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Arte italiana e arte antica

di Nicole Dacos

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:

in Storia dellarte italiana, I. Materiali e problemi, 3. Lesperienza dellantico, dellEuropa, della religiosit, a cura di Giovanni Previtali, Einaudi, Torino 1979

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Indice

1. Affinit fondamentali fra cultura antica e cultura italiana 2. Azione degli umanisti e relazioni con gli artisti. Iconologia e conoscenza 3. La moda antichizzante attorno al 1400. Il Ghiberti 4. Valore progressista del ritorno allantico di Brunelleschi e Donatello 5. Il caso di Leon Battista Alberti 6. Ellenismo privo di archeologia di Masaccio e di Piero della Francesca 7. I quaderni di modelli e la teoria della disgiunzione di Panofsky 8. Altri centri di cultura

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1. Affinit fondamentali fra cultura antica e cultura italiana. Il rapporto privilegiato che, nel corso di tutta la sua storia, unisce larte italiana a quella dellantichit non si manifesta fin dal suo nascere, nel momento in cui, per riprendere lespressione del Cennini, Giotto cambi larte del dipingere dal greco in latino. Nella grande rivoluzione realizzata da Giotto il rapporto con larte antica del tutto secondario, se non addirittura inesistente a parte alcuni motivi decorativi, la cui conoscenza indiscutibile, ma il cui rilievo sul piano stilistico resta trascurabile. Nel suo deciso rifiuto della cultura dellImpero dOriente e quindi dellarte bizantina, lartista si sforza di creare una lingua nuova, nutrita delle tradizioni locali e le cui basi sono completamente diverse: alla visione religiosa e irrazionale viene sostituita una visione naturalistica e razionale centrata sul ruolo predominante delluomo. In questa ottica, il problema essenziale da affrontare quello dellunificazione dello spazio, che Giotto si sforza di rappresentare in tre dimensioni grazie alla scoperta delle leggi della prospettiva. Questo passo, fondamentale per larte occidentale, al quale il Vasari aveva gi alluso quando affermava che Giotto scoperse qualcosa dello sfuggire e scortare le

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figure, non viene compiuto immediatamente. Il maestro per ne pone le basi e specialmente nella Cappella degli Scrovegni, in alcune parti marginali, arriva anche a risultati estremamente avanzati. soprattutto il caso delle famose nicchie rappresentate in una prospettiva perfetta, la cui complessit viene sottolineata dalla rappresentazione di quelle spirali di ferro sospese alla chiave di volta che Longhi nel suo Giotto spazioso ha paragonato a scatole mimetiche1. Nel processo di liberazione definitiva dalle premesse teocratiche e liturgiche che caratterizzano larte bizantina, il maestro ha quindi creato un idioma nazionale che si pu paragonare alla creazione della lingua italiana. I due fenomeni, artistico e linguistico, sono quasi contemporanei e rientrano in una stessa cultura che basata essenzialmente sullo sfruttamento e sullo sviluppo delle tradizioni autoctone e resta fondamentalmente estranea allantichit. Tuttavia nella stessa epoca, nel primo terzo del XIV secolo, molte opere antiche erano sfruttate, non per in pittura. Furono gli scultori dapprima e in seguito gli architetti a guardare i frammenti antichi e a ricordarsene nelle loro opere probabilmente per le affinit sentite per quel che i loro lontani antenati avevano lasciato e che trovavano in gran numero soprattutto a Roma ma anche in altre regioni dItalia. Ma questo rapporto stretto, di carattere quasi tecnico o materiale, non significava necessariamente una vera e propria corrente culturale. Si trattava piuttosto di affinit che gli artisti provavano spontaneamente per le vestigia archeologiche che erano loro familiari, che li circondavano e di cui intravedevano confusamente le qualit. In scultura il rapporto si era precisato con Nicola Pisano che aveva portato in Toscana la cultura antica elaborata da Federico II per fini ben diversi, essenzialmente politici. Gi in quel caso si trattava di una volont

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ben definita di far rivivere le potenzialit dellarte antica, per rafforzare tutte le analogie del nuovo Stato con lImpero romano. Il pulpito del Battistero di Pisa, ultimato verso il 1260, testimonia un modo nuovo di guardare ai sarcofagi romani e il tentativo di rendere, grazie al loro studio che risulta evidente quasi in ogni figura, il volume del corpo umano. La maestosa e robusta Vergine seduta ispirata a una Fedra, cos come lallegoria del Coraggio ripresa da un Ercole. Pur nella trasformazione che fa subire a tali modelli, lartista non riesce tuttavia a liberarsi definitivamente della sua visione gotica e quindi non domina completamente la potenza espressiva del volume. Tra gli artisti della generazione successiva Giovanni Pisano abbandona la strada tentata dal padre e si lascia ben presto riassorbire dalla cultura gotica, mentre a seguire la via del classicismo rimane Arnolfo di Cambio. Nelle sue opere spesso difficile individuare, cos chiaramente come in Nicola Pisano, lorigine antica dei modelli e ci bench alcune figure, come la Vergine della Nativit, del Museo dellOpera del Duomo di Firenze, siano ispirate direttamente alle figure giacenti delle tombe etrusche. Lartista ha studiato con ogni evidenza i sarcofagi e i rilievi e ne ha assimilato il plasticismo e la forza, lungo la strada aperta dal suo maestro.

2. Azione degli umanisti e relazioni con gli artisti. Iconologia e conoscenza. noto che il concetto di ritorno allantico stato teorizzato non dagli artisti ma dagli umanisti. Esso risale essenzialmente a Petrarca che, dopo la sua prima visita a Roma nel 1337, elabor una nuova visione della storia: in essa lantichit classica viene concepita come unepoca di splendore alla quale fa seguito, a partire

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dalla conversione di Costantino, una lunga decadenza. Tuttavia la visione di Petrarca non orientata verso la contemplazione estetica delle vestigia antiche, Lantiche mura, chancor teme ed ama | E trema l mondo quando si rimembra | Del tempo andato...2 giacch si tratta di una cultura che non porta a guardare i monumenti o le sculture in se stessi, ma solamente a considerarli come punti di partenza contingenti per la conoscenza letteraria del passato e delle sue implicazioni archeologiche, politiche o morali, nostalgicamente rievocate. Lidea del ritorno intenzionale alle fonti antiche si precisa in Boccaccio e si sviluppa negli ambienti umanistici ma non giunge ancora a influenzare gli artisti. Letterati e artisti appartenevano a due ceti sociali diversi che avevano pochi contatti tra loro e le cui concezioni non avevano molto in comune. Una vera e propria passione per larte antica, insieme alla volont deliberata di considerarla come modello, si accender solamente allinizio del XV secolo, quando i letterati trasmetteranno lamore per lantico agli artisti e costoro potranno ormai rivederlo alla luce del loro gusto personale, considerando finalmente figure, decorazioni floreali e architetture in quanto tali e non limitandosi pi a guardarle come semplici documenti. Questi due modi di intendere lantico, di cui deve essere particolarmente sottolineato il contrasto, bench siano stati spesso confusi, continueranno daltra parte a esistere fino ai giorni nostri, per arrivare a tradursi in due orientamenti metodologici fondamentali della critica storico-artistica, tuttora ben distinguibili, nonostante tutti i rapporti interdisciplinari opportunamente stabilitisi tra loro: lorientamento delliconografo e quello del conoscitore. Il primo ancor oggi fortemente legato a una visione e a una cultura letteraria e in esso le opere antiche sono considerate come documenti ed evo-

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cazioni culturali; il secondo, invece, aderente allo specifico campo artistico, che guarda alle opere e le valuta in funzione delle loro linee, forme e colori, insomma della mano di colui che le ha concepite ed eseguite. Unimportante corrente degli studi del XX secolo sui rapporti dellarte italiana con larte antica, sviluppatasi dapprima in Germania, soprattutto in seno alla biblioteca Warburg ad Amburgo, poi, quando questultima stata trasferita a Londra e ha costituito uno dei pi brillanti istituti di quella universit, in Inghilterra, e anche negli Stati Uniti, ha insistito soprattutto per il periodo del Rinascimento sul contenuto letterario ed erudito dellarte italiana, derivato da testi antichi, studiando i rapporti che gli artisti mantenevano con gli umanisti. Si tratta di studiosi, con una formazione dovuta a una conoscenza molto approfondita della filologia classica, di impronta tedesca, indispensabile alla loro ricerca e che hanno spesso fatto passare in secondo piano i problemi della forma e, talvolta, le affinit che larte italiana presenta con larte antica dal punto di vista strettamente stilistico. Cos, un eminente studioso quale Panofsky ha trascurato di distinguere nettamente i due orientamenti critici e, in questo modo, si potuto ingannare nella sua interpretazione. Si pu indicare come particolarmente significativo il caso della famosa lettera scritta da Giovanni Dondi, il medico padovano amico di Petrarca, sulla sua visita a Roma nel 1375:
Delle opere darte create dai grandi uomini dellAntichit, sono rare quelle che sono state conservate; tuttavia quelle che esistono ancora in qualche luogo sono ricercate e considerate avidamente ab iis qui ea in re sentiunt e valgono molto. E se le si paragona a quelle che si creano oggi, appare evidente che i loro autori erano pi dotati per natura e meglio preparati nellapplicazione della loro arte. Quando si osservano con attenzione i monumenti antichi,

