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Contesto storico-sociale del Rinascimento

Con il termine RINASCIMENTO, si è soliti indicare il PERIODO compreso tra il 1400 e il 1500, con cui si
CHIUDE definitivamente l'ETA’ MERDIEVALE e si APRE quella MODERNA.

Il TERMINE allude a una RINASCITA o ad un RINNOVAMENTO della CULTURA, che in questo periodo
soprattutto in Italia è interessata da un potente RIFIORIRE della LETTERATURA, dell'ARTE e della
SCIENZA.

-Sul PIANO STORICO troviamo il RAFFORZARSI delle MONARCHIE EUROPEE, le grandi


SCOPERTE GEOGRAFICHE, le invenzioni della STAMPA, la POLVERE da SPARO e la RIFORMA
PROTESTANTE.
Tutti questi fenomeni trovano le loro maggiori espressioni nella FORMAZIONE degli STATI NAZIONALI
e nell'ASCESA della BORGHESIA MERCANTILE.

Con il TRAMONTO dell'IMPERO e del PAPATO, si configura un NUOVO ASSETTO GEOPOLITICO


rappresentate da:

 Francia e Spagna: MONARCHIE CENTRALIZZATE e BUROCRATIZZATE che danno inizio a un


duello epocale.
 Italia: SIGNORIE sorte dalla CRISI dei COMUNI che assumono la forma di PRINCIPATI
REGIONALI (ricordiamo quello di MILANO, VENEZIA, FIRENZE, STATO della CHIESA,
REGNO di NAPOLI).

-PIANO ECONOMICO e SOCIALE, troviamo il fenomeno dell'URBANIZZAZIONE e l'affermarsi di


un'ECONOMIA APERTA di tipo MERCANTILE e MONETARIA, basato sugli SCAMBI COMMERCIALI
tra gli STATI anche DISTANTI tra loro.
Questo è incarnato incentivato da una BORGHESIA ATTIVA e INDUSTRIOSA, che gradualmente
SOSTITUISCE persino le CLASSI NOBILIARI. Questa nuova ARISTOCRAZIA CITTADINA è forte
soprattutto a GENOVA, VENEZIA e FIRENZE, le quali si affermano come POLI di EGEMONIA
COMMERCIALE e FINANZIARIA.
La CADUTA di COSTANTINOPOLI e le SCOPERTE GEOGRAFICHE daranno inizio a un progressivo
SPOSTAMENTO dell'ASSE COMMERCIALE dal MEDITERRANEO all'ATLANTICO.
Nuove figure e luoghi di cultura

Anche la CULTURA cessa di essere un monopolio delle istituzioni religiose e PASSA in MANO ai LAICI, i
quali APPREZZANO l’ARTE, il BEL PARLARE, l'ELOQUENZA nello SCRIVERE e le CONOSCENZE
STORIE, tanto che l'INTELLETTUALE RINASCIMENTALE = “PROFESSIONISTA DELLA PENNA” di
varia estrazione sociale e al servizio di un signore.
I PRINCIPI e i ricchi MERCANTI fanno a gara nel proporsi come MECENATI, concedendo PROTEZIONE
e STIPENDI a LETTERATI, ARTISTI, FILOSOFI e SCIENZIATI, SPINTI dall’AMORE per la CULTURA
e dal DESIDERIO di avere LUSTRO e FAMA.
Alle grandi UNIVERSITA’ MEDIEVALI si affiancano le SCUOLE PRIVATE di formazione delle ARTI
LIBERALI e soprattutto le ACCADEMIE, come quella FIORENTINA diretta da MARSILIO FICINA o
quella ROMANA, poli l'incontro tra quanti coltivano DISCIPLINE AFFINI totalmente LAICI.
Nel 1500 si svilupperanno altre ACCADEMIE LETTERARIE e FILOSOFICHE, mentre nel 1600
sorgeranno le prime ACCADEMIE SCIENTIFICHE.

Destinatari della nuova cultura

Si può sottolineare il CARATTERE ELITARIO, osservando come sia ACCENTUATO l'USO del LATINO
come LINGUA del SAPERE il corrispondente RIFIUTE delle LINGUE VOLGARI. Si vuole far rivivere
l'elegante latino classico e per questo viene scelto come IDIOMA INTERNAZIONALE che favorisce lo
SCAMBIO INTELLETTUALE.

“Ritorno al principio”

La nascita a cui la parola allude non è altro che la SECONDA RINASCITA, quella dell'IOMO NUOVO o
SPIRITUALE di cui parlano il Vangelo e le lettere  RINNOVAMENTO GLOBALE dell'ESSERE
UMANO, nei suoi RAPPORTI con DIO e CON SÉ STESSO, con gli ALTRI e con il MONDO.
Nel NEOPLATONISMO PLOTINIANO, il RITORNO al PRINCIPIO = CONCETTO RELIGIOSO, e così
anche nel Rinascimento, in particolare nei PENSATORI PLATONICI e il LUTERO.
La NOZIONE di RINASCIMENTO assume tuttavia anche un SIGNIFICATO UMANO e STORICO,
secondo il quale il PRINCIPIO a cui si deve ritornare è un MOMENTO della CIVILTA’ nel PASSATO 
RITORNO ai CLASSICI.
+ RITORNO alla NATURA, vista come FORZA che PRODUCE e VIVIFICA le COSE
PRINCIPIO = REALTA’ che CONSENTE all'ESSERE UMANO di TROVARE SE’ STESSO,
REALIZZANDOSI nella sua ESSENZA più VERA e PROFONDA. Esso è dunque ciò che GARANTISCE
la RIFORMA dell'UOMO e del suo MONDO.

L’Umanesimo

Il termine Rinascimento è stato usato pressoché come sinonimo di umanesimo per indicare il movimento
culturale fiorito in Italia nel 1400 e diffusosi in Europa durante il 1500; tuttavia lo storico tedesco Voight
lo distinse nettamente:

 nell'Umanesimo un momento essenzialmente filologico-letterario incentrato sugli studi dei


testi classici
 nel Rinascimento un momento filosofico-scientifico basato sul nuovo modo di considerare
l'essere umano, la natura e dio.

Anche gli umanisti si sentono attratti dalla classicità Latina e greca, e vedono in essa un esempio di vita,
pertanto nel loro umanesimo letterario è già implicito un umanesimo filosofico fondato sulla duplice
convinzione:

 gli antichi abbiano incarnato al massimo grado i valori dell'esistenza


 gli studi classici rappresentino uno strumento indispensabile per ingentilire i costumi per educare
l'uomo.
Per questo gli intellettuali parlano di “Humane littterae”, con un'espressione che allude la capacità delle
lingue e delle letterature classiche di forgiare individui autenticamente umani, così come le arti liberali
forgia un individui liberi.

Si riprende dunque il lavoro degli antichi laddove era stato interrotto e si continua nello stesso spirito per
riportare l'uomo all'altezza della sua vera natura. Si ha il bisogno di riscoprire testi e di ripristinarli nella
loro forma autentica, l'intento di scoprire falsificazioni documentarie per poter comprendere le figure
dei letterati e dei filosofi.

