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IL BAROCCO

Il seicento fu un epoca di grandi contraddizioni per il vecchio continente.

Il clima controriformistico
La chiesa cattolica tra riforma e contro riforma La riforma protestante portò grandi
conseguenze anche sotto il punto di vista culturale. Attraverso il concilio di Trento la chiesa di
Roma reagì con fermezza contro le dottrine delle nuove chiese, promuovendo cosi la contro
riforma.
Le ripercussioni negative della contro riforma Il movimento di riforma cattolica diffuse nella
società un clima di intimidazione e di soggezione al potere ecclesiastico. La chiesa operò con
estrema severità per frenare la diffusione di idee in contrasto con la dottrina cattolica.
La libertà di pensiero vene fortemente limitata e la letteratura perse di creatività e originalità.
L’attività di controllo culturale esercitato dalla chiesa si svolse attraverso istituti come la Sacra
congregazione dell’indice e il tribunale dell’inquisizione; determinando un clima culturale nel
quale la ricerca e la libera espressione e di pensiero, che avevano caratterizzato il periodo
umanistico- rinascimentale, furono duramente represse.

La vita culturale nell’Italia del seicento


Lo stato ponti cio: centro d’irradiazione della Riforma cattolica Tra i centri di vita culturale
italiana spiccavano due città: Roma e Venezia. Roma fu il polo principale dal quale si irradiarono
le direttive del controllo culturale, seguito al concilio di Trento.
Venezia, fu il centro italiano che conservò la maggior autonomia politica e quindi anche
culturale. Da qui il suo ruolo di centro di riferimento per intellettuali non allineati sulle
posizioni controriformistiche; basti pensare alla libertà di ricerca scientifica garantita a Galilei nella
fase del suo lavoro presso l’università di Padova.
La cultura negli altri stati italiani Fra gli altri centri culturali si distinse Torino, dove trovarono
accoglienza letterati come Giambattista Marino e Federigo Borromeo.
A Napoli non esisteva una cote in grado di costituire un importante centro di cultura; tuttavia si
impose una letteratura a carattere popolare: ne sono esempi illustri la raccolta di novelle Lo
conto de li cunti di Giambattista Basile e le poesie comico satiriche di Giulio Cesare Cortese.

Le Accademie e la questione della lingua


Le Accademie: centri di cultura laica L’altro fondamentale centro di aggregazione degli
intellettuali, furono le Accademie. Sorte come istituzioni al cui interno si accendevano dibattiti,
venivano elaborati programmi culturali e maturavano poetiche comuni. Presso di esse erano
ammessi anche studiosi che non avevano accesso agli ambienti esclusivi. Le Accademie, si
distinsero, rispetto alle corti, per un programma più vario dovuto alla presenza di diversi
esponenti intellettuali.

Le Accademie scientifiche italiane più famose all’epoca erano:


A Roma, l’Accademia dei Lincei, l’emblema dell’Accademia, evidenzia la necessità di una vista
acutissima per accostarsi allo studio dei fenomeni naturali. Ne fece parte anche Galilei.
A Firenze, l’Accademia del Cimento, il suo nome (“cimento” significa prova, verifica) intendeva
sottolineare il valore insostituibile dell’esperienza e della verifica nella ricerca scientifica.
A Napoli, l’Accademia degli Investiganti, che promosse un profondo rinnovamento culturale,
scientifico e filosofico.
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Le Accademie letterarie Durante il Seicento sorsero anche le accademie letterarie, alcune delle
quali impiegate nello sviluppo del teatro e nell’elaborazione delle norme grammaticali e lessicali
della lingua italiana.
A Venezia, l’Accademia degli Incogniti;
A Genova, l’Accademia degli Addormentati, a cui si deve l’organizzazione del carnevalare
cittadino;
A Firenze, l’Accademia della Crusca, che concretizzò il progetto di redigere un vocabolario
della lingua italiana;
A Napoli, l’Accademia degli Oziosi;
A Lecce, l’Accademia dei trasformati;
A Roma, l’Accademia dell’Arcadia.

