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QUATTROCENTO - UMANESIMO

COS’E’: MOVIMENTO CHE PORTO’ A UN RINNOVAMENTO CULTURALE, ARTISTICO


E POLITICO DOPO L’EPOCA BUIA DEL MEDIOEVO.

DOVE: IN PARTE DELL’ITALIA, IN PARTICOLARE A FIRENZE PER POI DIFFONDERSI


IN EUROPA

FATTORI DELLA NASCITA: LE CITTA’ DELL’ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE


ERANO CARATTERIZZATE DA VITALITA’ ECONOMICA E CULTURALE, LA
PRESENZA DI NUMEROSE BIBLIOTECHE-MONASTERI E UNIVERSITA’ FORNIVANO I
TESTI ANTICHI, CI FU LA FORMAZIONE GIURIDICA DI MOLTI INTELLETTUALI.

Il panorama del 1400 rispetto al 1200-1300 cambia anche sul piano linguistico in cui tutto
si presenta come un inversione di tendenze. L’uso del latino è collegato alla cultura
classica in cui gli umanisti guardano per la prosa Cicerone, per la poesia Virgilio. Se nel
1200-1300 le “tre corone” – Dante, Petrarca, Boccaccio – avevano prediletto il volgare,
ora si predilige il latino come espressione delle tesi ideologiche dell’umanesimo.

PETRARCA FONDATORE: Questa nuova cultura prende il nome, appunto, di


umanesimo (humanae litterae), deriva dalla parola “humanista”, ovvero colui che si
occupa di discipline letterarie. Queste discipline erano viste come un ritorno
dell’antichità greco-romane. In questo periodo storico ci sarà un ritorno al passato con
l’acquisizione della cultura classica, pagana e cristiana. Si tratta di una rivoluzione già
messa a punto nel 1300 da Petrarca perché aveva l’esigenza di conoscere la storia, i testi
e gli autori, motivo per il quale collezionò codici, creò una biblioteca, studiò i testi
paragonandoli e confrontandoli tra loro restaurando fin dove possibile il testo originale:
questo lo distingueva dalla mentalità del Medioevo. Componente essenziale di questo
lavoro è l'attenta ricerca e trascrizione dei testi antichi, al fine di salvaguardarne l'integrità.
L’umanesimo petrarchesco non aveva il solo scopo di recuperare in modo fisico i classici
che giacevano dimenticati nelle biblioteche in tutta Europa, ma anche nella diffusione del
messaggio dell’antichità pagana che aveva esaltato l’uomo e la sua dignità. Tutto il suo
sistema culturale ruotava intorno alla centralità dell’uomo. Questo suo atteggiamento
portò alla svolta, da qui il nome di umanesimo – riscoperta dei testi antichi = NASCITA
DELLA FILOLOGIA (amore per la parola).

La letteratura 200/300esca era legata ai comuni, quella 400esca è legata alla signoria,
principali centri di irradiazione dell'umanesimo sono Firenze, il Veneto, Milano, Mantova,
Ferrara, Roma e Napoli. All’interno sono presenti delle corti (cuore dell’arte e della politica)
e con la diminuzione dell’universalismo della Chiesa, aumenta la corruzione.

FIRENZE: Cuore dell’umanesimo, in quegli anni conobbe l’opposizione di Gerolamo


Savonarola, appartenente all’ordine dei frati domenicani, profetizzando sciagure per la
città stessa e per l’Italia impugnando un modello teocratico, in cui politica e religione
coincidono. Fu scomunicato da papa Alessandro VI e poi impiccato e bruciato al rogo
perché eretico e perché “predicava cose nuove”. Nella seconda metà del ‘400 grande
importanza ha la corte di Lorenzo il Magnifico, la cui attività è caratterizzata dal
platonismo di Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. Molto sviluppata è anche la
produzione in volgare italiano.