Concezione dell’essere umano


Le dottrine filosofiche più tipiche di Rinascimento sono quelle relative:

 all'essere umano
 alla storia
 alla natura
Nucleo della cultura rinascimentale è una celebre frase secondo cui “l'uomo è fabbro della propria sorte”, il
quale pertanto ha la possibilità di plasmare se stesso assumendo forme diverse e decidendo da sé il
proprio ruolo e la propria collocazione nel mondo.
(Questa concezione dell'uomo come artefice del destino assumerà poi un significato antireligioso e
prometeico.)
La celebrazione del valore dell'essere umano e della sua dignità si concretizza anche nell'idea dell'uomo
come microcosmo, ovvero l'uomo = la sintesi vivente del tutto e il centro del mondo, tutto questo si
accompagna al rifiuto dell'ascetismo medievale e la concezione della vita come impegno concreto nel mondo
e non come fuga da esso.
Per i pensatori rinascimentali l'uomo non è un viandante in attesa della vita ultraterrena, ma un essere
radicato in questo mondo che deve costruire il proprio destino.
Connessa alla vita e la celebrazione della gioia e del piacere e si ha un ritorno all'ideale della eudemonia,
ovvero la felicità intesa come realizzazione delle possibilità umane.

Concezione della natura

Il naturalismo non è altro che un carattere specifico del pensiero rinascimentale, secondo cui l'essere
umano non è un'ospite che abita alla natura ma è un ente naturale li stesso; la natura non è concepita
come ombra sbiadita di un mondo ideale, ma una realtà piena costituita da un immenso serbatoio di forze
vitali, l'essere umano ha sia l'interesse sia la capacità di studiare la natura.

Concezione del sapere

Parallelamente al rifiuto critico della filosofia scolastica e della mentalità sistematica, metafisica logicità, si
assiste anche a una tendenziale laicizzazione del sapere in virtù della quale le varie attività e discipline
rivendicano la propria autonomia e libertà operativa.

Platonismo rinascimentale

La riscoperta di Platone porta la nascita del cosiddetto platonismo rinascimentale che si sviluppa
soprattutto nell'Accademia, in particolare quella Fiorentina per volere di Cosimo de medici.
In Platone, gli umanisti vedono la figura più affascinante della classicità nonché l'antagonista ideale di
Aristotele e della scolastica, ma soprattutto lo considerano come il pensatore più vicino lo spirito religioso
del cristianesimo.

Due correnti

Lo sviluppo dell'accademia non determina la fine dell'università ma una tendenza anti-scolastica.


Nel 1400, si avverte l’esigenza di scoprire il vero Aristotele, un'esigenza che spinge a elaborare una
traduzione filologicamente più corretta dei testi, per questo gli aristotelici del Rinascimento si dividono in:

 Alessandristi, i quali si riferiscono ad Alessandro di afrodisia, vedono l'intelletto attivo e passivo


distinti
 Averroisti, di Averroè, sostengono l'esistenza di un unico intelletto.

Entrambe le correnti rappresentano una medesima mentalità naturalistica o razionalistica e si occupano di


gnoseologia e del problema dell'anima + abbiamo la radicale separazione tra il campo della fede e quello
della ragione.

Considerando da un lato la riscoperta di Platone e dall'altro il rinnovato interesse per Aristotele, si


comprende come nel Rinascimento sia potuta sorgere la famosa disputa tra platonici e aristotelici. I primi
ponevano in primo piano l'esigenza della rinascita religiosa, mentre i secondi tendevano soprattutto
alla rinascita della ricerca razionale e specialmente della filosofia naturale.

Disputa platonici e aristotelici


Ritorno alle origini cristiane

Il Rinascimento è anche rinnovamento religioso, difatti di fronte alla decadenza che caratterizza la vita della
Chiesa nel quindicesimo secolo alcuni pensatori propongono di ricollegarsi alla forza e alla vitalità tipiche
delle fonti della religiosità cristiana, per riscoprirle nella loro purezza significato genuino e fecondità
spirituale.
Quella dei platonici rinascimentali = religione per dotti, cioè una filosofia teologica, più che una religione
in senso stretto, mentre con Cusano e perfino con Giordano Bruno = ritorno ai teologi dell'antichità.

La riforma della vita religiosa dell’occidente cristiano doveva passare attraverso un ritorno alle fonti del
cristianesimo in quanto tale, cioè alla parola stessa di Cristo, una rinascita spirituale che poteva riacquistare
il suo senso originario e diventare realtà soltanto con un ritorno alla parola divina.

Ma la parola di Dio non si rivolge ai soli dotti ma a tutti gli uomini come tali e non è tesa a una riforma della
dottrina, quanto più alla vita concreta degli individui.
Di conseguenza, un rinnovamento religioso nel Rinascimento doveva attendere a far rivivere direttamente
la parola di Dio nelle coscienze dei singoli uomini, liberandola dalle sovrastrutture tradizionali e
ripristinandola nella sua forma più genuina e nel suo valore salvifico.
Fu proprio questo il compito della riforma religiosa, ad esempio quella protestante o la conseguenze riforma
cattolica, alla quale si legò l'esigenza filologica di ripristinare il testo biblico nella sua purezza e nella
sua genuinità.

Reazione della Chiesa

Con l'espressione controriforma si è soliti indicare la reazione della Chiesa cattolica alla riforma
protestante. Tale reazione ebbe inizio con il Concilio di Trento (1545-1563), in cui si negò il principio
luterano della libera e individuale interpretazione delle sacre scritture, e si affermò il diritto della Chiesa di
dare, essa sola, l'interpretazione autentica dei testi biblici.
Furono inoltre riconfermate la funzione mediatrice della Chiesa del rapporto del singolo con Dio, la validità
dei sacramenti e dei riti, il valore delle opere meritorie compiute dagli individui nel corso della loro vita
terrena.
Il maggiore rappresentante di questa linea di pensiero fu il cardinale gesuita Roberto Bellarmino (1542-
1621)
Il Concilio di Trento rispose anche a un'esigenza di rinnovamento che i cattolici sentivano già da tempo: la
controriforma fu l'occasione per una profonda revisione che la chiesa fece di sé stessa e si configurò
come un ritorno al principio, ovvero ha la tradizione patristica.
Era stato con l'opera dei padri della Chiesa che la parola di Cristo aveva preso corpo nell'organizzazione
ecclesiastica, e per questo la chiesa rivendicava il valore di tutta la sua tradizione che la riforma protestante
intendeva superare con un ritorno diretto al Vangelo

L’interesse per il mondo naturale

Il tema dell'uomo come natura media, ovvero posta metà strada tra le creature inferiori e quelle superiori,
accomuna i letterati umanisti, i platonici, gli aristotelici, i filosofi della natura e i maghi, ed esprime la
consapevolezza di essere inseriti nel mondo in modo essenziale, e di avere la possibilità di servirsi della
propria posizione privilegiata per fare del mondo il proprio Regno.
Così l'indagine naturale = strumento indispensabile per la realizzazione dei finì umani nel mondo, dal
momento che soltanto attraverso la conoscenza della natura l'uomo può ricavare i mezzi utili per realizzare sé
stesso e i propri obiettivi.
Nell'indagine naturalistica rinascimentale si possono distinguere due aspetti o fasi principali:

 la magia si fonda su due presupposti, ovvero la convenzione che la natura sia animata da forze
simili a quelle che agiscono negli esseri umani, è la convinzione che l'uomo possa accedere con
rituali e incantesimi ai più riposti i recessi del mondo naturale.

