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La pittura spagnola del Medioevo: dalla cultura visigotica alla fine del romanico

di Joaqun Yarza Luaces

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:

in La pittura in Europa. La pittura spagnola, a cura di Alfonso E. Prez Sanchez, trad. it. di Anna Maria Bagnari e Marzia Branca, vol.I, Electa, Milano 1995

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Indice

Il periodo preromanico (dal VII allXI secolo) Il problema della pittura e della miniatura nellarte ispanica dellepoca visigota I nuclei cristiani del nord: Asturie. IX secolo I nuclei cristiani nel X secolo e agli inizi dellXI Il regno di Len, La Rioja e lerroneamente definita miniatura mozarabica. Al-Andalus: la miniatura mozarabica. La Marca Ispanica. Lambiente romanico (dal XII secolo allinizio del XIII) La grande pittura romanica (ca. 1075-1175) Il problema del Duecento e i suoi antecedenti

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Il periodo preromanico (dal VII allXI secolo)

Il definitivo declino dellimpero romano nella penisola iberica, a cui subentr il regno visigoto, in special modo a partire da Leovigildo, non signific la perdita delleredit classica, sia nelle lettere che nelle arti. Lesistenza di un gran numero di ispanoromani imbevuti della vecchia cultura cristianizzata e detentori di un forte potere negli organi di gestione della Chiesa e nella conservazione dellantico patrimonio plastico, almeno parziale, permise una certa continuit, in parte mutata, in parte degradata, con tale passato. Per quanto concerne la pittura o lillustrazione di libri, sono da mettere in evidenza due posizioni contrapposte, pari a quelle assunte dal cristianesimo a partire dai primi tempi della sua diffusione a livello internazionale. Da una parte, una visione rigorista, sostenuta da una minoranza di gruppi elitari, che considerava limmagine come qualcosa di pernicioso, prossimo allidolatria. Dallaltra, lampio gruppo che non solo non vedeva alcun ostacolo alla sua utilizzazione, bens la riteneva utile e conveniente. Si suppone pertanto lesistenza di unarte figurativa di rilievo nel VI e nel VII secolo. Un accadimento noto e di straordinaria importanza pose fine a questa situazione: linvasione musulmana. A partire dal 711, e in breve tempo, tutto cadde sotto il nuovo dominio. La reazione cristiana ebbe inizio al nord, con la creazione di piccoli nuclei che avrebbero poco a poco acquisito lo status di regni. Da questo

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momento fino alla fine del medioevo, la penisola sar divisa in due parti, con la parte cristiana in progressiva espansione a scapito di quella islamica, senza che questo supponesse una guerra aperta e continua, con il conseguente isolamento a cui avrebbe dato luogo. Pertanto, la storia dellarte ispanica, e quella della sua pittura, avrebbe risentito di tale situazione. Se ci atteniamo alla produzione cristiana, necessario ricordare che proverr unicamente dai territori che non sono assoggettati allIslam. E ci, prima dellepoca romanica, significa che ci riferiamo soltanto alla stretta fascia settentrionale della penisola, con le limitazioni che ne conseguono.

Il problema della pittura e della miniatura nellarte ispanica dellepoca visigota Superata da tempo lidea di unarte visigota, la realt si presenta con una maggioranza colta ispanoromana, alleata dei visigoti al governo, principale responsabile sia di un rinascimento culturale letterario (santIsidoro da Siviglia, san Leandro, santIldefonso ecc.), sia dellesecuzione di vari progetti edilizi allinterno della tradizione della tarda antichit. pertanto appropriato parlare di arte ispanica e ispanoromana di epoca visigota (Palol). Una questione pi concreta quella della presenza di immagini e dipinti negli edifici sacri. Sulla base di un canone del discusso Concilio di Elvira tenutosi allinizio del IV secolo (XXXVI: Placuit picturas in ecclesia esse non debere), si affermato che larte altomedievale ispanica era chiaramente aniconica (Gmez Moreno). Tale tendenza non messa in discussione da vari autori rigoristi, in special modo quelli provenienti da ambienti monastici, ma ci non coinvolge tutta larte in genera-

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le. Si rintraccia almeno la presenza di un tipo di rilievo figurativo nelle poche chiese tuttora conservate (San Pedro de la Nave). A partire da questi elementi, si cos dimostrata la possibilit che esistessero manoscritti ornati di pitture (Schlunk), in particolare delle Bibbie. Unattenta analisi dei dati a nostra disposizione permette di spingerci oltre. I canoni conciliari arrivarono ad avere un enorme peso nellambito della Chiesa ispanica, sia nellultimo secolo della dominazione visigota sia, in special modo, a partire dallinizio della riconquista cristiana, quando lisolamento rispetto allEuropa fece della collezione qualcosa di prezioso e unico nellordine del governo ecclesiastico. Esistono diverse redazioni (Martnez Dez), di cui due furono illustrate. quasi certo che almeno la redazione cosiddetta giuliana fosse abbondantemente miniata al momento della sua pubblicazione (verso il 700) (Yarza). Ne resta traccia nelle elaboratissime copie note come Emilianense e Albeldense, del X secolo. Anche intorno a santIsidoro si pu rintracciare lesistenza di unarte figurativa. Con schemi che includevano varie figure, secondo quanto indica lo stesso testo che utilizza la parola pictura, si appront il De natura rerum che avrebbe avuto unampia diffusione nellalto medioevo. Probabilmente, anche la sua stessa biblioteca venne ornata con ritratti di personaggi famosi. In definitiva, provata lesistenza di una pittura di epoca visigota, che include soprattutto libri miniati quali Bibbie, collezioni canoniche, opere di vari autori contemporanei ecc. Ma che cosa rimane di tutto quel patrimonio? Per un certo tempo si creduto che il famoso Pentateuco di Tours o Pentateuco Ashburham (Parigi, Bibliothque Nationale) provenisse dalla Spagna visigota, specialmente data la similitudine tra lillustrazione del diluvio qui contenuta e larca di No dei Beati. Oggi

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nessuno dubita che quello non era il suo luogo di origine, che sarebbe forse da ricercare in una tradizione nordafricana praticamente scomparsa. Invece, disponiamo unicamente delleccellente Libro di Orazioni di Verona (Verona, Biblioteca Capitolare), realizzato verso il 700, che presenta un disegno a penna molto semplice raffigurante la rosa dei venti. Quali erano le forme adottate da questa miniatura scomparsa? A giudicare dallOrazione plausibile credere che fosse indebitata con il mondo antico. Daltro canto, lo sviluppo raggiunto dallillustrazione del libro nella Gallia merovingia nellVIII secolo, prima di Carlomagno, ritengo sia da collegare alla dissoluzione del regno goto in Spagna e alla dispersione delle varie popolazioni. Certi motivi ornamentali, che in seguito rinascono nel X secolo leonese, avrebbero potuto provenire dalla tradizione ispanica di epoca visigota. Si tratta unicamente di ipotesi, in riferimento a una realt che dovette essere pi ricca di quanto ci dato supporre dalle scarse tracce che si lasciata dietro.

I nuclei cristiani del nord: Asturie. IX secolo Il primo fulcro cristiano organizzato, dopo la riconquista islamica, fu quello asturiano. alla fine dellVIII secolo e soprattutto durante il IX che si costituisce in regno, considerandosi erede legittimo del vecchio stato visigoto. Oviedo, la capitale, la nuova Toledo. Alfonso II e i suoi consiglieri ne sono gli ideatori. I mezzi economici devono scarseggiare, ma limportanza che si d alle arti determina una politica edilizia di ampio respiro, sempre fomentata dalla monarchia. Molti degli edifici costruiti a quel tempo si conservano tuttora. Hanno tuttavia perso il loro apparato pittorico. comunque facile sapere come era una parte di que-

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sti dipinti attraverso la chiesa di San Julin o Santullano de los Prados, nei pressi di Oviedo. Sia un vecchio studio e una ricostruzione ipotetica dei dipinti murali (Schlunk e Magn Berenguer), sia un recente restauro, che ha portato alla luce importanti aree dal colore pi intenso di quello visibile fino ad allora, permettono di ammirare un magnifico insieme, essenzialmente privo di icone, simbolico, dove sorprende leredit della tarda antichit. probabilmente da ascriversi allintenzione di Alfonso II nella sua ricercata dimensione di monaco pi che di re (Bango). unarte che non deve nulla alluniverso carolingio, sebbene abbia in comune con esso lidea di renovatio dellantichit cristiana. Lassenza di iconicit si ritrova gi verso la fine del IX secolo nella chiesa reale di Salvador de Valdedis, eretta da Alfonso III, dove negli absidi della testata sono conservati importanti resti di affreschi in cui si ripetono varie croci in stretta relazione con larte delloreficeria, segni sia cristiani, in generale, sia emblematici del piccolo regno. Pur tuttavia, si pu supporre lesistenza di unarte figurativa. Purtroppo non si vedono che poche tracce di vari personaggi a San Miguel de Lillo. La presenza di una falsa aureola che avvolge il capo di uno di questi richiama lillustrazione di un Commento allApocalisse di Beato di Libana. La tal cosa ci conduce al terreno del libro illustrato. In senso stretto, rimane solo un codice che si possa far risalire con una certa sicurezza al IX secolo: la Bibbia di Cava dei Tirreni (Ms. 1). Risponde alle condizioni aniconiche sopra citate. accompagnato da motivi ornamentali tra i quali emergono piccoli uccelli stilizzati (f. 24) o pesci, tipici dello stile merovingio, ma ha radici pi antiche da ricercarsi presumibilmente nella scomparsa miniatura di epoca visigota. Altre pagine sono tinte di blu, vi compaiono alcune croci dal tratto elementare e

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un bellinsieme di ordini di archi dal carattere classicista. tutto squisitamente accurato, allinterno dellestrema sobriet che comporta la mancanza di immagini. Si ritiene che, parallelamente a questa corrente, esistesse un altro tipo di illustrazione. NellVIII secolo, Beato di Libana, impegnato nella controversia adoziana con Elipando da Toledo, compone, sulla base di numerosi testi che parlano dellesistenza di uninteressante biblioteca nelle Asturie, un Commento allApocalisse che avrebbe avuto una vita pi lunga e pi intensa di quanto si sarebbe supposto, data la sua scarsa originalit. Sebbene siamo certi che si illustrava gi alla fine del IX secolo, molto probabile che lo si facesse a partire dalla sua creazione. Forse questo significava che nel regno esisteva anche un altro commento miniato allApocalisse che dovette servire da modello. Bench qualsiasi ipotesi sia piuttosto azzardata, non avventato affermare che lo stile sarebbe stato chiaramente antinaturalista.

I nuclei cristiani nel X secolo e agli inizi dellXI Lampliamento del territorio asturiano a scapito dellIslam, compiuto da vari sovrani, in particolare da Alfonso III, porter al consolidamento di una nuova frontiera sulla linea del Duero. Le Asturie, che avevano tratto beneficio dallisolamento allinizio della resistenza contro i musulmani, videro come questo divenisse ora uno svantaggio. La capitale venne trasferita a Len. In Galizia si cominci a parlare del sepolcro dellapostolo Giacomo. Tra gli ulteriori nuclei di resistenza (Navarra, Aragona e Marca Ispanica), il pi interessante quello rappresentato dalla futura Catalogna. Carlomagno aveva mandato il figlio Luigi il Pio a creare una nuova Marca

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di confine, oltre i Pirenei. Il risultato la cosiddetta Marca Ispanica, che costituisce quel che in seguito venne chiamata Catalogna Vecchia, con una parte del Rossiglione (oggi francese). Ma nel X secolo gli storici parlano anche dei mozarabici, vale a dire dei cristiani che rimasero nei territori musulmani senza rinunciare alla loro religione e praticandone il culto. Allorch si consolid la frontiera del Duero divenne necessario ripopolare vasti territori. Tra coloro che contribuirono al ripopolamento vi furono numerosi mozarabici, a cui si attribuita unimportanza in campo artistico che in realt non ebbero.

Il regno di Len, La Rioja e lerroneamente definita miniatura mozarabica. Uno dei capitoli dellarte spagnola che ha maggiormente attirato lattenzione degli studiosi internazionali quello della miniatura prodotta nel regno di Len nel X secolo e agli inizi dellXI, talora per il suo carattere specifico, diverso dal resto dellEuropa contemporanea, e per una presunta componente orientale che contribuisce a tale specificit. Sebbene i ricercatori pi antichi (Neuss) non parlassero di mozarabismo, si cominci a usare questo termine a partire dallimportante libro di Gmez Moreno sulle Iglesias mozrabes (1919). Di fatto, non mai stato dimostrato che questo gruppo di manoscritti fosse opera di mozarabici che ricorrevano a forme di origine islamica. Quel che colpisce nel libro illustrato sono la ricchezza e labbondanza, oltre alla particolare qualit, in rapporto ai pochi mezzi di cui si disponeva e in contrasto con la scarsit di testimonianze dipinte di maggiori dimensioni. Praticamente, quel che rimane della pittura murale solo un frammento danneggiato nella testa-

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ta della chiesa di Wamba (Valladolid). Si tratta di un elemento puramente decorativo, dal repertorio animale molto comune. Esiste, invece, unampia produzione monastica di manoscritti. Pare necessario illustrare ora una nuova situazione. Lestensione del regno non permette, come in precedenza, un controllo cos stretto di tutta la politica edilizia. La creazione di numerosi monasteri indipendenti obbliga la costituzione di un importante fondo di manoscritti liturgici. Si comincia, tuttavia, a miniarne in gran quantit, trasformandoli in prodotti di lusso. Si distinguono in questo le Bibbie, i Commenti allApocalisse di Beato (noti, per comodit, come Beati), la Collezione Canonica Ispanica e, meno di frequente, antifonari, salteri e qualche altro libro di uso liturgico obbligatorio. Eccezionalmente miniaturisti e amanuensi hanno lasciato una traccia del nome, tipo di lavoro, luogo di provenienza, data ecc., cosicch li conosciamo meglio di quelli di epoca romanica. Si pu affermare, a conseguenza di ci, che un amanuense poteva anche essere illustratore (Florencio), sebbene il suo lavoro in altre occasioni fosse diverso. Generalmente appartenevano alla comunit monastica in cui veniva copiato il manoscritto, quantunque la fama di alcuni (Magio) li obbligasse a trasferirsi per compiere vari lavori. Sebbene abbiamo una conoscenza pi limitata di quanto vorremmo dei nomi degli scriptoria organizzati, possiamo citare i pi importanti. Nel Len si dovevano copiare manoscritti nella capitale stessa, nonch nellinteressante monastero di San Miguel de Escalada. Pi a sud vi era Tvara. In ambito castigliano, lo scomparso Valernica era il luogo in cui lavor Florencio, ma si distinguono inoltre San Pedro de Cardea e Valcavado. Anche nella navarra La Rioja si collocano vari centri importantissimi, quali Njera, bench la miniatura pare pi interessante ad Albelda e a San Milln de la Cogolla.