VENETO, MILANO, MANTOVA E FERRARA: In Veneto rimane viva l'influenza di


Petrarca. L'umanesimo che si sviluppa si caratterizza per gli interessi filologici e antiquari.
In particolare, lo studio del greco è favorito dai rapporti con l'Oriente bizantino, mentre
Guarino Veronese e Vittorino da Feltre con le loro lezioni diffonderanno l'interesse per gli
aspetti pedagogici. A Venezia infine si segnala una grande fioritura artistica, ma anche
l'attività di Aldo Manuzio, la cui bottega di stampatore favorisce la diffusione dei classici in
edizioni curate filologicamente. L'umanesimo si diffuse anche a Milano sotto il patrocinio
dei Visconti prima e degli Sforza poi; questa era collegata con l’Università di Pavia dove
insegnò anche Lorenzo Valla. Verranno chiamati in questa città artisti come Leonardo da
Vinci. Leonardo da Vinci (1452), inventore, artista e scienziato italiano, è stato un uomo
di ingegno del ‘400. A Milano, stimolato dalla cerchia di letterati, artisti e scienziati, si
immerge con passione in molti studi. Gli anni successivi al soggiorno milanese, vedono gli
interessi di Leonardo espandersi sempre più in invenzioni, progetti, disegni, appunti e
annotazioni sui più svariati argomenti. Il maestro continua a dedicarsi alla pittura, egli
conserverà la più significativa opera pittorica, risultato di tutte le sue ricerche artistiche e
scientifiche: La Gioconda. Particolare sarà anche l'avvicinamento a Lorenzo il Magnifico e
alla sua cerchia, della quale faceva parte il suo maestro Verrocchio. Alcuni fogli dei Codici
vinciani mostrano studi per consulenze militari e ingegneristiche, richieste probabilmente
da Lorenzo. Nel 1479 Leonardo ritrasse il cadavere impiccato di uno dei responsabili
della congiura dei Pazzi, l'assassino di Giuliano de' Medici, confermando un legame con la
Casa Medici. Presso i Gonzaga, a Mantova, opera il già citato Vittorino da Feltre, che
apre una scuola, la Zoiosa e nella città soggiorna anche Poliziano, che per una festa
nuziale scrive la “Favola di Orfeo”. Ferrara è nel ‘400 il centro di un crocevia che unisce
varie città italiane ed europee. Il mecenatismo degli Este richiama nella città poeti da tutta
Italia, mentre l'università cittadina è luogo di studi scientifici, astrologici, medici e filosofici.
Presso la corte fiorisce inoltre la poesia cavalleresca, grazie alle opere di Matteo Maria
Boiardo e Ludovico Ariosto.

ROMA: Nella Roma papale vengono portati avanti studi filologici e archeologici.
L'Accademia romana di Pomponio Leto si dedica allo studio dell'antichità latina. Presso la
curia romana operava anche Poggio Bracciolini, molto legato alla cultura fiorentina, il cui
lavoro consente la riscoperta dei testi fondamentali della cultura latina, tra cui varie
orazioni di Cicerone.

NAPOLI ARAGONESE: il ‘400 napoletano coincide con la figura di Alfonso d’Aragona


che impiantò una corte di intellettuali. L’umanesimo aragonese è collegato all’energia del
re, perché seppe raccogliere una splendida biblioteca e promosse le traduzioni dei grandi
classici: tutto si consuma tra la corte e l’Accademia. Alfonso non promosse l’Università e
non si preoccupò di estende la cultura oltre il suo regno perché il suo spazio culturale
fruttò a priori. Tra i maggiori esponenti della Napoli Aragonese abbiamo:
 MASUCCIO SALERNITANO: noto per il “Novellino”, una raccolta di 50 novelle. Si
caratterizza per la presenza di temi drammatici, con toni cupi e crudeli; le sue
novelle si rifanno a Boccaccio.
 JACOPO SANNAZZARO: il suo lavoro fu rilevante non solo per quanto riguarda la
letteratura in volgare, ma anche per quella in latino. Entrato nell’Accademia
Pontaniana, fu nominato gentiluomo della corte aragonese. Seguì Federico III
d’Aragona nell’esilio francese fino alla sua morte (1501) e successivamente fece
ritorno a Napoli. Prima del suo ritorno la sua attività fu quasi tutta in volgare: i giochi
scenici, le farse e le rime sono momenti di alta espressività. Successivamente la
sua produzione cambia andando verso il latino. Il suo capolavoro è “Arcadia”, un
libro misto di prose e versi, un romanzo pastorale in prosimetro per un totale di 12
egloghe e 12 prose che si alternano.

