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PANORAMA DELLA FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO A) Questioni storiografiche
L’età umanistico –
 
rinascimentale segna una tappa decisiva nella storia dell’uomo,
contrassegnata da una profonda volontà di cambiamento rispetto al passato; un mutamento di cultura, costumi e mentalità, che non è tuttavia esente da aspetti contraddittori. Proprio in questa complessità, varietà di temi e relativa contraddittorietà
risiede l’aspetto più affascinante dell’epoca presa in esame. Prima di dedicarci a ciò che
più ci riguarda
, ossia l’aspetto specificamente filosofico del periodo, soffermiamoci
brevemente su tre questioni di carattere storiografico: 1. Cosa significano i termini
umanesimo
e
rinascimento
? 2.
Che rapporto ha quest’epoca con il Medioevo?
 3. Quale rapporto sussiste tr 
a l’età umanistico –
 
rinascimentale e l’età moderna?
 In primo luogo, il termine Umanesimo
è usato per la prima volta nell’800 dal filosofo e
teologo tedesco Niethammer e indica la riscoperta dei classici. Tuttavia, di
studia humanitatis
 si parla già nel
‘300, con riferimento al concetto ciceroniano di
humanitas,
che ricorda e riprende a sua volta la
 paideia
 greca:
l’educazione e la formazione dell’uomo nel senso più pieno e completo del termine
. In questo contesto le lettere svolgono un ruolo decisivo (poesia, retorica, filosofia, storia), ma
viene a cadere qualsiasi distinzione tra la formazione letteraria e quella filosofica, inscindibilmente unite.
 Uomini come
Pico della Mirandola
 e
Marsilio Ficino
, solo per fare due nomi, sono al contempo letterati e filosofi.
Nell’età umanistica riscoperta
dei classici significa sviluppo di una scienza fondamentale: la
filologia
, ossia lo studio della parola e quindi dei testi antichi collocati nello specifico contesto storico in cui sono nati. Gli umanisti si propongono dunque di capire che cosa hanno veramente sostenuto gli antichi greci e latini, in quel tempo e in quei luoghi in cui vissero ed operarono. Il
termine ‘rinascimento’ è coniato anch’esso nell’Ottocento e indica il rinnovamento
spirituale e la rigenerazione morale tipica del periodo. Tradizionalmente, si parlava di
umanesimo per il ‘400 (dove sarebbe prevalsa la filologia) e di rinascimento per il ‘500 (contesto in cui prevale l’indagine filosofica).
 Oggi si tende piuttosto a considerare umanesimo e rinascimento
come due aspetti dello stesso fenomeno
 (e dunque viene a cadere la tesi tradizionale), nel senso che il nuovo spirito rinascimentale si servì degli
studia humanitatis
 come strumento per progettare e costruire una nuova idea di uomo. La filologia e lo studio dei classici, in altre parole, non fu fine a se stesso,
ma finalizzato alla visione antropocentrica e alla dignità dell’uomo, indubbiamente
nuova rispetto al passato. Se mai, possiamo sostenere, pur con una certa cautela, che
nel ‘400 prevale l’indagine sull’uomo e nel ‘500 quella sulla natura.
 Propongo
qui l’esposizione sintetica di due interpretazioni classiche dell’umanesimo,
che riguardano il suo significato filosofico. 1)
Kristeller 
: gli umanisti sono stati sopravvalutati, perché è stata loro attribuita una funzione di rinnovamento del pensiero che in realtà non ebbero:
non furono filosofi, ma essenzialmente filologi
.
Io credo che gli umanisti italiani non siano stati affatto dei filosofi, né buoni né cattivi. Infatti il movimento umanistico non sorse nel campo degli studi filosofici o scientifici, ma in quello degli studi grammaticali e
 