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Esiste una prima fase scarsamente conosciuta, le cui origini rimangono oscure, che incomincia poco prima del 900 e si estende fino agli anni Trenta o Quaranta del X secolo. La pi brillante e creativa, quella che sintetizza forme proprie a partire da modelli diversi, ha inizio con il lavoro di Magio nel Len e di Florencio in Castiglia. La loro opera continua a detenere grande importanza fin quasi alla fine del secolo, quando ai grandi centri creatori si vengono ad aggiungere Albelda e San Miguel de la Cogolla. Poco prima o intorno allanno mille sopraggiunge una crisi, forse non estranea alle continue campagne predatorie di al-Mansur, il caudillo cordovano. Pare intravedersi peraltro una certa stanchezza e unincapacit di rinnovamento. Siamo nuovamente di fronte a unepoca buia. Il primo segnale di rinascita lo troviamo nello splendido Beato di Fernando I (Madrid, Biblioteca Nacional), ma allora alle porte il cambiamento romanico. Nella prima fase, il linguaggio (e continuer a essere) profondamente antinaturalista. Gli artisti disegnano le figure con linee, per poi frammentarle in modo del tutto capriccioso, come se si trattasse di uno smalto, riempiendo ogni superficie di colori piani e cangianti. Il risultato di difficile lettura. Esiste un eccellente codice, di cui si ignora la provenienza, conservato a Madrid (Biblioteca Nacional) con la Collezione Canonica, sulla linea della terza versione di questa, in cui si osservano scomposti personaggi riprodotti in tal modo. Di maggiore interesse la Bibbia di Juan e Vimara (Cattedrale di Len, 920). Pare che Juan sia lamanuense e il miniaturista principale. Lavor per labate di un monastero leonese di Santa Mara y San Martn, sconosciuto. Non esiste una vera e propria illustrazione biblica. Vi sono quattro fogli dedicati a ogni evangelista, un gruppo di scene dal Nuovo Testamento e qualcunaltra con motivi animali e decorativi. San Luca (f. 211), ad esempio, un perso-

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naggio composto nel suddetto modo. Al di sopra della sua testa si scorge, peraltro, qualcosa di difficile comprensione immediata, che risulta essere il toro simbolico. Il tutto contenuto in un circolo con quattro secanti minori, in cui si intuisce un sistema decorativo simile a quello, gi menzionato, della Bibbia di Cava dei Tirreni, che include i pesci di ridotte dimensioni. In questo periodo si illustravano varie copie di Beati. Il frammento che si presume pi antico (fine del IX secolo) si trova a Silos, sebbene si ritiene che provenga da La Rioja. Piuttosto rozzo, a mio giudizio, indicativo dellincapacit del suo illustratore. Di maggiore importanza sono il Beato conservato presso la Biblioteca Nacional di Madrid (Vit. 14.1) e quello pi tardo dellEscorial, forse sempre proveniente da La Rioja. Il primo appartiene a uno stadio pi antico dellillustrazione. Con la comparsa di Florencio e Magio, e forse di qualche altro rinomato illustratore, il panorama cambia. lepoca pi creativa e sincretica. In questo momento la maggior parte dei monasteri fondati, costruiti o ricostruiti in vista dellopera di ripopolamento, terminata. Si ha limpressione che per motivi non ben espliciti si venga a conoscenza di opere di diversa provenienza. il momento in cui si rinviene un maggior numero di elementi islamici nella miniatura (Werckmeister). Si riscontra parimenti la presenza di diversi tratti di origine carolingia, sia per quanto riguarda le composizioni iconografiche (Williams), che i motivi ornamentali, nei quali viene ripresa la complessa trama di intrecci e di disegni geometrici dellarte delle isole britanniche, mediata soprattutto dalla produzione franco-carolingia insulare (Guilmain). peraltro probabile che certe credenze riguardo i castighi infernali, cos vive nel mondo islamico e in quel momento poco sentite nei testi cristiani, si ispirino proprio a quel gusto al momento di dar vita alla figura demoniaca e di disegnare complessi infer-

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ni (Yarza). Daltro canto, stato dimostrato che i grandi cicli biblici e quelli pi specifici sullApocalisse rispondono a una tradizione diversa da quella del resto dellEuropa occidentale, la cui origine comunque da ricercarsi nella tarda antichit. In definitiva, la miniatura di quel tempo il sincretico risultato dellincontro di correnti molto distinte. Pertanto definire mozarabici tali risultati significa concedere un ruolo di protagonismo o di unicit a quello che solo uno dei suoi elementi costitutivi. Il linguaggio che ne deriva continua a essere profondamente antinaturalista, astratto, di colore intenso, un po rozzo anche se non privo di ricercatezza, pieno di caratteri figurativi convenzionali e del tutto originale. Si suppone che Magio fosse un religioso del monastero di San Miguel de Escalada, dove copi il cosiddetto Beato Morgan (New York, J. P. Morgan Library, Ms. 644), in data incerta, nonostante giungesse a fornirla in alcune frasi di difficile interpretazione. Nel 968 mor nel monastero di Tvara, dove si era recato per realizzare una nuova copia di Beato, che probabilmente termin Emeterio. Gli apprezzamenti che gli venivano allora manifestati (arcipittore), uniti al fatto che dovesse trasferirsi dal suo luogo abituale di residenza per compiere una nuova opera, sono segnali che rivelano lalta stima di cui godeva. Ritroviamo la sua mano nel Beato di Escalada o Morgan. Viene qui adottata liconografia pi complessa che da questo momento manifestano questi manoscritti, aggiungendovi il Commento di san Girolamo a Daniele. Il f. 87 illustra una delle sue composizioni pi caratteristiche, ripresa continuamente negli esemplari successivi. Vi si accenna lidea di unorigine a cupola in cui, alla base della cupola, poggiano gli esseri tetramorfi e i ventiquattro anziani, qui ridotti a dodici, mentre la zona superiore sarebbe occupata dallAgnello Mistico recante il libro dei sette sigilli (Apoc. V,

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6-8). Quattro serafini e cherubini negli angoli suggeriscono la loro collocazione nelle trombe o pennacchi di tale cupola immaginaria. Le figure sono state sottoposte a un processo di semplificazione rispetto a quelle che le avevano immediatamente precedute. Esiste un equilibrio compositivo che prima mancava. Volti sempre uguali, levigati, dagli occhi dipinti con la pupilla bianca e lo sguardo intensamente fisso, mentre al di sopra delle teste si ripete quel falso nimbo, comune sia a personaggi positivi sia negativi. da supporre che Emeterio fosse stato allievo di Magio. lui a firmare il colofone del frammentato e incerto Beato di Tvara, nel 968. Esiste il dubbio che ci troviamo di fronte a due manoscritti diversi, con i loro scarsi frammenti rilegati insieme. In ogni caso, le poche miniature che si sono conservate, oltre alla pi famosa, quella con la torre del monastero (f. 167v), sono sulla linea dellartista di Escalada. Non sappiamo in quale monastero venne eseguita la copia pi preziosa e, in certa misura, pi interessante fra tutti i Beati dellaltomedioevo, quello cosiddetto di Gerona in quanto conservato nella cattedrale di questa citt dal 1078, anno in cui venne donato da un maestro di cappella chiamato Juan. Un abate di nome Domingo ne fu il responsabile. Lamanuense Senior, collaboratore di Emeterio e di Magio, lo copi. En, pittrice, ed Emeterio, religioso, lo miniarono, terminando il lavoro nel 975. Lo stile delle miniature comprova che siamo di fronte a qualcosa che richiama lo stile di Magio, sebbene diverso e, spesso, di qualit ben pi elevata rispetto al modello. Unaltra strana indicazione su un conte sconosciuto permette di dimostrare che lopera fu elaborata in un centro leonese (in ogni caso castigliano), comunque nellorbita di Len-Escalada-Tvara. La grande novit e rappresentata dalla presenza di una depintrix (pittrice), senza che si sappiano altre notizie su di lei. A

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quel tempo, i miniaturisti e gli amanuensi sono sempre chierici, cos come viene indicato nei testi. Chi era En? Si detto, e pare la supposizione pi sensata, che fosse una monaca appartenente a qualche cenobio sconosciuto. Quantunque non esista un dato simile in Spagna, siamo a conoscenza di casi, in altri luoghi, di monache miniaturiste. Lunica cosa che stupisce che i rimanenti protagonisti vengono designati come sacerdoti e abati, mentre En nominata solo come pittrice. Ipotizzata lesistenza di due miniaturisti, si rilevano elementi comuni tra loro, entrambi eredi di Magio, sebbene si percepisca una cura maggiore in certe parti dellopera. Il Beato si arricchisce di un primo gruppo di fogli dedicati alla vita di Ges , inesistente in qualsiasi altro esemplare anteriore e ripreso solo nel Beato di Torino, sua copia romanica. importante sottolineare il suo interesse iconografico (Yarza, Nordstrm). una delle opere in cui sono particolarmente evidenti suggestioni islamiche. Tra queste si annovera la splendida miniatura iniziale della grande meretrice di Babilonia (f. 63), originale rispetto ad altri esemplari, dove la donna cavalca la bestia vermiglia e solleva il calice dirigendosi verso un gigantesco albero. Sebbene il tipo femminile sia di ascendenza classica, la sua posa e la presenza dellalbero derivano dalle coppie di cavalieri di tradizione sasanide, parti compositive della decorazione delle casse musulmane di avorio, che stanno uno di fronte allaltro davanti a un albero dallampia chioma che si erige come asse di simmetria. costante nei manoscritti il riferimento ai messaggi delle sette chiese dAsia, tuttavia mai rappresentate come qui, con una costruzione dampio respiro (f. 89v), probabilmente desunta da un modello, ma con i diversi piani che si sovrappongono in modo da rendere difficile la lettura, il che non impedisce di notarne la slanciata eleganza. Nella zona specificamente apocalittica, la

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tematica comune ad altri membri della famiglia di manoscritti alla quale appartiene (f. 176v). Gli artisti giungono a produrre effetti impensati nella zona di Daniel. Il prototipo utilizzato da Magio e dai suoi contemporanei diverso da quello che servi per lApocalisse, essendo le sue miniature in generale esteticamente meno interessanti. Pur tuttavia, nel Beato di Gerona si ottengono talvolta splendidi effetti, quale la visione teofanica in presenza delle quattro bestie (ff. 258v-259), composizione che occupa un foglio doppio. Nella produzione leonese esistono codici meno interessanti dal punto di vista dellillustrazione, seppure importanti per quanto riguarda il contenuto. questo il caso dellAntifonario della cattedrale di Len, che contiene un tesoro musicale purtroppo indecifrabile, corredato da numerose miniature di piccole dimensioni, in buona parte proprie di un passionario (Yarza) e altre prive di riferimenti noti, come quella dellunzione di un re (f. 271v). Florencio , tra gli amanuensi e i pittori, il pi documentato. Lo si trova presso il monastero castigliano di Valernica nel 937. Realizza poi una Bibbia illustrata. Copia uno Smaragdo tuttora conservato (Cattedrale di Cordova). Nel 945 realizza una delle sue opere pi emblematiche, i Discorsi di Giobbe (Madrid, Biblioteca Nacional, Cod. 80), in cui compone uneccellente Maest (f. 2), prova della sua arte prima che giungesse a conoscere, non sappiamo bene come, alcune opere carolinge (Williams). In questo codice lascia unulteriore testimonianza di s in un labirinto che occupa un foglio intero, in cui si pu leggere pi volte: Florentius indignum memorare, facendo ricorso a questo topos di falsa umilt attraverso il quale dimostra quanto fosse soddisfatto del suo lavoro. A Valernica porta a termine, nel 960, con laiuto dellallievo Sancho, la grande Bibbia conservata a San

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Isidoro di Len. miniata con una profusione che non trova pari nellEuropa del tempo. Il sistema uno dei pi antichi che si conoscano: lillustrazione figura senza incorniciatura nel testo stesso, rendendo esplicito il suo messaggio e aiutando con larte la memoria in modo da fissare i contenuti con pi facilit nella mente del lettore. Vi sono miniature che si distaccano dalla norma, come le visioni del tabernacolo del tempio. Il codice si chiude, come molti altri, con una grande omega, come se iniziasse con unalfa. Tuttavia gli artisti utilizzano lidea come un pretesto per disegnare due ritratti di ognuno, sopra e sotto la lettera. Sollevano un calice e palesano la loro identit in iscrizioni nelle quali si congratulano per avere concluso il lavoro e in cui Sancho riconosce a Florencio lufficio di maestro. Vi probabilmente un intento sacro nel gesto (f. 514). Florencio visse almeno fino al 978. La sua eredit non cos chiara come quella di Magio. In terra castigliana vi furono monasteri con scriptorium, quali Oa, San Pedro de Cardea, Silos ecc., ma non produssero alcuna opera di rilievo nel campo della miniatura paragonabile a quelle viste. Ciononostante, a Valcavado, nel 970, viene miniato un altro Beato, da Oveco (Valladolid, Biblioteca Universitaria). Rispetto allabbondanza illustrativa propria di tali libri , tuttavia, di qualit molto inferiore, pur tentando di riscattare le deficienze con un certo espressionismo e con il ricorso a colori pi aggressivi del normale (f. 131). La Rioja una zona che fece parte per qualche tempo del regno di Navarra, passando in seguito sotto il regno di Len e di Castiglia. In questo periodo essenzialmente di Navarra. In varie aree montagnose del sud si era sviluppata unimportante vita eremitica, che aveva dato luogo in seguito alla creazione di monasteri. Albelda uno di questi. Qui, un certo Vigila realizza uneccezionale copia dellantica Collezione Canonica Ispana,