Va alla ricerca di formule e procedimenti miracolosi che consentono di avere un potere illimitato
su tutte le forze vitali.

 la filosofia naturale abbandona il secondo presupposto, e quindi la natura continua a essere


vista come una totalità vivente ma si ritiene che sia retta da principi propri, ne animistici ne
metafisici, la cui scoperta diventa il compito della filosofia e si ha la convinzione che le forze
naturali si rivelino all'osservazione e all'esperienza.

La filosofia naturale finisce così per rompere i ponti con la magia e l'aristotelismo e si propone di
interpretare la natura con la natura, prescindendo da ipotesi e dottrine fittizie o metafisiche e in questo
modo si apre la via della vera e propria indagine scientifica.
Giordano Bruno (Nola, 1548-1600)

Ricordiamo il naturalismo di Bruno come una religione dell’infinità della natura e si avvale volentieri di
suggestioni metafisiche e magiche.
Giordano Bruno viene mandato a 15 anni in convento nell'ordine domenicano di Napoli, dopo aver
ricevuto i voti dal padre: gli si presentano i primi dubbi sulle verità della religione cristiana, e questo lo fa
urtare con l'ambiente ecclesiastico molto competitivo.
Per questo dopo 28 anni viene espulso perché sospettato eretico: era contro gli insegnamenti dogmatici da
assumere ciecamente  processato e condannato.

iniziano le sue peregrinazioni con carattere anticonformista e indomabile:


- A Ginevra si converte al protestantesimo calvinista perché lo riteneva più liberale per il pensiero e
la parola, però si trova costretto a ricredersi.

- Va a Tolosa, poi Parigi dove ottiene i primi successi come maestro dell'arte lulliana, scrive il
“candelaio”, ovvero un testo in cui parlava delle strategie memo-tecniche di cui lui si riteneva un
grande maestro.

- Di seguito va ad Oxford dove scrive i “Dialoghi italiani” + poemi latini .

- Londra dove scrive “cena di ceneri”, “lo spaccio della bestia trionfante”, in cui attacca la chiesa
dogmatica prepotente, e gli “eroici furori”.

- Torna a Parigi e si scaglia contro gli aristotelici, i quali pensavano che l'universo fosse unico e
finito, avevano idee geocentriche e antropocentriche, sono falsi scienziati che non guardano la
natura e stanno solo sui libri.

In Italia viene ingannato per un complotto  è chiamato da Giovanni Mocenigo, patrizio, che si spaccia
interessato all'arte lulliana, a Venezia (Repubblica indipendente).
Si dichiara deluso poi dai suoi insegnamenti e lo dichiara eretico, viene arrestato dall'inquisizione di
Venezia e viene poi trasferito all'inquisizione di Roma  estradiato e incarcerato nel carcere pontificio,
dove sopravvive 7 anni e non abiura.

Viene poi condannato a eretico e arso vivo a campo dei fiori il 17 febbraio 1600, con la lingua trafitta da
un chiodo. (Si dice che non abbia mai accettato di riconciliarsi con il crocifisso e che anzi dissolse lo sguardo
negli ultimi istanti di vita.)  EMBLEMA INTELLETTUALE

Eretico perché:
- nega il valore del principio di autorità della Chiesa.
- crede in un cosmo infinito e unitario solo per sostanza.
+ è studioso dei testi latini li utilizzo per difendersi.
scritti principali = i dialoghi italiani, in cui alcuni espongono la sua filosofia naturale (es. “cena delle
ceneri”, altri sono di carattere morale (es. “lo spaccio della bestia trionfante” con satira anticristiana, e “degli
eroici furori”).
poemi latini, di cui ricordiamo “de immenso et innumerabilibus”.

 nota comune: l'amore per la vita nelle sue infinite possibilità di espansione (è proprio questo a
rendergli insopportabile il convento, poiché ha un odio per tutti coloro che fanno della cultura una
pura esercitazione libresca, distogliendo lo sguardo dalla natura e dalla sua potenza vitale, il
convento è “prigione nera e angusta”.)

Dall'amore per la vita, nasce l'interesse per la natura che si esalta in un travolgimento lirico e religioso
che trova spesso espressione nella forma poetica: Bruno considera la natura viva e animata e pone il
termine più alto dei propri filosofare nell'infinito dell'universo.

Da qui deriva:

 la sua evidente predilezione per la magia, che egli fondò sul presupposto di un panpsichismo
universale
 l'uso della mnemotecnica, nonché la pretesa di impadronirsi del sapere mediante artifici
mnemonici.

Il naturalismo di Bruno è in realtà una religione della natura e la sua opera segna pertanto una battuta
d'arresto nello sviluppo del naturalismo scientifico, ma esprime quell'amore per la natura che fu
indubbiamente uno degli aspetti fondamentali del Rinascimento. Non disdegna alchimia e astrologia
(naturalista ma non scienziato)

La passione di Bruno per la vita e la natura permettono di comprendere anche il suo atteggiamento nei
confronti della religione  un sistema di credenze ripugnante e assurdo utile soltanto per l'istituzione
di rozzi popoli che devono essere governati.
Per lui la fede religiosa consiste in un insieme di superstizioni direttamente contrarie alla ragione e
alla natura, secondo le quali è vile e scellerato tutto ciò che alla ragione invece appare eccellente.

Molti dei suoi testi sono intessuti di una feroce satira anticristiana che non si arresta neppure di fronte al
dogma dell'incarnazione di Dio in Gesù, nemmeno il cristianesimo riformato si salva dalla sua condanna,
ma anzi appare anche peggiore perché nega la libertà dell'individuo e il valore delle opere buone. (è
religioso ma disprezza le credenze religiose).

A questa forma di religiosità si contrappone la religiosità dei teologi, ovvero i dotti che in ogni tempo e
luogo hanno cercato la via per giungere a Dio con la forza della ragione. Tale forma di religiosità
coincide con la filosofia, cioè con quella libera e critica ricerca della verità che unisce i pensatori greci
orientali e cristiani. (filosofia è vera religione perché propugna verità).

Bruno parla di Dio secondo duplice volto:

 come Mens super omnia, mente al di sopra di tutto = Dio è fuori dal cosmo e dalla portata delle
umane capacità razionali, si rifà del principio neoplatonico della trascendenza, inconoscibilità e
ineffabilità di Dio.

Bruno ritiene vano il tentativo di risalire dalla natura a colui che l'ha creata, così come è
impossibile risalire da una statua all'artefice che l'ha scolpita. In questo senso Dio è oggetto di fede e
di lui ci parla soltanto la rivelazione

 come Mens insita omnia, mente presente in tutte le cose= Dio qui e invece principio immanente
del cosmo e risulta accessibile alla ragione umana, costituendosi come oggetto privilegiato del
discorso filosofico, è la natura che osserviamo.

In quanto mens insita omnia, Dio è definito come anima del mondo che opera tramite l'intelletto
universale, ovvero tramite le idee che plasmano da dentro la materia specificandola negli esseri infiniti del
mondo (materia ha già in sé le ragioni del divenire). L'intelletto, che Bruno definisce come motore
dell'universo, opera dunque come una forza seminale intrinseca alla materia.