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retorici.
” Lo stesso merito principale dell’aristotelismo del ‘500 fu il ritorno alla lettura dei testi di Aristotele nell’originale greco. Del resto, anche gli
artisti non sarebbero stati tanto geni creativi, quasi avessero avuto capacità sovrumane (quello di genio è, in effetti, un concetto che nasce solo con il romanticismo), ma ottimi artigiani, in possesso di un notevole bagaglio di conoscenze tecniche (dall
’anatomia alla
prospettiva). Inoltre, astronomia e fisica fecero progressi notevoli non perché collegate e influenzate dalla filosofia, ma in quanto agganciate strettamente alla matematica.
 2)
Garin
: la sua tesi è di segno opposto. La
filologia è la filosof 
ia dell’umanesimo
, ossia un nuovo metodo di considerare la storia, un nuovo senso della storia, che dà vita ad una filosofia aperta, pragmatica e problematica. La filosofia non è qui concepita come sistema, cioè una totalità di conoscenze perfettamente collegate tra di loro, che presume di spiegare tutta la realtà, bensì un sapere non definitivo, che pone domande, ma lascia inevitabilmente anche problemi irrisolti e ha una finalità
pratica di trasformare il mondo e mette l’individuo concreto in primo piano
:
 gli
umanisti intraprendono “
indagini concrete, definite, precise (…) al di fuori di ogni vincolo e di ogni auctoritas”.
 Gli umanisti sono lontani dunque dalla costruzione di quelle
cattedrali di idee
 tipiche di una filosofia sistematica come la Scolastica.
 
Tra queste due tesi divenute ormai classiche, la storiografia più recente ritiene che sia
possibile una mediazione: l’umanista si contraddistingue per il modo di leggere i classici,
per cui guarda al passato con un senso storico diverso, ma è anche vero che dal punto di
vista teoretico l’umanesimo non portò grandi e originali novità.
Riguardo al secondo aspetto, il concetto di
rinascimento nasce nell’800 grazie a
studiosi come
Michelet
e
 Burckhardt
e sta ad indicare una frattura, una rottura storico
 –
 culturale rispetto al medioevo: da una concezione
teocentrica,
in cui l’intera vita dell’uomo medioevale è vista e progettata in funzione di Dio e dell’aldilà, si passa ad
una concezione
antropocentrica
, che mette l’essere umano al centro del cosmo. L’uomo
 è
misura di tutte le cose
, un uomo che ha piena fiducia nelle sue capacità e
nella trasformazione del mondo e non guarda più ad esso come viatico verso l’eternità. L’individuo è
artefice del proprio destino
 (
homo faber fortunae suae)
 e la cultura ha una connotazione
laica
: ciò significa che la ragione tenta di rendersi autonoma rispetto alla religione e alla tradizione (come nel caso della filosofia e della politica). La vita è vissuta ed assaporata in tutta la sua pienezza, in funzione di una felicità terrena. Ciò
non significa, attenzione, che l’uomo del ‘400
-
‘500 non pensi più a Dio e che sia ateo: tutt’altro. Vuol dire semplicemente che in un cosmo pensato molto spesso come
scintilla e manifestazione della divinità (concepita da molti filosofi del tempo in senso
panteistico), l’uomo ha un posto centrale, di primissimo piano. Altri autori, come
Burdach
e
Gilson,
evidenziano invece elementi di
sostanziale continuità
 tra i due periodi:
l’interesse magico –
 astrologico
 
è fortemente sentito nell’umanesimo
rinascimentale, ed è ritenuto retaggio ereditato dal Medioevo. Inoltre, il rinnovamento
culturale resta, come nell’epoca precedente,
fenomeno elitario
, sebbene prima fosse riservato ai chierici ed ora aperto al mondo laico. La storiografia più recente preferisce parlare di una
diversità
tra medioevo e rinascimento, che prevede quindi sia elementi completamente nuovi sia di continuità tra le due stagioni culturali. Concludendo, fermo restando che umanesimo e rinascimento sono due
concetti storiografici
, coniati cioè dagli storici per comprendere un periodo come quello del
‘400 e ‘500, gli studi più recenti tendono a non dividere il fenomeno umanistico e quello rinascimentale, ma a vederli nella loro complementarietà, da un lato; e dall’altro inquadrano l’uma
nesimo rinascimentale nel suo imprescindibile rapporto con il
 