GLI UMANISTI
L’umanesimo del primo ‘400 è definito CIVILE poiché si crede che l’eloquenza, l’oratoria
ecc debbano avere un’applicazione pratica e quindi si assume un atteggiamento
discriminante verso la scienza. Secondo gli umanisti, gli studi letterari non devono
arricchire spiritualmente il singolo ma devono formare il cittadino. La realizzazione
dell'uomo avviene infatti nella vita civile, rovesciando la scala di valori su cui si era basato
il Medioevo: mentre questi elogiavano la castità e la purezza, gli umanisti esaltano la vita
familiare e il matrimonio, visti come fondamento della società.

Gli umanisti sono effettivamente impegnati nella vita pubblica (ad esempio cancellieri di
Firenze), le figure a cui si fanno riferimento per questo primo periodo umanista latino
sono:

 COLUCCIO SALUTATI (1331-1406): difensore della cultura umanistica contro le


tesi contrarie del cardinale Giovanni Dominici, autore della “Lucula Noctis” in cui si
additava la cultura umanista come fonte di confusione. Coluccio Salutati diventa
notaio, successivamente trova impiego come Cancelliere, a partire dal 1375, del
comune di Firenze, sino alla sua morte, 1406. Per i posteri è Cancelliere fiorentino
per eccellenza: raccoglie l’eredità da Brunetto Latini (maestro di Alighieri) e apre
una prestigiosa catena di cancellieri umanisti. Due di questi, Leonardo Bruni e
Poggio Bracciolini, sono suoi diretti allievi. Hanno luogo in quegli anni il tumulto dei
Ciompi, lo scontro del potere temporale con la Chiesa, la lotta aspra, sebbene poi
vittoriosa, contro la signorìa di Milano. Salutati mette al servizio di Firenze tutta la
maestria della sua parola tanto che gli stessi nemici della città riconoscono alle
sue lettere una forza ben più temibile di quella delle armi. Altre opere sono,”De
fato, fortuna et casu”, sul tema della fortuna in cui elabora i concetti più cari alla
mentalità umanistica. “Invectiva”, sulla difesa alle accuse mosse dalla signorìa
milanese.

