miti”, in cui la dissoluzione dell’io del personaggio è risolta in un
“oltre” = dimensione “altra”, fantastica, magica e surreale -> la presenza nel teatro
dei “miti” di elementi irrazionali, magici e simbolici costituisce l’elemento decadente
della poetica pirandelliana.
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Elementi che il razionalismo positivistico non era in grado di cogliere.
I romanzi
-> L’esclusa (1901)
-> Il turno (1902)
-> I vecchi e i giovani (1913)
-> Il fu Mattia Pascal (1904)
-> Suo marito (1910)
-> Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925)
-> Uno, nessuno e centomila (1926)
L'ESCLUSA. Scritto nel 1893 con il titolo Marta Ajala, fu pubblicato nel 1901 (e poi,
in una nuova edizione rivista e corretta, nel 1908). La vicenda è paradossale: Marta
Ajala, cacciata dal marito, Rocco Pentagora, per un tradimento coniugale non
commesso, e per questo esclusa dalla comunità, viene ripresa e riaccolta in famiglia
da lui quando invece ha veramente consumato l'adulterio, e addirittura attende un
figlio dall'amante.
Motivi principali:
- esclusione -> condizione tipica, esistenziale e sociale, dell'intellettuale
(Marta Ajala è una maestra, che cerca un riscatto riflettendo sulla vita e
studiandola dall'esterno);
- al determinismo naturale dei veristi si sostituisce un determinismo
sociale: a provocare l'esclusione non è una condizione oggettiva (come nel
romanzo naturalista), ma l'apparenza di una condizione oggettiva: Marta
non ha tradito il marito, ma basta che tutti lo pensino perché venga emarginata
-> la verità non è più un prodotto della oggettività, ma è il risultato di
un'opinione;
- incomunicabilità fra padre e figlio12: il padre di Marta chiude la porta della
propria camera e non vuole più vederla.
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Motivo che tornerà anche in racconti e romanzi, soprattutto in Uno, nessuno e centomila.
IL TURNO. Scritto nel 1895, fu pubblicato nel 1902. Le situazioni descritte sono
comico-grottesche: Pepè Alletto attende il proprio turno per sposare Stellina, che
prima va in moglie, per interesse, a un vecchio ricchissimo; lei spera che muoia
presto, ma ciò non accade; riesce a ottenere la separazione e sposa l’avvocato che
aveva curato le pratiche per l’annullamento del matrimonio; infine, dopo l’improvvisa
morte di quest’ultimo, sposa Pepè.
Motivi principali:
- crisi dei pilastri della concezione borghese della vita (matrimonio e
famiglia) -> critica delle convenzioni sociali, dell’ipocrisia e del
perbenismo borghesi
- ruolo del caso nelle vicende umane
I romanzi umoristici
-> da Il fu Mattia Pascal a Quaderni di Serafino
Gubbio operatore e Uno, nessuno e centomila
Scoperta delle attività illecite del governatore della Banca romana nel decennio precedente.
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- il "doppio"
- il problema dell'identità
- la critica al moderno e alla civiltà delle macchine
La struttura e lo stile
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Elemento autobiografico: idealizzazione della madre e prigionia del matrimonio.
17
Tema molto diffuso fra i due secoli e presente anche nella Coscienza di Zeno di Svevo.
sembra superare il suo stato di inettitudine (fuga dalla famiglia per ricostruirsi una
vita), alla fine è costretto a rinunciare ai suoi propositi.
5. il doppio, la crisi d'identità. Mattia Pascal ha un rapporto difficile non solo con la
propria anima, ma anche con il proprio corpo. Ha difficoltà a identificarsi con se
stesso. Spia di questo malessere è l'occhio strabico, che guarda sempre altrove.
La crisi d'identità dipende anche dalla sua duplicità, rappresentata dalla sua
predisposizione a sdoppiarsi e dalla sua inclinazione a porsi davanti allo
specchio.
6. la modernità, la città, il progresso, le macchine. Nel cap. IX Adriano Meis è a
Milano e, frastornato dai rumori, dai tram elettrici (introdotti da poco) e dalla vista
della folla, riflette sulle conseguenze del progresso tecnico, negando che la
felicità sia prodotta dalla scienza e che le macchine possano servire a
migliorare la condizione dell'uomo. In tale critica al progresso traspare
l'influenza di Verga e soprattutto di Leopardi. Nel capitolo successivo Meis si
sposta da Milano a Roma. La capitale viene descritta come città morta, paralizzata da
un contrasto insanabile fra il passato glorioso e il presente squallido incapace
di farlo vivere. Roma è un'acquasantiera che la modernità ha degradato
trasformandola in portacenere (così sostiene Anselmo Paleari, esponendo
ovviamente il punto di vista dell'autore). Nel romanzo appare una posizione critica
nei confronti della democrazia giolittiana, definita a un certo punto «tirannia
mascherata di libertà».
