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Storia della Chiesa II

Età medievale
- prof. Silvano Oni -

Introduzione
MATERIALI:
 UMBERTO DELL'ORTO - SAVERIO XERES, Manuale di Storia della Chiesa, vol. II e vol. III
 PAOLO DELOGU, Introduzione allo studio della Storia Medievale (solo per argomento
introduttivo)
STORIOGRAFIA DEL MEDIOEVO
1. Termine
Sembra cha la prima designazione del termine “medioevo”, soprattutto come concetto più che
come termine, sia stato Giovanni Andrea Bussi (1414/17-1475): riferendosi a Nicolò Cusano,
ne loda l’eccezionale conoscenza delle storie latine sia antiche sia moderne, e parla di “MEDIA
TEMPESTAS”. Altre espressioni ricorrono nel sec. XV e XVI: “media antiquitas”, “media aetas”,
“medium aevum”.
Nel SEICENTO, poi, alcuni autori sono significativi:
 George Horn (1620-1670) propone una periodizzazione della storia universale:
 vetus (storia antica),
 aevum recentior (la sua epoca),
 MEDIUM AEVUM (il periodo tra queste due epoche), tra il 476 e il 1453.
 Christophorus Keller (1638-1707), professore ad Halle, consacra questa scansione
nell’uso accademico: sua opera Storia del medioevo dai tempi di Costantino il Grande fino
alla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi (1688).
2. Storia dell’idea di medioevo
2.1. Età dell’umanesimo-rinascimento
Italia
Negli ambienti colti umanisti e rinascimentali d’Italia si avverte tra la loro epoca (considerata di
progresso culturale) e quella classica cui si ispirano (quella dei greci e latini, quali Virgilio), un
“tempo intermedio” i cui caratteri sono: rozzezza e oscurità.
Francia
I francesi condividono l’orgoglio di vivere un’EPOCA DI GRANDE PROGRESSO INTELLETTUALE, ma “nell’età
barbarica” individuano l’origine delle loro istituzioni politiche e dei loro sentimenti nazionali.
Germania
I tedeschi, ancora, considerano con rispetto questo periodo come momento di affermazione
della nazione tedesca nella storia europea!
Nella STORIA DELLA CHIESA, infatti, posto di grande rilievo è assunto da parte dei Riformatori:
 Matteo Flavio Illirico (nome latinizzato dell’istriano Mathias Vlacic) nelle Ecclesiasticae
historiae centuriae ripercorre la storia della Chiesa (suddivisa a secoli: centurie per cui
l’opera viene chiamata Centurie di Magdeburgo, luogo di pubblicazione tra il 1559 e il
1574) cercando di dimostrare che la Chiesa romana era venuta meno alla missione
affidata da Cristo e attraverso una mondanizzazione sempre più accentuata, connessa
con l’affermazione del primato papale, aveva provocato una profonda decadenza della
religione, fino alla riforma di Lutero!
 per i Riformati è considerata un’età di decadenza dovuta non alle invasioni barbariche
(meglio dire “migrazione di popoli”), ma alla MONDANIZZAZIONE DELLA CHIESA!
2.2. Nella cultura del Seicento
Il Seicento è l’epoca dell’affermarsi delle MONARCHIE ASSOLUTE: le pubblicazioni a stampa
finalizzate all’esaltazione delle monarchie e delle nazioni mirano alla conoscenza delle imprese
dei sovrani e dei popoli (è il tempo di Luigi XIV).
A proposito di STORIA DELLA CHIESA, vi è una notevole vivacità, specie in campo cattolico: le
ricerche contribuirono a precisare l’immagine di un’epoca che pur essendo ancora considerata
barbarica, cominciava ad apparire apprezzabile per le peculiari espressioni della fede. In
particolare:
 Cesare Baronio (1538-1607), il padre della storia della Chiesa, che negli Annales
Ecclesiastici ricostruisce la storia della Chiesa anno per anno, dalla nascita di Cristo fino
al 1198 (poi muore), in difesa dalle accuse dei protestanti, rivendicando la legittimità del
primato papale;
 i Bollandisti, un gruppo di gesuiti animati da Jean Bolland (1596-1665), concepiscono
l’impresa erudita degli Acta Sanctorum: si tratta di una raccolta e pubblicazione delle
testimonianze scritte sulle VITE DEI SANTI venerati nella Chiesa cattolica, esaminandole con
il metodo critico filologico utilizzato per i testi letterari e filologici; l’intento era dare
fondamento documentario al culto dei santi, uno dei bersagli della polemica protestante.
 i Maurini, un gruppo di monaci benedettini (tra gli altri, Jean Mabillon: 1632-1707) di St.
Germain des Près a Parigi (in memoria di S. Mauro, uno dei primi compagni di S.
Benedetto), perfezionarono il metodo critico filologico dei Bollandisti attraverso la
sistematica identificazione delle caratteristiche formali e materiali dei documenti
medievali (scrittura, stile, forma esteriore, consuetudini di datazione, sigilli): è alla base
della moderna “diplomatica”.
2.3. Nell’epoca dell’Illuminismo
Nell’epoca dell’Illuminismo (Settecento) – epoca considerata “illuminata” dalla Ragione,
rispetto al periodo “oscurantista” medioevale – inizia ad affermarsi una STORIA “DI CIVILTÀ” (non
solo di imperatori, re e papi e delle loro guerre).
Italia
Ludovico Antonio Muratori (1672-1750) si adopera per dotare l’Italia di una raccolta di fonti
storiche (Rerum Italicarum Scriptores in 25 volumi). Sua convinzione è che, pur non essendoci
uno Stato unitario cui richiamarsi per farne il riferimento coordinatore della storia nazionale,
vi era però una tradizione comune a tutti gli italiani; tale tradizione si era formata non
nell’antichità, ma nel corso del medioevo (Antiquitates Italicae medii aevi). Emerge con lui la
visione di continuità tra medioevo e civiltà moderna.
Francia
Per Voltaire (1694-1778) lo scopo principale della storia è la conoscenza dello spirito, dei
costumi, degli usi delle principali nazioni, utile PER COMPRENDERE GLI ERRORI PASSATI e FACILITARE IL
PROGRESSO. Così, il medioevo è da considerarsi un momento decisamente negativo:
 povertà materiale;
 epoca di barbarie;
 ruolo di primo piano della Chiesa e della religione.
Lo scopo del lavoro di Voltaire è la denuncia e il superamento delle condizioni del presente
(ancora medievali!) come il privilegio aristocratico, l’autoritarismo ecclesiastico, l’assolutismo
regio. Ma:
 ha una scarsa conoscenza del medioevo;
 nelle sue ricostruzioni storiche mira a suscitare sdegno ed esecrazione;
 esalta i personaggi oppositori della tirannia ecclesiastica (Federico II).
Eppure, ebbe grande risonanza e influenzò la cultura dell’epoca!
Inghilterra
Secondo William Robertson (1721-1793) il medioevo è il periodo in cui si poté superare il
disordine della barbarie e porre le basi della superiore organizzazione politica della società
moderna:
 le crociate avevano determinato il contatto dell’Occidente con le superiori civiltà
Orientali;
 le lotte tra papato e impero avevano consentito l’emergere delle libertà cittadine;
 il predominio culturale del clero aveva permesso la correzione del diritto barbarico con
quello ecclesiastico.
Si sviluppa un atteggiamento di nostalgia (e di celebrazione) per l’età medievale capace di
suscitare emozioni estetiche e sentimentali: è il caso di James Macpherson (1736-1796) coi
Canti di Ossian.
Germania
In polemica con l’illuminismo francese, si sviluppa una rinascita degli interessi della cultura
tedesca per l’identificazione delle peculiarità culturali e morali del POPOLO TEDESCO, sulle quali
costruire una coscienza nazionale: ne dà apporto la presenza di INTELLETTUALI quali Novalis
(1772-1801), Schiller (1759-1805), Schlegel (1772-1829).
Johann Herder (1744-1803) sottolinea (in modo critico ancora con gli illuministi) la razionalità
della storia, superando la contrapposizione tra epoche buone e cattive (illuminate e buie).
2.4. Cultura romantica (prima metà dell’ottocento)
Germania
La cultura tedesca fece del medioevo un fondamentale banco di prova della riflessione
sull’identità germanica e sul suo ruolo nella civiltà europea: di qui l’esigenza di approfondire
la conoscenza del periodo attraverso un più sicuro ed esteso ricorso alla DOCUMENTAZIONE:
nasce la Società per la documentazione dell’antica storia tedesca (1818), promossa dal
barone Karl von Stein e diretta da Gerog Heinrich Pertz (1795-1876):
 Monumenta Germaniae Historica (scriptores, leges, diplomata, epistolae e
antiquitates);
 Leopold Ranke (1795-1886) ha un ruolo fondamentale per l’elaborazione di un metodo
storico.
Inghilterra
Si sviluppano i ROMANZI STORICI MEDIEVALI: in questi, W. Scott proponeva l’immagine di un’epoca
di forti sentimenti e grandi tensioni (mediocrità del presente).
Francia
In Francia è vissuto come il periodo della restaurazione: il medioevo è visto come età di fede
religiosa rassicurante e pacificatrice (reazione all’instabilità del periodo rivoluzionario):
 R. Chateaubriand (1768-1848) vede il cristianesimo come “CREATORE DI CIVILTÀ” (non più
religione corruttrice, creatrice di superstizioni e perciò causa di violenze e di oppressioni),
forza rinnovatrice, sorgente di arte, pensiero, poesia…
 Jules Michelet (1798-1874):
 ritrova la formazione e l’affermazione della nazione francese nel medioevo (Giovanna
d’Arco);
 ma dopo gli anni quaranta, il medioevo gli parve sotto una luce mutata (vede nel
rinascimento il periodo in cui aveva avuto inizio lo spirito moderno), assume
atteggiamenti polemici nei confronti della tradizione cristiana e della Chiesa cattolica.
La cultura cattolica francese, in opposizione al laicismo della monarchia orleanista, rivaluta la
vita religiosa ed ecclesiale ed il ruolo della Chiesa e della fede cristiana nella storia europea
(specie nell’OPERA “CIVILIZZATRICE” svolta nei confronti dei popoli germanici):
 Fréderic Ozanam (1813-1853) evidenzia il ruolo svolto dalla Chiesa nell’elaborazione di
una civiltà originale permeata di valori spirituali (figure di S. Francesco, S. Tommaso,
Dante);
 Charles Montalambert (1810-1870) rivendica la diversità della Chiesa medievale da
quella dell’Ancien Régime;
 Jean Paul Migne (1800-1875) compone Patrologiae cursus completus, ovvero la raccolta
delle opere degli autori ecclesiastici latini e greci dai padri della Chiesa fino ad Innocenzo
III (nella serie latina) e fino al 1439 (nella serie greca). Lo scopo di tale opera è rendere
accessibile il patrimonio della cultura cristiana antica e medievale.
2.5. Cultura positivista (seconda metà dell’ottocento)
Nella cultura positivista della seconda metà dell’ottocento, la STORIOGRAFIA si prefissa la
conoscenza “oggettiva” del passato, mediante la ricostruzione puntuale degli avvenimenti e
delle istituzioni; di qui l’interesse per l’acquisizione e la critica delle fonti.
NB. L’aspirazione del positivismo è di fare della storia uno strumento di indagine sul
comportamento umano, “scoprendo” leggi come per il mondo fisico (razza, ambiente
naturale, relazioni sociali…).
Francia
In Francia ci si pone il fine di ricostruire la verità storica senza pregiudiziali filosofiche o
politiche; “Revue Historique” di Gabriel Monod propugna il METODO STORICO, consistente in:
reperimento della documentazione, vaglio della sua genuinità, selezione, ordinamento e
confronto delle informazioni in vista di stabilire i fatti.
Germania
In Germania è forte la Kulturgeschichte (STORIA DELLA CULTURA), che intendeva ricostruire l’unità
organica delle diverse manifestazioni della vita di un popolo (letteratura, istituzioni, attività
politica, organizzazione economica, arte, religione) nelle successive fasi della sua esistenza (si
veda, per esempio, Jacob Burckhardt: 1818-1897).
Italia
In Italia, Pasquale Villari (1826-1917) propone un positivismo con influenze marxiste.
2.6. La storiografia del novecento
In quest’epoca si sviluppa una STORIA NARRATIVA O POLITICA (prima metà del ‘900), riferita alle
vicende politiche e fondata sulla ricostruzione minuziosa dei fatti.
Lo STORICISMO (in polemica col positivismo che cercava le leggi “costanti” della storia) rivendica
l’originalità e l’unicità del fatto storico che per essere compreso doveva essere posto nel suo
contesto (morale, politico, religioso), sviluppando lo studio delle idee come elemento
importante per la comprensione del passato: emerge per importanza Johan Huizinga (1872-
1945).
La STORIOGRAFIA FRANCESE si esprime negli Annales (Febvre e Bloch), che si centrano specialmente
su:
 studio della società, della sua organizzazione in rapporto ai sistemi economici ed agli
atteggiamenti mentali;
 superamento delle fonti scritte: ricorso alle testimonianze che fornivano la geografia,
l’archeologia, le tradizioni popolari, l’iconografia; per studiare la storia bisogna
considerarne la complessità: non solo basandosi sulle documentazioni storiche scritte,
ma anche aprendo lo sguardo a numerose altre discipline e fonti.
3. Problema della periodizzazione
3.1. Premessa
Il concetto di “PERIODIZZAZIONE” chiede l’individuazione di CARATTERISTICHE GENERALI ESSENZIALI che
possono essere riscontrate in modo durevole per periodi di tempo abbastanza lunghi; ma ciò
comporta anche:
 rischio dell’arbitrarietà;
 rischio di errore sotto il profilo logico: ritmi e tempi con cui evolvono diverse attività e
funzioni possono essere diversi (es. istituzioni politiche e sistemi economici, espressioni
culturali…).
3.2. Tentativo di “datazione” del medioevo
Stabilire la “DATAZIONE” DEL MEDIOEVO è complesso; tuttavia gli storici – nonostante le differenti
considerazioni, lo considerano un periodo di almeno tre secoli (dal IV al VII) in cui si
verificarono:
 ISTITUZIONALIZZAZIONE DEL CRISTIANESIMO (integrazione nell’impero romano, si organizza la
Chiesa);
 INVASIONI BARBARICHE (società mista germani-romani),
 FINE DEL SISTEMA ECONOMICO IMPERIALE (controllo statale sulla produzione e integrazione tra
le diverse provincie dell’impero).
Ma questo periodo rientra ancora in quello che si chiama “TARDA ANTICHITÀ” (“BASSO IMPERO”:
connotazione negativa di un periodo invece ricco di originali apporti) in quanto non ha ancora
i caratteri del medioevo!
Sulla DATA DI INIZIO, differentemente, si considerano:
 come storia civile: il 476, quando Romolo Augustolo viene deposto dal barbaro Odoacre
(ma non ha grande significato: è la deposizione di un imperatore fantoccio, senza
mutamenti traumatici);
 come storia della Chiesa: il 313 (editto di Costantino), oppure il 494 quando Clodoveo –
primo dei capi delle popolazioni barbariche, re dei franchi – diviene cristiano e viene
battezzato.
Sulla DATA DI FINE, le vedute si differenziano:
 a livello civile: quasi tutti gli storici sono d’accordo con il 1492, anno dell’invasione
dell’America (più che della “scoperta”); altri il 1453, quando crolla l’Impero Romano
d’Oriente;
 come storia della Chiesa: il 1517, quando Lutero appende le 92 tesi (storicamente
inesistente).
3.3. Problema della coerenza interna del medioevo
PREMESSA: l’idea di medioevo nasce da una “polemica” (sulla presunta barbarizzazione della
cultura letteraria) più che da una analisi dei caratteri propri dell’epoca.
Nel corso degli studi dall’800–900 in poi, si capì che il medioevo (circa 1000 anni) NON È
CARATTERIZZATO IN MODO UNIFORME da “immutate” componenti sociali, risorse economiche e
tradizioni culturali. Ne emerge, invece, una SUDDIVISIONE “INTERNA”:
 “ALTO MEDIOEVO” o “primo medioevo”, fino all’anno 1000:
 insediamento dei germani nel territorio dell’impero romano;
 predominio dei ceti militari;
 economia signorile;
 prime sintesi culturali e istituzionali tra tradizioni germaniche, cristiane e romane.
 “BASSO MEDIOEVO” o “tardo medioevo”, dalla seconda metà del Duecento fino al
Quattrocento:
 società distinta in ordini e classi diverse (spesso contrapposte);
 crisi dell’unità cattolica (sia culturale sia ecclesiastica);
 depressione economica.
 SECOLI DALL’XI ALLA METÀ DEL XIII (quale nome? In Italia “età comunale”!):
 affermazione di attività economiche e valori umani più vari;
 comparsa di nuovi tipi sociali (mercante, il chierico);
 assorbimento della spiritualità cristiana nelle forme della vita laica;
 maggior ricchezza economica, distribuita nelle varie classi.
…dal 1000 al 1918 è anche il tempo del grande imperialismo europeo…
La terminologia adoperata dagli storici in ambito INGLESE E TEDESCO:
 primo (früh – early) medioevo (mittelalter – middle ages)
 alto (hoch – high) medioevo
 tardo (spät – late) medioevo
 NB. Anche nella storiografia francese manca un termine per designare il periodo centrale!

Oggi l’UNITÀ DEL MEDIOEVO è ravvisata non tanto nella permanenza “invariata” di alcuni caratteri
fondamentali, quanto nella coerenza della loro evoluzione: come una curva che parte dai sec.
VI – VII, tende verso l’alto (culmine sec. XII-XIII) per poi cambiare direzione verso il basso,
predisponendosi per un nuovo cambiamento di direzione verso la fine del sec. XV!
4. Il Medioevo e la storia europea
PREMESSA: parlando di medioevo si fa riferimento “esclusivo” alla vicenda storica dell’Europa!
Spesso si presume che la cultura europea sia la più importante, ma non è un criterio valido
globalmente; inoltre, il medioevo non è certo l’inizio dell’Europa, anche se certamente molte
cose iniziano in questo periodo…ma non certo tutto quanto! Insomma, NON ENFATIZZIAMO IL
MEDIOEVO!
Si prospettano, dunque, due interpretazioni:
 epoca medievale “conclusa”: significativa in se stessa (per i valori e le forme di vita),
affascinante o repulsiva…;
 parte integrante di un divenire più lungo attraverso il quale si modellarono realtà e
ideali che costruiscono ancora oggi l’identità storica dell’Europa.
 Possiamo “FONDERE” INSIEME LE DUE LINEE INTERPRETATIVE: il medioevo è di certo la FASE INIZIALE
DELLA FORMAZIONE DELL’EUROPA, ma configura anche una REALIZZAZIONE COMPIUTA E SIGNIFICATIVA
di quella esperienza, con situazioni fondamentali vissute rimaste a caratterizzare anche
dopo l’Europea.
APPORTO DEI NUOVI POPOLI ALLO SVILUPPO DELLA CHIESA
1. Premessa: rapporto Roma - barbari
FONTI:
 TERESA SARDELLA, Il Cristianesimo in Occidente dalla fine dell’Impero ai regni romano-
barbarici, in EMANUELA PRINZIVALLI (a cura di), Storia del Cristianesimo. 1. L’età antica (secoli
I – IV), 328 – 358.
 SALVATORE PRICOCO, Da Costantino a Gregorio Magno, in GIOVANNI FILORAMO – DANIELE MENOZZI
(a cura di), Storia del Cristianesimo. L’Antichità, 389 – 442.
La terminologia barbari viene dalla Grecia, che chiamava in tal modo le popolazioni non greche;
poi la cultura latina riprende questo termine, per indicare tutte le popolazioni non latine.
1.1. Prima delle migrazioni
Consideriamo anzitutto il rapporto tra IMPERO ROMANO e il mondo dei barbari. La situazione
europea vede una realtà caratterizzata da:
 urto frontale tra popolazioni (incursioni, scorrerie...);
 commercio diffuso;
 presenza di soldati barbari nell’esercito romano: i cosiddetti foederati si stanziano in un
territorio dell’Impero e ricevono un tributo per la difesa militare, specialmente dei
confini;
 contatto con il cristianesimo ariano, che dopo il Concilio Nicea (325 d.C.) si diffonde a
motivo dell’espulsione dei seguaci di Ario dall’Impero; (Ulfila – o Vulfila – è un vescovo
ariano che diviene il missionario di un cristianesimo ariano presso i visigoti).
1.2. Migrazioni: “cause”
Quella che può davvero essere considerata come “invasione” è solo quella dei longobardi; ma
per il resto non si può parlare di “invasioni”, quanto di “migrazioni”.

Soprattutto in ambito germanico viene portata avanti questa dicitura e concezione: si toglie
così la componente negativa, violenta e catastrofica, propria di solo alcuni rari casi.
Le CAUSE di queste migrazioni sono rintracciabili in:
 spirito bellicoso, almeno in alcuni casi;
 bisogno di terre, soprattutto: il tipo di coltivazione della terra delle popolazioni
barbariche era semplice, ad esempio con la tecnica agricola del debbio (fertilizzazione del
terreno che consiste nell’incendio dei residui colturali o della vegetazione) che chiede di
spostarsi in nuovi territori.
 aumento della popolazione che – come capita di solito – è proprio delle popolazioni
povere;
 “occasionale”, come il caso dell’arrivo degli Unni di Attila (450 d.C.).
1.3. Quadro degli stanziamenti: fase di transizione
L’Europa è caratterizzata dalla presenza di numerose popolazioni barbariche [17-18]:
 in FRANCIA: visigoti, franchi e burgundi;
 in INGHILTERRA: angli e sassoni;
 in ITALIA: visigoti (Alarico e poi Ataulfo saccheggiano Roma); la battaglia di Adrianopoli
(378 d.C.), è significativa per la sconfitta dell’Impero Romano (per alcuni storici la data di
inizio del medioevo).
Particolarmente interessanti i germani [19]: Tacito, molto critico verso l’Impero Romano e a
favore della democrazia della Repubblica, ne esalta le “virtù”.
1.4. Dopo le migrazioni
In tutto l’Impero Romano vi erano 16 MILIONI di abitanti e i barbari furono in totale 1 MILIONE: non
ci furono, dunque, problemi di “spazio”.
Le CONSEGUENZE di tali migrazioni sono differenti:
 per i romani non furono gravi:
 il latifondo viene ridimensionato senza eccessivi sacrifici;
 vi è un deciso decremento demografico, compensato, però, da una autorità forte;
 per i barbari:
 si vivono squilibri nella società germanica (prima egualitaria), poiché le terre vengono
date ai “Capi” e a personaggi influenti della tribù (che diventano proprietari terrieri);
 per le città:
 si sviluppano strade e collegamenti;
 Roma vive un forte decremento demografico (da 1 milione nel IV sec. a 25.000 nel VII
sec.) con un forte trasferimento dei grandi proprietari in campagna (dal momento che
non c’è più un’autorità centrale che controlla e il commercio è pericoloso e insicuro);
 rimane il vescovo, che assume anche autorità politica.

2. La Chiesa e i barbari
2.1. Rapporto barbari – cristianesimo
Atteggiamento dei barbari
Sull’atteggiamento dei barbari verso la Chiesa [20] possiamo considerare una triplice fase:
I.SCONTRO RADICALE
specialmente i vandali di Genserico (390 – 477) vedono nella Chiesa un nemico da
distruggere;
II. DIFFIDENZA [21]
gli ostrogoti di Teodorico (454 – 526) occupano l’Italia, tolgono Odoacre – capo della
guardia imperiale – e cercano una mediazione con l’Impero Romano: solo inizialmente c’è
fiducia, ma poi si sospettano simpatie con l’imperatore bizantino (è il caso di Severino
Boezio [22, 27]).
III. INTEGRAZIONE [22]
soprattutto con i franchi di Clodoveo (466 – 511) che, battezzandosi lui e i suoi guerrieri,
si mostra quasi come un novello Costantino favorito da Dio.
Atteggiamento della Chiesa
Anche da parte della Chiesa (o meglio degli ecclesiastici) ci furono atteggiamenti diversi verso i
barbari [23]. Possiamo individuare anche in questo caso una triplice e successiva
considerazione da parte della Chiesa nei confronti dei barbari.
a. BARBARI: UNA DISGRAZIA
questo primo atteggiamento viene chiamato “PATRIOTTISMO” CRISTIANO: se dopo Costantino
(313) anche gli intellettuali latini in molti casi di convertono al cristianesimo,
successivamente si sviluppa una decisa avversione profonda, che sfocia anche nell’odio
razziale [23]. In tale situazione risultano particolarmente significativi:
 Eusebio (265 – 339), che considera Roma strumento di cui si era servita la Provvidenza
per diffondere il messaggio di Cristo;
 Ambrogio di Milano (330 – 397) vede i barbari nemici ereditari, chiusi ad ogni senso di
umanità, libidinosi spinti dalla passione (non comprende che la fine di Roma non è fine
dell’umanità);
 Girolamo (347 – 420) si pone sulla linea di Ambrogio e scrive:
“Desideravo porre l’ultima mano alle opere sui profeti, quando improvvisamente mi è
annunziata la morte di Pammachio e di Marcella, l’assedio di Roma, il trapasso di
molti fratelli e sorelle. Costernato rimasi stupefatto: giorno e notte non potevo
pensare ad altro se non alla salvezza di tutti...sospeso tra la speranza e la
disperazione...La splendida luce di tutta la terra si è spenta; il capo dell’Impero
Romano è stato troncato; per dir meglio,
in una sola città è stato colpito tutto il mondo...La voce si ferma, i singhiozzi soffocano
la voce di chi sta dettando. È stata presa la città che aveva conquistato il mondo.”
b. BARBARI: SEGNO DELLA PROVVIDENZA
 Agostino (354 – 430) [23] nel De civitate Dei relativizza il legame Chiesa-mondo romano
e sviluppa una visione positiva (o provvidenziale) della storia dell'uomo (superamento
della concezione ciclica della storia e affermazione della sua linearità) chiamato ad
annunciare il Vangelo ad ogni essere umano, creato da Dio a Sua immagine e anelante
a Lui.
 Orosio (375 – 420) [24] unisce paradossalmente tre aspetti:
 un certo nazionalismo, emergente nel ricordo della resistenza degli iberici ai romani;
 l’amore alla civiltà romana;
 una larga fiducia nei confronti dei barbari.
Paradossalmente, quando afferma “Essetque, ut vulgariter loquar, Gothia quod Romania
fuisset” (Historiarum adversus paganos) utilizza le parole di Ataulfo (figlio di Alarico)
visigoto – che aveva sposato la figlia dell’imperatore – il cui desiderio era:
 di cancellare il nome romano;
 “che fosse Gothia, per usare un’espressione popolare, ciò che era stato Romania”
 restaurare nella sua integrità il nome romano (vedendo la grandezza di Roma).
Orosio considera seriamente la possibilità della caduta di Roma e del sorgere di un’altra
civiltà ma è ancora una possibilità astratta che ritiene remota.
c. BARBARI: DIALOGO ED EVANGELIZZAZIONE
Coloro che accettano la presenza dei barbari nella Chiesa [24] e comprendono la necessità
di evangelizzazione sono particolarmente vescovi e monaci.
Figure emblematiche di vescovi [95] sono:
 AREA ITALIANA [26]: Massimo di Torino (380 – 465);
 AREA DELLA GALLIA:
 Salviano (395-470), che vive a Treviri e a Marsiglia (De Gubernatione Dei), rappresenta
una voce che alla lunga finirà per imporsi; non si lascia più sedurre dal ricordo di un
passato ormai scomparso; accetta il fatto compiuto e passa risolutamente ai barbari;
sostiene che la Chiesa deve affrontare la nuova evangelizzazione;
 Remigio di Reims [25];
 Avito di Vienne (450-518), uno degli ultimi rappresentanti del mondo antico (a cui lo
lega ad es. la sua formazione letteraria) ma insieme l’araldo del nuovo che avanza.
Significativa risulta essere la LETTERA DI AVITO A CLODOVEO:
“I seguaci degli scismi hanno cercato di ingannare l’acutezza della vostra intelligenza,
velando lo splendore del nome cristiano con le loro opinioni differenti fra loro, di
aspetti molteplici, vuote di verità. E mentre noi affidiamo all’Eterno questi problemi,
riservando al giudizio futuro di proclamare ciò che tutti devono ammettere come vero,
ecco che fin d’adesso un raggio di verità ha brillato splendendo. La Divina Provvidenza
ha trovato ai nostri tempi un arbitro. Con la vostra scelta voi giudicate tutti: la vostra
fede costituisce la nostra vittoria (vestra fides nostra victoria est). In questa materia,
quando le esortazioni dei vescovi o i consigli dei parenti incitano ad aspirare alla vera
fede, altri si difendono ricordando le tradizioni della loro razza e la pratica della
religione degli antenati. In tal modo, essi preferiscono alla propria salvezza un timore
che loro nuoce, e restando nell’incredulità mostrano ai loro avi un rispetto che non ha
motivi, e confessano di non sapere cosa scegliere. Ormai, dopo un tale miracolo,
questa nefasta timidezza non può più servire di scusa. Di tutta la vostra razza antica,
voi avete conservato solo la nobiltà, ed avete voluto che da voi solo sorgesse quanto
può dare alla vostra discendenza lo splendore della magnanimità. I vostri avi hanno
seguito una linea buona, voi avete voluto comportarvi meglio. Come i vostri avi, voi
regnate sulla terra; ai vostri discendenti insegnate a regnare in cielo. La Grecia può
rallegrarsi di avere un Principe che professa la nostra fede; essa non è più la sola a
meritare di essere partecipe di un sì gran dono. Anche il tuo mondo ha la sua gloria,
perché un re non nuovo risplende di nuova luce” [...] “Il Signore che per mezzo vostro
renderà suo tutto il vostro popolo [i Franchi] farà giungere tramite vostro e delle vostre
ambasciate a tutti i popoli, fermi ancora nella loro naturale ignoranza e non corrotti
dal seme di pravi dogmi [arianesimo] il seme della vera fede. E così anche i remoti
popoli pagani [Avito pensa forse ai Sassoni, ai Frisi...] finiranno per farsi cristiani
mentre sono ancora indipendenti, per distinguersi in un secondo momento non per un
diverso sovrano, quanto per le loro caratteristiche nazionali [...]”.
Certo, nella conversione di Clodoveo entra tutta la questione personale, ma ci sono
evidenti mire politiche: la presa di distanza dei franchi rispetto a Teodorico (capo di
ostrogoti) che vorrebbe unire sotto lo stemma ariano tutta l’Europa; si distingue da lui
proprio dal punto di vista religioso (cattolicesimo in unione con l’Impero d’Occidente)
per non finire suo suddito.
 Germano di Parigi (496/500 – 576);
 Venanzio Fortunato (530–607) – Gregorio di Tours (538 – 594) – Arnolfo di Metz (582
– 647);
 PENISOLA IBERICA [96]: Isidoro di Siviglia (560 – 636) e Martino di Braga [97];
 AREA TEDESCA [26]: Severino del Norico;
 MONDO ANGLOSASSONE [98]: Davide (in Galles), Patrizio [25], Colomba, Colombano (in
Irlanda);
 MEDIO ORIENTE: Sofronio;
 RUOLO DELLE DONNE [98]: Radegonda.
2.2. Evangelizzazione
Triplice direzione
a. NUOVE AREE GEOGRAFICHE
L’opera di evangelizzazione si muove anche nel nord Europa, oltre il Reno: l’intreccio fra le
ambizioni politiche dei merovingi e il fervore degli ambienti monastici (irlandesi –
anglosassoni) caratterizza questo periodo in questi territori.
b. ETNICA
Il processo di acculturazione con il mondo germanico-slavo suscita nuovi problemi:
specialmente le CONVERSIONI DI MASSA: cambio delle “modalità” (se inizialmente il Battesimo
era dato per una conversione personale, adesso quando si converte il re si converte anche
tutto il popolo) passando da motivazioni interiori e individuali ad una mancanza di
preparazione catechetica o partecipazione alla vita della comunità. Bisogna allora
reinventare l’evangelizzazione.
c. SOCIALE
L’ingresso nelle campagne fa emergere il problema dell’incontro tra clero urbano (di
formazione “classica”) e laicato a dominanza rurale. Conseguenze di ciò sono:
 un PROCESSO DI DECULTURAZIONE caratterizzato da
 “ruralizzarsi” di taluni istituti ecclesiastici
 sviluppo esagerato del culto delle reliquie
 gusto crescente dell’irrazionale e del miracoloso
 rafforzarsi di tabù sessuali
 una PROGRESSIVA DIVARICAZIONE tra
 religione della classe ecclesiastica più colta
 religione dei ceti popolari e contadini.

Processi di cristianizzazione
Premessa: la fede è “legata” al retaggio della CIVILTÀ ELLENISTICO-ROMANA (per esempio, i concetti
di Dio creatore, logos, grazia...) e, d’altra parte, si confronta con l’insufficienza e la grossolanità
del PAGANESIMO GERMANICO (la natura quale campo di battaglia degli Dei: Odino il padre, Frigga
la dea dell’amore [20]; il bisogno di magia e di sacrifici anche umani; la non esistenza di un al
di là).
Tutto ciò conduce ad una CONVERSIONE AL MONOTEISMO SALVIFICO, caratterizzato da:
 predicazione assai elementare costituita dal riconoscimento del Dio cristiano quale più
potente e vittorioso (Clodoveo invoca il Dio dei cristiani e vince contro gli Alemanni,
sicché si converte e appare come “nuovo Costantino”) e dalla denuncia dell’impotenza e
della falsità delle divinità;
 distruzione (con l’aiuto del potere politico) degli oggetti e dei luoghi del culto politeistico
(alberi, boschi sacri...) e le conseguenti reazioni, a volte, delle popolazioni, fino al martirio
(es. Sassoni);
 cristianizzazione del tempo: specialmente con papa Liberio, che stabilisce il Natale di
Gesù nella data del 25 dicembre a sostituire la festa invicti solis (anche il tentativo di
sostituire un calendario liturgico cristiano a quello pagano: cfr. la Leggenda aurea di
Jacopo da Varagine, del sec. XIII);
 miracolo quale strumento “usuale” di Dio (con lo sviluppo di una letteratura agiografica
piena).
Simbolismo liturgico
La mentalità barbarica influenzò fecondamente la tradizione precedente anche nell’ambito
della VITA LITURGICA [29], alla luce, in particolare, dell’importanza che in essa rivestivano i segni,
sempre espressivi della realtà che essi manifestavano, a cui rimandavano e che sono ancora
oggi per certi versi attuali: i paramenti e i gesti liturgici, specialmente nel battesimo e nelle
pratiche penitenziali.
Anche la celebrazione eucaristica appariva sempre più decisamente, nel suo svolgimento
esteriore, la ripresa attualizzata del sacrificio della croce, cosicché ogni segno rimandava a
quell'unico sacrificio di Cristo. L’uso dell’acqua benedetta rispondeva al bisogno dei fedeli di
comunicare in modo sensibile con le forze superiori della natura per ottenerne conforto
contro i mali della vita.
La reazione nei prelati più colti è di MAGGIOR CONTROLLO; si sviluppano:
 il culto dei morti (sepoltura e luoghi di culto: santuari, pellegrinaggi);
 il culto dei santi e delle reliquie (il miracolo, il racconto agiografico che evidenzia le
condizioni di retta fede, vita buona, senza crimini o nefandezze);
 il problema di una vita ultraterrena “intermedia” (sec. XII) e la narrazione di viaggi
ultraterreni;
 i riti (unzione degli infermi...) e i discorsi su angeli, demoni e presenze magiche:
“Persiste in larghi strati del popolo la visione di un cosmo in cui al di sotto del Dio
supremo e al di sopra delle forze normali della natura operavano oscuramente le
più disparate e contraddittorie entità.”
 la figura dell’esorcista ma anche le formule magiche impregnate di poteri occulti;
 un atteggiamento reverenziale verso elementi e luoghi sentiti come dotati di intrinseca
sacralità (fonti, fuoco, boschi, …);
 una “concorrenza” della liturgia ecclesiastica che sviluppa benedizioni e scongiuri
(suscitando notevoli ambiguità: formule...riti magici; reliquie...amuleti) con tutto un
equilibrio che non sempre viene mantenuto.
2.3. Importanza dell’incontro tra barbari e Chiesa
L’importanza dell’incontro tra barbari e Chiesa [27-28] si riscontra soprattutto per la cultura,
con la composizione delle Historiae riguardanti costumi e tradizioni dei barbari:
 PAOLO OROSIO, Historiarum adversos paganos (quasi ripresa e complemento del De
civitate Dei);
 GREGORIO DI TOURS, Historia Francorum (storia del mondo dalla creazione al post
Clodoveo);
 BEDA IL VENERABILE, Chronica Maiora (cronologia base del calendario universale: punto
d’inizio la nascita di Cristo) e Historia ecclesiastica gentis Anglorum;
 PAOLO DIACONO, Historia Langobardorum (dalla Pannonia verso l’Italia).

3. La vita monastica
Inizialmente il monachesimo [30] si presentò come una sorta di fenomeno anarchico, senza
regole comuni e condivise, privo di stabili forme istituzionali: gli stessi ANTONIO (250 circa - 356)
e PACOMIO (287/290-346/347) si riferiscono a loro volta a «padri» dai quali hanno preso
esempio e dei quali poco o quasi nulla sappiamo. Il monachesimo primitivo è dunque
caratterizzato da un insieme di esperienze e di intuizioni differenti, accomunate, almeno per
l’area occidentale, da una sensibilità prettamente cristiana, frutto della contemplazione della
Parola e della tradizione.
Termine: significato
Il termine «MONACO» [31] viene da monos, che significa anche “unificato”: il monaco è colui che
è alla ricerca di una personale realizzazione, che tende a essere un uomo completo, ad avere
una personalità armonica e autentica, a cui aspirava e aspira ogni cultura; facendosi monaco
diventa uomo completo e vero, perfetto imitatore di Gesù Cristo.
Monachesimo primitivo
Per comprendere il monachesimo primitivo [30] occorre considerare almeno insieme due
temi:
 il MARTIRIO, che non poteva essere volontariamente ricercato dai cristiani, era però la
suprema testimonianza per Cristo; il martire è un atleta, uno che si esercita a essere tutto
per Cristo;
 la scelta del DESERTO significa realizzare l’accoglienza di Dio e il rifiuto del mondo; ha una
valenza fortemente ecclesiale: il monaco non fugge per disprezzo, ma rinuncia a questo
mondo del peccato, perché desidera (e opera per) liberarlo dal peccato e trasformarlo
nel mondo di Dio.
La diffusione e la spiritualità stessa insita nel fenomeno monastico permettono di comprendere
la diversità delle sue forme [32]: accanto alla VITA SOLITARIA si sviluppa anche la VITA CENOBITICA
o comune (cfr. Vita di Antonio, scritta da Atanasio e Vita di Pacomio, scritta dal discepolo
Teodoro).
Efficace testimone di tali esperienze religiose è Basilio di Cesarea, detto anche il Grande (329-
379): il quale dopo aver visitato i grandi centri di vita ascetica di Siria, della Palestina, dell'Egitto
e aver conosciuto in tal modo la Regola di Pacomio, propose ai suoi compagni un modello di
vita monastica che armonizzasse fra loro i vari aspetti, la preghiera e il lavoro, il raccoglimento
personale e la vita comune, il primato di Dio e la carità verso il prossimo. Ne nacque così una
nuova Regola, alla quale fa riferimento esplicito san Benedetto.
San Benedetto
San Benedetto [34] nacque intorno al 480 nei pressi di Norcia, in una famiglia benestante e fu
mandato a Roma per la sua formazione. Benedetto fu colpito dalla mediocrità di vita e si inserì
in prima persona nelle vicende turbolente di quel tempo: maturò così la scelta di vivere solo
per Dio.
Dopo un deludente periodo in una comunità di monaci, decise di ritirarsi a VITA EREMITICA presso
Subiaco, ove trascorse tre anni nella grotta ora chiamata il Sacro speco, avendo come maestro
spirituale un altro monaco, Romano: fu un tempo di maturazione e purificazione interiore;
costituì piccole comunità intorno alla sua.
Si trasferì sul Monte Cassino, ove FONDÒ UN MONASTERO, dedicato a san Martino di Tours, distinto
per l’accoglienza e l’ospitalità. La fama di Benedetto si diffuse a tal punto che il re dei goti,
Totila, prima di invadere Roma nel dicembre 546 lo volle incontrare: il santo lo ammonì e gli
predisse una rapida morte, che giunse pochi mesi dopo.
Si tramanda che anche Benedetto morì nello stesso anno, il 21 marzo 547.
La Regola di san Benedetto [35] riprendeva e semplificava la Regola del Maestro,
conservandone soprattutto la componente spirituale: la vera Regola è il Vangelo di Gesù! La
Regola è anzitutto un invito ad ascoltare Dio: di qui l’importanza della lectio, della ruminazione
della Parola di Dio e della conformazione a immagine di Cristo, obbediente al Padre, mite e
umile di cuore.
Grande è il valore dell’obbedienza, del silenzio o raccoglimento, dell’umiltà. Richiama la
comunione fraterna, la condivisione evangelica, l’amore proposto da Cristo. Questo stile di
discretio è un dato importante: in epoca di crisi, guerre e violenze, smarrimento dei riferimenti
culturali della classicità, Benedetto propose l’armoniosa sintesi del Vangelo e della fraternità,
che nel cenobio accoglieva chiunque fosse mosso dal desiderio sincero di Dio.
Monachesimo irlandese
Alla scelta cenobitica di Gregorio Magno (discepolo di San Benedetto) si affianca la
contemporanea azione missionaria di origine irlandese, per opera soprattutto di san
Colombano (540 circa - 615), cui dobbiamo l'espressione «totius Europae, (di tutta l'Europa)»,
quando nella sua Lettera a papa Gregorio scrive della presenza della Chiesa in tutto il
continente.
Colombano [37], nato a inizio VI secolo nel sudest dell'Irlanda, ben presto rimase orfano di
padre e, dopo essere stato educato alle arti liberali, nonostante l'opposizione della madre,
entrò in monastero nell'Irlanda settentrionale e fu ordinato sacerdote. Seguendo l'ideale
ascetico della «peregrinatio pro Christo», con dodici compagni andò in Gallia e si stabilì nel
regno d'Austrasia, ove restaurarono un’antica fortezza romana, attirando ben presto nuovi
discepoli e anche semplici penitenti che chiedevano accompagnamento spirituale. Soprattutto
per questi fu edificato un secondo monastero a Luxeuil, ove il santo scrisse la Regula
monachorum: almeno sino alla riforma monastica dei carolingi (fine VIII e inizio IX secolo), fu
diffusa in Europa più di quella di Benedetto.
Nel 610 Colombano e tutti i monaci di origine irlandese furono espulsi dal regno; così essi
decisero di cominciare una nuova opera di evangelizzazione in Germania; di nuovo cacciato,
giunse in Italia, accolto dal re dei longobardi Agilulfo (591-616), che gli donò un terreno a
Bobbio. Qui fondò un nuovo monastero, che divenne grande centro culturale e qui morì il 23
novembre 615.
La Regula coenobialis [38] di san Colombano, una sorta di codice penitenziale per le infrazioni
dei monaci, insieme all’altra successiva e non meno famosa, il De poenitentiarum misura
taxanda, ci permette di introdurci al tema dei LIBRI PENITENZIALI, che, da una parte, sono un
esempio della fusione tra cristianesimo e mentalità barbare e che, dall’altra, hanno esercitato
notevole influsso sulla prassi penitenziale e sulla spiritualità in Occidente, mostrando il ruolo
capitale esercitato in tutto questo dal monachesimo.
Libri penitenziali
Oltre ai due libri di Colombano esisteva il Penitenziale di Finniano, dal nome dell'abate
compositore, e ne seguirono altri sulla loro falsariga [39]: il Penitenziale di Cummeano
(secondo lo schema degli otto peccati capitali), il penitenziale o Raccolta di Teodoro di
Canterbury; i penitenziali di Beda il Venerabile e di Egberto di York e la Collectio Canonum
hibernensis e quello di Burcardo di Worms.
Per comprenderli, bisogna tenere conto dello spirito del monachesimo; scrive Colombano:
A che giova la religiosità esteriore, se non si ha anche all'interno un
miglioramento? …. chiunque vorrà diventare dimora di Dio procuri di farsi umile e
mite, perché il suo amore di Dio si riconosca non dalla profusione delle parole e
dall'atteggiamento ossequioso del corpo, ma dalla sua umiltà vera: la bontà del
cuore non ha, infatti, bisogno di una falsa religiosità fatta di parole (Sermoni 2, 2).
Per comprendere i Penitenziali, dobbiamo considerarne:
 L’ESIGENZA DELLA SANTITÀ
È innanzitutto richiamata l'importanza della confessione frequente, fatta davanti ai fratelli;
al peccato si guardava come al sintomo di una malattia interiore da curare e al Penitenziale
come una sorta di «ricettario medicinale» frutto del Vangelo.
 L’ORIGINE MONASTICA
Bisogna tener conto della loro origine monastica, che li plasma [40].
 L’INFLUSSO MENTALITÀ “BARBARA”
La mentalità barbarica [41] era molto attenta alla dignità della persona e alla giustizia; così
l'abbas deve essere giusto nel dare uguale penitenza per uguale colpa, ma anche nel dare
la penitenza necessaria e sufficiente per vincere il difetto o per condurre al progresso nella
santità.
I Penitenziali presuppongono una procedura scandita quasi ritualmente: l’abbas, ascoltata la
confessione-richiesta di santificazione, consiglia ciò che aiuterà il monaco a vincere il difetto e
a crescere in santità; l’indicazione del cammino sarà impegnativa, faticosa: sarà una
«penitenza». Essa, dunque, non è (solo) una punizione per una colpa commessa, ma anche
IMPEGNO LIBERAMENTE ASSUNTO, l’espressione e l’indicazione di una volontà decisa di
santificazione.
Queste norme di santificazione o penitenze si andarono codificando, fissando in elenchi e in
testi, sicché il monaco poteva rifarsi personalmente alle indicazioni del codice o penitenziale
custodito in monastero. Perciò si parlò di «PENITENZA TARIFFATA» (termine tecnico e successivo)
che collegava il difetto alla penitenza secondo una “tariffa” o indicazione maturata da
sapienza e consuetudine. Frutto ne fu la moltiplicazione dei casi possibili, alcuni dei quali erano
puramente teorici, frutto più della fantasia dell'estensore scrupoloso che della possibilità che
si verificassero.
Nei monasteri antichi era pratica diffusa l’accoglienza dei PUERI OBLATI, quei fanciulli che spesso
le famiglie affidavano ai più sicuri monasteri: vivevano in monastero condividendo la vita dei
monaci e dei loro magistri, che li formavano culturalmente e umanamente, secondo lo stile
monastico, che mirava alla formazione umana completa; raggiunta la maggiore età erano
liberi di farsi monaci o lasciare il monastero per formarsi la loro famiglia e condurre la loro
libera vita.
Se tutto è stabilito, non occorre più la conversione del cuore, ma l’assolvimento della pena.
Proprio il passaggio dall'ambiente monastico a quello laicale, comportò l'evoluzione dei
Penitenziali e l'affermarsi della cosiddetta «penitenza equivalente o commutata»:
 la PENITENZA “EQUIVALENTE” [42] si fondava anche sulla fede nella comunione ecclesiale,
quella che c'è tra tutti i membri della Chiesa, e poté presentarsi inizialmente come un
atteggiamento pastorale, dettato dalla discrezione e dalla comprensione: un laico non
poteva sottoporsi alle lunghissime penitenze indicate nei manuali monastici.
 la PENITENZA “COMMUTATA” consisteva in un adattamento della originaria penitenza
monastica a un laico, il quale desiderava la stessa santità dei monaci, ma non poteva
assoggettarsi a certe asprezze, che ne avrebbero condizionato il lavoro o la vita
quotidiana.
 La penitenza commutata trovò anche terreno fecondo nel costume barbarico del
GUIDRIGILDO [43], la somma data in cambio di qualcosa o di qualcuno. Pertanto il
principio della comunione ecclesiale che probabilmente ispirò la penitenza commutata,
lasciò progressivamente il passo alla valutazione economica.
Evidentemente questo aiuto reciproco favoriva i ricchi più che i poveri e insieme non
comportava più quella conversione del cuore e quella convinta volontà di santificazione, per
la quale i penitenziali erano nati.
La scomparsa dei Penitenziali [44] fu causata, inoltre, dal fatto che la sempre più frequente
commutazione con la messa fu uno dei fattori che favorì la CLERICALIZZAZIONE DEI MONACI, in modo
che questi potessero celebrare le messe penitenziali. I vescovi, sempre più di frequente,
condannarono i libri penitenziali, che scomparvero con il rinnovamento spirituale dell'XI
secolo.
LA CHIESA IN ORIENTE TRA IL V E VII SECOLO E LA DIFFUSIONE DELL’ISLAM
1. Premessa
FONTI:
 PARRINELLO ROSA MARIA, Il Cristianesimo bizantino in BENEDETTI MARINA (a cura di), Storia del
Cristianesimo. II. Età Medievale, Carrocci, Roma 2015, 33 – 60.
Impero d’Oriente
La situazione in Occidente è la seguente: caduto l’Impero d’Occidente (476), in seguito sono
nati i Regni romano-barbarici (frutto dell’unione tra il mondo barbaro e quello barbarico).
In Oriente, invece, l’IMPERO ROMANO D’ORIENTE (che ha come capitale l’antica Bisanzio, divenuta
poi Costantinopoli, oggi Istanbul) rimane fino al 1453 – data in cui, secondo alcuni storici, è da
stabilirsi la fine del medioevo – proseguendo una lunga storia, con elementi di forza e di
debolezza.
 ELEMENTI DI FORZA:
 POSIZIONE GEOGRAFICA: importantissimo dal punto di vista geografico e strategico, perché il
“ponte” tra Europa e Asia, per il quale passano le vie di commercio e ciò crea
evidentemente ricchezza;
 APPARATO AMMINISTRATIVO: nonostante la fragilità dell’imperatore (almeno talvolta),
mantiene una struttura amministrativa presente sul territorio e decisamente ben
funzionante;
 APPARATO MILITARE: sia nell’esercito che, soprattutto, nella flotta; Bisanzio controllerà le vie
di commercio e tutto il Mediterraneo (il problema nascerà all’arrivo degli arabi, loro
contendenti);
 DIPLOMAZIA: abilissima nel gestire a proprio vantaggio le situazioni che via via si vennero a
creare;
 LEGAME STATO-CHIESA: strettissimo in tutto (alcuni parlano perciò addirittura di
“cesaropapismo”) e offerente forza ad entrambi (ma sarà anche un punto critico);
 PATRIMONIO CULTURALE: di cui si vanterà sempre nei confronti del mondo Occidentale.