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le statue, i rilievi e altre vestigia, gli artisti doggi sono pieni di ammirazione. Ho conosciuto uno scultore di marmo celebre nel suo campo tra quelli che allora vantava lItalia, soprattutto per quanto riguarda le figure; spesso lho sentito parlare di statue e di sculture che aveva visto a Roma con tanta ammirazione e venerazione che soltanto a nominarle sembrava in qualche modo fuori di s per lo stupore. Si raccontava che un giorno in cui stava passeggiando con cinque amici in un luogo dove si potevano vedere tali sculture, preso dalla loro bellezza, rest indietro a guardarle, dimentico dei suoi compagni; e tutto questo dur cos tanto che costoro avevano gi fatto pi di cinquecento passi; e mentre discuteva a lungo delleccellenza di queste figure, ne lodava gli autori e apprezzava oltre modo le loro qualit, aveva labitudine di concludere, per riprendere i suoi stessi termini, che se tali sculture non fossero state sprovviste del soffio vitale, sarebbero state superiori agli esseri viventi, volendo con ci dire che il genio di artisti cos grandi non solo aveva imitato la natura, ma laveva addirittura superata3.

Nel suo commento alla lettera, Panofsky sottolinea giustamente limportanza del testo, uno dei primi del Rinascimento a rispecchiare lentusiasmo per la cultura romana. Tuttavia egli non ha forse afferrato in modo chiaro come ha fatto Krautheimer, che alla lettera ha dedicato un commento estremamente sottile che linterpretazione della scultura, considerata questa volta per le sue qualit estetiche, non pi dovuta allumanista, ma allartista stesso. Quando Dondi precisa che questo interesse era condiviso ab iis qui ea in re sentiunt, non fa riferimento a persone sensibili, come crede Panofsky, ma molto semplicemente, come ha inteso Krautheimer, a coloro che se ne intendono, ai competenti, vale a dire, per riprendere il termine, generalizzato dagli storici darte, ai conoscitori. Il termine

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stesso di conoscitore o di conoscente era daltronde in uso da molto tempo. Lo si trova alla fine del XIII secolo in Ristoro dArezzo, che, a proposito dei vasi di terracotta sigillata che si reperivano allora in gran numero nella regione, aggiunge:
...che li conoscitori, quando le vedeano, per lo grandissimo diletto raitieno e vociferavano de se, e deventavano ad alto e uscieno de se, e deventavano quasi stupidi; e li non conoscenti la voleano spezzare e gettare. Quando alcuno de questi pecci venia a mano a scolpitori, o a desegnatori, o ad altri conoscenti, tenelli en modo de cose santuarie, maravigliandosi che lumana natura potesse montare tanto alto4.

Anche nel testo di Dondi appare chiaramente il contrasto tra le persone colte ma non competenti i cinque amici che non si fermano per strada e il conoscitore rappresentato dallo scultore il quale, alla fine del brano richiamato, spiega con molta lucidit come la superiorit della scultura antica consista nel suo naturalismo. Proprio in questa direzione larte italiana, fino al XIX secolo, trover la propria espressione. Quella intuizione corrisponde infatti alla rivoluzione gi operata da Giotto: gli artisti pi moderni prendono coscienza del fatto che lobiettivo naturalistico che si sono fissati gi stato realizzato a suo tempo. Il cammino che essi devono compiere in tal modo facilitato dalla possibilit ch loro data di riferirsi ai modelli antichi. Eppure questo processo non trova eco immediata. In pittura, le conquiste realizzate da Giotto tendono a perdersi presso i suoi seguaci, che non ne afferrano la portata. Le tre generazioni di giotteschi che si succedono durante il XIV secolo, dimenticano a poco a poco il sistema prospettico messo a punto dal maestro e si lasciano dominare dalla cultura gotica. Inoltre, in con-

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seguenza della morte nera del 1348, Firenze e Siena conoscono unondata di penitenza e dascetismo che non favorisce certamente linteresse per i resti del mondo pagano. Alla fine del XIV secolo, uno degli umanisti che ha svolto un ruolo determinante per la trasmissione della cultura antica il celebre Niccol Niccoli, ricco mercante fiorentino e grande collezionista di manoscritti. Secondo Vespasiano da Bisticci, si trattava del maggior specialista di letteratura greca e latina, superiore persino a Dante, Petrarca e Boccaccio. Molto tagliente nei confronti del prossimo come daltronde lo era nei riguardi di se stesso , si era creato molti nemici che gli rimproveravano la miopia della sua interpretazione grammaticale dellumanesimo. Cos, a proposito di un trattato di ortografia che lumanista avrebbe scritto a uso dei giovani ma la cui attribuzione tuttavia a volte contestata Guarino lo critica in questi termini:
ci mostra che lautore che un bambino e che non ha vergogna, a dispetto di ogni regola, di pronunciare sillabe che sono naturalmente contratte da dittonghi [...]. Questo uomo dai capelli bianchi non si vergogna di addurre la testimonianza di monete di bronzo e dargento, di marmi e di manoscritti greci in casi in cui la parola non pone alcun problema [...]. Ci dica questo Solone, se ne capace, quale autore della sua epoca egli non trovi in errore5.

Oggi che si discute della necessit di conoscere le lingue classiche, si bandisce ogni purismo dalla lingua ufficiale e vengono rivalutati le minoranze etniche e gli stessi dialetti, il testo appare di una stupefacente attualit e sottolinea bene in quale misura si stati tributari, fino a oggi, delle concezioni fissate agli inizi del Rinascimento da un manipolo di uomini colti. Dal punto di vista dei rapporti con gli artisti, Niccol

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Niccoli non mostra tuttavia soltanto questo volto reazionario e leggermente presuntuoso. In confronto a certi suoi contemporanei come Leonardo Bruni che guardava ancora allartista dallalto in basso, come a un semplice artigiano la sua visione certamente pi aperta. A Firenze, come nel Veneto, ci si cominciava a interessare degli oggetti antichi. Gi verso il 1398 a Padova la casa dei Carrara era decorata con medaglioni che imitavano le monete imperiali romane, collezionate con interesse, e a Firenze gli umanisti pi avanzati, ancor pi dei principi, davano vita a importanti collezioni, documenti preziosi per arricchire le loro conoscenze. Accanto ai manoscritti, Niccol Niccoli raccoglieva pezzi che si faceva portare dallItalia e anche dal Vicino Oriente, cos come ci racconta Traversari6. Un po pi tardi un ulteriore passo avanti compiuto da Poggio Bracciolini. La sua visione delle rovine di Roma, maturata durante la visita fatta nel 1429, si colloca nello stesso ordine didee di quella del Petrarca, evocazione letteraria e lirica della grandezza passata. Ma per le sculture che raccoglie, egli lascia trasparire un interesse pi personale, un entusiasmo pi spontaneo, indipendente dal contesto culturale, come si nota a pi riprese in vari passi della sua corrispondenza. Cos in particolare, dopo aver descritto tre teste di marmo che un amico stava per mandargli da Chio, scrivendo da Roma egli aggiunge: anche qui, ho qualcosa da spedire a casa. Donatello lha visto e ne ha detto un gran bene7. Si ormai lontani dal tempo in cui Giovanni Dondi si stupiva dellinteresse di uno scultore per unopera di et romana. Poggio osa appoggiarsi allautorit di uno scultore nel manifestare il suo apprezzamento per un antico. Tra i maggiori umanisti e artisti comincia ad aver luogo uno scambio di idee e si opera progressivamente un riavvicinamento.

