Il poema cavalleresco, uno dei generi più prestigiosi e affascinanti della letteratura italiana,
nasce nel Quattrocento per intrattenere il pubblico della corte. Alle spalle ha la tradizione
medievale del ciclo carolingio e bretone, trasmessi nelle piazze dalla voce dei cantastorie e poi
rielaborati in forma ancora rozza dai cantari trecenteschi. Tra Quattrocento e Cinquecento
questa ricca materia narrativa assume forma artistica grazie a grandi scrittori che compongono
per un pubblico colto e raffinato. Dalla produzione canterina il poema cavalleresco eredita l’uso
dell’ottava. Rispetto alla tradizione popolaresca dei cantari, i poemi cavallereschi presentano
rilevanti differenti: innanzitutto gli autori dei poemi cavallereschi sono colti, si formano in un
ambiente elevato e si rivolgono a un pubblico raffinato della corte signorile; inoltre i poemi
cavallereschi sono stesi subito in forma scritta e sono destinati alla lettura personale: per questa
ragione presentano un maggiore controllo formale, i singoli canti sono più lunghi e hanno una
metrica più accurata. I due maggiori poemi cavallereschi del Quattrocento sono: l’Orlando
innamorato di Matteo Boiardo e il Morgante di Luigi Pulci. Boiardo scrive alla corte degli
Estensi a Ferrara, centro di raffinata cultura umanistica mentre Pulci vive e opera a Firenze,
dove esisteva una spiccata tradizione realistico-giocosa.
LUDOVICO ARIOSTO.
Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia l’8 settembre 1474, primo di dieci figli. Il padre
Nicolò, ferrarese, era capotano della cittadella per conto di Ercole I d’Este. Nel 1484 la famiglia
si trasferisce a Ferrara, città destinata a diventare la dimora stabile e amata di Ludovico in cui
compie i suoi primi studi. Per volontà del padre, intraprende gli studi giuridici, ma senza nessun
entusiasmo, anzi considerando questi anni come perduti. Della frequentazione assidua dei
classici sono frutto i primi componimenti poetici in lingua latina (Carmina). Nel frattempo,
Ariosto frequenta gli ambienti letterari e artistici che gravitavano intorno alla corte estense,
particolarmente vivace e brillante in quegli grazie alla presenza di letterati residenti e ospiti
illustri, tra cui anche Pietro Bembo, il quale vi soggiornò tra il 1497 e il 1499. Nel 1500 la
responsabilità del mantenimento della numerosa famiglia ricade su Ludovico a causa della
morte del padre. Nel 1503 egli prende gli ordini minori, una strada obbligata per poter godere di
una rendita: entrando nel numero dei chierici infatti era possibile ottenere dalla curia romana i
benefici riservati al clero. Nello stesso anno Ariosto entra al servizio del cardinale Ippolito
d’Este, fratello del duca di Ferrara, Alfonso I. Da Ludovico, il cardinale Ippolito pretendeva
continui e improvvisi viaggi, i quali venivano subiti senza entusiasmo. Inizia così quel rapporto
con la corte che sarà caratterizzato sia da un’accettazione dei compiti assegnati che da un’intima
sofferenza nei confronti delle pretese degli Estensi, soprattutto di Ippolito, persona autoritaria e
poco propensa ad apprezzare l’attività poetica. Ariosto esprime in vari testi, specialmente nelle
Satire, il suo disagio personale e la sua critica all’ambiente umano della corte. Nel 1517 Ariosto
interrompe il suo rapporto con il cardinale Ippolito, rifiutandosi di seguirlo ad Agria (Budapest).
La scelta di seguire Ippolito avrebbe significato allontanarsi da Ferrara, dalla donna amata
(Alessandra Benucci conosciuta nel 1513 e amata per tutta la vita), dai familiari e affrontare un
mondo diverso e lontano. Successivamente nel 1516 pubblicò la prima edizione dell’Orlando
Furioso. Negli anni tra il 1517 e il 1522, Ariosto rimane agli ordini di Alfonso d’Este,
dividendo il suo tempo tra impegni di funzionario di corte e la composizione delle sue opere.
Nel 1522, venne nominato governatore della Garfagnana da Alfonso I, carica che gli consente
di raggiungere importanti risultati nonostante le difficoltà di amministrare e regolare un
territorio difficile. Di questo periodo ci informano le 156 lettere di Ariosto che offrono il ritratto
di un uomo pragmatico ed efficiente nell’esercitare un ruolo assai impegnativo. Nel 1525
avvenne il rientro nell’amata città, dove fu anche nominato sovrintendente agli spettacoli di
corte. Nella sua casa in contrada Mirasole, trascorse anni felici, grazie all’amore di Alessandra
che sposa segretamente nel 1528 e del figlio Virginio avuto da una precedente relazione. A
quasi sessant’anni, il 6 luglio 1533, dopo alcuni mesi di malattia, Ludovico muore a Ferrara.