 ELEMENTI DI DEBOLEZZA:
 SUCCESSIONE AL TRONO: spesso ci sono colpi di Stato da parte di militari che occupano
quando determinati imperatori sono fragili o spingono su un aspetto controverso;
 FISCALISMO OPPRIMENTE: servono soldi e dunque crescono le tasse, ma ovviamente
emergono aspre rivolte (cfr. la violentissima rivolta di Nika nel 532);
 MINACCE ESTERNE: l’impero d’Oriente è attaccato a nord dagli Slavi, a sud dagli Arabi e a
sud-est dai Persiani (sud-ovest tranquillo perché c’è il mare);
 DIVISIONI RELIGIOSE: scoppiano continuamente guerre per tale motivo e, anche se c’è un
patrimonio culturale straordinario, quando si parla di “bizantinismo” le discussioni
trascendono sempre il l’ambito culturale cadendo in scontri anche fisici che minano
quell’unità tra Stato e Chiesa che era proprio da considerarsi un elemento di forza.
2. Bisanzio e gli Imperatori del V – VI secolo
Per comprendere la situazione del V-VI secolo, bisogna cogliere la MENTALITÀ DI FONDO in Oriente
[47]: in particolare è necessario capire il CESAROPAPISMO, ovvero i rapporti tra potere politico e
Chiesa decisamente sbilanciati sulla forza politica imperiale (l’imperatore in parte dominava e
controllava la Chiesa); anche se alcuni storici parlano di “sinfonia dei poteri” tra i due poteri
religioso e politico.
Certo è che la figura dell’imperatore d’Oriente viveva di una sacralità della figura Imperiale:
egli era IMPERATOR e PONTIFEX MAXIMUS (ovvero fa da ponte religioso) e dunque interveniva
direttamente nella vita della Chiesa: è l’imperatore a convocare tutti i Concili e a custodire la
pace religiosa, sicché il potere politico interveniva qualora ci fosse una forma ereticale (cfr. la
condanna di Ario porta l’accusato ad essere espulso dall’Impero).
Anche dal punto di vista della Chiesa, si respira un profondo legame con il potere imperiale [48]:
sull’eco delle parole di San Paolo che dice di pregare per i governanti, la Chiesa d’Oriente
prega sempre per il suo imperatore.
Marciano (450 – 457)
Il CONCILIO DI CALCEDONIA (451) viene convocato sotto l’imperatore Marciano [47]; in esso
avvengono:
 la CONDANNA DI EUTICHE, sostenitore del monofisismo (l'esistenza in Cristo della sola natura
divina);
 la preminenza del PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI sugli altri patriarchi (la pentarchia era
composta da Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme), specie nel
can. XXVIII:
Seguendo in tutto le disposizioni dei santi padri, preso atto del canone [III] or ora
letto, dei 150 vescovi cari a Dio, che sotto Teodosio il Grande, di pia memoria, allora
imperatore si riunirono nella città imperiale di Costantinopoli, nuova Roma,
stabiliamo anche noi e decretiamo le stesse cose riguardo ai privilegi della stessa
santissima chiesa di Costantinopoli, nuova Roma. Giustamente i padri concessero
privilegi alla sede dell'antica Roma, perché la città era città imperiale. Per lo stesso
motivo i 150 vescovi diletti da Dio concessero alla sede della santissima nuova
Roma, onorata di avere l'imperatore e il senato, e che gode di privilegi uguali a
quelli dell'antica città imperiale di Roma, eguali privilegi anche nel campo
ecclesiastico e che fosse seconda dopo di quella. Di conseguenza, i soli metropoliti
delle diocesi del Ponto, dell'Asia, della Tracia, ed inoltre i vescovi delle parti di
queste diocesi poste in territorio barbaro saranno consacrati dalla sacratissima
sede della santissima chiesa di Costantinopoli.
È chiaro che ciascun metropolita delle diocesi sopraddette potrà, con i vescovi della
sua provincia, ordinare i vescovi della sua provincia, come prescrivono i sacri
canoni;
e che i metropoliti delle diocesi che abbiamo sopra elencato, dovranno essere
consacrati dall'arcivescovo di Costantinopoli, a condizione, naturalmente, che
siano stati eletti con voti concordi, secondo l'uso, e presentati a lui.
Tutto ciò, naturalmente, scatena forti tensioni dopo il concilio di Calcedonia, specialmente ad
Alessandria d’Egitto e a Gerusalemme.
Zenone (474 – 491)
Il problema che Zenone deve affrontare è che, nonostante la definizione di Calcedonia (unità
delle due nature di Cristo, umana e divina), ci sono zone dell’Impero che mantengono il
monofisismo. Ma per l’impero d’Oriente l’unità di potere e religioso è fondamentale.
Zenone impose ai cristiani d'Africa un editto di unione, detto ENOTICO (482) [48]: è suscitato dal
patriarca di Costantinopoli Acacio. Era un documento ambiguo, che scontentò tutti: prendeva
come punto di riferimento il concilio di Nicea, dichiarando che le decisioni di Nicea,
Costantinopoli ed Efeso erano intangibili, come era stato proclamato al concilio di Calcedonia,
che, però non veniva citato, facendo intuire che non lo si condivideva. L’Enotico, inoltre,
condannava Nestorio ed Eutiche, citava gli anatemi di Cirillo di Alessandria, ma evitava di
richiamare il suo «mia fysis», preferendo una frase ambigua su Gesù: egli è «unigenito uno e
non due», senza alcun altro riferimento alle due nature, umana e divina. Infine, taceva del
Thomus ad Flavianum di papa Leone, che era stato il testo fondamentale delle discussioni al
concilio di Calcedonia. L’Enotico fu sottoscritto da Acacio di Costantinopoli, dal patriarca di
Alessandria e dal patriarca di Antiochia, ma, per motivi che non conosciamo, non fu inviato a
Roma. Ne seguì lo SCISMA ACACIANO (482 – 519) tra Roma e Costantinopoli.
Papa Gelasio I: la teoria delle due spade
Intanto a Roma venne eletto GELASIO I (492-496), uomo di grande carità e capace anche di
stabilire rapporti pacifici con Teodorico; aveva un'altissima concezione del pontificato romano
[49] e usò normalmente per sé il titolo di VICARIUS CHRISTI, per contrapporsi alle pretese di
Costantinopoli, e per indicare il punto di riferimento per comprendere la sua figura: il vicarius
tiene le veci di colui che rappresenta e ne esercita e difende prerogative e diritti.
A questo proposito è significativa la Lettera di Gelasio all’imperatore Anastasio I:
Supplico la tua pietà di non considerare arroganza l'ubbidienza ai princìpi divini.
Non si dica di un imperatore romano, ti prego, che egli giudichi ingiuria la verità
comunicata al suo intendimento. DUE SONO, infatti, I POTERI, o augusto imperatore,
con cui questo mondo è principalmente retto: LA SACRA AUTORITÀ DEI PONTEFICI E LA
POTESTÀ REGALE. Tra i due, l'importanza dei sacerdoti è tanto più grande, in quanto
essi dovranno rendere ragione al tribunale divino anche degli stessi reggitori
d'uomini. Tu sai certo, o clementissimo figlio, che, pur essendo per la tua dignità
al di sopra degli uomini, tuttavia devi piegare devotamente il capo dinanzi a
coloro che sono preposti alle cose divine.
Si propone qui la TEORIA DELLE DUE SPADE [50], mettendo per iscritto quella distinzione dei due
poteri che era già nel cuore del cristianesimo.
È da notare come Gelasio utilizzi i due termini di auctoritas e potestas praticamente come
sinonimi: benché abbiano etimologicamente due significati semantici differenti, tale la
distinzione verrà evidenziata solo dai successivi storici, che associano – fuori dalle intenzioni
di Gelasio – l'auctoritas al POTERE LEGISLATIVO, mentre la potestas al POTERE ESECUTIVO.
La concezione di “potere”
A proposito del “potere” (κράτος), c’è da chiarirne il concetto; lo facciamo seguendo tre
questioni.
 DA DOVE ARRIVA IL POTERE?
Quando il potere è considerato proveniente dall’alto, da Dio, si parla di TEO-CRAZIA; quando
invece viene dal basso, dal popolo, allora si parla di DEMO-CRAZIA.
Mentre la TEOCRAZIA è propria dell’Oriente; la DEMOCRAZIA nasce in ambiente greco (cfr. le polis)
e la concezione democratica rinasce poi a Roma in epoca repubblicana (prima di quella
imperiale).
La democrazia è – in qualche modo – presente nelle popolazioni germaniche (la scelta dei capi
è data dalle famiglie); ma la Magna Charta è il “documento ufficiale della democrazia
inglese” (redatta dall'Arcivescovo di Canterbury per raggiungere la pace tra l'impopolare re
e un gruppo di nobili ribelli, garantì la tutela dei diritti della Chiesa, la protezione dei civili
dalla detenzione ingiustificata, la garanzia di una rapida giustizia e la limitazione sui tributi
feudali alla corona).
 CHI ESERCITA IL POTERE CHE VIENE DA DIO?
Nella concezione teocratica occidentale, generalmente, non c’era problema nell’affermare
che da Dio viene direttamente l’imperatore, il quale ha in mano sia potere politico che
religioso.
Il CRISTIANESIMO distingue il potere politico, dato all’imperatore (regnum), dal potere religioso,
dato al sacerdote (sacerdotium): i cristiani, pur accettando la teocrazia, riconoscono
all’imperatore l’autorità politica ma non gli danno quella religiosa: ecco le persecuzioni!
La LAICITÀ nasce col cristianesimo, che distingue i poteri (ma accetterà la democrazia solo col
CVII).
 QUALE RAPPORTO, ALLORA, TRA I DUE POTERI?
Se è necessario che i due poteri (politico e religioso) guidino il popolo in maniera sinfonica,
spesso uno tende a prevalere sull’altro:
 quando prevale il potere politico si parla di cesaropapismo,
 quando prevale il potere religioso si parla di ierocrazia (potere del sacro).

Anastasio I (491 – 518)


Se è vero che è crollato l’Impero Romano d’Occidente, in Europa resta il timore che ci si possa
unificare sotto l’imperatore d’Oriente. Perciò, mentre l’imperatore ANASTASIO I cerca di
ricomporre lo scisma, PAPA ORMISDA (514 – 523) pone condizioni molto pesanti [50-51], non
tanto sotto l’aspetto religioso, quanto sotto quello del potere di Costantinopoli, che avrebbero
salvaguardato la SINGOLARITÀ DELLA CHIESA ROMANA: accettazione della definizione di Calcedonia;
condanna postuma dei fautori dell'Enotico (cioè del patriarca Acacio e dei suoi successori e
degli imperatori Zenone e Anastasio I); sottoscrizione da parte dei vescovi orientali di una
formula di fede precisa (la regula fidei o formula di Ormisda).
Anastasio I cercò di prendere tempo, tentando anche di corrompere i legati papali, i quali,
invece, diffusero il testo pontificio: Anastasio li fece imprigionare e allontanare da
Costantinopoli.
Giustino (518 – 520)
Il periodo imperiale di Giustino si caratterizza per forti TENSIONI CON ROMA.
Alla morte dell'imperatore Anastasio I [51] si tornò a sperare nel successore, GIUSTINO (518-527);
anche a Costantinopoli venne eletto nuovo patriarca GIOVANNI II (518-520), perché si
dichiarasse per il concilio di Calcedonia, rigettasse l'Enotico e restaurasse la comunione con
Roma.
In effetti, il patriarca Giovanni II, per ordine imperiale, accolse la formula di Ormisda (no
all’Enotico), ma v'inserì una GLOSSA importante: «gioia per il ritorno all'unione tra l'antica e la
nuova Roma»; ribadiva così paradossalmente che non era la sua Chiesa a tornare alla
comunione, ma quella di Roma e insieme ricordava il canone XXVIII di Calcedonia.
Inoltre, alcuni monaci della Scizia, sostenuti da Giustiniano, nipote dell'imperatore,
cominciarono a diffondere la cosiddetta DOTTRINA TEOPASCHISTA, che può essere riassunta nella
formula: «Uno della Triade (Trinità) è stato crocifisso»; la proposero al patriarca di
Costantinopoli, Giovanni II, che la ritenne non opportuna, almeno perché toccava il delicato
equilibrio raggiunto a Calcedonia. Anche papa Ormisda respinse la formula ma ne propose una
di compromesso («UNO DELLE TRE DIVINE PERSONE HA PATITO NELLA CARNE»), che fu accolta, anche se
sembrò distanziarsi, se non contrapporsi, alle decisioni di Giovanni II.
La conseguenza di questi accordi fu l'imposizione forzosa della comunione con Roma, che si
trasformò in un'epurazione da tutte le strutture imperiali degli eretici, in particolare degli
ariani.
TEODORICO, re degli ostrogoti, sospettò un attacco nei suoi confronti [52] e cercò di reagire alla
politica di Giustino, inviando a Costantinopoli PAPA GIOVANNI I (523-526), un uomo stimato, ma
che purtroppo rientrò in Italia senza aver ottenuto alcuna concessione.
Come risposta agli editti imperiali d'Oriente, TEODORICO promulgò un decreto sull’arianesimo
con il quale lo rendeva obbligatorio in Italia, ma che non fu mai attuato, perché il re morì la
vigilia dell'entrata in vigore del decreto.
3. Età di Giustiniano (527 – 565)
Progetto politico
Il progetto politico di Giustiniano è di riportare unità nell’impero; è riassumibile intorno a tre
aspetti:
A. UNICO POTERE POLITICO
Giustiniano riesce a riprendere il controllo [53]:
 dell’Africa settentrionale (533);
 dell’Italia (535 – 553): guerra guidata dai generali Belisario e Narsete, che porta la peste
e la carestia (541 – 543), raccontata da Procopio di Cesarea;
 della penisola iberica (553);
 della Persia (540 – 542): la guerra è conclusa con la firma della “pace perpetua” (Cosroe).

Le tensioni interne dovute a corruzione e pressione fiscale, sfocia soprattutto nella RIVOLTA DI
NIKA, una corsa di cavalli che vede lo scontro tra Azzurri e Verdi: approfittando di questa
situazione Giustiniano fa entrare allo stadio le due fazioni di contestatori e ne fa un massacro.
B. UNICA LEGGE
È soprattutto nel campo del diritto che la memoria di Giustiniano attraversa i secoli: la
legislazione romana viene meno e così Giustiniano pone un codice che sia comune a tutto
l’Impero e promulga il Codex iustinianeus (stilato da Triboniano) [54].
C. UNICA FEDE
Anche nel campo ecclesiale [54] Giustiniano cercò di realizzare unità e chiarezza: impose il
cattolicesimo come religione dell'Impero, riducendo i diritti degli ebrei, dei samaritani,
giungendo a una vera persecuzione dei pagani.
 NEI CONFRONTI DEGLI EBREI: li costrinse ad usare il testo della Bibbia dei Settanta o quello di
Aquila; proibì che avessero schiavi cristiani; tolse valore alla loro testimonianza in
processi contro i cristiani; stabilì che non potessero comperare né beni ecclesiastici né
terreni sui quali in futuro si sarebbero potute costruire delle chiese cristiane.
 NEI CONFRONTI DEI PAGANI: li obbligò al battesimo, pena la confisca dei beni (528); ordinò
la chiusura della Scuola di Atene (529), che conservava la memoria del suo passato
glorioso, pur essendo ormai ridotta in rovina, e proibì i culti delle divinità egiziane
ancora praticati.
Sul fronte della politica religiosa viene mantenuto uno STRETTO LEGAME CHIESA-STATO: da una
parte vi fu concessione di privilegi ai vescovi, dall’altra una serie di compiti e servizi che i
questi dovevano esercitare a favore dello Stato, sicché i vescovi risultarono fidati
rappresentanti dell'imperatore.
Inoltre, Giustiniano s’impone sul CONTROLLO DELL’ELEZIONE DEI PAPI [55] e di quelle episcopali,
specie nelle sedi di Costantinopoli e Roma: quando Giustiniano decise di invadere l'Italia per
riportarla sotto il controllo imperiale, il re ostrogoto Teodato (534-536) chiese l'intervento
di papa Agapito (535-536), che si recò a Costantinopoli, ove fu accolto con tutti gli onori.
Non ottenne nulla riguardo alla guerra, ma riuscì a far deporre il patriarca Antimo (535-536),
che lo stesso Giustiniano aveva imposto come patriarca su pressione dell'imperatrice
Teodora, fervente monofisita.
Giustiniano intervenne anche in questioni teologiche [56], decretando personalmente quali
fossero gli errori e le verità: nel 533, pubblicò come legge imperiale una sua professione di
fede con FORMULA TEOPASCHISTA: «Uno della Triade ha patito nella carne», che era stata
rifiutata a suo tempo da papa Ormisda; essendo una legge, ordinò a tutti di sottoscriverla e
ne fece una condizione previa per essere consacrati vescovi
L’editto dei Tre Capitoli (544)
La questione di CALCEDONIA (condanna del monofisismo) aveva creato problematiche non solo
religiose ma anche problematiche politiche: alcune regioni del Medio Oriente minacciavano la
scissione e si tentava invece di mantenere unità.
Giustiniano condanna tre teologi che erano sulla linea monofisita (anche se non erano
monofisiti, e infatti non erano stati condannati dal Concilio): TEODORO DI MOPSUESTIA (maestro
di Nestorio, condannato), TEODORETO DI CIRO e IBA DI EDESSA.
Ora, benché papa Vigilio (537 – 555) fosse stato imposto da Giustiniano perché “docile,
ambizioso e avido” [55], questi rifiuta l’editto ed è inviato Giustiniano a Costantinopoli [56],
dove gli fu impedito ogni contatto con gli altri vescovi: dopo sei mesi di isolamento, cedendo
alle pressioni del domicilio coatto, promise segretamente che avrebbe approvato l'editto dei
Tre Capitoli. Inoltre, Vigilio si piegò a pubblicare lo Iudicatum, nel quale cercò un nuovo
compromesso: i Tre Capitoli (le affermazioni, non le persone ) erano da condannare, ma il
simbolo di Calcedonia non poteva essere sconfessato e per decidere di tutto OCCORREVA UN
CONCILIO ECUMENICO.
I vescovi africani [57] reagirono e scomunicarono papa Vigilio (550), che ritirò il suo Iudicatum,
ma solo dopo averne ottenuto il permesso dall'imperatore, e promise un concilio, nel quale
avrebbe riesposto le idee del suo Iudicatum.
Il Concilio Costantinopolitano II (553)
Giustiniano reagì prontamente convocando il concilio Costantinopolitano II (o dei Tre Capitoli),
nel quale ogni patriarcato avrebbe avuto uguale numero di vescovi: era un modo per
indebolire il patriarcato romano, dato che l'imperatore controllava i patriarcati orientali.
Papa Vigilio [58] inviò la sua sentenza (Constitutum Vigilii): condannava sessanta proposizioni
attribuite a Teodoro di Mopsuestia, ma non la sua persona, né Teodoreto né Iba di Edessa.
Giustiniano rifiutò il Constitutum e pubblicò le lettere riservate che il papa gli aveva scritto: lo
sconcerto nella Chiesa fu evidente e ne approfittò Giustiniano, che fece di nuovo porre agli
arresti domiciliari il papa e impose al concilio la condanna dei Tre Capitoli (ma accettò i primi
quattro concili ecumenici, compreso Calcedonia, che assolveva gli autori delle espressioni
anatemizzate).
Dopo sei mesi Vigilio pubblicò un nuovo Constitutum (e poi ancora un terzo, a ribadire!) col
quale ritrattava la sua difesa dei Tre Capitoli e condannava Teodoro, Teodoreto e Iba.
La reazione delle CHIESE DI MILANO E DI AQUILEIA (le due più importanti dell’Occidente, poiché
Roma aveva perso la sua importanza politica e la capitale era stata trasferita a Milano) a questa
eccessiva debolezza del papa nei confronti dell'imperatore portò alla rottura con Roma: il
lungo e doloroso SCISMA TRICAPITOLINO fu composto solo nel corso del secolo successivo.
Le manie teologiche di Giustiniano continuarono: pochi anni dopo (562 e 564) volle imporre
l’AFTARDOCETISMO: la teoria teologica che insegnava Giuliano di Alicarnasso per la quale il corpo
di Gesù era incorruttibile e impassibile anche prima della risurrezione; il patriarca di Antiochia,
Anastasio la definì «fantasia» e il patriarca Eutichio si rifiutò di firmare il decreto. La morte di
Giustiniano (565) impedì che il decreto avesse effetto, salvando la Chiesa da un'altra
lacerazione.
4. I successori di Giustiniano
I successori di Giustiniano [59] sono anzitutto:

 Giustino II (565 – 578)


 Tiberio II (578 – 582)
 Maurizio Tiberio (582 – 602)
 Foca (602 – 610)

Eraclio I (610 – 641)


Eraclio I affronta forti VICENDE POLITICHE, soprattutto nell’IMPEGNO MILITARE, trovandosi ad
affrontare:
 guerre con i Persiani (614 – 628);
 guerre con gli Àvari;
 guerre con gli Arabi, che conquistarono la Siria (635), la Palestina (638), la Persia e l’Egitto
(642).
CONSEGUENZE IMPORTANTI di tali guerre furono il commercio “bloccato” e il processo di
“separazione” dall’Occidente (specialmente riguardo alla lingua e alle usanze religiose).
Eraclio cercò di rinforzare la compagine imperiale dal punto di vista culturale [60]: privilegiò
l'uso del greco e pose sotto controllo gli ebrei, che sembravano aver appoggiato o per lo meno
favorito l'invasione di Gerusalemme da parte persiana, imponendo la conversione forzosa al
cristianesimo e allontanandoli dalla Città Santa.
Allo stesso modo cercò di superare le divisioni interne al cristianesimo e di risolvere le diatribe
tra monofisiti e calcedoniani, proponendo il «MONOENERGISMO», sostenuto dal patriarca Sergio
e da papa Onorio, anche se con accentuazioni diverse: egli preferiva parlare di unica energia
teandrica, mentre il papa preferiva il termine voluntas (da thélema = monotelismo), pur
essendo d'accordo nell'escludere che in Cristo vi fossero due volontà, divina ed umana, in
contrasto tra loro.
Contro si levò Sofronio, patriarca di Gerusalemme, sostenuto anche da Massimo il Confessore,
dichiarando che non era altro che una forma rinnovata di monofisismo.
L'imperatore Eraclio, alla ricerca dell'unità religiosa e civile dell'Impero, impose per decreto una
sua «esposizione» o ÉKTESIS, che nel descrivere l'unità di Gesù Cristo proibiva l'uso del termine
energia e imponeva quello di volontà (monotelismo).
Ne trasmise il testo a papa Severino (638-640), eletto da poco, ingiungendogli di sottoscriverlo
e al suo rifiuto ordinò fece invadere Roma, saccheggiare il Laterano ed esiliare il papa, che
morì [60].
Il suo successore, papa Giovanni IV (640-642) condannò l'Éktesis: pochi giorni dopo riceveva
una lettera dell'imperatore ormai vicino alla morte, con la quale Eraclio sconfessava l'editto,
perché non aveva raggiunto lo scopo per cui era stato pensato, cioè la pacificazione degli
animi, e accusò il defunto patriarca Sergio di averlo male consigliato.
Costante II (641 – 668)
Alla morte di Eraclio [61], gli succedettero due fratellastri che regnarono pochi mesi (Costantino
III morì nel maggio 641, Eraclio II il successivo settembre). COSTANTE II (641-668) regnò quasi
trent’anni e cercò di riportare la pace ecclesiale, decidendosi ad abrogare l'Éktesis,
sostituendolo però con il TYPOS PERÌ PISTEOS (= Regola sulla fede), composto da Paolo II, in cui:
 si proibiva di discutere sulle volontà ed energie di Cristo,
 si ordinava di non aggiungere nulla ai primi cinque concili ecumenici,
 si decretava l'arresto per chi non lo avesse firmato.

Il nuovo papa, MARTINO I (649-653) convocò un concilio in Laterano (649) e condannò sia
l'Éktesis che il Typos; allora l'imperatore fece deportare il papa a Costantinopoli e lo condannò
a morte dopo averlo fatto flagellare in pubblico. La pena fu commutata nell'esilio per
intervento del morente patriarca Paolo II (653), che pure era stato scomunicato da papa
Martino. Così il papa fu deportato a Cherson (Crimea) ove morì di stenti (655).
Fu eletto PAPA EUGENIO I (654-657) che cercò di riprendere la comunione con Bisanzio e con il
nuovo patriarca Pietro (654-666), il quale propose una formula di compromesso, ancora
peggiore, in cui Cristo avrebbe avuto TRE VOLONTÀ: umana, divina e ipostatica! Il clero romano
si oppose con fermezza, costringendo lo stesso papa a sospendere la lettura della lettera del
patriarca Pietro. Costante II minacciò di recarsi a Roma per punire il papa, che – però – morì
prima.
Anche MASSIMO IL CONFESSORE [62], che si rifiutò di sottoscrivere il Typos, fu catturato e gli furono
mozzate la lingua e la mano destra (662).
Costantino IV (668 – 685)
L’imperatore COSTANTINO IV (668-685) convocò il concilio Costantinopolitano III (680):
 condannò il monoenergismo e il monotelismo, e anche papa Onorio e il patriarca Sergio
(Dz 552);
 accettò la dottrina delle due volontà perfettamente concordi in Cristo (di Massimo il
Confessore).
Giustiniano II (685 – 695; 705 – 711)
Nel 692, l’imperatore GIUSTINIANO II convocò a Costantinopoli il CONCILIO IN TRULLO (dal luogo dove
si svolse) – detto anche Concilio Quinisesto (Quinisextum) – per elaborare canoni disciplinari
di sviluppo alle decisioni del V e VI concilio ecumenico (da ciò prende il nome di “Concilio
Quinisesto”).
Fu convocato all'insaputa della chiesa occidentale e vi parteciparono: 4 patriarchi d’Oriente,
211 vescovi, apocrisari del Papa Agatone.
Vennero approvati 102 canoni (alcuni in contrasto con Roma):
 nel can. 1 si ribadirono le condanne contro le eresie stabilite dai precedenti concili (in
particolare contro il monotelismo);
 nel can. 2 si recepirono gli ottantacinque Canoni Apostolici, attribuiti inverosimilmente a
papa Clemente I, dei quali solo cinquanta erano stati approvati dai papi successivi;
 nei can. 3-39 si trattano gli obblighi dei chierici (in particolare, il can. 30 afferma che: “Il
celibato è un’innovazione che si può tollerare solo tra le nazioni barbariche”);
 nei can. 40-49 si argomenta di legislazione per i monaci;
 nei can. 50-102 si affrontano le legislazioni per i laici (il can. 70: impedisce alle donne di
parlare durante la celebrazione liturgica).
Al termine del concilio l'imperatore Giustiniano II inviò a Roma una delegazione armata, agli
ordini del protospatario Zaccaria, per estorcere la firma di papa Sergio I (687 – 701):
inizialmente gli apocrisari del papa firmarono (forse distratti), ma il papa ne sconfessò
l’operato.
Giustiniano II, allora, inviò l’esarca di Ravenna (Zaccaria) per arrestare il papa, il quale però
venne protetto dalle truppe imperiali di stirpe latina di stanza a Ravenna e dalle altre truppe
imperiali di stanza in Italia, e subito accorse a Roma. Qui Zaccaria venne assediato,
costringendo alla fuga le truppe di Giustiniano e lo stesso Zaccaria rischiò di venir giustiziato.
A causa della ribellione dell’esercito, Giustiniano II fu deposto (695), ma ritornò al potere dieci
anni dopo (705): invitò il nuovo papa Costantino I (707 – 715) a Costantinopoli, dove lo accolse
con tutti gli onori; qui finalmente l’imperatore rinnovò i “privilegi” alla Chiesa di Roma e il papa
accettò i cinquanta canoni del Quinisesto che precedentemente non erano stati accolti.
Il dilagare degli arabi, che s’impossessarono rapidamente di Palestina, Siria, Mesopotamia ed
Egitto, fece perdere importanza altre questioni. Ma fu proprio la confusione generata in tutto
l'Oriente, nell'Africa mediterranea, nel Medio Oriente e nella penisola arabica, a costituire un
fattore determinante per la diffusione dell'islam.
5. Islam
Maometto
Della vita di Maometto si conosce molto poco, anche se l'aneddotica è abbondante: nacque alla
Mecca all’interno di un ramo minore della tribù dominante la città; la data di nascita è incerta,
ma deve collocarsi fra il 567 e il 572 (anche se la tradizione la pone nel 570).
Rimasto presto orfano dei genitori e del nonno, fu posto sotto la tutela dello zio Abu-Talib; in
molti viaggi con lui entrò certamente in contatto con cristiani di matrice monofisita o doceta,
rimanendo confuso dalle continue diatribe teologiche di quei secoli.
Si sposò con Cadigia (o Khadigiah), una donna saggia che Maometto annovera tra le quattro
donne perfette dell'umanità, assieme a Maria, la madre di Gesù, la moglie di Faraone e la
sorella di Mosè. Ebbero sette figli, ma i tre maschi morirono in tenera età. Il matrimonio
probabilmente favorì la sua ricerca: non più lunghi viaggi, ma piuttosto incontri con esponenti
delle diverse culture.
Maometto doveva esser fedele alle tradizioni poiché non c'è traccia di anticonformismo nel
Corano; la tradizione racconta di un ritiro nel deserto, di una lotta faticosa nella «NOTTE DELLA
FEDE», conclusa dalla «NOTTE DEL POTERE» o «notte del destino», tra il 26 ed il 27 del ramadan (il
nono mese dell'anno lunare arabico) probabilmente del 610 dell'era cristiana. Il messaggio
che gli sarebbe stato affidato quella notte dall'angelo Gabriele è custodito nella Sura 96,
considerata la più antica:
«Racconta, in nome del tuo Signore e Creatore, che ha creato l'uomo, di sangue
coagulato (o: da un grumo di sangue). Racconta, perché il tuo Signore è il più
generoso, lui insegnò con il calamo, insegnò all'uomo che non sapeva. Tuttavia, in
verità, l'uomo agisce con presunzione (o: si ribella), perché si giudica indipendente
(o: appena crede d'essere ricco, di bastare a se stesso). In verità al Signore
appartiene il ritorno».
Verso il 612 le rivelazioni ripresero. Iniziarono così il suo apostolato pubblico e le contestazioni:
fu accusato di essere un mago o un poeta, l'inventore della sua rivelazione, di predicare
sciocchezze, quali la risurrezione dei morti e l'ora del giudizio finale.
Così, nel 622 Maometto si trasferì (egira) a Yatrib, che da quel momento fu chiamata Medina,
«la Città», a somiglianza di Roma, l'Urbs. Qui ripresero le rivelazioni, le più importanti per la
teologia musulmana: Dio si rivela come trascendente e nello stesso tempo vicino, guerriero,
difensore dei credenti e il Corano diventa il criterio di autenticità; Maometto diventa il nabi
ossia profeta per eccellenza, il sigillo degli altri nabi, l'Inviato di Dio, nel quale bisogna credere,
poiché non si può credere in Dio se non si crede nel suo profeta, Maometto, che comunque è
un mortale peccatore.
Si diede al saccheggio delle carovane e, forte (anche economicamente) di queste razzie,
costrinse la tribù ebrea di Qayunqa ad abbandonare Medina, lasciandovi beni e armi. Gli
scontri, comunque, continuarono, insieme alla persecuzione degli ebrei. Maometto, forte di
questo indubbio successo, ordinò il massacro degli ebrei rimasti in città, a meno che non si
convertissero alla sua religione; ne conseguì che circa seicento ebrei furono decapitati, le
donne e i bambini venduti come schiavi.
Maometto morì inaspettatamente l’8 giugno 632, mentre stava ancora rivedendo la raccolta
delle sue rivelazioni per una probabile stesura di un testo ufficiale.
 L'islam non fu mai un movimento compatto. Sulla scia del profeta si mossero i suoi primi
tre successori [67]: ABU BAKR (632-634), assassinato da OMAR (634-644), a sua volta
assassinato da OTHMAN (644-656), ucciso per dare il posto ad ALI IBN ABI TALIB, cugino e
genero di Maometto, che, però , non riuscì ad imporre la sua autorità su tutto l'islam e il
suo assassinio nel 661 a Cufa (Iraq) provocò una prima grande separazione da parte dei
partigiani di Ali, appunto gli SCIITI.
Espansione dell’Islam
La diffusione dell'islam [66] fu assai rapida:
 Alessandria d'Egitto (642) e la Cirenaica (643);
 Tunisia (647) e il resto dell'Africa settentrionale;
 Siria e Palestina (634-637), Gerusalemme (637) e la Persia (642); e poi Cipro (649).

Nonostante le lotte interne per la successione, prosegue l’espansione:


 assedio di Costantinopoli (ogni anno all'inizio dell'estate a partire dal 674 sino al 680);
 prima scorreria musulmana in Sicilia (704);
 attraversato lo stretto di Gibilterra (711), in pochi mesi cadono Cordova, Toledo,
Saragozza (713);
 invasione della Cappadocia (715) e ancora assedio di Costantinopoli (716-717);
 caduta di Carcassonne (725) e ripetuto saccheggio della Sicilia (727-740);
 battaglia di Poitiers (732);
 conquistata Avignone (734);
 invasione dell'attuale Afghanistan (800);
 saccheggio di Roma (846), compresa la basilica di San Pietro e la tomba dell'Apostolo;
 insediamenti saraceni sulle coste dell'Italia meridionale (fine IX secolo).
Cause di tale rapida espansione
Tra le cause di tale rapida espansione islamica, certamente vi è il fatto che il cristianesimo si
trova lacerato dalla crisi donatista e dall'invasione vandalica che protesse l'arianesimo; ma
anche condizionato dall'essere rimasto religione delle città, ancora molto legato ai
discendenti dei veterani dell'esercito romano.
All'inizio il mondo cristiano non si rese forse conto della diversità dell’islamismo:
 SAN GIOVANNI DAMASCENO (650-750) servì per qualche tempo il sovrano musulmano di
Damasco, del quale fu anche gran visir, sino a che, caduto in disgrazia, gli fu amputata la
mano;
 TIMOTEO I (728-823) Catholicos della Chiesa nestoriana, entrò in dialogo con il califfo nella
nuova capitale di Baghdad, dove trasferì la sua sede episcopale, affermando, nella più
pura fedeltà alla fede cristiana, che Maometto aveva «seguito la via dei profeti»;
 PAPA GREGORIO VII (1073-1085) nel 1076 scrisse al re Al-Nasir di Mauritania, ringraziandolo
per avergli inviato alcuni liberti e per avergli chiesto un presbitero che si prendesse cura
dei cristiani del suo sultanato, l'attuale Algeria.
Venne la presa di coscienza da parte cristiana della diversità – politica e teologica – dell'islam:
 PIETRO IL VENERABILE (1092-1156), a seguito di una prima (inevitabilmente lacunosa, ma
preziosa) traduzione del Corano intuì che c'era una radicale alternativa teologica in
Maometto e che fondamentalmente l'islam appellava alla sola ragione, proponendo una
morale lassista (scrisse il Liber contra sectam sive haeresim saracenorum);
 TOMMASO D'AQUINO nella sua Summa contro gentiles riprese tale diceria che si sparse
rapidamente anche, probabilmente, per le notizie fantasioso-esotiche sulla vita islamica
diffuse in Europa;
 gli STUDI SCIENTIFICI del XIX secolo, applicando anche al Corano il metodo storico-critico.

Corano
Bisogna domandare non «che cosa sia»[68] ma «Chi sia» il Corano: non si tratta di un libro
scritto, ma di una Voce parlante e la traduzione esatta sarebbe «il grido di Dio» ovvero la
«parola di Dio». La tradizione islamica narra che, quando giungeva una rivelazione - non mai
direttamente da Dio, ma attraverso un intermediario, che Maometto stesso intendeva e che i
musulmani ritengono sia Gabriele -, Maometto la recitava subito in un'assemblea di uomini e
poi la ripeteva a un'assemblea di donne. Chiamava quindi uno scrivano per dettargli il testo
rivelato e dirgli in quale punto del Corano dovesse inserirlo. Infine chiedeva ai discepoli di
imparare a memoria i testi per le necessità del culto. Alla morte di Maometto, dunque, le
migliaia di credenti conoscevano frammenti più o meno lunghi del Corano, ma spesso non
identici.
La questione della complessità del Corano si pose sin dai tempi di Maometto, che proponeva
una sua interpretazione, ma lasciava adito ad altre interpretazioni molto più vicine al pensiero
tradizionale di un cristiano antico, non molto ferrato in cristologia.
I cosiddetti CINQUE PILASTRI DELL'ISLAM [71] sono:
1. la professione di fede,
2. la preghiera cinque volte al giorno,
3. l'imposta sacra o elemosina rituale,
4. il digiuno nel mese di ramadan,
5. il pellegrinaggio alla Mecca.
Rapporto Bibbia – Corano
È lungo l'elenco delle dipendenze dalla Bibbia e dal cristianesimo [74] da parte di Maometto e
dei suoi successori. Si pensi ai «novantanove nomi di Allah», elencati dalla tradizione islamica
e tutti comuni a quella biblica (interessante che mancano quelli di «Padre» e di «Amore»).
Il Corano conferma i messaggi profetici contenuti nelle Scritture precedenti, in quanto non
sarebbero che rivelazioni parziali e successive del libro-archetipo, increato, detto Madre del
Libro: si tratta, non di rivelazioni diverse, ma di un'unica rivelazione, giunta alla sua pienezza
con Maometto.
RAPPORTI TRA CHIESA D’ORIENTE E ROMA
1. La rottura dell’unità della Chiesa dei Padri
1.1. Prima fase (330-800): unità, con tensioni ed incidenti
1.1.1. Unità di fondo
Tra la Chiesa d’Oriente e quella Romana vi è una unità di fondo, dovuta a:
 STESSA FEDE: il credo che si professa è lo stesso;
 STESSI SACRAMENTI celebrati;
 STESSA S. SCRITTURA letta;
 COMUNE PREOCCUPAZIONE PER L’ORTODOSSIA: entrambe le chiese sono attente (Concili
ecumenici).
Interessante, oltretutto, notare che il numero dei papi “orientali”: nel periodo 678 – 752, dei
13 papi, 11 sono orientali (siciliani, greci, siriani); l’Italia meridionale, infatti, apparteneva
come territorio politico alla Chiesa d’Oriente. Questi papi, da una parte sono sudditi leali
dell’imperatore, ma sul terreno religioso “difendono” il punto di vista romano (es. Sergio I si
oppone alle decisioni del concilio Quinisesto del 692).
Significativa è l’influenza “orientale” a Roma attraverso:
 introduzione di FESTE MARIANE: annunciazione, assunzione e nascita di Maria;
 esaltazione della CROCE;
 la chiesa di riferimento della Chiesa orientale a Roma era SANTA MARIA IN COSMEDIN.

1.1.2. Le tensioni
I fronti di tensione tra la Chiesa d’Oriente e Roma riguardano:
 posizione dell’Imperatore cristiano nella Chiesa, che vede un’ingerenza spesso non
motivata da interessi spirituali (spesso l’imperatore orientale guida anche la Chiesa);
 pretesa di Costantinopoli al rango di seconda sede (dopo Roma), come emerge da:
 CONCILIO DI COSTANTINOPOLI (381), canone 3: «Il vescovo di Costantinopoli avrà il primato
d’onore dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la nuova Roma»; davanti a ciò papa
Damaso non accetta la motivazione politica e ciò diviene una “minaccia” non per Roma
ma per Alessandria;
 CONCILIO DI CALCEDONIA (451), canone 28, che conferma il can. 3 di Costantinopoli; in
questo caso è papa Leone I che non accetta per un duplice motivo:
 problema formale: il canone è stato deciso durante una sessione dove non erano
presenti né i legati papali né quelli imperiali;
 problema di contenuto: accettare l’argomento della importanza politica di una sede
avrebbe posto Milano prima di Roma!
Non mancano, d’altronde, alcune CIRCOSTANZE NEGATIVE:
 “politiche”, legate alla divisione dell’impero nel 395;
 “finzione” dell’unico Impero (due statue degli imperatori, leggi emanate da entrambi...),
ma che in realtà considera due Stati (con una propria organizzazione militare e
amministrativa); anche dopo il 476 si avrà un unico imperatore (di nome), ma che non
esercita reale potere (bisognerà attendere Giustiniano per un recupero territoriale
parziale);
 “culturali”, dovute alla “grecizzazione” dell’impero (dal 600 in poi); infatti:
 i GRECI (tutti quelli dell’impero d’Oriente) vivono un sentimento di superiorità di fronte
ai Latini;
 i LATINI contraccambiano sospettando i Greci di troppa sottilità (denunciano una loro
tendenza a suddividere eccessivamente le questioni: segno di una cultura più
indagatrice, ma esagerata);
 problema della lingua (delatinizzazione!), poiché il greco era da sempre considerata la
lingua dei colti (anche in Occidente) e centro dell’Impero diviene l’Oriente (perdita
dell’Occidente!); così ERACLIO giunge a disporre il greco al posto del latino
nell’amministrazione pubblica, nella legislazione, nei tribunali, nell’esercito (Basileus
invece di Imperator Caesar Augustus);
…l’inserimento del mondo arabo tra Occidente e Oriente aggraverà ancora la situazione:
la mancanza di reciproca conoscenza delle lingue (papa Leone I non conosce il greco!)
renderà difficile comunicazione!
1.1.3. Gli incidenti
Si giunge così a significativi INCIDENTI (già descritti in precedenza):
 lo SCISMA DI ACACIO (484-519);
 l’UMILIAZIONE DI PAPA VIGILIO (556) con la questione dei 3 capitoli di Giustiniano;
 il problemi intorno al “PATRIARCA ECUMENICO” (il patriarca di Costantinopoli Giovanni il
Digiunatore adotta il titolo di patriarca ecumenico e papa Gregorio I Magno protesta);
 il MARTIRIO DI PAPA MARTINO I (655), che si opponeva al monotelismo (l’imperatore lo
sottopone ad un esilio così duro che ne muore);
 problemi intorno al CONCILIO QUINISESTO (692), i cui canoni sono parzialmente antiromani
 c. 13: disapprova la legge romana del celibato sacerdotale;
 c. 55: disapprova la legge romana del digiuno di sabato;
 c. 82: vieta la raffigurazione di Cristo sotto la forma di un agnello).