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3. La moda antichizzante attorno al 1400. Il Ghiberti. Durante lultima decade del XV secolo, si sviluppa negli ambienti degli scultori pi moderni il gusto dei modelli antichi, cos come testimoniano tra gli altri gli architravi della Porta della Mandorla, decorata con stile quasi archeologico8. Questo gusto esplode in seguito nel 1401, nei due pannelli conservati del concorso per la Porta Nord del Battistero. In quello di Brunelleschi, Isacco deriva da una figura di prigioniero simile a quelli dellArco di Costantino, uno dei due servi tratto da un Cavaspino e laltro probabilmente dalla figura di un rilievo raffigurante un sacrificio. Nel pannello di Ghiberti, le fonti sono altrettanto numerose, bench si prestino meno facilmente a unidentificazione precisa. Tuttavia, sia nellatteggiamento, simile a quello di uno dei figli di Niobe, sia nella potenza espressiva, che ricorda la scultura greca del IV secolo, Isacco rivela lo studio dei modelli antichi. La testa di Abramo, inoltre, ricorda quella di un Giove, mentre, per quanto riguarda i due servi, essi sono presi direttamente dal gruppo di Pelope e del suo compagno su un sarcofago che illustra il mito delleroe. Linterpretazione di queste fonti diversissima, quasi opposta, nei due artisti: il primo si esprime in termini violenti e naturalistici, mentre il secondo elabora uno stile fluido, che rifiuta la rudezza artigianale dei sarcofagi romani per ritrovare idealmente i ritmi melodiosi dellarte ellenistica, ritmi che nel suo stile si fondono felicemente con le radici gotiche della sua formazione. In tutti e due, il repertorio archeologico messo in opera talmente ricco che ci si arriva a chiedere se i committenti non avessero posto come condizione precisa luso dei motivi allantica. Daltronde nel corpus dellopera di Ghiberti, il pannello del sacrificio di Isacco raggiunge un grado di cultura allantica molto pi accentuato delle opere succes-

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sive, e in particolar modo dei Primi rilievi della Porta Nord. Questo filone nella sua arte si espande solamente pi tardi, per raggiungere il suo acme con la Porta del Paradiso dove lartista oltrepassa una soglia decisiva per la cultura rinascimentale. Allargando il suo campo di ricerca alle zone di Pisa e di Roma, egli acquisisce una conoscenza approfondita dei grandi rilievi storici e soprattutto dei sarcofagi romani, ma supera sempre il livello artigianale di questi prototipi per ricreare un ideale completamente nuovo, la cui influenza sullarte italiana sar enorme: con i suoi toni classicheggianti, evoca larte ellenistica greca che Ghiberti non ha potuto conoscere, ma che rester fino al XIX secolo laspetto dellarte antica prediletto dagli italiani. Basato su un repertorio archeologico estremamente ampio che si pu ricostruire in buona parte grazie soprattutto ad alcuni particolari della Porta del Paradiso, egli non si limita mai a una rigida elencazione di fonti. Nella scena di Adamo ed Eva cacciati dal paradiso, la figura femminile, di una grazia ineguagliata, tradisce il ricordo di una Venere pudica, e a un tempo, quello di una agitata menade tratta da un sarcofago dionisiaco. Con unelasticit mentale sorprendente, Ghiberti unisce fonti diverse, che riprende con maggiore o minore fedelt, le combina per creare delle varianti, senza che si possa mai stabilire lesatta linea di demarcazione tra imitazione e invenzione allantica. Altre opere create negli stessi anni sono daltra parte testimonianza della stessa moda e di un identico entusiasmo. Il Vasari riferisce che un mattino in cui il Brunelleschi discuteva con Donatello sulla piazza di Santa Maria del Fiore, questultimo gli raccont che al suo ritorno da Roma
aveva fatto la strada da Orvieto per veder quella facciata del Duomo di marmo [...] e che nel passar poi da Cortona

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entr in pieve, e vide un pilo antico bellissimo dove era una storia di marmo, cosa allora rara non essendosi disotterrata quella abbondanza che si fatta ne tempi nostri...

Alla descrizione del sarcofago la reazione di Brunelleschi tale


che cos come egli era, in mantello, in cappuccio et in zoccoli, senza dir dove andasse, si part da loro a piedi e si lasci portare a Cortona dalla volont et amore che portava allarte. E veduto e piaciutogli il pilo, lo ritrasse con la penna in disegno; e con quello torn a Fiorenza, senza che Donato o altra persona si accorgesse che fusse partito, pensando che e dovesse disegnare o fantasticare qualcosa9.

Ma, dalla fine del XIV secolo, tutte le opere che sono create a Firenze subiscono linfluenza, in maggiore o minore misura, della nuova passione per lantico. Il caso pi significativo e quello del maestro anonimo degli architravi della Porta della Mandorla, che ha lavorato negli anni tra il 1391 e il 1396; certe sue figure come la Prudenza e lErcole, rappresentati tutti e due nudi, figure che bisogna certamente interpretare in un contesto di allegorie cristiane, testimoniano una conoscenza palese dei modelli antichi e sono situate tra decorazioni fioreali anchesse riprese da prototipi romani. Anche artisti ancorati alla cultura gotica come Nanni di Banco, o a Siena Jacopo della Quercia, sono presi da questo entusiasmo. I Quattro Santi Coronati dOrsanmichele sono probabilmente disposti sullesempio dei monumenti funebri e rivelano soprattutto la conoscenza dei ritratti romani. Una singolare testa conservata al Camposanto di Pisa sembra persino testimoniare la maniera in cui gli artisti intervenivano a quel tempo, forse nella bottega di Nanni di Banco, sui prototipi antichi. Vi si riconoscono i tratti di Antinoo; ma, forse per porre rimedio ai

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danni di alcune fratture, il naso stato modificato, la barba stata lavorata in cavo, alla foggia del santo Castore dOrsanmichele, e lacconciatura stata adeguata a forme nuove10.

4. Valore progressista del ritorno allantico di Brunelleschi e Donatello. In modo pi deciso, i problemi sono affrontati negli stessi anni dai tre veri protagonisti del Rinascimento fiorentino, Brunelleschi, Donatello e Masaccio: nei quali la cultura antica acquista un indiscutibile valore progressista, un valore di autentica conquista che essa non avr mai pi e che gi verr meno alcuni anni dopo, nella Porta del Paradiso o nelle architetture dellAlberti. Poco dopo il concorso del 1401, forse nel 1402 o nel 1404, Brunelleschi e Donatello vanno insieme a Roma per approfondirvi la loro conoscenza dellantico. Sono cos i primi a fare quel viaggio a Roma che rester fondamentale per gli artisti italiani e anche stranieri fino al XIX secolo. In precedenza altri artisti erano andati nella Citt Eterna; basti pensare a Giotto o ad Arnolfo o anche, prima ancora, allarchitetto della Cattedrale di Pisa, Buscheto. Ma scopo di questi maestri era di andarvi a lavorare e non di limitarsi a studiare il vasto campo di rovine che doveva essere allora la citt, disertata in quel periodo persino dai papi. Donatello, il pi grande scultore del XV secolo, colui che ben presto si trova ad avere la pi vasta conoscenza del mondo figurativo degli antichi, e che, fondandosi su essa, potr portare a compimento la sua opera rivoluzionaria11. I risultati tuttavia non si fanno sentire immediatamente dopo il suo soggiorno a Roma; il periodo di assimilazione lungo perch, come tutti i grandi maestri, egli non copia mai e si serve dellantico non sol-

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tanto per gli aspetti iconografici o stilistici, ma soprattutto per i fondamenti stessi dei tipi che crea. Per questa ragione, i confronti sono sempre difficili da stabilire e spesso non bastano a spiegare limportanza fondamentale della sua cultura in tutti i campi in cui egli ha operato. Vediamo anzitutto in che modo egli sviluppa il rilievo. Nel 1417, il San Giorgio e il drago, sullo zoccolo della statua dOrsanmichele, assolutamente rivoluzionario per la creazione dello stiacciato, il tipo di rilievo nel quale leffetto di profondit ottenuto grazie a variazioni minime del lavoro in cavo, che permettono la massima resa dello spazio. Nel portico, largo appena alcuni centimetri, che sinnalza dietro la principessa, questa tecnica rivoluzionaria consentir allartista di ritrovare per la prima volta, dopo gli antichi, effetti di prospettiva lineare e gli dar anche la possibilit di raffigurare il drappeggio della figura femminile in movimento, come nellarte antica. Questi due elementi testimoniano il modo spregiudicato di Donatello di guardare allarte antica senza limitarsi comunque ai grandi rilievi commemorativi, architettonici, ai sarcofagi o alle statue a tutto tondo come i suoi predecessori, ma allargando la sua visione a tutti i tipi di opere che conosceva, e particolarmente a quelle di piccolo formato, come le monete, le terracotte, le ceramiche sigillate e soprattutto le gemme, i cammei e le pietre dure lavorate a intaglio, che gli artisti e gli amatori avevano sempre collezionate, senza per averne fin allora tratto spunto dal punto di vista tecnico e stilistico. Una identica e sorprendente capacit di dar vita a soluzioni formali, completamente e continuamente rinnovate, pu essere individuata nelle diverse statue a tutto tondo eseguite da Donatello, a partire dai primi tentativi ancora impregnati di cultura gotica, come il