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gi citata in precedenza. La illustra nel 976 con numerose miniature che includono rappresentazioni dei concili a cui si allude nel testo. stato detto che la gestazione del modello originale avvenisse intorno al 700, durante il regno visigoto, ma quando fu preso in mano da Vigila aveva subito certe trasformazioni, per poi essere di nuovo modificato da questi. Il suo stile si colloca sulla linea generale vista in precedenza, ma la correttezza e leleganza compositiva delle sue miniature arrivarono a essere considerate, senza alcuna ragione, estranee alla mentalit ispanica. Appartiene alla vecchia tradizione la rappresentazione di Toledo allinizio di tutti i suoi concili (f. 142). qualcosa che non ha uguali nelle frequenti rappresentazioni conciliari anteriori o contemporanee (Silva), sebbene dovesse essere creata intorno al 700. Nuovo linsieme di ritratti (f. 428) incorniciati in un rettangolo: vi compaiono Chindasvinto, Recesvinto ed Egica, i re visigoti e anche Sancho II Abarca, il re navarro che governa a quel tempo, accompagnato da Urraca e Ramiro. Infine, il ritratto dellautore, incentrato su Vigila, affiancato da Sarracino e Garca. Non ci giunta nessunaltra opera di Vigila. Verso la fine del secolo si avverte una certa stanchezza nei centri di produzione. Il Beato della Seo di Urgel ne una prova, sebbene non sappiamo dove fosse realizzato. LAntifonario di Len, gi citato, viene realizzato in questo periodo. Lunico scriptorium importante pare essere quello di un altro monastero di La Rioja: San Milln de la Cogolla. Nel 994 vi si produce una nuova copia della Collezione Canonica. Lamanuense Belasco utilizza un modello in cui compaiono miniature sconosciute di Vigila (Escorial, Cdice Emilianense). In tal modo ci troviamo di fronte uneccezionale visione di Siviglia (f 205v) che non compare nellAlbeldense, mentre si ripete il gruppo di ritratti, con lunica sostituzione degli autori nella

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zona inferiore. Lo stile pi astratto e forse pi espressivo di quello di Vigila. Sia nellopera di questi sia in altri manoscritti contemporanei si erano imposte le grandi iniziali dal tracciato complesso e dalla precisione matematica, di provenienza insulare. Poco dopo pare si iniziasse un Beato il cui testo venne completamente copiato, ma si mini, solo in parte. probabile che la razzia di al-Mansur avvenuta agli inizi dellXI secolo, responsabile della distruzione del monastero, fosse una delle cause per cui non venne terminato a quel tempo. Non di grande qualit, ma alcune delle illustrazioni sono superbe, come quella dellAdorazione dellAgnello (lo stesso motivo che appare nel Beato di Magio), dove le ali del tetramorfo si spiegano in maniera tale da produrre otticamente un movimento circolare di forte intensit (Madrid, Academia de la Historia, Cod. Aem. 33, f. 92).

Al-Andalus: la miniatura mozarabica. Notevole il contrasto tra la miniatura del nord e quella realizzata dai mozarabici residenti in territorio islamico. naturale che siano andate perse parecchie opere, ma quelle che si sono conservate danno unidea molto particolare di tale dato. Innanzitutto, la Biblia Hispalense (Madrid, Biblioteca Nacional, Vit. 13.1), il pi mirabile di tutti i codici conservati, possiede caratteristiche contrapposte. Se ci soffermiamo sul canoni (f. 278), evidente il contrasto tra un classicismo mai visto al nord, come nelle figure dei tetramorfi, e un influsso islamico negli elementi ornamentali dei capitelli. Si realizz presumibilmente verso il 900 e nel 988 si aggiunsero a Siviglia tre figure di profeti nelle quali persiste il contrasto. Ci dimostrerebbe che non esiste uno stile mozarabico, neppure in al-Andalus.

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Un De Virginitate di santIldefonso (Firenze, Biblioteca Laurenziana, Ashb. 17), che sopravvive nelle comunit toledane fino al secolo XI molto inoltrato (1067), appare estremamente arcaicizzante, pur non giustificandosi con questo, n con laltro codice, lesistenza di una miniatura mozarabica, tinta di arabismi, che d impulso a quella cristiana del nord.

La Marca Ispanica. Il rafforzamento della Marca Ispanica carolingia trasse con s la sua effettiva indipendenza rispetto a un potere franco in piena decadenza. Nella zona pirenaica si consolidano vari monasteri (Cux, San Martn de Canig), mentre se ne organizzano anche altri a sud dei Pirenei (Ripoll, Roda) o si riorganizzano le sedi episcopali (Vich, Gerona, Terrassa). visibile una ripresa soprattutto verso la met del X secolo. I contatti con la Francia non cessano, ma aumentano quelli con Roma e con lItalia del nord. Gli attacchi di al-Mansur ne paralizzarono per qualche tempo il consolidarsi, che comunque si ripristin in seguito alla morte del figlio, ormai nel primo decennio del X secolo. Gli edifici del tempo si sono conservati pi o meno restaurati, ma sono scomparsi i dipinti che li decoravano, salvo rare eccezioni, fra cui le chiese di Terrassa, antica sede episcopale, ora rinnovata. In special modo a San Miguel e Santa Mara si possono scorgere, oltremodo sbiadite, diverse figure, realizzate forse dopo lanno Mille, dove chiaro che ci troviamo di fronte a un mondo completamente diverso da quello di La Rioja e Len. Quella che ci si presenta la tradizione classica, vista attraverso la renovatio carolingia. Al contempo, in altre zone, si assisteva a unarte pi cupa, elementare, come negli affreschi immediatamen-

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te anteriori della chiesa di San Quirce di Pedret (Solsona, Museo Arqueolgico Diocesano). Troviamo un linguaggio ornamentale altomedievale, unito a una figurazione semplice, fin quasi popolare. Entrambe queste tradizioni, quella classicista (sempre pi degradata) e quella astratta pressoch popolare, continueranno nella Marca fino allultimo terzo dellXI secolo. Si distinguono in maggior misura gli scriptoria organizzati, almeno quelli del monastero di Ripoll e, forse, quello di San Pedro de Roda, in cui, tra le altre opere, si realizzano due eccellenti Bibbie profusamente illustrate in un periodo indeterminato tra linizio e la met dellXI secolo. In entrambe, la lontananza rispetto allaltra miniatura molto evidente, cos come si discostano dai modelli iconografici aderenti alla linea europea pi comune. La Bibbia di Ripoll (Biblioteca Vaticana, Lat. 5729) rilegata in un volume e non completa. Quella di Roda (Parigi, Bibliothque Nationale, Lat. 6) ne comprende vari, ed evidente la differenza delle sue miniature, parte delle quali si collegano gi con opere di periodi vicini al 1100. Nel frattempo, nel regno di Len, Ferdinando I incarnava il cambiamento e lapertura verso lEuropa. Siamo agli inizi di quella che sar la rinuncia alla liturgia ispanica e ladozione di quella romana. Anche la miniatura si fa portavoce della nuova situazione. Il Beato commissionato a Len nel 1047 per Ferdinando e la sua sposa Sancha ne la prova pi tangibile. Ciononostante, come accadr per tutto il medioevo, continua a sussistere unaccentuata differenza nellarte dei diversi regni e delle contee indipendenti.

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Lambiente romanico (dal XII secolo allinizio del XIII)

Le particolari circostanze che caratterizzavano la situazione dei regni ispanici determinarono un ingresso relativamente rapido della pittura che definiamo romanica, sebbene mantenga rapporti molto stretti, in special modo nellItalia del nord, con la tradizione immediatamente anteriore. La particolarit del linguaggio plastico che definiamo altomedievale era necessariamente legata allisolamento rispetto allEuropa occidentale e allesistenza di una liturgia propria, che potenziava ulteriormente tale stato di cose. E la Marca Ispanica, la futura Catalogna, quella che importa prima e in maniera definitiva gli artisti che introdurranno le novit. Ci si spiega con i rapporti pi continuativi con la Francia e lItalia e lo speciale suggellarsi di relazioni con la Lombardia e i suoi dintorni, che contribuir al tempestivo arrivo del primo romanico. La pittura lo far parecchio tempo dopo, quando saranno portate a buon termine numerose costruzioni. Attecchir con forza, in modo tale da riempire di affreschi i muri di un gran numero di chiese in pochi anni. Pur tuttavia, la moltitudine di opere conservate non deve far dimenticare che certi giudizi sono alquanto affrettati se si basano su dati parziali non sempre affidabili. Pertanto, tale abbondanza catalana era in contrasto con la scarsit di dipinti del vicino regno di Aragona. Qui, continui e importanti ritrova-

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menti, avvenuti in special modo negli anni Sessanta, sono giunti a esautorare quella teoria che giustificava la mancanza di dipinti come conseguenza dellimportanza della scuola di scultura. In altre zone, come il Len, sussiste tale scarsit, ma la straordinaria qualit degli affreschi del Pantheon di San Isidoro a Len non da considerarsi qualcosa di eccezionale, bens i resti di una scuola molto pi feconda. Il lungo periodo che va dallultimo quarto dellXI secolo fino ai primi anni del XIII fu testimone della nuova espansione dei regni cristiani a scapito dellIslam. Nel XII secolo venne conquistata la nuova Catalogna (Lrida, Tarragona, Tortosa), in gran parte grazie al rafforzamento dovuto allunione dei conti di Barcellona e del regno di Aragona. Anche questo regno, in origine di piccole dimensioni, conosce un aumento del territorio. Nella zona castigliano-leonese si ripropone la stessa situazione, seppure in maniera discontinua, poich successivamente gli almoravidi e gli almogavidi dellAfrica del nord assumono il controllo di un malconcio al-Andalus, subito dopo lo smembramento del califfato di Cordova, evitando lespansione. Ci significa che lambito geografico proprio della pittura romanica, anche se in epoche successive, supera di molto il precedente. In linea generale, i vecchi territori sono i principali ricettori della nuova pittura e solo a secolo XII ben inoltrato, se non verso il 1200, i nuovi territori, pi o meno consolidati e ripopolati, assumono questo tipo di decorazione. Conviene tener conto di aspetti in apparenza contraddittori ma rappresentativi della nuova situazione. Da un lato, il romanico internazionale e il periodo caratterizzato da unapertura in ogni tipo di rapporti e comunicazioni, senza precedenti nellEuropa occidentale medievale. Ci pi evidente dato il carattere itinerante dei pittori professionisti. Di conseguenza, linflusso ita-

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liano in Catalogna preponderante. Anche linflusso francese si fa sentire in Catalogna e in Aragona, persino nel Len. E non da sottovalutare limpronta inglese, sia nella pittura (Sijena), sia nella miniatura (Santiago de Compostela, Burgos, Aragn ecc.). Sebbene verosimilmente i miniaturisti continuino a essere di preferenza chierici, si deve parlare di unarte internazionale che, nella penisola iberica, favorita dallarrivo di religiosi, in conseguenza della sostituzione della liturgia spagnola con quella romana, cos come dalla vasta opera di ripopolamento che avviene mano a mano che aumentano i territori, mentre i musulmani si spostano verso sud. In parte contraddicendo quanto detto, necessario ricordare che tale permeabilit pi frequente, ad esempio, tra Catalogna e Lombardia che tra la stessa regione ispanica e il Len. Esistono dei contatti. Si parlato di un ipotetico Maestro de Tall, dapprima attivo nella locale chiesa di Santa Mara sui Pirenei, e in seguito nei santuari castigliani di San Baudelio, a Berlanga, e Santa Cruz, a Maderuelo. E, pur non stando esattamente cos le cose, i tre lavori sono in stretta relazione. E difficile, come in Francia e in Italia, datare con una certa sicurezza la pittura romanica, dal momento che i dati sono scarsissimi. Ci ha fatto incorrere in errori, come quello di credere che i dipinti del Pantheon di Len fossero posteriori al 1180, quando in realt si dovettero realizzare nei primi ventanni dello stesso secolo. Ciononostante, sempre con ragionevoli dubbi, si pu parlare di due periodi molto lunghi. Il primo corrisponderebbe agli anni che vanno dal 1075-90, anni in cui arrivano i modelli dallesterno, fino al 1160-75, quando inizia ad annunciarsi un cambiamento che stato chiamato arte del Duecento, o si esauriscono in una degradata inerzia le correnti che erano state vitali fino a quel momento.