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Sentimento della vita che distingue l’uomo dagli altri esseri viventi: l’uomo ha la consapevolezza di vivere.
luce stessa delle cose: ne deriva il carattere illusorio di qualunque
certezza, anche di quelle date dalla religione e dalla scienza.
A complicare le cose, va aggiunto che gli stessi «lanternini» delle
coscienze individuali cessano di illuminare il cammino nei momenti di
trapasso e di crisi: infatti essi prendono luce dai «lanternoni» = le
grandi ideologie collettive che orientano l'umanità e che si susseguono nella
storia. Quando i «lanternoni» cessano di fare luce a causa dello
sviluppo storico, che rende improponibili i valori del passato, allora
anche i «lanternini» si spengono.
La forma-trappola
L’umorismo
Pirandello volle collegare esplicitamente il romanzo al saggio L'umorismo, che infatti
uscì nel 1908 con la dedica «Alla buon'anima di Mattia Pascal bibliotecario»; i due
capitoli iniziali di Premessa e l'intero capitolo XII, dedicato allo strappo nel cielo
di carta di un teatrino e alle sue conseguenze, sono veri e propri contributi teorici
alla poetica dell'umorismo.
Nella Premessa seconda il relativismo moderno e il conseguente umorismo
sono fatti dipendere dalla scoperta di Copernico e dalla fine
dell'antropocentrismo tolemaico: la rivelazione che l'uomo non è più al
centro del mondo ma costituisce un'entità minima e trascurabile di un
universo infinito e inconoscibile rende assurde le sue pretese di conoscenza e
di verità e "relative" tutte le sue fedi.
Nell'edizione del 1921, Pirandello aggiunge al romanzo un'Avvertenza sugli
scrupoli della fantasia, per sostenere la plausibilità della vicenda raccontata.
Discutendo pubblicamente sulla verosimiglianza della trama, Pirandello
sottolinea il carattere artificiale della costruzione romanzesca, togliendole
ogni aspetto di "naturalezza" e di "storicità". Abbiamo così una sorta di
sdoppiamento del romanzo: da un lato esso è presentato come storia
accaduta, dall'altro si discute se tale storia può essere accaduta o meno.
Ogni verità, insomma, è relativa, anche quella romanzesca.
Ovviamente nel romanzo l'umorismo non è solo teorizzato, ma anche messo in
pratica. Una tipica scena umoristica, per esempio, è quella nel cap. V, in cui, dopo la
litigata fra la vedova Pescatore e la zia Scolastica, Pascal, davanti allo specchio, vede
sul suo viso lacrime sia di dolore che di riso: l'atto della autoriflessione e dello
sdoppiamento, la mescolanza dei contrari (il riso e il pianto), il doloroso ma
autoironico compatimento nei propri confronti, il sentimento del contrario
(Pascal sa che non dovrebbe ridere né rimanere passivo e inetto, ma conosce anche
bene i motivi, del tutto seri, che lo inducono a ciò) sono tutti aspetti di un
atteggiamento umoristico nei propri confronti.
SUO MARITO. Pubblicato nel 1910, Pirandello iniziò a rielaborarlo con il titolo
Giustino Roncella nato Boggiòlo vent'anni dopo (ma la nuova redazione non fu
terminata). Il romanzo è costruito sulla contrapposizione fra la creatività artistica
di Silvia Roncella – una scrittrice — e la razionalità economica con cui il marito-
manager, Giustino Boggiòlo, considera i suoi romanzi, vedendoli esclusivamente come
prodotti destinati al mercato. L'interesse dell'opera sta nell'analisi di questo
conflitto e dunque nello studio del rapporto fra l'artista e i meccanismi
economici della modernità (<- questione poi ripresa in Quaderni di Serafino Gubbio
operatore).
UNO, NESSUNO E CENTOMILA. Iniziato nel 1909, fu pubblicato solo nel 1925-26.
Questo romanzo segna una svolta nell'arte pirandelliana: entra in crisi la
poetica dell'umorismo e comincia, dopo il 1925, l'ultima stagione dell'arte
pirandelliana (quella dei "miti" e del surrealismo).
La stessa visione della natura cambia rispetto a Il fu Mattia Pascal, dove essa veniva
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Le “novelle surreali”. Si distinguono dalle altre le 19 novelle scritte per ultime, fra il
1931 e il 1936. Esse sono ormai estranee alla poetica dell'umorismo: presentano
infatti caratteri decisamente surrealistici, affini a quelli dei "miti" teatrali: presentano
momenti epifanici in cui sarebbe possibile cogliere una fusione primigenia fra uomo e
natura.
Buono studio,
Nel racconto La mosca, dove la presentazione da vicino delle zampine dell'insetto che
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