La gura dell’intellettuale
L’intellettuale di corte Nell’età del Barocco non appare cambiato la condizione di dipendenza
dalla corte e dalla Chiesa di letterati, filosofi, uomini di scienza e artisti.
Il letterato assolveva l’incarico di segretario esperto di diplomazia e di pratiche amministrative,
in posizione di stretta dipendenza dal principe. Questo lo costringeva a comportamenti misurati e
“prudenti”, a fare uso attendo e studiato di parole e, spesso, a dissimulare il proprio pensiero. Di
conseguenza anche le opere assunsero una dimensione essenzialmente aristocratica.

L’arte della dissimulazione Nel mondo Laico delle corti rinascimentali la dissimulazione era stata
uno dei grandi temi della riflessione teorica sulla “ragion di Stato” ed era stata individuata da
Macchiavelli e Guicciardini come uno degli strumenti di governo. Torquato Accetto nel suo
trattato, legittimino la dissimulazione, affermando che essa non è menzogna, ma solo un “velo”
che non “forma il falso”, ma da “qualche riposo al vero”, per poterlo rivelare e dimostrare al
momento opportuno. In tal modo l’intellettuale poteva cercare di difendere i proprio valori anche
in un contesto di corruzione e violenza.

Il Barocco: periodizzazione e significato del termine


Dal Classicismo rinascimentale al Barocco Tra l’inizio del Cinquecento e i primi del Settecento si
succedettero tre fasi nell’arte e nella letteratura:
Nella prima metà del Cinquecento fiorì il Rinascimento;
Gli anni che vanno dal Concilio di Trento (1545-1563) agli inizi del Seicento furono caratterizzati
dal Manierismo che, propugnò da un lato l’adeguamento sempre più arti cioso ai canoni
classicisti, dall’altro l’abbandono dell’armonia e dell’equilibrio e la ricerca dell’eccesso e del
bizzarro;
Il periodo compreso tra i primi anni del Seicento e l’inizio del Settecento vide, il pieno
affermarsi del Barocco. Fondamento dell’esperienza barocca divennero un senso di precarietà
della condizione umana e una crisi di valori: subentrò un profondo senso di smarrimento
provocato dalla rottura dell’unità del mondo cristiano dopo l’avvento della Riforma protestante
e finì per prevalere un clima di incertezza.
La crisi che contraddistinse questo periodo va letta come la tensione verso una nuova civiltà. In
campo artistico-letterario, il rifiuto dei modelli classici, si tradusse nella ricerca di un’estetica
basata sulle innovazioni più impensate, stupefacenti, originali, sulla meraviglia e sullo stupore.

L’origine e il significato del termine “barocco” Alcuni studiosi, fanno derivare la parola “barocco”
dal termine portoghese barroco, il quale indica una perla irregolare. Così “barocco” in senso
culturale e artistico contraddistingue uno stile ampolloso e ridondante, irregolare.
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Altri studiosi, considerarono il termine “barocco” una derivazione da baroco, vocabolo utilizzato
per indicare un tipo di sillogismo, ragionamento complesso nella sua struttura e di contenuto
dimostrativo.

Tra edonismo e contro riforma Il principio edonistico, cioè l’intento di procurare piacere
attraverso il “meraviglioso”, era in contrasto con gli indirizzi controriformistici. Di fronte a questa
incompatibilità, i trattati barocchi assunsero atteggiamenti diversi: alcuni tentarono di conciliare
edonismo e impegno etico teorizzando la necessità di far emergere, per via simbolica, significati
morali da contesti banali e vuoti; altri attenuarono il concetto di “meraviglia” in un compromesso
fra compostezza classica ed esigenza di modernità.

Le poetiche barocche: acutezza, stupore e artificiosità


Lo stupore e la meraviglia La sensibilità barocca, impostata sullo sfondo delle crisi e dei
mutamenti che caratterizzarono questo periodo, trovò un analitica esposizione in importanti saggi
del tempo.
Le varie teorie sulla natura e sulla funzione della poesia, ebbero alcuni punti fondamentali in
comune, fra cui la concezione edonistica della letteratura: la poesia doveva suscitare diletto nel
lettore, stupirlo e incantarlo. La meraviglia, l’adozione di metafore, e l’ingegno, divennero gli
elementi fondamentali della poesia.