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La pittura murale ricopre linterno delle chiese. Da quel che si conservato, si pu affermare che si iniziava dipingendo la testata, spesso concludendo lopera quando si terminavano gli absidi (Santa Mara e San Clemente, a Tall, Sorpe ecc.), bench non sempre accadesse questo (Bags). Talvolta non si arrivava a decorare il resto delle pareti con un ciclo figurativo, creandosi in tal modo la falsa impressione che, in buona parte, liconografia del romanico ispanico vertesse quasi esclusivamente su diverse teofanie. Nei casi in cui tutta lopera venne realizzata in una sola volta (Bags) o venne completata con un secondo intervento (Santa Mara de Tall, Sorpe), normale riscontrare la presenza di cicli evangelici ed agiografici. La solennit progressivamente geometrica, sulla base dei modelli italiani pi vincolati alla tradizione antica, produce con frequenza teofanie dallaspetto imponente. La tematica pi varia soprattutto in luoghi diversi dallambito essenziale del tempio, come nel Pantheon della chiesa di San Isidoro, a Len, nella sala capitolare di Sijena o in quella di Arlanza. Bisogna tener conto dellimportanza di programmi con una componente ecclesiologica e con una particolare attenzione nei confronti di Pietro come capo della Chiesa, pi frequenti in Catalogna. Si ritiene che esistesse una pittura peculiare di castelli e residenze laiche, di cui non rimane pressoch nulla, che fa presupporre lesistenza di tematiche profane la cui portata difficile da ricostruire. In un primo tempo, come surrogato di opere realizzate in metalli preziosi, proliferarono le tavole dipinte poste come paliotto daltare. In Aragona e in special modo in Catalogna se ne conservano tuttora parecchie. La loro forma, tuttavia, non molto diversa dalla retrotavola, vale a dire quella tavola che si colloca sopra e dietro laltare, origine del futuro retablo. Forse si dovrebbe ritenere pi probabile che si tratti di retrotavole in

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quei casi in cui le retrotavole sono dedicate a santi. Sebbene la visione teofanica sia normale e frequente, aumenta il numero di tavole dedicate a raccontare, con maggiore o minore estensione, la vita di santi. La miniatura ispanica e in questo momento piuttosto interessante, come prima, ma nellambito delle generali correnti europee. Il numero di scriptoria che eseguono manoscritti miniati molto alto, anche se non sempre si certi dellattribuzione delle opere. Mentre la pittura catalana, per quanto ci dato conoscere, si distingue in maggior misura da quella castigliano-leonese, con la miniatura accade il contrario. Quanto al problema circa la determinazione dellautore della miniatura, se realizzata da chierici, come in precedenza, o da un professionista laico, riteniamo che il primo fosse il caso pi comune, senza che cessino di esistere casi che rientrano nella seconda ipotesi. Ad ogni modo, si manifestano rapporti stilistici tra pittura e miniatura, pur sussistendo le differenze.

La grande pittura romanica (ca. 1075-1175) Catalogna. Nonostante i tentativi di ricercare indizi in piccole chiese, come quella del Santo Sepolcro a Olrdola, al fine di intuire come fosse la pittura romanica in Catalogna, quando in realt l si conserva solo uneco degradata del classicismo pi vivo a Terrassa, lingresso di questa corrente si produce quando un gruppo di artisti lombardi, forse milanesi o di formazione milanese, giunge in Catalogna in anno imprecisato, nellultimo quarto dellXI secolo. Come noto, esistevano vari rapporti con questa zona fin dagli inizi dello stesso secolo, ma non sappiamo in quali circostanze, n quali persone vi fossero dietro, quando inizia a farsi notare la presenza di questi pittori.

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Per quanto ci dato conoscere, tutto concorre a dimostrare che la prima ricettrice fosse la piccola e apparentemente poco importante chiesa di San Quirce a Pedret. difficile da credere, ma la stessa mancanza di dati ci obbliga ad andare cauti. Innanzitutto, non solo si devono menzionare due eccellenti artisti, vicini tra loro, bens anche un programma molto complesso in cui emergono due componenti basilari: la presenza di un ampio ciclo apocalittico e lorganizzazione di un altro ciclo ecclesiologico, risolto con elementi allegorici o simbolici, che indicano la presenza di un mentore di tutto riguardo. La chiesa era gi stata dipinta in precedenza, come si detto, con opere di difficile attribuzione. Tutti i segni rivelano una cura e unattenzione costanti per tutta la durata di un secolo o poco meno. I due pittori appartengono a quella ricchissima tradizione presente in Lombardia almeno a partire da San Vincenzo in Galliano, ma che si protrae oltre il 1100. San Pietro in Civate lopera la cui somiglianza con Pedret stata pi volte segnalata. Si deve aggiungere, inoltre la piccola chiesa svizzera di Prugisaco, sempre nellorbita lombarda, o gli affreschi della controfacciata di San Martino, a Carugo. In definitiva, sempre la stessa zona. necessario supporre che gli artisti di Pedret fossero lombardi. Bisogna peraltro pensare che fossero due e molto vicini. Uno risentirebbe profondamente della tradizione lombarda del tempo, come dimostrano i cavalieri apocalittici della parete destra dellabside rettangolare centrale. Laltro, autore degli anziani apocalittici della parete orientale della stessa zona, molto simile, ma ha reso pi rigide le linee fluide del suo collega, ha sottomesso i drappeggi a un processo di geometrizzazione, tendendo verso una certa astrazione (Yarza). Non c un Maestro de Pedret, come volle a suo tempo Gudiol, bens due nella stessa chiesa. E poi un lungo seguito.

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La cappella centrale conservata a Solsona, sottratta dal suo luogo dorigine, come la quasi totalit dei dipinti murali catalani (Museo Diocesano). Nella parte anteriore si trova unadorazione del trono di Dio da parte degli anziani. Sulla destra si schiera il gruppo dei cavalieri con i loro segni distintivi, alcuni mal conservati e altri di eccellente esecuzione, in sella a cavalli di straordinaria naturalezza. Dallaltra parte, nuove scene tratte dallo stesso testo, in particolar modo le anime dei giusti al cospetto dellaltare di Dio e langelo con lincensiere al di sopra dello stesso altare. Nella scelta delle scene vi una somiglianza con i pi tardi dipinti di Anagni (Klein, Yarza), indizio che suggerisce come entrambe obbediscano a uno stesso prototipo, forse italiano. La cappella ricoperta da una volta a botte, sulla quale si distingue appena la Maest. Nellarco di trionfo si notano resti di un sacrificio di Isacco, un Abramo e un Melchisedec, cos come riferimenti al martirio dei santi Quirico e Giulitta. A Barcellona (Museo de Arte de Catalua) sono conservate le due cappelle laterali. In una, la Parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge, possiede un doppio carattere, scatologico ed ecclesiologico. Inoltre, una Vergine domina il quarto di sfera celeste, a cui si deve aggiungere limmagine personificata della Chiesa, che completa cos questa parte del programma. Laltro abside ha perso quasi interamente la sua decorazione, ma vi si distingue ancora parte del collegio apostolico presieduto da san Pietro (Ainaud), con ci che questo suppone. Gudiol ebbe labilit di riunire vari dipinti simili sotto il comodo nome di un unico maestro. Continuiamo ad accettare questa approssimazione, ma riteniamo necessario sostituire il nome di persona con quello di una scuola di origine lombarda, forse con membri catalani di seconda generazione, attiva in diversi luoghi della Catalogna fino a quasi la met del XII secolo. Il pi vicino

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sarebbe leccellente artista della collegiata di Ager, pi affine al secondo che al primo pittore, autore del dipinto murale della cappella, deteriorato a tal punto che rimane soltanto una coppia di santi (Barcellona, Museo de Arte de Catalua). Nulla impedisce di sostenere che fossero stati realizzati alla fine dellXI secolo. Possiedono peraltro una mirabile ricchezza cromatica. Vicino per luogo e tempo labside di Santa Mara de Aneu (Barcellona, Museo de Arte de Catalua), solo in parte conservato, imponente nella sua solennit, con una curiosa teofania della Madonna Trono in unEpifania soggetto frequente nella produzione catalana, nonch inquietanti figure di serafini con varie paia di ali nella zona dellesedra, disposti su una superficie in cui figurano le ruote di fuoco della visione di Ezechiele e immagini di profeti. Se si fosse conservato meglio, saremmo al cospetto di una delle creazioni pi emblematiche della pittura romanica. Santa Mara de Aneu si trova nel contado di Pallars, luogo di grande importanza in questo periodo. Nello stesso territorio si trova il monastero di San Pedro de Burgal, connesso direttamente con i conti. La sua chiesa, con il controabside, di grande interesse, in gran parte in rovina, ma si sono salvati vari dipinti che dopo molte peripezie sono arrivati al Museo de Arte de Catalua. Il quarto di sfera celeste occupato da una Maest con due profeti, a malapena conservati. Nellesedra si trovano varie figure di santi presiedute da unimmagine di Maria, accompagnata da Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, nonch da altri santi non identificati. Su un lato, a destra, una figura femminile regge un cero. Pare che alcuni resti di uniscrizione permettano di riconoscervi una conmitesa, il che port Arnaud ad avanzare lipotesi che fosse Lucia, vedova del conte di Pallars dal 1081 e vivente almeno fino al 1091. Questo indicherebbe una data probabile,

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ma forse si pu anche situare dopo la sua morte. Ad ogni modo, segno che i conti di Pallars furono implicati nella commissione delle opere in data non lontana al 1100, pertanto il fatto che si trovino in luoghi apparentemente distanti dai centri pu trarre in inganno, dato il peso che a quel tempo avevano questi nobili. Daltra parte, si prodotta una trasformazione nel linguaggio artistico. Tale processo di geometrizzazione delle forme, gi avviato a Pedret, raggiunge un livello molto alto nei santi della zona inferiore, senza alcuna perdita di qualit. Vale a dire, esiste una volont di astrazione che allontana le figure sacre dalla realt, conferendo loro unaura dellaltro, del sublime, nel senso dato al termine da R. Otto. Che si tratti di un adattamento dei modelli italiani compiuto fin da ora dagli artisti catalani? Di minore interesse sono i restanti dipinti della scuola. A Liziers ve ne sono alcuni risalenti agli anni intorno al 1117 (Durliat, seppure con dubbi). Nella valle di Arn, a Treds, si trovano nuove opere di qualit inferiore (New York, Metropolitan Museum), cos come al castello di Orcau (Barcellona, Museo de Arte de Catalua) e nella chiesa di Argolell. Si scoperto di recente un cielo a Rus, trasferito al Museo Diocesano di Solsona, di mediocre qualit, risalente con tutta probabilit a non prima del secondo quarto del XII secolo. Nellambito di quella che potremmo definire scuola catalana di origine lombarda, si trova San Clemente a Tall, terminata nel 1123. Qui viene portata allestremo la volont di trasformare le figure in geometria, al fine di ottenere una visione sublime dellimmagine divina, con una sicurezza di segno e una gamma cromatica di alta qualit. Si andati in cerca del suo autore in Italia senza alcun risultato. Trova qui il suo compimento un processo che gi si intravede a Pedret e che tocca mirabili vertici a Burgal. Solo la testata opera dello

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straordinario artista, con una monumentale Maest e alcune splendide immagini di tetramorfi nel quarto di sfera celeste. Nella zona del catino absidale, la Madonna e gli apostoli. Tra i resti che si sono a tuttoggi conservati si distingue la parabola di Lazzaro e lAgnello apocalittico, essere fantastico ricoperto di occhi, come esige il testo non sempre accettato dagli artisti. Contrariamente ai pittori di Pedret, quello di Tall non ha seguaci a noi noti, se si eccettuano alcuni frammenti di Roda de Isbena, nellattuale Aragona. Forse la sua eccezionalit lo rendeva meno imitabile, sebbene la sua origine non fosse diversa da quella di altri, incluso lautore, a lui vicino, degli affreschi della testata di Santa Mara, a Tall, consacrata nello stesso periodo. Si tratta di un professionista accettabile, che risente dellinfluenza della pittura dellItalia del nord, ma da lontano. Disegna un tipo di capitelli comune in quelle zone, nellImpero germanico e, pi eccezionalmente, in altre localit, in cui ogni lato si ottiene come sezione di un corpo semisferico o pseudosemisferico, tagliato da un piano. Sebbene attualmente si trovino privi di decorazioni, con probabilit ogni lato veniva dipinto. Questo ci che si fatto a Santa Mara, segno che si capiva bene quel che si copiava. I colori usati sono normali e comuni, diversi da quelli vivaci di San Clemente. Il soggetto diffuso a quel tempo in Catalogna, con labside occupato da unEpifania che si integra in una teofania allinterno della mandorla mistica dominata da una Madonna in trono col Bambino. Non conosciamo le ragioni per cui il dipinto rimasto visibile qui. Alcuni anni dopo, un pittore di scarsa preparazione completava i dipinti sulle pareti delle navate laterali, della zona occidentale e delle colonne. ancora visibile parte della zona destra, il complesso Giudizio Finale e linferno della parte inferiore. Lo stesso artista avrebbe lavorato a San Clemente, nonch in

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alcune chiese dellAragona. Leredit dellartista principale viene raccolta in Castiglia o nella testata di Sorpe, con una certa goffaggine. Linfluenza francese, sebbene altrettanto diffusa, di qualit di gran lunga inferiore. Nelle vicinanze di Tall si trova San Juan de Bo: chiesa di tre navate, fu ricoperta interamente da affreschi conservati in modo molto frammentario. Si riscontrano certe cadute nellesecuzione, nonch vari e strani soggetti, che vanno da temi ritenuti biblici a vite di santi (lapidazione di Stefano), passando da figure mostruose. Alcune parti sono state staccate e trasferite al Museo de Arte de Catalua solo di recente, senza che finora siano state esposte tutte al completo. Si dubita che una delle storie, identificata come ladorazione della statua eretta da Nabucodonosor, sia tale, nonostante le similitudini con la stessa composizione citata nella Bibbia di Roda. Le curiose pose in cui sono atteggiati i lapidatori di santo Stefano non sono un prodotto delloriginalit dellartista, bens rispondono a modelli pi antichi cos disposti. Lo scriptorium di Poitiers e la scuola di Saint Savin, di questo diretta discendente, erano noti in varie parti della penisola, in particolare a Bags, in Aragona e in Catalogna. Venne coniato il nome di Maestro de Osormort, su cui convergeva tutto questo vasto seguito dorigine francese, a partire dai dipinti di San Saturnino a Osormort (Vich, Museo Episcopal). Ancora una volta il nome occulta pittori diversi di media qualit, che dovettero lavorare nella prima met del XII secolo, in relazione tra loro. Altri dipinti, la cui filiazione non ancora stata stabilita con chiarezza, presentano una certa singolarit. In primo luogo, vi sono resti di San Martn Sescorts (Vich, Museo Episcopal), ma in quantit ridotta, di un pittore che non estraneo alla lontana opera di San Isidoro, a Len, e che si suppone lavorasse in questo periodo. Pi