In quanto spirito animatore delle cose  Dio è causa e principio dell'essere

 causa in quanto energia produttrice del cosmo.

 principio in quanto elemento costitutivo delle cose.

L'universo è infatti un immenso organismo dotato di un'unica forma e di un'unica materia, l'unica
forma appunto Dio come anima del mondo, l'unica materia è la massa corporea del mondo, il sostrato
animato e plasmato dall'intelletto divino.
Tuttavia, per Bruno la materia:

 non è pura potenza, o assoluta passività, in quanto non riceve le forme dall'esterno, ma, avendole
già in sé, per opera dell'intelletto le manda e le caccia fuori dal suo seno.

 non è qualcosa di separato dalla forma, ma costituisce un tutt'uno con essa in quanto materia e
forma, anima e corpo, sono due aspetti di quell'unica sostanza universale e infinita che è la natura.

 propensione tutta rinascimentale a vedere il divino del mondo, assumendo così radicali caratteri
panteistici.
Natura = Dio è fondata e giustificata sulla base materia = forma. Riconosciuta questa identità, Bruno si rifà
a Cusano e afferma che la legge dell'universo è coincidenza degli opposti, in quanto in esso coincidono
non soltanto la materia e la forma, ma anche il massimo il minimo, nonché il centro e la circonferenza, tanto
che il centro del cosmo è dappertutto e la sua circonferenza in nessun luogo.

Emerge così l'attributo fondamentale dell'universo  l'infinità, che rappresenta un punto di incontro tra
Bruno e la rivoluzione astronomica moderna, di cui egli è uno dei rappresentanti principali. Dio è infinito,
non può aver creato un universo unico, finito con uomini imperfetti.
Nella sua essenza divina infinita, la natura rappresenta al tempo stesso:

 il movente
 il tema
 lo scopo ultimo della speculazione di Bruno.
Il simbolo di questa prospettiva è il mito di Atteone, narrato negli “eroici furori”.
Secondo una mitologia greca, durante una battuta di caccia, Atteone sorprende Artemide nuda mentre faceva
il bagno, l'ira della dea lo trasformò in un cervo costringendolo a fuggire braccato dai suoi stessi cani, i quali
lo sbranarono.
Nell'interpretazione di Bruno, Atteone è la metafora dell'anima umana travolta dal desiderio di
conoscenza, la quale andando in cerca della natura è giunta finalmente a vederla, diviene egli stessa natura.

Per Bruno, il grado più alto della speculazione non è dunque l'estasi mistica, ma la visione magica e
religiosa insieme della natura come Dio nella sua unitarietà e nella sua vita inesauribile.

Per questo egli descrive i filosofi come furiosi assetati di infinito ed ebbri di Dio, sono coloro che grazie a
uno sforzo eroico raggiungono una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico
attraverso il quale l'universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nell'universo.

In altre parole, l'eroe è la tradizione naturalistica del concetto platonico di amore: l'essere umano va in
cerca dell'infinito perché soltanto l'infinito può innalzarla di sopra dei bassi furori che lo incatenano alle cose
materiali e unirli in una suprema unione d'amore con quella natura, o quel Dio, di cui egli stesso fa parte.

L'essere umano pur non annullando il suo libero volere, sperimenta il grado più alto di libertà che gli sia
concesso, ovvero l'accettazione della necessità divina delle cose del tutto, e questo processo trova il proprio
culmine nella contemplazione filosofica e riguarda anche il campo pratico e morale.
Disdegna ogni morale ascetica e misticheggiante e si dichiara a favore di una morale attivistica che esalta i
valori della fatica, dell'ingegnosità e del lavoro.

La contemplazione di Dio non è fine a sé stessa poiché rappresenta un incentivo a fare come Dio, ossia a
realizzarsi come creatività ed energia produttiva. Tuttavia, il pensiero di Bruno svela un'impronta
aristocratica, in quanto è convinto che soltanto pochi riescano a congiungersi con la natura.

Lo ribadisce nella spaccatura dell'umanità in due schiere:

 i pochi, ai quali è dato di accedere alla filosofia e di condursi secondo ragione.


 il gregge dei rozzi popoli, che devono essere diretti dai sacerdoti delle varie chiese.
La metodologia della ricerca galileiana contiene i seguenti elementi:

 la natura è vista come ordine oggettivo di relazioni causali governate da leggi.


 Lo studio della natura, ovvero la scienza, è inteso come un sapere sperimentale, matematico
e intersoggettivamente valido.

A partire dalla seconda metà del XVI secolo, la natura è intesa come un ordine oggettivo nel senso che
costituisce un oggetto i cui caratteri non hanno niente a che fare con la dimensione spirituale dell'essere
umano.
Mentre il mondo analizzato dalla magia appare come un organismo in cui ogni cosa possiede un'anima,
l'universo studiato dalla scienza si configura come un ordine disantantroporfizzato, cioè, spogliato di
ogni attributo valore o qualità.
La natura è intesa anche come un insieme di relazioni, poiché il ricercatore è fisso non sui presunti
principi sostanziali occulti e inverificabili, ma sulle relazioni riconoscibili che legano i fatti tra loro e
quindi vuole chiarire i rapporti che collegano i vari fenomeni.
 La natura è intesa quindi come un ordine relazionale di tipo causale, perché nel mondo nulla
avviene a caso, ma è il risultato di cause ben precise.

Con Galileo, per causalità = rapporto costante e univoco tra due fatti, e quindi un rapporto di causa
effetto, ne deriva che dalle quattro cause riconosciute da Aristotele l'unica ammessa è la causa
efficiente.
(Alla scienza non interessa il fine ma l'insieme degli eventi e delle forze che lo producono.)
Infine, i fatti della natura sono concepiti come governati da leggi, perché obbediscono a regole uniformi
che rappresentano i modi necessari o i principi invarianti attraverso i quali la natura opera, di
conseguenza la natura finisce per identificarsi con l'insieme delle leggi che regolano i fenomeni e li
rendono prevedibili.

La scienza è concepita come un sapere sperimentale perché si fonda sull'osservazione dei fatti e
perché l'ipotesi vengono giustificate su base empirica e non puramente razionale, si parte da basi
matematiche fino all'esperimento che serva verificare l'ipotesi teorica.
In altri termini abbiamo l'equazione esperienza = esperimento riproducibile e discutibile.
Inoltre, è un sapere matematico ossia una ricerca che si fonda sul calcolo e sulla misura perché
procede a una matematizzazione dei propri dati. La quantificazione si configura quindi come una delle
condizioni imprescindibili dello studio scientifico della natura.

Ancora, la scienza ha un sapere intersoggettivo perché i suoi procedimenti vogliono essere pubblici e le
sue scoperte pretendono di essere valide, ossia controllabili. In questo modo si stacca dalla magia e
dalle discipline occulte del medioevo, per le quali la conoscenza era patrimonio di una cerchia ristretta
di individui.