La prosa
La prosa scienti ca
In Italia la produzione in prosa dell’eta barocca conobbe diversi generi come la storiografia e la
trattatistica. Fu tuttavia in ambito scienti co che il trattato, con Galileo Galilei, seppe coniugare
la precisione formale con un rigoroso impianto argomentativo.
Per gli scienziati del Seicento la lingua moderna fu una precisa scelta, orientata a diffondere più
ampiamente le loro teorie e le loro scoperte. Il pregio essenziale degli scrittori è la meticolosa
esattezza delle descrizioni dei fenomeni, indagati con lo spirito analitico dello scienziato che
chiarisce a se stesso e vuol far capire a chi legge l’evolversi delle proprie indagini. La scienza uscì
dal chiuso delle biblioteche per diventare patrimonio di un pubblico più vasto.
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GALILEO GALIELI
LA VITA
I primi studi a Pisa e le ricerche all'università di Padova Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564.
Il padre lo avviò a un'educazione umanistica, ma egli manifestò presto la sua predilezione per le
discipline scientifiche. Nel 1589 fu lettore di matematica all'università di Pisa e nel 1592 passò
all'università di Padova in qualità di professore di matematica, fisica e astronomia. Il periodo
padovano, fu il più felice della sua vita, perché, protetto dall'autorità di Venezia, ebbe piena
libertà di studio, e potè conoscere illustri personaggi come lo scienziato, storico e teologo Paolo
Sarpi. Proprio a Padova, cominciò a interessarsi alla teoria copernicana e a elaborare una sua
nuova concezione della scienza, anche grazie all'utilizzo del cannocchiale, strumento per
l'osservazione astronomica, che Galilei costruì personalmente.

Il trasferimento a Firenze Fu grazie al cannocchiale che Galilei poté osservare la superficie della
Luna, e fare ulteriori scoperte astronomiche, come quella dei satelliti di Giove che lo portarono a
dimostrare scientificamente la teoria copernicana secondo cui la Luna ruota attorno alla Terra, ed
entrambe ruotano attorno al Sole. Queste scoperte vennero esposte nel Sidereus Nuncius (1610),
da lui dedicato ai Medici.
L'opera gli valse l'offerta di un incarico di prestigio da parte di Cosimo II de' Medici. Trasferitosi a
Firenze, egli poté dedicarsi con impegno ancora maggiore allo studio e alla formulazione di
nuove teorie sperimentali, contrastanti con quelle della tradizione aristotelica.

Le scoperte rivoluzionarie e l'ammonizione del Santo Uf zio Le teorie sull'universo, erano


davvero rivoluzionare, anche alla teologia cattolica. L'opera infatti fu oggetto di aspre critiche.
La controversia si acuì in seguito alla pubblicazione delle quattro Lettere copernicane in cui Galilei
si difendeva dalle accuse e affrontava la spinosa questione del rapporto tra scienza e fede e sfociò
nella denuncia dei domenicani al Sant’Uffizio. Nel 1616 un decreto ecclesiastico, invitava lo
scienziato ad abbandonare quell'erronea teoria e, a non insegnarla. Galilei, amareggiato, per
alcuni anni si astenne dal pubblicare. Solo nell'autunno del 1623, sollecitato dall'Accademia dei
Lincei, diede alle stampe un'opera polemica, Il Saggiatore; a essa fece seguito, nel 1632, il
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: tolemaico e copernicano, nel quale Galilei si
schierava a favore del sistema copernicano contro quello classico, aristotelico-tolemaico.