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David di marmo che gli fu commissionato nel 1408, i Profeti e il San Ludovico. Nel proseguire lopera del Ghiberti a Orsanmichele, Donatello fa rinascere la grande statuaria bronzea, ma ancor una volta innovandone profondamente linterpretazione e inventando una figura dal drappeggio mobile e ampio, la cui forza enfatica avr lunga eco per tutto il Rinascimento. In questo caso, il richiamo allarte antica quindi di carattere essenzialmente tecnico: si tratta di riprendere un tipo di cui lartista doveva conoscere diversi esemplari e che fosse anche grandemente lodato nei testi romani; ma il valore di tale richiamo tipicamente umanistico: consiste in un ritorno intenzionale allantico, ma un ritorno libero, senza alcuna sottomissione ai modelli. Si anche, di recente, avanzata lipotesi che, nello stesso spirito umanistico, Donatello abbia recuperato la tecnica della terracotta legata daltra parte a quella del bronzo riferendosi in particolare al famoso cassone illustrato con scene della vita di Adamo ed Eva e conservato al Victoria and Albert Museum12. Infine, lartista completer la parabola delle sue statue a tutto tondo anzitutto con il David di bronzo, prima statua moderna concepita per essere vista da tutti i lati, ancora una volta a imitazione dei precedenti antichi, poi con il gruppo della Giuditta, nel quale il riferimento ai modelli pagani sembra ormai superato. Nel Gattamelata, terminato nel 1450, Donatello si impadronisce con la stessa sicurezza di un altro tipo di opera romana, il monumento equestre, che fa rivivere nellottica umanistica, valorizzando sia luomo, sia lanimale pi amato del Rinascimento, in quanto simbolo della vittoria delluomo sulla forza animale. Anche in questo caso i precedenti non mancano a partire dalla fine del Medioevo, ma non hanno limportanza del Gattamelata, che Donatello ha creato in rapporto diretto con

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il Marco Aurelio e forse anche con il Regisole, che si innalzava davanti alla Cattedrale di Pavia. Egli finisce tuttavia, come sempre, per tradire il modello: il condottiero non ha pi la calma dignit dellimperatore romano; lartista lha raffigurato mentre procede in modo quasi minaccioso, con unaudacia che oltrepassa qualsiasi forma di realismo. Si deve certamente attribuire a Donatello anche il ritorno al ritratto a mezza figura, alla maniera romana13. Anche per questo tipo di espressione artistica la rottura non era stata totale, poich alla fine del Medioevo esistevano ritratti a mezza figura e anche busti reliquiari. Nel XV secolo tuttavia, lesempio-tipo non appartiene a Donatello: il Piero de Medici del Bargello, datato 1453, opera di Mino da Fiesole. Ma i cambiamenti profondi che esso palesa rispetto ai modelli antichi, concepiti come immagini di culto e non come individui viventi, e anche rispetto ai reliquiari il cui significato ugualmente religioso, sono gi stati annunciati da Donatello, anzitutto nel reliquiario di san Rossore, del 1424 circa, dove il santo diventato un vero essere umano, e poi anche nel Busto di giovane neoplatonico, del 1440 circa, che conserva il ricordo del reliquiario medievale nellimportanza accordata al medaglione sul petto, bench questo non si schiuda su una reliquia e illustri il mito dellanima secondo il Fedro di Platone. Dunque, anche se Donatello non ha creato veri ritratti a mezza figura o se, comunque, ha affrontato questo genere in qualche opera andata perduta a lui che si deve anche in questo caso il ritorno allantico, con le modifiche di forma e di contenuto dovute allinnesto di precedenti medievali e allinterpretazione umanistica. In artisti dotati di minor spirito creativo, si assister persino al ritorno a una pratica a lungo descritta da Plinio, il quale rimpiange che ai suoi tempi si fosse persa la vecchia tradizione romana di conservare nelle case le

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maschere di cera degli antenati, con il significato religioso che a tale usanza era inerente. A Firenze questo costume fu ripreso e si sa che nelle chiese esistevano anche grandi statue in cera di cui disgraziatamente non rimasto alcun esemplare, che avevano esse pure funzione deffigi votive. Gi Francesco Sacchetti criticava questusanza nei seguenti termini:
Di questi boti di simili ogni d si fanno, li quali son pitosto una idolatria che fede cristiana. E io scrittore vidi gi chavea perduto una gatta, botarsi, se la ritrovasse, mandarla di cera a Nostra Donna dOrto San Michele, e cos fece14.

Aby Warburg ha studiato la diffusione di questa pratica dispirazione pagana a Firenze nel XV secolo. Ma, per tornare al tema dei ritratti a mezza figura, vi sono dei casi in cui lartista non riuscito a superare e a dissimulare completamente la maschera funeraria che gli servita da modello, cos, ad esempio, il Giovanni Chellini dAntonio Rossellino (morto nel 1462), conservato al Victoria and Albert Museum. Infine, pi in l si avr loccasione di vedere come allo stesso Donatello si debba anche il recupero di un tipo di oggetto antico che conoscer unenorme diffusione, il bronzetto. Ma a questo punto il fenomeno non sar pi limitato a Firenze e si diffonder in molti centri dellItalia settentrionale. Si pu dunque dire che tutte le innovazioni realizzate da Donatello si fondano sulla conoscenza dellantico, di cui egli ha saputo cogliere gli aspetti fondamentali, modificandone tuttavia profondamente il senso e la forma. Egli infatti supera immancabilmente i suoi modelli; dopo averne utilizzati i princip ispiratori, li trasforma radicalmente, come se desiderasse inconsciamente rigettare le premesse dalle quali era partito.

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Anche nella sua maniera di far rivivere i temi antichi, si distingue fondamentalmente da Ghiberti e dal gusto ellenistico che questi aveva fissato: i putti di Donatello, per esempio, non sono mai sereni e tranquilli, ma sono animati da una forza e da un tormento completamente estranei alla tradizione classica ortodossa. Si tratta di un fenomeno opposto a questa tradizione, che di quando in quando si sviluppa accanto a essa nella cultura italiana. Sulla scia di Donatello si pu dire che tutta la scultura fiorentina del Quattrocento sia rimasta in una certa misura legata allo studio dellantico, si tratti di Michelozzo e delle sue imitazioni servili di rilievi storici, di Luca Della Robbia e dei putti sorridenti ed ellenici della sua cantoria, dei Rossellino, di Mino da Fiesole, di Benedetto da Maiano, di Verrocchio, di Pollaiolo, di Bertoldo o di Torrigiani. Mentre Donatello, nei suoi anni romani, concentra la sua attenzione sulle vestigia di sculture, Brunelleschi, che in un primo tempo era stato pure scultore, cambia orientamento e sviluppa la sua vocazione darchitetto. Egli si mette a studiare le misure e i rapporti dei diversi elementi architettonici delle rovine antiche cos come i loro modi di costruzione, e quando, in capo a parecchi anni passati tra Roma e Firenze, intorno al 1410, torna in patria, pronto a rompere definitivamente con le costruzioni gotiche e a realizzare degli edifici rivoluzionari, basati sulla conoscenza dei modelli e degli ordini degli antichi, ai quali aggiunge le sue scoperte sulla prospettiva centrale. Queste premesse gli consentiranno di realizzare la famosa cupola di Santa Maria del Fiore, vero simbolo del Rinascimento fiorentino, lOspedale degli Innocenti, San Lorenzo, Santo Spirito... In queste opere tuttavia le fonti non sono mai evidenti e sarebbe errato vedervi un ritorno allantico di tipo archeologico. Meta di Brunelleschi era levocazione di unanti-

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chit ideale, alla quale le vestigia romane non fornivano che un punto di partenza verso la ricerca della perfezione; inoltre, si gi notato e Gombrich anche recentemente lha sottolineato con molta acutezza che, nella sua rottura con le tradizioni gotiche, Brunelleschi non si limitato ad applicare le leggi delle proporzioni che egli aveva ricavato dagli studi condotti a Roma, ma si anche valso sensibilmente della sua conoscenza dellarchitettura romanica: pi che alla struttura di un tempio antico, alla chiesa fiorentina dei Santi Apostoli, che si rif, per esempio, linterno di San Lorenzo15.