A questi si aggiungono anche:


 il problema delle tasse, all’epoca di Gregorio II (715-731) che si oppone al raddoppio delle
tasse sulle proprietà terriere (725);
 la condanna romana dell’iconoclastia (731);
 la riduzione dell’area della giurisdizione romana (732), dovuta al fatto che l’imperatore
– per “vendetta” all’iconoclastia – trasferisce l’Illiria, la Grecia e la Macedonia dalla
giurisdizione romana a quella bizantina (sotto la giurisdizione del patriarca di
Costantinopoli).
Tutto ciò condurrà ad un più forte LEGAME TRA PAPATO E I FRANCHI: il papato trova come aiuto
politico (e non solo) il popolo dei Franchi
 Sostanzialmente, fino all’800 – nonostante le difficoltà – c’è una unità di fondo e quindi si
può ancora parlare di un’unica Chiesa, dopo non più.
LA CHIESA IN OCCIDENTE NEI SECOLI VI –VII
1. L’azione pastorale di Gregorio Magno e il ruolo della chiesa romana
Vita di Gregorio (540 – 604)
La famiglia Petronia-Anicia era nobile (con grandi possedimenti), al servizio della Chiesa romana
(in famiglia anche alcuni Papi) e offre a Gregorio una robusta formazione culturale [81]:
divenne PREFETTO DELL’URBE (responsabile amministrativo) e dovette affrontare l’invadente
presenza dei Longobardi (568), per cui si deve parlare di vera e propria invasione (con
massacri)!
Gregorio lo fece con rara passione e coerenza, nutrita dalla sua scelta di VITA MONASTICA, nella
quale si esprimeva per lui la piena realizzazione dell'uomo, del cristiano.
Costruisce SEI MONASTERI sui suoi territori in Sicilia e conduce vita comune nel suo palatium sul
Celio, trasformato in un cenobio: sant'Andrea al Celio venne organizzato secondo lo stile e una
Regula, che richiamava fortemente quella di san Benedetto.
Tuttavia, bisogna considerare che questo non era un atteggiamento strano all’epoca: molti
nobili fondavano monasteri all’interno dei propri possedimenti.
Viene chiamato come apocrisario (rappresentante) di Pelagio II a Costantinopoli; vivere in
quella situazione fu determinante: ebbe risultati scarsi, ma fu un’esperienza preziosa perché
conobbe:
 lo stile della corte bizantina,
 il controllo che su di essa esercitava l'imperatore,
 le ambizioni al primato del patriarca Giovanni IV (che nel sinodo del 587 si presentò e
firmò come «patriarca ecumenico», non più nel senso tradizionale di vescovo della
capitale o di vescovo della città imperiale, ma di patriarca dell'ecumene ecclesiale e
politica).
La PESTE fu un serio problema: Pelagio II richiamò a Roma Gregorio, perché lo aiutasse ad
affrontare la situazione sempre più drammatica della popolazione a causa delle scorrerie e dei
saccheggi dei longobardi, che attaccarono Roma nel 587. Si aggiunsero ripetute inondazioni
per tutta l'Italia, che colpirono la stessa Roma nel novembre 589, e che provocarono nuove
carestie e ancora fame, e infine l'epidemia di peste, che condusse a morte lo stesso papa
Pelagio II (590).
Immediatamente il popolo elesse GREGORIO PAPA (590), anche se non era ancora neppure
sacerdote. Inizia così il PONTIFICATO [83] che fu sempre malato di stomaco, soffriva di gotta,
aveva voce debole (spesso costretto ad affidare al diacono la lettura delle sue omelie), passò
gli ultimi cinque praticamente sempre a letto (morì nel 604); divenne «Magno», ma rivelò una
singolare lucidità di lettura della realtà insieme ad una straordinaria capacità di lavoro.
Diversi impegni
Colui che dovrebbe, in nome dell’imperatore di Roma, gestire il territorio, non lo fa; per questo
il primo compito che Gregorio Magno (e molti altri vescovi con lui) si trovarono ad affrontare
fu quello della SUPPLENZA DELL'AUTORITÀ CIVILE [84] nelle drammatiche situazioni che guerre,
saccheggi, carestie ed epidemie provocavano; a questo si aggiunse anche l'impegno a
CUSTODIRE LA TRADIZIONE E LA CULTURA DELLA CIVILTÀ ROMANA (gli fu attribuito il titolo di consul Dei):
 riorganizza la cancelleria papale (con un bibliothecarius, il cancellarius, lo scriniarius e i
notarii);
 riorganizza il patrimonio di San Pietro (ovvero i territori personali di Gregorio, ma anche
i lasciti di nobili alla Chiesa), disperso in Sicilia e Dalmazia, Sardegna e Corsica, Gallia
meridionale e Africa Settentrionale (circa un secolo dopo diventerà lo Stato della
Chiesa, fino al 1870, quando sarà preso dallo Stato italiano);
 distribuisce grano e derrate alimentari a chiunque fosse nel bisogno (sostiene monaci e
monache spesso nell'indigenza) e paga il riscatto dei prigionieri catturati dai barbari (in
quest'azione di carità coinvolge le autorità civili che condividevano la sua sensibilità).
Inoltre, Gregorio intervenne per organizzare la difesa della popolazione [86]: nomina i
comandanti delle piazzeforti nell'Italia ancora libera dai longobardi; trattò personalmente con
Agilulfo, re dei longobardi, e lo convince a togliere l'assedio da Roma (593), versandogli un
ingente somma d'oro.
L’impegno alla salvaguardia delle popolazioni pose Gregorio in contrasto con l'imperatore
Maurizio, in ogni caso incapace di far fronte alle invasioni in Occidente. Gregorio reagì alle
accuse che gli venivano fatte presso la corte di Costantinopoli dall'esarca di Ravenna, Romano,
come attesta la sua lettera di risposta all'imperatore Maurizio sulla pace separata con i
longobardi (595).
Azione pastorale
L'azione pastorale di Gregorio Magno può riassumersi in una sua omelia, un gioiello
autobiografico:
Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vita, per
poter essere utile con la sua preveggenza. Come è duro per me ciò che dico!
Parlando così, ferisco me stesso, poiché né la mia lingua si dedica come è giusto
alla predicazione né la mia vita è conforme, per quanto è possibile, a quello che la
lingua dice. Io che spesso mi lascio andare a parole oziose e, pigro e negligente, mi
trattengo dall'esortare ed edificare il prossimo; io che davanti a Dio sono diventato
muto e loquace, muto quando bisognerebbe parlare, e loquace perle cose futili.
Tacere non posso, e tuttavia parlando ho una gran paura di ferirmi. Io non nego di
essere colpevole, vedo il mio torpore e negligenza. Forse lo stesso riconoscimento
della mia colpa mi otterrà perdono presso il giudice buono. Certo, quando mi
trovavo in monastero, riuscivo a trattenere la lingua dalle parole inutili, e a
mantenere quasi ininterrottamente la mente fissa nell'orazione. Ma, dopo che mi
sono posto sulle spalle per amore il fardello pastorale, l'animo non può
assiduamente raccogliersi in se stesso, diviso com'è in mezzo a tanti pensieri. Sono
costretto a trattare ora le questioni delle chiese, ora dei monasteri, spesso a
interessarmi della vita e delle azioni dei singoli. Ora sono costretto a occuparmi
di faccende private dei cittadini; ora a gemere a causa delle spade incombenti
dei barbari e a temere i lupi che insidiano il gregge affidatomi. Ora debbo
assumermi il carico dell'amministrazione, perché non manchi il sostentamento a
quelli stessi che sono legati alla regola monastica, ora sopportare con pazienza
certi rapinatori, altre volte affrontarli, cercando tuttavia di conservare la carità.
E così, mentre sono costretto a pensare a tante cose, come può l'anima, lacerata
e dilaniata, rientrare in se stessa, per dedicarsi tutta alla predicazione e non
tralasciare questo ministero di annunziare la Parola? Siccome poi il posto che
occupo mi costringe a un contatto continuo con gente di mondo, talvolta vengo
meno al controllo della lingua. Se, infatti, mi tengo nel costante rigore della
vigilanza su me stesso, so che i più deboli mi sfuggono e non riuscirò mai a attrarli
a ciò che desidero. Per cui spesso accade che sto ad ascoltare pazientemente
discorsi futili. E poiché anch'io sono debole, trascinato a poco a poco in discorsi
futili, finisco per parlare volentieri di ciò che avevo cominciato ad ascoltare contro
voglia e per starmene piacevolmente a giacere dove mi rincresceva cadere. Però il
creatore e redentore del genere umano ha il potere di donare a me indegno
l'elevatezza della vita e l'efficacia della parola, perché, per suo amore, non
risparmio me stesso nel parlare di lui.
Predicazione
L'impegno civile di Gregorio (e di molti dei vescovi coevi) era ispirato radicalmente dalla
passione apostolica che li alimentava [87]. Di qui l'importanza attribuita alla lectio divina, alla
predicazione e al magistero; ne abbiamo testimonianza nelle molte OMELIE che ci sono
pervenute:
 le due Omelie sul Cantico dei Cantici,
 le quaranta Omelie sui Vangeli, dei primi anni di pontificato,
 le ventidue Omelie su Ezechiele, per incoraggiare i fedeli durante l'assedio dei
longobardi (593),
 parte di un Commentario sul primo libro di Samuele.
La sua è una PREDICAZIONE sempre:
 attenta a illuminare ogni aspetto della vita cristiana: i Moralia in Job costituì per tutto
il Medioevo una specie di Summa della morale cristiana;
 capace di rendersi comprensibile, popolare, come nei quattro libri dei Dialoghi per
presentare esempi concreti di vite di santi di quel tempo.
Riforma liturgica
La fede popolare fu uno degli elementi della spiritualità e della pastorale di quel tempo,
organizzata in modo che tutti potessero comprendere ed essere coinvolti: di qui le sue RIFORME
LITURGICHE [88], con l'importanza data ai GESTI SIMBOLICI e al CANTO, e la cura delle RELIQUIE (così
l'abitudine di porre negli altari le reliquie dei santi; nella basilica di san Pietro creò il grandioso
presbiterio che da una parte inglobò e preservò per sempre la tomba di Pietro).
Arte: sua importanza
Gregorio scrisse a Sereno, vescovo di Marsiglia, per rimproverarlo di avere distrutto le immagini
dei santi, temendo che il popolo le adorasse. Gregorio elogiò lo scrupolo pastorale di Sereno,
ma ne rimproverò lo «zelo sconsiderato», perché «altro è adorare le pitture e altro apprendere
mediante la storia raccontata dalle pitture ciò che va adorato». E offrì quell'interpretazione
che è alla base del grandioso sviluppo dell'arte cristiana: «Ciò che la scrittura offre a coloro
che sanno leggere, la pittura lo offre agli analfabeti, perché in essa vedono ciò che debbono
ascoltare, pertanto, soprattutto per i nuovi popoli, la pittura vale come lettura, istruzione.
Non bisognava dunque distruggere ciò che nelle chiese era stato collocato non come oggetto
di adorazione ma per istruzione dei semplici».
Impegno missionario
Significativo anche l'inesausto IMPEGNO MISSIONARIO [89] che Gregorio indirizzò a tutta la Chiesa:
 azione tenace per la conversione dei longobardi, nutrita di rispetto e insieme di
cordialità;
 intelligente nei confronti dei visigoti di Spagna, mostrandosi sempre rispettoso
dell'episcopato locale e sollecitando l'impegno nell'azione missionaria;
 capacità di relazione con i franchi, intrattenendo relazione epistolare con la regina
Brunechilde;
 la conversione degli angli e dei sassoni (capolavoro missionario di Gregorio), attraverso
l’invio di un gruppo di quaranta monaci della sua comunità del Celio (596-597), sotto la
guida di Agostino, che divenne poi AGOSTINO DI CANTERBURY [90].
Rapporto con le altre sedi patriarcali
Gregorio fu sempre molto attento a rispettare i diritti delle ALTRE SEDI PATRIARCALI [91] di
Antiochia, Alessandria e Costantinopoli; ugualmente fece con le sedi metropolitane. Non riuscì
a ricomporre la comunione col metropolita di Aquileia (implicato nello scisma tricapitolino)
ma s'impegnò per impedire che in Africa non fossero eletti vescovi metropoliti provenienti dal
donatismo.
Le tensioni col PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI derivano anche dall'influenza egemonica
dell’l'imperatore sul patriarcato orientale e che tentava di estendere anche a quello romano.
Il caso ruotava intorno all'uso del titolo di «patriarca ecumenico», che Giovanni IV il
Digiunatore dal sinodo patriarcale del 587 sembra usare non più nel senso di «patriarca
imperiale», ma nel senso onnicomprensivo di relativo a tutta la terra e a tutti i popoli.
 Probabilmente l'incomprensione originò dalla traduzione del titolo «Patriarcha
universalis», nel quale Gregorio vedeva un pericoloso attentato alla singolarità e al
primato della Sede di Pietro.
Richiamo alla santità di vita dei Pastori
Preziosa fu l'opera di Gregorio Magno per il richiamo fermo alla SANTITÀ DI VITA DEI PASTORI [94]
ovunque venisse a sapere di corruzione di costumi o di simonia o di violazione del celibato
ecclesiastico, avendo come riferimento le norme dei canoni conciliari, convinto com'era che
«nessuno nuoce di più alla Chiesa di chi si comporta in modo disonesto, pur essendo insignito
di un nome e di un ufficio, che comportano la santità».
Ce n'era bisogno anche a Roma, se consideriamo che nel sinodo del 595 si ribadì che i diaconi:
 si dedicassero alla carità e al servizio dei poveri,
 non pretendessero donativi obbligatori per ordinazioni,
 seppellissero gratuitamente i fedeli nelle chiese,
 vivessero in povertà vincendo la tentazione della simonia,
 curassero la liturgia e la devozione ai santi, offrendo se stessi come esempio
indispensabile,
 si impegnassero nella formazione culturale, perché anch'essa è un servizio pastorale
verso i laici.
2. I vescovi della Chiesa Occidentale
Accanto a Gregorio, prima e dopo di lui, operarono altri santi vescovi [95]; tutti insieme, ognuno
nel proprio ambito, plasmarono il volto della Chiesa medievale in Occidente.
In Gallia
 Germano di Parigi (496/500 circa - 576), di famiglia benestante e raffinata educazione, fu
abate del monastero di Autun e vescovo di Parigi dal 555; spronò alla moderazione in un
periodo di lotta spietata tra membri della famiglia reale franca. A lui si devono la lotta per
la RIFORMA MONASTICA e DELLA VITA DEL CLERO SECOLARE (cfr. concilio di Tours, 567).
 Venanzio Fortunato (530-607) fu amato vescovo di Poitiers e riuscì in modo singolare a
valorizzare la SPIRITUALITÀ E PIETÀ POPOLARE; la sua catechesi era esperienziale, convinto che
gli esempi incidono più che i concetti e muovono più che le teorie.
 Gregorio di Tours (538-594), cui dobbiamo la Historia Francorum (che riprendeva la Storia
della Chiesa di Eusebio), intendeva insegnare che LA STORIA DELLA SALVEZZA PASSA ANCHE
ATTRAVERSO I FRANCHI.
 Arnolfo di Metz (582-647), di splendida carriera amministrativa sino a diventare
consigliere del re d'Austrasia, diede testimonianza di un CRISTIANESIMO OPEROSO E OTTIMISTA
nella sua vita coniugale di marito e di padre; nel 612 fu acclamato vescovo dal popolo e si
dedicò alla sua Chiesa educando a un serio impegno civile, a una coerente vita sociale e
morale, alla carità concreta verso i poveri, il tutto sempre conservando il primato della
preghiera, tanto che nel 627 si ritirò in un monastero.
Nella penisola iberica
 Isidoro di Siviglia (560-636) , dalla cultura vastissima, è considerato L'ULTIMO DEI PADRI LATINI;
a lui dobbiamo numerosi testi utilissimi per conoscere la spiritualità del tempo, del clero e
del laicato.
 Martino di Braga (520 circa - 579/580), nato in Pannonia (Ungheria), fu monaco itinerante
e giunse in Portogallo per convertire gli svevi; divenuto vescovo di Braga [97], educò al
cristianesimo quella regione: realizzò una poderosa SINTESI TRA IL VANGELO E IL PENSIERO
CLASSICO.

Nel mondo anglosassone


 Davide, vescovo del Galles (morto 589 ca.), ebbe fama pari a quella di Patrizio in Irlanda;
accanto a lui ci fu Agostino di Canterbury, FONDATORE DELLA CHIESA D'INGHILTERRA.
 Colomba (521-597) fu abate di Iona (Scozia), donde favorì l'irradiarsi del monachesimo per
tutta l'Inghilterra e divenne il GRANDE EVANGELIZZATORE DELL'IRLANDA
 San Colombano (530/540-615), seguendo l'ideale della peregrinatio prò Christo (farsi
pellegrino per Cristo), intraprese con dodici compagni un'opera missionaria sul continente
europeo, con l’obbligo di esercitarsi ogni giorno anche nel campo culturale: di qui la
presenza in ogni monastero di uno o più scriptoria con annessa biblioteca, perché i monaci
potessero diffondere la cultura.
In Medio oriente
 Sofronio (550 circa - 638), detto «il sofista» per la sua sapienza, vescovo di Gerusalemme
mentre ormai dilagava la potenza degli arabi; nel 637, durante l'assedio del califfo Omar,
patteggiò la SALVEZZA DELLA POPOLAZIONE DELLA CITTÀ SANTA, confermando così quell'azione di
supplenza in assenza dell'autorità civile che i vescovi si trovarono a dover svolgere sempre
più frequentemente.
 Radegonda (518-587), regina dei franchi, considerata «madre della patria» dai francesi,
moglie di re Clotario e VERA MISSIONARIA DEL CRISTIANESIMO NELLE SUE TERRE, fondò chiese e
monasteri e hospitales per i poveri e i pellegrini, infine si ritirò in monasteri; aiuta a
comprendere l'importanza avuta dalle donne anche nel Medioevo, la carità e la cultura
caratteristici della vita della Chiesa di quei tempi.
3. Struttura ecclesiale nei sec. VI - VII
Proprio nei secoli VI-VII si definisce una complessa STRUTTURAZIONE ECCLESIALE caratterizzata dalle
chiese battesimali e da quelle private, e dalla diffusione dei monasteri.
Al tempo di Diocleziano e di Costantino l'Impero romano era diviso [99] in cento province
(imperiali e senatorie), raccolte da Diocleziano in dodici diocesi, a loro volta raccolte in quattro
prefetture; le province erano suddivise al loro interno in municipia e curiae.
La Chiesa [100] originariamente assunse la giurisdizione e le denominazioni civili: «DIOCESANO»
indicò un abitante di una diocesi, un civis romanus, non un christianus; per indicare il civis
credente, invece, si usò un termine sinonimico: PAROCHIANUS (latinizzato dal greco paroikos),
cioè un «quasi abitare», un «abitare presso», perché in cammino verso la sua vera casa, il
Cielo. Il termine «PARROCCHIA» alle origini non indicava le strutture né il territorio, ma la
comunità dei credenti.
La strutturazione delle diocesi e delle paroikiae si accompagnò alla sempre più vivace diffusione
del cristianesimo nella campagna, nel PAGUS, ove sopravvivevano i culti antichi, appunto
pagani, cioè propri dei pagi o dei vici, dei villaggi o delle fattorie in campagna (in pago), dove
l'autorità statale non giungeva, per il rispetto dovuto alla proprietà privata.
Alla parrocchia era legata la prassi delle DECIME [108] (dalla tradizione ebraica di versare ai leviti
la decima parte delle rendite), tradizione propria anche dell'ambito civile: nelle comunità
cristiane la decima era inizialmente costituita da un'offerta libera, poi caldamente
raccomandata (obbligatoria per i vescovi), infine imposta a tutti i fedeli che la potessero dare,
sotto pena di scomunica, sino a che Carlo Magno la renderà obbligatoria anche dal punto di
vista civile (779). Le decime erano ripartite:
 per il vescovo (e per i chierici),
 per i poveri e i pellegrini,
 perla cura dell'edificio.
L'attenzione ai poveri fu costantemente ribadita, tanto che Carlo Magno impose alle parrocchie
e alle «curazie» (le chiese dipendenti dalla pieve) di tenere un registro dei poveri e dei
bisognosi.
Il cristianesimo inizia a diffondersi NELLE CAMPAGNE e anche se, teoricamente, l’unica Messa
celebrata era quale del vescovo, molti dovevano camminare a lungo per raggiungere la chiesa.
Così i credenti del villaggio si organizzarono per pregare e formarono anch'essi una paroikia di
credenti, che teneva i contatti con la paroikia cittadina ó episcopale; accadde spesso che il
vescovo inviasse un suo presbitero presso quella comunità, per animare la preghiera,
sostenere la catechesi, esprimere la comunione, seguirne gli sviluppi, amministrare i
sacramenti.
Col tempo il presbitero inviato cominciò a stabilirsi sul posto. Il presbitero (o il gruppo di
presbiteri) dedito alla missione nel municipio e nei vici era dedito al popolo di Dio vivente in
campagna: quei presbiteri erano dediti plebi Dei («al popolo di Dio») e quella loro dimora o
quella chiesa era la domus o ecclesia plebis (casa chiesa del popolo).
La «PIEVE» [103] è la prima realtà ecclesiale locale nata fuori città: non era altro che una paroikia,
che esprime l'appartenenza ecclesiale che si applica in ogni situazione; “pieve” indica la
partizione geografica, l'individuazione giuridica di una parte della parrocchia che è la comunità
cristiana o diocesi. I fedeli della città sono cives paroikoi, mentre quelli della campagna sono
plebs paroikia.
La pieve divenne sin dai primi tempi un centro di formazione culturale di non piccola
importanza, perché doveva esservi annessa una schola per tutti i ragazzi e i giovani.
Il LATIFONDO, invece, sfuggiva al diretto controllo dell'autorità imperiale: si assiste allora al
trasferirsi di molte persone ancora legate a culti pagani nei loro possedimenti in campagna (la
tendenza allo stabilirsi nei latifondi si accentuerà anche per il connesso fenomeno del
monachesimo).
Il latifondista era signore in toto delle sue terre, possedeva come proprietà privata tutto quello
che era presente sul suo latifondo, comprese delle chiese.
Fu ben presto naturale che il signore proponesse che presso quella chiesa rurale e privata [107]
risiedesse stabilmente un sacerdos, un ministro, un paroikos provvisorio: il paroikos di una
chiesa privata è veramente ospite, è li solo per le celebrazioni e usa di ciò che non è suo, ma
gli è concesso per benevolenza. Presto si stabilì, però, che il proprietario dovesse costituire un
beneficium per il presbitero addetto alla chiesa di sua proprietà (o privata).
Ne conseguì la necessità di determinare con giustizia l'uso dei beni legati a una chiesa:
progressivamente si impose che queste chiese erette da privati con il permesso del vescovo
locale, che avrebbe provveduto ad inviarvi un presbitero, fossero anche da un punto di vista
formale di proprietà del vescovo (concilio di Orléans del 541).
Comincia qui quello che sarà il problema delle nomine e delle investiture…
L’OCCIDENTE NEI SECOLI VIII – X
FONTI:
 GALLINA MARIO, La Lotta per le immagini e il trionfo dell’ortodossia, in FILORAMO G. - MENOZZI
D., Storia del Cristianesimo. Il Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1997, 152 – 179.
1. In relazione all’Oriente: l’iconoclastia
εἰκών = "immagine"; κλάω = "rompo"; δοῦλος “servo”
Origini
Figura centrale è Leone III l’Isaurico (717 – 741) che contrasta l’avanzata degli arabi impostando
guerre con gli arabi [111]: sconfisse gli arabi e, poiché ogni guerra comporta delle spese,
s'impegnò a rimpinguare le finanze statali, imponendo tasse alla Chiesa (anche in Italia) in
cambio di tale protezione. Naturalmente, ciò suscitò resistenze e rivolte, anche da parte dei
vescovi e del papa, segno di quanto fosse ormai sentito lontano l'Impero d'Oriente.
Inizia così una POLITICA ICONOCLASTICA (da notare che molti vescovi avevano già sottolineato
questo problema che sapeva di un ritorno al paganesimo) per vari motivi:
 opporsi agli arabi (che usano molti motivi floreali e geometrici) e agli ebrei;
 conversione (dei monofisiti) dei manichei e dei pauliciani (che lottavano contro le
immagini);
 colpire i monasteri (erano soprattutto i monaci a sostenere la realizzazione di immagini),
che erano spesso visti in contrapposizione all’impero, presentandosi come “vera chiesa”.
C’era stato un DIBATTITO “VIVACE” anche tra i teologi sia in campo cristiano sia musulmano, specie
con la figura di GIOVANNI DAMASCENO [112] che scrive Contro i calunniatori delle immagini, in cui
sostiene l’importanza delle immagini perché la stessa incarnazione di Cristo ne giustifica la
produzione.
Politica iconoclasta
Il gesto simbolico d'inizio della politica iconoclasta si ha nel 726, quando Leone III l’Isaurico
ordina la rimozione del Cristo pantocratore che era sul palazzo imperiale di Chalke. Di fronte
a questo gesto si scatena la REAZIONE DEL POPOLO (che uccide il funzionario che aveva eseguito
l'ordine) e anche della FLOTTA, che leva le ancore verso Costantinopoli per deporre
l'imperatore.
Leone III l’Isaurico, però, impone una dura REPRESSIONE e cerca di coinvolgere [113]:
 il patriarca Germano, che però scrive ai tre vescovi e l’imperatore lo mette in carcere;
 papa Gregorio II, anch’egli critico e per questo condannato a morte dall’imperatore,
scrive:
I dogmi della Chiesa sono di competenza non degli imperatori ma dei vescovi e
debbono essere definiti con sicurezza. Per questo i vescovi sono preposti alle Chiese
rimanendo estranei ai pubblici affari; ugualmente gli imperatori devono astenersi
dagli affari ecclesiastici e occuparsi di ciò che è stato loro affidato. Ma l'avviso degli
imperatori mossi dall'amore di Cristo costituisce una sola forza con quello dei pii
vescovi, quando il loro compito si compia nella pace e nella carità.
È ancora, sostanzialmente, la teoria delle due spade di papa Gelasio…
Intanto, l'alleanza di Gregorio II con i longobardi non si dimostrò sicura: Liutprando nel 728
occupa il castello di Sutri. Solo di fronte alle reazioni che questo gesto suscita, lo restituisce
poco dopo a «san Pietro e a san Paolo» e promette solennemente di non aggredire più il
Papato.
Prima fase (730 – 775)
Qualche anno dopo, [114] Leone III l’Isaurico pubblica un EDITTO (730) che ne impone la
distruzione delle immagini sacre (mentre restano concessi i “simboli”): il patriarca ANASTASIO
(segretario personale dell’imperatore e successore di Germano, che abdica proprio in tale
circostanza) si affretta a pubblicare un DECRETO CONTRO LE IMMAGINI, controfirmato
dall'imperatore. Con esso tradizionalmente si fa iniziare la PRIMA FASE DELL'ICONOCLASTIA (730-
775), che in Oriente ebbe i tratti di una vera e propria persecuzione. Il fatto che Anastasio non
fu riconosciuto dal papa portò a un NUOVO SCISMA tra le due Chiese.
Il nuovo papa Gregorio III (731 – 741), che è un siriano (orientale) e conosce bene il greco e la
corte di Costantinopoli, convoca il sinodo romano (731) che decreta l'ortodossia del culto delle
immagini e CONDANNA CHI LO IMPEDIVA (e, dunque, implicitamente l'imperatore ed il patriarca!).
La reazione di Leone III comporta un tentativo (fallito) di invasione, la confisca delle proprietà
della Chiesa romana in Calabria e Sicilia, la cessione delle diocesi dell’Italia meridionale (che
torneranno sotto la giurisdizione del papa in futuro con l’intervento dei normanni) e dell’Illirico
al patriarcato di Costantinopoli (che non tornerà più).
Nel 741 sale al trono imperiale COSTANTINO V COPRONIMO (741-775): il soprannome (che significa:
«il suo nome è sterco») rivela il disprezzo dal quale fu circondato. Questi riprende
l'iconoclastia, con ferocia; il patriarca Anastasio scomunica Costantino V; questi, però, dopo
sedici mesi riprese il potere, imponendo al patriarca Anastasio di condannare il culto delle
immagini.
Nel 754 convoca il CONCILIO DI HIEREIA [115], definito sinodo execrabilis: vi parteciparono, infatti,
trecentotrentotto vescovi orientali, ma non i patriarchi e neppure il patriarca di
Costantinopoli.
I vescovi, succubi della volontà di Costantino, riconobbero che gli imperatori erano:
eguali agli apostoli, dotati di potenza dello Spirito Santo non solo per rendere
migliore e istruire il genere umano, ma anche per confutare l'eresia diabolica;
e decretarono:
Se qualcuno cerca di circoscrivere con colori materiali in effigie umane
l'incircoscritta essenza e sussistenza di Dio, per il fatto che si è incarnato, e non
riconosce invece come Dio, Lui che anche dopo l'Incarnazione resta non di meno,
incircoscritto: anatema.
Le quattro sedi patriarcali (Roma, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme) respingono le
decisioni del concilio, e nelle terre soggette a Bisanzio si scatena una FEROCE PERSECUZIONE: gli
affreschi nelle chiese sono sostituite da alberi, animali e uccelli, al posto delle icone dei santi
sono dipinte scene di giochi dell'ippodromo; sono sequestrate e distrutte le icone custodite
nei monasteri, molti dei quali furono trasformati in caserme, terme o altri edifici pubblici; i
monaci che si oppongono sono decapitati, usando le loro stesse icone come ceppo, mentre
agli iconografi vengono amputate le mani. Stessa terribile sorte è riservata ai funzionari che
non applicano i decreti iconoclasti.
Restaurazione dell’iconodulia
In seguito, [116] sale al trono imperiale Leone IV (775 – 780) e poi Costantino VI (780 – 797);
ma, avendo nove anni, la reggenza va all’imperatrice IRENE, sua madre, (752 – 803), che
restaura l’ICONODULIA: anzitutto fa sostituire il patriarca Paolo IV con il fido Tarasio (784-806),
riconosciuto sub condicione da papa Adriano I (772-795).
Irene indice il concilio di Costantinopoli (786), ma la cerimonia di apertura è interrotta
dall'irruzione dei soldati fedeli a Costantino V Copronimo, accolti con gioia dai vescovi
iconoclasti. Resasi più sicura, Irene convoca il concilio di Nicea II (787), considerato ecumenico
dalla Chiesa: i vescovi rigettarono i decreti di Hiereia e accettarono la distinzione (già proposta
dal Damasceno) tra:
 latria (o adorazione), che si può rivolgere soltanto a Dio,
 dulia o proskynesis (o venerazione), che si può avere verso un'immagine.

Nel 788, Costantino VI assume il potere e attua una politica del tutto contraria, inimicandosi in
breve tutti: Carlo Magno, il clero e i monaci, l'esercito. Prima che tutto precipitasse, la madre
Irene riprese il governo, assumendo il titolo imperiale al maschile: basileus e non basilissa:
Carlo Magno [117] – e altri con lui – discute della validità del titolo (il vero motivo era politico!)
e afferma che il trono d’Oriente è vacante.
Seconda fase (802 – 843)
Irene fu deposta ed esiliata (802) da NICEFORO IL LOGOTETA (802-811), uomo indubbiamente
capace, che riprese la politica iconoclasta attuando la seconda fase dell'iconoclastia (802-
843), anche se sembra che si limitasse a contrastare gli eccessi dei monaci. L'imperatore
cambiò il patriarca, eleggendo Niceforo (anch’egli), un eremita laico, e proibì che ne fosse data
comunicazione a Roma.
L'imperatore Niceforo fu vittima dei Bulgari nella battaglia di Pliska (811) e fu sostituito dal
debole Michele Rangabè (811-813), subito deposto da LEONE V l'Armeno (813-820), convinto
iconoclasta. Questi convocò un concilio a Costantinopoli (815) in cui:
 si condannò il concilio Niceno II;
 si riproposero i decreti di Hiereia del 754;
 si ordinò di nuovo la distruzione delle immagini sacre (pur non considerandole degli
idoli).
Le rivolte popolari [118] furono duramente represse dal Leone V, che impose con forza le
decisioni di questo concilio: costrinse alle dimissioni il patriarca Niceforo, sostituendolo con
un cortigiano, Teodoto I Cassiteras. Leone V fu assassinato (820) da MICHELE II (820-829), che
proibì di discutere ancora sulle icone; ormai la questione rivelava la sua stanchezza. Vi fu
ancora qualche sussulto, come la ripresa dell'iconoclastia sotto il figlio di Michele II, TEOFILO
(829-842), che però aveva soprattutto il volto di persecuzione politica del potere dei monaci.
Restaurazione dell’iconodulia
A ripristinare di nuovo il culto delle immagini fu TEODORA (815 circa - 867), moglie di Teofilo, che
resse l'Impero per il figlio, Michele III (842-867), salito al trono all'età di tre anni. Teodora
depose il patriarca iconoclasta Giovanni il Grammatico e lo sostituì con Metodio (843-847).
Nell’843 si tenne il SINODO DI COSTANTINOPOLI, da cui:
 venne ripristinato il culto delle immagini (e per ricordarlo si istituì la «Festa
dell'Ortodossia»);
 vi fu una divisione interna tra gli iconoduli, tra chi voleva punizioni esemplari contro i
lapsi e chi mirava ad una pacificazione generale mediante il perdono;
 gli atti del sinodo non furono inviati a Roma per l'approvazione (probabilmente come
polemica ai Libri Carolini e al sinodo di Strasburgo del 794 che aveva condannato il sinodo
Niceno II).
 Di fatto, dunque, il ritorno dell'ortodossia in tutta la Chiesa, segnò un altro punto di
divisione tra le due Chiese sorelle.
2. La scelta del Papato
Rapporto con i Longobardi
Premessa
Giustiniano aveva cercato di recuperare tutti i territori che erano in mano ai barbari;
all’indomani, però, [81] ecco l’invasione dei Longobardi (568 – 569) che si stabilirono nella
pianura padana, ponendo la loro capitale a Pavia (forse per accentuare la propria
indipendenza dalle strutture civili già esistenti) e da lì estesero il loro dominio su buona parte
della penisola (soprattutto nei territori interni, poiché incapaci di navigare), organizzando i
territori conquistati in una trentina di ducati e suscitarono in tal modo il timore di un letale
accerchiamento di Roma e più ampiamente di un quasi totale controllo dell'Italia, dato che i
bizantini erano riusciti a difendere solo le regioni meridionali e insulari, oltre alle coste (ligure

e adriatica).
La penisola italiana, dunque, si trova suddivisa in:
 territori longobardi;
 territori bizantini.

Fu inesausto l’impegno missionario che Gregorio Magno indirizzò a tutta la Chiesa: la sua azione
tenace per la conversione dei Longobardi nel tempo del re Ataulfo (591 – 616), nutrita di
rispetto e insieme di cordialità, avvenne anche attraverso l’influenza della regina Teodolinda,
per mezzo della quale era iniziata una certa evangelizzazione [86].
I Longobardi (come i barbari) erano divisi in clan con vari capi famiglia; ciò si mostra
politicamente nella divisione in ducati, che diverse volte erano in contrasto interno, ma che si
riunivano in caso di necessità, di guerra, eleggendo – temporaneamente – un re.
Tra queste pieghe della storia si inserisce il PAPATO, che – pur restando teoricamente sotto il
controllo bizantino – vive non poche tensioni e cercherà nei Franchi (cattolici) nuovi alleati.
Re Liutprando (712 – 744)
La figura di RE LIUTPRANDO [119] guida i Longobardi nel tempo dell’impero di Leone III l’Isaurico;
egli cerca progressivamente di conquistare i territori bizantini e anche il ducato di Spoleto e
quello di Benevento (che pur essendo longobardi restano in contrasto con Liutprando). Se,
dunque, da una parte scatena guerra contro i bizantini, dall’altra si apre un progetto di
COLLABORAZIONE COL PAPATO (che, teoricamente è sotto il controllo di Bisanzio, ma dove, in
pratica, c’è Gregorio Magno a gestire fondamentalmente Roma, rimasta città importante
ormai solo perché la sede del papato).
Nel 728 si stabilisce la donazione di Sutri (paese alle porte di Roma, dove vi erano castelli di
difesa): Liutprando conquista territori bizantini e li dona ai Santi Pietro e Paolo. Per molti
storici è la data in cui si passa dal patrimonio di San Pietro allo Stato Pontificio, poiché in questo
territorio non c’è più controllo bizantino ma del papa; in realtà, però, una caratteristica dello
stato è avere una propria moneta e ciò avverrà solo al tempo di Adriano I (sulle monete ci sarà
il volto del papa e non più quello dell’imperatore, ci saranno documenti con intestazione
papale e non più imperiale).
Politica del papato
Papa GREGORIO III (731 – 741) è preoccupato dell’espansione dei Longobardi e chiede aiuto ai
Franchi (che con Clodoveo erano diventati cattolici) ma CARLO MARTELLO, maestro di palazzo
dei Franchi (la dinastia regnante dei merovingi affidava a questa figura la gestione del regno),
fa un passo indietro davanti alla richiesta papale e non vuole intervenire contro i Longobardi:
infatti, non molto tempo prima, i Franchi avevano avuto come alleati i Longobardi nel fermare
l’avanzata degli arabi che stavano risalendo la Spagna e conquistando tutto (decisiva la
battaglia di Poitiers nel 732).
Nonostante le tensioni con Liutprando, ci sono anche momenti di pace [119]:è con PAPA ZACCARIA
(741 – 752) che si dispone la pace di Terni (742) con Liutprando, attraverso cui altri territori
vengono donati al Papa, dopo essere stati conquistati ai bizantini.
Ma il successore a Liutprando mostra una politica molto più aggressiva: ASTOLFO (749 – 756) ha
mire molto più concrete [120] e presto conquista Ravenna (751), ponendo fine alla presenza
bizantina (proprio nella città storica della presenza bizantina): i bizantini, infatti, non avevano
possibilità di mandare l’esercito perché occupati nell’avanzata araba, e molti si ritirano a
Venezia, che essendo sul mare mette in difficoltà i Longobardi. Ma ciò non basta e Astolfo
avanza pretese su Roma, imponendo tasse alte per non invadere la città; sicché papa Zaccaria
chiede altri aiuti: non potendo intervenire Bisanzio, si rivolge di nuovo ai Franchi.
Il regno dei Franchi
Premessa
La Historia Francorum di Gregorio di Tours [28] è fonte preziosa per conoscere il regno franco:
 la CONQUISTA DELLA GALLIA [22]: il battesimo di Clodoveo (466 – 511) avvenuto nel 494 [25],
a seguito del quale i Franchi da pagani divengono cattolici (scelta di fede ma anche
politica), e il successivo regno di Chilperico (561 – 584) [22].
 il processo di EVANGELIZZAZIONE di quelle terre perché, se un tempo la conversione al
cristianesimo era una personale, ora che tutto il popolo diventa della religione del re non
è scontata l’adesione di fede; per questo sono significativi gli interventi di vescovi [25] e
monaci [33], dei missionari irlandesi (specialmente Colombano [37]) e dei missionari
inglesi, specie di Bonifacio (Winfrido) [139], che dall’Inghilterra (convertita dai missionari
inviati da Gregorio Magno) scendono nel continente europeo.
Pipino il Breve (741 – 768)
Pipino il Breve – chiamato così perché piccoletto – non era re dei Franchi per dinastia. Infatti, la
dinastia dei franchi erano i “merovingi”, normalmente chiamati re “fannulloni”: questi, infatti,
nominavano dei maestri di palazzo (una sorta di primo ministro odierno) per gestire la vita
politica dello stato, con un ruolo sempre più importante. Uno di questi maestri di palazzo è
proprio Pipino.
Il regno dei Franchi era diviso in NEUSTRIA (verso ovest) e AUSTRASIA (verso est); alla morte di Carlo
Martello il regno viene spartito tra i due figli: Pipino e Carlo Manno, il quale diverrà monaco a
Montecassino lasciando al fratello Pipino di essere l’unico maestro di palazzo.
Proprio in questa situazione, Pipino il Breve scrisse una lettera al papa nella quale chiedeva se
fosse giusto continuare a chiamare re chi di fatto non lo era: era la premessa del colpo di Stato
con cui la sua famiglia (carolingia) sostituì la dinastia dei merovingi. Papa Zaccaria rispose nel
751, dichiarando «per auctoritatem apostolicam» che era MEGLIO SI CHIAMASSE RE CHI ESERCITAVA IL
POTERE e invitò i vescovi e i grandi del regno franco a eleggere Pipino, che depose Chilperico III
e si fece ungere re da un metropolita franco, che era legato papale.
 Da notare L’IMPORTANZA DI QUESTA LETTERA:
 è la prima volta che un papa interviene in modo tanto radicale in campo politico, dando
alla consacrazione regale una valenza ministeriale, sacramentale, sacra, quasi che il
REGNUM fosse una modalità del SACERDOTIUM.
 si apre la questione importante tra ius stirpis (discendenza padre-figlio) e ius idoneitatis
(scelta del più bravo e capace): se generalmente nel mondo barbaro c’era lo ius stirpis,
l’atto di unzione che si sostituisce al simbolo della folta chioma (simbolo di autorità
tipico dei Franchi) dice tutta la significativa novità!
Papa Stefano II (752 – 757)
Il nuovo papa, STEFANO II trova di nuovo i Longobardi di Astolfo sotto le mura di Roma; e poiché
l’imperatore di Bisanzio (l'iconoclasta Costantino V Copronimo) non può venire in aiuto perché
impegnato sul fronte arabo, decide di recarsi a Pavia, allo scopo di trattare con Astolfo.
Ora, a Pavia si trovano in contemporanea papa Stefano, re Astolfo ma anche i legati di Bisanzio
(lì per cercare di riprendere territori conquistati dai Longobardi). Davanti alle eccessive
pretese di Astolfo (tasse), Stefano si reca in Francia da Pipino, che intanto è diventato re dei
Franchi.
Nel 754, l’incontro con Pipino [121] è emblematico: il re dei Franchi accoglie il papa in ginocchio
e lo conduce per un tratto guidando il cavallo come segno di sottomissione (identica scena
sarà raccontata per la donazione di Costantino, falso documento retrodatato di una donazione
al papa di tutto l’Occidente; solo Federico Barbarossa rifiuterà questo tipico gesto di
sottomissione).
Pochi giorni dopo, sarà il papa – coperto di cenere e in ginocchio – a implorare l’aiuto dei
Franchi contro i Longobardi: nonostante una corrente franca che non vorrebbe accettare
(poiché i Franchi erano sempre stati alleati ai Longobardi), proprio nel 754, Pipino:
 si impegna a PROTEGGERE LA CHIESA E IL PAPA e a costringere i Longobardi a restituire i
possedimenti di Ravenna; in cambio il papa nomina Pipino patricius romanorum (un
titolo che solo l’imperatore poteva dare e da ciò nasceranno un sacco di problemi nel
rapporto Stato-Chiesa…);
 stipula la PROMISSIO CARISIACA (o trattato di Quierzy-sur-Oise), con cui promette al papa
tutte le terre della penisola site sotto la via Luni-Monselice (via commerciale dalla Liguria
al Veneto): ora, Pipino non era mai stato in Italia e aveva solo sentito parlare di questa
via commerciale, dunque fa una promessa eccessiva.
Pipino il Breve discende in Italia (755) e si batte contro Astolfo: lo sconfigge e lo costringe a
cedere al papa L’ESARCATO E LA PENTAPOLI (Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona), dunque
mantiene la promissio carisiaca (anche se non veramente tutto il sud della via Luni-
Monselice).
Questo documento non è a noi pervenuto e nel Liber pontificalis (il registro, prodotto in
ambiente romano, nel quale vengono raccolte le biografie dei papi) c’è solo un riferimento ad
esso (quando Carlo Magno ribadisce di mantenere la promessa del padre). Ad ogni modo, ciò
che interessa è che IL TERRITORIO IN POSSESSO DEL PAPA DIVIENE SEMPRE PIÙ AMPIO…
Alcuni storici denunciano la falsificazione del Liber pontificalis per attribuire potere al papa,
altri dicono sia esistito il documento ma che mai fu messo in pratica; in realtà, probabilmente:
1. una promessa fu fatta, ma non ne conosciamo il contenuto;
2. 2. il testo nel Liber pontificali è una interpolazione (perché da Carlo Magno in poi tutte
quelle terre non vengono date al papa).
Appena Pipino torna in Francia, Astolfo riprende le ostilità e pone l'assedio a Roma; di nuovo il
papa si appella al re franco: Pipino torna (756) e sconfigge definitivamente Astolfo a Pavia e
Susa! Il Liber pontificalis [122] racconta che il re franco pose sull'altare della Confessione di
Pietro le chiavi dei territori compresi tra l'Appennino e il Mare, Forlì e Senigallia: saldati al
ducato di Roma, formavano veramente una sorta di Stato, anche se più piccolo di quello
descritto nelle donazioni precedenti (dichiara Pipino: «io non combatto per nessun uomo, ma
per San Pietro e per il perdono dei miei peccati»).
Tutti questi territori, comunque, appartenevano a san Pietro, rappresentato dal papa, e non
erano un patrimonio personale dell'uomo che svolgeva la funzione di papa, il quale, pertanto,
non poteva disporne a suo piacimento, ma solo amministrarli e custodirli. Per giustificare
giuridicamente l'esercizio dell'amministrazione delle terre che si erano andate accumulando
nel Patrimonio di San Pietro e nelle donazioni a Pietro e Paolo, si giustificava il ricorso alla
Donazione di Costantino.
Alterne vicende del Papato
Alla morte di Stefano II [122] gli succede il fratello, PAOLO I (757-767): ebbe un'altissima
coscienza del suo ruolo, definendosi «il mediatore fra Dio e gli uomini, il cercatore di anime»;
si impegnò con tutte le forze per questo ideale, consumando il suo pontificato nella difesa del
Patrimonio di San Pietro dalle mire del longobardo Desiderio e di Bisanzio e dai
condizionamenti di famiglie romane.
Alla sua morte, Teodoro, duca di Nepi, impose come papa suo fratello, COSTANTINO (767-768):
contro di lui si pose il primicerius della Chiesa romana, Cristoforo, che si appellò al longobardo
Desiderio, il quale rispose prontamente deponendo Costantino, ma eleggendo un suo
candidato, il monaco Filippo. Di nuovo Cristoforo gli si oppose e, convocati nel foro il clero ed
i maggiorenti laici e militari di Roma, fece proclamare papa STEFANO III (768-772), che iniziò il
suo pontificato nel peggiore dei modi, facendo accecare e rinchiudere in monastero
Costantino.
Negli stessi mesi moriva Pipino il Breve e il regno venne spartito tra i due figli: Carlo (742-814)
e Carlomanno (751-771). Il re longobardo Desiderio cerca un accordo con i Franchi: si combina
il matrimonio tra Ermengarda, figlia di Desiderio, e Carlo, figlio Pipino e Berta (Bertrada).
Papa Stefano III scrisse ai Franchi mettendoli in guardia in maniera decisa e dura contro i
Longobardi! Quando morì improvvisamente Carlomanno (771) – secondo alcuni ucciso dal
fratello –, Carlo ripudiò la figlia di Desiderio e invase i territori del fratello defunto,
costringendo la vedova e i figli a rifugiarsi presso il re longobardo.
Salì al soglio pontificio ADRIANO I (772-795): il nuovo papa non si piegò alla pretesa del re
longobardo, che gli aveva chiesto di ungere re i suoi nipoti, i figli di Carlomanno; quando
Desiderio pose l'assedio a Roma, il papa chiese aiuto a Carlo, che scese in Italia (773) e pose
l'assedio a Pavia.
Carlo si recò a Roma e, come già aveva fatto suo padre, pose sull'altare della Confessione la
Promissio carisiaca: il gesto sottolineò la sacralità, ma anche la formalità del dono, poiché in
realtà quella donazione non ebbe reale applicazione (tuttavia, papa Adriano prese sul serio la
donazione dell'Esarcato, sicché da quel momento i documenti pontifici cominciano a essere
datati secondo gli anni di pontificato e non più con la datazione imperiale).
Poi Carlo conquistò Pavia (787) e assunse il titolo di re dei longobardi. In questo modo, ora era
indicato come CAROLUS GRATIA DEI REX FRANCORUM ET LONGOBARDORUM ATQUE PATRICIUS ROMANORUM
(Carlo, per grazia di Dio re dei franchi, dei longobardi e patrizio dei romani).
3. Epoca di Carlo Magno
Le conquiste militari
 IN ITALIA
Nel 774 Carlo conquista il regno dei Longobardi [123]: dopo aver ripudiato Ermengarda era
decaduto il patto stabilito con i Longobardi.
 IN SPAGNA
Cerca di conquistare la penisola iberica, ma viene sconfitto a Roncisvalle (778); tuttavia, in
seguito Carlo Magno arriverà fino a conquistare Barcellona (801), e il resto rimarrà sotto il
dominio arabo.
 IN GERMANIA
La guerra contro i Sassoni (722 – 804) è una guerra continua con fasi alterne [124], costellata
dalle continue ribellioni: l’episodio più clamoroso è la battaglia contro Vitichindo (782), che
si ribella all’imposizione del battesimo pena la morte (decretata dalla Capitulatìo de partibus
Saxoniae, che mirava a un'omologazione di quelle popolazioni secondo il progetto di
unificazione culturale, civile e religiosa perseguito da Carlo). Infine i Sassoni saranno obbligati
a battezzarsi!
La stessa sorte toccò ai Bavari (786) e agli Ávari (796) il cui principe Tundun fu battezzato ad
Aquisgrana, avendo come padrino lo stesso Carlo.
…le conquiste di Carlo Magno stavano riproponendo un territorio assimilabile all’Impero
Romano…
La rinascita carolingia
Si andava realizzando il rinascimento carolingio, ottenuto con POLITICA DI UNIFICAZIONE E
ACCENTRAMENTO in ambito liturgico, culturale e monastico-canonicale.
Aspetto culturale
Benché fosse analfabeta, Carlo Magno ridà ampiezza culturale al regno carolingio:
 nascono le scuole palatine (del palazzo) o monastiche, imposte con l'Admonitio generalis
(789);
 la città più significativa divenne Aquisgrana (con acque termali benefiche per i
reumatismi di Carlo), centro culturale di eccellenza per un regno che non avrà mai una
vera e propria capitale;
 emergono alcune figure importanti della rinascenza culturale (Paolo Diacono, Alcuino di
York, Paolino di Aquileia, Angilberto di Saint-Riquier, Teodulfo di Orléans, Eginardo).
La scuola palatina dà una ratio studiorum: Alcuino divide in trivium (dialettica, retorica,
grammatica) e quadrivium.
Aspetto liturgico
L'unificazione liturgica [125] si realizzò:
 riprendendo e diffondendo i RITUALI DI ROMA (l'ideale di romanitas si fuse con la
christianitas);
 si introducono i calendari dei santi;
 cambia l’impostazione dei sacramenti: il Battesimo prevede un periodo di catecumenato
degli adulti e si introduce il ruolo del padrino; la Penitenza – finora solo pubblica – diviene
privata; nell’Eucaristia viene introdotto il pane azzimo e si riceve in bocca (non più in
mano), il canone dopo il prefazio viene detto a bassa voce, l’accento teologico passa da
rendimento di grazie a sacrificio, il prete assume un ruolo sempre più importante.
Riforma monastica
BENEDETTO DI ANIANE (750 – 821) studia le varie regole monastiche e trova la regola di san
Benedetto [126] quella più equilibrata e ne fa un aggiornamento ai nuovi tempi
(rinnovandone l'equilibrio tra azione e contemplazione), sicché viene imposta a tutto l’impero
da Carlo Magno; inoltre riguarda anche il clero secolare, al quale venne chiesto un cammino
di formazione con un programma di studio e una verifica altrettanto puntuale prima
dell'ordinazione.
Con il Concilio Niceno II (787) era stato riproposto il culto delle immagini; ma Carlo Magno lo
rifiuta – Sinodo di Francoforte (794) – perché vi è una frase non ben tradotta con cui sembra
che si parli di “adorazione” delle immagini; i Franchi affermano che non c’è bisogno di altri
segni se non quelli dati da Gesù o indicati dalla Bibbia. Nonostante il papa cerchi di far capire
che nella traduzione non c’è intenzione di adorazione delle immagini, evidentemente CARLO
MAGNO AVEVA ALTRE MOTIVAZIONI:
 Carlo Magno sempre più sta diventando la figura politicamente più importante
dell’Occidente e vuole ricreare l’impero, perciò gli è utile l’appoggio del papato (dunque
vede in cattiva luce l’accordo tra il papa e il mondo orientale);
 il Concilio di Nicea era avvenuto nel 787, quando Carlo Magno era già importante, e forse
si era sentito messo da parte in questo concilio (l’unico rappresentante della Chiesa
occidentale era stato, infatti, solo il papa e nessuno della chiesa franca).
Organizzazione ecclesiastica
Per controllare tutto l’impero – ormai davvero molto grande – Carlo Magno nominava delle
persone fidate (normalmente nobili a lui imparentati) perché amministrassero i territori di
confine (marche) e quelli interni (contee); li nominava per mezzo della investitura, secondo la
cui logica
“i tuoi amici saranno i miei amici e i tuoi nemici saranno i miei nemici”.
Inizialmente le terre dovevano tornare all’imperatore alla morte del nobile investito, però
progressivamente quei territori diventeranno ereditari e ciò condurrà ad una frazione
dell’impero: per questo nascerà il problema delle investiture dei vescovi-conti (preferiti dagli
imperatori perché senza eredi) con il problema di chi deve nominarli.
Così Carlo Magno rimodella anche l’organizzazione ecclesiastica del territorio [160]: anche la
Chiesa inizia ad avere una STRUTTURA FEUDALE in cui le circoscrizioni ecclesiastiche coincidono
con quelle dell'Impero. All'interno di tale sistema, al vertice di raggruppamenti di
CIRCOSCRIZIONI, situati in città tradizionalmente importanti o in sedi storicamente rilevanti,
erano posti i metropoliti, attorno ai quali si radunavano ordinatamente i vescovi suffraganei.
Nella Chiesa carolingia i vescovi costituivano il vertice della Chiesa locale; essi appartenevano
quasi sempre al ceto nobiliare, strettamente congiunti - in virtù dei legami parentali - alle
famiglie della grande aristocrazia. Vescovi e nobili vassalli formavano dunque la struttura
portante dell'Impero:
 i vescovi esercitavano le funzioni proprie della POTESTAS ORDINIS (conferimento
dell'ordinazione sacerdotale e della cresima, preparazione del sacro crisma,
consacrazione di altari e chiese);
 a loro spettava il compito della predicazione e l'esercizio della GIUSTIZIA ECCLESIASTICA.

L'episcopato seppe sviluppare un legame vitale con le realtà cittadine e finì per costituirne la
più rilevante espressione: più radicati nel contesto sociale urbano rispetto agli ufficiali pubblici
di origine carolingia, i vescovi condividevano la sorte delle loro città. Sicché, oltre all'IMPEGNO
MILITARE e alla COSTRUZIONE DELLE OPERE ARCHITETTONICHE A DIFESA DELLA CITTÀ, ai vescovi poteva
spettare la CURA DI ASPETTI DELLA VITA CIVILE, quali i problemi dei pesi e delle misure.
Ma il rapporto dei vescovi della Francia con il Papato sarà sempre problematico
(successivamente si arriverà al gallicanesimo e addirittura all’ultramontanismo).
Grazie all'elaborazione teorica della cultura ecclesiastica, l’imperatore diventa rex et sacerdos,
immagine vivente dell'Unto del Signore, sino ad acquisire nel successivo regno di Corrado II la
qualifica di vicarius Christi. Nel connubio tra regno e sacerdozio sotto la guida del sovrano,
nella consapevolezza d'importanza della tradizione culturale cristiana e nell'ispirazione
all'universalismo di Roma, l'Impero aveva individuato gli elementi della propria specificità
culturale e politica.
 Sorge dunque una questione: a proposito di Carlo Magno, si può parlare di
cesaropapismo? Secondo gli storici no. Infatti, diversamente dagli imperatori d’Oriente:
 nei sinodi Carlo Magno entra nelle discussioni ma non definisce mai;
 Carlo Magno non ha mai usato metodi coattivi nei confronti di nessun vescovo o papa;
 Carlo Magno ha sempre avuto grande rispetto per il papa.