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Medioevo, evitando di puntualizzare in maniera eccessiva sia gli elementi di rottura che
quelli di continuità, essendo presenti entrambi in un’epoca così complessa ed
affascinante come quella rinascimentale. Per quanto concerne il terzo problema, gli storici della filosofia si sono chiesti
quanto sia moderno il rinascimento e dunque quando inizi la modernità in senso filosofico
. Anche qui, le risposte sono state diverse. Vi è chi ha sostenuto che
l’umanesimo rinascimentale è già essenzialmente moderno, vista l’ansia di
rinnovamento a cui effettivamente diede vita rispetto al Medioevo. Adducendo la stessa
motivazione, altri studiosi hanno puntato l’attenzione sulla Riforma protestante, non
fosse per il fatto che i temi sviluppati vanno al di là di un ambito elitario, quale fu quello rinascimentale, per interessare la vita stessa delle masse popolari, con conseguenze
decisive per il futuro dell’Europa. Per quanto ci riguarda, va tuttavia puntualizz
ato che a livello filosofico, sia il Rinascimento che la Riforma (pur accomunati da un desiderio di
rinascita
, di ritorno alle origini, seppur a vari livelli),
presentano influenze che risentono di un retaggio medioevale
 
(come abbiamo già accennato per l’U
manesimo
rinascimentale; per la riforma basti pensare all’ossessivo senso del peccato di un Lutero e all’intolleranza che porta alle guerre di religione) e che non sono quindi
esclusivamente o interamente moderni. La tesi che più ci pare appropriata e generalmente riconosciuta valida dalla storiografia filosofica fa riferimento al filosofo tedesco
Ernst Cassirer 
 (1874-1945), il quale evidenzia come problema per eccellenza della filosofia moderna quello della conoscenza, che torna prepotentemente in primo piano, sia in ambito filosofico che
scientifico. In questo contesto, precisa lo studioso, è vero che “la storia del pensiero
moderno non conosce forse scoperta logica altrettanto importante e decisiva quanto la fondazione della scienza esatta della natura
da parte di Galileo”,
ma d’altra parte lo
scienziato pisano non elaborò mai, come vedremo, una teoria sistematica della conoscenza
(che possiamo desumere dalle sue varie opere, ma non ve n’è una che
specificamente e organicamente si occupi di gnoseologia ed epistemologia). Se Galilei elabora un nuovo concetto di natura dominato dalla necessità, il filosofo
deve però porsi il problema dell’
origine di questa necessità
. E il primo filosofo ad occuparsi di tali questioni in modo sistematico (e dunque integralmente moderno) è sicuramente
Cartesio.
 
B) Temi della filosofia rinascimentale
Come sarà noto per lo più a chi abbia una minima conoscenza di quest’epoca, l’uomo rinascimentale fu estremamente poliedrico: la laicizzazione della cultura, che
tende a farsi autonoma rispetto alla tradizione, il ruolo del soggetto e della ragione,
il nuovo rapporto dell’uomo con Dio, sono aspetti centrali della filosofia
rinascimentale. Si pensi soltanto alla politica, dove, seppur nel tentativo comune di elaborare una concezione dello stato di stampo laico, noi ci troviamo di fronte a proposte molto diverse tra di loro: da un lato Machiavelli, che nel dare consigli al suo
Principe
 concentra la sua attenzione sulla
Verità effettuale
, ossia sull’analisi
attenta e rigorosa della r 
ealtà così come essa si presenta all’osservazione dello
studioso, per costruire uno Stato autonomo sia dalla religione che dalla morale (ciò che si chiama
realismo politico
); dall’altro, l’edificazione di uno stato ideale (e il
tema della città ideale coin
volge il mondo dell’arte, specie sul piano architettonico e
urbanistico) come modello normativo astratto dal cui ambito noi possiamo criticare
la realtà presente e i suoi mali, che ritroviamo nell’
Utopia
 di Thomas More del 1516

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