 LEONARDO BRUNI (1370-1444): a Firenze intraprese studi di retorica e diritto,


divenne in breve un raffinatissimo umanista e strinse amicizia con Poggio
Bracciolini, frequentando maestri come Coluccio Salutati. Dal 1405 intraprese la
carriera politica a Roma, al servizio di Innocenzo VII. Nel 1411 partecipò al Concilio
di Costanza al seguito dell’antipapa Giovanni XXIII e dal 1415 si stabilì
definitivamente a Firenze, ricoprendo la carica di Cancelliere della Repubblica
sino alla morte. Bruni fu uno dei più eccezionali scrittori in latino del suo tempo e si
impegnò anche per quanto riguarda le traduzioni in greco. Tra le sue opere
ricordiamo “Historiae fiorentini populi” in 12 libri, il cui metodo si basa sul
confronto dei documenti, allontanando ogni interpretazione storica. In volgare
scrisse “una Vita di Dante” e “una Vita di Petrarca” (entrambi 1434), alcune rime
e novelle. Morì a Firenze nel 1444; la commemorazione funebre fu affidata a
Giannozzo Manetti e il corpo fu sepolto in Santa Croce.
 POGGIO BRACCIOLINI (1370-1459): ricercatore e scopritore di opere classiche,
toccò vari temi e si cimentò in generi diversi: filologia, linguistica, storia, invettiva
ecc. Venuto giovanissimo a Firenze, studiò alla scuola da Crisolora; fu preso a ben
volere da Coluccio Salutati, Cancelliere della Signorìa, che lo adibì come copista e
lo segnalò alla curia di Roma, presso la quale il Bracciolini ebbe la nomina all’ufficio
di scrittore apostolico. In tale qualità prese parte ai lavori del Concilio di
Costanza e compì lunghi giri di visite ai più famosi conventi di Svizzera e Francia,
facendovi una serie di scoperte che racconterà nella lettera all’amico e umanista
Guarino Veronese. Nel 1418 passò in Inghilterra, dove prese ordini minori e nel
1453 è chiamato a Firenze all’ufficio di Cancelliere della Repubblica e di priore delle
Arti, in cui morirà qualche anno dopo. Opere: “De Varietate fortunae” (tema sulla
fortuna), “Historia Fiorentina” (avvenimenti dal 1350-1454), “Liber facetiarum”
richiamo a Cicerone.
 GUARINO VERONESE (1374-1460): fondatore della pedagogia umanistica,
indirizzato verso gli studi classici, si interessa al greco, ma siccome in Italia lo
studio di questa disciplina non era comune, dovette andare a Costantinopoli per
impararlo, dove incontrò il maestro Crisolora che gli permise di avere una
conoscenza tale da affermarsi autonomamente come maestro di greco a Venezia e
successivamente a Firenze, ma i contrasti con il potente Niccolò Niccoli lo spinsero
a tornare a Verona, in cui anche qui gli screzi con i veronesi lo portarono al
licenziamento. Niccolò d’Este, allora, lo chiamò come precettore privato per i suoi
figli. Il figlio Lionello erede al trono, una volta divenuto marchese, fece eleggere
Guarino per la cattedra di eloquenza, lettere latine e greche. Guarino, insieme a
Vittorino da Feltre, fu uno dei più grandi maestri dell’educazione umanista intento a
formare l’individuo attraverso gli studia humanitatis.
 LORENZO VALLA (1407-1457): filologo importante per l’umanesimo. Mostrò
subito il suo anticonformismo sostenendo che Quintiliano era da considerarsi
superiore rispetto a Cicerone. Si recò a Pavia per insegnarvi eloquenza e compose,
nel 1431, il trattato “De voluptate”; Nel 1433 dovette lasciare Pavia per aver
suscitato con un suo opuscolo le ire dei giuristi locali. Girovagando tra varie città,
trovò posto in curia e finalmente, nel 1435, fu accolto come segretario alla corte del
re Alfonso d’Aragona che conduceva una guerra per la conquista del regno di
Napoli. Sarà nel 1440 a scoprire della falsità della donazione di Costantino,
documento che avrebbe dovuto provare la legittimità del potere temporale dei papi,
ebbe importanti implicazioni politiche e religiose. Nel 1448 lasciò Napoli e si stabilì
a Roma, dove finalmente fu accolto come segretario apostolico nella curia pontificia
e insegnò eloquenza allo Studio. Morì a Roma nel 1457.
 MARSILIO FICINO (1433-1499): principale rappresentante del platonismo,
tradusse in latino i dialoghi di Platone e fondò l’Accademia platonica. Ficino
trasformò la sua villa in Accademia, luogo in cui incontrarsi con altri intellettuali per
discutere, seguire lezioni e recitare orazioni. La sua Accademia è stata modello per
tante altre nate successivamente. La sua opera più celebre è la “Theologia
platonica” in cui nell’opera, l’uomo, è il centro del cosmo, non perché è l’elemento
più importante, ma perché occupa uno spazio importante nella gerarchi ontologica,
ovvero il discorso sull’essere. Il cosmo di Ficino è ordinato gradualmente: Dio, gli
angeli, l’anima, le qualità e infine il corpo. Un’altra grande opera è “De vita”, un
opera di medicina: se nella “Theologia” si era occupato dell’anima umana, in
quest’ultima si occupa dell’anima del mondo.
 PICO DELLA MIRANDOLA (1463-1494): si occupa della dignità dell’uomo. Nella
sua opera “Oratio de hominis dignitate”, affronta il tema della centralità dell’uomo
nel mondo, della sua eccellenza e dignità, tenendo anche conto dell’insegnamento
ricevuto da Marsilio Ficino. Organizzò anche un convegno a Roma per discutere di
queste sue tesi, fu condannato dalla Chiesa ma stimato e appoggiato da Lorenzo il
Magnifico dal quale andò anche a vivere presso la sua corte.