Incoronazione di Carlo Magno


Papa Leone III (795 – 816)
Eleggere un papa era complicato perché tutti avevano paura della forza politica di Carlo Magno
e molti preferivano addirittura l’essere filo-longobardi.
Viene eletto papa Leone III, di umili origini, che intuisce l’esigenza di sostegno da parte di Carlo
Magno: [127] non appena eletto invia a Carlo, ufficialmente patricius romanus, il verbale della
sua elezione, perché lo ratificasse, come si era fatto in precedenza verso l'imperatore di
Bisanzio; inoltre, però, mandò al re franco anche le chiavi della Confessione della basilica di
San Pietro e lo stendardo della città di Roma, invocando l'invio di un ambasciatore, al quale i
romani avrebbero giurato fedeltà e sottomissione.
Resta tuttavia un crescente CLIMA DI TENSIONE nei confronti del papa, che esplose il 25 aprile 799
(festa delle litanie maggiori), quando il pontefice, mentre si recava in corteo verso San Pietro,
fu sbalzato da cavallo e aggredito con l'intenzione di accecarlo e strappargli la lingua. Si salvò
a fatica rifugiandosi nel monastero di Sant'Erasmo sul Celio, mentre saccheggi e tumulti
dilagavano per Roma, segno che la popolazione era contenta dell'attentato e che Leone III non
era amato.
Il papa, rifugiatosi a Spoleto, CHIESE AIUTO A CARLO e si recò presso di lui: qui dovette discolparsi
dalle accuse di adulterio e spergiuro, che i notabili di Roma avevano trasmesso allo stesso
Carlo. Non sappiamo molto di più, perché già allora si sosteneva che prima Sedes non iudicatur
a quoquam (La Sede apostolica non può essere giudicata da nessuno), per cui i risultati
dell'inchiesta furono subito bruciati da Alcuino, proprio per evitare che si potesse istituire un
processo formale al papa.
Carlo non sembrò avere fretta di risolvere la questione e scese a Roma solo alla fine dell'anno
successivo (800), accolto già fuori dalla città con sommo onore. Il papa non poteva né voleva
subire un PROCESSO [128], che avrebbe intaccato la libertà e l'indipendenza del Papato da ogni
autorità umana! Per risolvere la questione si ricorse al diritto germanico, che assegnava
all'accusato (in questo caso il papa) il compito di difendersi dopo aver giurato di dire la verità,
salvo poi che gli accusanti si levassero contro l'accusato, dimostrando che aveva mentito. Il 23
dicembre 800 il papa salì sull'ambone e lesse una dichiarazione, in cui affermava che sponte
(di sua spontanea volontà), non richiesto e non spinto da alcuno, – poiché pontifex a nemine
iudicatur (il pontefice della Chiesa romana non può esser giudicato da nessuno) – egli
desiderava giurare, chiamando Dio a testimone, che i crimini di cui era accusato egli non li
aveva compiuti né aveva ordinato di farli. Terminata la dichiarazione spontanea del papa,
nessuno si levò a contraddirla: pertanto quella di Leone III rimase l'unica verità affermata e,
non essendo stata contestata da nessuno, essa fu accolta prima che iniziasse il processo
formale, che non ebbe conseguentemente luogo.
Incoronazione di Carlo (Natale 800)
Nel giorno di Natale 800, che secondo il calendario romano era anche il primo giorno del nuovo
anno e del nuovo secolo, Carlo si recò in San Pietro e, mentre pregava presso la Confessione,
il papa gli pose una corona sul capo, mentre il popolo acclamava tre volte, secondo il rituale
delle incoronazioni imperiali bizantine; dopo di che, lo unse insieme con il figlio e si prostrò
davanti al nuovo imperatore, per la consueta adoratio imperiale, imitato da tutti i dignitari
presenti.
Riguardo alla responsabilità dell'iniziativa per giungere all'incoronazione il dibattito tra gli storici
alla metà dello scorso secolo è stato piuttosto vivace; tuttavia è difficile credere che Carlo non
ne fosse informato e che il papa abbia avuto un'ispirazione improvvisa vedendo il sovrano
raccolto in preghiera a capo chino (come narra Eginardo nella Vita di Carlo): PROBABILMENTE
CARLO sapeva che l’avrebbero incoronato imperatore, ma NON SAPEVA COME. E ciò lo irritò,
perché con questo gesto di incoronazione il papa dichiarava la sua superiorità nel dare autorità
(non a caso Carlo Magno poi incoronerà lui stesso suo figlio e così la sua progenie; e per lo
stesso motivo, Napoleone si incoronerà da solo!).
Secondo gli storici, Leone III non aveva certo intenzione di impostare una ierocrazia, ma in
effetti da quel momento inizia a crescere questa idea, che sfocerà in futuro.
La reazione di Bisanzio fu di NON RICONOSCERE CARLO COME IMPERATORE! Quanto avvenne a Roma in
occasione dell'incoronazione di Carlo provocò un'ulteriore ferita alla comunione tra le due
Chiese: l’impero d’Oriente (sia Irene, sia poi il giovane Niceforo) prende le distanze, al punto
che sceglierà di non chiamarsi più imperator ma basileus e nelle nuove elezioni fu proibito
l’invio della lettera di comunione al papa. La riconciliazione si ebbe solo nell'812, ma occorre
riconoscere che ormai il tempo delle rotture era più lungo di quello della comunione.
“Interpretazioni” di Carlo Magno: storiografia
Gli storici leggono i fatti sempre con un giudizio critico che coglie la realtà dal proprio punto di
vista e secondo le fonti che trova.
Soprattutto la storiografia tedesca e quella francese esaltano o criticano Carlo Magno. Un altro
tempo in cui tornò attenzione alla figura di Carlo, grande evangelizzatore, fu quella del
nazismo: Rosemberg esalta Vitichindo contro la figura di Carlo.
Spartizione dell’Impero
Nei suoi anni, Carlo Magno riunì un ampio impero.
La regola delle popolazioni germaniche era che i territori di un regno passassero ai figli alla
morte del regnante [129]. Così l’impero viene diviso tra i figli.
Casualmente, tutti muoiono tranne LUDOVICO IL PIO. Alla sua morte, un’altra suddivisione tra i
figli: due e un terzo giunto in tarda età. Si creano TENSIONI per cercare di allargare il regno, fino
a giungere al trattato di Verdun (843), documento che viene visto come il primo documento
ufficiale della nascita delle lingue volgari (francese, tedesco, italiano), perché non più scritto
in latino ma con molte novità grammaticali.
I tre figli divisero l’impero:
 Pipino ricevette l’attuale Francia,
 Ludovico il Germanico ebbe l’attuale Germania,
 Lotario quella che è sostanzialmente l’Italia.

Constitutum Constantini
Il Constitutum Constantini [130 ss.] – detto anche DONATIO CONSTANTINI – è un decreto
(constitutum) in cui l’imperatore Costantino dona a papa Silvestro tutti i territori
dell’occidente.
Nel 1440, l’italiano Lorenzo Valla diede rigorosa dimostrazione della sua inautenticità: non si
pose dal punto di vista storico (cercando un documento che testimoniasse il fatto che
l’imperatore Costantino, spostandosi a Costantinopoli, avesse donato tutto l’occidente a Papa
Silvestro) ma, essendo un filologo umanista, esaminò il testo dal punto di vista linguistico;
appare evidentemente che non è un documento del IV secolo, ma certamente posteriore!
Ormai tutti concordano che sia databile alla SECONDA METÀ DELL’VIII SECOLO! Siamo dunque al
periodo di Pipino: i gesti narrati richiamano proprio quella dinamica tra lui e il papa.
La Donazione ebbe la sua probabile genesi quando:
 l'Oriente era impegnato nella diatriba per le icone e nelle guerre di difesa dei confini
orientali;
 l'Occidente era in tensione con l'Oriente anche a causa della polemica iconoclasta, e
vedeva il consolidarsi della presenza degli antichi popoli barbari.
 occorreva supplire all'assenza del potere civile, in particolare provvedendo al
sostentamento della popolazione, alla difesa delle invasioni, all'organizzazione pratica
della vita; in ciò si inserì il particolare costume barbarico, che diede forte legittimazione
al RUOLO DI SUPPLENZA DEL PAPATO e ciò viene tradizionalmente fatto risalire alla donazione
di Sutri effettuata da Liutprando nel 728 ai santi Pietro e Paolo.
 Questa e altre donazioni divennero sempre più numerose e resero via via più esteso
l'ambito di esercizio della supplenza pontificia. L'acme dell'attribuzione di queste dignità e
funzioni fu certamente l'incoronazione imperiale di Carlo.
Emerge la domanda su quale sia il FONDAMENTO di questa autorità [132], su quanto fosse
legittima. È in questo contesto che si colloca il Constitutum: in pratica occorreva uno
strumento giuridico che desse fondamento all'azione di supplenza del pontefice e questo
strumento giuridico doveva essere inattaccabile, non contestabile da nessuno. Bisogna tener
conto di alcuni elementi:
 scrivere nei REGISTRI PAPALI (Liber pontificalis, una sorta di collezione degli atti pontifici)
un documento che raccogliesse appunto il fondamento dell'autorità che il pontefice
usava era anche una sorta di dichiarazione, l'espressione di un pensiero, la sua
teorizzazione. Il valore giuridico di questo documento registrato dipendeva
dall'accoglienza stessa che gli era fatta. Normalmente bastava che fosse registrato e
che fosse comunicato ad altri e che questi non lo contestassero, quando veniva
applicato, o lo iscrivessero a loro volta nei loro registri;
 l'INAPPELLABILITÀ, poiché occorreva che nessuno potesse contestare un documento,
appellandosi a un'autorità superiore;
 l'AUTOREVOLEZZA, poiché un documento è tanto più importante quanto importante è la
persona cui è attribuito. Per quanto riguarda il Constitutum, non vi era autorità più alta
di quella di Costantino, la massima autorità civile che egli rappresentava, il primo degli
imperatori cristiani.
Il documento presentava ERRORI evidenti sul piano storico: in primis l'attribuzione di onori alla
Chiesa romana – concessi di per sé non da Costantino ma da Teodosio – come si evince dallo
stesso Constitutum; così, pure, si elencano solo tre sedi patriarcali (Antiochia, Costantinopoli
e Gerusalemme), mentre manca la sede di Alessandria, che al tempo della stesura del
documento era caduta nelle mani degli arabi.
 IN CONCLUSIONE [133], il Constitutum Constantini FU STESO DA ESPERTI NOTAI che conoscevano
bene i fondamenti giuridici del loro tempo, in modo che il papa, l'unica autorità che era in
grado in quel momento di prendersi cura del popolo, potesse farlo nella pienezza dei suoi
doveri, oltre che dei suoi diritti: ciò che vi era scritto era non solo ciò che gli competeva,
ma anche ciò che doveva assolvere, per essere fedele al mandato ricevuto. Ha dunque un
valore giuridico più che storico, perché giustifica un’autorità.
Non pare che il Constitutum sia stato molto usato dopo il periodo carolingio, quasi
rimanendo a fondamento formale della giurisdizione del papa. Il documento fu
successivamente inserito nel Decretum Gratiani (punto di riferimento per tutta l’attività
giuridica).
In tempi più recenti vennero le parole pacate di Federico Chabod:
Se nessuno potrebbe oggi più sognarsi di attribuire veramente a Costantino la
Donatio, il Constituto conserva ugualmente un'importanza di primissimo ordine
per la storia dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa nell'alto Medioevo, in questo
senso: che il documento, fabbricato in epoca posteriore all'epoca di papa Silvestro
e di Costantino, probabilmente nella seconda metà del secolo VIII, è preziosa
rivelazione delle aspirazioni e degli intendimenti politici della Chiesa stessa in una
certa fase del suo sviluppo, è sicura testimonianza della cresciuta potenza e
autorità del Papato, che può, quindi, ad un certo punto, esigere per sé la piena
parità col potere politico. Non serve a nulla per la storia del IV secolo, ma serve
moltissimo per quella del secolo VIII.
Ultimo in questo cammino storiografico viene lo studio di Giovanni Maria Vian:
La donazione di Costantino ha quasi tredici secoli di storia e da un millennio è posta
in dubbio, detestata, discussa e ora di fatto scomparsa. Resta paradossalmente un
fatto: se oggi il papa di Roma ha un'autorità mondiale riconosciuta non soltanto
sul piano politico ma anche su quello morale, dal punto di vista storico in parte lo
deve proprio al falso documento attribuito al primo grande sovrano cristiano.
4. L’evangelizzazione a ovest
4.1 Penisola iberica
a. Conquista araba
Nel 711 Tarik sbarca in Spagna e la conquista in gran parte; Musa ibn Nusayr (712) non impose
la conversione forzata all'islam, applicando invece la «CARTA DI OMAR» [134], contenente non
poche proibizioni e obblighi per i dhimmi (o dimmi), letteralmente «i protetti», i sudditi non
musulmani:
 non potevano costruire o riparare chiese, conventi ed eremi;
 non potevano manifestare la propria religione in pubblico né predicarla, essendo loro
proibito fare processioni né mostrare croci o bibbie in pubblico;
 non potevano testimoniare contro un musulmano né difendersi dall'accusa di un
musulmano;
 non potevano sposare una donna musulmana né avere case più alte di quelle dei
musulmani;
 non potevano portare armi né vendere bevande fermentate;
 erano obbligati a ospitare gratuitamente, per almeno tre giorni, qualsiasi musulmano;
 dovevano vestirsi in modo tale da essere riconoscibili (portando un pezzo di stoffa blu se
cristiani, gialla per gli ebrei).
In realtà, probabilmente, c’erano di fondo motivazioni economiche, per cui le tasse erano
pagate soltanto dai non musulmani (ed è il motivo per cui ci furono anche molte conversioni).
PELAYO DE FAMA, che si era rifugiato con i superstiti spagnoli nella regione delle Asturie, riuscì a
sbaragliare gli arabi ad Alcama (718), ma poi fu a sua volta sconfitto; sicché i musulmani
riuscirono a occupare Barcellona e Narbona e risalirono la penisola iberica fino alla battaglia
di Poitiers (732) contro le truppe guidate da Carlo Martello. La battaglia è entrata nella
leggenda, perché contribuì a fermare l'espansionismo arabo in Europa, senza comunque
interrompere gli assalti via mare.
La RECONQUISTA CRISTIANA [136] ha simbolicamente inizio nel 722, quando Pelayo sconfigge gli
invasori a Covadonga; l’opera fu portata avanti da Alfonso I (739-757), ma un posto speciale
spetta ad ALFONSO II, detto il Casto (791-842), che si fece ungere re secondo il tradizionale
rituale goto e costruì una serie di castelli difensivi nella parte orientale del regno (donde il
nome di Castiglia). Iniziò la costruzione del Santuario di Compostela, per custodirvi le reliquie
di san Giacomo (secondo la tradizione, a guida e protezione della reconquista).
b. Problematiche religiose
Accanto alle operazioni militari e politiche, si ebbe un’intensa attività religiosa e missionaria;
ne è segno paradossale la QUESTIONE DELL'ADOZIONISMO: verso il 780 si cominciò a interpretare
la Trinità in una maniera che richiamava Sabellio, che insegnava una triplice manifestazione di
Dio in Davide (il Padre), in Gesù Cristo (il Figlio) e in Paolo (lo Spirito Santo).
Contemporaneamente a queste tensioni teologiche, si ebbe il periodo di massimo splendore
dell’EMIRATO DI CORDOVA: vi furono parecchie conversioni all'islam e, di converso, molti altri
cristiani divennero sempre più coraggiosi e decisi nel testimoniare la loro fede, fino anche al
martirio [137] (ad esempio, il presbitero Abbondio, il monaco Isacco, Nunilone e Alodia).
Il comportamento prudente dei vescovi cercò di impedire questa contrapposizione, che
richiamava la ricerca del martirio dei cristiani antichi, fino anche a piegarsi a un SINODO (852),
convocato dall'emiro di Cordova, per condannare questi comportamenti estremi.
Ma il popolo ammirava questi intrepidi testimoni martiri; il segno dell'appoggio della
popolazione a chi si esponeva a favore del cristianesimo si ebbe nell’859, quando il presbitero
Eulogio di Toledo – arrestato con l’accusa di aver nascosto una donna che si era convertita al
cristianesimo e di pubblicare opere contro Maometto – fu eletto dal popolo vescovo della città,
ma l'emiro ne ordinò la decapitazione prima della sua ordinazione episcopale (11 marzo 859).
c. Alterne vicende politiche
Sotto Alfonso III il Grande (866-910), gli iberici cominciarono a lasciare i monti delle Asturie,
creando pian piano una fascia settentrionale della penisola iberica, completamente
indipendente [138]. Ciò era favorito anche dalla decadenza dell'emirato di Cordova.
Ma poco dopo l'emiro di Cordova, Abd-ar-Rahman III (912-961), riuscì a riprendere il controllo
dell'emirato, lo elevò a califfato (929) e – approfittando delle continue divisioni tra cristiani –
sottomise di nuovo Toledo (932) e le regioni meridionali.
L'opera di RICONQUISTA ARABA continuò anche dopo di lui; tuttavia gli arabi erano afflitti dalle
stesse lotte intestine dei cristiani che portarono allo smembramento del califfato in piccoli
principati.
Così SANCHO III DI NAVARRA, El Major (1004-1035), favorì una RICONQUISTA MISSIONARIA CRISTIANA
della penisola iberica: invitò i missionari del mondo carolingio, favorì di nuovo i pellegrinaggi
a Santiago de Compostela, che divenne la terza tappa di penitenza d'Europa, accanto alle altre
due città poste in finis terrae, Roma e Gerusalemme. Purtroppo Sancho III ricadde nella
mentalità barbara alla sua morte, dividendo il regno tra i tre figli, che diedero origine a tre
nuove dinastie regali, quella di Castiglia-Leon, quella di Navarra e quella Aragona.
La ripresa si ebbe quando FERDINANDO I DI CASTIGLIA (1035-1065) si annesse il regno di Leon ed
estese la sua influenza, pur limitandosi generalmente a pretendere dai taifas (piccoli principati
arabi) un tributo come segno di sottomissione. L'opera di Ferdinando fu continuata dal figlio
ALFONSO VI il Valoroso (1065-1109), che conquistò Toledo (1085) e Valenza (1094). In verità,
sia Ferdinando I che Alfonso VI devono moltissimo all'azione di RODRIGO DIAZ DE BIVBAR, detto EL
CID CAMPEADOR (1033-1099), immortalato nella letteratura spagnola, che chiese al papa di
inviargli il gonfalone di san Pietro, sotto il quale condusse le truppe e riportò strepitose
vittorie.
5. L’evangelizzazione al Nord tra VIII e IX secolo
Anche verso il nord Europa si ebbe in questi due secoli un rinnovato slancio missionario [139].
Inghilterra
L'impresa di Gregorio Magno e dei quaranta monaci, guidati da Agostino di Canterbury, fu
ripresa nel 678 da VILFRIDO, vescovo di York (634 circa - 709), che si diede alla conversione del
Sussex e di Wight, dopo essere stato deposto e recluso in Irlanda per dodici anni col discepolo
Villibrordo.
Nel 690 VILLIBRORDO (658-739) partì per il continente europeo con undici compagni; giunse a
Roma (692) ove più tardi tornò per essere consacrato vescovo (695) e iniziare la missione di
Utrecht.
Importante fu il sinodo di Whitby (664): da allora in poi LA LITURGIA IN INGHILTERRA SARÀ QUELLA
ROMANA e non più inglese (altra questione importante sarà, inoltre, quella della data della
Pasqua).
Negli stessi anni nasceva WINFRIDO o Bonifacio (672/673-754) decise di farsi missionario tra i
sassoni: partì nel 716 con alcuni compagni verso la Frisia (l'odierna Olanda). Quella prima
missione fallì, ma non si rassegnò:
 fu incaricato da papa Gregorio II (715-731) di predicare il Vangelo fra i popoli della
Germania;
 nel 722 il papa lo consacrò vescovo «per la Germania», cambiandogli nome in
Bonifacio; nella sua azione, ebbe l'appoggio sia di Carlo Martello, sia di papa Gregorio
III (731-741).
 ricevette da Gregorio III il titolo di metropolita delle terre sulla destra del Reno e,
nonostante l'opposizione dei vescovi franchi, fu nominato legato papale in Germania.
Significativo è il suo LEGAME CON IL PAPATO (che sarà caratteristica di tutti i missionari
anglosassoni): Winfrido continuamente si confronta con il papa e chiede il mandato da parte
sua, perché sia il pontefice a dare autorevolezza (all’interno della comunità franca l’autorità
del papa sarà diffusa, ed ecco perché Pipino scriverà al papa per chiedere chi deve essere il
vero re rispetto ai merovingi).
Bonifacio fu ORGANIZZATORE DELLA CHIESA IN GERMANIA: nacquero le diocesi di Ratisbona, Frisinga,
Salisburgo, Passau. Il Vangelo continuò a diffondersi sino al martirio di Bonifacio (754) e oltre,
poiché furono fondate altre diocesi e monasteri.
Di Daniele vescovo di Winchester (morto nel 745), che fu anche in relazione con Beda il
Venerabile, possediamo numerose lettere indirizzate a Bonifacio, che ci illustrano la
metodologia missionaria dell'VIII secolo. Daniele suggerisce a Bonifacio una sorta di dialogo,
di confronto basato sulla ragione sia per quanto riguarda la maggiore ragionevolezza del Dio
cristiano, sia per la prevalenza numerica dei credenti rispetto ai pagani. Tutto sommato si
tratta di un'evangelizzazione che, pur fatta «con dolcezza e moderazione», era più severa
rispetto a quella di Gregorio, tesa a valorizzare ogni elemento possibile della tradizione
religiosa pagana.
Un cenno va compiuto nei confronti di Pirmino che operò nello stesso periodo di Bonifacio, in
particolare fondando il monastero di Reichenau (724) e in seguito altri (fino alla morte
avvenuta nel 753), in maniera tale da consolidare l'evangelizzazione tra l'Alsazia, la Svizzera e
la Baviera, legando sempre di più questi territori al regno franco.
Danimarca e penisola scandinava
Frutto del rinnovato impegno missionario a diffondere il messaggio evangelico [141] fu il
battesimo di Harald, pretendente al trono di Danimarca (826); tuttavia, un anno dopo il suo
battesimo, Harald fu cacciato dalla Danimarca.
Allora, Ansgar o OSCAR (801-865), che lo aveva accompagnato nel suo viaggio di ritorno in patria,
si dedicò alla missione in Scandinavia: in Svezia il re Bjorn e poi il re Olaf gli concessero il
permesso di predicare il Vangelo; ma anche qui fu ostacolato dai normanni, che cominciarono
a effettuare spedizioni nell'Europa settentrionale, giungendo con i loro saccheggi fino ad
Amburgo, diocesi di cui Ansgar era stato eletto primo vescovo.
In ogni caso, proprio da Amburgo nel secolo XI, specialmente durante il lungo episcopato di
Adalberto (1043-1072), furono intraprese nuove iniziative per rafforzare l'organizzazione
ecclesiastica tra i popoli nordici; ciò avvenne con successo in Danimarca, mentre in Norvegia
e Svezia e lo sviluppo ecclesiale fu condizionato da una serie di complicazioni.
6. L’evangelizzazione ad Est
Est europeo: Cirillo e Metodio
I due fratelli CIRILLO e METODIO [145] nacquero in una famiglia distinta, se non nobile, di
funzionari imperiali (drungarios: governatori di alcune province; già l’imperatore Eraclio aveva
messo insieme nella stessa persona molteplici funzioni) di Tessalonica, ove abitavano gruppi
consistenti di slavi, con i quali vennero certamente in contatto e dei quali impararono lingua
e cultura:
 METODIO (è il suo nome da monaco, mentre quello di battesimo era Michele), dopo aver
svolto incarichi amministrativi per una decina d'anni nella regione nord-occidentale
dell'Impero, fu inviato in un territorio compreso tra la Bulgaria e i Balcani, ma poi entrò
come monaco nel monastero Polichron sul monte Olimpo, diventandone superiore.
 CIRILLO (Costantino), morto il padre quando egli aveva circa quattordici anni, fu inviato
presso la scuola superiore imperiale di Costantinopoli, ebbe come maestro Fozio ed entrò
al servizio del patriarcato, diventando «bibliotecario e segretario» nella basilica di Santa
Sofia. Per questo titolo e come consulente ecclesiastico partecipò a diverse legazioni
imperiali, particolarmente utili per lui quelle tra saraceni dell'851 e tra i khazari nell'860,
durante la quale avrebbe ritrovato le reliquie di papa Clemente, che un'antica tradizione
diceva martirizzato sul mar Nero verso il 100.
Sul territorio della GRANDE MORAVIA [143] aveva posto la sua attenzione Ludovico II il Germanico
e voleva occuparli inserendoli nella propria organizzazione ecclesiale (mandando anche suoi
missionari). Il principe della Grande Moravia, RASTISLAV, voleva sottrarsi al controllo di
Ludovico II il Germanico e alle sue mire di espansione, perciò fece un’alleanza con l’impero
d’Oriente perché gli fosse inviato un vescovo e un maestro che istruissero il suo popolo nella
fede cristiana, usando non la lingua franca ma quella slava. Ludovico II, per reazione, si alleò
coi bulgari di re Boris.
In questo delicato frangente, da una parte, Fozio inviò i due fratelli Cirillo e Metodio (862),
mentre, dall'altra, il papa, deluso dall'imperatore, che si rifiutava di riconsegnargli la
giurisdizione ecclesiastica sull'Illirico, nel sinodo romano dell'863 ribaltò la sentenza dei suoi
legati e dichiarò Fozio usurpatore e sospese i presbiteri ordinati da Fozio e da Gregorio
Asbesta: fu il caos pastorale.
Cirillo – convinto il fratello ad accompagnarlo – si diede alla preparazione dei testi da usare per
la missione, in particolare la Bibbia e i testi liturgici. Già qui si mostrò lo STILE MISSIONARIO che i
due fratelli avrebbero usato: mancando gli slavi di una scrittura, elaborarono una scrittura
nuova, che fosse appunto slava, usando come base probabilmente i segni crittografici della
stenografia della cancelleria imperiale (la scrittura glagolitica, che poi divenne la cirillica) ed
elaborarono una liturgia che non fosse bizantina, pur riprendendo quella di Giovanni
Crisostomo.
Ma li attendevano altre DIFFICOLTÀ “POLITICHE”, poiché i due missionari furono considerati come
intrusi in un territorio che la diocesi di Salisburgo riteneva di propria pertinenza, proprio negli
anni in cui i rapporti tra Fozio e il papa erano al calor bianco (nell'867 papa Adriano II depose
Fozio) e l'imperatore Ludovico II il Germanico dichiarava guerra a Rastislav. Dietro ragioni
religiose, ci sono evidentemente motivazioni politiche e commerciali! Le accuse ai due fratelli
si concentrarono su:
 illecito uso nella liturgia di lingue fuori da quelle poste sulla Croce (greco, latino ed
ebraico);
 violazione dei confini patriarcali;
 consacrazione sacerdotale dei loro discepoli, presentandoli al patriarca legittimo.
I due fratelli si recarono a Venezia, probabilmente per imbarcarsi alla volta di Costantinopoli,
ma, forse avendo appreso che le regioni da loro evangelizzate ricadevano sotto la giurisdizione
romana, si diressero verso Roma [147], dove PAPA ADRIANO II (867 – 872) li accolse
cordialmente e li trattenne per più di un anno. Alla fine, ottenendo in dono le reliquie di san
Clemente, il papa:
 approvò i libri in LINGUA SLAVA;
 fece consacrare SACERDOTI i discepoli dei due fratelli;
 consacrò Metodio «VESCOVO PER GLI SLAVI» (dopo la morte di Cirillo, nell’869).

Metodio ritornò nella Grande Moravia con una lettera del pontefice per i principi di quei
territori, nella quale era elogiata l'opera dei fratelli missionari, ma che riportava anche una
strana norma secondo cui le letture della messa si sarebbero dovute leggere prima in latino e
poi in slavo.
Intanto, però, Svatoplok si ribellava allo zio Rastislav, alleandosi con Ludovico II il Germanico,
che fece INCARCERARE E PROCESSARE METODIO; solo dopo due anni e mezzo PAPA GIOVANNI VIII, ne
ottenne la liberazione e, pur rimandandolo in Pannonia, gli proibì di celebrare in lingua slava:
dopo una lunga e dolorosa polemica, nell'880 Metodio tornò a Roma per difendersi davanti al
papa, che permise l'uso della liturgia slava con l'infelice BOLLA INDUSTRIAE TUAE, indirizzata a
Svatoplok:
 elogiava Metodio, ma, mentre gli rinnovava il «privilegio» dell'arcivescovado, non
specificava se in futuro avrebbe potuto passare ai suoi successori il governo episcopale;
 sostanzialmente, rimetteva alla volontà del re Svatoplock, nemico dichiarato di
Metodio, la decisione di permettere o meno l'uso della liturgia in lingua slava;
 nominava [148] il franco-tedesco Wiching a vescovo della Grande Moravia e
suffraganeo di Metodio, notoriamente in disaccordo con lui.
Metodio morì nell’885, dopo aver scelto come suo successore, Gorazd, uno slavo con buona
cultura latina, per significare che egli aveva fondato una Chiesa nuova, in comunione con
Roma e figlia della terra in cui era stata impiantata.
Immediatamente WICHING si rivolse al nuovo PAPA STEFANO V (885-891), che:
 annullò la nomina di Gorazd e indicò Wiching come successore di Metodio;
 proibì la liturgia slava sotto pena di scomunica, incaricando i principi moravi di eseguir
sentenze.
 Era la fine di un esperimento: Wiching ebbe un comportamento spietato, cacciò i discepoli
greci e macedoni di Metodio, vendendone parte come schiavi. Gli espulsi trovarono
ospitalità in Bulgaria, gli altri furono riscattati da Costantinopoli che li aggregò al proprio
clero.
Estensione della loro “tradizione”
Lo zar BORIS DI BULGARIA vide l'occasione per creare una gerarchia nazionale che non dipendesse
né da Roma né da Costantinopoli: Boris chiama i missionari tedeschi (è alleato con Ludovico II
il Germanico contro Rastislav), ma poi apre le porte ad un’alleanza con Constantinopoli (da
allora arriveranno missionari per l’evangelizzazione della Bulgaria); ma ben presto tentò di

avere un proprio patriarcato di Bulgaria.


Da qui, la tradizione cirillo-metodiana sopravvisse e si estese in Serbia (perlopiù nel IX secolo).
In Russia, invece, diviene importante il PRINCIPATO DI KIEV: dopo il battesimo di re Vladimiro
(988/989), venerato come santo, la Russia si apre alla chiesa d’Oriente, poiché gli ambasciatori
che andarono a Costantinopoli furono convinti dalla liturgia lì celebrata ( “ci sembrava di
essere in paradiso”).
Oriente: Cina
Un tempo si pensava che l’evangelizzazione in Cina iniziò quando i missionari gesuiti si recarono
in quei territori; ma fonti archeologiche suggeriscono altro [373] e pongono il tempo in cui il
cristianesimo giunse in Cina nei secoli VI-VII.
Stele di Xian
La STELE DI XIAN (781) è la fonte primaria per la conoscenza della diffusione del cristianesimo in
Estremo Oriente [149].
Si tratta di un calcare nero alto 280cm, largo 100cm, eretta nel monastero nestoriano di Si-
Ngan-fu e rinvenuta nel 1623 (o 1625) a Xian; è stata scritta dal presbitero Ling-Tsing (in
siriaco: ADAMO), indicato come «corepiscopo e papa della Cina». Essa riporta un Simbolo della
fede, adattato con elementi locali.
Questa stele CONTIENE 1780 caratteri cinesi e 70 parole siriache, è sormontata da una croce, che,
però, poggia su una nuvola (che è anche simbolo taoista) e su un fiore di loto (simbolo
buddhista) e non porta il nome di «Cristo», ma usa il termine «Messia».
È da questa stele che sappiamo che nel 635 l'imperatore ricevette il vescovo siro-orientale
Alouben, che gli presentò il Vangelo. L'imperatore Tang Tai Tsong (629-649) fece tradurre i
Vangeli e altri testi della Scrittura: si convinse della verità del cristianesimo, e pubblicò un
EDITTO DI LIBERTÀ PER LA SUA PREDICAZIONE (638), per il fatto che esso presenta un volto
«misteriosamente spirituale» di Dio, che ha mandato Gesù Cristo, «Radioso Venerabile
Messia», che ci salva per «l'immersione nell'acqua e nello Spirito, grazie alla quale l'uomo
viene mondato dalle vanità e purificato, ritrovando così la sua purezza e il suo candore».
La stele è preziosa anche per conoscere come si diffuse il Vangelo in quelle lontane regioni
[150]: offre una descrizione dei cristiani, dai tratti nettamente monastici. Di qui la conclusione,
il permesso di praticarne il culto: «Dopo aver esaminato i suoi principali e più importanti
elementi, abbiamo raggiunto la conclusione che essi si riferiscono a tutto ciò che è più
importante nella vita. Nel loro linguaggio non ci sono espressioni complesse. I loro princìpi sono
così semplici che rimangono come il pesce rimarrebbe anche se la rete (del linguaggio) fosse
dimenticata. Questa dottrina è salutare per ogni creatura e giova a tutti gli uomini. Per questo
tale dottrina è degna di avere libero corso in tutto il Celeste Impero».
Il cristianesimo si diffuse con rapidità anche in Cina: tra il 635 e l'845 vennero costruite chiese
in più di cento città e si cominciò la traduzione della Bibbia in cinese. Nel secolo IX l’imperatore
Wu Zong ordinò la soppressione del buddhismo e del cristianesimo (che gli fu equiparato); ma
anche lì il seme era stato gettato.
LA CHIESA IMPERALE DALL’ETÀ DEGLI OTTONI ALLA RIFORMA DEL SECOLO XI
1. Il secolo della crisi tra Oriente e Occidente
Il secolo X è tradizionalmente dipinto con CLIMA DI DECADENZA [153], irreversibilmente segnato
da:
 fine dell'Impero carolingio,
 lotte delle grandi famiglie aristocratiche europee e delle diverse forze locali,
 trame dell'aristocrazia romana,
 dissoluti costumi di numerosi appartenenti al clero,
 devastazioni portate dagli ungari, dai saraceni e dai normanni.

Fa però da contrappunto proprio un fattore di NOVITÀ: sorgono nuovi grandi quadri politici,
origine delle NAZIONI EUROPEE del pieno Medioevo. In esse agisce, forza viva e assidua, la
presenza della Chiesa, e in particolare della Chiesa di Roma, fattore ineliminabile dei processi
storici del tempo, quasi nucleo centrale dell'Europa in formazione.
Metà del secolo IX
Chiesa d’Occidente
La Chiesa occidentale [154] aveva stabilito un proficuo, anche se non sempre lineare, rapporto
di reciproco sostegno con l'IMPERO DEI FRANCHI ed era largamente impegnata nell'azione
missionaria.
Nell'anno 858 iniziava il pontificato di NICCOLÒ I (858-867), certamente uno dei più significativi
dell'ultimo periodo carolingio [155]: figlio di un eminente funzionario romano, amante della
cultura letteraria, venne consacrato alla presenza dell'imperatore Ludovico II il Germanico.
Niccolò era un convinto sostenitore del primato romano; in una lettera inviata all'imperatore
bizantino Michele III ebbe modo di ribadire che il papa era obbligato ad assumere la
responsabilità di tutte le Chiese, responsabilità che Cristo stesso, e non le leggi degli uomini,
gli aveva affidato. Non si trattava di mere affermazioni di principio: egli mise in atto strumenti
giuridici e culturali in grado di perseguire e realizzare tale asserto.
Particolare rilievo assunsero le DECRETALI PSEUDOISIDORIANE: una raccolta di lettere, canoni, testi
giuridici ritenute risalenti ai papi dell'età antica; invece erano prodotto di abili falsificatori
della metà del IX secolo, che ne attribuirono la paternità a un fittizio Isidoro Mercatore. A
questo gruppo si aggiunse anche il Constitutum Constantini, con la quale l'imperatore
trasferendo la propria capitale a Bisanzio avrebbe lasciato in dono l'Occidente intero al papa.
Le False decretali furono ripetutamente utilizzate dalla Chiesa romana, contribuendo
inizialmente a ribadire il ruolo attivo del papa nella difesa dei diritti dei vescovi in contrasto
con l'autorità dei metropoliti, dei sinodi provinciali e del potere secolare, e quindi
costituendosi come un fattore determinante nel processo di rafforzamento del prestigio della
sede romana. L’importanza di questi documenti va oltre la loro falsità, perché sono
storicamente determinanti: le False decretali volevano DIMINUIRE I POTERI AI METROPOLITI e alla
politica e darne di più al pontefice; la struttura ecclesiale in cui avevano un ruolo importante i
metropoliti – che spesso volevano dominare sugli altri vescovi – pian piano si sfalderà (da metà
1800 la nomina dei vescovi è lasciata al papa, e non più al capitolo della cattedrale più e ai
vescovi limitrofi…anche se spesso si inserivano anche poteri politici).
Con tale coscienza, NICCOLÒ I non temette di scontrarsi [143]:
 con l'imperatore d'Occidente Lotario II (855 – 869);
 con le potenti famiglie romane (in particolare la famiglia Teofilatto) o italiane: il papa
mandò due legati a Costantinopoli perché esaminassero l'intera questione delle elezioni
patriarcali e gliene riferissero. Costoro, invece, parteciparono al sinodo di Costantinopoli
(861) e decretarono a nome del papa l'INVALIDITÀ DELL'ELEZIONE DI IGNAZIO. Questi,
appellando alla sua dignità di successore degli apostoli Andrea e Giovanni, rifiutò la
sentenza dei legati papali;
 con i vescovi [160 ss], in particolare i metropoliti: la progressiva presa di coscienza che
l'episcopato maturò sul proprio ruolo non favorì una pacifica recezione degli interventi
del Papato che mirava a un controllo sulla rete degli episcopati europei. Nota è la
resistenza opposta al vicario papale Ansegiso dai metropoliti d'Oltralpe guidati dal
determinato e abile Incmaro, autorevole arcivescovo di Reims (845-882), il quale in una
famosa Epistola contestò la legittimità d'azione dei legati papali ed esaltò il ruolo dei
metropoliti; ribadì l'autorità dei canoni conciliari in opposizione all'utilizzo delle False
decretali.
Confronto con la Chiesa d’Oriente
C’è tensione a Costantinopoli [141]: nonostante il ritorno dell'iconodulia (venerazione delle
immagini) vi era divisione all'interno degli iconoduli, tra zelanti (che volevano pene esemplari
contro i lapsi) e moderati (che proponevano un perdono generale e pacificatore).
Come uomo di compromesso tra le due fazioni, venne eletto patriarca di Costantinopoli
IGNAZIO, [142] abate del monastero di Studios; contro ogni attesa, Ignazio si mostrò
intollerante, arrivando a scomunicare l'arcivescovo Gregorio Asbesta che si appellò a Roma.
Era un gesto insolito a quel tempo. Ignazio scrisse al papa Leone IV (847-855), chiedendogli
di ratificare la sua decisione e offrendogli il pallio. Questo era un gesto ancora più inusitato,
dal momento che è il papa di Roma ad inviare il pallio come segno di comunione.
Di fatto IL PAPA rifiutò il pallio e NON CONFERMÒ L'ELEZIONE DI IGNAZIO né la scomunica di Gregorio
Asbesta, chiedendo al contrario ad Ignazio di inviargli un rappresentante di fiducia per
difendersi dalle accuse che aveva lanciato contro di lui l'arcivescovo di Siracusa.
Il punto morto fu superato nell'856, quando l'imperatore MICHELE III l'Ubriacone (842-867),
divenuto maggiorenne, con l'appoggio dello zio materno, Cesare Bardas, fece uccidere il primo
ministro e si preparò a sbarazzarsi dello scomodo patriarca Ignazio, costretto a dimettersi
(858).
Egli venne sostituito, con il voto unanime (e dunque anche con i voti degli ignaziani) del sinodo,
da FOZIO (810-891), il più grande patriarca bizantino del secolo IX. Era ancora laico e nel giro di
sei giorni ricevette tutti gli ordini sacri: di per sé la sua ordinazione episcopale avvenne in un
clima di conciliazione, e tuttavia, subito dopo Ignazio scomunicò Fozio [143] e dichiarò invalida
l'elezione; a sua volta, Fozio scomunicò Ignazio, dichiarandone anch'egli invalida l'elezione e
si rivolse al papa, perché ne confermasse la nomina.
Intanto Fozio, impegnandosi con energia nel suo compito pastorale inviò nella Grande Moravia
[143] i due fratelli Cirillo e Metodio (862); d'altra parte, il papa – nel sinodo romano dell'863
– ribaltò la sentenza dei suoi legati e dichiarò Fozio usurpatore e sospese i presbiteri ordinati
da lui e da Gregorio Asbesta: fu il caos pastorale.
La situazione si complicò nell'864, quando il re della Bulgaria Boris fu battezzato dal patriarca
Fozio ed ebbe come padrino l'imperatore Michele; d'altra parte, per strutturare una Chiesa
bulgara e per costituire una gerarchia ecclesiastica nazionale, Boris nell'866 si rivolse prima a
Costantinopoli, poi, di fronte alle incertezze di Fozio, si rivolse a Roma.
Allora Fozio scrisse agli altri tre patriarchi orientali (867), invitando tutti i vescovi a un CONCILIO
A COSTANTINOPOLI, rispondendo colpo su colpo alle accuse di Roma:
 criticando il celibato ecclesiastico (diverrà uno dei temi centrali anche della riforma
gregoriana; il celibato ecclesiastico non nasce grande, ad imitazione di Cristo;
storicamente cresce via via…soprattutto per questioni economiche; la Chiesa Orientale
lo vede una cosa da barbari),
 le formule sacramentali dei latini (questioni soprattutto sul pane azimo/lievitato)
 la tradizione di separare la confermazione dal battesimo (propria dei latini)
 alludendo alle novità introdotte nel «Simbolo» riguardo alla processione dello Spirito
Santo (questione del Filioque).
Purtroppo, il concilio prese DECISIONI ESTREME e depose il papa, dichiarandolo «eretico e
devastatore della vigna del Signore». Il trionfo di Fozio durò poco: a settembre 867 Basilio il
Macedone ASSASSINÒ MICHELE III, si proclamò unico imperatore e, come avveniva di solito, il
patriarca ne subì le conseguenze così che Fozio fu costretto ad abdicare e l’imperatore Basilio
reintrodusse nel patriarcato Ignazio.
Il nuovo papa, ADRIANO II (867-872), nel sinodo romano [144] dell'ottobre 869, ratificò la scelta
imperiale contro Fozio (dichiarò che, se pentito, poteva essere riammesso nella comunione
ecclesiale, ma solo come laico); inoltre decise che tutti i chierici da lui ordinati erano destituiti.
Dunque, nel concilio di Costantinopoli (869-870), riconosciuto come VIII concilio ecumenico nella
tradizione occidentale (ma non in quella orientale):
 Fozio e la maggior parte dei suoi seguaci furono condannati,
 Ignazio fu riconosciuto a patriarca.

Fu il caos pastorale nella Chiesa d’Oriente: una legazione bulgara chiese a quale patriarcato
appartenesse la Bulgaria; inutilmente PAPA GIOVANNI VIII (872-882) sollecitò la restituzione
della Bulgaria alla Santa Sede. Ma neppure questo papa poteva avere molto ascendente: se
pure confermò l'effimero Impero di Carlo il Calvo, facendo valere la propria autorità di fronte
a quella imperiale, e cercò di imporsi ai metropoliti e arcivescovi in Occidente, egli era ormai
troppo coinvolto nelle lotte tra le famiglie romane (alle quali egli stesso apparteneva).
Intanto, Ignazio era stretto da difficoltà per la penuria di clero (conseguente all'allontanamento
dei sacerdoti ordinati da Fozio) e dall'impressione di umiliazione e di cedimento al volere di
Roma.
Alla fine lo stesso imperatore Basilio richiamò Fozio dall'esilio (873), ufficialmente come
precettore dell'erede al trono. Così, quando Ignazio morì (877), quasi naturalmente Fozio
tornò alla sede patriarcale [145]: un sinodo da lui organizzato (879-880), considerato dalla
Chiesa greco-ortodossa VIII concilio ecumenico (CONCILIO DI COSTANTINOPOLI), confermò questa
situazione e «rigettò le conclusioni del precedente Concilio», quello ritenuto ecumenico
dall’Occidente.
Si cercò un compromesso onorevole [145], che permettesse il ritorno alla comunione tra le
Chiese:
 il papa non pretese la ritrattazione di Fozio;
 Fozio spiegò che l'assegnazione della Bulgaria non dipendeva dal patriarca ma
dall'imperatore.
Se alla fine si ristabilì la comunione tra le due parti [156], lo scontro tra Fozio e Niccolò aveva
fatto emergere e messo a nudo le differenze tra la Chiesa romana e quella bizantina. Oltre la
questione dei riti e del pensiero teologico e dei problemi legati all'azione dei missionari, erano
emerse DUE DIVERSE E CONFLIGGENTI CONCEZIONI ECCLESIOLOGICHE, quella del PRIMATO ROMANO, in via
di elaborazione e affermazione, e quella della PENTARCHIA A GUIDA DELL'IMPERATORE.
Nell’878 Giovanni VIII aveva espresso esplicite CRITICHE AGLI ARCIVESCOVI [157] che ordinavano
senza attendere la consegna del pallio da Roma.
La probabile, CRUDELE UCCISIONE DI GIOVANNI VIII, avvenuta nello stesso anno (878), aprì per il
Papato una stagione buia, segnata da debolezza e localismo; la deposizione di Carlo il Grosso
(887), impotente a fronteggiare gli intrighi dei grandi vassalli e le incursioni dei normanni,
segnò poco dopo un punto di crisi irreversibile. La Chiesa romana perse gradualmente la
capacità di svolgere una funzione di guida rispetto all'episcopato europeo.
Nell'886 il nuovo imperatore, LEONE VI il Filosofo o il Saggio (886-912), depose Fozio e lo sostituì
con il proprio fratello, il sedicenne Stefano (887-893), che papa Stefano V (885-891) non
riconobbe né lo fece papa Formoso (891-896), approfondendo così il solco tra le due Chiese.
Secolo X: secolo di crisi (“età del ferro”)
Il secolo X vide crisi dal punto di vista di storia della Chiesa, ma anche dal punto di vista sociale
ed economico [157]: la tradizionale ricostruzione storiografica dei tormentati decenni che
seguirono a queste vicende utilizzava spesso l'idea di una crisi totale. Il vescovo di Cremona
LIUTPRANDO, che visse sotto l’imperatore Ottone I, descrive il periodo precedente al suo come
un’epoca di decadenza. Oggi si sta rivalutando questo periodo. Questa ed altre (di monaci)
sono tutte fonti ecclesiastiche: i monasteri erano spesso presi di mira dalle invasioni
barbariche perché luoghi dove trovare ricchezze, per ciò la visione di questi scrittori sono
decisamente negative.
Epoca di invasioni

L'emergenza durò più di un secolo [187]:


 a sud i SARACENI (arabi): i nefasti effetti dei loro insediamenti sulle coste dell'Italia
meridionale portarono la rovina di antichi e prestigiosi monasteri;
 a nord i VICHINGHI (normanni): flagellarono ripetutamente le coste settentrionali del
continente europeo, risalendo in profondità i fiumi navigabili;
 a est gli UNGARI: devastarono la pianura emiliana, sino al Piemonte.