L'abiura e le ultime ricerche Non appena il Dialogo fu pubblicato, l'autore venne processato e
condannato. Galilei nel 1633 dovette presentarsi a Roma al tribunale dell'Inquisizione e il 22
giugno pronunciò l'abiura delle proprie tesi. La pena fu commutata in domicilio coatto nella
sua casa ad Arcetri.
Ad Arcetri diede una veste teorica definitiva ai suoi studi di quasi trent'anni prima.
Galilei mori nel 1642.
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LE OPERE
Le opere di argomento letterario Per un certo periodo Galilei mostrò una vera passione per lo
studio delle lettere. Negli anni in cui soggiornò a Pisa e poi a Padova, pubblicò studi critici sulle
opere di grandi letterati; di lui ci restano anche alcune annotazioni in margine ai testi dell'Orlando
furioso e della Gerusalemme liberata.

Il Sidereus Nuncius Lo studio dell'astronomia, in ogni caso, continuò a occupare sempre di più
il suo tempo e l'invenzione del cannocchiale lo condusse a importanti scoperte, presentate nel
Sidereus Nuncius ("Il messaggero delle stelle”), con il quale lo scienziato espone il risultato delle
sue ricerche: i quattro principali satelliti di Giove, la composizione della via Lattea, la superficie
della Luna.
Le novità galileiane oggetto dell'opera sono:
1. la nuova dimensione dell'universo, arricchita dall'aggiunta di un grande numero di stelle;
2. il superamento della distinzione tra corpi terrestri e corpi celesti;
3. la scoperta che la Galassia non «è nient'altro che una congerie di innumerevoli stelle»;
4. l'esistenza dei satelliti di Giove.
Per ottenere la massima diffusione all'interno della comunità scientifica, l'opera venne scritta in
latino, la lingua comune agli intellettuali europei.
Purtroppo la circolazione del testo fu limitata sia dal basso numero di copie stampate, sia dalle
dure reazioni del mondo ecclesiastico.

Le Lettere copernicane Quanto affermato da Galilei nel Sidereus Nuncius offriva materia
per uno scontro con la Chiesa, scontro che si inasprì quando, tra il 1613 e il 1615, scrisse quattro
lettere, in cui affrontava il problema dei rapporti tra scienza e fede. In esse Galilei ribadiva
l'autonomia della conoscenza scienti ca. In particolare nella lettera a Castelli, Galilei proponeva
una interpretazione storicista dei passi delle Sacre Scritture.

Il Saggiatore L'apparizione in Europa di tre comete suscitò un vivace dibattito sulla loro natura
e il loro moto, tanto che, Galilei pubblicò il Saggiatore, un'opera dedicata a papa Urbano VIlI, in
cui attaccava il gesuita Orazio Grassi il quale affermava che le comete erano corpi celesti con
moto circolare. La tesi di Galilei sulla natura delle comete, secondo la quale erano dovute
solamente a un fenomeno di rifrazione della luce, si dimostrò errata; ma ebbe tuttavia la funzione
di stimolare dubbi sulle conoscenze acquisite.

Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo La sua opera più importante in difesa del
copernicanesimo, fu il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: tolemaico e copernicano.
Nonostante la prudenza con la quale lo scienziato aveva cercato di esporre le proprie idee, la
Chiesa inserì il Dialogo nell'Indice dei libri proibiti.
Nel Dialogo Galilei immaginava un confronto, a Venezia, fra tre interlocutori: Filippo Salviati,
Giovan Francesco Sagredo e Simplicio, personaggio frutto dell'elaborazione letteraria dell'autore.
Il dialogo fra i tre personaggi dura quattro giornate durante le quali i primi due difendono il
sistema copernicano, mentre il terzo si batte in favore della tradizionale cosmologia aristotelico-
tolemaica.
Salviati, portavoce dell'autore, conduce il dialogo ed impersona lo scienziato misurato nel
parlare, cauto ma sicuro di sé. Sostenitore della teoria copernicana, è convinto dell'utilità di un
sereno confronto di idee e si dichiara pronto a riconoscere eventuali suoi errori, diffidente
com'è nei confronti di chi pretende di sapere tutto. «Tale presunzione», dice, «non può avere
principio da altro che dal non aver inteso nulla»;
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Simplicio rappresenta la tradizione. Quando Salviati e Sagredo, con ragionamenti incalzanti,
smontano le teorie fisiche del suo maestro, alle loro domande non sa rispondere che: «È vero
perché lo ha detto lui» (ipse dixit);
Sagredo, è un seguace della "nuova scienza”, fa da spalla a Salviati di cui condivide
argomentazioni e prove. Si prende facilmente gioco di Simplicio, arricchisce il dialogo di
numerose digressioni e, con buon senso, introduce alcune proposte metodologiche, come
quella di riformulare, all'inizio di una nuova riunione, gli argomenti trattati il giorno precedente
o quella di discutere a parte eventuali questioni insorte.