IMITAZIONE: Gli umanisti sono grammatici e retori. Il culto del restauro e dell’antico del
latino classico dava vita al principio di imitazione. Petrarca, in una lettera a Boccaccio,
aveva esposto il problema dicendo che non si trattava di imitazione ma di
immedesimazione. L’imitazione poteva apparire negativa (attore che cambia identità:
histrio) e positiva (metafora dell’ape: succhiando il dolce da ogni fiore lo trasforma in
qualcosa di diverso). Ci si chiedeva però chi imitare: Agnolo Poliziano difendeva la libertà
di imitare più autori, mentre Paolo Cortesi consigliava di imitare un solo autore,
rispettivamente Cicerone per la prosa, Virgilio per la poesia.

EDUCAZIONE E CULTURA: Rispetto all’epoca precedente, l’umanesimo si distingue per


quanto riguarda l’educazione e la cultura, creando ambiti privati e scuole. I due principali
esponenti sono: Guarino Veronese, il quale aprì in casa propria a Ferrara la sua scuola,
con la convivenza di maestri e allievi, e Vittorino de Feltre, il quale voleva che la scuola
fosse aperta anche ai ragazzi di un altro ceto sociale. La sua scuola è la Zoiosa e
prevedeva un curriculum con corsi di grammatica, oratoria e matematica. Entrambi
avevano lo stesso principio educativo, ovvero quello di porre alla base dell’educazione
dell’individuo la poesia, la letteratura e la filosofia, discipline formative della personalità. Si
organizzavano in luoghi e modalità diversi, si formavano anche delle associazioni che
ruotavano intorno alla figura di chi dialogava di filosofia, teologia e letteratura. Questi
gruppi si presentavano come Accademie, dando vita a una nuova istituzione: ricordiamo
l’Accademia Platonica (Marsilio Ficino), l’Accademia Romana (Pomponio Leto),
l’Accademia Napoletana e quella Veneziana.

BIBLIOTECA: L’umanesimo cambia anche la Biblioteca. Al suo interno troviamo lo


scriptorium da cui escono i manoscritti. Il libro nel ‘400 è ancora un manoscritto prodotto
all’interno dei conventi e dei monasteri prendendo sempre più l’aspetto di un oggetto
d’arte, diventando raro e costoso. Sarà con l’invenzione e lo sviluppo della stampa che un
libro diventerà disponibile in grandi quantità a prezzo inferiore. L’invenzione dilagò, difatti,
in tutta Europa ma non fu accolta da tutti con lo stesso entusiasmo: Federico da
Montefeltro emanava un bando contro i libri stampati e ne vietò l’ingresso nella sua
biblioteca. I principi delle biblioteche umanistiche, secondo Petrarca, erano due: che
fossero pubbliche e che fossero fornite di centri di controllo dei testi. Per Petrarca i libri
dovevano essere messi a disposizione per gli studiosi. Diverso è il discorso per le
biblioteche signorili del nord che erano caratterizzate da libri illustrati andando incontro ai
costumi lussuosi delle corti del ‘400. Ci fu un’abbondanza di testi in francese di materia
cavalleresca: da qui nascono due capolavori cavallereschi – “Orlando Innamorato” di
Boiardo e “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto (quest’ultima nel ‘500).