Crisi del sistema carolingio


Il sistema carolingio era un SISTEMA FEUDALE: il feudo era un territorio (chiamato beneficium)
ricevuto in rapporto di vassallaggio (ovvero ricevuto all’interno di un patto di amicizia-alleanza
fra l’imperatore e un signore feudale, attraverso la cerimonia di investitura), sul quale
esercitare i diritti di banno: riscuotere tasse, amministrare giustizia, controllare violenza
interna ed esterna.
Carlo Magno aveva nominato “MARCHE” i territori di confine e “CONTEE” quelli interni, con i
vassalli che vengono chiamati rispettivamente marchesi e conti (in Germania ci saranno i
“DUCATI”, e i duchi). La piramide feudale era composta, dunque da vassalli, valvassori e
valvassini.
Tale sistema, anche se pensato per unire l’imperatore, in verità NE SEGNERÀ LA SPACCATURA: dopo
l’autorevolezza di Carlo, i vassalli resero ereditari quei territori e così l’impero si disgregò (solo
Ottone I avrà la forza di rimettere insieme i vari ducati; si realizzerà in Francia, ma non in Italia).
Nel X secolo, nel giro di pochi anni L'IMPERO DIVENNE UNA PURA REALTÀ NOMINALE [158 – 160] e perse
ogni capacità di un efficace intervento politico-militare:
 venne meno un ben definito quadro politico-amministrativo;
 si ridussero sino ad annullarsi le potenzialità di una solida politica ecclesiastica;
 venne meno il sostegno del potere imperiale alle prospettive universali del Papato.
Di contro, però, vi è l’ORIGINE DELLE NAZIONI EUROPEE [154]: mentre si sfalda l'Impero carolingio, già
alla fine del IX secolo, prendono vita i regni dei teutoni (futura Germania), d'Italia, di Borgogna,
di Provenza e dei franchi d'Occidente (futura Francia); in Britannia si forma il regno
d'Inghilterra; oltre i Pirenei persiste la Marca ispanica.
Crisi del papato
Roma era immiserita e spopolata [158]; l'aristocrazia romana riuscì a rendersi arbitra
dell'elezione papale e ne approfittò per ampie usurpazioni: sul soglio pontificio si succedettero
in un arco temporale relativamente breve (887-962) ventun pontefici, quasi tutti responsabili
del degrado cui sottoposero la dignità della loro funzione.
Tra gli episodi relativi a questo periodo il più celebre è il processo a PAPA FORMOSO (891-896),
intentato dal suo successore Stefano VI nell'897: accusato in quanto aveva accettato l'elezione
a vescovo di Roma pur essendo già titolare in un'altra diocesi, ne venne riesumato il cadavere,
che rivestito degli abiti pontificali fu processato, condannato e gettato nel Tevere.
Anche Stefano VI venne incarcerato e strangolato in prigione. Papa Leone V (903) fu invece
imprigionato dal suo contendente Cristoforo ed entrambi vennero poi fatti uccidere dal
successore Sergio III, imparentato con i conti di Tuscolo, importante famiglia aristocratica.
Questa famiglia dell'aristocrazia romana dominava la scena dell'Urbe [159], sin dal tempo del
loro capostipite, il senatore TEOFILATTO, al quale si era associata sua figlia MAROZIA, descritta da
alcune fonti del tempo come una donna dissoluta, capace di azioni immorali e riprovevoli:
strinse una relazione con Alberico di Spoleto, un potente in ascesa nel panorama
dell'aristocrazia italiana, divenne l'amante di papa Sergio III, concluse un matrimonio dalla
forte valenza politica con Guido di Toscana che pose Roma sotto assedio, sino alla conquista
del palazzo del Laterano; papa Giovanni X (914-928) fu preso prigioniero e soffocato con un
cuscino. Annota a proposito di questo avvenimento il monaco Benedetto del Soratte che
Roma era caduta «in manu feminine».
È in questo contesto che nasce la leggenda della PAPESSA GIOVANNA: intorno alla metà del XV
secolo, Martino di Troppau è il primo a raccontarne; sarà poi un umanista a dimostrarne la
falsità. Secondo la leggenda, una ragazza di Magonza, vestita da giovinetto, avrebbe studiato
ad Atene e, venuta a Roma, sarebbe stata eletta papa e scoperta solo dopo due anni di
governo, quando partorì per strada e morì sul posto. Ormai è dimostrato che a Leone IV
successe immediatamente un altro pontefice: probabilmente la leggenda nasce dal ricordo
delle scostumate donne che nel corso del X secolo dominarono il papato (ecco, appunto,
Marozia).
Discendente di Teofilatto e di Marozia, atto al comando, ALBERICO – «principe e senatore dei
Romani» e fratello del papa – venne di volta in volta tratteggiato come un tiranno o come un
impavido cavaliere e un sagace governante, capace di sottrarre Roma alle mire di re e di
potenti e di ristabilire in città una vita ordinata e produttiva. Riuscì infine a far eleggere papa
il proprio figlio Ottaviano, riunendo in una sola persona l'esercizio del potere temporale e di
quello spirituale: tuttavia, Ottaviano, che fu il primo dei pontefici romani ad assumere un
nuovo nome, quello di GIOVANNI XII (955-964), visse in modo dissoluto, trascinando
nuovamente il Papato a livelli di profonda indegnità (eletto papa a diciassette anni, fu “pieno
di fuoco e di passioni, dissoluto e indegno al pari di Nerone”). A lui si deve però anche la
consacrazione di un nuovo imperatore, OTTONE I, che presto avrebbe avviato una profonda
trasformazione della fisionomia e della storia dei papi e dell'intera Chiesa.
Il processo a papa Formoso e la figura di Giovanni XII certo non aiutarono l’immagine positiva
del papato; tuttavia, non sminuirono il “Prestigio” del Papato [159], che rimase sempre punto
di riferimento: la Chiesa di Roma e il suo vescovo potevano contare su un potente strumento
di comunicazione e i papi godevano del prezioso sostegno di un'efficiente CANCELLERIA (ovvero
la curia), che ne accompagnava e sorreggeva l'impegno e le necessità di governo. In questo
secolo, aumentarono sempre più le richieste al papato: dunque, di certo è un tempo “oscuro”,
ma evidentemente non così oscuro come una certa storiografia ha sostenuto; insomma va
attenuata l’idea di secolo di ferro o di seculum obscurum dato soprattutto da Cesare Baronio.
2. La Chiesa d’Oriente e lo scisma del 1054
Evangelizzazione delle popolazioni slave
Chiuso il tempo convulso dell'iconoclasmo [164] con un sinodo convocato a Costantinopoli
(843) che proclamava solennemente la legittimità del culto delle immagini e decretava il
trionfo dell'ortodossia (venne istituita la Festa dell'ortodossia che si radicherà profondamente
nella coscienza della cristianità bizantina), la Chiesa bizantina cresce sul profilo
dell’evangelizzazione, sostenuto [165]:
 da parte di Costantinopoli, con intenti e progetti politici (la conversione delle aristocrazie
slave e bulgare poteva significare un efficace inquadramento religioso e assorbimento
culturale);
 da parte dei principi slavi, che volevano costituirsi come legittimi sovrani delle
popolazioni, progressivamente sottratte agli incerti ordinamenti tribali e collocate in più
solide strutture statuali; la conversione al cristianesimo garantiva al re una nuova
legittimità, sancendone il potere sacrale e il ruolo di mediatore di un nuovo ordine sociale
(ma serviva l’approvazione dell’autorità politica di Costantinopoli, spesso cercata come
forte difesa verso l’Occidente).
Evangelizzazione nei diversi Paesi
I regnanti slavi, espliciti nel richiedere l'invio di missionari ma anche preoccupati delle ricadute
politiche di tali attività, erano propensi a chiedere aiuto alle Chiese e ai patriarcati più lontani
– tra questi alla Chiesa romana – per timore di una diretta influenza politica di Bisanzio:
 nella Grande Moravia, al contrario, Rastislav si rivolse a Costantinopoli, dando avvio alla
missione di Cirillo e Metodio, la quale – paradossalmente – condusse all'adesione della
nazione morava al cattolicesimo romano;
 in Bulgaria, invece, il khan Boris era stato battezzato da un vescovo greco (865), con
l'esplicita protezione dell'imperatore, che gli accordò un particolare riconoscimento a
riguardo della sua sovranità e del prestigio dell'arcivescovato; dopo aver oscillato tra
Costantinopoli e Roma, Boris riuscì a creare una gerarchia nazionale indipendente
rispetto alle due grandi Chiese;
 nella Illiria (regione dei Balcani nord-occidentali), la penetrazione di missionari orientali
favorì per la SERBIA l'adesione al cristianesimo bizantino, mentre decisamente
maggioritaria fu la presenza dell'episcopato latino in CROAZIA;
 in Russia, nel corso del IX secolo si ebbe la conversione delle popolazioni del principato
di Kiev frutto dell'incontro tra i vichinghi provenienti dalla Scandinavia e le locali
popolazioni slave.
Ruolo del patriarcato di Costantinopoli
Quanto avvenne in occasione della complessa evangelizzazione delle regioni slave [166]
contribuì a confermare il ruolo assunto dal patriarcato di Costantinopoli in Oriente, l’unico
ancora forte (Gerusalemme, Antiochia e Alessandria sono sotto gli arabi). Se da tempo infatti
i poteri sacerdotali del patriarca e quelli regali dell'imperatore erano concepiti come realtà
distinte e godevano di sostanziale autonomia, nel X secolo i vertici del patriarcato operarono
per una decisa azione ANCHE SUL PIANO POLITICO.
Le carriere ecclesiastiche, come e più di quelle pubbliche, garantivano infatti ai ceti aristocratici
elevati orizzonti culturali e possibilità di comando a eminenti livelli. L'alto clero della capitale
godeva di un proprio organo rappresentativo nella synodos endemoûsa (sinodo permanente);
il patriarca esprimeva la propria ampia autorità giuridica e legislativa – dalla deposizione dei
vescovi indegni alla legislazione matrimoniale di governo della Chiesa sino a più specifiche
azioni di amministrazione patrimoniale. Anche gli officianti in Santa Sofia, la cattedrale di
Costantinopoli, godevano di un ruolo e di prestigio particolari.
In tale situazione tendeva però ad affievolirsi la vita religiosa, la pietà personale e la
preparazione del clero; serpeggiavano nella Chiesa bizantina nepotismo e simonia. Alla fine
del X secolo si ebbe però una FIORITURA MONASTICA [167] concentrata nella regione del monte
Athos, per l'impulso di SANT'ATANASIO (920-1003 circa). Queste comunità, esemplari per rigore
di spiritualità monastica, conobbero notevole sviluppo ma, divenute a loro volta destinatarie
di donazioni e privilegi, accumularono copiose ricchezze che attenuarono alcune asperità della
vita dei monaci e mise in ombra l'obbligo del lavoro manuale.
Giunta ad altissimi livelli di splendore e di prestigio la Chiesa bizantina appariva così
appesantita da conformismo e torpore spirituale; la sua liturgia era splendida ma formale; il
suo era un episcopato formato da alti dignitari, ma debole sotto il profilo spirituale; i teologi,
colti e raffinati, avevano elaborato una teologia sofisticata ma decisamente astratta. La sua
compagine era ripetutamente percorsa e scossa da correnti eterodosse.
Rapporti con Roma: “difficili”
Risultavano anche difficili i rapporti della Chiesa bizantina con Roma, che agli occhi dei
bizantini, propensi alla conservazione della tradizione della pentarchia, si mostrava
eccessivamente intenzionata a imporre la propria autorità sull'intera Chiesa.
Nell’Italia meridionale si erano insediati i normanni, giunti dal Mediterraneo; molti feudatari li
avevano assoldati per combattere gli arabi; mancando poi soldi, avevano iniziato a dare loro
terre…finché i normanni iniziarono a conquistare i territori italiani, che teoricamente erano
sotto il potere di Bisanzio; il timore era però che arrivassero ad invadere i territori pontifici e
così papa Leone IX tentò un accordo con l’imperatore d’Oriente Costantino (in realtà non
andrà bene).
Il patriarca MICHELE CERULARIO, contraddistinto da un temperamento impetuoso e autoritario,
era convinto che la Donazione di Costantino riguardasse la propria sede episcopale, e temeva
una penalizzante emarginazione politica: temeva che l'imperatore bizantino accettasse
un'unione con la Chiesa di Roma per convenienze politiche, finendo per determinare una
minore autonomia del patriarcato. Tale diffidenza accentuò e inasprì le controversie di natura
religiosa da tempo presenti tra le due Chiese e il processo di separazione culturale.
Per tutta questa situazione, Michele Cerulario iniziò una VIOLENTA CAMPAGNA ANTIROMANA: decise
autonomamente di chiudere le chiese di rito latino presenti in Costantinopoli, mentre contro
queste si susseguivano atti di vandalismo. L'arcivescovo di Bulgaria nel frattempo aveva
inviato a Roma una lettera in cui si condannavano alcune pratiche liturgiche latine e tra queste
l'uso di pane azzimo e del digiuno nel giorno di sabato.
Papa Leone IX (1049-1054) – per chiarire la posizione con Michele Cerulario [168] in un modo
che non fosse fatto via lettera – stabilì l'invio di legati a Costantinopoli, sotto la guida di uno
dei suoi principali collaboratori, il cardinale UMBERTO DI SILVA CANDIDA. Compito dei legati papali
era quello di indagare sui provvedimenti presi contro le chiese latine nella capitale bizantina
e di rispondere alle accuse mosse alla Chiesa romana. Giunti a Bisanzio i legati furono accolti
con grandi onori dall'imperatore e in modo piuttosto gelido dal patriarca Michele Cerulario.
Il poco conciliante Umberto di Silva Candida decise di abbandonare Costantinopoli (luglio
1054), non senza scene plateali, posando sull’altare di Santa Sofia la solenne LETTERA DI
SCOMUNICA contro il patriarca e i suoi collaboratori (che scrive lui, non il papa!). L'anatema,
indirizzato allo «pseudopatriarca» Cerulario, riguardava la dottrina greca del “Filioque” e il
macedonismo (negazione dello Spirito Santo), ma colpiva anche il matrimonio dei preti e altre
usanze del clero.
Il patriarca Cerulario, convocato un sinodo, considerò l'iniziativa come rivolta contro tutta la
Chiesa ortodossa e procedette alla SCOMUNICA dei legati del papa e dei loro sostenitori. Leone
IX non ne sarebbe mai venuto a conoscenza: era morto qualche mese prima, nell'aprile 1054.
La cristianità del tempo non percepì quanto accaduto come una svolta epocale; si trattava di
uno SCISMA PARZIALE, che non aveva coinvolto la totalità delle Chiese orientali; anche le
reciproche scomuniche tendevano a colpire specificamente alcune persone. La frattura era
grave ma sarebbe potuta non essere definitiva. Lo sviluppo delle successive vicende storiche
e una vita spirituale e usi liturgici differenti, le diverse concezioni rispetto al ruolo della Chiesa
romana, finirono per renderla irrimediabile, nonostante due ufficiali atti di unione compiuti
in occasione del CONCILIO DI LIONE II (1274) e del CONCILIO DI FIRENZE (1439).
3. L’età degli Ottoni e la riforma imperiale
La situazione prende una svolta importante a partire dal mondo tedesco [169]. Se, per
controllare il proprio impero, Carlo Magno aveva suddiviso il territorio in marche e contee, in
Germania la stessa cosa accade con i ducati. E proprio come accade nell’impero franco, così
l’impero germanico si sfalderà. Sarà Ottone I a tenere insieme il regno.
Ottone I di Sassonia (912 – 973)
Vicende politiche
OTTONE DI SASSONIA, figlio del duca Enrico, riceve la corona di Germania (936): in quei primi
difficili anni riuscì a prevalere sulle rivolte dei duchi di Lorena, Franconia e Baviera e a
organizzare un solido consenso attorno a sé. La sua posizione si rafforzò anche per i risultati
ottenuti in campo militare grazie alle ripetute vittorie sugli ungari, che devastavano le terre
tedesche, sino a che nel 955 a Lechfeld riportò una vittoria definitiva, annullando il pericolo di
nuove scorrerie.
L’organizzazione del regno vede l’introduzione dei VESCOVI-CONTI: godendo di piena libertà nella
scelta di abati e vescovi, che in genere appartenevano alle famiglie che gli erano fedeli, Ottone
li investì sia delle funzioni pubbliche sia di quelle spirituali; li utilizzò così per il governo di città
e comitati della nazione tedesca, favorendone il ruolo di signori territoriali in grado di
convocare e comandare contingenti armati e pretese da loro una riforma in campo religioso,
con l'intento di combattere una certa rilassatezza dei costumi, diffusasi tra il clero e i
monasteri d'Europa, che pure in Germania appariva meno grave rispetto a quanto rilevabile
in altri paesi.
Il re di Germania scende IN ITALIA [170]:
 nel 951, Ottone sposa Adelaide (vedova di Lotario – figlio di Ugo di Provenza – minacciata
dalle manovre di Berengario II, marchese di Ivrea, il quale aveva cinto la corona d'Italia e
stava producendo una progressiva destabilizzazione politica nell'area settentrionale
della penisola), pretende un atto di sottomissione dalla feudalità italica e dallo stesso
Berengario, il quale si piegò temporaneamente alla volontà del sovrano tedesco, salvo
poi persistere nelle trame e nelle manovre politiche che già da tempo perseguiva.
 nel 961, il re di Germania fece prigioniero Berengario, assunse la corona del regno
d'Italia e si recò a Roma per ricevere la CORONA IMPERIALE da papa Giovanni XII (962).
Ottone era animato dalla forte ambizione di una RENOVATIO IMPERII [171], concepita come una
puntuale imitazione della regalità carolingia: nella cerimonia dell'INCORONAZIONE (962) anche i
contemporanei individuarono una restaurazione dell'Impero di Carlo Magno, nella prospettiva
di una REALE COLLABORAZIONE TRA PAPATO E IMPERO.
Dal 966 al 972 Ottone I rimase in Italia [172], interessandosi delle TERRE MERIDIONALI, controllate
dai bizantini (almeno in teoria, ma in realtà sotto continuo assedio degli arabi). Una sfortunata
campagna militare lo convinse a intavolare trattative con gli imperatori d'Oriente, cercando
da parte loro il riconoscimento del proprio titolo. Riuscì infine a concordare le nozze tra suo
figlio (Ottone II) e la principessa bizantina Teofane (che porta in dote territori dell'Italia
meridionale).
Politica religiosa
 In Germania [169], come abbiamo detto, nomina i VESCOVI-CONTI, spesso tra i figli
primogeniti delle nobili famiglie germaniche, ottenendo così il loro appoggio.
Ora, nella manualistica [175] è ancora diffusa la convinzione che tale azione di Ottone I abbia
solo il vantaggio di evitare la trasmissione ereditaria degli stessi poteri (i vescovi non
potevano avere figli legittimi) e di garantire in tal modo la compagine del regno. Tuttavia, gli
studi hanno portato a mettere in discussione questa affermazione a livello generale: in realtà
la situazione era molto più ricca, poiché c’erano vescovi-conti ma certamente ANCHE ALTRE
FORME DI POTERE.

 Altro importante fronte è quello dell’AZIONE MISSIONARIA: certamente di evangelizzazione,


ma con dietro una problematica di tipo politico, poiché Ottone I intendeva estendere la
propria autorità anche verso le regioni slave di Magonza e Magdeburgo.
 Un terzo aspetto è NEI CONFRONTI DEL PAPATO [170]; infatti, al rito di unzione e consacrazione
celebrato in San Pietro (962) corrispose da parte dell’imperatore la sottoscrizione di un
PACTUM con il papa, sul modello dei precedenti pacta carolingi, il PRIVILEGIUM OTHONIS
(Privilegio ottomano), che:
 rinnovò le donazioni (invero utopistiche) della PROMISSIO CARISIACA (concesse da Pipino e
Carlo),
 estese il territorio posto sotto il diretto controllo della CHIESA DI ROMA,
 assicurò al successore di Pietro la propria PROTEZIONE;
 ripristinò la CONSTITUTUM LOTARII dell’824, che prevedeva che l'elezione del papa sarebbe
stata:
 libera (non condizionata dalle famiglie aristocratiche) e affidata al clero e al popolo
romano,
 ma necessitava dell'approvazione dell'imperatore (o di suoi legati) e avrebbe dovuto
giurargli fedeltà (nascerà da qui il problema delle investiture).
Tutta questa situazione, condusse allo SCONTRO CON PAPA GIOVANNI XII, il quale cominciò a tramare
per liberarsi dell'ingombrante protettore. Ma l'imperatore non perse tempo: tornò a Roma
(963) – dalla quale il giovane papa era precipitosamente fuggito – e convocò un SOLENNE SINODO:
poiché “prima sedes a nemine iudicatur nisi a fide devius” (il papa non può esser giudicato a
meno che sia eretico), il pontefice fuggitivo fu accusato di condotta immorale e di apostasia,
quindi fu deposto.
La vendicativa risposta e il tentativo di insediarsi nuovamente nell'Urbe di Giovanni XII furono
prontamente rintuzzati da Ottone I, che, sceso nuovamente a Roma, lo costrinse alla fuga sui
monti della Campania, dove in pochi mesi si ridusse a vivere di espedienti e trovò
un'INDECOROSA MORTE (morì di un colpo apoplettico mentre si divertiva con una donna sposata).
Al suo posto, salì sul soglio pontificio, LEONE VIII (963-965), il quale, assieme all’imperatore
dovette deporre l'antipapa (Benedetto V), che era stato nel frattempo eletto dai romani, dopo
avergli spezzato con esplicito e teatrale gesto il bastone pastorale sulla testa.
Il pontefice, sulla nomina del quale restano dubbi di legittimità, attribuì al sovrano sassone e ai
suoi successori il diritto di elezione del papa e dei vescovi e sancì l'obbligo di consacrazione
solo a seguito dell'atto dell'investitura.
Relazioni tra Papato e Impero
Come abbiamo detto, Ottone I aveva la forte ambizione di una renovatio imperii, con una reale
collaborazione tra Papato e Impero, sicché la sua CONSACRAZIONE ebbe grande solennità [171]:
il mantello, la mitria e la corona utilizzati per l'incoronazione riprendevano gli
elementi propri dell'ammanto del sommo sacerdote in Gerusalemme. Anche la
corona imperiale (un manufatto probabilmente voluto da Ottone in un momento
successivo alla sua incoronazione e oggi conservata a Vienna) rivelava nella sua
struttura, nelle decorazioni a smalto, nella disposizione e nella scelta delle gemme i
simboli di una precisa concezione della regalità e si proponeva come sintesi visiva
della storia della salvezza. Tre smalti in particolare rappresentano modelli propri
della regalità veterotestamentaria: Davide (il re santo e forte in guerra), Salomone
(re giusto e saggio), Ezechia (il re timorato di Dio).
Il cartiglio che i primi due sovrani reggono ha forma di M (forse un rinvio a
Melchisedek, il biblico re e sacerdote). Il quarto smalto raffigura un Cristo
pantocratore in trono con la scritta dettata dalla Sapienza: «Per me reges regnant»
(i re regnano grazie a me).
Le centoquarantaquattro pietre (non a caso multiplo di dodici) che la ornano
rimandano al numero delle tribù di Israele e degli apostoli.
L'imperatore diventava così REX ET SACERDOS, immagine vivente dell'Unto del Signore, sino ad
acquisire nel successivo regno di Corrado II (1024-1039) la qualifica di vicarius Christi. Nel
connubio tra regno e sacerdozio sotto la guida del sovrano, nella consapevolezza
dell'importanza della tradizione culturale cristiana, nell'ispirazione all'universalismo di Roma,
l'Impero aveva individuato gli elementi della propria specificità culturale e politica.
Da Ottone in poi il legame tra sovrani tedeschi e la sede di Pietro [172] si ripropose inscindibile,
basato sulla convinzione che agli imperatori era assegnata, quale compito primario, la
missione di protettori della cristianità e di Roma. La collaborazione era sancita da un testo
antico e venerabile, la LETTERA DI PAPA GELASIO ALL'IMPERATORE ATANASIO nel 494: «Due sono,
imperatore augusto, i princìpi per i quali il mondo è retto: la sacra autorità dei pontefici e il
potere regale». E quindi se Cristo era stato al tempo stesso re e sacerdote, ora che il sacerdozio
e la regalità erano distinte, erano chiamate entrambe a cooperare per il bene comune e la
salvezza di tutti.
Le reazioni del mondo tedesco furono tuttavia non del tutto favorevoli alla prospettiva che si
andava affermando: alcuni colti chierici della corte vi ravvisarono un rischio insidioso, al quale
invano tentarono di opporre un impegno tutto legato alla realtà germanica e alla frontiera
orientale. Le tormentate vicende romane di Ottone I e dei suoi successori avrebbero mostrato
che tali preoccupazioni non erano infondate. Dal 966 al 972 l'imperatore rimase in Italia.
Ottone II (955 – 983)
Interesse per l’Italia meridionale
Le nozze di Ottone II con la principessa bizantina Teofane avevano portato in dote territori
bizantini del sud Italia [172].
Nel 980 Ottone II raggiunse Roma con l'intento di condurre una campagna militare contro i
saraceni. L'esito sfortunato della sconfitta a Stilo (982) non lo demoralizzò; cercò di
riorganizzare le proprie forze, ma la morte lo colse improvvisamente nel 983.
Ottone III (980 – 1002)
Salì sul trono il piccolo Ottone III [173], cresciuto dalla madre TEOFANE (moglie di Ottone II) e
dalla energica nonna ADELAIDE (moglie di Ottone I).
Progetto politico: universalità dell’Impero
Uscito di tutela all'età di sedici anni, Ottone III riprende il progetto politico di suo nonno: una
renovatio imperii, possibile solo per mezzo di una collaborazione tra Regnum (potere politico)
e Sacerdotium (potere religioso).
Con un SINCERO SPIRITO RELIGIOSO, cerca di dare effettivi contenuti alla teoria della reciproca e
concorde collaborazione tra sacerdozio e regno, proponendo tale realtà quale garanzia di pace
e di giustizia per l'intera umanità, guida terrena per l'eterna salvezza di ogni uomo:
 nomina pontefice GREGORIO V (996-999), che però muore precocemente;
 favorisce l'elezione di SILVESTRO II (999-1003), uno degli uomini più colti del tempo (il
nome assunto ha forte valenza simbolica, poiché Silvestro I fu il papa di Costantino: anche
questo è un segno dell’intenzione di renovatio imperii);
 garantisce la libertà alla Chiesa, la potenza del popolo romano, la prosperità e forza
dell'Impero; i collaboratori dell'imperatore e del papa si rivolgono a loro come a «due
astri» che illuminano e purificano la terra «si che uno valga col ferro e l'altro faccia
squillare la parola».
Ottone III muore all'età di ventidue anni (1002), lasciando un'impegnativa eredità.
Enrico II (san) (1002 – 1024)
Progetto politico
Enrico II, l'ultimo dei re sassoni, predilesse un'azione attenta a costituire una solida base di
potere in Germania e al controllo dei passi alpini. Tuttavia, anche lui ebbe coscienza che il
prestigio del sovrano tedesco era ormai strettamente connesso al controllo del Regno italico
e alla corona imperiale: l'INCORONAZIONE IMPERIALE (1014) lo portò sulla scena di una Roma
nuovamente dominata dalle famiglie locali e in particolare dalla potente dinastia dei CONTI DI
TUSCOLO, che da un secolo contendevano ai sovrani tedeschi il controllo della nomina del
pontefice.
Progetto “religioso”: Chiesa imperiale
Enrico II sviluppò inoltre un vero e proprio sistema di CHIESA IMPERIALE, avocando a sé la nomina
di vescovi per sedi episcopali, che poi gravò (come molti monasteri) dell'obbligo dell'ospitalità.
Inoltre, convocò sinodi di riforma del clero: tra i più efficaci il SINODO DI PAVIA (1022) che affermò
il celibato dei chierici fin dal suddiaconato e si preoccupò di tutelare il patrimonio delle Chiese.
L'imperatore morì nel 1024: più di un secolo dopo sarebbe stato CANONIZZATO da papa Eugenio
III (1145-1153), che ne avrebbe idealizzato la figura.
LA RIFORMA GREGORIANA (“Libertas ecclesiae”)
1. Secoli IX-X: decadenza della Chiesa
In questo tempo di decadenza della Chiesa [177], la storiografia della prima metà del
Novecento ha insistito fortemente sull’immagine di Chiesa assorbita nel sistema feudale e
caduta in balia dei laici, che l'avrebbero trascinata in uno stato di corruzione e di degrado
morale.
 SIMONIA
Il termine, che allude alla vicenda di Simon Mago (cfr. At 8,9-24), sta a indicare la pratica
della compravendita delle cariche ecclesiastiche. Già Gregorio Magno aveva parlato e
denunciato la simonia profondamente legata all’eresia (problematica che si svilupperà
ampiamente anche in teologia), secondo tre modalità:
 munus a manu (tramite denaro);
 munus ab obsequio (per mezzo di favori);
 munus a lingua (intercessione per farti ottenere qualcos’altro).

 NICOLAISMO
Il termine, forse derivato da Nicola diacono che secondo Ireneo sarebbe stato il capo di una
setta eretica dai costumi dissoluti, dice la progressiva immoralità di un clero dedito a una
consistente venalità e a comportamenti lussuriosi e corrisponderebbe al diffuso disprezzo
del clero per il celibato, il quale – pur indicato come condizione più opportuna dai Padri della
Chiesa e da canoni conciliari – non era ampiamente praticato, anzi piuttosto robusta era
anche in Occidente la tradizione di un clero legittimamente ammogliato. Più che rivelarsi
discutibile nel profilo morale, tale scelta alimentava il problema della dispersione dei
patrimoni ecclesiastici, assegnati in eredità dai sacerdoti ai propri figli.
 IN BALIA DEL POTERE POLITICO
La sacralizzazione del potere regio (e imperiale) e l'istituto della chiesa privata [179] furono
i due elementi che favorirono l'intromissione dei laici nell'istituzione ecclesiastica e
generarono una innegabile commistione tra ambito temporale e ambito spirituale, tra sacro
e profano, ma al tempo stesso costituirono anche uno dei fattori che portò alla riforma del
tessuto ecclesiale del nuovo millennio.
Il rapporto aristocrazia e sedi vescovili [178] era forte: a partire dalla metà del X secolo gli
Ottoni in Germania e in Italia, riprendendo la politica dei carolingi, rafforzarono l'inserimento
dell'alto clero nel sistema istituzionale dei regni; in Francia il fenomeno, pur assumendo
connotati differenti, poiché vescovi e abati sfuggivano al diretto controllo della monarchia,
si radicò in ambiti più strettamente regionali e locali.
Sappiamo che Ottone I, nell'intento di contenere le autonomie dei conti, investì
diffusamente i vescovi delle città italiane di funzioni e poteri propri della funzione comitale
(vescovi-conti) [175].
Fermenti riformatori
Monachesimo
Cluny
La commistione tra origine e posizione sociale e ufficio ecclesiastico, propria della cosiddetta
Chiesa feudale, si rese inoltre manifestamente evidente nel caso del monachesimo riformato
e in particolare di CLUNY [178]: a partire proprio da qui, il monachesimo riformato rappresentò
il motore di una diffusa riforma della Chiesa feudale.
La grande abbazia [225ss] nacque nel 909 (o 910), in un tempo tormentato dalle lotte tra le
grandi famiglie aristocratiche e dalle scorrerie dei nuovi barbari (saraceni, normanni, ungari),
per il dono del duca Guglielmo di Aquitania (fondatore insieme all’energico abate riformatore
Bernone)
«trasmetto i seguenti beni, di mia legittima proprietà, DALLA MIA SIGNORIA A QUELLA DEI
SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, e cioè la villa di Cluny con la corte e la parte dominica [la
pars dominica era la parte riservata al padrone, mentre la pars massaricia era meno
produttiva e data da lavorare ad altri, che ne dovevano pagare le decime] e la
cappella che vi si trova, in onore di Maria, santa madre di Dio, e di san Pietro, con
tutte le pertinenze, vale a dire ville, cappelle, servi dei due sessi, vigne, campi, prati,
boschi, acque e corsi d'acqua, mulini, vie d'accesso e d'uscita, colto ed incolto, nella
loro interezza».
Il fine perseguito era costruire un MONASTERO DI REGOLARI in onore dei santi apostoli Pietro e
Paolo, che si raccogliessero e vivessero secondo la Regola di san Benedetto, possedendo in
perpetuità quei beni «sicché in quel luogo sia con fedeltà frequentato un venerabile asilo di
preghiera con voti e suppliche e si ricerchi e si desideri la vita celeste con ogni desiderio e
intimo ardore, e assiduamente siano levate al Signore orazioni, invocazioni e suppliche tanto
per me quanto per tutti coloro di cui sopra si è fatta memoria».
Cluny nasceva, dunque, nel grande alveo della tradizione benedettina, cercando un ritorno alle
origini, allo spirito autentico della Regola di Benedetto. Un nuovo tipo di monastero, non più
legato alle famiglie aristocratiche, ma a Roma:
 esaltava soprattutto l'importanza e il tempo dedicato alla PREGHIERA [226], sottolineando
la pratica della VITA COMUNITARIA ritmata dall'ufficiatura, che diverrà sempre più
impegnativa sino a occupare l'intera giornata del monaco; si svilupparono le quotidiane,
solenni e accurate liturgie.
 decisivo fu il ruolo dei PRIMI ABATI [227], certamente personalità di rilievo che assicurarono
una duratura continuità di governo a Cluny e ai priorati dipendenti, praticata con carità
e fermezza (l'abate Odone, l'aristocratico Maiolo, Odilone, Ugo di Semur, Pietro di
Montboissier).
 era un monastero esente [229]: il testamento di Guglielmo di Aquitania tutelava Cluny
dalle ingerenze esterne dei laici, ma non prevedeva nessuna immediata restrizione
dell'autorità del vescovo, che conservava i propri diritti in materia di ordinazioni,
provvedimenti disciplinari e giudiziari; il monastero si trovava dunque in una condizione
simile a quella degli altri cenobi europei; anche i papi (sino a metà X secolo), si limitarono
a confermare l'atto di Guglielmo.
In un periodo, infatti, in cui si lascia La situazione faticosa della vita religiosa si spiega per il fatto
che in questo periodo le famiglie aristocratiche lasciavano tutta l’eredità al solo primogenito,
per non dividere il patrimonio e non indebolire il potere familiare, gli altri figli andavano in
monastero o in battaglia, mentre le figlie venivano sposate per alleanze economiche e
politiche, oppure venivano mandate in monastero. La riforma che parte dal monastero di
Cluny è il primo grande segno di scossa e ritorno ad una autenticità.
Il modello di Cluny persiste come esemplare per il mondo monastico occidentale, ma non
mancarono esempi di abbazie e di reti monastiche che individuarono modalità di vita
religiosa e percorsi differenti [230 ss].
Vita eremitica
 ROMUALDO fonda, forse nel 1023, una laura (una sorta di villaggio eremitico) a Camaldoli:
pur restando per molti aspetti una figura poco conosciuta si rivelerà determinante per le
sorti dell'eremitismo occidentale. Non è un legislatore e le sue raccomandazioni si
concentrano in particolare sulla lettura continua e consapevole dei Salmi. Notevole è il
fascino che quest'uomo, la sua parola e il suo esempio esercitano sui contemporanei; e il
successo di Camaldoli portò ad una vasta diffusione tra l'Italia centrale, la Sardegna, il
Veneto e l'Istria.
 PIER DAMIANI diviene punto di riferimento del movimento eremitico alla scomparsa di
Romualdo: si dedicò a perfezionare l'esperienza eremitica in austerità di vita e dedizione
allo studio.
 BRUNO DI COLONIA, con sei compagni, si ritira in montagna nella regione di Grenoble, per dar
vita alla nuova fondazione della Gronde-Chartreuse. Quello certosino si qualifica come
eremitismo claustrale, la cui continuità nello stile di vita venne assicurata dal piccolo
numero dei componenti la comunità, dalla rigidità con cui si osservò (e si difese)
l'isolamento, da un regime di vita frugale.
 GIOVANNI GUALBERTO fonda l’esperienza di Vallombrosa: una comunità di ispirazione
benedettina, isolata dal mondo, connotata da una rigida povertà; le abitazioni sono povere
capanne, lo stile di vita è frugale; si cerca inoltre di evitare che i monaci diventino anche
sacerdoti.
Vita cenobitica
Molti dei fattori sopra indicati (desiderio di recupero dell'originalità della Regola di Benedetto,
desiderio di vita austera, attenzione alla povertà evangelica, fascino della vita eremitica) [237]
si ritrovano anche alle origini di Cîteaux.
ROBERTO DI MOLESMES, desideroso di sperimentare un autentico rinnovamento della vita
monastica e religiosa, assieme a un gruppo di altri monaci, fondò un nuovo monastero in una
zona desertica e paludosa, a sud di Digione (1098). Il luogo venne indicato con il nome di
Cistercium (Cîteaux), per la diffusa presenza di giunchi (cistels) e di acquitrini [238].
Fu in qualche modo una secessione, effettuata da monaci che avevano infranto il voto di
stabilitas monastica e presentavano la loro iniziativa come una sorta di contestazione alle
consuetudini del monachesimo tradizionale e al modo con cui Cluny applicava la Regula
Benedicti.
I primi tempi non furono affatto facili, per il carattere aspro della vita anacoretica praticata dai
monaci, che vivevano in alloggi provvisori, in uno spazio inospitale, mantenendosi con un
intenso lavoro manuale. Restò vivo il fervore religioso, ma il terzo abate STEFANO HARDING,
preoccupato per le difficoltà materiali che incontrava quella comunità troppo esigua per
affrontare condizioni tanto dure, pensò di trasferire altrove il cenobio; fu allora (1112) che gli
si presentò, con una trentina di compagni, BERNARDO DI FONTAINE, chiedendo di essere accolto
in quel monastero. Da quel momento Cîteaux muta e tende a trasformarsi in un Ordine
numeroso, che ritrova le proprie origini nella Charta caritatis (la Carta della carità) stesa e
promulgata dall'abate Stefano (1119). Il monachesimo cistercense, nato come fuga dal
mondo, si radicò dentro il contesto sociale del tempo, ponendosi come simbolo della fugacità
dei beni terreni e della eternità del bene promesso dal Cristo.
Nei monasteri cistercensi si sviluppò gradualmente l'istituto dei CONVERSI [240]: spesso si
trattava di laici, provenienti da alti livelli sociali o dal mondo delle arti e dei mestieri, che
decidevano di entrare nella vita religiosa e recavano con sé competenze e preparazione
professionale. I conversi si consegnavano all'abate e si impegnavano a vivere in castità,
obbedienza e povertà. L'aver scelto la gestione diretta dei propri beni fece sì che i conversi
fossero chiamati direttamente alla gestione di questi beni, organizzati in aziende agricole di
grande efficienza e di elevata redditività.
Ma la vera grande rivoluzione dell'Ordine cistercense sono le novità organizzative [241] che ne
decretano un innegabile successo, in particolare il CAPITOLO GENERALE e l'ISTITUTO DELLA VISITA: pur
non essendo istituzioni del tutto ignote alla precedenti realtà monastiche, nella tradizione
cistercense esse assumono un peso decisivo, creando una rete di interdipendenze strette e
funzionali.
L'assunzione di un abito chiaro – mentre quello di tradizione benedettina e cluniacense era nero
– segna il deciso cambiamento rispetto al passato, cui si aggiunge la polemica nei confronti di
Cluny: se ne criticano il prestigio e il potere signorile, la ricchezza patrimoniale, la grandiosità
della liturgia, la complessità delle costruzioni architettoniche, la sontuosità degli arredi
liturgici, per opporre la semplicità della vita cistercense, volta a seguire la Regola di Benedetto
nel modo più radicale (arctius et perfectius). Anche per queste caratteristiche il monachesimo
cistercense resterà a lungo nella Chiesa occidentale un modello di vita religiosa e in particolare
monastica.
Imperatore
Tutti gli storici concordano sul fatto che – sicuramente – da Enrico III è vivo l’impegno
dell’impero nella riforma ecclesiale (secondo alcuni anche già prima). Infatti [179], il vincolo
tra Roma e il regno di Germania si rafforzò con l'elezione di ENRICO III (1039-1056), il quale
operò attivamente per l'affermazione della pace religiosa, non accontentandosi di
dichiarazioni formali. Nelle abbazie privilegiò il passaggio dalla dipendenza dell'ordinario
diocesano direttamente all'imperatore, per l'opportunità offerta dalle risorse economiche dei
cenobi ma nello stesso tempo sinceramente interessato alla riforma della vita monastica
[180] e convinto che la protezione accordata fosse la miglior garanzia di libertà.
Un marcato sviluppo aveva contraddistinto in questi decenni la Chiesa in Germania, costituita
da una SALDA RETE DI EPISCOPATI E DI MONASTERI LEGATI AL SOVRANO, sostenuta da alleanze familiari,
fondata su proprietà fondiarie e beneficata da numerose immunità, elementi che la resero
anche un efficace sistema di controllo sul territorio: è a cosiddetta REICHSKIRCHE (Chiesa del
regno), erede diretta dello stretto legame tra Regnum e Sacerdotium realizzatosi tra IX e XI
secolo, sancito anche nella canonistica del tempo (come testimonia l'opera di Burcardo di
Worms, morto nel 1025).
Nel 1046 volse la propria attenzione alla Chiesa di Roma e vi trovò TRE PAPI, ciascuno
rappresentativo delle diverse fazioni ed espressione della lotta in corso tra le famiglie romane:
 Benedetto IX, nipote di Teofilatto, sostenuto dalla famiglia dei Tuscolo;
 Silvestro III, sostenuto dalla famiglia dei Crescenzi, ben presto cacciato dal Benedetto IX;
 Gregorio VI, uomo apparentemente pulito, primo grande segno del rinnovo del papato,
ma che si scopre aveva convinto Benedetto IX a lasciare il soglio pontificio per mezzo di
simonia.
Così, nel SINODO DI SUTRI (1046) li depose o li convinse a dimettersi. La questione non è da poco,
poiché c’è da domandarsi – in caso di deposizione – se ciò valse a motivo del privilegium
Othonis; in ogni caso, dal punto di vista storico, questo è uno dei momenti più alti del
CESAROPAPISMO: da qui partirà tutto il movimento di reazione a tale situazione.

In loro vece nominò CLEMENTE II e che consacrò e incoronò imperatore Enrico III. Questi, conscio
della necessità di liberare il Papato dai vincoli e dagli interessi dell'aristocrazia romana, aveva
dimostrato il chiaro intento di intervenire anche sulle questioni interne della Chiesa, facendo
ricorso al privilegium Othonis: agì in modo che non si nominassero papi di origine italiana.
 VALUTAZIONI “RELIGIOSE”:Enrico III è stato un sincero sostenitore delle Chiesa e portò avanti
la riforma dei monasteri, ma anche una riforma del papato perché fosse libero.
 VALUTAZIONI POLITICHE: molti papi vennero dalla Germania, concedendo libertà al papato e
alzando il livello umano e culturale; certo si creò un profondo legame tra Regnum e
Sacerdotium, che però divenne – con il sinodo di Sutri – troppo stretto e portò ad una
successiva reazione; bisogna però anche considerare che il legame col papato gli dava
maggior controllo sul territorio italiano (l'imperatore aveva infatti assunto il patriziato
romano che, associandolo strettamente alla città, gli consentiva un più diretto controllo
sull'elezione papale).
Papato
Papi tedeschi: riforma “CON” l’aiuto dell’Imperatore
L'azione imperiale non si limitò alla Germania [181], ma investì la penisola italiana: la
Reichskirche si estendeva anche a importanti sedi episcopali italiane con una notevole
presenza di vescovi di origini bavaresi; secondo una collaudata prassi, Enrico III si interessò
direttamente della scelta del candidato papa: non si limitò a nominare papi qualificati ma
supportò la loro azione di riforma.
Clemente II e Damaso II
PAPA CLEMENTE II (1046-1047), che già nella scelta del nome indicava un desiderio di ritorno alla
Chiesa delle origini, in collaborazione con l'imperatore, in un sinodo del 1047 minacciò di
anatema chi avesse venduto le cariche ecclesiastiche e condannò a quaranta giorni di
penitenza i preti che si fossero fatti consacrare da un simoniaco.
PAPA DAMASO II (17 luglio 1048 – 9 agosto 1048), che però regnò solo 33 giorni.
Leone IX
PAPA LEONE IX (1049 – 1054) [181] entrò in Roma vestendo l'abito dei pellegrini, dopo aver
dichiarato che avrebbe accettato la nomina solo se i romani l'avessero eletto loro vescovo.
 Eletto a 46 anni, di grande statura, fu il primo papa che attraversò l'Europa con numerosi
e ripetuti viaggi, nell'intento di affermare il proprio potere sull'intera Chiesa, facendosi
conoscere e imponendosi anche visivamente: anche questo diviene un fattore importante
nel progressivo maturare del primato di Roma.
 Dovette fronteggiare il problema della dirompente iniziativa militare dei normanni [183],
che nel meridione d'Italia stavano costruendo un nuovo regno; il papa subì una pesante
sconfitta a Civitate (1053), dove i normanni distrussero le truppe pontificie. Caduto
prigioniero dell'esercito nemico, fu costretto ad accettare l'omaggio del Guiscardo: in
questo modo il principe normanno era riuscito a trovare la legittimazione di cui aveva
necessità, ma da questo legame anche lo stesso Papato avrebbe in futuro tratto un
vantaggio.
 Nel concilio di Reims (fuori dall'ambito di giurisdizione imperiale) del 1049 viene:
 sostenuto il principio della necessità dell'elezione ecclesiastica, pur senza opporsi
all'imperatore (il papa afferma: «nessuno può assumere il governo di una chiesa senza
essere eletto dal clero e dal popolo»; non si schiera direttamente contro l’intromissione
dell’imperatore, ma vi si avvia);
 affermata per il papa la legittimità del titolo apostolicus in quanto successore di Pietro e
Paolo;
 condannata la simonia, tra le proteste del clero francese, ma col sostegno di Ugo di
Cluny.
 Minato nel fisico e provato dagli ultimi eventi, Leone IX moriva a Roma nel 1054. Poco
prima si era proceduto in Costantinopoli alla reciproca scomunica tra le due Chiese [184].
Succedeva a Leone IX, dopo una lunga serie di trattative, PAPA VITTORE II (1055-1057).
 La RIFLESSIONE TEORICA [183] si concentrò sulla questione del primato del Papa, che si
riteneva derivato dal primato di Pietro: tale convinzione emergeva anche nel Decretum di
Burcardo (risalente a metà d anni Venti del secolo), che accoglieva testi delle False
decretali; l'azione successiva del Papato avrebbe portato a maturazione tali intuizioni.
Anche nelle sue lettere il papa dimostra una concezione del proprio ruolo come centro
dinamico e punto di convergenza per l'intera Chiesa e per la gerarchia ecclesiastica. Si fece
progressivamente largo la convinzione che una vera riforma della Chiesa sarebbe stata
possibile solo con l'affermazione del primato romano, non più solo sul piano teorico ma
anche sotto il profilo istituzionale.
 La REALIZZAZIONE PRATICA [182] non tardò:
 CONTRO LA SIMONIA, l'azione del papa sollecitò la riflessione teologica sui problemi legati
alle ordinazioni simoniache, tra posizioni rigoriste che ne invocavano l'invalidità
(Umberto di Silva Candida) e posizioni più equilibrate (Pier Damiani).
 CONTRO IL NICOLAISMO;
 NEL GOVERNO DELLA CHIESA, rafforzò l'istituto dei legati papali; favorì inoltre la nomina a
cardinale di ecclesiastici non direttamente appartenenti al clero romano ma animati
dagli stessi ideali di riforma che muovevano il pontefice: sette erano i cardinali vescovi,
titolari delle sette diocesi suburbicarie (Palestrina, Velletri, Ostia, Albano, Tuscolo,
Porto, Silva Candida); ventiquattro i cardinali preti (titolari delle antiche chiese poste
all'interno delle mura della città) e diciotto i suddiaconi (che anticamente
sovrintendevano a funzioni caritative per i bisogni del popolo).
Vittore II
Minato nel fisico e provato dagli ultimi eventi [184], Leone IX moriva a Roma nel 1054. Gli
succedeva PAPA VITTORE II (1055-1057) che, coinvolto nelle vicende dell'Impero per la morte di
Enrico (1056), seppe abilmente assicurare la successione del futuro Enrico IV e garantire la
reggenza della madre.
 VALUTAZIONE dei papi “tedeschi”:
 liberarono il papato dall’influsso dell’aristocrazia romana;
 incrementarono il prestigio papale (erano di grandissimo livello);
 “dipendenza” dall’Imperatore.
Papi lorenesi: riforma “SENZA” l’aiuto dell’Imperatore
Così chiamati perché provenienti dalla zona della Lorena, in Francia [184].
 PAPA STEFANO IX (1057 – 1058), nominato alla morte di Vittorio II, secondo la consuetudine,
inviò il suddiacono Ildebrando in Germania, per spiegare l’accaduto e ottenere
l'approvazione del re.
 PAPA NICCOLÒ II (1059 – 1061) riavviò più intensamente il processo di riforma della Chiesa
e di rafforzamento della figura del papa: nel SINODO DEL 1059, celebrato in San Giovanni in
Laterano, fu emanato (scritto col determinante contributo di Pier Damiani) un DECRETUM
in cui si distinguevano i criteri per l'elezione del papa da quelli che valevano per i vescovi.
L'elezione del Papa [185] prevedeva tre fasi successive:
 le consultazioni e la scelta espressa dai cardinali vescovi,
 l'associazione degli altri cardinali
 infine, la partecipazione del clero e del popolo romano.
 Il decreto precisava che il papa eletto possiede immediatamente tutti i poteri della sua
carica, indipendentemente dalla presa di possesso della sede romana e che, mentre la
sede è vacante, la Chiesa romana si trovava là dove erano i cardinali vescovi. Questi
princìpi porteranno ad ALLENTARE PROGRESSIVAMENTE IL LEGAME DI PAPA E CARDINALI VESCOVI CON
ROMA.
 Un inciso del decreto «salvo debito honore et reverentia dilecti filii nostri Henrici» («salvo
il dovuto onore e reverenza del nostro figlio diletto, Enrico») allude in modo forse
ambiguo al RUOLO DEL RE DI GERMANIA E FUTURO IMPERATORE: secondo una prima
interpretazione si tratterebbe di un diritto concesso di volta in volta esplicitamente dal
papa, secondo un'altra non presenterebbe riserve di approvazione da parte della sede
romana al ruolo dell'imperatore. Non è dunque chiaro se prosegua il privilegium Othonis
oppure no…
 Il decreto non venne sempre applicato in modo completo, ma la RIDUZIONE DELL'ELETTORATO
ATTIVO al solo gruppo prima dei cardinali vescovi poi di tutti i cardinali, restò un
importante principio.
Niccolò II fece una seconda rilevante scelta: si rivolse ai NORMANNI per tutelarsi dalla nobiltà
romana. Concesse a Roberto il Guiscardo il titolo di «duca di Puglia, Calabria e in futuro con
l'aiuto di Dio e di San Pietro, re di Sicilia», legittimandone l'azione e la costruzione politica che
aveva realizzato; in tal modo il papa individuò nuovi protettori, utili a controbilanciare la tutela
germanica. Il papa si sente autorizzato a fare ciò in nome della Donatio Constantini; sicché
tutte le diocesi dell’Italia meridionale, che erano sotto la giurisdizione bizantina, ora tornano
sotto la giurisdizione romana.
Riforma “contro” l’Imperatore
Alessandro II
Con PAPA ALESSANDRO II (1061 – 1073), proveniente dal movimento lombardo della pataria [190],
c’è un forte incremento della “riforma” (gregoriana, ovvero di Gregorio VII in particolare)
[191], segnata anzitutto dall’accentuazione della figura dei legati (come fossero i nunzi
attuali), inviati in tutta Europa per rinsaldare così il prestigio e l'autorità del Papato;
specialmente:
 in Francia;
 in Inghilterra dove avviene la conquista da parte dei normanni (battaglia di Hastings,
1066) che approfittano della crisi alla successione del re Edoardo (papa Alessandro II
riconosce, con una specie di legittimazione, Guglielmo il conquistatore come re
d’Inghilterra che, per sdebitarsi, riallaccia i rapporti tra Inghilterra e Roma);
 in Spagna, che vive il tempo della reconquista;
 in Germania, in cui ci sono tensioni con l’imperatore Enrico IV (che voleva ripudiare la
moglie Berta, mentre il papa si oppone);
 in Italia con i legami con la pataria (movimento laicale nato in Lombardia, accanto alla
riforma).
Gregorio VII
Ildebrando di Soana [191] nasce in Toscana, in provincia di Grosseto.
 Ha una BUONA FORMAZIONE e per questo Leone IX lo inserisce nella cerchia dei suoi
collaboratori (cosicché respira a lungo l’idea della riforma): diventa presto ispiratore di
Gregorio VI (cfr. il Sinodo di Sutri e la sua “simonia” nei confronti di Benedetto IX e poi la
sua rinuncia) e in suo onore si chiamerà Gregorio VII; inoltre, viene mandato in Francia (e
altrove) per numerosi sinodi, …
 Tra le QUESTIONI POLITICHE [192] la prima che si trova ad affrontare è con i normanni che,
dopo un primo periodo in cui sono soggetti a sistema feudale, conquistano territori
dell’Italia meridionale (che torna sotto la giurisdizione romana anziché di Bisanzio) e
continuano le loro mire espansioniste (finché giunse a scomunicare Roberto il Guiscardo).
RIFORMA DELLA CHIESA
La RIFORMA DELLA CHIESA prende avvio da alcuni principi teorici [196]: una marcata, innovativa
concezione ecclesiologica e politica che muove la sua azione e che rivela, più che una specifica
preparazione canonistica, la sua statura di pastore e di politico. Vede il mondo come una lotta
tra bene e male, tra Dio e Satana, e tutti i figli di Dio devono combattere perché si affermi il
Regno di Dio (di pace, giustizia, carità), naturalmente, sotto la guida dell’autorità religiosa.
 VISIONE IEROCRATICA: sotto la visione teocratica (teocrazia: potere da Dio; democrazia: dal
popolo) – che prevarrà fino alla Rivoluzione Francese – sia il potere religioso che politico
vengono da Dio (nell’antichità, tutti – o quasi – i popoli avevano una visione teocratica:
il faraone era anche dio, l’imperatore romano era anche pontefice, …; cambia con
l’avvento del cristianesimo), ma qui si distinguono (cfr. la teoria delle due spade di papa
Gelasio: dovevano collaborare, ciascuno con le proprie competenze). La ierocrazia
risponde a: CHI ESERCITA QUESTO POTERE CHE VIENE DA DIO?
In questa visione il potere è dato in mani sacre: ecco il Sacerdotium; Le motivazioni
spirituali sono superiori ai fini politici e sociali. Basandosi sulle Sacre Scritture, il potere
da Dio va a Gesù, a Pietro e dunque agli altri papi. IL POTERE POLITICO È DUNQUE SOTTO IL
CONTROLLO DEL POTERE RELIGIOSO.