L’ORLANDO FURIOSO
L'Orlando furioso è un poema cavalleresco di Ludovico Ariosto pubblicato per la prima volta
nel 1516 a Ferrara. Il poema, composto da 46 canti in ottave, ruota attorno al personaggio
di Orlando, cui è dedicato il titolo, e a molti altri personaggi. L'opera, riprendendo la tradizione
del ciclo carolingio e parzialmente del ciclo bretone, si pone a continuazione (gionta)
dell'incompiuto Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo; in seguito, tuttavia, Ariosto
considererà l'Orlando innamorato solo una fonte a cui attingere, a causa dell'inattualità dei temi
del poema, dovuti alla materia cavalleresca, ma riuscirà a risolvere questo problema apportando
modificazioni interne all'opera e soprattutto intervenendo spesso nel corso del poema spiegando
al lettore il vero fine degli avvenimenti. Caratteristica fondamentale dell'opera è il continuo
intrecciarsi delle vicende dei diversi personaggi, che costituiscono molteplici fili narrativi
(secondo la tecnica dell'entrelacement, eredità del romanzo medievale), tutti armonicamente
tessuti insieme. La trama è convenzionalmente riassunta in relazione a tre vicende principali:
innanzitutto la linea epica della guerra tra musulmani (Saraceni) e cristiani, che fa da sfondo
all'intera narrazione e si conclude con la vittoria dei secondi. La vicenda amorosa è incentrata
invece sulla bellissima Angelica in fuga da numerosi spasimanti, tra i quali il paladino Orlando,
e ricerche (o inchieste) dei vari cavalieri per conquistare Angelica si rivelano tutte vane, dal
momento che la donna sposerà il musulmano Medoro, causando la follia di Orlando e l'ira degli
altri cavalieri. Il terzo motivo, quello encomiastico o celebrativo, consiste nelle peripezie che
portano alla realizzazione dell'amore tra Ruggiero, cavaliere pagano discendente del troiano
Ettore, e Bradamante, guerriera cristiana, i quali riusciranno a congiungersi solo dopo la
conversione di Ruggiero al termine della guerra: da questa unione discenderà infatti la Casa
d'Este.
Ariosto lavorò al suo poema per la maggior parte della sua esistenza. La prima edizione
dell’Orlando Furioso si colloca nel 1516: l’opera si presenta come gionta (proseguimento,
aggiunta) all’Orlando innamorato. Il 22 Aprile 1516, l’Orlando Furioso, in 40 canti, viene
stampato. La seconda edizione risale al 1521 e in essa troviamo interventi correttori che
riguardano principalmente l’ambito lessicale e morfologico, mostrando un’inequivocabile linea
di tendenza: Ariosto infatti avvia una toscanizzazione della lingua del poema. Nella terza
edizione pubblicata nel 1532, i canti passano da 40 a 46. Oltre ad accrescere il poema, il poeta
sottopone l’opera a una precisa revisione linguistica, orientata secondo la tradizione bembiana:
in tal senso, Ludovico toscanizza sempre più la lingua del poema, rimanendo fedele al concetto
chiave della sua poetica: la medietà.
La trama del Furioso si presenta come un organismo assai complesso ed articolato, per voluta
scelta dell’autore. L’argomento bellico, tipico della tradizione del poema epico e cavalleresco,
incomincia con l’invasione della Francia e l’assedio di Parigi da parte del re saraceno
Agramante, che inizialmente sembra aver la meglio sull’esercito cristiano di Carlo Magno. Le
sorti della guerra sono però affidate ad una sfida tra i tre migliori guerrieri mori (Agramante,
Gradasso e Sobrino) e i tre campioni cristiani (Orlando, Brandimarte e Oliviero) sull’isola di
Lampedusa. Orlando sbaraglia i nemici e assicura la vittoria a re Carlo Magno. La tematica
sentimentale è spesso intrecciata con quella militare, tanto da condizionare in più occasioni lo
sviluppo delle battaglie e i duelli tra i singoli cavalieri. Tutto ha inizio durante l’assedio di
Parigi; Angelica, ambita sia da Orlando che da Rinaldo, è affidata da re Carlo a Namo di
Baviera, con la promessa di darla in sposa a chi si dimostrerà più valoroso nello sconfiggere i
mori. La fanciulla riesce però a fuggire, inseguita da molti guerrieri di entrambi gli
schieramenti. La ragazza incontra un giovane fante saraceno ferito, il bellissimo Medoro, di cui
si innamora e con il quale fugge in Catai. Orlando impazzisce e si dà alla devastazione di tutto
ciò che incontra. Il paladino, con la mente offuscata dalla gelosia, si aggira per la Francia e la
Spagna, fino ad attraversare lo stretto di Gibilterra a nuoto. Nel frattempo il guerriero Astolfo,
dopo aver domato un ippogrifo (cavallo alato), vola sulla Luna, dove ritrova in un’ampolla
il senno perduto di Orlando. Dopo aver attraversato l’Africa e aver compiuto mirabili
imprese, Astolfo fa odorare l’ampolla a Orlando, che torna in sé e rientra in combattimento.