L’umanesimo italiano policentrico: assunse volti diversi in varie città importanti d’Italia
(Ferrara, Mantova, Venezia…) fino ai centri più piccoli ma comunque dotati di cultura. La
cultura umanistica cura alcuni ceti e ne trascura altri perché tiene in considerazione l’alta
società. Il policentrismo è dinamico e culturale: i letterati viaggiano, i libri si scambiano e
troviamo la creazione di nuove biblioteche. Abbiamo un’apertura culturale e intellettuale
con lo scambio di dati, informazioni e pareri. Anche le corti comunicano tra loro e questo
ha permesso una produzione culturale comune in cui gli intellettuali si confrontano tra di
loro. Gli intellettuali, su richiesta dei Signori, popolano le corti (artisti, scrittori, politici,
pittori).

BILINGUISMO: La lingua latina, dopo il suo restauro, diventò sempre più una lingua
elitaria con la crescita della sua eleganza, ma non poteva essere utilizzata per un fine
pratico perché era ancora preferito il volgare. Il ‘400 era così dominato da un bilinguismo:
latino-volgare da cui non mancarono dispute. In questi dibattiti è notevole la figura di
Leon Battista Alberti, con il suo Certame Coronario, e Leonardo Bruni per promuovere
il volgare. Il volgare si utilizza comunque:

1. Nelle prediche:
- Girolamo Savonarola (1452-1498): Nel ’75 prese il suo abito
domenicano per poi avere il primo incarico a Firenze qualche anno dopo;
nell’84 ebbe la sua prima illuminazione divina e per questo impiccato e
arso al rogo a Firenze dove si era distinto come riformatore religioso,
politico e sociale. Il suo sacrificio non fu vano dal momento che il suo
pensiero di rinnovamento era condiviso da molte persone.
- San Bernardino da Siena
2. Nelle laude
3. Nelle sacre rappresentazioni
4. Nelle novelle. Autori di novelle, quindi di questa narrativa, sono:
- Poggio Bracciolini - “Liber facetiarum”, una raccolta di aneddoti e brevi
narrazioni scherzose che riproponevano in latino il modello volgare della novella
che si conclude con un motto di spirito.
- Giovanni Sercambi - 155 novelle su modello di Boccaccio
- Gentile Sermini - “Le novelle”, 40 novelle
- Giovanni Sabatino degli Arienti - “Le porretane”, 61 novelle
- Antonio Manetti - attribuzione dell’ultima edizione della novella del grasso
legnaio
- Arlotto Mainardi - “Le facetie del Piovano Arlotto”, pubblicate da uno
sconosciuto dopo la sua morte con il nome di Arlotto.

Troveremo anche la poesia giocosa, la quale affrontava temi e situazioni di vita


quotidiana, sottolineando gli aspetti più bassi, materiali e volgari. Fa parte del primo ‘400
Domenico di Giovanni e nel secondo ‘400 Antonio Cammelli, il quale fa satira sulla
discesa di Carlo VIII in Italia.
Con la fine della repubblica e l'instaurazione della signoria di Cosimo de' Medici nel 1435,
muta anche il quadro in cui operano gli intellettuali. Dall'umanesimo "civile", sorto in un
clima in cui la classe dirigente cittadina era economicamente autonoma, si passa
all'umanesimo "cortigiano", che avrà la sua massima espressione nella corte di Lorenzo il
Magnifico.

La seconda fase dell’umanesimo fiorentino, e quindi LAURENZIANO, è introdotta da


Cristoforo Landino che lascia il posto a un impegno letterario e filologico. Fu maestro di
Lorenzo e fu proprio Lorenzo stesso, nella “brigata laurenziana” (intellettuali che si
riunivano attorno a lui), a indirizzare questa seconda fase verso una cultura filologica e
storica. Fecero parte di questo gruppo Luigi Pulci, Pico della Mirandola e Angelo Poliziano.
In un primo momento l’attività di Lorenzo si caratterizzò per il gusto popolareggiante
(“Morgante” di Pulci), nella seconda fase si interesserà al ritorno di Platone nella cultura
occidentale. Fu con Lorenzo che si ebbe un ritorno all’Accademia platonica grazie a
personaggi come P. Della Mirandola e Marsilio Ficino.