Lo scopo della scienza = conoscenza oggettiva del mondo e le sue leggi ma conoscere le leggi e vuol
dire essere in grado di controllarla e dirigerla a proprio vantaggio, per questo si dice che “sapere è
potere”.
Il contesto storico in cui nasce la rivoluzione scientifica è determinato dal nuovo tipo di società, da un
sistema di vita molto più complesso e dinamico, la maggiore richiesta di tecniche che fungono da
stimolo per la creazione di un sapere che renda possibile agire nel mondo in modo più incisivo ed
efficace.
Si profila un'alleanza fra tecnici e scienziati , che costituisce una delle caratteristiche salienti della
rivoluzione scientifica e che porta al superamento del millenario abisso tra scienza pura e applicazioni
pratiche.
- La cultura tardo scolastica e quello umanistico rinascimentale rappresentano le basi ideali della
rivoluzione scientifica. Gli autori fondamentali della targa scolastica, ad esempio Ockham avevano
contribuito a difendere una mentalità favorevole alle ricerche naturalistiche ed empiriche .

- La cultura umanistico rinascimentale contribuisce alla nascita della scienza moderna per due aspetti
principali:

 troviamo la laicizzazione del sapere e la rivendicazione della libertà della ricerca


intellettuale.
 attraverso il ritorno il principio, favoriscono la scoperta di dottrine e figure come quella di
pitagorici, Democrito, Archimede, Erone e le ricerche dei, geografi, astronomi e medici.

Il Rinascimento soprattutto aveva posto le condizioni culturali di fondo:

 l'aristotelismo aveva difeso i diritti della ragione indagatrice e aveva elaborato la concezione
di un ordine naturale immutabile, fondato sulla causalità.
 Telesio aveva chiarito che i principi del mondo fisico sono principi sensibili e quindi la
spiegazione della natura per mezzo della natura.
 la magia anticipa la convinzione di un carattere attivo e operativo del sapere.
 con il platonismo e il pitagorismo, la natura è scritta in termini geometrici.

Fatta eccezione per gli astronomi e i matematici di Corte, le menti geniali di questo periodo furono
studiosi che coltivarono le ricerche accanto alle loro professioni di ingegneri, architetti, medici e
professori dell'università, oppure persone benestanti che poterono dedicarsi agli studi senza
preoccupazioni economiche. Poiché le università non erano favorevoli al nuovo sapere scientifico, si
organizzano le accademie scientifiche.
Un ruolo fondamentale è quello delle convinzioni metafisiche, credenze religiose, persuasioni
irrazionali o autentici pregiudizi che formarono lo stimolo per la scoperta di nuovo teorie (es. circ.
sangue, magnetismo, ottica, chimica, biologia).
La scienza moderna ha dovuto combattere una dura battaglia contro la tradizione culturale e le
autorità ecclesiastiche, unite anche alle scienze occulte.
La cultura tradizionale, soprattutto quella aristotelica, si sentiva minacciata dalla nuova scienza poiché
essa:

 metteva in discussione teorie cosmologiche e fisiche ritenute fino a quel momento certissime.
 Proponeva uno schema teorico anti-finalistico e anti-essenzialistico, che urtava contro i
principi della metafisica greca e cristiana.
 Svuotava di senso numerosi dogmi intellettuali del passato.
La ferita diventa ancora più profonda perché mette in discussione non soltanto l'autorità di Aristotele,
ma anche la parola divina espressa nella Bibbia, ma a inquietare la chiesa era il principio della libera
ricerca poiché, con questa mentalità razionalistica, sarebbero state cancellate credenze e istituzioni
secolari.
Da un lato, i maghi si trovavano spiazzati perché gli scienziati perseguivano l'ideale di un sapere
pubblico e verificabile, dall'altro gli astrologi si vedevano contestare un insieme di credenze legato a
un universo pre-copernicano.
La chiesa, la vecchia cultura e le scienze occulte si trovarono dunque alleati contro la scienza e
giocarono soprattutto la carta del principio di autorità, cercando di scoraggiare intellettualmente e
moralmente i seguaci delle nuove idee.

Niccolò Copernico (Pomerania 1473 - Prussia 1543)

Niccolò Copernico diede inizio a un processo di pensiero che coinvolse astronomia, filosofia e teologia.

Universo aristotelico tolemaico:

- unico in quanto pensato come il solo universo esistente, in base alla teoria aristotelica dei
luoghi naturali, secondo cui ogni elemento esistente in natura tende a concentrarsi in un
determinato e unico luogo nel cosmo.

- chiuso perché ho immaginato come una sfera limitata dal cielo delle stelle fisse, al di là dei
quali si riteneva che ci fosse il nulla, neanche il vuoto, poiché ogni cosa per Aristotele era
nell'universo.

- finito in quanto chiuso, coerentemente con la convinzione aristotelica secondo cui l'infinito era
soltanto un'idea e non una realtà attuale.

- fatto di sfere concentriche, intese come qualcosa di solido e di reale, su cui erano
incastonati i pianeti e le stelle.
- geocentrico perché, al di sotto della luna, comprendeva la zona dei 4 elementi con la terra
immobile al centro di tutto.

- qualitativamente differenziato in due zone cosmiche ben distinte , una


perfetta che coincide con quella dei cieli, o del cosiddetto mondo sovra-lunare, costituito
dall'etere incorruttibile perenne; la seconda era quella del cosiddetto mondo sub-lunare, formato
dai quattro elementi, aventi ognuno un luogo naturale e dotati di moto rettilineo.

La cosmologia greco medievale si era configurata sullo sfondo della fisica e della matematica di
Aristotele, e ciò era venuto grazie agli studi del matematico, fisico e astronomo Claudio Tolomeo.

Questo avviso in astronomica appariva conforme non soltanto al senso comune dell'apparente moto
degli astri intorno alla terra, ma anche alla mentalità metafisica prevalente, portata a concepire il
mondo come un organismo gerarchicamente e finalisticamente ordinato.

La teologia patristica e scolastica aveva poi sacralizzato questa cosmologia, intrecciandola con le
dottrine della creazione dell'incarnazione e della redenzione, presupponendo la terra come sede
privilegiata della storia del mondo è l'essere umano come fine della creazione (fermati o sole –
Giosuè/ antropocentrismo).

La prima scossa decisiva al sistema geocentrico tradizionale venne dal polacco Niccolò Copernico con
la sua opera fondamentale “le rivoluzioni dei corpi celesti” del 1543, quando lui era ormai fin di vita.
Nel XIII secolo, il sistema tolemaico si presentava come un modello complicatissimo fondato su
espedienti matematici.
Studioso di filosofia celeste, Copernico era soprattutto un teorico e un matematico, e considerava la
dottrina tolemaica anti-economica ed errata per il fatto stesso di essere troppo complessa. Egli cercò
dunque nei libri degli antichi una soluzione alternativa per questo complicato sistema geocentrico, e si
imbatte nell'ipotesi eliocentrica abbozzata dai pitagorici, convincendosi che fosse in grado di
semplificare il calcolo matematico dei movimenti celesti.

 Il nuovo modello astronomico elaborato da Copernico è riassunto nel “De revolutionibus orbium
celestium”, al centro dell'universo si trovava il sole immobile e attorno ad esso ruotano i pianeti, tra
cui la terra, la quale ruota anche su se stessa, originando così il moto apparente degli astri intorno ad
essa. Anche la luna gira intorno alla terra mentre le stelle fisse sono immobili + MOV. DIURNO-
ANNUALE-OSCILLAZIONE x precessione equinozi.