5. Il caso di Leon Battista Alberti. Una cultura di carattere maggiormente archeologico invece, una generazione pi tardi, quella di un architetto letterato come Leon Battista Alberti il quale realizza, in virt della sua importante formazione di umanista, unarchitettura assai pi vicina a quella dei modelli romani. Il confronto fra i due maestri spesso andato a scapito del secondo. Schlosser, specialmente, ha rimproverato a Leon Battista Alberti eccesso di erudizione e tendenze troppo aristocratiche, vale a dire reazionarie, che lo portano a disprezzare la fase della realizzazione pratica dellopera della quale in effetti egli si preoccupato solo molto tardi. Una tale valutazione pecca certamente per eccesso. LAlberti non si rivolto esclusivamente verso il passato romano e non stato neanche del tutto insensibile allarte medievale. Nel De re aedificatoria egli cita a pi riprese le basiliche paleocristiane; e per quanto riguarda larte gotica, lha rispettata soprattutto quando stato incaricato di ultimare la facciata di Santa Maria Novella, che, per questa ragione, classicisti pi rigorosi

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come il Bottari e pi tardi Milizia e il Quatremre de Quincy disapproveranno e rifiuteranno di attribuirgli. LAlberti ha avuto il privilegio di unire alla propria formazione umanistica una grande capacit creativa, che bisogna ben guardarsi dal sottovalutare. Ci non toglie che egli sia prima di tutto un letterato: la sua attivit di architetto daltro canto comincia solamente pochi anni prima del compimento del De re aedificatoria, che il primo trattato darchitettura del Rinascimento. (Sar pubblicato solamente nel 1485 e la sua influenza si noter soprattutto nel XVI secolo, ma si sa che nel 1452 lautore aveva gi dovuto mostrare il manoscritto terminato al papa Niccol V, della cui corte faceva parte). A partire dal 1436 aveva pubblicato un De pictura e pi tardi far stampare un De statua, anchessi testi fondamentali testimonianti lampiezza degli interessi del loro autore, impegnato in tutti i campi delle arti figurative. Nel De re aedificatoria, che in rapporto pi diretto con lattivit pratica dellAlberti, si nota il primo grande ritorno a Vitruvio16. Lautore sviluppa largamente nel trattato la sua concezione del classicismo, che si pu riassumere con questa celebre definizione della bellezza intesa come larmonia tra tutte le parti riunite in un insieme; in modo tale che non sia possibile aggiungere, togliere o cambiare qualsiasi cosa senza compromettere il tutto. una cosa grande e divina. Lidea prima dunque quella dellaccordo tra tutti gli elementi, basato sulle proporzioni e sul rapporto architettura-sfondo: sotto questo aspetto, il rapporto con larchitettura imperiale romana fondamentale, ed possibile rintracciarne linfluenza nei principali monumenti in cui, nella piena maturit, lAlberti ha cercato di mettere in pratica le proprie teorie. Nella facciata di San Francesco a Rimini (1450), egli si sforza di applicare a una chiesa preesistente una monumentale facciata allantica, la cui fonte dispirazione sono gli archi di trionfo, creando cos un insie-

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me apparentemente in contraddizione con i princip di unit che ha sempre enunciato e rivelando nei confronti dellantichit un atteggiamento pi emotivo che ortodosso, come ha giustamente sottolineato il Wittkower. Nella chiesa di Santa Maria Novella, a Firenze, si pone per lui lo stesso problema, risolto in un assoluto rispetto delle strutture gotiche preesistenti alle quali sono sovrapposti numerosi elementi derivati dallantichit classica. Lo stesso atteggiamento purista, con un gusto estremamente raffinato dellornamento semplice, si manifesta nel primo progetto di San Sebastiano a Mantova, dove lartista affronta il problema essenziale del Rinascimento, cio quello della chiesa a pianta centrale, gi realizzata dal Brunelleschi in Santa Maria degli Angeli, a Firenze (1434) e che anche Michelozzo aveva adattato allAnnunziata (1451), dove aveva fedelmente ripreso la pianta del Tempio di Minerva Medica a Roma. Infine, nella chiesa di SantAndrea di Mantova (progettata nel 1470 e cominciata nel 1472), lAlberti si sforzer di unire lesigenza contemporanea di una struttura razionale in muratura allispirazione antica, applicando sempre alla pianta della chiesa una facciata derivata da un tempio romano, secondo un procedimento che sar ripetuto durante tutto il Rinascimento. Egli perverr cos a un esito del tutto particolare rispetto ai modelli antichi che, in un certo qual modo, con i suoi germi anticlassicisti, apre la via allarchitettura manierista. In realt, fin dallinizio della sua attivit, lAlberti propone una libera interpretazione dei canoni degli antichi, ed certo che, gi nel San Francesco di Rimini, il riferimento a un arco romano non basta a spiegare la complessit della facciata, con la tensione spaziale che la caratterizza. Allo stesso modo, la rielaborazione del capitello corinzio testimonia una grande originalit. Daltronde, nel De re aedificatoria lAlberti aveva scritto, a proposito degli esempi classici:

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Noi non dobbiamo riavvicinarci a essi trasformando i loro disegni nella nostra opera come se vi fossimo costretti da leggi precise; ma, forti della loro conoscenza, dobbiamo sforzarci di mettere nella nostra opera cose nuove che noi stessi abbiamo trovato, per vedere se essa pu procurarci lodi uguali o superiori ai modelli.

Lopera dellerudito cede quindi il passo alla fantasia creatrice e lo studio cronologico delle realizzazioni architettoniche dellAlberti viene a confermare il ruolo sempre crescente nella sua opera della sua stessa invenzione, accanto ai modelli di partenza.

6. Ellenismo privo di archeologia di Masaccio e di Piero della Francesca. In confronto a Donatello e a Brunelleschi, il terzo protagonista del Rinascimento fiorentino, Masaccio, subisce linfluenza dellantico in misura davvero minore. Dato che era legato da amicizia ai due maestri e che la sua rivoluzione in pittura correva parallela alla loro in scultura e in architettura, ci si spesso sforzati di provare che, nel compierla, si anchegli basato su uno studio approfondito delle opere antiche: del quale esisterebbe tutta una serie di indizi nella sua arte. E in effetti vi si potrebbero riconoscere alcuni elementi di tal genere, bench essi siano sparsi e limitati. Tuttavia il rapporto pi convincente di Masaccio con lantico quello che stato recentemente stabilito dal Polzer: la composizione del Tributo quella di un affresco paleocristiano, raffigurante San Paolo che predica agli ebrei, ridipinto da Cavallini, che faceva parte del ciclo della vecchia Basilica di San Paolo fuori le Mura (linsieme andato bruciato nel XIX secolo, ma se ne conserva una copia del XVII)17. Grazie a questa osservazione sono

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quindi confermate sia la rottura che Longhi aveva gi scoperto tra i primi affreschi della Cappella Brancacci e il Tributo, nel quale egli vedeva un Colosseo di figure, sia lintuizione avuta nello spiegare questo cambiamento con un soggiorno di Masaccio a Roma verso il 142518. Va per sottolineato come particolarmente sorprendente il fatto che il riavvicinamento pi interessante che si possa stabilire riguardi proprio un dipinto. Allinizio del XV secolo la conoscenza degli affreschi antichi doveva essere ancora molto limitata e probabilmente Masaccio ha osservato a Roma i grandi cicli biblici delle basiliche, di cui ha afferrato i residui elementi classici, si trattasse dellepoca paleocristiana o dello stesso Cavallini. Malgrado tutto, il caso resta piuttosto eccezionale. Ogni volta che gli storici darte si sono sforzati, nel modo pi tradizionale, di stabilire un rapporto tra certi elementi delle opere di Masaccio e il repertorio allora pi noto agli artisti, repertorio costituito dalle statue, dai rilievi e dalle vestigia architettoniche, le loro conclusioni non sono mai state convincenti19. Eva cacciata dal Paradiso ricorda effettivamente una Venere pudica, ma, probabilmente, attraverso linterpretazione che ne aveva dato Nicola Pisano nel pulpito del Battistero di Pisa. Nellaffresco del Tributo, la celebre testa ricciuta di san Giovanni non deriva da un modello archeologico, come qualche volta si affermato, ma da uno dei Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco a Orsanmichele. In altri casi, motivi antichi sono trasmessi allartista da Donatello e in seguito da Brunelleschi. In particolare, larchitettura a trompe-lil di Santa Maria Novella non testimonia lo studio diretto dei modelli antichi ma, come aveva gi notato il Mesnil, il tipo di volta messo a punto da Brunelleschi. Gli elementi che nellopera di Masaccio si potrebbero spiegare con lo studio dellantico, in realt gli

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sono quasi sempre stati trasmessi dai suoi compagni Donatello e Brunelleschi, che hanno avuto su di lui una influenza pi determinante della ricerca archeologica. Si potrebbe dire che Masaccio ha operato la sua rivoluzione senza laiuto dellantico, allo stesso modo di Giotto; tuttavia, malgrado la sua enorme importanza, tale rivoluzione resta meno fondamentale di quella del suo predecessore, e inoltre, il vero debito Masaccio lha contratto nei confronti di Donatello e Brunelleschi. In pittura, nemmeno i successori di Masaccio testimoniano un interesse per lantico. La costruzione prospettica delle sue opere e la solidit plastica delle sue figure, che sono alla base della sua arte classica e non classicheggiante, languono a poco a poco, comera successo anche dopo la morte di Giotto. Perch questi elementi siano nuovamente dominanti bisogner aspettare larrivo di Piero della Francesca, le cui opere costituiscono un nuovo pilastro classico nella pittura italiana: ancora una volta classico e non classicheggiante, perch non vi si scopre la minima traccia di cultura archeologica. Eppure, malgrado questa autonomia completa dal mondo romano, le figure della Leggenda della Croce nella Basilica di San Francesco ad Arezzo (1451-59) respirano una serenit sovrana che pu essere paragonata soltanto a quella dellarte greca del V secolo. Esse sono di nuovo al centro di una natura le cui forme, attraverso la geometria e la prospettiva alle quali daltro canto lautore ha consacrato due trattati sono concepite con rigore. la sintesi prospettica di forma-colore, per riprendere la definizione di Longhi, che lessenza stessa del classico, del razionale, dellumano.