Durante il Medioevo il filosofo antico per eccellenza era Aristotele, nell’umanesimo è


Platone. La riscoperta Neoplatonica fornì una rinascita che ebbe modo di fornire la sua
versione di platonismo a Firenze; Ficino concepì il platonismo come una preparazione alla
fede, intitolando la sua opera più celebre “Theologia platonica”, mentre Pico della
Mirandola tentò di unire il neoplatonismo con l’aristotelismo e nella sua opera attribuisce
all’uomo la dignità di essere l’artefice del proprio destino.

All’umanesimo Civile e Laurenziano si affianca la cultura popolareggiante. Questa si


presenta in volgare prettamente fiorentino: niente greco e latino, nessuna raffinatezza. I
suoi generi sono umili e legati a preghiere e sacre rappresentazioni. Non si tratta di una
letteratura di “seconda scelta”, anzi, da qui nasceranno molti capolavori letterari come il
“Morgante” di Luigi Pulci o “Nencia da Barberino” di Lorenzo de’ Medici.

La lingua nazionale letteraria viene ad identificarsi con il fiorentino; la lingua nazionale


d’uso comune non esiste ancora perché sono ancora molto presenti i dialetti e convivono,
da qui, due tendenze parallele: la cultura umanista e la cultura popolare. Se nel primo ‘400
la lingua utilizzata per la letteratura era il latino, nel secondo ‘400 la situazione cambia
perché è il volgare a predominare la scena: questa inversione è frutto degli stessi
“umanisti”. Il volgare, per loro, come nel caso del latino, deve essere puro, perfetto e
limato; deve essere un volgare che deve avere molto poco del popolare.

Il pubblico di riferimento non cambia, infatti gli umanisti continuano a rivolgersi ad un


pubblico alto. Una data di inizio a questa inversione è da collocale al 1441. Tra le figure di
spicco per quanto riguarda la poesia in volgare, ricordiamo:

 LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472): è stato scrittore, musicista e teorico,