I Discorsi e dimostrazioni matematiche Poiché l'Inquisizione aveva proibito la stampa degli


scritti di Galilei, nel 1638 a Leida, in Olanda, furono editi i Discorsi e dimostrazioni matematiche
intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e ai movimenti locali. L'opera è considerata
dagli studiosi la più importante, dal punto di vista scienti co. Nei Discorsi lo scienziato
contrappone al cosmo aristotelico il vuoto immenso dello spazio infinito e ribadisce la necessità
metodologica di estendere i concetti matematici al campo dell'esperienza sica.

Il metodo galileiano: «sensate esperienze» e «necessarie dimostrazioni»


Leggi precise regolano la natura Galilei fu il fondatore del metodo scienti co il cui scopo era
quello di conoscere il modo di essere e le leggi che regolano il funzionamento dei principi e del
mondo. La natura, secondo Galilei, è soggetta a leggi precise che si possono ridurre a termini
matematici; pertanto l'intelletto umano, può giungere alla conoscenza di quelle leggi e
conquistare verità incontrastabili. La scienza è in grado, quindi, di decifrare «il libro della
natura».

Il metodo galileiano Le conoscenze umane non vanno desunte dalla tradizione, ma devono
nascere dall'esperienza diretta e dall'osservazione sperimentale del fenomeno. Al «mondo di
carta» dei filosofi aristotelici, Galilei oppone il «libro della natura», alla loro pretesa di possedere
la verità, egli oppone l'umiltà del ricercatore che scopre il vero attraverso l'indagine. Base di tale
metodo è l'osservazione sperimentale, dalla quale deriva la definizione dell'ipotesi. Tuttavia per
giungere alla formulazione di una legge scienti ca, bisogna tradurre l'esperimento in una
deduzione matematica, che va verificata. Tale metodo di ricerca nuovo, e lo sforzo di affrancare
la scienza dalla teologia costituiscono il fondamento della scienza moderna.

La nuova prosa scienti co-letteraria


L'importanza del volgare nelle opere di Galilei Le opere di Galilei si caratterizzano per la
chiarezza del ragionamento e per una prosa scienti ca lucida e rigorosa. L'originalità della
scrittura galileiana consiste nell'essere, oltre che in latino, anche in volgare. Galilei scrisse in
latino il Sidereus Nuncius, e la seconda parte, dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a
due nuove scienze, mentre per la prima parte, scelse il volgare. Tutte le opere di maggior
impegno, come Il Saggiatore, e il Dialogo sopra i due massimi sistemi, sono scritte in volgare.
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Un volgare "scienti co" Il pregio essenziale di Galilei è la meticolosa precisione delle descrizioni
di fenomeni. Attraverso i sensi, si veniva affermando la concezione empirica del sapere. La
scienza usciva così dal chiuso delle biblioteche per diventare patrimonio di un pubblico sempre
più vasto.
Il volgare "scientifico" di Galilei si basa sulle seguenti caratteristiche:
• L'uso di parole del linguaggio comune ma sottoposte a una rigorosa precisione semantica;
• La presenza di frasi idiomatiche e di espressioni colloquiali;
• Il ricorso alla metafora che facilita la comprensione dell'esposizione scientifica;
• L'impiego di una sintassi semplice e rigorosa;

L'uso della forma dialogica Mosso dall'esigenza di farsi capire e di divulgare il più possibile le
proprie idee e le scoperte, Galilei preferì, la scrittura dialogica: con l'effetto di un maggior
coinvolgimento del lettore.
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