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7. I quaderni di modelli e la teoria della disgiunzione di Panofsky. Frattanto, pittori ancora legati al mondo gotico si mettono tuttavia a studiare i resti archeologici e, a imitazione di Ghiberti, riempiono di schizzi quaderni interi. Si parzialmente conservato il materiale di bottega che aveva costituito Gentile da Fabriano quando lavorava a Roma agli affreschi di San Giovanni in Laterano, contemporaneamente al suo allievo Pisanello20. Era il momento in cui Masaccio moriva improvvisamente lasciando incompiuti, non lontano di l, gli affreschi di San Clemente, senza che niente nella sua opera tradisse linteresse per il mondo pagano. I numerosi disegni che si sono conservati di Gentile mostrano invece delle figure tratte generalmente da grandi scene di sarcofagi. Questi offrivano probabilmente allartista un naturale sostituto di tutto ci che egli non poteva ricavare direttamente da modelli, vale a dire soprattutto il nudo, il quale si ritrova insistentemente nei suoi disegni, irrigidito soprattutto in movimenti violenti che per lui costituivano una novit. Ma mentre gli animali e le piante disegnati e dipinti da Gentile e soprattutto da Pisanello testimoniano unacutezza nellosservazione, e contemporaneamente una visione distante e astratta che sfocia in una forma di perfezione, i disegni eseguiti secondo le concezioni antiche restano quasi sempre rigidi e contrassegnati da una certa malaccortezza dovuta probabilmente allincapacit di dominare un procedimento ancora inusuale. Il ricorso ai modelli archeologici resta in seguito abbastanza limitato nei pittori. In unopera della giovinezza di Andrea del Castagno, uno scudo di cuoio del 1452 circa conservato a Washington, la figura di David ricalcata su una simile a quella del pedagogo del gruppo dei Niobidi, come appare dalla statua degli Uffizi. Ma

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si tratta di un caso piuttosto raro e la trasmissione del modello antico si prodotta senza dubbio con la mediazione di uno scultore, forse Donatello, la cui influenza stata molto viva sui pittori, specialmente su Paolo Uccello e Andrea del Castagno. Lesempio dello scudo del Castagno aveva gi condotto Warburg a osservare che nel XV secolo i modelli pagani servivano a fissare liconografia di temi cristiani21. A questo proposito egli ricorda un altro caso, quello del Lamento funebre del rilievo di Giuliano da Sangallo nella Cappella Sassetti, nella chiesa di Santa Trinita, che egli riavvicinava al sarcofago raffigurante il Lamento per la morte di Meleagro, un tempo a Firenze, a Palazzo Montalvo, da cui era ripresa infatti la stessa iconografia con un gusto della fedelt quasi archeologico22. Questo fenomeno, che Warburg chiamava della energetische Inversion stato studiato in modo pi approfondito da Panofsky e Saxl in un brillantissimo saggio, nel quale essi hanno considerato anche laspetto opposto del problema, cio quello dellillustrazione dei temi classici23. Si nota infatti che questi, curiosamente, sono trattati come soggetti contemporanei. Se si prendono ad esempio le scene dellEneide illustrate da Apollonio di Giovanni sul pannello del cassone oggi a New Haven (c. 1460), si vede che Enea porta il mazzocchio, Didone il cappello a cono e, in generale tutti i personaggi sono vestiti secondo la migliore tradizione del XV secolo. Allo stesso modo, nella Cronaca della pittura fiorentina (c. 1460) Paride ed Elena, rapita proprio in quel momento, avanzano solennemente, adorni dei pi ricchi ornamenti della Firenze medicea. Si arriva quindi al paradosso secondo il quale, da un lato, i modelli classici sono messi al servizio delliconografia cristiana mentre, dallaltro, i soggetti classici sono trattati come cronache contemporanee, in cui gli dei si trasformano in gentiluomini del XV secolo. quella che

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Panofsky ha chiamato legge della disgiunzione, che egli individua lungo tutta lepoca gotica. A suo avviso, il fenomeno si sarebbe prolungato fino alla fine del XV secolo circa, ma il primo tentativo di reintegrazione tra tema e contenuto pagano sarebbe gi stato proposto da Mantegna. Nelle storie di san Giacomo nella chiesa degli Eremitani (1448-55), per la prima volta dei soldati romani apparirebbero vestiti di nuovo alla romana e situati in uno sfondo non meno antico. Il saggio di Panofsky e Saxl, ricchissimo di documenti, fra i pi felici di questi autori, e Panofsky lha sviluppato ulteriormente, sempre con la stessa erudizione e lo stesso spirito24. Tuttavia, se si analizzano un po pi da vicino le opere che egli prende in considerazione, ci si rende conto che, per quanto riguarda la qualit stilistica, un abisso separa le prime dalle seconde. Nel XV secolo le opere di tema cristiano sono commissionate agli artisti pi importanti, mentre quelle che illustrano temi antichi appaiono unicamente in manoscritti, su disegni o incisioni o soprattutto nei cassoni che, tranne in qualche caso, erano affidati per la maggior parte ad artigiani di livello molto pi modesto. Specialmente i cassoni costituiscono una produzione destinata alla borghesia, produzione che usciva da botteghe specializzate di cui quella dApollonio di Giovanni un esempio caratteristico25. Questi artigiani non avevano lo stesso livello di preparazione di un Masaccio o di un Donatello e nelle loro pitture continuavano la tradizione dei racconti gotici, illustrati senza la minima preoccupazione storica. Anche quando artisti di un livello molto pi elevato, come Pesellino o Gozzoli, affrontano il genere dei cassoni sinseriscono a loro volta in una tradizione del tutto codificata. Lopposizione cos brillantemente messa in luce da Panofsky quindi non tiene forse sufficientemente conto del livello sociale degli artisti; essa si riferisce a opere che hanno ben poco in comu-

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ne e corrispondono di fatto a due poli complementari di una stessa cultura. Quanto allaffermazione di Panofsky secondo la quale sarebbe stato Mantegna a metter fine a questa disgiunzione, essa si spiega unicamente attraverso la visione storica dellartista, con il fatto che frequentava a Padova un ambiente umanistico e in questo modo aveva la possibilit di affrontare grandi temi pagani, che i suoi predecessori non avevano avuto occasione di trattare. Ma questi temi rappresentano soltanto una piccola parte nellinsieme della sua opera. Inoltre, il San Sebastiano di Vienna (c. 1460) considerato dal Panofsky come la pittura pi archeologica dellartista per i frammenti di marmo che giacciono dietro al santo e la firma in greco, t rgon to Androu, resta un tema cristiano trattato sotto forma pagana, che non annuncia affatto la soluzione del principio di disgiunzione. Infine, se nella storia di san Giacomo si vedono dei soldati vestiti allantica, non per questo il tema meno cristiano, ma, semplicemente, san Giacomo vissuto in epoca romana. Nel Mantegna, la reintegrazione della forma e del contenuto antichi avviene soprattutto nel grande insieme da lui dipinto, nove grandi tele del Trionfo di Cesare (1485-92), oggi a Hampton Court, che sono state probabilmente eseguite per il marchese Ludovico Gonzaga26. Se in questo caso forma e contenuto corrispondono, perch il soggetto classico non si limita pi a una semplice illustrazione di libro o di cassone, ma assume dimensioni monumentali. La novit quindi non viene tanto dallartista quanto da colui che ha commissionato lopera, che intratteneva rapporti stretti con gli umanisti. Sono questi che probabilmente hanno procurato direttamente allartista i testi ai quali poteva ispirarsi, vale a dire le descrizioni dAppiano e di Svetonio e anche il De re militari di Valturio, pubblicato a Verona nel 1472.

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La moda dei temi antichi comincia infatti solamente alla fine del XV secolo, per proseguire per pi di cento anni. Caratteristica del cambiamento di gusto e di mentalit che rende possibile questa evoluzione , ad esempio, questa lettera nella quale, nel 1501, Isabella dEste, una delle principesse pi colte e maggiormente allavanguardia allora in Italia, domanda a proposito del suo studiolo:
Se Zoanne Bellino fa tanto male voluntieri quella historia, come me haveti scripto, siamo contente remetterne al judicio suo, pur chel dipinga qualche historia o fabula antiqua, aut de sua inventione ne finga una che representi cosa antiqua, et de bello significato27.

Il caso del Mantegna nel quale, con la nostalgia dellantichit che lha sempre caratterizzato, Panofsky voleva vedere la fine della disgiunzione e il trionfo dellumanesimo in pittura, porta a considerare la storia del ritorno allantico dopo il momento eroico del Rinascimento toscano28.