anche se più vicino agli umanisti del primo ‘400, propone il Certame Coronario,
una gara di poesia in volgare sul tema dell’amicizia per incoraggiare l’uso del
volgare. Nella sua opera “Grammatichetta” in lingua toscana, vuole dimostrare che
anche il volgare ha una sua struttura grammaticale ordinata e continuò a
promuovere il volgare con il Certame Coronario, una gara poetica che i giudici
fecero fallire intenzionalmente perché il volgare non poteva gareggiare con il latino.
Ricordiamo un trattato sulla famiglia di 4 libri, “De familia”, in cui esprime la
mentalità borghese d’epoca. Vengono espressi valori come la MASSERIZIA (valore
economico borghese sulla buona amministrazione), contro la LIBERTALITA’
(valore feudale sulla prodigalità) e si parla anche di VIRTU’ E FORTUNA, in cui
afferma che per contrastare i casi avversi alla fortuna bisogna essere saggi e
pacati.
 LORENZO DE MEDICI (1449-1492): scrive solo ed esclusivamente in volgare. Era
definito “l’ago della bilancia”. La sua morte ha avuto conseguenze sul futuro
dell’Italia, a partire dall’invasione di Carlo VIII (1494). I grandi storici del ‘500
ricordano la data della sua morte come l’inizio della fine e gli riconoscono volti di
grandi strategie politiche. Lorenzo il Magnifico era un umanista, formato nelle
scuole di Landino, Ficino e Argiropulo. Conosceva tutta la letteratura classica, i
classici moderni e la tradizione volgare; le sue rime delineano un Iter evolutivo, che
va da Petrarca allo stilnovismo platonico. Un altro genere con il quale si cimenta
Lorenzo e molto in voga in questo periodo è il tema pastorale, scrivendo così “Il
Corinto”, un poema che si rifà ai modelli antichi – Corinto è un pastore innamorato
di Galatea, ma è un amore non corrisposto perché lei è una sacerdotessa. Scriverà
anche “La Nencia da Barberino”, un poema musicale in cui parla di un contadino
che canta le odi di una pastorella Nencia. Insieme al tema della campagna
idealizzata e idillica si unisce il tema tipico del ‘400 con i canti carnascialeschi,
troviamo “Il trionfo di Bacco” e “Arianna”
 ANGELO POLIZIANO (1454-1494): lavora alla corte di Lorenzo, il quale piaceva
circondarsi di grandi artisti. Alla sua produzione poetica affianca il lavoro da filologo
condensando i suoi studi nello scritto “Miscellanea” a cui vanno aggiunti altri scritti
in greco e in latino. In Poliziano convergono le due grandi eredità: l’eredità
classico/moderna e quella popolare, che convergono nell’opera del poeta. E’ il
poeta che scriveva in volgare più importante del secondo ‘400. Per quanto riguarda
le sue opere in volgare, ricordiamo “Le stanze per la giostra”, poemetto in ottave
dedicato a Giuliano de’ Medici vittorioso in una giostra d’armi; il tema tratta la
bellezza e la giovinezza in un mondo ideale fuori dallo spazio e dal tempo storico,
dominato però da una situazione di precarietà per lo scorrere del tempo. Al periodo
giovanile appartengono le “Canzoni da ballo”.
 LUIGI PULCI (1432-1484): opera alla corte laurenziana. Rispetto a Poliziano ha 20
anni di più, motivo per il quale si trova da più tempo alla corte. L’opera più
importante di Pulci è il “Morgante”, un poema cavalleresco scritto in ottave. La
tradizione a cui si rifà Pulci è quella dei cantari (componimenti scritti da canterini o
giullari, pensati per la recitazione in piazza); la materia dei cantari è quella di
Francia, divisa in:
- Ciclo bretone: vicende di Re Artù e dei suoi cavalieri – filone romanzesco
con temi sull’amore, l’avventura e il viaggio
- Ciclo carolingio: Chanson de Gesta, Orlando e Carlo Magno – filone epico
con temi sulla guerra, l’eroismo e la fedeltà.
I due cicli sono paralleli ma nascono in due contesti diversi: i cantari attingono alla
materia di Francia, quindi il primo a unificare i due filoni non è “Orlando Innamorato”
di Boiardo perché i cantari compivano già quest’azione. La lingua è vivace come
quella dei cantari, ma decisamente più colta nonostante la presenza di vari dialetti
ed è contaminata da vari latinismi, gerghi scientifici e filosofici. Di Pulci possiamo
ricordare l’estro poetico, scrittore con un taglio comico e realistico.
 MATTEO MARIA BOIARDO (1441-1494): fece parte della corte Estense, a
Ferrara, in cui c’è una vita culturale vivace; i signori sono i promotori di questa
produzione culturale interessati a far elevare il ferrarese come lingua e sono
altrettanto interessati alla letteratura cavalleresca. Boiardo guarderà sicuramente
alla tradizione toscana ma anche alla cultura locale (dialetto ferrarese) – quando nel
1500 si identificherà la lingua letteraria nazionale con il fiorentino, il ferrarese di
Boiardo verrà penalizzato – La lingua in cui scrive è il volgare ma intitola in latino il
suo canzoniere, “Amorum Libri”, cui si rifà a Petrarca; notiamo in lui un forte
sentimento per la natura e per le gioie della vita (amore, gioventù).
 “ORLANDO INNAMORATO”: è un poema cavalleresco che tratta
della materia di Francia. L’opera prevedeva 3 libri, di cui uno è
incompiuto; Ariosto infatti proseguirà da dove Boiardo aveva
interrotto. Nel proemio celebra la novità della materia e incolpa
Turpino (arcivescovo di Remis), autore di una storia di Carlo Magno,
di non averla resa nota per la paura che avrebbe potuto dispiacere
Orlando (finzione letteraria). La letteratura è sempre quella
d’evasione, i destinatari che stanno alla corte si lasciano intrattenere
identificandosi con i valori trattati. Come la prodezza è il valore
specifico di Orlando, non è dunque solo un uomo forte che sa
affrontare le avversità, ma anche un uomo elegante e colto con cui i
cortigiani si identificavano. Il tema centrale è l’amore a cui ruotano
attorno tutti gli altri temi: magia, eroismo ecc

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