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I ROMANI.

IL SENTIRE DEL TEMPO.


Il mos maiorum era per i Romani l’insieme di valori e tradizioni ereditati dagli antenati che
fondavano la potenza, la coesione e l’identità romana. Questi valori erano sostanzialmente tre: la
virtus (il valore, il coraggio e l’integrità), la fides (la lealtà nei rapporti interpersonali) e la pietas (il
rispetto dei doveri verso gli dei, la patria, la famiglia e gli amici). La società romana delle origini
era fortemente conservatrice, con una struttura familiare patriarcale. Le divinità titolari delle feste
erano legate al ciclo naturale delle stagioni. Marzo ad esempio, il mese in cui iniziava l’anno
agrario, era dedicato a Marte, dio dei campi e della guerra: i sacerdoti Salii eseguivano le loro danze
di guerra e si celebrava così la festa. L’anno si chiudeva con la festa a dicembre in onore di Saturno,
i Saturnàlia. I Romani inoltre, veneravano alcune divinità private, come i Lari (spiriti benigni degli
antenati) e i Penati (protettori della famiglia e dello Stato). Nel corso del tempo, la religione romana
divenne pubblica ed ufficiale. Buona parte del suo successo Roma lo dovette alla sua costituzione,
che rimase in vigore per tutta l’età repubblicana. A tal proposito, lo storico greco Polibio nota che il
sistema di governo romano si fondava sulla coesistenza di tre regimi diversi: quello monarchico (il
potere dei consoli), quello oligarchico (il Senato) e quello democratico (le diverse assemblee
popolari e il loro ruolo di controllo e decisione). Lo storico riconosce nella stretta collaborazione fra
la plebe (il corpo dei cittadini liberi ma privi di qualsiasi potere politico) e la nobilitas (la nobiltà) la
vera forza dello Stato romano. I cambiamenti provocati dalle guerre vittoriose dei Romani sulla
Magna Grecia e sui popoli del Mediterraneo modificarono anche la struttura sociale dello Stato
Romano. In particolare, con l’espansione del Mediterraneo, i Romani vennero a diretto contatto con
la cultura ellenistica, la quale influenzò notevolmente vari campi della cultura. Tuttavia, restò
sempre caratteristico dei Romani un particolare modo di considerare le arti e la bellezza: la
produzione artistica non doveva essere svincolata da una concreta utilità. Successivamente, giunse a
Roma un gran numeri di testi letterari in lingua greca inoltre, si svilupparono numerose correnti
filosofiche tra le quali le più rilevanti furono certamente lo stoicismo e l’epicureismo. Catalizzatore
di queste nuove esperienze fu il circolo letterario-politico degli Scipioni. Quest’ultimo introdusse
un’idea di humanitas molto importante, secondo cui l’uomo andava sempre rispettato per il suo
valore intrinseco. Humanitas è infatti interesse per l’altro, solidarietà e condivisione. L’Ellenismo
portò ad alcune fra le espressioni più mature della filosofia, della poesia e del pensiero politico
romano. Catullo e i poeti nuovi diffusero la moda dei componimenti brevi e di contenuto amoroso.
Alla metà del I secolo a.C. ci furono poi i primi trattati in latino e di carattere filosofico, di cui fu
autore Marco Tullio Cicerone, uomo politico ed oratore di primo piano. Egli guarda al passato per
trovare risposte e soluzione in un’epoca di profonda crisi della Repubblica. Nel I secolo a.C., la
decadenza dello Stato sembrava dovuta all’allontanamento dalla religione tradizionale. Dopo la
vittoria di Azio nel 31 a.C., l’imperatore Augusto diede inizio ad un’intensa opera di restauro dei
templi romani, sostenne il valore della famiglia e della moralità tradizionale ecc. In età augustea, vi
fu poi un ritorno al valore della pietas. Gli imperatori ebbero sempre rapporti difficili con la nobiltà,
mentre l’esercito acquisiva maggiore potere. In questo contesto, per gli intellettuali fu un’impresa
ardua trovare una collocazione che non li ponesse contro il potere e perciò molti si dedicarono alle
scienze e alle ricerche erudite. Nei primi due secoli, l’impero romano si consolidò, allargò i suoi
confini e giunse a quello che consideriamo l’apogeo, nonostante l’economia fosse limitata. La
solidità nel tempo dell’impero romano si spiega soprattutto grazie alla capacità di integrare nello
Stato tutte le comunità vinte. L’estensione della cittadinanza romana si concluse in Italia nel I
secolo a.C. Nonostante la lentezza del processo, questa capacità di integrazione caratterizzò l’intera
storia romana, mentre fu estranea a quella della Grecia.

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