Copernico continuava a concepire l'universo come sferico, unico è chiuso dal cielo e delle stelle fisse,
inoltre accettava il principio della perfezione dei moti circolari uniformi delle sfere cristalline,
pensate ancora come entità reale incorruttibili.

Il teologo luterano Osiander permise al capolavoro di Copernico, senza consenso dell'autore, una
prefazione anonima strumentalistica in cui sostenevo la natura puramente ipotetica e matematica della
nuova dottrina astronomica, dichiarando che costituiva un puro strumento di calcolo atto a salvare
l'apparenza i fenomeni senza alcuna pretesa di rispecchiare l'autentica realtà. Questa posizione attenuava
la portata rivoluzionaria della nuova teoria.
La teoria copernicana stenta ad affermarsi perché per molti aspetti non appariva affatto più semplice
della teoria tolemaica, anzi in qualche caso risultava persino più complessa dal punto di vista
matematico e incapace di spiegare alcuni movimenti celesti. Inoltre, mancano prove fisiche.

Non riusciva a rispondere ad alcuni quesiti messi a punto dalle aristotelici:


- Se la terra si muove, perché non provoca lo spostamento di tutti gli oggetti lontano dalla
superficie terrestre?
- Se la terra si muove, perché non solleva un vento così forte da scuotere cose e persone?
- Se la terra si muove da ovest ad Est, un sasso lanciato dall'alto di una torre dovrebbe cadere a
ovest di essa ma perché continua a cadere approssimativamente ai piedi della colonna?
Maggior successo di Copernico riscosse l'astronomo danese Brahe, che fu l’autore del cosiddetto
sistema ticonico, ossia un sistema cosmologico misto, a metà strada tra i due opposti di Tolomeo
Copernico.
Esso prevedeva che i pianeti girassero intorno al sole, e che il sole a sua volta girasse intorno alla
terra, che rimaneva al centro dell'universo.

Di fatto, l'universo di Copernico era ancora finito anche se avevo notevolmente ampliato il cielo delle
stelle fisse.
Il filosofo statunitense Lovejoy ha osservato che soltanto Giordano Bruno aveva pensato a un universo
decentrato, infinito e infinitamente popolato. E quindi proprio lui che giunge a un'effettiva nuova
visione dell'universo.

Si possono individuare le tesi cosmologiche più rivoluzionarie di Bruno in:

- l'abbattimento delle mura esterne del cosmo , L'universo è aperto in ogni


direzione e le stelle fisse si trovano dispersi in uno spazio senza limite.

- la missione della pluralità dei mondi e della loro abitabilità , cioè la


potenziale esistenza di una pluralità illimitata di sistemi solari che Bruno ritiene popolati da
creature viventi razionali.

- l'identità di sostanza tra cielo e terra , implica il superamento del dualismo


tolemaico, ovvero la distinzione tra mondo sopra lunare e sublunare, poiché tutto nasce
dall'unica mente è l'unica volontà di Dio.

- la geometrizzazione dello spazio cosmico, pensato come qualcosa di unico e


omogeneo, e quindi uno spazio di tipo euclideo.

- l'idea dell'infinito dell'universo, senza limiti e dai caratteri divini.


Le tesi di Bruno apparvero perlopiù come il frutto di una mente esaltata e le accorsero freddamente o
le rifiutarono in gran parte, respingendo soprattutto la pluralità dei mondi e l'infinità dell'universo,
erano troppo rivoluzionarie per gli stessi padri dell'astronomia moderna. Ancora più negativa fu la
reazione degli ambienti legati alla religione.

L'idea di un universo infinito finì per risultare la più adatta a rispecchiare l'infinita potenza di Dio,
l'eresia bruniana si capovolse così in una convincente ortodossia, aprendo la strada al suo completo
assorbimento nella cultura ufficiale.

(Copernico = MATEMATICO, rimane orfano, poi riceve ordini minori e ACCADEMIA a Cracovia.
- 1496 = Roma, tiene CONFERENZA SCIENTIFICHE.
- 1500 = inizia elaborazione sistema del mondo.
- 1504 = CANONICATO in Polonia  PRETE con PARROCCHIA.
1400 torna in vigore OSSERVAZIONE ASTRONOMICA X CALENDARIO)

Galileo Galilei (Pisa 1564)

Galileo Galilei nasce a Pisa il 15 Febbraio 1564, in una famiglia della media borghesia che nel 1574 si
trasferisce a Firenze. Qui compì i primi studi della letteratura e della logica e nel 1581 si iscrive alla
facoltà di medicina di Pisa per volere del padre, ma ben presto si accorge di non nutrire un vero interesse
per questa formazione e fa ritorno a Firenze.
Qui trovò fieramente la sua strada studiando matematica sotto la guida di Ostilio Ricci, discepolo di
Niccolò Tartaglia  comincia le sue prime osservazioni fisiche e nel 1583 scopre l'isocronismo delle
oscillazioni pendolari.
In questi anni, studia anche l'opera di Archimede che le induce a progettare e a realizzare una bilancetta per
determinare il peso specifico dei corpi.
La grande cultura non tarda a procurare a Galileo stima e simpatia e nel 1589 gli viene assegnata la cattedra
di matematica all'università di Pisa, in questi anni formula la legge della caduta dei gravi e tre anni dopo
ottiene la cattedra di matematica presso l'università di Padova dove trascorrerà 18 anni più felici della
sua vita.
Nel 1609 con la costruzione del cannocchiale si apre la serie delle grandi scoperte astronomiche di Galilei,
da lui stesso annunciate nel “Sidereus Nuncius”. Keplero riconosce subito l'esattezza e l'importanza di
queste scoperte ma non solo, Cosimo II lo nomina matematico primario all'università di Pisa e si
trasferisce a Firenze.
Queste stesse scoperte astronomiche non tardano a porre lo scienziato in conflitto con gli aristotelici, difatti
arriva nei 1616 un'ammonizione del cardinale Roberto Bellarmino, gesuita e filosofo del sant'uffizio, che
lo diffida dal professare le nuove teorie astronomiche. Pochi giorni dopo il “de revolutionibus orbium
celestium” di Copernico viene messo all'indice.

Gli scritti
- Galileo continua i suoi studi nonostante l'ammonizione e inizia una lunga disputa con il padre gesuita
Orazio grassi, matematico e astronomo, il quale aveva pubblicato uno scritto dedicato all'apparizione di
3 comete che Galilei non condivideva.  “il saggiatore” nel 1623, opera che contiene importanti
considerazioni di argomento metodologico.

- Nel frattempo, lavora al “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, il tolemaico e il
copernicano”, incoraggiato dall'ascesa al soglio pontificio del cardinale Maffeo Barberini, ovvero Urbano
VIII.
Viene pubblicato nel 1632, ma dopo pochi mesi ricevette una citazione del Papa ed è costretto a presentarsi
al tribunale del sant'uffizio. Inizia così un lungo processo che si protrae fino all'anno successivo e si
conclude con l'abiura di Galilei, ovvero la ritrattazione ufficiale, pronunciata dallo scienziato sotto
giuramento. Il carcere a vita viene tramutato in confino, che Galilei trascorre prima a Siena e poi nella sua
villa ad Arcetri.