 Tale visione ierocratica si esprime bene in un documento: il DICTATUS PAPAE [196]. Secondo
alcuni:
 una specie di indice delle collezioni canoniche (da completarsi poi citazioni di Scrittura,
Padri, …);
 una specie di schema di Gregorio VII che si era fatto per argomentare al Sinodo di Roma
del 1075.
Non è molto ordinato ma contiene importanti affermazioni a proposito, soprattutto, di:
 teoria sul potere pontificio:
 I. la Chiesa Romana è stata fondata unicamente dal Signore (TEOCRAZIA);
 II. soltanto il Pontefice Romano è a buon diritto chiamato universale (GIURISDIZIONE
UNIVERSALE);
 XXII. la Chiesa Romana non ha mai errato né mai errerà per l'eternità, secondo la
testimonianza delle Scritture (INFALLIBILITÀ);
 XXIII. il Pontefice Romano, se eletto canonicamente, è senza dubbio santificato per i
meriti di San Pietro […] (SANTITÀ).
 potere del Papa sulla Chiesa (sta maturando l’idea di un primato di giurisdizione
papale!):
 III. egli solo può deporre o reinsediare i vescovi;
 IV. in qualunque concilio il suo legato, anche se inferiore di grado, ha autorità superiore
a quella dei vescovi, e può pronunciare sentenze di deposizione contro di loro;
 VII. a lui solo è lecito, in rapporto alle necessità del tempo, promulgare nuove leggi,
riunire nuove congregazioni, rendere abbazia una canonica e viceversa, dividere le
diocesi ricche e unire quelle povere.
 teoria sullo Stato [198]:
 VIII. egli solo può usare le insegne imperiali;
 IX. solo al Papa tutti i principi debbano baciare i piedi;
 XII. gli è lecito deporre gli imperatori;
 XIX. nessuno lo può giudicare;
 XXVII. egli può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso gli iniqui.
Gli STRUMENTI UTILIZZATI perché queste idee vengano accolte e realizzate:
 legati pontifici [192]
 sinodi [193], anzitutto quelli che si realizzano a Roma (ogni anno in quaresima):
 contro il NICOLAISMO (sinodo 1074): allontanamento dei preti concubinari da ogni
ministero e soprattutto dalla celebrazione della Messa (ma, per moderazione, evita
pronunciamenti sulla natura dei sacramenti da questi celebrati);
 contro la SIMONIA (sinodo 1075): rinnova i decreti contro il clero simoniaco e
concubinario; conferma le condanne contro sovrani e un elevato numero di vescovi;
proibisce all'autorità laica di “donare” un vescovado; i metropoliti sono minacciati di
deposizione nel caso consacrino vescovi eletti secondo modalità simoniache.
Si scatena la reazione di TENSIONE DEI VESCOVI, specialmente dei vescovi TEDESCHI [194]: riuniti a
Worms (1076) alla presenza del re chiedevano a «Ildebrando» (l'appellativo dice la volontà di
non riconoscere la validità della sua elezione) di rinunciare al Papato e gli rifiutavano
l'obbedienza.
SCONTRO CON ENRICO IV
Lo SCONTRO CON l’imperatore ENRICO IV [194] si fonda anzitutto basi teoriche [192]: la cancelleria
imperiale non taceva le posizioni della Reichskirche e ricordava che Enrico IV era ministro di
Dio nel ministero del regno e vicarius Christi, così come il papa lo era nel sacerdozio, e anche
la liturgia crea confusione (l’incoronazione imperiale è praticamente uguale alla consacrazione
episcopale).
Enrico IV si preoccupa di rafforzare la Reichskirche in Italia, nominando vescovi a lui fedeli
[193], sicché nel sinodo 1076 [197] giunge la SCOMUNICA del re e la spinta da parte di papa
Gregorio VII a sciogliere i vassalli dal giuramento di fedeltà.
Enrico IV cerca allora di incontrare Gregorio VII in Italia. Il papa, però, si è rifugiato a CANOSSA,
in un castello dell'Appennino emiliano di proprietà della contessa Matilde, per il timore che
questa venuta in Italia possa essere minacciosa. Invece re Enrico chiede il PERDONO DEL PAPA (per
tre giorni a piedi nudi e in abito di penitente) e lo ottenne, in quanto è visto dal papa come un
autentico gesto di conversione (non ragiona a livello politico, ma nella logica di una
collaborazione tra Regnum e Sacerdotium, col primato del papato). Tutto ciò anche grazie alla
mediazione di Ugo abate di Cluny e dopo aver sottoscritto un giuramento nel quale accettava
l'arbitraggio del papa e gli assicurava il proprio sostegno nel conflitto con i vescovi tedeschi.
Tuttavia, Enrico IV recupera l'effettiva autorità sul regno ma temporeggia, evitando di giungere
al colloquium richiesto dal pontefice: così a Enrico IV giunge la SECONDA SCOMUNICA (1080).
Intanto l'arcivescovo di Ravenna Guiberto (Wiberto) [195] si era decisamente schierato con
Enrico e viene eletto papa (ANTIPAPA) in un sinodo imperiale tenutasi a Bressanone (1080) con
il nome di CLEMENTE III (considerato a lungo un personaggio di secondo piano, oggi è
rivalutato): era un colto esponente del clero favorevole a una riforma della Chiesa che si
sarebbe però dovuta realizzare con la tutela imperiale. A lui sono stati attribuiti molti testi
della letteratura polemica avversa a Gregorio, ma oggi si ritiene che si tratti invece di opere
redatte dalla cancelleria imperiale.
Intanto, Gregorio VII viene salvato da Roberto il Guiscardo: a causa del saccheggio cui i
normanni sottopongono la città, Roma non è più sicura per il papa; così Gregorio è costretto
a trasferirsi sotto la protezione del Guiscardo; morirà in esilio a Salerno nell’anno successivo
(1085), dichiarando: «Ho amato la giustizia e ho odiato l'iniquità, perciò muoio in esilio».
GIUDIZIO STORICO
Alla morte di Gregorio VII [199] un’epoca è terminata. Tocca ora alla Chiesa, alla Chiesa romana
in particolare, aprirne un'altra. Con Gregorio VII la riforma già avviata prima di lui (ma giunta
ad un rapporto troppo stretto tra impero e papato) trova il suo apice.
Urbano II
Dopo la morte di Gregorio VII [199] e il breve pontificato di VITTORE III, viene eletto papa URBANO
II (1088 – 1099); tra gli elettori anche aderenti al partito riformatore, sostenuto anche da
Matilde di Canossa, che avrebbe voluto continuare lo scontro con Enrico IV e Clemente III. Il
nuovo papa:
 fa scelte più “moderate” ed evita lo scontro diretto, scegliendo una tattica più duttile;
 approfondisce le basi teoriche: sarà soprattutto YVES DI CHARTRES a distinguere tra ufficio
(incarico affidato) e beneficio (potere ad esso legato); così sia a livello imperiale che
ecclesiale si distinguono lentamente le due questioni e si arriva a comprendere che
servono due nomine differenti: la nomina dell’ufficium spetta al Sacerdotium e quella del
beneficium al Regnum.
 bandisce la crociata: esorta i cavalieri cristiani di organizzarsi per un pellegrinaggio
armato in difesa della cristianità orientale e della Terra Santa (concilio di Clermont, 1095).
Pasquale II
Il successore PASQUALE II (1099-1118) riesce infine a cacciare l'antipapa Clemente III da Roma
[200]. Il nuovo re di Germania, Enrico V (figlio ribelle di Enrico IV), giunge a SUTRI (1111) per
stringere con il papa un accordo: il re avrebbe rinunciato all'investitura degli ecclesiastici, se
al Regnum fossero stati restituiti i diritti regali e le proprietà delle quali gli ecclesiastici erano
stati investiti.
Ma l’intesa fallisce: il papa è prigioniero di Enrico V ed è costretto a incoronarlo imperatore e a
firmare l'ACCORDO DI SETTE FRATTE, che conteneva l'assenso alla pratica delle investiture, in
aperta contraddizione con quanto era stato aspramente asserito e difeso dai suoi
predecessori. L'accordo in realtà conteneva anche buone garanzie per la Sede romana...
Nel giro di pochi anni si giunse infine a un compromesso tra le parti: il CONCORDATO DI WORMS
(1122). Un accordo tra l'imperatore Enrico V e il papa Callisto II, inteso a regolamentare le
elezioni dei vescovi e degli abati nei monasteri imperiali. Si conveniva in particolare che nel
regno di Germania le elezioni si sarebbero svolte:
 in presenza del re o di un suo messo;
 si consegnato all'eletto uno SCETTRO, simbolo del potere temporale e dei doveri del
vescovo verso l'imperatore (non più il pastorale e l'anello).
Nei regni d'Italia e di Borgogna questa stessa cerimonia si sarebbe svolta solo dopo la
consacrazione ecclesiastica, impartita dal papa o dai suoi rappresentanti.
Laicato
Pataria
La PATARIA [190] è un movimento popolare di riforma religiosa e politica nato nel territorio di
Varese poco dopo la metà del secolo dalla predicazione di Arialdo: il forte appello agli ideali
evangelici di povertà e castità riscosse una benevola attenzione tra i laici, soprattutto medi e
piccoli proprietari agricoli, sensibili alla polemica contro le ricchezze del clero, ma ricevette
netto rifiuto dai sacerdoti.
 Deriva forse il suo nome [310] da un termine milanese che indica il raccoglitore di stracci:
proponeva una riforma morale del clero e un suo rigido disciplinamento;
 condannava simoniaci e concubinari;
 riteneva anche invalidi i sacramenti da loro amministrati, così come il matrimonio
contratto da un presbitero e per questo si mosse in uno “sciopero liturgico” (rifiuto dei
sacramenti amministrati da loro).
Il papa Alessandro II (1061-1073), che ben conosceva la situazione milanese, poiché proveniva
egli stesso dal clero ambrosiano [190], concesse il vessillo di San Pietro al capo patarino
Erlembaldo (1063) e giunse, su pressione degli stessi patarini, a scomunicare l'arcivescovo
Guido (1066). Quest'ultima iniziativa provocò irritate e violente reazioni negli ambienti
milanesi, preoccupati di difendere la propria autonomia e la tradizione ambrosiana, sinché si
giunse all'eliminazione fisica dei capi del movimento patarino come il diacono Arialdo, in
seguito canonizzato.
La PATARIA milanese apre la strada alla centralizzazione romana; identicamente accadde a
Firenze con la lotta innescata dagli EREMITI VALLOMBROSANI contro il mons. Mezzabarba, accusato
di simonia.
In questo periodo, inoltre, nasce un ordo laicorum con ampie riflessioni sul matrimonio.
Valutazione storica
Gli eventi del secolo XI [201] costituirono una svolta, di evidente significato storico. Anche i
contemporanei ne percepirono la portata, pur se in loro prevalse l'idea che si fosse verificata
una profonda crisi sia a livello della società sia a livello della Chiesa:
 in crisi la visione ecclesiologica
La lotta delle investiture mise radicalmente in discussione un'ecclesiologia
fondamentalmente unitaria: la morte di Enrico III può essere considerata l'inizio della crisi
di questo sistema, sia per il vuoto di potere politico creatosi sia per la nuova posizione che
la Chiesa aveva assunto, dichiarando di proprio esclusivo appannaggio la lotta contro la
simonia.
 inizia una nuova concezione [202]:
Una nuova immagine di Chiesa, della quale il primato romano era elemento essenziale;
cambia anche l'immagine della società, nella quale i chierici, con decisa presa di coscienza
del proprio ruolo, svolgono una funzione di guida con esplicite funzioni spirituali, culturali
e pastorali.
CROCIATE
1. Termine
Il termine “Crociata” è un termine “tardivo” [359]: nasce ne XIII-XIV secolo, e viene ripreso poi
nel periodo dell’Illuminismo (XVIII secolo); fa riferimento alla piccola croce di stoffa che i
pellegrini e i partecipanti a quella che viene definita prima crociata portavano sulla spalla
(CRUCE SIGNATI).
Ma vengono utilizzati anche altri termini:
 peregrinatio (che sottolinea il valore religioso della mèta, la Terra Santa);
 iter (spedizione armata, in riferimento al carattere militare dell'impresa);
 passagium (alludendo al viaggio in mare per giungere alle lontane sponde di Libano e
Siria).
MAYER è l’autore che meglio definisce cosa sia una crociata:
 è una guerra santa; Agostino parla di “guerra giusta” che per essere tale deve essere:
 dichiarata dalla legittima autorità,
 per iusta causa (ristabilire la giustizia, difendere la patria, recuperare beni incamerati
da altri, punizione di popoli macchiati di ingiustizia),
 condotta in modo legittimo (senza lasciarsi andare a nessuna regola);
 tale guerra giusta diventa “SANTA” se è:
 dichiarata dalla legittima autorità religiosa (Papa),
 il motivo è la difesa del cristianesimo,
 rimane il modo legittimo, ma si prevede anche l’indulgenza per i partecipanti.
 eseguita in forme specifiche in cui ci devono essere:
 un VOTO del partecipante;
 una CERIMONIA: benedizione di bastone e bisaccia (segni del pellegrino) ma anche della
spada, e in cui si veniva cruce signati;
 ottenimento dell’INDULGENZA PLENARIA ma anche di PRIVILEGI TEMPORALI:
 dispensa dal pagamento delle tasse,
 i propri beni vengono “difesi” dalla suprema autorità (Chiesa, vescovi),
 il pagamento dei debiti viene prorogato;
 con fine specifico: che è la LIBERAZIONE DEL SANTO SEPOLCRO.

2. Presupposti delle crociate


Presupposti sociali
Dopo l’anno 1000 (anno decisivo, intorno al quale molti attendono la fine del mondo) si assiste
ad una grande espansione demografica [361]; è un periodo in cui cresce anche la vita di
cavalleria (una delle tipiche espressioni del mondo feudale) con un incremento anche di
violenza diffusa; sicché la Chiesa cerca di mitigare questo clima:
 infonde ideali di giustizia: nelle cerimonie di vestizione del cavaliere le armi venivano
santificate, in modo che venissero utilizzate a tutela del debole, dell'indifeso, della
giustizia (l'unico caso in cui l'uso delle armi veniva considerato giusto e meritevole);
 istituisce tempi e modi:
 la PACE DI DIO = non si possono toccare gli inermi (specie donne e bambini);
 la TREGUA DI DIO = ci sono momenti in cui non si può far guerra;
 canalizzare la violenza per fini “santi”.

Presupposti economici
L'Occidente si trova in piena fase di espansione demografica ed economica e diviene rilevante
il bisogno di nuove terre da coltivare; è inoltre un periodo in cui si sviluppano molto i
commerci (è l’epoca delle REPUBBLICHE MARINARE).
Presupposti politici
Si staglia una nuova situazione dell’Europa, nella quale LA CHIESA – che a lungo era stata una
sorta di cittadella assediata –finalmente NON PIÙ “ASSEDIATA”: inizia infatti il tempo della
“reconquista” (in Italia, in Spagna e anche nell’Europa orientale).
Presupposti religiosi
Si accentuano i PELLEGRINAGGI, anche di tipo penitenziale: l’aspetto penitenziale si era sviluppato
soprattutto intorno all’anno 1000 a motivo dei predicatori millenaristi (che annunciavano la
fine del mondo) e ciò suscito ingenti masse a mettersi in cammino di pellegrinaggio! Le grandi
mete del Medioevo sono GERUSALEMME (croce), ROMA (chiavi), SANTIAGO (conchiglia).
Inoltre, questa è anche l'epoca della RIFORMA GREGORIANA della Chiesa [360], terreno ideale nel
quale si sviluppa l'idea di crociata; un'idea inconcepibile, se si prescinde dal carattere di forte
unità religiosa che la christianitas occidentale assume. È il Papato, attraverso le prove di forza
con l'Impero, a favorire la nascita e lo sviluppo in Occidente di questa nuova realtà. Nelle
crociate alcuni storici vedono così realizzarsi il grande sogno della Chiesa gregoriana, tesa
all'affermazione dell'unica cristianità e per questo pronta a mobilitarsi in aiuto dei cristiani
d'Oriente.
3. Rapporti Cristianità – Islam
Nel corso del secolo XI, i rapporti con l’islam (un islam diviso da scismi) sono complessi e
variegati [360]: gli arabi avevano sempre avuto un rapporto di tolleranza nei confronti dei
cristiani, ma quando in Turchia scendono dal nord i TURCHI SELGIUCHIDI nasce una nuova
minaccia.
Nella battaglia di Mazinkert (1071) i turchi vincono su Bisanzio ed occupano gran parte della
Turchia (strappano la penisola anatolica a Bisanzio) e la Terra Santa!
L'impegno militare era costante e oneroso; per questo i sovrani bizantini accoglievano e
utilizzavano senza problemi quei guerrieri «latini» (franchi e normanni) che, piuttosto
numerosi, in quei decenni erano giunti a Costantinopoli in qualità di soldati mercenari.
4. Concilio di Clermont (1095)
Allora l’IMPERATORE ALESSIO I chiede al papa un aiuto per difendere l’impero e la Terra Santa. Così
al CONCILIO DI CLERMONT (1095), PAPA URBANO II risponde alla richiesta imperiale [361] con un
appello e una promessa: “chiunque per sola devozione e non per falsa brama di ricchezza
andrà a liberare Gerusalemme avrà indulgenza per ogni penitenza”.
La risposta a tale appello è sorprendente (si parla di 50-70 mila persone!): pellegrini, accattoni
d'ogni genere, contadini privi di terra da coltivare, milites alla ricerca di fortuna, di una rendita
e di una posizione sociale, mercanti desiderosi di guadagno o di riscatto morale, uomini di
Chiesa, che già da tempo predicavano l'avvento della Nuova Gerusalemme, ...
Crociata degli “straccioni”
Partirono dalla Germania renana, dalla Francia, dall'Italia settentrionale [361] tumultuose
masse di contadini ridotti in povertà ed esaltati da visioni apocalittiche della storia, guidati da
predicatori itineranti come il famoso Pietro l'Eremita (al grido “Dio lo vuole”); si dispersero nel
bacino del Danubio, saccheggiando i villaggi posti sul loro cammino e MASSACRANDO GLI EBREI che
incontravano.
Si scatena davvero la persecuzione contro gli ebrei: secondo gli storici (specialmente secondo
Franco Cardini) è probabile che i pellegrini fossero in qualche modo sollecitati a compiere i
loro atti di ferocia contro gli ebrei da parte di piccoli mercanti che vedevano un’occasione per
liberarsi dei loro creditori (gli ebrei prestavano a usura facilmente, soprattutto ai piccoli
mercanti).
1^ crociata
La prima crociata parte nel 1096, sotto la guida di grandi capi militari d’Occidente, alla testa
dei propri eserciti: Raimondo, marchese di Provenza, Roberto, duca di Normandia, Ugo di
Vermandois, fratello del re di Francia, Roberto, conte di Fiandra; a questi si aggiunse, partendo
dall'Italia meridionale, il normanno Boemondo di Taranto, figlio del Guiscardo [362].
Gerusalemme cadde nel 1099: si pongono così con urgenza problemi circa:
 l’assetto politico e religioso dei territori conquistati. Forse un iniziale progetto dei
crociati consisteva nell'erigere Gerusalemme in signoria ecclesiastica, da porre sotto la
diretta protezione della Chiesa di Roma. Si crearono e si distribuirono così i territori:
 regno di Gerusalemme (Goffredo di Buglione);
 contea di Tripoli (Raimondo di Tolosa);
 principato della piccola Armenia e principato di Antiochia (Boemondo di Taranto);
 principato di Edessa (Baldovino di Fiandra).
 l’assetto religioso dei nuovi principati [363], nel passare dal dominio bizantino
all’Occidentale. Le sedi patriarcali più autorevoli erano la Chiesa di Antiochia e quella di
Gerusalemme, ma con la progressiva conquista crociata nelle antiche sedi metropolitiche
dell'Oriente si inseriva la Chiesa latina, con un nuovo clero e una nuova liturgia, mentre
non in tutti casi veniva ristabilita l'antica geografia ecclesiastica.
Inoltre, si pone con urgenza il problema di DIFENDERE I TERRITORI CONQUISTATI [364] dagli attacchi
esterni e interni (specialmente dagli arabi). Davanti a tali difficoltà emergono risposte
“originali”: nascono ORDINI MONASTICO-CAVALLERESCHI [365], ovvero militari. Anche se la Chiesa
resta sempre contraria alla guerra, questa assume la concezione di guerra “giusta”, poi
“santa”, e divine infine “crociata”; tuttavia, ai crociati era richiesta una confessione generale
tornando dalla guerra, a dimostrazione che la violenza non era approvata dalla Chiesa).
Gli ordini religiosi divengono militari (questo è un aspetto decisamente importante), con
compiti di polizia di frontiera, specificamente deputati alla difesa dei pellegrini che giungevano
in Terra Santa:
 Templari (detti anche pauperes commilitones Christi), fondati da un gruppo di soldati
francesi nel 1118, così chiamati perché ricevono da Baldovino II come quartier generale
il luogo dove – secondo gli studi archeologici – era posto il Tempio di Salomone; la loro
regola monastica è elaborata da Bernardo di Chiaravalle sulla falsa riga dei cistercensi (il
grande mantello dei templari è bianco come il saio dei cistercensi) ed ha una diffusione
enorme;
 Giovanniti (ospedalieri di San Giovanni), che avevano sede nei pressi del Santo Sepolcro;
il loro nome cambierà progressivamente ed oggi sono i cavalieri di Malta;
 cavalieri teutonici (o dell'ospedale di Santa Maria in Gerusalemme), che nascono in Terra
Santa e hanno [370] il quartier generale nell'ospedale di Santa Maria dei Teutonici; dal
XIII secolo, scelsero come privilegiato campo d'azione l'Europa settentrionale e orientale,
imponendo – a partire dalla Germania – il cristianesimo in quei territori.
Giunge poi la RISCOSSA ISLAMICA [366]: sotto la guida di Saladino, i principati islamici riuscirono
dopo alcuni decenni a riappropriarsi di Edessa (1147) e della stessa Gerusalemme (1187).
In seguito, vennero così organizzate ALTRE CROCIATE [367]:
 SECONDA CROCIATA (1147-1148) guidata da Corrado III re di Germania e da Luigi VII re di
Francia;
 TERZA CROCIATA (1187-1192), condotta dall'imperatore Federico I, da Filippo II re di Francia
e da Riccardo I “Cuor di leone”, re d'Inghilterra;
 QUARTA CROCIATA (1202-1204), la più importante: guerra “santa”, indetta da papa
Innocenzo III con i dovuti rituali, non ebbe il “tipico” obiettivo della crociata (la
liberazione di Gerusalemme). Infatti, il progetto era affidarsi alla Repubblica di Venezia
per trasportare i crociati in Terra Santa, ma per mancanza di soldi, Venezia chiede alcuni
favori in cambio:
 di intervenire in alcune situazioni in Dalmazia;
 di sbarcare a Costantinopoli e occuparla creando l’Impero Latino d’Oriente.
 QUINTA CROCIATA (1217-1221), arenata sul delta del Nilo;
 SESTA CROCIATA (1229), risolta nell'abile trattativa diplomatica che Federico II;
 SETTIMA CROCIATA (1248-1254), guidata da Luigi IX, re di Francia, ma con pesante sconfitta;
 OTTAVA CROCIATA (1270) ancora guidata da Luigi IX, terminata con un’altra cocente
sconfitta.
A queste si devono aggiungere alcune “CROCIATE MINORI”:
 le “crociate dei bambini”:
 nel 1212 dalla zona della Renania circa 8.000 bambini, sotto la guida di Nicolaos di
Colonia (dodicenne), arrivano a Roma, dove papa Innocenzo III li benedice rimandandoli
a casa;
 sempre nel 1212, un bambino pastorello di nome Stefano raduna in Francia 30.000
bambini che vogliono andare a liberare il Santo Sepolcro: partono, ma molti muoiono
in un naufragio e molti altri sono venduti come schiavi sulle coste africane;
 la “crociata dei pastorelli” (1251) vede la guida del pastorello Giacobbe dall’Ungheria:
nel viaggio verso la Terra Santa devastano le case degli ebrei, ma vengono infine presi e
uccisi impiccati.
5. “Nuove crociate”
A parte la prima crociata, nessuna riuscì a raggiungere davvero Gerusalemme e avere successo
militare come previsto [367]. Allora, pur restando il “MITO” DELLA CROCIATA, l’idea si allarga:
 ALTRI OBIETTIVI: vengono viste come “crociate” anche la reconquista, l’evangelizzazione dei
cavalieri teutonici, la spedizione di Cristoforo Colombo (che passa come una crociata per
farsi finanziare il viaggio). La caduta di Costantinopoli del 1453 sotto l'aggressione dei
turchi ottomani ravvivò l'antico sogno, cosicché papa Pio II nel 1460 a Mantova lanciò a
tutta la cristianità un appello per la liberazione di Gerusalemme e contestualmente
dell'antica capitale dell'Impero d'Oriente (nel 1600 Torquato Tasso scriverà la
Gerusalemme liberata, ed anche l’Orlando furioso resta su queste tematiche).
 ALTRI “NEMICI”: i musulmani ma anche gli eretici (vi sarà, ad esempio, una crociata contro
i catari).
6. Valutazione
Oggetto di polemiche, di pregiudizi, di difese di principio, di studi attenti e di ricostruzioni
arbitrarie, dunque, l'idea stessa di crociata [368], e il retroterra mitico a cui rimanda,
divennero parte essenziale della cultura europea almeno dal secolo dell'Illuminismo in poi,
portando con sé gli incubi e le speranze della storia del vecchio continente sino a
rappresentarne un fattore culturale imprescindibile. Ad oggi, si danno VARIE INTERPRETAZIONI,
secondo cui le crociate:
 sarebbero GUERRE DI RELIGIONE, per cancellare l’islam (lettura strettamente militare);
 sarebbero L’ALIBI RELIGIOSO PER L’ASSALTO MILITARE e la conquista dei mercati orientali;
 sarebbero L’ESPRESSIONE TIPICHE DEL MEDIOEVO fanatico e barbaro (come l’Inquisizione);
 “furono il volto militare di un processo di scambio, di confronto, di integrazione, anche
di conoscenza e di stima che ebbero i loro aspetti migliori nelle vicende della storia degli
scambi culturali e commerciali” (dice Cardini).
 Senza fingere che non ci siano stati scontri anche forti e violenti, è necessario però
comprendere il QUADRO PIÙ AMPIO: da sempre ci furono profondi scambi tra mondo
occidentale e arabo, culturali e commerciali. Tutto ciò ha portato al confronto fatto di STIMA
ma anche di SCONTRI MILITARI.
RIFORME DI BASE E RIFORME DI VERTICE TRA IL XII E XIII SECOLO
Subito dopo la Riforma gregoriana (conclusa con il Concordato di Worms del 1122) si
susseguono numerosi concili che si concentrano su problematiche soprattutto di
comportamento ed etica (piuttosto che teologiche come quelli dell’età antica).
1. I primi concili lateranensi, il Papato, l’Impero
Concili
Premessa
Mentre i CONCILI DELL’ETÀ ANTICA (e tardo antica) si svolsero in Oriente sotto la guida
dell’Imperatore, a partire DAL IX SECOLO si celebrano CONCILI GENERALI (normalmente chiamati
“sinodi”, per il carattere meno “universale” poiché spesso sono a livello nazionale), le cui
problematiche affrontate sono di carattere disciplinare, pastorale, organizzativo (l’aspetto
teologico è ormai stato messo a posto…).
Solo DAL XII SECOLO possiamo parlare di “veri” CONCILI [207]:
 sono indetti dal Papa (anche se spesso è presente un suo legato) e ciò evidenzia
l’autorevolezza accordatagli dopo la riforma gregoriana;
 coinvolgono rappresentanti della cristianità occidentale:
 vescovi,
 canonici della cattedrale,
 inviati delle monarchie europee,
 esponenti dell’Università,
 superiori degli ordini religiosi.
 pongono la centralità del Diritto canonico (insieme, ovviamente alla Sacra Scrittura).
Concilio Lateranense I (18 – 27 marzo 1123)
Indetto da papa Callisto II, il CONCILIO LATERANENSE I [208], si svolse a Roma (san Giovanni in
Laterano) e vide la partecipazione di 200/300 vescovi occidentali (dunque non può definirsi
“ecumenico”).
Le FINALITÀ di tale Concilio furono:
 ribadire gli accordi di Worms (concordato del 1122 tra il papa Callisto II e l’imperatore
Enrico V);
 deliberare su problemi evidenziati dalla lotta delle investiture.

Le DECISIONI confluirono in 17 canoni attraverso cui si trattavano:


 la codifica dei decreti della riforma gregoriana (in particolare il problema delle
investiture);
 la consacrazione dei vescovi, nell'intento di rafforzarne il potere:
 can.3 – «Nessuno consacri un vescovo se non è stato eletto secondo le regole
canoniche»;
 can.2 – non venga accolto da nessun vescovo chi è stato scomunicato;
 can.4 – obbligo di governare personalmente la diocesi;
 la questione dei beni ecclesiastici: can.8 – «il vescovo abbia la cura di tutti gli affari
ecclesiastici e che li amministri come se Dio lo vedesse»;
 l’esercizio sacerdotale dei monaci: can.16 – per l'esercizio sacerdotale e della cura
animarum devono ottenere il permesso del presule della diocesi in cui sorgeva il
monastero;
 la condanna della simonia e del concubinato;
 l’indulgenza plenaria a coloro che si fossero recati in Terrasanta per difendere
Gerusalemme e a combattere gli infedeli.
Questo concilio ebbe GRANDE IMPORTANZA perché fu “CONCLUSIVO” DI UN’EPOCA: era stato superato
il modo di procedere dei papi riformatori nell'ambito delle diocesi (sovente in antitesi ai
vescovi che si opponevano al loro operato), mentre si aveva fiducia nella collaborazione di
vescovi e monaci per la riforma ecclesiale.
Concilio Lateranense II (2 aprile – 17 aprile 1139)
Indetto da papa Innocenzo II [210], vide una numerosa partecipazione dei vescovi (circa mille,
dei quali uno solo era venuto dall’Oriente: il patriarca latino di Antiochia).
Le FINALITÀ furono di:
 ricostituire l’unità [209 – 210] dopo lo scisma (1130) nel collegio cardinalizio circa
l’elezione pontificia: la famiglia aristocratica romana dei FRANGIPANE sostenevano
Innocenzo II, mentre quella dei PIERLEONI spingevano per Anacleto II;
 ribadire l’autorità del Papa.

Le DECISIONI [211] riguardarono:


 la condotta morale del clero;
 can.6 – proibisce la coabitazione con una donna (moglie o concubina) dal
suddiaconato;
 can.7 – vieta di ascoltare la Messa del sacerdote che si sappia coabitare con tale
donna;
 can.16 – unione coniugale degli ecclesiastici illecita e invalida (divieto di
ereditarietà);
 can.17 – «proibiamo decisamente le unioni matrimoniali tra consanguinei»;
 can21. – figli di ecclesiastici non possono divenire preti;
 il sacramento della penitenza: can.22 – i preti non concedano l'assoluzione a chi non si
pente di tutti i propri peccati o non evita le occasioni che inducano nuovamente a
peccare;
 l’elezione del vescovo è confermata da svolgersi in seno al capitolo della cattedrale
(can.28);
 gli eretici: coloro che, sotto il pretesto di autentica fede, non riconoscono validi e
disprezzano l’eucaristia, il battesimo dei fanciulli, il sacramento dell’ordine e del
matrimonio (can.23).
In questo periodo [211 – 212] si sviluppano CORRENTI ERETICHE (in particolare quella dei catari) o
movimenti che oscillano tra eterodossia e ortodossia, in profonda polemica con la curia
romana, viziata, secondo gli appartenenti a questi gruppi, da eccessivo fiscalismo e assai
lontana dalle esigenze più vive del corpo della Chiesa. In particolare fu significativo un certo
monaco Enrico (influente su Valdesio):
 non avendo gli infanti consapevolezza per credere, il loro battesimo impartito non ha
valore;
 i bimbi non hanno peccato originale poiché condizione per entrare nel regno dei cieli è
di diventare come bambini;
 la vera Chiesa è costituita dai fedeli che vivono santamente i precetti della Scrittura.

Imperatore
Federico Barbarossa Hohenstaufen (1122 – 1190)
FEDERICO I BARBAROSSA, della casata degli HOHENSTAUFEN [214] diviene re di Germania nel 1152; la
sua ascesa al trono tedesco aveva favorito la pacificazione di un regno diviso tra:
 GUELFI (OPPOSITORI a Federico), da Welf capostipite dei duchi di Baviera (con i Sassoni)
 (SOSTENITORI di Federico), venienti dal castello degli Hoenstaufen (Svevia),
GHIBELLINI
Waiblingen.
[quando questi termini giungeranno in Italia, i Ghibellini saranno pro imperatore, Guelfi pro
papa]
Nel 1155 veniva INCORONATO IMPERATORE a Roma da papa Adriano IV: ciò gli consentiva di agire
con piena autorevolezza sull'intero scacchiere europeo. Il giovane sovrano intendeva
riappropriarsi pienamente delle PREROGATIVE IMPERIALI, affermando l'autonomia del proprio
potere e della propria azione rispetto al papa.
Rimarca fortemente [215] il ruolo di MONARCA UNIVERSALE (l’espressione Sacrum Imperium
ribadiva che la dimensione sacrale restava una delle componenti fondamentali del potere
imperiale):
 concezione teocratica (il suo potere deriva direttamente da Dio, senza alcun
intermediario) e conseguente scontro con la visione ierocratica papale;
 “approfondimento” dei diritti imperiali (l’idea che il potere politico non è inferiore al
religioso) attraverso il riferimento alla cultura biblica, al Decretum Gratiani, al diritto
romano (studiato dai maestri dello studio di Bologna);
 ruolo della cancelleria imperiale, in particolare di Rainaldo di Dassel,
nell’approfondimento;
 tentativo di rivestire di aspetti sacrali la figura dell’imperatore: fu così che si impossessò
delle (ritenute) reliquie dei Magi, trasferendole nella propria cattedrale a Colonia [216],
e avviò il culto di Carlo Magno.
Prima fase della politica imperiale: scontro con i Comuni (Italia)
La storia dei Comuni non è tutta uguale; ma possiamo considerare che queste realtà nascono
su una forte base democratica.
Nel 1158 l'imperatore scende in Italia e con la DIETA DI RONCAGLIA:
 afferma il proprio diritto al recupero degli iura regalia (i diritti inalienabili del potere
regio: esercizio della giustizia, riscossione delle imposte, difesa del territorio) usurpati dai
comuni;
 emana la Constitutio pacis, con cui proibisce le leghe tra città e le guerre private.
 Milano, assediata, è distrutta (1162);
 papa Alessandro III fugge in esilio in Francia.

Dopo questo primo periodo, gli anni Settanta segnarono però il DECLINO DELLA POTENZA IMPERIALE:
viene sconfitto dai Comuni (Lega lombarda) nella battaglia di Legnano (1176).
Seconda fase della politica imperiale: compromesso
Il Barbarossa rinuncia allo scontro armato e sceglie la via della TRATTATIVA DIPLOMATICA [217]:
 la PACE DI VENEZIA (1177) costituì il primo passo della riconciliazione con il Papa;
 la PACE DI COSTANZA (1183) costituì invece l’avvio alla riconciliazione con i Comuni.

L'accordo gli avrebbe permesso di raggiungere risultati ben più efficaci:


 avviò una impegnativa lotta all'eresia,
 diede inizio alla terza crociata,
 stipulò la pace con il regno normanno dell'Italia meridionale, sancita dalle nozze del figlio
Enrico con Costanza d'Altavilla, l'erede del re di Sicilia.
Papato
Dopo il pontificato poco significativo di PAPA ADRIANO IV (1154 – 1159) si erge sul soglio pontificio
PAPA ALESSANDRO III (1159 – 1181), che si rivelò come un tenace avversario della politica
imperiale avviata da Federico I negli anni Cinquanta [218].
Originario di Siena, appartenente alla famiglia dei Bandinelli, era uomo di grande cultura
giuridica e di notevole esperienza politico-diplomatica: fu chiamato a Roma da papa Eugenio
III ed assunse compiti di grande rilievo, trovandosi coinvolto in negoziati decisivi, e agì per
rafforzare l'intesa tra Roma e i normanni, con lo scopo di controbilanciare l'iniziativa di
Federico I.
La sua ELEZIONE A PAPA (1159) venne fortemente CONTRASTATA DAL BARBAROSSA il quale gli
contrappose gli antipapi Vittore IV, Pasquale III e infine Callisto III; nel 1162 fu costretto
all'esilio in Francia.
Le iniziative di conciliazione avviate da Federico già nel 1168 fallirono e solo con la PACE DI VENEZIA
(1177) si raggiunse l'accordo tra le due parti e la riconciliazione (restituendo i beni ecclesiastici
di cui si era appropriato e mettendo la propria spada a disposizione della Chiesa di Roma).
Concilio Lateranense III (5 marzo – 19 marzo 1179)
Indetto da papa Alessandro III, il CONCILIO LATERANENSE III in un clima disteso, segno della pace
ristabilita. Parteciparono circa 300 vescovi, alcuni dei quali orientali di rito latino ed anche un
vescovo della Chiesa greca; a questi si aggiunse un numero imprecisato di abati e di principi.
Le FINALITÀ furono:
 sancire la fine della lotta con l’Imperatore;
 sancire la fine dello scisma;
 lotta contro le eresie (Valdo).

Le DECISIONI si disposero in 27 canoni, molti dei quali conobbero notevole diffusione ed


entrarono a far parte delle Decretali e di numerose Summae [220]:
 can.2 – dichiarate nulle le ordinazioni celebrate dagli antipapi;
 can.3 – nessuno può essere eletto vescovo prima dei trent'anni;
 cann.10-13 – normano la vita dei monaci e del clero, colpendo gli abusi, quali
l'accumulo indiscriminato di benefici ecclesiastici, la pratica della simonia e del
concubinato;
 can.18 – misure a favore dello studio e dell'insegnamento, specialmente della
teologia;
 can.27 – misure molto dure contro gli eretici, quasi preludio a una vera e propria
crociata.
Tuttavia il concilio non ottenne di appianare ogni differenza di vedute tra il papa e l'imperatore;
contrasti e punti di frizione restarono aperti, lasciando in sospeso questioni di principio.
L’autorità del papa, ovvero la sua giurisdizione, [213] tendeva a estendersi ed esercitarsi in
Europa:
 in SPAGNA vi è una romanizzazione della liturgia (influenza di Cluny e reconquista
cristiana);
 nel NORD EUROPA vi è diffusione del cristianesimo tramite i legati romani in territori remoti.

Contribuì a tale processo anche:


 lo SVILUPPO DEL DIRITTO:
 stesura di ampie Collezioni canoniche che presentano una decisa affermazione del
primato del papa e della centralità della Chiesa di Roma
 diffusione del Decretum Gratiani, prima sistemazione organica del diritto canonico.
 l’ORGANIZZAZIONE DELLA CURIA ROMANA, distinguendo uffici diversi per trattare le diverse
questioni e dotandosi di personale preparato, formato nelle scuole di diritto canonico e
romano, tra le quali eccelleva l'università di Bologna.
Apogeo del Papato medievale: papa Innocenzo III (1160 – 1216)
Lotario dei Conti Segni [244] è eletto papa a trentotto anni (1198) e assume il nome di INNOCENZO
III. Con una rapida carriera curiale e intensi gli studi a Parigi e Bologna, è autore di
composizioni varie:
 De miseria humana conditionis;
 De quadripartita specie nuptiarum;
 Sermones;
 varie pere sul Diritto canonico [246].