La terza linea narrativa, quella encomiastica, riguarda Ruggiero, guerriero saraceno, e
Bradamante, sorella di Rinaldo. I due, che si amano ma che sono continuamente divisi dal
susseguirsi degli eventi e delle battaglie, sono presentati come i capostipiti della famiglia
d’Este. L’amore tra i due è ostacolato dal mago Atlante, che vuole evitare le nozze tra i due,
perché ha scoperto che, dopo il matrimonio, Ruggero è destinato a morire. Il guerriero, allora,
viene imprigionato in un castello incantato creato dal mago. Quando Ruggero viene liberato, si
procede con il matrimonio, ma, durante il banchetto, compare Rodomonte (principe d'Algeri)
che sfida a duello Ruggero, dopo averlo accusato di aver rinnegato la sua fede, per sposare una
cristiana. Rodomonte, però viene sconfitto ed ucciso. Così si conclude il poema di Ariosto.
I temi principali affrontati da Ariosto nell’opera sono certamente:
La follia, la quale è strettamente connessa al tema dell'amore e trova la principale espressione in
Orlando: il paladino forte e coraggioso, saggio e leale della tradizione cavalleresca, si trasforma in
un innamorato che dimentica i suoi doveri di cavaliere per inseguire la donna amata.
L’amore, inteso come forza istintiva che si manifesta in tutte le sue espressioni: la passione dei
sensi, la tenerezza, il tradimento, la gelosia.
Il meraviglioso: Nel poema ci sono incantesimi, magie, maghi buoni e streghe cattive, mostri alati e
fantastici che si affiancano a esseri reali; entrano nella vita degli uomini e la sconvolgono.
La guerra: è qui che si esplicano gli ideali cavallereschi e cortesi
Ironia: strumento attraverso il quale Ludovico normalizza il racconto eroico dell’epos e lo adatta ai
nuovi tempi: è la ragione che esprime un punto di vista relativo, meno solenne.
Movente dell’azione è sempre la ricerca di qualcuno o di qualcosa, una ricerca priva di moventi
etico-religiosi e che è costantemente frustrata: anche per l’intervento capriccioso della Fortuna
l’oggetto del desiderio è sempre irraggiungibile o è addirittura vano.
I principali luoghi dell’Orlando furioso sono:
Il labirinto, luogo dello smarrimento e del girare a vuoto verso mete improbabili
La selva: luogo del caso in cui si incrociano destini.
Il punto di vista del narratore
Leggendo la vita e la realtà attraverso il filtro dell’ironia, Ariosto intende smascherare le false
certezze e denunciare gli inganni e le ipocrisie dell’umanità. Mantenendo un atteggiamento
distaccato e dissacrante nei confronti dei propri personaggi, il poeta mette a nudo i limiti e le
contraddizioni del pensare e dell’agire umano. In particolare negli esordi dei vari canti, Ariosto
si riserva uno spazio per esplicite e personali riflessioni e giudizi in campo morale, storico e
antropologico. Così pure la voce dell’autore interviene sovente nel corso della narrazione con
osservazioni e commenti che ricollegano la materia romanzesca alla realtà contemporanea,
sollecitando la riflessione del lettore.
La lingua e lo stile
Nel passaggio dalla prima alla terza edizione, Ariosto normalizza la fonetica, la morfologia e il
lessico, conformandoli al modello del toscano letterario secondo la proposta di Bembo. La
lingua che esce dalla terza e ultima edizione del Furioso è una lingua equilibrata, ispirata alla
medietà che Ariosto tenacemente ricerca attraverso il faticoso lavoro correttorio sul suo poema.
Nel complesso la lingua del Furioso è armonica e colloquiale. Il poeta adotta come metro
l’ottava per naturale eredità della tradizione narrativa. Ariosto utilizza con sorprendente
sapienza tecnica soprattutto i due ultimi versi dell’ottava, in rima baciata.