- Galileo scrive quello che forse il suo capolavoro scientifico “Discorsi e dimostrazioni matematiche
intorno a due nuove scienze”, pubblicati in Olanda nel 1638 e quattro anni dopo muore con gli occhi
ormai ciechi, si dice per le troppe contemplazioni delle realtà celesti.
A differenza di altri dotti del tempo, che avevano scelto di non sfidare le autorità e che pertanto tenevano
nascoste le loro scoperte, Galilei intuisce che la battaglia per la libertà della scienza è una necessità
storica di primaria importanza. Da questa consapevolezza, combatte su due fronti: da una parte le autorità
religiosa dall'altra l'autorità culturale degli aristotelici.

La chiesa della Controriforma aveva stabilito che ogni sapere dovesse essere in armonia con le sacre
scritture e questa aveva aperto un ampio dibattito. Il cardinale Bellarmino pensava che gli uomini
dovessero accettare tutti i messaggi, che fossero religiosi e morali o anche scientifici, perché negare anche
soltanto a qualcuna delle affermazioni avrebbe compromesso l'intera verità della Bibbia.
Questa, infatti, era stata scritta sotto ispirazione dello Spirito Santo e non poteva che essere vera in
tutte le parti.

Dal canto suo, Galileo pensava che una posizione del genere ostacolasse il libero sviluppo del sapere e
danneggiasse la stessa religione, perché il progresso scientifico dimostrava false tutte le tesi che venivano
dimostrate nella Bibbia.

Il problema del rapporto tra scienza e fede viene affrontato da Galilei nelle cosiddette “Lettere
copernicane”, una inviata al padre benedettino Castelli, suo discepolo, altre due inviate a Piero Dini
monsignore della curia romana, un'altra non ancora inviata a Madama Cristina di Lorena granduchessa
di Toscana.

La soluzione delineata da Galilei  la natura, oggetto della scienza, e la Bibbia, base della religione,
derivano entrambe da Dio, la prima come esecutrice degli ordini di Dio, la seconda come dettatura
dello Spirito Santo, pertanto non possono contraddirsi da loro. Eventuali contrasti sono soltanto
apparenti e vanno risolti rivedendo l'interpretazione della Bibbia.

Galilei ritiene che la revisione della Bibbia sia un'operazione del tutto legittima per due motivi:
1. Egli è convinto che le scritture abbiano dovuto accomodarsi alla capacità “dei rozzi popoli
indisciplinati”, e quindi Dio ha dovuto usare un linguaggio antropomorfico adatto alle conoscenze
del “vulgo”, mentre la natura le leggi seguono un corso inesorabile e immutabile che non si piega
davanti alle esigenze umane e che è scritto in un linguaggio matematico.

2. Osserva che la Bibbia non contiene principi che illustrano le leggi della natura, ma verità che
riguarda il destino ultimo dell'essere umano, e quindi il compito della Bibbia insegnarci come
andare in cielo e non come va il cielo.

In conclusione, se la Bibbia è arbitra nel campo etico religioso, la scienza arbitra il campo delle verità
naturali, in relazione alle quali e l'interpretazione della Bibbia che deve adattarsi alla scienza.
Questa concezione porterà poi alla chiesa a riconoscere l'autonomia operativa della scienza nel campo delle
conoscenze naturali, dimostrandosi eventualmente disposta a reinterpretare la lettera dei testi biblici in modo
conforme alle scoperte.

Per Galilei, la scienza deve essere indipendente anche dall'influenza culturale di Aristotele e dei sapienti
del passato.

Galilei mostra grande stima per Aristotele e colpisce soprattutto i loro infedeli discepoli,, che invece di
osservare direttamente la natura e di conformare a essa le loro opinioni, si limitano a consultare i testi delle
biblioteche, vivendo in un astratto “mondo di carta”.
+ Se Aristotele potesse tornare in vita, riconoscerebbe lui come suo genuino discepolo e sarebbe sicuramente
disposto a cambiare le proprie idee; Invece, le aristotelici continuano a offrire il triste spettacolo di un
dogmatismo antiscientifico che ostacola l'avanzamento del sapere e inebetisce gli intellettuali.

Scoperte fisiche e astronomiche

 gli studi sul moto dei corpi= Galilei si occupa di meccanica e in particolare del moto dei
corpi per tutta la vita e pervenne risultati così notevoli da poter essere considerato il fondatore della
dinamica scientifica moderna.

 Il principio di inerzia= per la fisica aristotelica, la quiete era lo stato naturale dei corpi,
essendo il moto qualcosa di temporaneo, e venivano divisi in naturali e violenti. Secondo il suo
principio di inerzia, un corpo tende a conservare il proprio stato, che sia di quiete o di moto
rettilineo uniforme, finché non intervengono forza esterna modificarlo,

Questo sarà uno dei punti di partenza per Isaac Newton con il suo principio della dinamica. Il
principio di inerzia spiegava perché il movimento dei pianeti della terra potesse continuare
indefinitamente.
 Legge di caduta dei gravi= grazie a suo esperimento mentale, cioè eseguito soltanto in
teoria, arrivò alla conclusione che tutti i corpi cadono con la stessa velocità qualunque sia il loro
peso, e se l'esperienza immediata confuta tale legge è dovuta alla resistenza opposta del mezzo
in cui i corpi si muovono.

Arriva anche al concetto di accelerazione, infatti comprende che un corpo in caduta libera non
scende con velocità costante ma con un moto rettilineo uniformemente accelerato, cioè una
velocità che subisce incrementi regolare e costanti. A questo risultato lo scienziato perviene grazie a
una serie di esperimenti sul piano inclinato e anche qui il Newton riprende questi studi per formulare
il secondo principio della dinamica.

Studi sui corpi celesti

Intuisce la verità del copernicanesimo fin dall'inizio dei suoi studi, ma soltanto dopo il cannocchiale
perviene ad alcune importanti scoperte che divulga nel “sidereus nuncius”.

- Secondo la tradizione aristotelica tolemaica, la luna presentava una superficie liscia e levigata, invece
dall'osservazione di Galilei nota molte macchie scure che non sono altro che le ombre proiettate sulle
montagne lunari sotto l'effetto della luce del sole  superficie rugosa.

- Aristotele credeva che intorno a un corpo in movimento nello spazio non potessero ruotare altri corpi e
che quindi soltanto la terra fosse il centro del movimento di tutti gli altri astri. Grazie al suo
cannocchiale scoprì invece che intorno a Giove ruotano ben quattro satelliti, gli astri medicei, i quali
compiono attorno a Giove movimenti analoghi a quelli che la luna compie intorno alla terra. Nulla
vietava allora che anche la terra ruotasse intorno al sole come se fosse un suo satellite.

- Secondo la cosmologia tolemaica, i corpi celesti essendo perfetti erano anche incorruttibili, ovvero non
soggetti al divenire, grazie all'uso del cannocchiale lo scienziato scoprì la presenza sulla superficie del sole
di macchie scure intermittenti difformi che compaiono e scompaiono continuamente, attestando così
l'esistenza di un processo di trasformazione e dimostrando che i corpi celesti sono soggetti a fenomeni di
alterazione e mutamento.