Riforma della Curia


Esperto di diritto, ricorse ampiamente all'utilizzo di giudici delegati [247]: fu un importante
strumento di diffusione del diritto canonico di ispirazione romana presso le differenti curie
diocesane della cristianità latina. Innocenzo III, attento agli AVVENIMENTI INTERNAZIONALI e assai
sensibile all'affermazione della libertà e dell'unità della Chiesa, era certo dell'obbligo proprio
del papa di intervenire nelle questioni temporali ratione et occasione peccati; perciò si mostrò
convinto della necessità di intervenire nei grandi conflitti che dividevano la cristianità.
Innocenzo III preferì distinguere (nuovamente) i due compiti di direzione di cancelleria e
camera (ufficio dai compiti amministrativo-economici). Venne poi istituita l'audientia publica:
una procedura innovativa, secondo la quale durante una seduta pubblica il cancelliere leggeva
le lettere preparate dalla cancelleria; in questo modo, chiunque ne avesse avuto il diritto
avrebbe potuto esprimere le proprie motivazioni davanti a un auditor appositamente
incaricato e dotato di potestà di correzione dei documenti.
Intervento nelle questioni “temporali”
Papa Innocenzo III [247] si impegnò nella complicata QUESTIONE DEL TRONO IMPERIALE, vacante per
la morte di Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa e padre di Federico di Svevia, quest'ultimo
lasciato orfano in tenera età e privo di efficaci tutele. Il papa designò al titolo imperiale OTTONE
DI BRUNSWICK (duca di Baviera, dunque guelfo; mentre Filippo II di Svevia è ghibellino), a
condizione di tener distinta la corona imperiale da quella del regno di Sicilia.
Ottone non tiene fede agli impegni presi e, anzi, cerca di occupare territori posti sotto la tutela
papale (Marche, Romagna, Umbria). Il papa lo scomunicò e depose, e favorì l'elezione di
FEDERICO DI SVEVIA a re di Germania. Ottone non si rassegnò e lo Svevo si trovò coinvolto in un
impegnativo confronto. La questione si risolse definitivamente con la battaglia di Bouvines
del 1214 (detta “battaglia delle nazioni”, perché si scontrano tutte le potenze europee
occidentali): vince Filippo II di Francia e Federico II diventa imperatore (unirà l’impero al regno
di Sicilia, ma dopo la morte del papa).
Innocenzo III esercitò la propria influenza politica su un ambito estremamente vasto: impose a
Filippo II Augusto re di Francia riaccogliere la moglie (Ingeborg di Danimarca) che voleva
ripudiare; scomunicò Giovanni Senza Terra, re d'Inghilterra, che pretendeva di scegliere
autonomamente l'arcivescovo di Canterbury. Questo, allora, si dichiarò vassallo del pontefice;
il papa ricevette l'OMAGGIO VASSALLATICO anche dai re di Bulgaria, Castiglia, Navarra e Portogallo;
si fece mediatore nei dissidi che agitavano i regni dell'est europeo e intervenne sulla
successione al trono di Svezia.
L'azione del papa si occupò con efficacia del GOVERNO DELLA CITTÀ DI ROMA [251] e dei territori
romani e della gestione della Chiesa: sapeva che avrebbe potuto godere di una solida base di
potere personale solo controllando la stessa città.
Politica ecclesiastica
PRIMATO DI PIETRO
Innocenzo III sviluppò la teologia del PRIMATO DI PIETRO attraverso un’ampia riflessione teorica:
tutti i cristiani, in quanto appartenenti alla Chiesa, erano sottomessi all'autorità del papa, il
quale si dichiarava responsabile di tutte le Chiese e di tutti i fedeli, vertice del mondo cristiano.
Perciò:
 assunse [249] il titolo di vicarius Christi (formula che aveva riscosso grande attenzione
poiché il primo a utilizzare tale appellativo indirizzandolo al papa era stato Pier Damiani)
sottolineando così di essere il successore di Pietro ma anche vicario di Gesù Cristo, dal
quale derivava un'autorità di origine divina;
 solo al papa spettava la plenitudo potestatis (pienezza del potere), secondo una lettura
giuridica, definendo che l'autorità piena si trovava solo presso il papa, mentre al vescovo
ne competeva una parziale (sia sul piano legislativo che giudiziario);
 non venne trascurata la forza comunicativa dei simboli: rovesciando la tradizionale
simbologia afferma che il papa è il sole che illuminava della propria luce la luna che è
l'Impero; sottolinea la scelta della tiara rispetto alla corona (il phrygium, l'antico
copricapo, dalla forma conica e con la punta arrotondata, diveniva così il simbolo del
potere temporale detenuto dal papa;
 si diede l'avvio a lavori architettonici e a cicli pittorici [250] che mettessero in luce, con
la forza del linguaggio iconico, la forza dell'appellativo vicarius Christi (la progressiva
identificazione del trono di Carlo il Calvo – di metà 800 – con la «cattedra di Pietro» era
stata ribadita dal papa Innocenzo III quando vi prese posto tra l'ammirazione di tutti);
 ribadì le proprie funzioni ed esercitò il primato su tutti gli altri vescovi [252], pur
confermando le tradizionali modalità di elezione dei presuli (fino al 1300 resterà questa
modalità), che riservavano il diritto ai capitoli cattedrali (prima si radunavano anche i
vescovi limitrofi), e dichiarando sempre e con solennità la tutela da ogni ingerenza
laicale; governò con attenzione le Chiese dell'Occidente, modificando la geografia
ecclesiastica.
È papa Innocenzo III a indire [366] la QUARTA CROCIATA (1202-1204), la più importante (anche se
“insolita”, che porta ad occupare Costantinopoli creando l’Impero Latino d’Oriente.
PROBLEMA DELLE ERESIE
[258] Negli anni Ottanta del XII secolo un notevole sviluppo si registrava tra quei movimenti
religiosi che si collocavano ai margini dell'ortodossia o che si dimostravano decisamente
eterodossi, di stampo pauperistico (come i VALDESI) o dualistico (come i CATARI). Queste nuove
comunità religiose, connotate da spirito di carità e reciproca solidarietà, si rivelarono capaci
di grande fascino sugli abitanti delle città e dei borghi del meridione della Francia e dell'Italia
settentrionale, ove conobbero una rapida diffusione.
In risposta a ciò [253], Innocenzo III dedicò particolare attenzione al recupero al cattolicesimo
di esperienze eretiche sotto vari fronti.
 La “CAUTELA” nel valutare le questioni, e specialmente nell'esame della complessa
situazione del movimento degli UMILIATI [254], che radunava uomini e donne, chierici e
laici, coniugati e continenti; intuendo l'autenticità della loro richiesta di pratica evangelica,
articolò il movimento in tre Ordini distinti (chierici, laici non coniugati facenti vita in
comune, laici viventi in famiglie proprie ma che condividevano alcune pratiche di vita e di
preghiera).
 La formazione dei NUOVI ORDINI RELIGIOSI [258]. Da molto tempo, infatti, esistevano tre forme
di vita religiosa (eremiti, monaci e canonici), ma ora – riprendendo identici ideali di
rinuncia alle ricchezze e al prestigio sociale, ma restando fedeli alla Chiesa e alla sua
dottrina – sorgevano anche i primi Ordini mendicanti (così denominati per la pratica della
mendicità) qualificati per:
 l’attività apostolica, nel sostegno alle diverse forme di povertà,
 l’attenzione al mondo che volevano evangelizzare, predicando e percorrendone le
strade;
 l’apporto alla riflessione filosofica e teologica nel mondo delle università (Bonaventura,
Giovanni Duns Scoto, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, …).
Hanno un’importanza evidente: i Domenicani [260], i Francescani [262], gli Agostiniani [271],
i Carmelitani [271], i Servi di Maria.
 La CROCIATA CONTRO GLI ALBIGESI (1208), ovvero i catari della Francia meridionale; il papa
tentò dapprima un'opera di persuasione [315 – 316] sia tramite la predicazione sia con
iniziative diplomatiche, ma la situazione degenerò quando il legato papale fu ucciso da un
ufficiale di Raimondo di Tolosa: Innocenzo III scomunicò allora il conte Raimondo VI ed
indisse la crociata. Ampiamente aiutato da Filippo II, fece strage di eretici, ma
contemporaneamente diede un duro colpo alla cultura provenzale, mentre il conte fu
costretto anche alla fuga e ritornò in possesso dei suoi possedimenti solo in seguito, ma
notevolmente infiacchito.
 Il CONCILIO LATERANENSE IV (1215), che vide un’assise veramente universale, vicina al modello
dei concili celebrati nella Chiesa antica, aperta a vescovi e abati ma anche a capitoli delle
cattedrali ed esponenti dei nuovi ordini religiosi [255]. Gli aspetti più importanti sono che:
 il papa e il patriarca di Gerusalemme fecero esplicita allusione alla CROCIATA;
 ci si occupò dello scisma imperiale e della legittimità di OTTONE IV;
 si approvarono settantuno costituzioni, le prime delle quali hanno forte iMPRONTA
DOTTRINALE:
1. riguardo all'eucaristia (per la quale è utilizzato il termine “transustanziazione”);
2. circa la condanna delle teorie trinitarie di Gioacchino da Fiore, che aveva preconizzato
un'età di palingenesi sotto la protezione dello Spirito Santo[256];
3. si propugna la lotta all'eresia (si propongono gli elementi che daranno vita
all'Inquisizione);
4. si rileva la denuncia dell'atteggiamento ostile del clero greco nei confronti dei riti latini;

 Il bando della V CROCIATA (1217) a cui contribuì con un ingentissimo finanziamento
personale e chiese che per tre anni il clero si tassasse a questo scopo di un ventesimo dei
proventi ecclesiastici, mentre il vescovo di Roma e i cardinali avrebbero offerto un decimo
[257]. Ma la morte interruppe l'opera del grande pontefice il 16 luglio 1216.
I Papi e la lotta contro l’Impero
Nel corso della prima metà del XIII secolo si rinnovò lo scontro tra il regnum e il sacerdotium in
forme assai aspre, mettendo a confronto la forte personalità di Federico II e il deciso
atteggiamento e la caparbia volontà di due pontefici, Gregorio IX e Innocenzo IV.
Federico II e Innocenzo III
La reggenza del REGNO DI SICILIA [275] era affidata a PAPA INNOCENZO III insieme alla tutela del
giovane Federico, erede ancora minorenne. Ma nel 1208, raggiunta la maggiore età, il regno
passa nelle mani di FEDERICO II. Poco dopo, per l'inaffidabilità di Ottone IV, il papa consentì che
il giovane protetto fosse nominato re di Germania (1211).
Il grande sforzo perseguito dal Papato, nei decenni precedenti, per tenere distinte le due corone
(quella del regno di Sicilia e quella di Germania) pareva così vanificato. Tuttavia Federico, forse
per non compromettere le relazioni con la Chiesa di Roma, decise di affidare il REGNO DI SICILIA
alla moglie COSTANZA DI ARAGONA e di farne eleggere re il FIGLIO ENRICO, che aveva un anno.
Federico si fece incoronare una seconda volta ad Aquisgrana dall'arcivescovo di Magonza e
assunse il pubblico impegno di organizzare una crociata (elezione confermata dal IV concilio
Lateranense nel 1215). Ma l'improvvisa morte di Innocenzo III (1216) liberò poco dopo il
novello imperatore dall'impegno assunto col papa scomparso di rinunciare al regno di Sicilia.
Federico II e Onorio III (1216 – 1227)
I rapporti col nuovo PAPA ONORIO III (1216-1227) non si presentarono difficili [276]: il papa aveva
un carattere accomodante e cercò in tutti i modi di evitare scontri diretti e motivi di attrito.
Federico, incoronato imperatore (1220), riconobbe la separazione giuridica tra regno di Sicilia
e Impero, mentre la Chiesa romana accettava la temporanea unione delle due corone.
L'intesa presentava due punti deboli: la titolarità imperiale della nomina dei vescovi nel regno
di Sicilia e la progressiva, rinnovata frizione tra l'Impero e i comuni dell'Italia settentrionale.
Federico II e Gregorio IX
GREGORIO IX (1227 – 1241)
Nel 1227 fu eletto PAPA GREGORIO IX (1227-1241): uomo colto [277], proveniva da una lunga
carriera ecclesiastica; dotato di eloquenza, aveva conoscenze di diritto e interesse nelle
scienze naturali.
Gregorio IX era mosso dall'intento determinato di RIAFFERMARE L'AUTORITÀ DEL PAPATO, resa
sempre più necessaria dall'avvio di un aperto conflitto con l'imperatore: riteneva prioritario
l'impegno per la crociata che l'imperatore sembrava trascurare; perciò pose Federico II di
fronte alla scelta di partire per la crociata o subire la scomunica:
 l'imperatore si accinse all'impresa, ma i crociati furono colpiti da un'epidemia a Brindisi
(1227); Federico comunicò al pontefice l'impossibilità di procedere alla spedizione e
questi lo scomunicò;
 nel 1228, Federico parte sapendo di non poter contare sull'aiuto dei cristiani (è
scomunicato);
 decise di affidarsi alla VIA DIPLOMATICA: concluse un accordo con il sultano al-Kamil (1229),
uomo colto e non interessato a innescare combattimenti con i cristiani, il quale era
rimasto fortemente impressionato dalla personalità e dalla versatile cultura di Federico.
A Gerusalemme, nel Santo Sepolcro, Federico si pose sul capo con le proprie mani la
corona del regno di Gerusalemme.
FEDERICO II: PROGETTO POLITICO
Dopo questi eventi, Federico II giunse ad accordi con il Papato che, pur provvisori, gli
consentirono di riorganizzare con efficacia il regno di Sicilia e di coltivare l'idea di un
UNIVERSALISMO DELL'IMPERO, in antitesi all'UNIVERSALISMO IEROCRATICO perseguito dai pontefici
romani.
Il papa, che non si fidava di Federico, si alleò con i Comuni del nord Italia e cercò, ma invano,
un nuovo candidato per la corona imperiale. Nel 1237 l'imperatore vince A CORTENUOVA presso
il fiume Oglio, ma i nemici non desistettero: Gregorio IX si impegnò per convocare un concilio
con l'intento di procedere alla definitiva deposizione dell'imperatore. Ma, nel 1241, Gregorio
IX muore.
Federico II e Innocenzo IV
Dopo un lunga vacanza della sede apostolica, nel 1243 venne eletto papa INNOCENZO IV (1243-
1254): sembrò inizialmente rassegnarsi a un solenne progetto di pace, stipulato con
l'imperatore (1244). Ma fuggì per mare, protetto da un travestimento, alla sicura Genova e da
qui prese la via per Lione, dove, nel 1245, convocò un concilio (CONCILIO DI LIONE I), con l'intento
di organizzare il soccorso alla Terrasanta, attraverso l'indizione di una nuova crociata, di
recare aiuti all'Impero d'Oriente e di risolvere i problemi aperti in Occidente TRA CHIESA E IMPERO.
La visione ierocratica della Chiesa si oppose all’imperatore: i decreti di Lione si aprono infatti
con la bolla di deposizione di Federico II, che veniva colpito da una nuova scomunica e privato
degli onori e dignità proprie del suo rango.
Gli ultimi difficili anni del regno di Federico si chiusero con la sua IMPROVVISA MORTE (1250). Ma
la morte dello stesso papa (1254) e la fine degli ultimi Hohenstaufen avrebbero in breve tempo
favorito il cambiamento dell'orizzonte della grande politica europea.
ERESIE
FONTI:
 HERBERT GRUNDMANN, Movimenti religiosi nel medioevo, Il Mulino, Bologna 1980.

1. Premessa
Dal XII secolo c’è un deciso “RISVEGLIO EVANGELICO”, che vede il diffondersi di movimenti evangelici
e pauperistici, in risposta soprattutto ai ceti borghesi interessati ai commerci.
La riscoperta di un GESÙ POVERO, è dovuta al ritorno dalle crociate e alla richiesta di una
riscoperta del vangelo. Il modello che viene ripresentato la CHIESA “APOSTOLICA”, in cui gli
apostoli si dedicavano alla predicazione e vivevano nella povertà.
2. Pauperismo
Il termine “PAUPERISMO” [308] deriva dal latino pauper (povero) e indica una situazione di
indigenza quasi totale alla quale fu soggetta suo malgrado gran parte della popolazione
europea fino alle soglie dell'età contemporanea. Dal secolo XI sempre più singoli e gruppi di
persone, spinti da forti motivazioni religiose, tesero alla POVERTÀ VOLONTARIA che veniva vista
non più come una maledizione divina e una condanna sociale, ma come un avvicinamento al
Cristo e al dettame evangelico. La povertà era, in effetti, già uno dei voti della vita religiosa,
ma in realtà molti monasteri vivevano in una opulenza che strideva tristemente con l'indigenza
delle popolazioni locali.
Contro la tendenza a una sfacciata ricchezza, che svariati presuli e istituzioni cristiane
ostentavano, si scagliarono alcuni personaggi che, dall'interno della Chiesa [309] tentarono
di riportare le istituzioni ecclesiastiche a una MAGGIOR COERENZA EVANGELICA.
Tra costoro si possono ricordare:
 predicatori itineranti, tra cui:
 Stefano di Muret (ordine di Grandmont )
 Robert d’Arbrissel (ordine di Fontevrault)
 Francescani – Domenicani - Camaldolesi – Cistercensi
 GIOACCHINO DA FIORE. Presentiamo il suo pensiero attraverso le sue tre principali opere:
 “La Concordia dell’A.T. e del N.T.” espone la sua TEOLOGIA DELLA STORIA: computa le
generazioni dell’A.T. in confronto al N.T, calcolando una generazione come 30 anni (gli
anni di Cristo!); in tal modo calcola l’avvento degli eventi finali (la venuta dell’anticristo)
nel 1260.
 “Il Salterio delle dieci corde” indaga il RAPPORTO TRA LA TRINITÀ E LA STORIA: ogni persona
della Trinità la scia la propria impronta (che ha come protagonista una categoria di
cristiani); così:
 era del Padre (epoca dei coniugati): A.T.
 era del Figlio (epoca dei chierici): N.T.
 era dello Spirito (epoca dei monaci): comprensione dell’A.T. e del N.T. (dal 1260)
 culmine della storia della salvezza non è nell’Incarnazione ma nell’era dello Spirito
Santo!
 “Commento dell’Apocalisse” dice DOVE TROVARE QUESTA COMPRENSIONE: si rifà all’Apocalisse
che parla di un “millennio” di pace (in cui Satana sarà “legato”) e identifica un periodo di
pace (non un millenarismo “ingenuo”) e condanna la teologia trinitaria accusandola di
non essere una teologia della storia (ma le motivazioni sono ancora oggi poco chiare).
 Dante lo pone nel Canto XII del Paradiso: «E lucemi da lato il calabrese abate
Giovacchino di spirito profetico dotato»
3. Eresie
FONTI:
 MARCEL PACAUT, Monaci e religiosi nel medioevo, Il Mulino, Bologna 1989;
 CLIFFORD HUGH LAWRENCE, Il monachesimo medievale. Forme di vita religiosa in Occidente,
San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1993.
Molti fermenti di rinnovamento tra XI e XII secolo si caratterizzarono per TENDENZE ERETICALI; dal
greco hairesis (SCELTA), “eresia” è una posizione dottrinale errata su aspetti fondamentali di
fede:
 eresie “tardo-antiche” più teologiche (ambito trinitario-cristologico: arianesimo o
monofisismo);
 eresie medioevali più ecclesiologiche (contestano la struttura istituzionale della Chiesa).

Spesso il CONFINE TRA ORTODOSSIA ED ETERODOSSIA [310] non era facilmente definibile ed
identificabile; molti movimenti si sviluppano inizialmente nella diffidenza della Chiesa locale e
sono infine dichiarati eretici; in alcuni casi si tentò, con successo, di recuperarli alla piena
ortodossia.
Le principali eresie, per diffusione e durata, furono quelle dei CATARI e dei VALDESI; invece, tra i
numerosi altri personaggi e correnti a tendenza ereticale tra le più significative esperienze ci
sono:
 UMILIATI [311]
 PATARIA [310 – 190]
 Ermanno Pungilupo [313]
 Guglielma la “Boema” [314]
 Michele da Cesena

3.1. Principali eretici ed eresie


 PIETRO DI BRUYS (morto nel 1133) era un sacerdote [311] che operò in varie regioni francesi:
negava la necessità della Messa, dell'eucaristia, del battesimo dei bambini, della gerarchia
ecclesiastica, degli edifici liturgici, sottolineando invece un rapporto con Dio solamente
interiore. Sembra sia stato bruciato vivo dal popolo, che lo gettò sul rogo che egli stesso
aveva preparato per dare alle fiamme la croce, che detestava; ma le sue idee continuarono
a diffondersi, tanto che fu bandita contro i seguaci una crociata (1145).
 Il MONACO CISTERCENSE ENRICO [312], fu influenzato dalle idee di Pietro; dopo varie vicende,
fu arrestato dal vescovo di Arles; venne rilasciato, ma a patto che rientrasse in monastero;
egli però continuò nella sua predicazione a Tolosa, dove venne nuovamente incarcerato e
dove morì.
 ARNALDO DA BRESCIA (morto nel 1155) era un canonico regolare; per le sue idee di ispirazione
evangelico-pauperistica fu osteggiato da san Bernardo; allora si recò a Roma, dove era
sorto un libero comune dopo l'espulsione del papa. L'imperatore Federico Barbarossa però
lo ritenne un pericolo per la Chiesa e soprattutto per la società, per se stesso e per l'ordine
costituito: fece arrestare Arnaldo il quale fu impiccato, il suo corpo bruciato e le ceneri
disperse.
 “APOSTOLICI” [312] furono un movimento che si ispirava alla Chiesa delle origini; tra questi:
 GERARDO SEGARELLI (morto nel 1300) a partire dal 1260 si dedicò, senza approvazione
ecclesiastica, alla predicazione itinerante, dando vita al movimento, che fece ampia presa
nella società laica. Arrestato nel 1294, fu tenuto in carcere fino a quando nel 1300 fu
messo al rogo come eretico.
 FRA DOLCINO (morto nel 1307) si mise a capo del movimento, autoproclamandosi apostolo
e profeta. Egli impresse al movimento un’accelerazione in senso estremista, con un rifiuto
totale della gerarchia ma anche della proprietà, iniziando la sua predicazione da Bologna.
Nel 1306 Clemente V bandì una crociata contro i dolciniani diretti in Valsesia. Dolcino fu
catturato, torturato, mutilato ed infine arso vivo.
3.2. Catari
I CATARI (dal greco katharoi = PURI) furono un movimento settario [315], che si riteneva
depositario di una purezza dottrinale e morale non più praticata dalla Chiesa ufficiale; si
affacciarono sull’Europa alla metà del XI secolo. Molte sono state le ipotesi formulate sulle
origini di tale movimento (la più accreditata è che vengano dalla Bulgaria).
I catari erano diffusi soprattutto in Italia settentrionale e nella Francia meridionale, dove erano
detti anche ALBIGESI (dalla loro roccaforte nella città di Albi). Nel 1170 tennero a Tolosa un
concilio organizzativo, nel quale tra l'altro decisero di strutturarsi in diocesi presiedute da
vescovi; insomma una vera e propria chiesa alternativa a quella di Roma.
Nel 1140 nasce un primo CATARISMO “MODERATO”, centrato sul tema del “dualismo”; mentre nel
1167 si sviluppa un CATARISMO “RADICALE”.
Aspetti dottrinali
 MANICHEISMO:
Per i catari, vi è un principio del Bene, creatore del mondo spirituale, ed un principio del Male,
creatore del mondo materiale:
 il catarismo moderato li vede secondo una lettura platonica (l’origine del mondo avviene
attraverso il Demiurgo che, guardando il mondo delle idee, plasma il mondo);
 per il catarismo radicale i due principi sono realmente due divinità; perciò rifiuta
qualunque cosa abbia a che fare con il materiale:
 rifiuto dell’autorità politica;
 rifiuto del matrimonio;
 proibito ogni alimento frutto di unione sessuale (carne di animali a sangue caldo,
uova…);
 vivono la povertà come distacco dai beni.
 GESÙ è un eone, il più perfetto degli angeli, inviato per la salvezza degli uomini; ha, dunque,
corpo apparente (docetismo), esente dal peccato (materia); non ha sofferto, non è morto,
non è risorto.
 LA CHIESA è al servizio di Satana, perché ricca e potente.

Struttura
Si distinguono tra:
 “perfetti” (o “apostoli”), ovvero coloro che vivono in “pienezza” la dottrina (vescovi e
diaconi);
 “buoni uomini”, semplici fedeli che simpatizzano per i catari ma non vivono tutto in
pienezza.
L'unico sacramento era il consolamentum, una sorta di battesimo: una cerimonia di imposizione
delle mani per diventare veramente catari.
Reazione da parte della Chiesa
Il successo dei catari a fine XII secolo preoccupò il Papato [316] che tentò un'opera di
persuasione:
 PREDICAZIONE (in tal senso operò san Domenico e i Domenicani);
 INIZIATIVE DIPLOMATICHE presso il conte di Parigi RAIMONDO VI DI TOLOSA che,
progressivamente – sia per l’autorevolezza che ha, sia per la forza che assume Parigi –
tramite matrimoni cerca di unificare la Francia; pur non aderendo espressamente al
catarismo lo appoggia soprattutto in funzione antifrancese. Infatti, il re di Francia FILIPPO
II AUGUSTO, approfittando della situazione religiosa, afferma di voler riportare il vangelo
autentico, ma in realtà preme per il controllo della regione meridionale, ove la lingua e
la CULTURA PROVENZALE (lingua d'oc) spingevano a una separazione dal nucleo originario
del regno di Francia, cioè il centro-nord della Francia (ove vigeva la lingua d'oil).
 La situazione degenerò quando il legato papale, Pietro di Castelnau fu ucciso da un
ufficiale di Raimondo (1208): Innocenzo III scomunicò allora il conte Raimondo VI ed
indisse una CROCIATA contro i catari (1209-1229). A capo della crociata fu SIMON IV DE
MONTFORT. La sanguinosa spedizione, ampiamente aiutata da Filippo II, fece strage di
eretici: è attribuita al legato papale Arnaud Amaury (abate di Citeaux) l’espressione:
«Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi» (ma ci sono dubbi storici in merito).
Fu un massacro e chi non voleva essere ucciso scappò, ritirandosi presso la corte di
Federico II, che diverrà la più importante d’Europa.
Tutta questa vicenda diede un duro colpo alla cultura provenzale e determinò la fine del mondo
della cultura provenzale (lingua d’Oc).
3.3. Valdesi (Poveri di Lione)
FONTI:
 GIORGIO TOURN, I Valdesi. La singolare vicenda di un popolo-chiesa, Claudiana, Torino 2008.

IVALDESI ebbero alla propria origine la personalità di Valdesio (detto anche “Pietro” dal XVI
secolo, a sottolineare il ruolo di rifondatore della comunità cristiana; divenne poi noto col
nome di Valdo), morto intorno al 1207. Era un cittadino di Lione, ricco mercante sposato;
rimase profondamente colpito dalla lettura di Mt 10,5, passo incentrato sulla povertà e la
sequela di Cristo.
Così, donò il suo patrimonio ai poveri e iniziò a PREDICARE PUBBLICAMENTE, facendo ben presto
numerosi seguaci (i «poveri di Lione» dal loro luogo di origine).
L'arcivescovo di Lione interdisse allora ai valdesi ogni attività di predicazione, anche a causa
delle loro posizioni in materia di fede e morale; Valdesio fece ricorso a papa Alessandro III in
occasione del Lateranense III (1179), che permise la ripresa dell'attività [220], ma con alcune
limitazioni, ben presto non rispettate. La conseguenza fu che Lucio III scomunicò
definitivamente il movimento formato principalmente da laici ma anche da chierici e religiosi
(1184).
Sviluppi del movimento
Il movimento passò allora alla clandestinità, sviluppandosi in particolare:
 nella FRANCIA MERIDIONALE, ove Durando d'Osca riuscì a far confermare la propria azione
religiosa da papa Innocenzo III; nacque così l'Ordine dei poveri cattolici (pauperes
catholici);
 nel NORD-OVEST DELL'ITALIA, ove erano conosciuti anche come «poveri lombardi», i quali,
volendo una maggior autonomia, arrivarono a staccarsi dai valdesi d'Oltralpe,
accentuando le differenze anche teologiche con la Chiesa cattolica e opponendosi a
questa; inoltre, si sviluppò in alcune valli piemontesi e sopravvisse faticosamente
all'Inquisizione e nel XVI secolo, inserendosi nella Riforma protestante divenendo una
Chiesa riformata;
 in BOEMIA con gli Hussiti.

4. Concilio Lateranense IV (1215)


Papa Innocenzo III [255] convocò il CONCILIO LATERANENSE IV nel 1215. Temi principali riguardano:
 l'eucaristia, per la quale è utilizzato il termine “transustanziazione”;
 la condanna dei catari (cfr. Dz. 800 – 802);
 la condanna di Gioacchino da Fiore (cfr. Dz. 803 – 808);
 la condanna dei valdesi (cfr. Dz. 809);
 la denuncia del clero greco nel loro atteggiamento ostile nei confronti dei riti latini;
 la struttura della gerarchia nella Chiesa che ha il suo vertice e la sua legittimazione nel
Papato e nella Chiesa romana (è il papa che invia il pallio anche ai vescovi residenti nei
patriarcati storici);
 la legislazione sul matrimonio (impedimenti sino al quarto grado di consanguineità).

5. Inquisizione “medievale”
Le prime risposte alle sempre più agguerrite e prolifiche sètte eterodosse vennero [317] da
quella che si può definire INQUISIZIONE (da inquirere, INVESTIGARE-RICERCARE), sullo scorcio del XII
secolo.
Si presentò in VARIE “FASI”:
 INQUISIZIONE DIOCESANA, che vide coinvolti i VESCOVI che, con la decretale Ad abolendam
emanata da papa Lucio III (1184), ricevevano esplicito mandato di inquisire
personalmente o tramite delegati una o due volte all'anno i sospetti eretici; inoltre, in
accordo con l'imperatore Federico Barbarossa, il POTERE CIVILE (il «braccio secolare»)
doveva prestare il suo aiuto ed eseguire le condanne comminate dai vescovi, le quali
potevano comportare anche la pena di morte [318].
 INQUISIZIONE PAPALE, che coinvolse i LEGATI DEL PAPA, poiché papa Innocenzo III era convinto
che per combattere l'eresia fosse necessario uno sforzo più coordinato e sistematico; si
istituirono degli appositi tribunali che ricercavano d'ufficio gli eretici, anche senza
denunce particolari. Durante il LATERANENSE IV (1215) fissò le linee essenziali sia della
crociata antiereticale sia dell'Inquisizione (confisca dei beni e la cessione dei condannati
al braccio secolare, il quale avrebbe dovuto provvedere alla punizione mediante una non
meglio specificata “animadversio debita”).
 INQUISIZIONE MONASTICA (Francescani Domenicani): Gregorio IX mantenne la pena del rogo
per gli eretici recidivi e il carcere, anche a vita, per chi ritrattava solo per convenienza.
Innocenzo IV introdusse la tortura [319] come strumento per ottenere più facilmente le
confessioni di eresia.
Nel corso del XIV e XV secolo l’Inquisizione estese le proprie competenze, colpendo e
reprimendo anche omosessuali, bestemmiatori, sacrileghi, ebrei, maghi, alchimisti e
soprattutto "streghe".
Tra Quattro e Cinquecento sorsero altri generi di Inquisizione: spagnola, portoghese e romana.
6. Conclusioni
La Chiesa combatte questi movimenti perché:
 riteneva il Vangelo unico metro di misura della vita cristiana, col rifiuto di tutto ciò che
(a loro giudizio) non vi è riconducibile (parte dei sacramenti, venerazione dei santi,
suffragio dei morti);
 si ritengono i veri (e unici) seguaci di Cristo: non riconoscono l’Ordo della Chiesa
gerarchica e oppongono una loro gerarchia (Catari);
 pongono infiltrazioni dell’eresia dualistico-manichea.

DALLA CRISI DELLA METÀ DEL XIII SECOLO AL TERMINE DEL PERIODO AVIGNONESE
(1309 – 1377)
Il contesto europeo
Impero
Nel 1254 muore il giovane imperatore CORRADO IV (1250-1254), figlio di Federico IV [327],
lasciando come erede il figlio CORRADINO di due anni, l'ultimo degli Hohenstaufen: la reggenza
per il regno di Sicilia andava di fatto a MANFREDI, fratellastro di Corrado.
L'Impero rimane a lungo privo di un effettivo capo supremo (grande interregno, 1254-1273),
fino a quando, nel 1273, RODOLFO I D'ASBURGO (1273-1291) riesce a imporsi e a riappacificarsi
con il Papato, dando inizio alla grande fortuna che il suo casato avrebbe vissuto nei successivi
sei secoli.
Apparteneva a una famiglia in ascesa ma allora ancora marginale e con poche risorse [330]: una
soluzione ottimale per gli elettori tedeschi ed anche per il Papato. Rodolfo riesce a imporsi
come sovrano ed a estendere i possessi della propria famiglia dalla Svizzera fino all’Austria
(la città di Salisburgo è una dei principali loro possedimenti, importante per il sale, che era
preziosissimo; ma anche di miniere di argento, necessarie per coniare le monete)
L’impero rimarrà nelle mani della famiglia d’Asburgo fino all’ascesa di Napoleone.
Italia
Nel NORD ITALIA [329], intanto, c’è scontro tra Guelfi e ghibellini: nella battaglia di Cassano
d'Adda (1259) viene sconfitto il ghibellino Ezzelino III da Romano; ma nella battaglia di
Montaperti (1260) vincono i ghibellini.
Si affermano così i COMUNI, da intendersi come strutture politiche, non amministrative come
oggi; la penisola è frantumata in una miriade di comuni che, in continui scontri tra vicini,
tendevano a fagocitarsi diminuendo di numero, mentre i superstiti andavano in genere
evolvendosi in Signorie, ovvero in famiglie che assumevano il potere politico (ad esempio, i
De Medici a Firenze, oppure i Visconti a Milano); tali Signorie evolveranno poi nei Principati,
ovvero Signorie ereditarie.
Nel SUD ITALIA, invece, vi è l’avvento degli Angioini (una famiglia collaterale al re di Francia),
specialmente con CARLO D’ANGIÒ, invitati dai papi francesi (Urbano IV e Clemente IV): così nella
battaglia di Benevento (1266) Manfredi è sconfitto.
Allora i ghibellini italiani chiedono a CORRADINO di scendere in Italia per rivendicare i suoi diritti:
egli giunge in Italia nel 1267 [328], ma viene sconfitto a Tagliacozzo (1268) e giustiziato a
Napoli, in piazza del mercato, nel Maschio angioino.
Decisa fu la GUERRA TRA ANGIOINI E ARAGONESI, iniziata con la guerra dei vespri siciliani (1282) e
proseguita fino alla pace di Caltabellotta (1302).
Francia
In Francia il secolo XII fu caratterizzato dal lungo regno di (san) LUIGI IX (1226-1270):
 in politica interna punta sul controllo del territorio;
 in politica estera: trova accordi con Enrico III d'Inghilterra;
 nella difesa cristiana, indice DUE SFORTUNATE CROCIATE (VII e VIII) ma muore di peste.
Fu canonizzato nel 1297.
Inghilterra
Lo scontro con i Normanni (1066 – 1154) era iniziato con la battaglia di Hastings e termina
quando il regno passa alla dinastia dei Plantageneti (simbolo è la “pianta della ginestra”) [329].
ENRICO III (1216-1272) e il figlio EDOARDO I (1272-1307) si scontrano con NOBILI, CLERO E CETI
MERCANTILI; ma in questo sono appoggiati dal Papato che aveva condannato la Magna charta
libertatum (1215), uno statuto con disposizioni di carattere costituzionale e limitativo del
potere del re: infatti, il re non può imporre tasse senza approvazione del parlamento.
Nonostante tutto, la Magna charta, seppur con ritocchi, rimase in vigore.
Penisola Iberica
In SPAGNA continua la reconquista delle terre dell'Andalusia musulmana:
 REGNO DI CASTIGLIA: Ferdinando III il santo (1217 – 1252) si estende all’interno della Spagna;
 REGNO DI ARAGONA: espansione nel mediterraneo, attraverso le conquiste da parte di
Giacomo I d’Aragona (1213 – 1276)e Pietro III (Sicilia viene occupata su invito dei siciliani
stessi).
In PORTOGALLO si completò l'unificazione ad opera di Alfonso III (1245-1279), che però fu
scomunicato da Giovanni XXI per le sue riforme che si opponevano ai privilegi e
all'immobilismo del clero.
Penisola balcanica
In Europa orientale [330] la cristianizzazione dei popoli slavi e dei magiari era già completata.
Tuttavia, nella penisola balcanica le tensioni rimasero comunque forti:
 tensioni politiche: il pericolo turco con la dinastia dei selgiuchidi e poi degli ottomani;
 tensioni religiose: scontri tra Roma e Costantinopoli; le crociate, in particolare la IV
(1202-1204), avevano reso difficili i rapporti col mondo musulmano e con l'Impero
d'Oriente.
Papato
Alla morte di Clemente IV (1268)
Alla morte di Clemente IV (1268) il collegio cardinalizio è spaccato [331] tra:
 partito filofrancese e
 partito filoimperiale;
inoltre, si fa sentire la pressione delle potenti famiglie romane (in particolare, Orsini e
Colonna).
Finalmente (dopo oltre due anni e mezzo!), la questione si risolse con l’episodio di Viterbo: i
cittadini scoperchiano il tetto del palazzo vescovile dove erano radunati i cardinali e ben presto
si raggiunse la maggioranza dei due terzi del collegio cardinalizio, che elesse GREGORIO X (1271-
1276).
Gregorio X (1271 – 1276)
I suoi principali OBIETTIVI furono:
 l'organizzazione di una nuova grande crociata,
 l'unione con la Chiesa orientale, oltre che una più ampia riforma della Chiesa.

Intanto, l'imperatore d'Oriente MICHELE VIII PALEOLOGO era riuscito a riconquistare


Costantinopoli mettendo fine all'Impero latino d'Oriente (1261). Aveva così prospettato una
possibile unione con la Chiesa di Roma e a tal fine una delegazione pontificia si era recata a
Costantinopoli (1263), conseguendo dei primi accordi che si sarebbero dovuti definire in un
concilio; ma la morte del papa non aveva permesso di proseguire nell'intento. Michele VIII
ripropose a Gregorio X l'unione:
 riconosceva il primato papale;
 riconosceva la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (Filioque);
 chiedeva solo di mantenere i riti propri della Chiesa greca e di non dover inserire
esplicitamente il Filioque nel credo.
GREGORIO X convocò allora [332] il CONCILIO ECUMENICO DI LIONE (1274):
 PARTECIPARONO Bonaventura da Bagnoregio (generale dei francescani,) Umberto di
Romans (maestro generale dei domenicani), Alberto Magno; Tommaso d'Aquino morì
durante il viaggio
 TEMI AFFRONTATI:
 conferma dell’elezione di Rodolfo d'Asburgo a imperatore;
 raccolta di contributi straordinari per sei anni, così da sostenere una nuova crociata;
 necessità di unione con la Chiesa orientale, proclamata da Gregorio durante la quarta
seduta (6 giugno); ma non ci fu un vero accordo con il clero greco, sicché l'unione ebbe
breve durata (1274-1289) e non fu mai sentita tale dalla maggior parte del clero e dei
fedeli orientali;
 per la riforma della Chiesa, vennero emanati decreti, tra cui la costituzione UBI
PERICULUM che disciplinava l'elezione del papa, stabilendo le regole fondamentali del
conclave.
1276: quattro Papi
Con la morte di Gregorio X, l'anno 1276 vide l'avvicendarsi di ben quattro papi [333]:
 INNOCENZO V, domenicano, arcivescovo di Lione e cardinale vescovo di Ostia, Pietro di
Tarantasia; morì ben presto, dopo aver dimostrato di saper resistere alle pressioni di
Carlo d'Angiò, trattenutosi a Roma per perorare la propria causa contro Michele VIII
Paleologo;
 ADRIANO V, della nobile famiglia genovese dei Fieschi, pensato dal collegio probabilmente
come un papa di transizione meno sgradito a Carlo d'Angiò; morì prima ancora di essere
consacrato presbitero e vescovo; aveva però abolito la costituzione Ubi periculum che
era stata utilizzata impropriamente da Carlo d'Angiò, in veste di senatore, per fare
pressione sui cardinali;
 GIOVANNI XXI, morì dopo pochi mesi di pontificato, a causa del crollo del palazzo
pontificio; aveva ripristinato la costituzione Ubi periculum, portato a termine
l'unificazione con la Chiesa orientale, continuato i preparativi per la crociata e, infine,
aveva saputo resistere alle pressioni angioine;
 Niccolò III, limita le mire di Carlo d'Angiò, prima avvicinandosi all'imperatore Rodolfo
d'Asburgo, senza però concedergli nulla, e quindi trovando l'accordo tra i due; interviene
anche nei confronti dei francescani riguardo la controversia sulla povertà.
Martino IV (1280 – 1285)
Già cancelliere di Luigi IX [334] e ampiamente filoangioino, Martino IV ruppe l'equilibrio
europeo:
 rinominò CARLO D'ANGIÒ senatore romano,
 si allontanò da RODOLFO,
 mise fine ai rapporti con l'imperatore d'Oriente MICHELE, arrivando a scomunicarlo!

In questo contesto CARLO D’ANGIÒ poté riprendere la sua politica di espansione nei Balcani e
preparò una spedizione che fece passare per crociata contro l'imperatore scomunicato e poi
una successiva crociata in Terrasanta con l'appoggio dei veneziani; ma fu sconfitto a Berat
(1281).
Inoltre, in Sicilia scoppiò un'insurrezione popolare (vespri siciliani, 30 marzo 1282) che si
concluse con la liberazione dell'isola dal dominio angioino, mentre veniva chiamato a
prendere possesso della stessa PIETRO III D'ARAGONA, sposo della figlia di Manfredi, a cui
Corradino di Svevia avrebbe ceduto i diritti su Sicilia e sud Italia prima di essere decapitato.
Onorio IV e Nicolò IV
Alla morte di Martino IV nel giro di pochi giorni il collegio cardinalizio, in maggioranza
filofrancese, elesse ONORIO IV (1285-1287), un pronipote di Onorio III, della famiglia romana
dei Savelli, che continuò a garantire gli interessi degli angioini.
Il suo successore fu NICCOLÒ IV (1288-1292), che invece fu eletto dopo dieci mesi di sede vacante,
a causa anche della morte di alcuni cardinali e della malattia di altri. Niccolò IV morì a Roma
nel 1292, lasciando un collegio cardinalizio irrimediabilmente spaccato al suo interno.
Orientamento e tendenza nel papato della seconda metà del XIII secolo
PREVALENZA FRANCESE:
 4 Papi francesi in meno di 25 anni (Urbano IV, Clemente IV, Innocenzo V, Martino IV);
 divisione nel collegio cardinalizio e ingresso di cardinali francesi;
 2 concili generali a Lione (1245 – 1274).

CONCLAVI INTERMINABILI: non si trova mai un candidato, perché impossibile raggiungere la


maggioranza assoluta (32 mesi per Gregorio X, 10 mesi per Niccolò IV, 27 mesi per Celestino
V).
BREVITÀ DEI PONTIFICATI:
 dal 1276 (Innocenzo V) al1303, si succedono 8 Papi;
 nel solo 1276, 3 papi (Innocenzo V, Adriano V, Giovanni XXI)

PREVALENZA DI PAPI GIURISTI (Innocenzo III, Gregorio IX, Innocenzo IV, Bonifacio VIII) che tendono
a vedere la Chiesa:
 sotto il profilo della struttura esterna (giurisdizionale);
 nella sua visibilità terrena (istituzionale);
 nella sua potenza autoritativa (il papa ha plenitudo potestatis).
I papati del dissidio
Celestino V (1294)
Quella di CELESTINO V è certamente una figura “particolare” [335] perché rappresenta l'unico
caso certo di papa che abdicò liberamente (prima della recente vicenda di Benedetto XVI del
2013).
Pietro nacque tra 1209 e 1210 nella contea del Molise, facente parte del regno di Sicilia. Entrò
in un monastero benedettino ma, attirato dalla vita eremitica, intraprese un viaggio per Roma,
perché voleva farsi consigliare dal papa circa la sua scelta. Avuto il permesso dell'abate si ritirò
tra il 1235 e il 1240 eremita sul monte Morrone, nei pressi di Sulmona. Fondò un eremo
dedicato allo Spirito Santo, intorno al quale si raccolsero vari eremiti, chierici e laici, spesso
non legati alla famiglia benedettina di cui faceva parte Pietro e privi di una vera e propria
organizzazione strutturata: i CELESTINI (Fratelli dello Spirito Santo).
Di cultura non ampia e né approfondita, fu fautore di una spiritualità semplice, incentrata sul
culto dello Spirito Santo, che risentiva degli influssi del pensiero di Gioacchino da Fiore ed era
anche vicina ai francescani spirituali.
Essendo morto papa Nicolò IV (1292), la sede pontificia era vacante: per eleggere il pontefice
era necessaria la maggioranza dei due terzi del collegio cardinalizio, ma essendo state
abrogate le successive disposizioni atte a sveltire i tempi dell'elezione, ed essendo il collegio
profondamente spaccato in varie fazioni, le trattative rimasero in stallo fino agli inizi del 1294.
Ora, su invito di Carlo II d'Angiò, Pietro scrisse una lettera ai cardinali: il vecchio, influente e
malato cardinale Latino Malabranca affermò dunque di avere avuto una visione e si
procedette subito a una ELEZIONE “ISPIRATA”, a voto palese, prevista dal diritto canonico! Pietro
da Morrone aveva 85 anni! [337]
Pietro, riluttante, fu convinto ad accettare facendogli credere che un rifiuto avrebbe
comportato un peccato grave: fin da subito iniziò il tentativo di strumentalizzare l'inesperto e
anziano eremita.
Scelse il nome di CELESTINO V, non per ricordare in qualche modo i predecessori Celestino IV o
III, ma per evidenziare i suoi rapporti con le potenze celesti. Ricevette il manto pontificale,
simbolo di potestà sul mondo, non a Roma ma a L'Aquila, facente sempre parte del regno di
Carlo II d'Angiò, ove fu consacrato e incoronato il successivo 29 agosto.
In seguito, il trasferimento del pontefice a Roma non avvenne, perché Celestino V fu lasciato da
Carlo II a L'Aquila tutto il tempo necessario per preparargli una sede stabile a NAPOLI.
Non mancarono alcune SCELTE “DISCUTIBILI”:
 nominò dodici nuovi cardinali (numero simbolico): cinque italiani, tra cui due esponenti
della congregazione da lui fondata, e sette francesi, sei dei quali vicini agli interessi
franco-angioini.
 designò abate di Montecassino un monaco della sua congregazione, lasciando il
monastero in un evidente stato di sconforto e disappunto, per non dire di aperta rivolta
[338].
 a Napoli Pietro si fece preparare una cella in legno, per essere più vicino al suo ideale
eremitico, continuando a richiamare pellegrini-visitatori.
Non si fecero attendere le CRITICHE (si parlava di “plenitudo simplicitas”, in contrasto alla
potestatis):
 inesperienza e confusione;
 favorisce la sua Congregazione (ricche indulgenze);
 “Una vera disgrazia per la Chiesa” (Herder).
Presto Celestino V iniziò a pensare a una possibile ABDICAZIONE, che si realizzò il 13 dicembre
1294: in un semplice scritto spiegò i motivi del suo gesto (umiltà, età e forze non adatte al
compito, desiderio di ritirarsi in solitudine) e fece redigere una costituzione sull'abdicazione
del papa.
Bonifacio VIII (1294 – 1303)
Il 23 dicembre i cardinali si riunirono in conclave e il giorno successivo elessero Benedetto
Caetani, BONIFACIO VIII (1294-1303): il collegio cardinalizio, non ancora al completo per la
mancanza di vari cardinali francesi, si era velocemente accordato per il timore che,
tergiversando, avrebbe finito per favorire l'arrivo dei cardinali d'oltralpe e quindi il partito filo-
francese, col rischio dell'elezione di un papa francese.
Celestino V era ancora vivo e poteva essere facilmente strumentalizzato, anche per uno scisma
a sfondo spirituale-pauperistico: papa Bonifacio VIII prese quindi la decisione di non lasciarlo
tornare sul monte Morrone, ma di trattenerlo presso di sé a Roma. Pietro fugge più volte, ma
infine fu trasferito nel vicino castello di Fumone (Frosinone) [339], ove morì, ottantasettenne,
nel 1296.
Il processo di canonizzazione si concluse per opera di Clemente V nel 1313; la congregazione
dei fratelli dello Spirito Santo o Celestini, con il suo ramo femminile, continuò a godere di una
discreta fortuna fino agli inizi del XVI secolo, arrivando a contare fino a centocinquanta
monasteri distribuiti tra Italia, Francia e in maniera minore in Boemia, Inghilterra, Belgio e
Spagna.
BONIFACIO VIII si dimostrò fin da subito scaltro, autorevole e deciso a imporre la propria volontà
non solo alla curia romana, ma all'Europa intera; nella sua POLITICA “ESTERA”:
 tentò di risolvere la questione siciliana;
 si inserì nelle successioni dei Normanni (regni di Ungheria e Polonia);
 fu attento alle vicende dei comuni italiani;
 si intromise nella guerra tra Francia e Inghilterra, anche per l'organizzazione di una
crociata.
Prima fase: scontro con Filippo IV il Bello di Francia (1285 – 1314)
In età feudale gli eserciti erano abbastanza semplici (rapporti di VASSALLAGGIO) in cui i singoli
nobili chiamavano in contadini a combattere; progressivamente i si creano strutture militari e
avviano ESERCITI MERCENARI; man mano che si affermano gli “stati nazionali” si affermano ESERCITI
NAZIONALI. Ora, il clero non va a combattere, ma i regnanti chiedono sostegno economico alla
Chiesa.
Così Bonifacio VIII si trova in una complicata diatriba con i due re (di Francia e di Inghilterra)
[340], e in particolare con FILIPPO IV IL BELLO DI FRANCIA (1285-1314), che avevano imposto tasse,
anche al clero, per sostenere le ingenti spese militari. Il papa dichiarò inammissibili tali tasse
imposte senza il permesso papale, prevedendo anche la scomunica. Alcune affermazioni
significative:
 «Le motivazioni della Sorbona sono stupide» (dice Bonifacio in confronto alla Francia);
 «Meglio essere un cane che un francese» (accusato di non credere all’immortalità
dell’anima!).
Con la bolla “Clericis laicos” il papa ricorda che la Chiesa ha PRIVILEGI per il mantenimento del
clero, degli edifici e dei poveri e afferma che Filippo IV non può prendere questi soldi!
 Allora FILIPPO vieta l'esportazione di argento, denaro e altre merci di valore, di fatto
anche per colpire il papa nelle sue entrate francesi, ma formalmente solo per motivi
legati all'economia di guerra (la Francia dava alla Chiesa annualmente 520.000 fiorini; 1
fiorino: 3,54 gr. oro!). E inoltre espelle gli stranieri dal Regno (in particolare i banchieri
italiani: «fuori i lombardi»).
 Bonifacio si trova ad affrontare anche una recrudescenza dei rapporti con la FAMIGLIA
COLONNA (1297), incolpata di aver sottratto molti beni dalle casse del pontefice, fino ad
arrivare a deporre i due cardinali Giacomo e Pietro e a farli inquisire. Conscio però della
situazione pericolosa in cui si trovava, Bonifacio riuscì a trovare un accordo con la
Francia: con la BOLLA “ETSI DE STATU” afferma che la Chiesa “dona” allo Stato per le
necessità del Regno! (lo farà anche Talleyrand)
A livello di POLITICA ECCLESIASTICA, Bonifacio VIII si distingue per due cose in particolare:
 nel campo del diritto, fece pubblicare il Liber sextus (1298), un completamento della
raccolta di decretali di Gregorio IX; regolò i rapporti all'interno degli Ordini mendicanti e
col clero diocesano; fondò a Roma uno Studium generale precursore di quella che diverrà
l'università La Sapienza.
 anno Santo (1300), indetto perché – accorgendosi che i grandi pellegrinaggi in Terra Santa
non si fanno più (non è più sicuro, dopo la ripresa musulmana post-crociate) – vuole
affermare che il pellegrino pentito e confessato che faceva visita alle basiliche romane
otteneva la remissione delle pene temporali. La sede papale conseguì in questa occasione
un riconoscimento anche dal basso della propria dignità universale e ne ricavò un notevole
aumento di prestigio.
Seconda fase: scontro con Filippo IV il bello di Francia
FILIPPO IV fece diffondere la Deum time, una falsa bolla papale [341] per accattivarsi clero e
popolo francese: in questo falso, il Papa rivendicherebbe i diritti in campo politico (ierocrazia).
Bonifacio VIII emana allora la bolla UNAM SANCTAM (1302), documento sintesi della ierocrazia,
redatto da Matteo di Acquasparta, ispirandosi alla De ecclesiastica potestate di Egidio
Romano.
 CONTENUTO, diviso in quattro parti:
 unità e unicità della Chiesa, al di fuori non c’è salvezza! (Dz. 870);
 unico corpo, con un solo capo e non due come un mostro (Dz. 872),
 capo della Chiesa è Cristo, dunque Pietro e i suoi successori di Pietro.
 potere della Chiesa, segue il simbolo delle due spade (Dz. 873), entrambe della Chiesa,
ma…
 …quella del potere spirituale è usata direttamente dalla Chiesa;
 … quella del potere temporale è usata dal Re (a vantaggio della Chiesa).
 subordinazione del potere temporale a quello spirituale (Dz. 874);
 potere temporale: istituito e giudicato dalla Chiesa;
 potere spirituale: a nemine iudicatur (non può essere giudicato).
 definizione: “È necessario alla salvezza che ogni creatura sia SOTTOMESSA AL PAPA” (Dz.
875);
 discussione: tale definizione si riferisce “solo” all’ambito spirituale, non a quello
materiale.
Il re Filippo il Bello decise di attaccare il papa, accordandosi con i Colonna e confidando in quanti
erano in disaccordo per vari motivi col pontefice: Guglielmo di Nogaret accusò Bonifacio di
ogni nefandezza, tra cui l'uccisione del suo predecessore; si giunse infine a chiedere la
convocazione di un concilio ecumenico che giudicasse e deponesse il papa. Nel 1303, Bonifacio
si trovava ad ANAGNI, intenzionato a scomunicare solennemente Filippo il Bello, ma fu
arrestato, mentre alcuni nobili romani fiancheggiatori del Nogaret, tra cui Sciarra Colonna,
approfittarono per darsi al saccheggio. La vicenda colpì talmente l'immaginario collettivo del
tempo che si diffuse in seguito la leggenda che il papa sarebbe stato malmenato da Sciarra
Colonna (lo «SCHIAFFO DI ANAGNI»).
Liberato alcuni giorni dopo da una insurrezione dello stesso popolo di Anagni contro i francesi
e i loro spalleggiatori, BONIFACIO VIII poté far ritorno nella più sicura Roma il 25 settembre, ove
però morì (1303) proprio quando la sua parabola toccava il punto più basso.
Giudizio su Bonifacio VIII
Lo “schiaffo di Anagni” divenne emblema di un mondo medievale ormai al tramonto.
Bonifacio VIII mostra alcuni aspetti “rinascimentali”:
 esaltazione della propria persona:
 ritratto scolpito (Arnolfo di Cambio);
 stemma papale con le insegne della sua famiglia.
 curiosità su tutto: ascolta astrologi, indovini popolari.

Periodo avignonese (1305 – 1376)


Alla morte di Bonifacio VIII
Alla morte di Bonifacio VIII [342] il collegio cardinalizio si trovava ancora una volta diviso in
fazioni con interessi contrastanti (Colonna, Orsini, francesi, angioini, antibonifaciani). Prevalse
piuttosto inaspettatamente la volontà di mediazione, con la veloce elezione di BENEDETTO XI
(1303-1304). Nonostante la sua moderazione non riuscì a sanare i contrasti all'interno della
curia, morendo dopo solo otto mesi di pontificato a Perugia, dove si era portato a causa
dell'insicurezza di Roma.
Fu eletto, allora, CLEMENTE V (1305-1314): dopo l'incoronazione a Lione, non fece ritorno a Roma
e neppure in qualche città italiana sotto il suo controllo, e decise di trattenersi
momentaneamente IN AVIGNONE (1309), nel sud della Francia. La cittadina era un feudo
imperiale, ma affidato agli angioini di Napoli: dunque non si può affermare che il Papato fosse
alle dipendenze del re di Francia, ma è vero che le pressioni dei re francesi sui papi avignonesi
non furono trascurabili.
In Germania [343] nel frattempo veniva eletto re ENRICO VII DI LUSSEMBURGO (1308-1313): scese
in Italia nel 1310, salutato da molti – tra cui Dante – come colui che poteva riportare l'ordine
nella penisola e non solo. Nel 1312 fu incoronato imperatore a Roma, ma l'anno seguente i
rapporti tra Papato e Impero si rovinarono quando Enrico venne allo scontro con Roberto
d'Angiò (1309-1343), re di Napoli che di fatto controllava Roma. L'imperatore morì
inaspettatamente dopo pochi mesi (1313), facendo cadere ogni speranza di renovatio imperii.
Questione dei Templari
L’Ordine dei Templari fu fondato nel 1119 a Gerusalemme da Ugo de Peyens:
 SCOPO: difendere i luoghi santi e i pellegrini;
 SEDE: Templum Salomonis (di qui il nome!)
 REGOLA, ispirata da san Bernardo, prevedeva i tre voti più un quarto di difendere; è infatti
il primo ordine monastico armato!