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importante il secondo artista di Sorpe, il quale, verso la met del XII secolo, dovette ricoprire tutte le pareti della chiesa con un ciclo di grande rilievo, tanto per la sua qualit, quanto per le particolarit iconografiche, come lAnnunciazione con un terzo personaggio. Sono inoltre peculiari e privi di legami visibili gli affreschi di Santa Mara, a Mur (Boston, Musem of Fine Arts). Tutto ci non fa che dimostrare lalto numero di pittori che dovettero circolare in terra catalana tra la fine dellXI secolo e i primi sessanta o settantanni del secolo successivo. Si produce al contempo una gran quantit di tavole dipinte, sia come paliotti, in cui si imita con caldi colori gialli il colore delloro, sia come retrotavole da collocare sopra o dietro laltare. Su tali opere possediamo ancor meno dati. Innanzitutto, non emerge la corrente italiana con la stessa evidenza come nei dipinti murali, indizio, talora, che non sempre gli stessi artisti lavoravano su entrambi i supporti. stato fatto qualche tentativo di accostare un paliotto, che si dice proveniente dalla diocesi della Seo di Urgel (Museo de Arte de Catalua), ai dipinti murali dellabside della chiesa di San Pedro nella suddetta citt, con risultati insoddisfacenti. Si anche parlato dellesistenza, in questo luogo o nel monastero di Ripoll, di una bottega di pittura dedita alla produzione di tale tipo di opere, sebbene non sia stata documentata, n risulti molto verosimile in base alle prove addotte. Con tutta la precauzione richiesta dal parlare senza il minimo dato, si potrebbe supporre che i paliotti pi antichi, tuttoggi conservati, siano posteriori ai dipinti, non potendosene datare nessuno anteriormente al primo decennio del XII secolo. In questo periodo, fino al 1150-70, si riscontra poca variazione nei soggetti. Il citato paliotto della Seo di Urgel diviso in tre scomparti, con una Maest al centro e gli apostoli in entrambi i lati, presieduti da Pietro e Paolo, ma dispo-

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sti a triangolo o a piramide, cos come si sono spesso visti gli anziani nei Beati in atteggiamento di adorazione dellAgnello sul monte Sion, senza tuttavia paralleli in opere romaniche. Stilisticamente non si colloca lontano dal paliotto di Hix (Barcellona, Museo de Arte de Catalua) che, dedicato a san Martino, ritrae il momento in cui il santo divide il mantello con il mendicante. Lopera pi importante, purtroppo molto frammentata, che corrisponde a ci che rimane di un baldacchino, il cosiddetto baldacchino di Ribes. Emerge immediatamente per la brillantezza del colore e la sicurezza di un disegno molto preciso (Vich, Museo Episcopal). forse di minore rilievo limmagine della Maest di grandi dimensioni rispetto ai pregevoli angeli. Di un certo interesse sono le varie iscrizioni ancora non ben decifrate. Ci troviamo di fronte a unarte scevra da qualsiasi traccia di naturalismo, pi vicina a una corrente che per comodit chiameremo francese, pur se completamente diversa da quella rappresentata dai dipinti di Bo o di Osormort. La si collega al cosiddetto paliotto Espona (Barcellona, Museo de Arte de Catalua), altrettanto eccellente, ma le cui figure mancano delleleganza di cui dot le sue il Maestro di Ribes. Neanche per questopera conosciamo date, seppure vagamente si potrebbe far risalire al primo terzo del XII secolo. Sorprende, a prima vista, il contrasto offerto dallabbondanza dei dipinti con lillustrazione di libri. senza dubbio da addurre al fatto che percorrono strade parallele, ma differenti. Allo scriptorium di Ripoll viene attribuita una grande vitalit, sebbene siano stati provati rapporti con Roda e, in special modo, con Gerona. Si trova forse in questa citt la bottega pi attiva dagli inizi del XII secolo o dalla fine del secolo anteriore fino a data non determinata. Come stato detto, nel 1078 veniva donato il Beato di Gerona alla cattedrale. Poco tempo dopo, talora gi agli inizi del XII secolo, se ne

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cominciava una copia: si tratta del maggior sforzo nel campo del libro illustrato catalano dalle Bibbie di Ripoll e di Roda. Lo stile in linea con la tradizione. Il disegno molto fine e un po debole fondamentale. Vi si applicano sopra colori tenui, con profusione di giallo e rosso. Si tratta del Beato di Torino. Probabilmente si copiarono altri manoscritti, tra cui qualche esemplare conservato al Vaticano e alla Bibliothque Nationale di Parigi. Oltre a quanto stato descritto, ben poco resta da menzionare. Una Citt di Dio in SantAgostino (Cattedrale di Tortosa) presenta disegni a penna non colorati, pi interessanti dal punto di vista iconografico che per altre ragioni (Ibarburu). Aragona. Il piccolo regno aragonese ha una notevole estensione, ma le opere romaniche pi pregevoli del periodo continuano a incontrarsi nelloriginaria zona settentrionale. Il rinvenimento di diversi affreschi in epoca relativamente recente ha permesso di dedicare loro unopera monumentale (Borrs e Garca Guatas), impensabile prima. Di fatto si distinguono due zone: una gravita intorno alla diocesi di Jaca, ad ovest, laltra ha come centro Roda de Isbena, vicina alla Catalogna. Nella prima si riscontrano vari influssi internazionali e, tardivamente (1165-75), rapporti con il Len. Nellaltra la Catalogna ad avere un ruolo di preminenza. stato sottolineato il protagonismo di san Ramon, vescovo di Roda, il quale consacra Tall ed presente nella sua sede per lo stesso motivo, mentre incerto se la carriera del Maestro de San Clemente cominci qui o a Roda (Ainaud). Probabilmente una delle scoperte pi sensazionali dellarte spagnola degli ultimi trentanni stata quella dei dipinti della chiesa dei Santi Julin e Basilisa a

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Bags. Edificio di una sola navata e costruito secondo il sistema del primo romanico, aveva ancora la maggior parte delle pareti affrescate. Si cerc ben presto di mettere in relazione questi dipinti con quelli di Osormort e Gudiol e di inserirli nel vasto catalogo di quellimpossibile maestro. Oggi trovano collocazione in un luogo pi appropriato. Rivestono unimportanza maggiore di tutti gli affreschi catalani legati a questa corrente e sar necessario datarli, in concordanza con i loro modelli, che sono quelli del Poitou francese, a partire dal secondo decennio del XII secolo. Le pareti si suddividono in varie fasce (quattro) in cui si dispiega una lunga narrazione che inizia nella zona pi alta della parete meridionale, in prossimit dellabside, con la creazione di Adamo. Il ciclo della creazione e della caduta piuttosto interessante per il ruolo che vi svolge Eva, in linea con certe tradizioni che la ritenevano responsabile, pi di Adamo, del peccato. Si continua con la storia di No, passando senza transizione al Nuovo Testamento con lidea salvatrice dellincarnazione, presente nellAnnunciazione. La vita di Ges raccontata in modo dettagliato. La testata in particolar modo organizzata intorno a due temi: la Crocifissione e la Maest, che pongono cos laccento sulla redenzione e sul cristianesimo trionfante. Nella bottega probabile che lavorasse pi di un pittore, sebbene si osservi una completa unit stilistica. La chiesa bassa del monastero di San Juan de la Pea ha preservato solo una minima parte, e in cattivo stato, di un gruppo di affreschi che, con tutta probabilit, sarebbero i pi importanti in Aragona, prima di quelli di Sijena. Sono stati posti in relazione con Berz-la-Ville che, a sua volta, dipendeva da Cluny (San Vicente, Borrs). Non si riesce neppure a capire il programma iconografico, pur distinguendosi un martirio dei santi Cosma e Damiano, una Crocifissione e unaltra scena

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non chiara. E peraltro impossibile stabilire che si tratti del lavoro di ununica bottega, pur essendo esplicita la qualit dellesecuzione nella prima e meglio conservata delle storie. Poco tempo prima di Bags venivano scoperti gli affreschi della testata della modesta chiesa di Ruesta, trasferiti, come quelli dellaltra chiesa, al Museo Diocesano di Jaca. Ci troviamo in un momento del romanico avanzato. Emergono le tonalit chiare della tavolozza. Dal punto di vista iconografico sono poco significativi, perch ripetono gli schemi gi visti di Maest con tetramorfi e serafini nel quarto di sfera celeste, pi gli apostoli in basso. Il rinvenimento di resti di dipinti al di sotto di questi, sempre pienamente romanici, indica unepoca che risale al secondo terzo del secolo. La quarta grande opera di questa zona quella di Navasa. In seguito alla sua scoperta si tent di creare una personalit artistica fittizia, in questa occasione poco fortunata, come ebbero modo di verificare altri ricercatori (Borrs, Garca Guatas). Ci troviamo di fronte a un pittore dai mezzi limitati. Non vi nulla in Aragona che gli si avvicini, solo nella miniatura leonese si incontra qualcosa di simile. Nel 1162 si realizza per San Isidoro una copia della Bibbia secondo il modello usato anche da Florencio un secolo prima. un lavoro eseguito molto in fretta, affidato a un miniaturista dal tratto accurato e a un altro pi veloce e approssimativo. Questultimo lavorer molto pi del primo. A Navasa, in particolare nellAdorazione dei Magi e nella Fuga in Egitto, ma anche nel toro rappresentante levangelista Luca, rinveniamo un pittore che aveva conosciuto il miniaturista. Non si pu parlare di identit, ma la somiglianza notevole. Quali percorsi avranno compiuto perch si producessero tali circostanze? La perdita di molte opere, nonch la mancanza di dati, ci impedisce di formulare una risposta plausibile.

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Nella Cattedrale di Roda di Isbena, dallaltra parte del regno, si dipinge la cappella dellabside. Le pitture sono andate quasi tutte perdute, ma facile dimostrare che ci troviamo di fronte al maestro di San Clemente di Tall, senza tuttavia che si raggiunga la sua astrazione geometrica. Pi tardi, forse gi allinizio dellultimo quarto del secolo, un altro artista lavora nella cripta. Presenta altrettante lontane similitudini con il pittore di Navasa, ma molto pi goffo. Linteresse maggiore risiede, ancora una volta, nel bizzarro programma iconografico, con il lunario al di sotto della Maest. A differenza di quanto accade in Catalogna, la miniatura del tempo non di particolare interesse. comunque da ricordare la Bibbia di San Juan de la Pea (Madrid, Biblioteca Nacional), con la maggioranza delle iniziali ornate, non lontana da certe produzioni di Limoges. In definitiva, attraverso le opere di cui, per la maggior parte, siamo venuti a conoscenza di recente, riscontriamo la presenza di correnti diverse, sia spagnole sia francesi. La mancanza di un seguito probabilmente il risultato della perdita di un patrimonio che doveva essere ben pi ricco. Castiglia. In questepoca, un unico re governa il Len, la Galizia e le Asturie. Alla fine del periodo avr luogo una divisione tra la Castiglia e gli altri regni. Ma, qualunque fosse la situazione politica, i rapporti con tali regni sono pi stretti di quelli con la Navarra o con la regione che diverr la Corona di Aragona. Pur tuttavia, un accadimento speciale permise una migliore comunicazione tra Catalogna-Aragona e la Castiglia: il matrimonio fra Alfonso I il Battagliero e Urraca, regina dellaltra Corona. La relazione si rivela disastrosa e finisce in una separazione, ma il re aragonese aveva invaso, con

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laiuto della nobilt autoctona, le terre della consorte. In special modo mantiene il controllo della zona di Soria. al suo servizio Ramn de Roda, pi volte menzionato. Si ritiene probabile (Ainaud) che per opera sua arrivassero vari pittori di Tall. Sebbene non sia comprovato che le cose andassero in tale maniera in epoca romanica, lipotesi comunque suggestiva. Dal punto di vista stilistico, Gudiol aveva accomunato a Santa Mara di Tall i dipinti delleremo di San Baudelio de Casillas, a Berlanga, e quelli di Santa Cruz, a Maderuelo. Accantonando lipotesi che si tratti di un unico maestro, evidente che ci troviamo di fronte alla produzione di una bottega. Emerge nelle opere castigliane lo stesso tipo di capitelli di Tall. Guardandoli pi da vicino, chiaro che anche a Berlanga il pittore sa di cosa si tratta e ripete il motivo con una certa fedelt, pur senza la stessa precisione. Tuttavia, a Maderuelo, non rimane che un ricordo male interpretato. Pertanto, a mio giudizio, la sequenza cronologica sarebbe da stabilire secondo i seguenti termini: prima viene Tall, indebitata allo stile italiano. In seguito, Berlanga. La pi tarda sarebbe Maderuelo. San Baudelio de Berlanga era un eremo rupestre che nellXI secolo pare convertirsi in un vero e proprio monastero. Verso gli anni Trenta viene ricoperto di affreschi. Nella parte inferiore vi sono scene di caccia e figure di animali. Pare talmente avulso dal mondo religioso da dare luogo alle ipotesi pi disparate. evidente che opera della stessa bottega che realizz la parte superiore. Quanto alliconografia, non risulta cos strana se si tiene conto della presenza nella stessa zona di chiese bizantine; ogni soggetto proviene inoltre da una tradizione antica (Guardia) in cui a malapena si pu parlare di accorpamento di tematiche di derivazione islamica. I dipinti sono stati tutti staccati. La maggior parte di quelli della parte inferiore sono ospitati presso