8. Altri centri di cultura. Dopo Firenze, il centro pi impegnato su questa strada senzalcun dubbio Padova, anche perch gli umanisti vi hanno avuto un ruolo determinante. Il Rinascimento fiorentino viene qui portato da Donatello che, durante la decina danni in cui vi rimasto, stimola tutto lambiente che orienta particolarmente verso la ricerca dei modelli dellantichit. La visione archeologica del Mantegna non potrebbe sicuramente spiegarsi senza il soggiorno di Donatello, come non si potrebbe comprendere quella di Bellano, allievo e collaboratore diretto di Donatello, n quella dAndrea Riccio.

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Con questultimo si assiste alla diffusione dei bronzetti, di cui Donatello aveva gi avuto lintuizione in certi particolari delle sue grandi sculture, ma che, pare, non aveva prodotto in modo autonomo, bench lAtys-Amorino sia di dimensione intermedia fra la statua e il bronzetto e anche se, dopotutto, non impossibile che Donatello abbia fuso piccoli oggetti che non si sono conservati. Comunque, i bronzetti ispirati e spesso anche copiati direttamente dagli antichi, saranno ricercatissimi per gli studi degli umanisti e dei conoscitori e avranno un enorme successo29. A Firenze, lo specialista in materia sar Bertoldo, allievo di Donatello. A Padova, i pi belli, che bisogna mettere in relazione con oggetti ellenistici greci e romani che arrivavano direttamente dallOriente e dalla Grecia attraverso il porto di Venezia, saranno creati da Riccio. A Mantova, infine, una variante di carattere pi prezioso e pi aulico sar dovuta a Pier Jacopo Alari Bonacolsi, al quale questa produzione, che era destinata ai Gonzaga, varr il soprannome di Antico. Lartista era infatti un profondo conoscitore dellarte romana e aveva soggiornato a Roma. Si devono a lui riduzioni preziose delle sculture antiche allora pi celebri, lApollo del Belvedere, lo Spinario, e soprattutto la Venus Felix che lartista ha ulteriormente impreziosito innalzandola su una base decorata di monete imperiali romane. Questa parentesi sui bronzetti permette di seguire la diffusione del gusto dellantico a Padova e a Venezia, dove la grande scultura dAntonio Rizzo e dei Lombardo testimonia anche una volont di ritornare alla serenit classica e in questo caso sicuramente pi greca che romana , poi, a Mantova, dove daltra parte si era gi segnalata la presenza dellAlberti. Si visto che questi stato anche a Rimini, dove, al momento del rifacimento della chiesa di San Francesco, ha fatto rifiorire

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con lo scultore Agostino di Duccio e lincisore Matteo de Pasti un circolo estremamente originale darte umanistica, allantica, legato a Sigismondo Pandolfo Malatesta. Ma si tratta di un momento effimero. In altri centri artistici, come in quasi tutta la Lombardia, il gusto dei recuperi archeologici resta pi superficiale e si riduce per lo pi a un semplice vocabolario ornamentale. A Napoli, elementi di cultura anticheggiante appaiono episodicamente nelle sculture dellarco di Castel Nuovo, che probabilmente opera di Francesco Laurana. La miglior prova del fatto che labbondante presenza di vestigia archeologiche non basti mai a far sorgere un vero stile allantica sta in ci che in tutto il Sud della penisola, dove esse erano in gran numero, le citazioni dallantico sono rare nelle opere figurative. La stessa cosa succede a Roma dove non esiste a quel tempo un centro artistico locale. gi molto se si trova uneco antica nel rilievo di Isaia da Pisa (verso il 1440), un tempo nella Cappella San Biagio, a San Pietro, e soprattutto, nella porta di bronzo di San Pietro eseguita dal fiorentino Filarete (probabilmente verso il 1440)30. A parte le decorazioni fioreali e le piccole scene mitologiche e storiche che vi sono inserite, rispondenti probabilmente a un programma umanistico ben definito, le grandi figure degli apostoli sembrano tratte da avori paleocristiani e corrispondono forse a unintenzione politica di ritorno al Medioevo.

Giotto spazioso, in Paragone, 1952, 31, pp. 18-24. Citato particolarmente da DESSLING e E. MUENTZ, Ptrarque, ses tudes dart, son influence sur les artistes, ses portraits et ceux de Laure, lillustration de ses crits, Paris 1902, p. 45, note 2-3. 3 Il passo della lettera, citato a pi riprese, riportato e interpretato particolarmente da E. PANOFSKY, Renaissance and Renascences in
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R. LONGHI,

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Nicole Dacos - Arte italiana e arte antica Western Art, Stockholm 1960, p. 209 [trad. it. Rinascimento e rinascenze nellarte occidentale, Milano 1971, pp. 241-42, nota 136] e anche da R. KRAUTHEIMER e T. KRAUTHEIMER-HESS, Lorenzo Ghiberti, 2a ed. Princeton 1970, I, p. 295. 4 RISTORO DAREZZO, Mappa mundi. Destinazione ottava, IV: Delle vasa antiche, in V. NANNUCCI, Manuale della letteratura del primo secolo della lingua italiana, 3a ed. Firenze 1874, pp. 201-203. 5 GUARINO VERONESE, Epistolario, raccolto ordinato e illustrato da R. Sabbadini, I, Venezia 1915, p. 38. Recentemente la personalit di Niccol Niccoli stata brillantemente rievocata da E. H. GOMBRICH, From the Revival of Letters to the Reform of the Arts: Niccol Niccoli and Filippo Brunelleschi, in The History of Art presented to Rudolf Wittkower, London 1967, pp. 71-82, e ripubblicato in The Heritage of Apelles. Studies in the Art of the Renaissance, London 1976, pp. 93110, che accetta lattribuzione del trattato allumanista. Il Sabbadini, in GUARINO, Epistolario cit., III, p. 25, crede invece che sia opera di un altro Nicolaus che Guarino avrebbe confuso con il suo pi celebre omonimo. Infatti, a detta di tutti i suoi contemporanei, Niccol Niccoli, a parte lettere in volgare, non avrebbe scritto niente e, secondo Sabbadini, non avrebbe potuto commettere gli errori grossolani che Guarino gli imputa. 6 A. TRAVERSARI, Latinae Epistolae, a cura di P. Cannetus e L. Mehus, Firenze 1759, II, n. 35, coll. 393-94, e n. 48, coll. 416-17. 7 POGGIO BRACCIOLINI, Epistolae IV 12, a cura di T. de Tonellis, Firenze 1831, I, p. 322. 8 La corrente artistica di questi anni stata studiata fra laltro da KRAUTHEIMER e KRAUTHEIMER-HESS, Lorenzo Ghiberti cit, pp. 52-53. 9 G. VASARI, Le vite de pi eccellenti pittori scultori e architettori, Milano 1962, II, pp. 253-54. 10 La testa stata pubblicata e magistralmente studiata da R. BIANCHI BANDINELLI, An Antique Reworking of an Antique Head, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, 1946, 9, pp. 1-9, ripreso con il titolo di Antico non antico, in Archeologia e cultura, Milano 1961, pp. 276-88. 11 La documentazione pi completa sullartista si trova nella monografia di H. W. JANSON, The Sculpture of Donatello, Princeton 1957. Lautore, cosciente della complessit dei ricchissimi rapporti di Donatello con larte antica, ritornato in seguito due volte sullo stesso soggetto: H. W. JANSON, Donatello and the Antique, in Donatello e il suo tempo, Atti dellVIII convegno internazionale di studi sul Rinascimento (Firenze-Padova 1966), Firenze 1968, pp. 77-96 e p. 11 e I-XV; ID., The Revival of Antiquity in Early Renaissance Sculpture, in Medieval and Renaissance Studies, 1971, 5, pp. 80-102. Sempre sul problema di Donatello e dellantico, si veda W. WOLTERS, Eine Antikenergnzung aus