STRUTTURA: si dividevano in TRE CATEGORIE:


 Chevaliers (nobili)
 Fréres sergents (scudieri)
 Fréres servants des metiers (alcuni sacerdoti)
ORGANIZZAZIONE:
 Gran Maestro
 Precettore (capo provinciale)
 Priore
 Mansioni

ALTRI DATI:
 erano circa 4000 (di cui 2000 in Francia);
 possedevano beni: non erano ricchissimi (cistercensi!), ma erano bene amministrati;
 amministravano denaro (metodi moderni), per cui avevano disponibilità di liquido,
prestavano senza interesse, gestivano anche il tesoro del re di Francia (affidato dal re per
tenerlo al sicuro);
 possedevano fortezze munite, con grande importanza “politica”.
OSTILITÀ E SOSPETTI:
 comportamento verso i vescovi: l’ordine è definito “indisciplinato e arrogante”;
 “inutilità” dell’Ordine (visto che dopo le crociate non si va più in Terra Santa);
 ricchezza, non solo amministrata ma posseduta;
 dicerie legate all’omosessualità, all’abitudine a bere e a bestemmiare.

Filippo IV contro i Templari


Nel 1305 Filippo IV inizia la lotta contro i Templari, per MOTIVAZIONI (che gli storici danno!)
 FINANZIARIE, ovvero per il bisogno di denaro (e i templari ne hanno);
 POLITICHE, in quanto i Templari sono “uno stato nello stato” (e i vari re di Francia cercavano
da tempo di unificare il regno e Filippo IV teme l’ostacolo dei templari all’unificazione).
Filippo IV dà ascolto alle accuse di Esquiu de Floyran (espulso dai Templari) il quale denunciava
che nell’ammissione dei novizi (che erano molto segrete) questi fossero costretti a:
 calpestare il crocifisso e sputargli in faccia;
 rinnegare Cristo;
 adorare un idolo (Bafomet, probabilmente Maometto);
 consumare rapporti omosessuali.
 Nella sola notte di 13 ottobre 1305 (venerdì), Filippo IV fa ARRESTARE TUTTI I TEMPLARI IN
FRANCIA, compreso il Gran Maestro Jacques de Molay, e confiscare i loro beni.
A seguito di interrogatori e torture, i Templari “confessano” (solo 4 si professano “innocenti”);
ma papa CLEMENTE V pone una nuova istruttoria che vuole interrogatori senza tortura: molti
ritrattano.
Filippo IV, però, li accusa di falsa testimonianza e li manda al rogo come eretici: il 12 maggio
1310 ben 54 templari vanno al rogo.
Anche il Gran Maestro DE MOLAY è bruciato sul rogo l’11 (18) marzo 1314; da qui la leggendaria
“LEGGENDA NERA”, ovvero una “maledizione” contro Filippo IV e papa Clemente, che moriranno
in quello stesso anno! Inoltre si scaglierebbe contro la casa reale di Francia fino alla XIII
generazione (il che sembra legarsi alla morte di Luigi XVI sulla ghigliottina, poiché secondo
alcuni il boia Sanson affermò “Io sono un templare e questa è la vendetta di Jacques de
Molay”).
Clemente V: concilio di Vienne (1311-1312)
Il concilio di Vienne (al di là delle Alpi) porta con sé alcuni importanti temi:
 riforma della Chiesa, specialmente riguardo la povertà dei Francescani;
 nuova crociata
 bolla VOX IN EXCELSO (1312), che decreta la SOPPRESSIONE DEI TEMPLARI, i quali vengono
liberati dalle accuse ma avevano perso il “buon nome” (e dunque varrebbe la pena
sopprimere l’Ordine); tuttavia è interessante che i BENI DEI TEMPLARI finirono in parte a
Filippo IV (a motivo delle spese per il procedimento!) e in parte ai Cavalieri di Malta.
 condanna delle BEGHINE (già condannate allo scioglimento dal IV concilio lateranense del
1215; poi approvate da papa Gregorio IX nel 1233; ancora condannate come eretiche,
prima nel concilio di Lione del 1274 e infine nel concilio di Vienne del 1312), attraverso
un impressionante elenco di processi e relativi roghi contro le beghine; nonostante la
stragrande maggioranza fosse ortodossa, la loro vicinanza ai Francescani spirituali portò
facilmente a fare di ogni erba un fascio!
Movimento delle Beghine (prima volta delle donne!) e Begardi
L’etimologia è “oscura”, ma l’ipotesi più probabile è che derivi dal fiammingo beghen, pregare
(altre ipotesi la fanno derivare dal francese begard, mendicare o dall’inglese beg, chiedere
l’elemosina).
Nel secolo XII, in Francia, Germania e Paesi Bassi vi era un numero elevato di donne di
estrazione sociale medio-bassa rimaste “sole”, che NON POTEVANO MARITARSI (gli uomini erano
stati decimati dalle crociate e dalle guerre locali) e NON POTEVANO ENTRARE IN MONASTERO (non
avevano sufficiente dote), decisero di unirsi.
Attraverso ABITAZIONI VICINE, nascono le prime comunità (i beghinaggi), la prima delle quali nel
1170 al Liegi (Belgio). Non fanno voti, ma vivono in castità; dedite al lavoro (tessitura) e alla
preghiera.
I BEGHINAGGI (successivamente) diventano vere e proprie comunità, con migliaia di beghine
(esempio a Gand/Ghent) e ancora oggi hanno 11 comunità in Belgio e 2 in Olanda.
Periodo avignonese
Alla sua morte (1314), pochi mesi prima di quella di Filippo IV il Bello, Clemente V lasciava la
Chiesa universale in una situazione piuttosto critica [348], con una ROMA “INSICURA”, in balia di:
 fazioni nobiliari di famiglie romane (Colonna, Orsini, Caetani);
 disordine dei territori pontifici, in particolare per gli stati confinanti (Milano, Firenze,
Venezia) e per lo stato di guerra con l’Impero (Enrico VII e Ludovico il bavaro)
 pressione dei cardinali francesi (limosini)
 motivazioni personali dei Papi (Clemente V è malato, Clemente VI contrae la peste).

Per tutti questi motivi, la sistemazione ad AVIGNONE sembrava destinata a durare a lungo e
l'antica capitale (Roma) andò ulteriormente spopolandosi (nei periodi più bui conta circa 3000
abitanti!).
La scelta di Avignone, in effetti, era motivata da molteplici fattori:
 posizione favorevole anche per il clima (visti anche i problemi di salute dei pontefici);
 posizione strategica (rispetto a Spagna, Germania, etc.);
 era stata acquistata nel 1348 (ricevuti 80.000 scudi d’oro da Giovanna I di Napoli) e
rimase nei possedimenti pontifici fino alla rivoluzione francese.
Ma lo spostamento della sede del papa ebbe una ricaduta negativa anche di tipo psicologico e
morale per buona parte dei credenti di tutta Europa: l'impressione era che il papa fosse ormai
una sorta di obbediente pedina del re di Francia (quasi un “Cappellano del Re di Francia”) o
anche solo che il pontefice dovesse sottostare alle angherie vere o presunte del sovrano
francese (anche per questo alcuni parlano di “CATTIVITÀ AVIGNONESE”).
Papi avignonesi
Giovanni XXII (1316 – 1334)
Dopo Clemente V [349], il collegio cardinalizio risulta ancora una volta diviso al suo interno:
passano più di due anni prima che si giunga all'elezione di GIOVANNI XXII (1316-1334):
ultrasettantenne, eletto probabilmente in prospettiva di un pontificato breve, regna invece
fino al 1334. Riorganizza la curia, potenziandola e modernizzandola. Di contro, si macchia di
nepotismo, e nelle nomine di nuovi cardinali favorisce i francesi che con lui rappresentano
un'ampia maggioranza nel collegio.
Quando [350] fu eletto imperatore LUDOVICO IV DI BAVIERA (1314-1347), il papa vi si scontrò!
Infatti, rimandò a lungo il suo atto di riconoscimento di tale elezione (una parte degli elettori
filo-asburgici proclamava Federico il Bello d'Austria), anche dopo che Ludovico sconfisse
Federico. Intanto si arrogò il diritto di nomina di un vicario imperiale per l'Italia: scelse Roberto
d'Angiò, re di Napoli.
I rapporti continuarono a deteriorarsi, fino a quando Ludovico il Bavaro chiese la convocazione
di un CONCILIO UNIVERSALE che desse un giudizio su tutta la questione (compresa l'accusa di eresia
formulata nei confronti del papa).
 Papa Giovanni XXII reagì con la scomunica di Ludovico (1324); ma Ludovico trovò
l'appoggio di varie frange della Chiesa, più o meno scontente dell'atteggiamento rigido
del pontefice.
Viene reso pubblico il DEFENSOR PACIS (1324), un ampio trattato politico di Marsilio da Padova,
ove vengono analizzate le motivazioni delle discordie della società del tempo ed è proposta
una convivenza pacifica fondata su una RIGOROSA DISTINZIONE TRA POTERE CIVILE E AMBITO RELIGIOSO:
 dalla filosofia sociale di Aristotele (secondo cui l’uomo è animale sociale, per cui sono
necessarie regole per vivere insieme), afferma che il popolo è fonte del POTERE POLITICO
(PARS VALENTIOR) ed esso lo affida a un principe, con l'incarico di garantire la pace;
 nell'esclusivo fine sovrannaturale per cui esiste, alla Chiesa va il POTERE SPIRITUALE E
DOTTRINALE, dimodoché persino la LOTTA ALL'ERESIA si configura come compito dell'autorità
statale!
Inoltre Marsilio sostiene che il CONCILIO è l'organo privilegiato in cui i fedeli assumono le
decisioni più importanti per la vita della Chiesa.
Nel 1327 Ludovico il Bavaro scese in Italia, forte dell'appoggio ghibellino:
 a Milano fu incoronato re dei lombardi;
 a Roma fu consacrato da due vescovi scomunicati e incoronato imperatore da Sciarra
Colonna, prefetto di Roma, con trascorsi antipapali
 Ludovico si dichiarò deposto Giovanni XXII [351] e fece eleggere ANTIPAPA NICCOLÒ V (1328-
1330).
Ben presto, però, Ludovico tornò in Germania, ove continuò a mantenere intatto il suo potere;
anche Niccolò V dovette abbandonare Roma: pentito, si riconciliò con Giovanni che lo
trattenne ad Avignone fino alla morte. Anche Ludovico cercò un riavvicinamento al papa, ma
questi non gli concesse nulla se prima non avesse rinunciato al trono, cosa che Ludovico si
guardò bene dal fare.
Benedetto XII (1334 – 1342)
La non facile eredità di Giovanni XXII è raccolta da BENEDETTO XII (1334-1342): integerrimo,
prende provvedimenti contro i non pochi abusi amministrativi e giudiziari che caratterizzavano
la nuova e ben organizzata curia papale.
Pur avendo espresso la volontà di un ritorno a Roma, probabilmente per pressioni dirette e
indirette del re francese Filippo VI, rimase ad Avignone e iniziò la costruzione della fortezza-
palazzo papale.
Clemente VI (1342 – 1352)
Successore fu CLEMENTE VI (1342-1352): sfacciatamente filofrancese, di nobile famiglia, si
macchia di NEPOTISMO e fa della corte papale una CORTE SFARZOSAMENTE MONDANA, creando grossi
problemi alle finanze della Chiesa [352]. Lo scandalo provocato in tutta Europa spinse i
contemporanei a ritenere la PESTE NERA (1346 -1348/50) come castigo divino permesso e anzi
facilitato dalla corte avignonese.
Innocenzo IV (1352 – 1362)
Gli successe un altro francese, INNOCENZO VI (1352-1362): fu un moralizzatore della curia, del
clero e dei religiosi, occupandosi anche della situazione finanziaria sempre problematica.
Col nuovo re di Germania CARLO IV (1346-1378), finalmente PAPATO E IMPERO RIUSCIRONO A
INTERLOQUIRE! L'imperatore riuscì ad accordarsi col papa su molte questioni e ricevette la
corona imperiale a Roma dal cardinale vescovo di Ostia (1355).
 Deciso a non occuparsi dell'Italia, Carlo IV torna subito in Germania ove emana la BOLLA
D'ORO (1356): per evitare il più possibile dissidi nell’ELEZIONE IMPERIALE il documento afferma
che sarà eletto da soli SETTE ELETTORI:
 i vescovi di Colonia, Treviri e Magonza
 e i principi di Boemia, Sassonia, Brandeburgo e Reno).
La Bolla non fa alcuna menzione della conferma del neo-eletto da parte del papa,
accantonando così – in qualche modo a favore dell'Impero – uno dei motivi di discordia tra
papato e impero (d’altra parte, tramonta l’idea di un impero universale, poiché tutti gli
elettori sono tedeschi).
Nel frattempo in Italia, a causa della lontananza del papa, la situazione politica tendeva
all'ANARCHIA e dava ampio spazio a tentativi di costituzione di NUOVE SIGNORIE. Innocenzo VI
affrontò allora il problema del ripristino della sovranità del pontefice nei territori italiani:
 appoggiò il tentativo del popolano COLA DI RIENZO di governo di Roma [353], ma fallì con
la sua morte, dovuta alla sommossa popolare istigata dalle principali famiglie romane
che vedevano ridotta drasticamente la propria libertà di azione (1354).
 il compito di normalizzare la situazione passò al cardinale spagnolo EGIDIO ALBORNOZ, il
quale influenzò la politica di tutta la penisola (scrisse le “COSTITUZIONI EGIDIANE”) e seppe
riportare sotto il controllo pontificio molti signori e città dell'Italia centrale che di fatto
non riconoscevano più l'autorità del lontano pontefice.
Urbano V (1362 – 1370)
URBANO V (1362-1370) si occupa subito dell'avanzata turca nella penisola balcanica:
l'imperatore Giovanni V Paleologo chiede l'aiuto del papa, ma una ventilata crociata non fu
mai messa in atto. L'imperatore si recò personalmente da Urbano V e aderì a titolo personale
al cattolicesimo (1369), ma non ottenne aiuti concreti dai latini fu addirittura costretto a farsi
vassallo di Murad I.
Nel 1367 papa Urbano V lascia Avignone per dirigersi a Roma: restaura varie chiese, nomina
nuovi cardinali; ma la ripresa della guerra dei Cent'anni, le pressioni francesi anche interne
alla curia e la situazione italiana sempre più complessa e instabile, lo spingono (1370) a tornare
ad Avignone.
Gregorio XI (1370 – 1378)
GREGORIO XI (1370-1378) era molto mondano e non disdegnava gli studi, che compì anche in
Italia, ove si era recato pure per accompagnare Urbano V nel suo provvisorio ritorno a Roma.
Eletto papa, dovette affrontare fin da subito il PERENNE PROBLEMA FINANZIARIO [354] che si trascinò
per tutto il pontificato e anzi crebbe nel momento della forte necessità di liquidità per il ritorno
in Italia. Inoltre, progettò una CROCIATA contro i turchi (mai effettuata!); Gregorio XI si occupò
di riforma di Ordini religiosi, di culto e di opere di carità, di liturgia e festività, di repressione
dell'eresia.
Fin da subito si interessò anche di POLITICA EUROPEA [355]: intervenne in vario modo in molte
contese, ma era interessato alla PACE TRA FRANCIA E INGHILTERRA (impegnate nella guerra dei
Cent'anni) e alla PACIFICAZIONE IN ITALIA.
Desiderava RITORNARE A ROMA, ma era difficile proprio per alcuni OSTACOLI POLITICI: i rapporti con il
re di Francia Carlo V si andavano raffreddando, mentre in Italia i principali avversari del papa
erano i Visconti di Milano e la città di Firenze, che mal vedeva uno Stato della Chiesa forte ai
propri confini.
Finalmente Gregorio XI partì da Avignone: entrò in Roma nel 1377 con una notevole scorta
armata che doveva difenderlo da ogni eventualità. Qui continuò a operare su più fronti,
riscontrando svariate difficoltà che furono di certo anche di adattamento personale alla
nuova situazione. Dopo poco più di un anno dal suo ritorno a Roma, morì nel 1378.
Caratteri del periodo avignonese
 CENTRALIZZAZIONE DEL GOVERNO DELLA CHIESA, con una profonda riorganizzazione della Curia
(con 650 persone, comprendenti familiares papae e officiale Sedis Apostolicae),
strutturata in:
 CANCELLERIA, con il compito di decidere sulle questioni di politica ecclesiastica (dei
rapporti con i principi si occupano i nunzi);
 CAMERA APOSTOLICA, ovvero il ministero delle finanze (si occupa delle tasse);
 TRIBUNALE DELLA ROTA, con compito giudiziario;
 PENITENZIERIA, chiamato ad assolvere da peccati riservati, scomuniche, dispense;
 CASA DEL PAPA, riservata alla vita quotidiana del pontefice (camerieri, barbieri, medici,
…).
 NOMINA DEI VESCOVI:
 IN POSITIVO: si implementa la dimensione sovranazionale della Chiesa (nell’epoca del
sorgere degli Stati nazionali) e si rafforza il legame Chiesa-Papa;
 IN NEGATIVO: cresce il cumulo dei benefici e spesso è un metodo per “premiare” i protetti
del Re.
 FISCALISMO (per il mantenimento della curia), concretizzato nelle “annate”: ogni diocesi
deve versare al papa il netto tra entrate e uscite dell’anno. Ciò porterà a dare le diocesi a
vescovi ricchi che possano pagare, con conseguente nepotismo e mancanza della presenza
reale dei vescovi.
DALLO SCISMA D’OCCIDENTE AI CONCILI DEL QUATTROCENTO
Lo scisma d’Occidente
a) Elezione del Papa
Anzitutto, è importante non confondere con lo SCISMA D’ORIENTE (1054).
Per quanto riguarda lo scisma d’Occidente – infatti – il problema ha avvio con la morte di papa
Gregorio XI (27 marzo 1378), l'ultimo papa del periodo avignonese, poco più di un anno dopo
il definitivo ritorno a Roma della sede papale [15].
Conclave
Il 7 aprile 1378 nel palazzo apostolico del Vaticano si riunì il primo conclave a Roma dopo 75
anni. Vi erano DIVISIONI NEL COLLEGIO CARDINALIZIO: di 16 cardinali presenti, 11 erano francesi e 1
spagnolo.
La situazione cittadina poneva pressioni: la popolazione reclamava un papa d'origine romana o
almeno italiana («Romano lo volemo o armanco italiano»). I cardinali si erano già accordati
sulla scelta di BARTOLOMEO PRIGNANO (arcivescovo di Bari), italiano ma gradito alla monarchia
francese, tuttavia vi fu un’irruzione di intrusi nel conclave: per calmare la folla, un cardinale
uscì ad annunciare il nome di “Bartolomeo”, ma la gente sente solo “Bar” e lo scambia per un
cardinale francese (suscitando le ire). Per calmare gli animi viene rivestito con le insegne
pontificie il vecchio CARD. TEBALDESCHI (al quale il popolo svaligia la casa, poiché tanto il papa
sarebbe andato altrove).
Urbano VI
Calmata la situazione di tensione, viene effettivamente eletto Bartolomeo Prignano che prende
il nome di URBANO VI. Le motivazioni di questa nomina sono molteplici:
 italiano ma suddito del regno di Napoli (di dominio francese angioino) e già
responsabile della cancelleria papale ad Avignone;
 sulla linea di Gregorio XI, che voleva tornare a Roma;
 qualità personali: ha buona preparazione giuridica e conoscenza della curia, è una
persona “integra” (nella Chiesa c’era una corrente “spirituale”, sulla linea della riforma
gregoriana, ed una più “moderata”: Urbano VI è sulla prima).
Incoronato il 18 aprile 1378, riceve l’obbedienza dei cardinali (uno per uno si inginocchiano).
Benché retto, esperto e pio, Urbano VI mostrò un ATTEGGIAMENTO DURO specie coi cardinali [16]:
 subì, probabilmente, un contraccolpo psicologico (sentì forse la responsabilità del
pontificato);
 si sentì profondamente “scelto da Dio ab aeterno” con la missione di PURIFICARE LA CHIESA
(afferma: “Ego intendo mundare Ecclesiam et ego mundabo” – intendo purificare la
Chiesa e la purificherò), convinto che i cardinali abbiano una vita fastosa (ognuno aveva
la sua familia fatta di servitori…ma alcuni ne avevano in numero enorme) e macchiati di
simonia.
In breve la situazione divenne insostenibile.
Cardinali
Tuttavia l'atteggiamento tenuto dai cardinali dimostra che, almeno in un primo momento,
consideravano valida l'elezione di Urbano, e lo riconoscevano come papa a tutti gli effetti:
 offrono obbedienza al Papa;
 partecipano ai concistori;
 chiedono e ottengono “favori”.
Ma il 9 agosto 1378, avviene la SVOLTA AD ANAGNI (paese di Bonifacio VIII alle porte di Roma):
infatti, ben 13 cardinali (su 16) dichiarano l’ELEZIONE “INVALIDA” perché – dicono – svolta sotto
la pressione del popolino romano e dunque non realmente liberi (su questo punto gli storici si
dividono…) e perciò sostengono che Urbano VI sia da considerarsi “falso” papa e vada
scomunicato.
Il collegio cardinalizio si riunì a Fondi (20 settembre 1378) ed elesse il cardinale Roberto di
Ginevra, che prese il nome di CLEMENTE VII.
“Novità”
La situazione era di una gravità senza precedenti: NON ERA MAI ACCADUTO che lo stesso collegio
cardinalizio eleggesse un papa, poi lo dichiarasse decaduto, per eleggerne infine un altro!
Gli storici italiani sono più sulla linea di Urbano VI; gli storici francesi più sul fronte di Clemente
VII.
b) Due “Obbedienze: Cristianità divisa
Avviene realmente una SPACCATURA DELLA CHIESA, non semplicemente un antipapa (come altre
volte)! Ora due papi si opponevano tra loro e la cristianità si trovò divisa in due «obbedienze».
OBBEDIENZA ROMANA OBBEDIENZA AVIGNONESE
PAPI Urbano VI – Bonifacio IX – Innocenzo VII – Clemente VII – Benedetto XIII
Gregorio XII
STATI Italiani – Impero – Inghilterra – Boemia … Francia – Scozia – Baviera –
Spagna
ORDINI Domenicani (19 province) Domenicani (5 province)
RELIGIOSI
SANTI Caterina da Siena Vincenzo Ferrer

Lo SCISMA D'OCCIDENTE, che si protrasse per circa quarant’anni, spaccò in due la Chiesa europea,
diocesi, capitoli, famiglie religiose; ed anche figure di indiscussa santità si schierarono.
CONSEGUENZE:
 la DISCIPLINA ECCLESIASTICA si rilassò, mentre la corruzione dilagava: poiché erano importanti
gli appoggi l’uno e l’altro papa, davano concessioni (necessità finanziarie!) di indulgenze,
benefici…
 PASTORALI circa la crisi del prestigio della Chiesa, la sua autorevolezza e la sua gerarchia
(tutto ciò condurrà, in futuro, anche alla Riforma protestante).
c) Soluzioni allo Scisma
Si cercarono soluzioni allo Scisma, individuando quattro possibili strade ossia viae percorribili
[17].
 VIA FACTI
Una prima soluzione percorsa fu quella dello SCONTRO MILITARE: Clemente VII prende un
esercito e va allo scontro verso Roma; ma un atto violento rischiava d'innescare una guerra
di dimensioni europee, dal momento che ciascun papa aveva il sostegno di importanti Stati
tra loro antagonisti.
 fallimento: Clemente pose la propria residenza ad Avignone e vi aprì una nuova curia; in
tal modo, la corte papale ed il collegio cardinalizio furono duplicati.
 VIA CESSIONIS
Il tentativo della DIPLOMAZIA puntava a far rinunciare uno o ambedue i papi.
 fallimento: alla morte di Bonifacio IX, il papa Benedetto XIII non tenne fede al suo
impegno di dimettersi; ed anche il nuovo papa Innocenzo VII non realizzò le buone
intenzioni di dimettersi.
 VIA COMPROMISSIONIS
Prevede la NOMINA DI UNA COMMISSIONE, secondo cui se i due papi si incontrassero potrebbero
fare entrambi un passo indietro in maniera intelligente [18].
 fallimento: si organizza l’incontro a La Spezia, a “metà strada” tra Avignone e Roma, ma
quando arrivano entrambi a 25 km di distanza tornano indietro!
 VIA CONCILII
La soluzione più convincente apparve infine la CONVOCAZIONE DI UN CONCILIO.
 si giunge così al CONCILIO DI PISA (1409), a cui prendono parte 12 cardinali (6 per
obbedienza):
 vengono deposti entrambi i Papi (Gregorio XII, romano; Benedetto XIII, avignonese);
 viene eletto ALESSANDRO V (Pietro Filargo, arcivescovo di Milano), ma muore poco dopo;
 un anno dopo è eletto GIOVANNI XXIII (Baldassarre Cossa, arcivescovo di Bologna).
 Anziché risolversi, la situazione peggiorò: la cristianità occidentale aveva
contemporaneamente non più due ma TRE PAPI (quello che Jedin chiama “MALEDETTO
TRINOMIO”).

L’intervento dell’imperatore SIGISMONDO DI LUSSEMBURGO [19] intavolò TRATTATIVE DIPLOMATICHE


con i tre papi e i loro sostenitori:
 con gli Stati, convincendo a sospendere la Guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra
 con i diversi Papi, anzitutto con Giovanni XXIII, accordandosi per indire il CONCILIO A
COSTANZA.
d) Concilio di Costanza (1414 – 1418)
Il CONCILIO DI COSTANZA (1414-1418) ebbe configurazione particolare per il NUMERO DEI PARTECIPANTI
che, inizialmente esiguo, andò rapidamente aumentando fino a raggiungere alcune migliaia di
persone (cardinali, arcivescovi e vescovi, abati e generali di ordini, rappresentanti dei capitoli,
ma anche professori di teologia e di diritto canonico, ambasciatori di re, di principi, di comuni,
di città e di università, con la assoluta prevalenza dei laici rispetto ai chierici); cosicché vennero
raggruppati in cinque nazioni:
 inglese (Inghilterra, Scozia, Galles, e Irlanda),
 tedesca (zone tedesche, Ungheria, Dalmazia, Croazia, Boemia, Polonia e Scandinavia),
 francese,
 italiana,
 iberica (Aragona, Portogallo, Navarra e Castiglia).
Questi gruppi intervenivano nei dibattiti e votavano “per nationes”, ossia un unico voto per
tutta la nazione (non “per capita”, come avvenne per tutti gli altri concili ecumenici),
superando così il problema del predominio italiano nei lavori conciliari.
Lo SCOPO che si proponeva tale Concilio [22] era quello di affrontare:
 la questione dello Scisma d'Occidente (CAUSA UNIONIS);
 le più importanti problematiche dottrinali dell'epoca (CAUSA FIDEI);
 la questione della riforma della Chiesa (CAUSA REFORMATIONIS).

Causa Unionis
La situazione [19] mise Giovanni XXIII in crisi che contava sul fatto che un concilio composto da
una maggioranza italiana lo avrebbe confermato come papa; ciò che lo metteva in difficoltà
erano:
 il fatto che al concilio di Costanza si votasse “per nationes”;
 la proposta del concilio di risolvere lo Scisma mediante l'abdicazione di tutt'e tre i papi.
Sicché, pur cedendo alla richiesta di leggere pubblicamente la formula di rinuncia, l’antipapa
Giovanni XXIII – nella notte tra il 20 e il 21 marzo 1415 – fuggì da Costanza con la protezione
del duca d'Austria Federico: con questa mossa, da una parte, si auto-delegittimò, dall'altra il
concilio accelerò la stesura del decreto Haec Sancta.
Il Concilio, infatti, approvò rapidamente il DECRETO HAEC SANCTA, per opera delle quattro nazioni
presenti allora al concilio (non però dei cardinali) [20]; ciò suscitò dibattito sul valore del
decreto:
 la teoria conciliare sostiene che il potere sia da attribuire solitamente al papa, ma che
esso passa al Concilio nei casi in cui:
 non si sa chi sia il Papa,
 il Papa è “malato”,
 il Papa è eretico.
 per il conciliarismo, invece, il potere va al Concilio sempre (il concilio è la suprema
autorità nella Chiesa a cui tutti i cristiani, papa compreso, devono obbedire, poiché
riceve il potere direttamente da Cristo). Questa è una posizione che si situa sulla linea
“democratica” applicata già da Marsilio da Padova alla Chiesa e sostenuta ultimamente
ancora da Kung.
Per altri storici invece c’è un CARATTERE CONTINGENTE DEL DECRETO per dar credito al Concilio di
Costanza.
La TEORIA CONCILIARISTA sostiene la non necessità del papa; in effetti, grazie alle condizioni create
dal decreto Haec Sancta [21], il concilio riuscì finalmente a risolvere lo Scisma d'Occidente
passando attraverso QUATTRO TAPPE:
 abdicazione di Giovanni XXIII (obbedienza pisana);
 abdicazione di Gregorio XII (obbedienza romana);
 deposizione di Benedetto XIII (obbedienza avignonese): non accetta di abdicare e,
dunque, viene deposto (era sostenuto dalla Spagna, ma Sigismondo fa pressioni sulla
Spagna che lo pone in un’isoletta a fare il papa da solo);
 elezione del nuovo papa MARTINO V, il cardinale italiano Odo Colonna (11 novembre
1418).
Causa fidei
Per quanto riguarda le problematiche dottrinali dell'epoca, il concilio considerò soprattutto
[22]:
 il movimento dei LOLLARDI, diffusi in Inghilterra e legati alla predicazione di John Wycliff;
 il movimento degli HUSSITI, diffusi in Boemia, che ebbero come riferimento Jan Hus.

John Wycliff (1330 – 1384): in Inghilterra


Professore ad Oxford [34] e titolare di una ricca parrocchia, JOHN WYCLIFF aveva condiviso le
tendenze nazionaliste e cesaropapiste da tempo presenti in Inghilterra, approvando il rifiuto
del parlamento inglese e del re al pagamento del censo feudale al papa (1366).
Le idee di Wycliff riguardano soprattutto:
 aspetto dottrinale:
 Sacra Scrittura quale unico fondamento della fede (tradotta in Inglese e data a libero
esame) e fonte anche per la legislazione temporale;
 povertà radicale della Chiesa:
 no ai beni materiali (lo Stato doveva nazionalizzare tutte le proprietà
ecclesiastiche),
 no alle “annate” (considerate espressione di simonia),
 contro il monachesimo.
 visione ecclesiologica:
 Chiesa è comunità “invisibile” dei predestinati (Congregatio omnium
praedestinatorum): non è costituita dalla gerarchia unita ai fedeli, ma ogni predestinato
è vero sacerdote davanti a Dio; il vero papa è Cristo e, dunque, l’autorità del Papa è
priva di significato; pertanto, non c’è bisogno di alcuna mediazione della Chiesa;
 rifiuto di:
 dottrina della transustanziazione (presenza reale di Cristo);
 confessione auricolare;
 dottrina secondo cui gli uomini sono già predestinati, chi alla gloria e chi alla
dannazione;
 celibato ecclesiastico;
 culto dei santi (loro immagini e reliquie), pellegrinaggi, messe per i defunti.

Le idee di Wycliff incontrarono il favore dei nobili e del popolo (vari conti e marchesi, alcuni per
spirito religioso – i Lollardi – ma la maggioranza di loro è interessata al fatto che “la Chiesa non
deve avere beni” così da poterli prendere loro) Intorno a lui si radunano i cosiddetti “LOLLARDI”
(di etimo incerto: secondo alcuni da lollen, canto di lode; per altri da lolium, zizzania), suddivisi
in:
 gruppo oxfordiano: più intellettuale (soprattutto su Sacra Scrittura quale elemento
normativo);
 gruppo parlamentare: anticlericale e antiromano;
 gruppo popolare (più radicale): critica ferocemente la Chiesa ricca…e si mette in azione
(assale i monasteri, va contro i vescovadi, …).
Le idee di Wycliff andarono incontro a CONDANNE:
 sinodo di Londra (1382) condanna ventiquattro proposizioni di Wycliff (dieci come
eretiche e quattordici come erronee); i lollardi furono esiliati, mentre egli rimase
indisturbato nella sua parrocchia fino alla morte (1384); ma il movimento continuò a
diffondersi, anche quando furono perseguiti ed alcuni mandati al rogo.
 concilio di Costanza (1415) condanna quarantacinque proposizioni di Wycliff (Dz. 1151 –
1195) e ordina che il suo corpo venisse riesumato e bruciato e disperse le ceneri nel fiume.
I lollardi scappano in Boemia, che ha con l’Inghilterra legami culturali (tra le università di Oxford
e Praga) e, soprattutto, di matrimonio tra Anna – sorella di Venceslao re di Boemia – e Riccardo
II).
Jan Hus (1369 – 1415): in Boemia
La situazione ecclesiale in Boemia [35] non era molto dissimile da quella di altre zone
dell'Europa: sopravvivevano alcune sètte eretiche, l'istruzione religiosa del popolo era scarsa,
il clero per lo più ignorante e di vita scandalosa, i vescovi – spesso di origine tedesca –
trascuravano il dovere della residenza e la cura delle anime.
La Boemia era un territorio sotto il controllo della Germania, ma Carlo IV di Boemia le aveva
ridato importanza: aveva emanato la Bolla d’Oro (1356), con stabiliva chi doveva eleggere
l’imperatore (tre ecclesiastici e quattro laici…tra questi anche la Boemia); Carlo IV nel 1348
fonda l’università di Praga e invita i grandi uomini di cultura.
In questo contesto, in Boemia si impone JAN HUS [36], sacerdote di umili origini, maestro di
filosofia dell'università di Praga e predicatore di successo. In lui si sposava il nascente spirito
nazionalista ceco e la reazione alla “tedeschizzazione” (l'elemento tedesco, che fino a quel
momento aveva avuto il predominio politico in Boemia).
Le idee di Hus riguardano soprattutto l’aspetto dottrinale (influenzato profondamente da
Wycliff):
 primato (e obbedienza) della sacra Scrittura e non della gerarchia;
 ecclesiologia che:
 vede all'interno della Chiesa universale una Chiesa di predestinati,
 nega il primato del papa,
 afferma il sacerdozio universale dei fedeli (connesso alla comunione sotto le due
specie);
 sacramenti, la cui validità dipende dalla dignità di chi amministra.

Convocato al concilio di Costanza, Hus ebbe la possibilità di difendersi, ma poi venne messo alle
strette dal concilio e gli fu imposto o di ritrattare gli errori a lui attribuiti (Dz. 1201-1230)
oppure di andare al supplizio: rifiutando di ritrattare ed essendo stato abbandonato da
Sigismondo, Hus fu destituito dall'ordine sacro e MESSO AL ROGO (il 6 luglio 1415). Morì,
recitando il credo, nello stesso giorno della condanna.
Interessante che il vescovo ausiliare Kampe al Concilio Vaticano II fece questa affermazione:
Anche noi cattolici dovremmo confessare oggi senza esitazione e paura che i giudici
di Costanza hanno sbagliato e che la morte tra le fiamme del riformatore Hus va
compresa in quella richiesta di perdono che ha formulato papa Paolo VI in via
generale.
Intorno alla sua memoria sorse il movimento degli HUSSITI [37], anch’esso suddiviso tra:
 UTRAQUISTI (moderati, così detti perché rivendicavano la comunione sub utraque specie);
 TABORITI (estremisti con forte spinta al cambiamento, quasi di rivoluzione sociale; così
chiamati dalla fortezza di Tabor, erano per lo più contadini).
Tra i due gruppi ci sarà quasi guerra civile: nella battaglia di Lipari (1434) vinceranno i
moderati.
Ad ogni modo, gli hussiti ottennero dall’imperatore Sigismondo importanti concessioni, poiché
rivendicarono alcuni punti a loro essenziali, ovvero i QUATTRO ARTICOLI DI PRAGA (1420), divenuti
poi i Compactata di Praga (1433):
 libera predicazione della parola di Dio;
 Eucaristia sotto le due specie anche per i laici;
 secolarizzazione dei beni ecclesiastici;
 rinuncia del clero alle ricchezze (quasi conseguente al punto precedente).

Causa reformationis
Circa la questione della riforma della Chiesa [22] le prese di posizioni del concilio di Costanza si
concretizzarono in diversi decreti; il documento più importante e centrale è il decreto
FREQUENS (il cui nome viene dalle parole con cui si apre: “La frequente celebrazione dei concili
generali è il modo migliore per coltivare il campo del Signore”), con il quale si stabiliva:
 la periodicità della convocazione di concili generali: il primo dopo 5 anni, il secondo
dopo 7 anni e a seguire ogni 10 anni (la storia mostrerà che non avverrà così!);
 il Concilio quale strumento migliore per la riforma della Chiesa (per purificarla e
riformarla da eresie, errori, deformazioni e abusi disciplinari).
ALTRI DECRETI [23] furono dedicati a:
 preparare l'elezione papale e stabilire i provvedimenti per evitare futuri scismi;
 riforme specifiche di alcuni aspetti importanti della Chiesa:
 frenare il facile trasferimento di vescovi e prelati attraverso il controllo esercitato dai
cardinali,
imporre al papa di rinunciare all'esercizio dello jus spolii (diritto d'incamerare i beni di
un ecclesiastico al momento della sua morte) e proibire ai prelati di riscuotere tali beni;
 riforme generali della Chiesa:
 esenzioni e dispense concesse dopo la morte di Gregorio XI,
 sospensione dalle loro funzioni degli ecclesiastici ordinati simoniacamente,
 richiamo del clero ad una vita semplice e sobria.

e) Conclusione del Concilio


BILANCIO:
 le misure adottate dal concilio erano ben poca cosa rispetto alla gravità della situazione
di dissesto in cui era venuta a trovarsi la Chiesa dopo un quarantennio di scisma;
 già a Costanza – e ancor più in seguito – ci fu una perdita di importanza del Concilio,
poiché le misure più significative furono adottate non dal concilio ma dal papa mediante
i concordati.
Il concilio di Costanza si chiuse nel 1418 e papa Martino V raggiunse Roma solo nel 1420.
Altri Concili
1423: Concilio di Pavia – Siena
Secondo la prescrizione del decreto Frequens, nel 1423 Martino V convocò il CONCILIO DI PAVIA-
SIENA (cioè, prima a Pavia poi a Siena), ma lo sciolse subito a causa della SCARSA PARTECIPAZIONE
dei vescovi.
Nel frattempo [24] si era creata una congiuntura con MOLTE TENSIONI:
 in BOEMIA, la repressione del movimento hussita si era ben presto trasformata in una
guerra che stava sconvolgendo i territori boemo-tedeschi (quasi una nuova crociata);
 in FRANCIA, la Guerra dei Cent'anni continuava con gli inglesi (in questo contesto, nel
1428, la pastorella GIOVANNA D'ARCO [25] – sentendo la voce dell'arcangelo Michele, santa
Margherita e santa Caterina – infuse nuova fiducia al re e all'esercito, fino a giungere alla
liberazione di Orléans e all'incoronazione del re a Reims, per poi puntare alla conquista
di Parigi, per strapparla agli inglesi; catturata e sottoposta all'Inquisizione eresia e
stregoneria, morì sul rogo nel 1431).
1431: concilio di Basilea
Sempre per le indicazioni del decreto di Costanza, nel 1431 Martino V convocò il CONCILIO DI
BASILEA, il più lungo della storia (1431 – 1449) e veramente conciliarista! Il papa morì prima
dell'apertura, ma il concilio fu riconfermato dal successore, EUGENIO IV.
Fin da subito si avverte un modo diverso di intendere il concilio, ma vi sono evidenti DIFFERENZE
DI SENSIBILITÀ E OBIETTIVI tra papa Eugenio IV e concilio:
 papa (Roma)  concilio (Basilea)

 concilio è un’inutile perdita di  concilio è condizione per riforma ecclesiale


tempo

 preoccupato d’organizzar la  teme la Germania “minacciosa e furente” (da lì a


crociata contro gli hussiti poco, infatti, la Riforma protestante)

 preoccupato del problema  preoccupato dell’odio popolare e


della famiglia Colonna dell’anticlericalismo in Germania
 vuole risolvere lo scisma con la  teme uno scisma con la Germania
chiesa greca

Prima fase: il Concilio con il Papa (1431 – 1437)


Viste le idee circolanti a Basilea, il concilio gestì i più importanti affari del momento giungendo
ad un ACCORDO CON GLI HUSSITI, concendendo:
 la comunione sotto le due specie (concessa, non imposta, a chi la chiede);
 la predicazione libera, ma riservata ai sacerdoti (autorità dei vescovi).

Notevoli furono i DECRETI DI RIFORMA:


 sui sinodi provinciali e diocesani;
 sulla liturgia, per cui si richiedevano celebrazioni fatte con cura, abiti adeguati (tonaca) e
si deplorava il risus paschalis (ritualità secondo cui, nell’omelia della Messa pasquale, il
sacerdote raccontava curiosità e facezie, anche oscene, per suscitare ilarità ed
esorcizzare la morte);
 contro il nicolaismo (ovvero contro il concubinato dei chierici);
 per limitare i poteri del Papa (furono, ad esempio, abolite le annate).

Seconda fase: il Concilio contro il Papa (1437 – 1449)


A seguito di numerose e inefficaci proteste [27], Eugenio IV ruppe definitivamente il concilio
(1436); ma l’anno successivo trasferì il concilio DA BASILEA A FERRARA (1437).
Il concilio si divide, con la maggioranza che resta a Basilea ed una minoranza che si muove col
Papa. Questo “PICCOLO SCISMA” sorto a Basilea continuerà per un decennio (1439 – 1449) [29]:
cosicché il concilio depone Eugenio IV ed elegge l’antipapa FELICE V (duca Amedeo di Savoia),
il quale abdicherà infine nel 1449 (ricompensato dal cappello cardinalizio). Si mostra così
l’ostinata volontà di contrapposizione al Papa e, d’altra parte, il concilio sarà visto come una
minaccia dal Papa!
Il Concilio a Firenze e a Roma
Per motivi finanziari, il concilio fu ancora TRASFERITO A FIRENZE (1438), munificamente ospitato da
Cosimo de' Medici il Vecchio, per poi approdare, insieme al papa, A ROMA (1443).
Intanto, l'imperatore d'Oriente GIOVANNI VIII PALEOLOGO aveva urgente bisogno degli aiuti militari
occidentali perché gli ottomani (turchi) erano prossimi a far capitolare Costantinopoli.
Cosicché, tema fondamentale della seconda fase fu l’UNIONE CON LE VARIE CHIESE ORIENTALI.
Il dibattito godette della presenza dei migliori esponenti del mondo bizantino di allora:
l’arcivescovo di Nicea Giovanni/Basilio Bessarione, il patriarca di Efeso Marco Eugenico, il
metropolita di Kiev Isidoro (assente il patriarca Giuseppe perché malato). Il CONFRONTO
TEOLOGICO si concentra su:
 la processione dello Spirito Santo (gli Orientali ritenevano illegittima la posizione della
Chiesa occidentale secondo cui lo Spirito Santo “ex Patre FILIOQUE procedit”);
 il ministero del Papa e la sua autorità (verso cui fece un passo conciliante il mondo
latino).
L’unione con le varie Chiese orientali avvenne attraverso specifici ATTI D’UNIONE stipulati a
Firenze e a Roma con:
 la CHIESA GRECO-ORTODOSSA (bolla Laetentur coeli, stabilita in S. Maria del Fiore il 6 luglio
1439, che – scritta in latino e in greco – riconosceva il primato del papa),
 la Chiesa armena,
 la Chiesa Copta ed etiope,
 la Chiesa siriaca,
 le Chiese caldee e maronite di Cipro.
Purtroppo quanto stabilito con la Laetentur coeli non ebbe l'efficacia sperata [28]: si trattava,
infatti, di un accordo di vertice NON “CONDIVISO”:
 né dal clero bizantino (Marco di Efeso ne parla come di “tradimento”),
 né dalla popolazione orientale (che “Preferiva il turbante turco alla tiara del Papa” e
muove manifestazioni contro “l’abominevole” concilio fiorentino).
Ebbe, dunque, piuttosto una ripercussione negativa, poiché contribuì a dividere la Chiesa
ortodossa russa dal patriarcato di Costantinopoli, già da tempo in disaccordo tra loro per
questioni politiche e disciplinari. Così, nel 1448 la CHIESA ORTODOSSA RUSSA si divide da
Costantinopoli e si autoproclama la “terza Roma”, ponendo il vescovo Giona metropolita di
Russia.

INDICE PER L’ESAME


Volume 2. Il medioevo
INTRODUZIONE
1. Il Medioevo. Dalla presenza dei barbari (sec. IV-V) in Occidente al Papato avignonese
(1309-1377)
CAPITOLO PRIMO. L'apporto dei nuovi popoli allo sviluppo della Chiesa
1. Le principali migrazioni barbariche
2. La Chiesa e i barbari
3. La vita monastica: la Regola di Benedetto e il monachesimo irlandese
CAPITOLO SECONDO. La Chiesa in Oriente tra V e VII secolo e la diffusione dell'islam
1. Bisanzio e gli imperatori del V-VI secolo
2. L'età di Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano
3. I successori di Giustiniano
4. Origine e dottrina dell'islam
5. L'espansione islamica nel bacino del Mediterraneo
CAPITOLO TERZO. La Chiesa in Occidente nei secoli VI-VII
1. L'azione pastorale di Gregorio Magno e il ruolo della Chiesa romana
2. I vescovi della Chiesa occidentale
3. Chiese battesimali, pievi e chiese private
CAPITOLO QUARTO. L'Occidente nei secoli VIII-X
1. In relazione all'Oriente: l'iconoclastia
2. La scelta del Papato
3. L'epoca di Carlo Magno
Inserto 1. Constitutum Constantini: spiegazione e analisi critica del documento
4. L'evangelizzazione a ovest: dal dominio musulmano alla reconquista di Pietro I
d'Aragona
5. L'evangelizzazione al nord tra VIII e IX secolo
6. L'evangelizzazione a est: Cirillo e Metodio; la separazione dall'Oriente; la Cina
CAPITOLO QUINTO. La Chiesa imperiale dall'età degli Ottoni alla Riforma del secolo XI
1. Il secolo della crisi tra Oriente e Occidente
2. La Chiesa d'Oriente e lo scisma del 1054
3. L'età degli Ottoni e la riforma imperiale
Inserto 1. Vescovi ma non conti
Inserto 2. L'Europa tra castelli e istituzioni vassallatiche
4. Prove di autonomia in età gregoriana
CAPITOLO SESTO. Riforme di base e riforme di vertice tra XII e XIII secolo
1. I primi concili Lateranensi, il Papato, l'Impero
2. La ricerca della vita apostolica: i canonici regolari
3. Eremitismo, Cluny, Cîteaux: i volti diversi del monachesimo medievale
Inserto 1. Ordini religiosi
4. L'apogeo del Papato medievale: Innocenzo III e il concilio Lateranense IV
5. Gli Ordini mendicanti
Inserto 2. La Chiesa e le nuove istituzioni di governo nell'Europa delle città e dei comuni
6. I papi e la lotta contro l'Impero
CAPITOLO SETTIMO. Cambiamenti strutturali, religiosità, cultura, eresia e ortodossia tra XI e XIV
sec.
1. L'organizzazione ecclesiale, l'arte, il culto e la liturgia
Inserto 1. Le associazioni del clero diocesano nello sviluppo delle parrocchie e della cura
animarum
2. La predicazione, il culto dei santi e lo sviluppo culturale
Inserto 2. La nuova agiografia del secolo XIII
3. Dal pauperismo alle eresie con le risposte della Chiesa (la nascita dell'Inquisizione)
4. Le confraternite laicali, i pellegrinaggi e gli ospedali
CAPITOLO OTTAVO. Dalla crisi della metà del XIII sec. al termine del periodo avignonese (1309-
1377)
1. La fine della dinastia sveva e il nuovo contesto europeo
2. I papati del dissidio: Celestino V (1294) e Bonifacio VIII (1294-1303)
3. Da Roma ad Avignone: i rapporti con la Francia e la soppressione dei templari
Inserto 1. Sinodi diocesani e concili provinciali tra XIII e XIV secolo
4. Il complesso periodo avignonese, pagina
5. Gregorio XI (1370-1378), il ritorno a Roma e la problematica eredità
CAPITOLO NONO. Oltre i confini: crociate e missioni
1. Le crociate e il regno di Gerusalemme
2. Baltico, Scandinavia e Prussia: le terre dell'evangelizzazione nord-orientale
3. Sulle orme dei frati: le missioni in Asia
Volume 3. L’epoca contemporanea
CAPITOLO PRIMO. Dallo Scisma d'Occidente ai concili del Quattrocento
1. Lo Scisma d'Occidente dalle origini (1378) al concilio di Costanza (1414-1418)
2. Dal concilio di Costanza a quello di Basilea-Ferrara-Firenze-Roma (1431-1445)
3. Correnti e movimenti mistici, evangelici, riformistici

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