Sei sulla pagina 1di 3

SECONDO CINQUECENTO E SEICENTO.

Il periodo che va dalla seconda metà del XVI secolo alla metà del XVII è segnato dalla
Controriforma cattolica, con cui la Chiesa di Roma cerca di arginare il processo originato dalla
Riforma protestante. Con il concilio di Trento (1545-1563) vengono dibattuti i contenuti e
organizzate le strategie di ristrutturazione della Chiesa. Si tratta di un programma che, fissando
dogmi e codificando norme rigorose, comporta una pesante limitazione della libertà, che si attua
in particolare attraverso:
- l’organizzazione centralizzata dell’Inquisizione, con il Sant’Uffizio;
- l’Indice dei libri proibiti;
- le disposizioni severe nel campo dell’attività intellettuale, dell’arte, del comportamento.
Numerosi sono i processi per eresia: il più famoso è quello di Giordano Bruno che si
rifiuta di abiurare le sue idee, considerate eretiche ed è condannato al rogo. Anche per
influsso del clima controriformistico muta la visione della vita: all’orgoglio antropocentrico
del rinascimento si contrappongono pessimismo, sfiducia nel potere della ragione, senso
della vanità della vita terrena; alla rivalutazione rinascimentale del piacere, si contrappone
l’invito al pentimento e alla sofferenza. La rivoluzione copernicana, conseguente alla
concezione scientifica che nega la centralità della terra nell’universo, sovverte la visione
antropocentrica del mondo e insieme innesca una serie di scoperte, che in circa un secolo
rivoluzioneranno completamente l’idea cosmologica e la fisica aristotelica. I modelli di
comportamento imposti dalla Chiesa vedono in primo piano l’obbedienza e la
subordinazione alle direttive ecclesiastiche: in un clima di sospetto e di controllo di ogni
espressione di religiosità e su ogni aspetto di vita dei fedeli, chi non vi si conforma viene
sospettato, inquisito, o addirittura rischia di essere accusato di eresia. Alcuni cercano di
conquistare uno spazio di libertà nascondendo ciò che pensano, secondo la condotta che
Torquato Accetto teorizza come “dissimulazione onesta”. Anche le corti risentono della
mancanza di libertà dell’epoca e vanno decadendo. I nobili riacquistano potere (fenomeno
chiamato “ri-feudalizzazione “) e i loro modelli di comportamento si irrigidiscono: è il
periodo in cui i duelli, per ragioni d’onore, divengono una consuetudine. Nel secondo
Cinquecento il controllo dell’inquisizione deprime ogni vivacità culturale: poiché esprimere
liberamente le proprie opinioni era divenuto rischioso, cessano le appassionate discussioni
intellettuali di un tempo. Timorosi di lasciar trasparire le loro opinioni, i cortigiani
divengono sempre più simili ad attori che recitano un ruolo stereotipato. In tale clima,
spentosi l’interesse per il dialogo e la cultura, appare più importante apparire che essere.
Anche il rapporto tra intellettuale e potere muta rispetto al rinascimento: il ruolo dell’uomo
di cultura diviene marginale e subalterno, e trova espressione soprattutto nella figura del
segretario, a cui non è richiesto di avere idee proprie, ma solo di possedere abilità di
retorica. Contemporaneamente, nel quadro culturale dell’epoca, assume nuovo rilievo la
figura dell’intellettuale critico contro il potere. Ne sono esempi Giordano Bruno, Tommaso
Campanella, il quale conduce una battaglia per illuminare le coscienze dei contemporanei e
Paolo Sarpi che, nell’Istoria del Concilio tridentino, presenta questo evento come il culmine
di un secolare processo di degenerazione della Chiesa dalla purezza e semplicità delle
origini. Nel periodo controriformista, Roma e Venezia rappresentano due poli opposti.
Roma è la capitale di una Chiesa cattolica sempre più simile a una monarchia assoluta, città
nella quale si impone anche una sfarzosa e scenografica architettura barocca, in cui spicca il
colonnato di Piazza San Pietro, La città eterna dunque si consolida come centro di cultura e
di potere. Venezia invece era considerata la città più aperta ai contatti con i protestanti. Nei
salotti veneziani in particolare si discuteva con una libertà impensabile nelle altre città
italiane. Successivamente, Venezia si pose più volte in contrasto con la Chiesa romana fino
ad arrivare a un vero e proprio scontro, la cosiddetta contesa dell’interdetto tra il 1606 e
1607. Quando la frattura fu ricomposta, la città divenne una capitale dell’edonismo, così
attraente per i viaggiatori da essere denominata “calamita d’Europa”. Nel sistema scolastico
predominano i gesuiti, il cui modello culturale vede in primo paino il principio di autorità; le
due massime autorità sono Aristotele per la filosofia e san Tommaso per la teologia. Al
principio di autorità si oppongono i fondatori del nuovo metodo scientifico, convinti di
dover ristrutturare dalle fondamenta l’edificio del sapere, basato su principi aristotelici, di
cui si era mostrata l’infondatezza. Si afferma la nuova figura dello scienziato, che affianca il
sapere intellettuale a quello tecnico, ripreso dalle arti meccaniche. Da una parte lo scienziato
ha degli aspetti in comune con il mago, per la volontà di trasformare il mondo con il proprio
operato, dall’altra ne differisce per la concezione del mondo per l’applicazione della
matematica alla fisica, per il rigore dei metodi, per la spinta a un sapere oggettivo e
condiviso dalla comunità scientifica. In quest’epoca per gli intellettuali non è facile
esercitare un ruolo critico, perché la Chiesa predispone formidabili armi contro il libero
pensiero, in particolare l’Indice dei libri proibiti, che, dal 1559, vieta di leggere e
possedere libri non conformi all’ortodossia, sotto la minaccia di processi e condanne,
determinando così la sparizione dal mercato librario di un gran numero di opere basilari per
la cultura.
LA CRISI DELL’ARMONIA RINASCIMENTALE. IL MANIERISMO E IL
MARINISMO.
Tra la metà del Cinquecento e il Seicento si riscontra un mutamento nell’arte e nella
letteratura che corrisponde a un nuovo modo di vedere la realtà. Per definire tale nuova
visione e la sua traduzione artistica si impiegano le categorie critiche di manierismo e di
barocco. Manierismo è un termine impiegato prima in ambito artistico e in seguito anche
letterario. In ambito artistico il manierismo si sviluppa all’incirca a partire dal secondo
decennio del 500 fino agli anni 70-80 dello stesso secolo, ed è proprio di pittori che, pur
ispirandosi al principio di imitazione cinquecentesco, si discostano dall’armonia e
dall’equilibrio rinascimentale. Per esempio, imitando Raffaello e Michelangelo, i pittori
manieristi ne esasperano le caratteristiche salienti. È piuttosto recente, l’estensione della
categoria di manierismo alla letteratura, per scrittori che, come Tasso e Shakespeare, non
rifiutano le regole e i modelli classici, ma li interpretano in modo originale e innovativo. In
questo periodo, si diffonde anche il marinismo, uno stile di letteratura barocca usato in
poesia e nel dramma in versi, che si caratterizzava per una tendenza all'arguzia e all'ornato.
Deve il suo nome al poeta Giovan Battista Marino (1569-1625), che ebbe imitatori in tutta
Europa.
Esso fu caratterizzato dalla:
- ricchezza quasi inesauribile di concetti preziosi e virtuosismi formali;
- inspirazione sensuale, combinata con ambizioni di profondità, di moralità e religiosità
(esperienza centrale nella storia del gusto barocco);
- tendenza alla grandiosità e alla monumentalità;
- ricerca di effetti sorprendenti perché lo scopo è quello di stupire, di suscitare nel lettore
meraviglia;
- un carattere artificioso e spesso arido.