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il Museo del Prado, mentre i rimanenti sono negli Stati Uniti, presso The Cloisters (New York). La parte superiore dello spazio a volta, al di l dellabside, non di particolare interesse, in quanto i soggetti rientrano nella norma. I dipinti dellabside, seppure in cattivo stato, si sono a tuttoggi conservati con altri resti ancora in situ. La vita pubblica di Cristo il tema che vi si sviluppa. evidente la somiglianza con Tall per quanto riguarda i tipi e gli schemi ornamentali, anche se diverso luso del colore. Si parlato di perdite nella tavolozza, di diminuzione di toni. A Berlanga si potrebbe affermare che vi sono soprattutto variazioni. Nel piccolo eremo di Santa Cruz a Maderuelo (Segovia) la testata fu completamente ricoperta di affreschi (Madrid, Museo del Prado). Qui il cromatismo pi limitato e predomina una profusione di toni terrosi, di gialli e di bianchi. Il programma, nonostante la scarsa importanza che dovette avere il santuario, complesso. In linea con un sistema frequente nel cristianesimo medievale romanico, vi una doppia idea di caduta e redenzione, con specifiche menzioni alla penitenza e alla Croce trionfante. Nella parete occidentale, la creazione di Adamo e il peccato di Adamo ed Eva. Sul lato opposto, la Maddalena, nella zona inferiore sinistra lava i piedi a Ges , mentre a destra si trova lAdorazione dei Magi. In alto, domina limmagine della Croce trionfante davanti alla quale recano offerte Abele e Melchisedec, altro segno eucaristico. La volta a botte e le pareti laterali accolgono il programma usuale dellabside: Maest, tetramorfi, serafini e apostoli, oltre a un diacono. Rimangono ben pochi altri resti. Di Tubilla del Agua (Palencia) si sono salvati alcuni frammenti, altrettanto accaduto a Elines (Santander). Un maggiore interesse detiene il libro illustrato, da cui forse avremmo potuto iniziare la nostra dissertazione. Si nota, pi che in pit-

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tura, la resistenza al cambiamento liturgico promosso dalla Corona, gi allepoca di Ferdinando I, ma in special modo con Alfonso VI suo figlio (1072-1109). Abbiamo menzionato in precedenza il Beato di Ferdinando I (1047), sul quale torneremo, come segnale di un annuncio di cambiamento. Nella produzione castigliana quel che sorprende che nel passaggio al XII secolo si osservi ancora tale situazione. Il Beato di Silos (Londra, British Library, Add.mss. 11695), iniziato nel 1091 su commissione dellabate Fortunio, fu poi interrotto e terminato nel 1109. Da un lato, nel colore che si percepisce una sensibilit diversa dalla tradizione. Tuttavia, nella pura forma soggetto alla maggior parte delle convenzioni del X secolo. Linizio della Rivelazione (f. 18v) tinto di un unico tono scuro, animato, con estrema cura, da giochi ornamentali sotto forma di fiori in bianco e rosso. Non vi nulla di simile nei Beati anteriori, ne in quelli successivi. La maniera di trattare i personaggi per quasi identica a quella che appare nella tradizione del secolo precedente. Anticamente, oltre ai resti di un antifonario, con il Beato era stata rilegata una pagina raffigurante uno straordinario inferno. Questa reca alcune iniziali giganti che sono sulla stessa linea geometrica degli intrecci del passato, nonostante si ritenga venisse realizzata gi nel XII secolo. Linferno indica linizio del cambiamento, oltre a possedere uniconografia senza precedenti a noi noti, che comunque sintuisce molto antica (Schapiro, Yarza). Len, Galizia, Asturie. Ancora nella prima parte di questa fase, il Len il centro culturale dei regni dOccidente. sempre nel XII secolo che il Portogallo si separa dalla Corona e raggiunge progressivamente la sua indipendenza finale e definitiva. In tre citt i fulcri produttivi si concentrano non pi nei monasteri, sebbene

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probabile che alcuni di questi avessero unenorme importanza, come quello di Sahagn, quasi completamente distrutto, mentre le poche cose che si salvarono sono andate perse. La prima di queste citt Len, la capitale. Al secondo posto si trova Santiago de Compostela, citt nuova, che raggiunge ora uno straordinario sviluppo grazie allimportanza del pellegrinaggio alla presunta tomba dellapostolo e allarcivescovo Gelmrez, figura di primo piano, che fece convergere tutti i mezzi finanziari nella trasformazione della chiesa altomedievale in una gigantesca cattedrale, la pi grande del romanico spagnolo, arricchendola come si conveniva. La terza, di secondaria importanza ma pur sempre interessante, la vecchia capitale, Oviedo. A San Isidoro di Len viene miniato il Beato di Ferdinando I (Madrid, Biblioteca Nacional, Vit. 14.2). il pi ricco di tutti i Beati e lunico che risulta essere stato commissionato da un re e non da un monastero. Si utilizza loro in abbondanza. Appartiene alla stessa famiglia del Beato Morgan, del Beato Valcavado e del Beato di Silos, e in questo appare scarsamente originale. Pur tuttavia, una delle opere maestre della miniatura medievale spagnola. Vi lavorano due artisti. Uno responsabile soprattutto dei primi fogli. Il suo stile minuzioso e delicato si apprezza nella gigantesca alfa iniziale (f. 6), con nodi e intrecci su lamina doro, in cui ospitata unimmagine di Dio che regge unomega; si mette in tal modo in evidenza lidentificazione delle due lettere con il Signore stesso. Questo artista possiede un tratto dalla tecnica precisa e particolareggiata, che si allontanata da certe formule reiterative della miniatura del X secolo. Lo si potrebbe definire romanico. Sono ben poche le illustrazioni da attribuirsi a questo artista, in quanto la maggior parte appartiene al secondo, meno interessante, pi convenzionale e vicino ai canoni del passato. Ciononostante, ottiene splendidi

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effetti di colore. Dato che non si osserva alcuna differenza nelluso del colore, da supporre che uno dei due miniaturisti fosse lunico responsabile della sua applicazione. Una delle composizioni pi complesse dei Beati corrisponde alla visione della donna sul sole e gli astri, attaccata dal drago. Nel Beato di Ferdinando I (ff. 186v-187) il secondo artista ha creato un grande scenario animato dallintensit cromatica ottenuta essenzialmente con colori primari. Non erano trascorsi pi di otto anni quando entrambi i sovrani commissionano un mattutino (1055, Santiago de Compostela, Biblioteca de la Universidad). Quanto a impegno, limpresa pi semplice di quella rappresentata dal Beato, ma risulta estremamente interessante per il suo contenuto e per il progredire verso laccettazione del romanico internazionale. Facendo tingere di color porpora alcuni fogli, il re allude alla sua condizione di imperator, in accordo con unidea leonese espressa fin da Alfonso III, la stessa che era propria degli imperatori Ottoni i quali, a loro volta, lavevano presa da Bisanzio. Allinizio, con la presenza di unalfa al di sotto della quale si trova Dio, si scopre il legame con il Beato del 1047. Alla fine, il re e la regina si fanno rappresentare (f. 3) in grandi dimensioni, e in mezzo a loro un personaggio che stato identificato con David, autore dei Salmi che seguono, o con lamanuense Pedro o il pittore Fructuoso (Sicart). Lultimo passo verso il romanico si compie con il Beato di Burgo di Osma (1086). Nonostante sia conservato fin dallantichit nella cattedrale di questa citt castigliana, proviene da ambienti leonesi, anche se non sappiamo chi sia il copista, Martino, n il luogo esatto in cui venne miniato. Tutti gli elementi ci conducono a una zona occidentale del Len, alcuni credono che si tratti addirittura della Galizia, basandosi soprattutto sul mappamondo che d unimportanza fuori dellordi-

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nario a questa zona. Il linguaggio conserva stilemi altomedievali, ma riflette la conoscenza di elementi europei, come stato sottolineato (Wettstein), in special modo francesi. Il colore molto soffuso (f. 23), con abbondanza di toni gialli chiari, rossicci freddi e bianchi. altrettanto interessante dal punto di vista iconografico, come nella Rivelazione (f. 23) a Giovanni, nella cui zona inferiore si osserva un inferno, o nella Vittoria dellAgnello (Apoc. XVII, 16), in cui la prostituta di Babilonia completamente nuda, colta in un gesto di disperazione che si rivela alquanto provocante (f. 145v). Non sopravvissuta nessuna grande opera monumentale contemporanea. Allimprovviso emerge una delle pi importanti della pittura medievale spagnola: il Pantheon di San Isidoro. Data la nostra conoscenza dellillustrazione del libro, dei rapporti che si possono stabilire con i dipinti murali di San Isidoro, delleredit lasciata da questi nella miniatura stessa, seppure in maniera relativa (Libro dei Testamenti, Bibbia del 1162), o nella pittura (Sescorts) e, sapendo che non esiste un gruppo di affreschi francesi che si presenti come antecedente, da ritenere che in Len o in Galizia esistesse unimportante scuola oggi scomparsa, salvo per questo caso, come gi aveva rilevato Demus. Il ritratto di un re Ferdinando e di una presunta Urraca aveva condotto a credere che, non potendosi trattare del primo re che portava questo nome, essendo morto troppo presto perch i dipinti risalissero a quel periodo, doveva trattarsi del secondo (1157-88), e pertanto si posticipava di molto la data di esecuzione. Gli studi di Williams dimostrarono che nel 1149, al massimo, tutto era ormai completato, il che port a una revisione generale. Fu sempre pi chiaro che esisteva un contatto con opere quali il Beato di Burgo de Osma della fine dellXI secolo o che vi erano reminiscenze lontane in opere leonesi, come la Bibbia del 1162, che sposta-

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vano maggiormente il presunto periodo verso il primo quarto del XII secolo che , con tutta probabilit; lepoca a cui farlo risalire. Il Pantheon unopera emblematica, situata ai piedi della chiesa di San Isidoro, da cui per non permesso laccesso al pubblico, essendo lentrata nel lato sud, in due portali aperti successivamente. Era luogo di sepoltura dei re del Len. Diviso in sei parti da due grandi colonne, ha tutte le sei volte affrescate, cos come le pareti che lo dividono dalla chiesa e quelle corrispondenti sul lato sud. Lo stile presenta certe irregolarit, ma fondamentalmente unitario. Predominano i colori chiari, con un frequente uso del bianco negli sfondi. In questo senso, lAnnuncio ai pastori esemplare. I riferimenti paesaggistici sono minimi. Lo sviluppo concesso a un tema relativamente secondario eccezionale. I pastori poggiano su un suolo quasi inesistente. Le bestie sono sparse in vari luoghi. Si copiano antichi soggetti, come lo scontro di capre davanti a un arbusto, in precedenza male interpretato come particolare di naturalismo pregotico. Non sempre sono ben risolti i problemi che sorgono dal tentativo di adattare un ciclo narrativo a una volta a proiezione rettangolare, come nella Passione. Si ottengono comunque risultati straordinari con soggetti gi rappresentati su questo tipo di soffitto, come la grande Maest della mandorla, con gli esseri del tetramorfo, in concordanza con la vecchia formula ispanica, appoggiati ai vertici del rettangolo. Il complesso tracciato dei drappeggi, eccessivi per volont dellartista, raggiunge qui la massima perfezione. Anche lintradosso degli archi dipinto, ad esempio, con un lunario alquanto noto. Non bisogna cercare unintenzione realistica in ogni mese rappresentato dal lavoro di un unico personaggio, escluso il gennaio di Giano e il cavaliere di maggio.

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La zona delle pareti pi deteriorata. Non si distingue bene la Crocifissione, oggetto di dibattito. interessante osservare il modo in cui singinocchia il re Ferdinando I e quella che con tutta probabilit la figlia Urraca. Non si tratta tanto di un ritratto dautore, intendendo come tale colui che commissiona lopera, quanto qualcosa che commemora limportanza che ebbe per San Isidoro il re Ferdinando, al pari di sua figlia Urraca, quasi sicuramente la responsabile dellarchitettura del Pantheon. Morta nel 1101, da supporre che programmasse i dipinti che non sarebbe riuscita a vedere. Altre parti delle pareti sono in miglior stato, ed pertanto possibile contemplare tramite unAnnunciazione la qualit della pittura, nonch il carattere addolcito, lontano dalla solennit di un Maestro di San Clemente di Tall. questaria gradevole e nientaffatto contratta che ha confuso coloro che vedono nel romanico la necessit di una severa distanza, laddove la realt fu molteplice. In due opere rimane una certa impronta della pittura del Pantheon: il Libro dei Testamenti di Oviedo e la Bibbia del 1162 di San Isidoro di Len. La Bibbia fu un progetto ambizioso, visto che si copi il vecchio prototipo che era stato usato anche per quella del 960. Una nota indica che si complet in breve tempo: sei mesi. Lopera risente di tale velocit desecuzione, poich il miniaturista pi accurato lavor poco, mentre laltro si rivel adatto per il fine che gli avevano assegnato, a scapito della qualit. Ci nonostante questultimo che utilizza certi colori chiari, un blu caratteristico ecc. e che richiama, lontanamente, gli affreschi. Quando sal alla cattedra vescovile Pelayo, gi da tempo Oviedo aveva perso il protagonismo iniziale. Fu questi, com noto, un personaggio singolare, falso e difensore dellindipendenza della sua sede di fronte al desiderio di Toledo di inglobarla nella sua sfera dinfluenza. Uno dei risultati di questa polemica fu il Libro