- Si era sempre creduto che soltanto la terra fosse un corpo opaco, illuminato dal sole e privo di luce
propria, con il suo cannocchiale scoprì invece che Venere attraversava una serie di fasi di illuminazione
molto simili a quelle lunari e questo lo porta a capire che questo corpo celeste percorre un'orbita
centrata sul Sole e che proprio da quest'ultimo ricevesse la sua luce. Questa teoria è stata poi associata
agli altri pianeti, i quali sono illuminati esclusivamente dal sole.
- Galilei potete inoltre scoprire che oltre alle stelle fisse visibili a occhio nudo, ne esistevano innumerevoli
altre.

Fiducioso con Urbano VIII in un nuovo corso della Chiesa, lo scienziato diede alle stampe il dialogo sopra i
due massimi sistemi del mondo, in cui con il pretesto di presentare imparzialmente i due sistemi, espose
in realtà alcuni argomenti decisivi in favore del copernicanesimo.

Per rappresentare la teoria geocentrica, Galilei delinea il personaggio di Simplicio, attaccato al senso
comune l'autorità di Aristotele.
A difendere la teoria copernicana invece salviati, nobile fiorentino storicamente esistito che impersona
l'intelligenza chiara rigorosa e anticonformista dello scienziato moderno.
Il ruolo di moderatore viene ricoperto da Sagredo, nobile veneziano anche lui storicamente esistito che
incarna una personalità non oppressa da pregiudizi e portata a simpatizzare con le nuove dottrine.

Il dialogo diviso in quattro giornate:

 nella prima, Galilei pone sotto accusa la distinzione aristotelica tra il mondo celeste e quello
terrestre, con argomenti delle sue osservazioni astronomiche ed i suoi studi della meccanica.

 La seconda giornata è dedicata alla confutazione degli argomenti tipici contro i moti della terra

 Nella terza giornata, dimostra il moto di rotazione della terra ed esalta la concezione copernicana,
riconoscendole la capacità di spiegare fenomeni altrimenti inspiegabili con rigore e semplicità
matematica.

 Nella quarta, espone la propria dottrina delle maree, attribuendo falsamente lo spostamento delle
masse d'acqua all'effetto della rotazione della terra su sé stessa.

Un' altro importantissimo risulto  l'individuazione di un metodo di ricerca che spalancherà le porte ai
maggiori progressi scientifici dell'umanità.

Galilei tende ad applicare un metodo che si articola in due momenti fondamentali:

1. momento risolutivo o analitico, che consiste nel risolvere un fenomeno complesso nei
suoi elementi semplici, quantitativi e misurabili.

2. Momento compositivo o sintetico, che consiste nel formulare un'ipotesi teorica e nel
controllarla empiricamente mediante l'allestimento di un esperimento che riproduce artificialmente
il fenomeno secondo i criteri evidenziati dall'ipotesi teorica. Se l'ipotesi supera la prova, allora viene
accettato e formulate in termini di legge matematica.
In una lettera alla granduchessa Cristina di Lorena, Galilei scrive che la “sensata esperienza o le necessarie
dimostrazioni non devono essere in alcun modo revocati in dubbio”.

 Con sensata esperienza, Galilei evidenzia il carattere osservativo-induttivo della scienza. In molti
casi, infatti, la ricerca procede attraverso una ricognizione di fatti e casi particolari, per indurre a una legge
generale.

 L'espressione necessarie dimostrazioni evidenzia il carattere ipotetico-deduttivo della scienza, sono i


ragionamenti logici condotti su base matematica attraverso i quali il ricercatore, partendo da un'intuizione di
base e procedendo con una supposizione, formula un'ipotesi teorica, intuendo e ragionando.

La compresenza di questi due elementi ha fatto sì che lo scienziato sia presentato come un induttivista, cioè
un ricercatore che osserva instancabilmente i fenomeni e scopre le leggi, oppure un deduttivista, più
fiducioso delle capacità dimostrative della ragione che in quelle osservative.
Questo è alterno prevalere non esclude, ma anzi per certi versi dimostra, la loro reciproca e indissolubile
implicanza di fatto.
Le sensate esperienze presuppongono sempre un riferimento alle necessarie dimostrazioni, esse infatti
vengono in primo luogo assunte e rielaborate in un contesto matematico razionale, e poi spogliate dei loro
caratteri qualitativi e ridotte alla loro struttura puramente quantitativa.
In secondo luogo, le sensate esperienze sono fin da subito cariche di teoria.
Inoltre, anche le necessarie dimostrazioni presuppongono un implicito o esplicito richiamo alle sensate
esperienze, ipotesi e intuizioni acquistano validità soltanto per mezzo della conferma sperimentale.

Questa reciproca implicazione ci fa comprendere meglio i rapporti e le differenze tra matematica e fisica :
la matematica costituisce la nuova logica della fisica, che si pone come strumento di scoperta scientifica
poiché con i suoi calcoli permette di avanzare nuove ipotesi per la spiegazione dei fenomeni.

Per Galileo, i concetti di esperienza e verifica assumono un significato inconfondibile e originale:


- L'esperienza è frutto di una elaborazione teorico matematica dei dati, che si conclude con la verifica
empirica, ed è quindi ben diversa dall'esperienza ordinaria poiché può essere ingannevole e non ha valore
scientifico se non viene legittimata dall'esperimento
- l'esperimento è una procedura complessa volta a creare le condizioni necessarie affinché un certo
evento possa prodursi, lo scienziato è dunque costretto a creare condizioni su misura che spesso non
esistono nella realtà ma soltanto in laboratorio. Proprio per questo ricorre ai celebri esperimenti mentali in
cui ricorre una sorta di fisica ideale per formulare verificare le ipotesi.

 Galileo Galilei perviene quindi alla struttura concettuale che costituisce lo schema teorico della scienza
moderna, secondo il quale la natura è regolata da un ordine oggettivo e causalmente organizzato di
relazioni governate da leggi, e che la scienza è un sapere matematico sperimentale
intersoggettivamente valido.
Afferma che le opere della natura non possono essere giudicate con un metro puramente umano e non
dobbiamo cercare il perché la natura opera in un certo modo, ma soltanto come opera. Con ciò non intende
negare l'esistenza di finalità e di essenza ma semplicemente accantonarle, non essendo dato alla mente
umana di conoscerle.
Ribatte che lo scienziato deve occuparsi esclusivamente delle leggi che regolano i fatti.
Distingue tra proprietà oggettive e proprietà soggettive dei corpi di tipo atomistico democriteo: le
proprietà oggettive caratterizzano i corpi in quanto tali, mentre le proprietà soggettive esistono soltanto in
relazione ai nostri sensi.
Il metodo sperimentale di Galileo esige quindi una sorta di fiducia originaria dell'uniformità dell'ordine
naturale, e presuppone la convinzione che il comportamento dalla natura segua leggi necessarie e
immutabili.

Quanto alla fiducia nelle verità assolute della scienza, viene confortata mediante la teoria secondo cui
conoscenze umane e conoscenze divina risultino simili per grado di certezza, e quindi le verità
matematiche, ad esempio, sono vere sia per noi quanto per Dio.

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