LE NOVITÀ DEL BAROCCO.


Le peculiarità del manierismo sono accentuate nel barocco che rivendica un’assoluta
indipendenza da qualunque modello. Tipiche dell’arte barocca sono la grandiosità dell’insieme
e la ricchezza dei particolari, con l’effetto di sovraccarico tipico di questo stile. In particolare,
nella letteratura, il barocco è bene esemplificato dall’Adone di Marino per il suo stile enfatico e
ridondante. Dal punto di vista sociale, il barocco si rivolge a un’utenza più ampia, essendo lo
stile adattato dalla Chiesa controriformistica, e in particolare dai gesuiti, per i suoi effetti
spettacolari. Nel Seicento, la più nota opera sulla poetica barocca è il cannocchiale aristotelico
di Emanuele Tesauro. In esso, Tesauro ne definisce i tratti fondamentali, individuando
nell’ingegno la qualità caratteristica dei poeti del nuovo stile. Il titolo del trattato di Tesauro
collega due elementi apparentemente incompatibili: le dottrine aristoteliche e il cannocchiale,
strumento simbolo della rivoluzione anti-aristotelica. La metafora è stata sempre presente nelle
opere letterarie, in particolare nella poesia. I poeti barocchi non si pongono più limiti nella
creazione di ardite e stravaganti metafore. Nella creazione di metafore originali, essi esibiscono
dunque una sfrenata originalità e un’abilità virtuosistica. Tesauro utilizza nei suoi versi la figura
della metafora, capace di mostrare aspetti nuovi e inconsueti della realtà e di creare così un
particolare piacere.

Potrebbero piacerti anche