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Nicole Dacos - Arte italiana e arte antica dem Kreis des Donatello in Venedig, in Pantheon, 1974, 32, pp. 13033, dove viene analizzata una statua conservata nellabside della chiesa di San Paolo, a Venezia, figura attica del IV secolo trasformata in san Paolo da uno scultore della cerchia di Donatello. 12 Questa seducente ipotesi stata recentemente formulata da L. BELLOSI, Ipotesi sulle origini delle terrecotte quattrocentesche, in Jacopo della Quercia fra gotico e Rinascimento, Atti del convegno di studi, a cura di G. Chelazzi Dini, Firenze 1975, pp. 163-79. 13 Il problema stato ripreso da I. LAVIN, On the Sources and Meaning of the Renaissance Portrait Bust, in Art Quarterly, 1970, 33, pp. 207-26. 14 A. WARBURG, Arte del ritratto e borghesia fiorentina. Appendice. Statue votive in cera (1902), in ID., La Rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura, a cura di G. Bing, Firenze 1966, p. 137. 15 GOMBRICH, The Heritage of Apelles cit. Sul classicismo di Brunelleschi, oltre alle monografie sullartista che, a dire il vero, sono lontane dallaver risolto tutti i problemi che lartista continua a porre, si veda M. HORSTER, Brunelleschi und Alberti in ihrer Stellung zur rmischen Antike, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, 1973, 17, pp. 29-64. Tra le pubblicazioni in occasione del centenario dellartista si veda ora G. MIARELLI MARIANI, Brunelleschi a Roma. Un incontro tra mito e realt, in Studi romani, 1977, 25, pp. 187-210. 16 Viene ripresa anche la ripartizione in dieci libri. Il trattato stato recentemente pubblicato di nuovo e in modo esemplare: L. B. ALBERTI, Larchitettura (De re aedificatoria), testo latino e traduzione a cura di G. Orlandi, Introduzione e note di P. Portoghesi, Milano 1966. Per ID., De pictura, si veda la riedizione nel volume III delle Opere volgari pubblicato a Bari, nel 1973, da C. Grayson. Il solo trattato stato in seguito ripubblicato dallo stesso autore (Bari 1975). Per quanto riguarda il terzo trattato, ID., De statua, si veda ledizione di O. Morisani, Catania 1961. Infine, per i testi di Alberti relativi alle antichit di Roma, si veda anche L. VAGNETTI, La Descriptio urbis Romae. Uno scritto poco noto di Leon Battista Alberti. Contributo alla storia del rilevamento architettonico e topografico, in Quaderno dellUniversit degli studi di Genova, 1968, 1, pp. 25-78, e G. ORLANDI, Nota sul testo della Descriptio urbis Romae di L. B. Alberti, ivi, pp. 81-88. Sullarte antica nellopera architettonica dellAlberti, si veda anche lopera classica di R. WITTKOWER, Principi architettonici nellet dellumanesimo (1949), Torino 1964; e, pi recentemente, oltre alla grossa monografia di F. BORSI, Leon Battista Alberti, Milano 1975, larticolo di HORSTER, Brunelleschi cit. 17 J. POLZER, Masaccio and the late Antique, in The Art Bulletin, 1971, 53, pp. 36-40. 18 Cfr. il saggio, che resta fondamentale, di R. LONGHI, Fatti di Maso-

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Nicole Dacos - Arte italiana e arte antica lino e di Masaccio, in Critica darte, 1940, pp. 145-91, ripubblicato in Opere complete (VIII), Firenze 1975, pp. 3-65. 19 A tale proposito ci si pu ancora rifare alle pagine dedicate al problema da J. MESNIL, Masaccio et les dbuts de la Renaissance, La Haye 1927, passim, e anche allarticolo dello stesso autore, Masaccio and the Antique, in Burlington Magazine, 1926, 48, pp. 91-98, senza soffermarsi sulle pagine pretenziose e prive di cultura di un Fremantle, per esempio. (La bibliografia essenziale su questo problema ripresa da POLZER, Masaccio cit.). 20 Linsieme di questi disegni stato brillantemente pubblicato da B. DEGENHART e A. SCHMITT, Gentile da Fabriano und die Anfnge des Antikenstudiums, in Mnchner Jahrbuch der bildenden Kunst, 1960, 2, pp. 59-151. 21 Questo rapporto classico stato visto da A. WARBURG, Drer e lantichit italiana (1905), in ID., La Rinascita cit., p. 199 e figg. 60 e 107, che tuttavia non ha insistito sul fatto che la derivazione molto probabilmente indiretta. Daltra parte non bisogna dimenticare che la statua stata scoperta solamente nel XVI secolo. 22 ID., Lo stile ideale classicheggiante, ibid., p. 298 e figg. 109-10. 23 E. PANOFSKY e F. SAXL, Classical Mythology in Mediaeval Art, in Metropolitan Museum Studies, 1932-33, 4, pp. 270 sgg. 24 PANOFSKY, Renaissance and Renascences cit., che una specie di saggio e di sintesi di Panofsky su se stesso e linsieme delle sue ricerche. 25 Su Apollonio di Giovanni, si veda il saggio classico di E. H. GOMBRICH, Apollonio di Giovanni, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, 1955, 18, pp. 16-34, ora in Norm and Form, London - New York 1971, pp. 11-34 [trad. it. Norma e Forma, Torino 1973]. Sui cofanetti di matrimonio in generale si veda lopera, che resta fondamentale, di P. SCHUBRING, Truhen und Truhenbilder der italienischen Renaissance. Ein Beitrag zur Profanmalerei, 2a ed. Leipzig 1923. 26 Dopo i vecchi lavori di I. BLUM, Andrea Mantegna und die Antike, Strasbourg 1936, e di A. M. TAMASSIA, Visioni di antichit nellopera del Mantegna, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, 1956, 28, pp. 213-49, recentemente il problema stato ripreso pi volte dal punto di vista archeologico: P. W. LEHMANN, The Sources and Meaning of Mantegnas Parnassus, in P. W. LEHMANN e K. LEHMANN, Samothracian Reflections: Aspects of the Revival of the Antique, Princeton 1973, pp. 59-178; M. VICKERS, Mantegna and the Ara Pacis, in Journal of the J. Paul Getty Museum, 1975, 2, pp. 109-20; ID., Mantegna and Constantinople, in Burlington Magazine, 1976, 118, pp. 680-87; ID., The Palazzo Santacroce Sketchbook: a New Source for Andrea Mantegnas Triumph of Caesar, Bacchanals and Battle of the Sea Gods, ivi, pp. 824-34; ID., The Roman World, Oxford 1977, pp. 33-

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Nicole Dacos - Arte italiana e arte antica 42; ID., The Source of the Mars in Mantegnas Parnassus, ivi, 1978, 120, pp. 151-52; in tutti questi lavori vi peraltro una forzatura. 27 Lettera a M. Vianello, 28 giugno 1501, pubblicata da W. Braghirolli, in Archivio veneto, 1877, 13, p. 377. Per la bibliografia recente sul collezionismo dIsabella dEste, si veda lo studio di C. M. BROWN, Lo insaciable desiderio nostro de cose antique; New Documents for Isabella dEstes Collection of Antiquities, in Cultural Aspects of the Italian Renaissance, Essays in honour of P. O. Kristeller, New York 1976, pp. 324-53. 28 Si veda ora Il tesoro di Lorenzo il Magnifico, mostra, Firenze 1972, N. DACOS, A. GIULIANO e U. PANNUTI, Le gemme, Firenze 1973; D. HEIKAMP e A. GROTE, I vasi, Firenze 1974. Sulle collezioni dantichit durante il Rinascimento si veda anche R. WEISS, The Renaissance Discovery of Classical Antiquity, Oxford 1969. 29 Su Bertoldo, oltre alla tradizionale bibliografia di W. VON BODE, Bertoldo und Lorenzo dei Medici. Die Kunstpolitik des Lorenzo il Magnifico im Spiegel der Werke seines Lieblings-Knstlers Bertoldo di Giovanni, Freiburg im Breisgau 1925, si vedano le penetranti osservazioni di A. CHASTEL, Art et humanisme Florence au temps de Laurent le Magnifique, Paris 1959, pp. 76-82 [trad. it. Arte e umanesimo a Firenze ai tempi di Lorenzo de Medici, Torino 1964]. Su Riccio, la vecchia monografia di L. PLANISCIG, Andrea Riccio, Wien 1927, e, in tempi pi recenti, testi che riportano la bibliografia precedente, B. JESTAZ, Un bronze indit de Riccio, in Revue du Louvre et des Muses de France, 1975, 25, pp. 156-62; L. MONTOBBIO, Testimonianze sulla giovinezza padovana di Andrea Briosco, in Atti e memorie dellAccademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti, 1974-75, 87, pp. 297-300; P. MELLER, Riccios Satyress Triumphant: Its Source, its Meaning, in Bulletin of the Cleveland Museum of Art, 1976, 63, pp. 324-34. SullAntico si veda ancora H. J. HERMANN, Pier Jacopo Alari Bonacolsi gennant Antico, WienLeipzig 1910. 30 Queste opere sono riprodotte nel classico e utilissimo manuale di J. POPE-HENNESSY, Italian Renaissance Sculpture, London 1958 [trad. it. La scultura italiana. Il Quattrocento, Milano 1964]. Su Filarete si veda C. SEYMOUR, Some Reflections of Filaretes Use of Visual Sources, in Il Filarete, Atti del corso di specializzazione promosso dallIstituto per la storia dellarte lombarda e diretto da M. Salmi, in Arte lombarda, 1973, 38-39, pp. 36-47. Il Trattato darchitettura di FILARETE stato pubblicato da A. M. Finoli e L. Grassi e Milano nel 1972.

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