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dei Testamenti. un cartulario che riuniva tutti i documenti legali: privilegi, donazioni, bolle papali che riguardavano il monastero o la cattedrale. Infinite sono le copie di esso che vennero realizzate per preservare il valore degli originali in cattivo stato. A causa della natura stessa di tali documenti, difficilmente era presente unillustrazione, al massimo liniziale, come accadde per molti casi. A Pelayo va il merito di avere realizzato questo cartulario, non solo falsificando documenti autentici e inventandone altri, ma dotandolo anche di miniature senza precedenti che in seguito lo faranno apprezzare, come opera qual , a Compostela e a Len. Dal 1121, anno in cui si ricevette notizia che il papa aveva approvato la dipendenza suffraganea di Oviedo rispetto a Toledo, fino allanno seguente, quando lordine venne revocato, lo scriptorium si occup del singolare codice. A partire da quel momento si era perso ogni interesse per il suo completamento. Con tutta probabilit lo present alla regina Urraca, affinch lo appoggiasse nelle sue richieste. Non venne terminato (Yarza). Le miniature sono dedicate ai re che in teoria avevano concesso dei privilegi alla Chiesa di Oviedo, cos come ai papi che avevano emesso bolle in suo favore. Il ruolo di preminenza accordato alle regine, che supera di molto la realt, dovuto al probabile destinatario del codice. Lo stile personale, molto fine e lineare, colorato con toni morbidi. Le figure possono arrivare ad essere grottesche, ma leffetto globale eccellente. possibile che qualche immagine sia stata dipinta tenendo conto degli affreschi di San Isidoro (Moralejo), sebbene il linguaggio artistico nelle due produzioni sia molto diverso. Se Oviedo stava vivendo il suo declino, al quale si oppose Pelayo, Santiago de Compostela era una citt in ascesa. Gelmrez, primo vescovo e in seguito arcivescovo, in buoni rapporti con la Borgogna e con il papato,

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conoscitore di ci che accadeva fuori, aveva trasformato la cattedrale e anche la citt in virt del pellegrinaggio alla tomba di san Giacomo il Maggiore. Non si pu dire che le nostre conoscenze dellarte del colore siano paragonabili a quelle architettoniche, scultoree o relative alle arti sacre. Sono forse andate perse? In buona parte cos. Non rimangono che pochi frammenti di pittura romanica in Galizia quando la produzione doveva essere considerevole. Il ritrovamento e la successiva pubblicazione di dipinti murali molto rovinati a San Pedro de Rocas (Garca Iglesias, Moralejo) ne provano lesistenza. Ad ogni qual modo, a Compostela si conservano due eccellenti manoscritti. Del Codice Calixtino si detto che era stato importato. Si tratta del Liber Sancti Jacobi, la cui copia pi antica si trova nella Cattedrale di Compostela. Contiene un ciclo dedicato allintervento di Carlomagno in Spagna, chiamato dallapostolo stesso, e varie iniziali, alcune di enorme rilievo, come quella che rappresenta il vescovo Turpn (f. 163). Nonostante tutto, a mio giudizio, non impossibile che la copia fosse stata realizzata a Santiago, anche se il maestro veniva da fuori. Con propositi differenti, lidea di riunire in un cartulario di lusso i privilegi port i chierici di Compostela a ripetere limpresa di Pelayo. Il risultato fu il Tumbo A (Gran Libro dei Privilegi - Cattedrale di Santiago). Nel 1126 vi lavorarono vari miniaturisti, con esiti diversi (f. 39v). Il codice continuer a essere utilizzato e con landar del tempo verranno ad aggiungersi nuove miniature, realizzate da altri artisti.

Il problema del Duecento e i suoi antecedenti Poco dopo il 1150, com noto, si producono in Europa diversi cambiamenti, alcuni dei quali conducono al

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gotico. Si tratta di unaltra fase creativa in cui vengono offerte varie soluzioni, tra le quali, alla fine, ne verr scelta una. Nelle arti del colore e nelloreficeria si parlato del 1200 per designare un tipo di arte praticata soprattutto al nord, che rivela una nuova ondata di bizantinismo, una tendenza a forme poco astratte, un recupero del senso del volume che d limpressione di voler fuggire dal piatto linearismo precedente. una fase oltremodo importante della miniatura inglese e delle arti sacre dei monasteri della Mosa. Sulla base di questi modelli o di altri paralleli, sorgono al contempo altre correnti. Nei regni ispanici entra poco a poco la miniatura inglese a partire dal 1165-70, nei luoghi pi diversi (Santiago de Compostela, Bibbia di Lrida, paliotto di Avi, dipinti di Sijena ecc.). Talvolta viene adottato il linguaggio nordico del Duecento, talaltra si rinviene un certo bizantinismo di origine diversa (Valltarga, codice di San Martino di Len). Al contempo, esistono altre tendenze pi conservatrici, in generale di qualit mediocre, pur essendovi eccezioni. Il libro illustrato raggiunge un livello che non conosceva prima, salvo in esempi molto specifici. un periodo degno di nota che, tuttavia, non avr continuit fino a molto tempo dopo. Catalogna. La fase della grande pittura murale romanica terminata in Catalogna, sebbene non sia cessata lattivit dei pittori murali. Non ve n nessuno paragonabile a coloro che operarono a Pedret, Santa Mara di Aneu, Burgal o San Clemente di Tall. Vi stata una tendenza a ritenere pi antichi certi dipinti che parevano risalire agli anni intorno al 1200, come quelli di Santa Mara di Barber (Ainaud). Ciononostante, possiamo inoltre citare opere quali Santa Mara, a Terrassa, interessante ma di non eccellente qualit. Gudiol vide le somiglianze tra la storia di Thomas Becket, qui raccontata e per forza posteriore al 1170, e

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il paliotto dipinto di Espinelves (Vich, Museo Episcopal). Supponendo che questultimo sia posteriore al 1187, si teorizza lesistenza di una bottega che alla fine del secolo lavora indistintamente su tavola (con maggiore raffinatezza cromatica), o su parete, estranea alle novit che in quel momento circolavano in altre zone catalane e con evidenti limiti tecnici. Sono tardivi anche gli affreschi del portico della vecchia chiesa di San Vicente di Cardona. Con tutta probabilit, dove dapprima si manifesta linfluenza inglese nel paliotto di Santa Mara di Avi (Barcellona, Museo de Arte de Catalua) (Alcoy). Esso proviene da un piccolo borgo del Bergued, che dipendeva dal vescovado di Urgel. Ci risulta che, durante il suo vescovado, Arnau de Preixens (1167-94) fortific il luogo e lo dot di una grande guarnigione. logico supporre che si occupasse anche della chiesa commissionando il paliotto che oggi conosciamo? In seguito ai recenti studi compiuti (Alcoy), non avventato stabilire una data tra il 1185 e il 1194. Dal punto di vista iconografico reiterativo, con la Maest della Madonna al centro, ma parte di unEpifania. Il resto completa un ciclo dellinfanzia di Cristo, in cui Maria detiene un indubbio ruolo di protagonista. La Madonna centrale riflette un bizantinismo da icona, pur avvertendosi alcuni richiami allarte inglese, soprattutto alla miniatura, tra il 1175 e il 1200. Una certa luminosit eromatica pare riprendere la vetrata. Molto vicino a questopera, si parlato dello stesso maestro, si colloca il paliotto di Rotgers (Vich, Museo Episcopal), purtroppo eccessivamente restaurato. Sebbene persista limmagine centrale della Maest, dedicato a san Saturnino ed possibile rinvenire legami con larte inglese. Si riteneva che il circolo di Avi fosse posteriore a quello di Llu, nonostante questultimo si ascrivesse gi

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al XIII secolo. Inaugura lopera il cosiddetto paliotto di Llu (Vich, Museo Episcopal), sebbene comprenda un grande antipendium e due tavole laterali. Nessunaltra opera catalana riflette in maniera cos fedele quella che comunemente conosciuta come arte 1200. Lantipendium, o paliotto propriamente detto, ripete i frequentati schemi tematici, con la Maest che forma parte dellEpifania e un breve ciclo dellinfanzia (Annunciazione, Visitazione e Fuga in Egitto). Gli sfondi sono in rilievo, stuccati, con resti di vernice a oro, volta a produrre leffetto di preziosit. Nella parte sinistra, lIncoronazione della Vergine presenta una formula propria del primo gotico. Le dimensioni delle figure sono maggiori e le loro forme alquanto diverse, il che suscita limpressione che appartenga a un altro artista. Non deve essere cos, ma non vi dubbio che, causando dimmediato un forte impatto, le rifiniture sono pi elementari nella zona delle vesti di quel che dovrebbero essere. Al lato opposto si trova una Madonna di grandi dimensioni con Giovanni e i sette doni dello Spirito Santo, la quale riporta le stesse caratteristiche. Intorno a questa grande opera se ne disposero altre. Cito come quella pi vicina un Crocifisso conservato presso il Museo Episcopal di Vich, distanziandosi gi i frammenti di dipinti murali di Puig-reig, pur sempre nella linea estetica del Duecento. Ancora pi lontani, a inaugurare il gotico, pi che a concludere il Duecento, vi sono i dipinti murali di Caserres, descritti in seguito. I due gruppi di Avi e Llu sono geograficamente vicini. Pi a nord, in parte nel Rossiglione, si trova un altro gruppo di opere, tra cui le pi importanti sono i paliotti di Valltarga, o Balltarga (Barcellona, Museo de Arte de Catalua), e Orell. Si parlato di bizantinismo, a ragione, ma si tratta di una visione molto lontana da quella pi accademica. Infine, ai margini di queste correnti, diversamente datato, il pregiato paliotto di Santa Margarita (Vich,

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Museo Episcopal), proveniente da un convento di Vilaseca, nei pressi di San Martn Sescorts, continua a incentrarsi nella Maest mariana, accompagnata dalla narrazione della vita di santa Margherita. In questo periodo non brilla in modo particolare nemmeno la miniatura. Si devono comunque citare due opere, il Liber Feodoram Maio e il Liber Feodorum Ceritaniae (Barcellona, Archivo Corona de Aragn), in special modo la prima. La sua storia confusa e attualmente si conserva incompleta; attribuita alla mano di vari miniaturisti, tra i quali solo uno presenta uneccellente perizia (Escandell). Un ulteriore interesse deriva dal fatto che tale opera si collega da un lato con la cosiddetta trave della Passione, presso il Museo de Arte de Catalua e, dallaltro, con un gruppo di dipinti e miniature, tra i quali figura il Beato de las Huelgas o Morgan II, che pare essere produzione del fulcro toledano. Aragona. Il regno aragonese era in possesso di una delle opere pittoriche pi importanti del medioevo spagnolo: la sala capitolare del monastero di Sijena, che and distrutta in un incendio durante la guerra civile. Un lavoro fotografico estremamente particolareggiato ci permette di sapere oggi che aspetto avessero tali dipinti; purtroppo non cos per il colore, della cui intensit vari testimoni oculari parlavano con entusiasmo. I frammenti carbonizzati furono trasferiti al Museo de Arte de Catalua, dove si conservano tuttora. Fino a quel momento non vi era stato nulla in Aragona che facesse presagire tale opera. indubbio che si tratta di un artista forestiero che viene chiamato in un monastero protetto fin dalla sua fondazione dalla Corona. Da tempo si parlato del suo rapporto con i miniaturisti di Winchester, in particolare con il cosiddetto Maestro del Foglio Morgan (Pcht). Si riteneva che certe particolarit iconografiche, come gli uccelli posati

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su un albero, il modo in cui Caino uccide Abele, o la presenza di animali musici fossero proprie e pressoch esclusive delle isole britanniche, tuttavia altri elementi non si potevano spiegare a Sijena senza un viaggio in Sicilia, per cui la vita dellanonimo artista si dovette svolgere come segue. Inizia a lavorare verso il 1180-85 a Winchester, alla grande Bibbia. In seguito si reca in Sicilia, dove entra in contatto con i grandi mosaici bizantini, in particolare gli ultimi di Monreale; infine chiamato a Sijena dove dirige la decorazione della sala capitolare del monastero appena creato. Si sono avanzate obiezioni circa lesclusivit inglese dei particolari tematici (Sicart), che hanno antecedenti in Spagna e in Italia. Non chiara nemmeno la storia tracciata, perch in Inghilterra nulla che la giustifichi precede la sua opera, pertanto, come qualcuno ha ipotizzato, si dovrebbe pensare a un primo soggiorno siciliano antecedente quello a Winchester. Ad ogni modo, non vi dubbio che un artista di formazione bizantino-siciliana e inglese si trovasse presso il monastero aragonese verso il 1200 (alcuni autori ritengono un po dopo). Come vi giunse? Costanza, figlia di Alfonso II dAragona, era stata sposata con Federico II, il quale aveva vissuto spesso nel sud dellItalia. I rapporti di Costanza con Sijena sono documentati almeno tra il 1217 e il 1222. , forse tramite questa che arriv il pittore? A riprova della forte influenza inglese vi il carattere miniaturistico di parecchi dipinti, soprattutto negli aspetti ornamentali, con motivi floreali propri degli smalti e delle miniature, in special modo dal 1150 al 1210, ben visibile negli archi diaframma in cui si narra la storia dellAntico Testamento. La sala capitolare rettangolare e sovrastata da archi diaframma, in accordo con un sistema che avrebbe lasciato una lunga eredit nellarte aragonese e catalana. Tutta questa parte, incluso lintradosso dellarco, si

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copr di dipinti. Si tratta di un ampio ciclo che prende le mosse dallAntico Testamento, a partire da Adamo ed Eva fino allunzione di Davide. Nellintradosso, la genealogia di Cristo. Sulle pareti, quelle peggio conservate anche prima della distruzione, un altro grande ciclo sulla vita di Ges . Sebbene si sia detto che nessuna opera a Sijena spieghi lo straordinario pittore, non si deve dimenticare che la miniatura inglese aveva gi lasciato alcune tracce nella Bibbia di Lrida (Cattedrale di Lrida). Malgrado tale designazione, era giunta in questa citt nel secolo precedente proveniente da Calatayud, in Aragona, ma neppure questo implica che fosse stata illustrata l. La scoperta che il testo si stava copiando nel 1165 indica una data di esecuzione delle miniature compresa tra il 1165 e il 1175 circa. Il testo venne copiato necessariamente in Spagna, cosicch i miniaturisti dovettero venire dallestero. Si tratta di unopera di grande entit da situarsi probabilmente intorno a qualche personaggio importante oggi sconosciuto. I pittori di Sijena di poco posteriori lasciarono una certa impronta. Da una parte, si tratta di unimpronta diretta, poich presente nei lavori di quanti si formarono con loro. Dallaltra, dovettero suscitare una profonda impressione che raggiunge periodi di molto posteriori, come lultimo quarto del XIII secolo (Teruel). Si dipinse la testata della chiesa, oggi pressoch persa. Come ricordo pi importante rimane il paliotto di Berbegal (Lrida, Museo Diocesano). Piuttosto danneggiato, forse un restauro accurato e minuzioso potrebbe recuperarne i colori troppo uniformi, dal momento che quel che emerge in questo momento sono il disegno e labilit dellartista nellatteggiare gli apostoli in posture molto diverse, subordinate alla struttura a forma di mandorla che li accoglie. Risale ai primi decenni del XIII secolo (Borrs).

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Si dovr forse ricordare un tipo di paliotto realizzato tra la fine del XII e buona parte del XIII secolo tra la zona nordoccidentale di Lrida e i dintorni di Huesca. Il rilievo in stucco o gesso, con o senza vernice a oro, gi presente in altre parti, raggiunge qui un ruolo di protagonista, quasi al di sopra del dipinto stesso (paliotti di Betesa, Cha ecc.). In realt, si tratta di una scuola che opera per alcuni anni e che produce varie opere firmate, come quella di Cha, recante una firma Johanes pintor me fecit. Sarebbe opportuno menzionare unopera profana del Museo de Arte de Catalua. Sebbene si sia sempre detto che provenga da un castello di Lrida, pare che la sua vera origine fosse Sijena. Si tratta di un bordo festonato, ampio e alto che correva sulle pareti di una sala rettangolare. Se realmente si tratta di Sijena significa che ci troviamo di fronte a un caso di tematica profana, propria di ambiti quali castelli o stanze abbaziali di cui ci e giunto ben poco. Navarra. Lespansione verso sud del regno navarro era stata fermata dalle potenti corone di Len-Castiglia e dAragona. Non coprir un ruolo di primo piano negli eventi principali della penisola, soprattutto nella guerra di conquista e nellespansione a scapito dellIslam. Ci non significa che la sua arte non sia importante. A partire dalla seconda met del XII secolo si iniziano numerose imprese edilizie, nelle quali la scultura detiene una parte di rilievo. In apparenza, non accade lo stesso con la pittura fino al secolo XIII inoltrato. Ciononostante, lillustrazione del libro di un certo interesse, sebbene non presenti una chiara continuit, n sia facile stabilire la provenienza di alcune opere. questo il caso del cosiddetto Beato navarro (Parigi, Bibliothque Nationale, Nouv. acq. lat. 1366), che si dice provenga da qui, anche solo per prove documentaristiche

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indirette (in passato lo si era ritrovato a Pamplona). Intorno al 1200 si fa risalire un interessante sacramentario cistercense di Fitero (Silva Verstegui), animato da numerose scene di piccole dimensioni. Di particolare rilievo e un gruppo di singoli fogli, o meglio due, in parte conservati presso la biblioteca municipale di Amiens, che costituiscono le cosiddette Bibbie di Pamplona, iniziate nel XIII secolo e messe in debole rapporto con Sijena. Pi che ai canoni di un album di modelli, obbedisce a un tipo di Bibbia istoriata. La ricchezza tematica va di pari passo con linteresse rivolto a certi particolari iconografici (Bucher). Castiglia. Poco a poco la Castiglia acquis potere allinterno del regno di Len. Alla morte di Alfonso VII (1157) avvenne la scissione, durata fino al 1230, anno in cui lunione dei due regni sarebbe poi divenuta definitiva. La pittura dovette costituire in quel periodo un capitolo interessante, anche se le perdite sono state ingenti. La scoperta di affreschi occultati cambia la visione prima ristretta e permette, al contempo, di riconsiderare il rapporto tra affreschisti e miniaturisti. Cos accaduto nella modesta chiesa di San Justo, a Segovia. Parecchi anni fa, in seguito a unopera di pulizia dagli intonaci, si rinvennero vari affreschi che coprono tutta la zona della testata, incentrati su una Maest la cui mandorla accoglie gli anziani apocalittici (motivo poco comune). Segue un grande ciclo della vita di Ges , dove qualche tema della vita pubblica non di facile decifrazione. Si fa risalire alla fine del XII secolo. Poco tempo prima veniva completata una Bibbia di origine italiana con varie pagine spagnole, di esecuzione alquanto approssimativa, ma molto vicine stilisticamente a questi dipinti. Si suppone che provenga da Avila e per questa ragione la si chiamata Bibbia di Avila (Madrid,

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Biblioteca Nacional). Abbiamo cos una prova dellesistenza di una scuola di arte del colore in questa zona meridionale della vecchia Castiglia. La citt di Burgos, circondata da potenti monasteri, acquista unimportanza sempre maggiore. San Pedro de Cardea raggiunge la sua ultima fase di splendore intorno al 1200. E un momento di spiccato nazionalismo castigliano e pertanto il monastero trae prestigio dal conservare le spoglie del Cid Campeador, eroe della fine dellXI secolo, trasformato in modello di cavaliere castigliano e mal visto dai leonesi. A San Pedro de Arlanza, un popi distante, si trova la salma di Fernn Gonzlez, il conte che si era ribellato al suo re leonese. Infine, a ovest della citt situato il monastero cistercense di Las Huelgas Reales, protetto dalla Corona fin dai tempi di Alfonso VIII. Non a caso qui si trova la produzione pittorica e miniaturistica pi interessante. A San Pedro de Cardea opera uno scriptorium che verso il 1165-75 produce la Bibbia di Burgos (Burgos, Biblioteca Provincial). Tra i miniaturisti che vi lavorano, ce n uno di formazione inglese (f. 12v). Laltro, del luogo, continuer a collaborare ad altre opere, quali il Lezionario rinvenuto di recente a Las Huelgas (Herrero, Yarza). Di sicuro rilievo nella Bibbia la grande pagina raffigurante una ricca e complicata storia di caduta e redenzione, con ricorsi alla tipologia che oppone Antico e Nuovo Testamento (Yarza). Il maestro di origine inglese aveva contatti con due nuovi artisti che eseguono il Beato di San Pedro de Cardea (Museo Arqueolgico de Madrid e altre collezioni), purtroppo smembrato da tempo. Deve essere stato realizzato posteriormente. Da segnalare la rinascita dei Beati. Il cambiamento di liturgia aveva prodotto ripercussioni in tutti i libri scritti in lingua spagnola, la maggior parte dei quali spar definitivamente. Al Commen-

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to di Beato non tocc la stessa sorte, ma ora riappare con un vigore inaspettato, soprattutto in Castiglia. Pertanto, da San Andrs del Arroyo proviene un nuovo esemplare (Parigi, Bibliothque Nationale, Nouv. acq. lar. 2290), meno elegante del precedente, non privo di connessioni con questo. Altrettanto accade con il Beato di Manchester (Manchester, J. Rylands Library, Lat. 8). In questo momento si tengono contatti con Toledo. La pittura murale sparita quasi completamente, tuttavia quel che rimane rivela ci che andato perduto. Nel piccolo santuario di Perazancas (Palencia), labside fu rivestito, alla fine del XII secolo, di dipinti mediamente conservati che non risentono del Duecento. La presenza, come a Roda de Isbena, di un lunario iniziato quasi in coincidenza dellanno naturale (Bango) conferisce originalit allinsieme. Tuttavia, la grande opera, forse paragonabile a Sijena se si fosse conservata in modo accettabile, la sala capitolare del menzionato monastero di San Pedro de Arlanza. Il Museo de Arte de Catalua e The Cloisters di New York ne conservano considerevoli frammenti, raffiguranti leoni giganteschi e possenti grifoni dalle curve cariche di tensione ed energia, accanto a creature minori che dovevano ricoprire tutte le pareti, producendo un effetto ben diverso da quello del monastero di Sijena. In realt, non sappiamo se insieme a questi esistesse un programma pi definito. Si collocano nellambito dellarte del Duecento, in quanto paragonabili dal punto di vista stilistico a Sijena. Esistono notevoli differenze tra limperturbabilit dellarte delluno e la violenza dellaltro, pur assomigliandosi i tipi. Un altro centro rappresentato da Toledo. Conquistata alla fine dellXI secolo e capitale metropolitana religiosa della penisola, citt emblematica per i cristiani che volevano ricostruire lideale regno visigoto, possiede un curioso tessuto sociale. Non si conquist con

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la forza, bens se ne patteggi la resa. Vi risiedono un gran numero di musulmani e una vasta colonia ebrea e mozarabica. Ubicata lontano da cave di pietra, ricorrer a muratori mudjar (i musulmani soggiogati) per erigere chiese, fortificazioni e palazzi. Fino alla fine del XV secolo lunico edificio gotico sar la cattedrale. Ma prima che abbia inizio questopera di costruzione, si riutilizzano le vecchie moschee per il culto cristiano. Alcune vengono risistemate per adattarle al nuovo uso. Cos, la moschea di Bab al-Mardn diverr in seguito la chiesa del Cristo de la Luz, dopo avere divelto il muro di kibla e costruito unabside semicircolare di mattoni. Altre vengono erette di sana pianta, come San Romn. Invece di imbiancare le pareti interne con la calce o adornarle con motivi decorativi si rivestono di affreschi romanici, dando luogo pertanto allo sviluppo di una scuola di pittura a stretto contatto con unaltra di miniatura. In parte studiata di recente (Raizman), si mette in evidenza per tale contatto. Le menzionate chiese del Cristo de la Luz e di San Romn sono le sue opere pi caratteristiche, mentre il Trattato di San Ildefonso (Madrid, Biblioteca Nacional) e il Beato Morgan II o de Las Huelgas, del 1220, sono i libri di maggiore interesse. Vi erano stati in precedenza contatti con la miniatura di Burgos. A partire da questo momento linfluenza sinvertir, ma non prima del 1200. Ancora pi tardi sono gli affreschi rinvenuti in unaltra chiesa mudjar della provincia di Madrid: San Martn de Valdilecha (Bango). Len. Len e Compostela continuano a essere le citt pi importanti del regno, anche una volta scisse dalla Castiglia. Nella prima, sia San Isidoro sia la cattedrale commissionano opere miniate. Scomparsa la prima cattedrale in seguito alledificazione delledificio gotico posteriore, non sappiamo se esistessero dipinti murali. A San Isidoro rimangono, nella cosiddetta cappella dei

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Quiones, alcuni affreschi raffiguranti un eccellente ciclo tematico. Devono risalire allinizio del XIII secolo e, rivelando una mediocre esecuzione tecnica, riflettono gli ambienti del Duecento. Tale mediocrit ci sorprende, dal momento che anni prima Santo Martino dirigeva uno scriptorium che copiava le proprie opere (collegiata di San Isidoro di Len). Vi lavoravano vari miniaturisti di tecnica molto simile, ai quali venne richiesto di realizzare delle iniziali con ununica figura. La relazione con il gusto bizantino orientale molto chiara in ognuna di queste iniziali, frontali, solenni, dotate di una certa monumentalit, con il volume dei volti ottenuto tramite i toni pi che con le linee. Del tutto sorprendente il ritratto dello stesso Martino, riconosciuto come tale, la cui presenza non ha giustificazione alcuna tra santi, profeti, immagini di Ges e motivi animali. Si presume che lavorasse tra il 1188 e il 1200 circa. Vi sono altri codici che riflettono lo stile dello scriptorium, ma questo dovette dedicarsi successivamente al cosiddetto Libro de las Estampas (Cattedrale di Len), commissionato come cartulario per la cattedrale, in concorrenza con quelli gi realizzati per Oviedo e Compostela. Fuori dalla citt rimane ben poco, ma vi unopera di un certo rilievo che ci piace menzionare, data la scarsit di questo tipo di oggetti in Spagna: larca di Carrizo de Ribera, nota come arca di Astorga, in quanto si conserva presso il Museo della Cattedrale di questa citt. di grandi dimensioni, 150 centimetri di altezza e 116 di larghezza. Sul davanti vi raffigurata la Maest con gli apostoli e sul coperchio un ciclo di quattordici storie, dallAnnunciazione alla Resurrezione. Pur essendovi chi lha fatta risalire alla fine del XIII secolo, riteniamo che fosse realizzata nel primo quarto dello stesso secolo. La Galizia ha perduto, sempre che ve ne fosse molta,

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tutta la produzione legata allarte del colore. Santiago continua a essere un centro straordinario in cui si porta a termine la cattedrale, con il Portico della Gloria, e si amplia il palazzo arcivescovile. Ma che cosa ci giunto della pittura o della miniatura? Solo due opere eccezionali, due miniature a foglio intero aggiunte al Tumbo A. Una rappresenta Ferdinando II e fa da modello alla seconda, raffigurante Alfonso IX (f. 62v). In entrambi i casi vi lavorano due grandi artisti, dallo stile completamente diverso. Il primo proviene dallInghilterra, ancora una volta, e si presume conoscesse il Salterio di Winchester (Sicart). questi a creare il tipo del re cavaliere, lancia in resta, collocandovi al di sotto un leone pressoch araldico. Il secondo, che prende a modello per la sua immagine quella del predecessore, opera gi nel XIII secolo, allinterno di uno stile non molto distante dalla bottega di Santo Martino di Len. ben chiaro che impossibile che si facesse venire un miniaturista dallInghilterra solo per dipingere una pagina di un manoscritto. Si deve pertanto supporre che a Compostela fosse attiva una bottega di miniaturisti per tutto il XII e linizio del XIII secolo, sebbene siano giunti fino a noi solo scarsi frammenti della sua produzione. La perdita di tutto ci che non fosse il libro dei privilegi si spiega, in parte, con laccenno fatto nel XVI secolo da Ambrosio de Morales, secondo il quale il capitolo dei canonici aveva ben poca cura dei suoi libri tanto che vendette una biblioteca che gli era stata appena donata.

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