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BIBLIOTHECA SARDA

N. 50

Georgiana Goddard King

PITTURA SARDA DEL QUATTRO -CINQUECENTO


a cura di Roberto Coroneo traduzione di Stefania Lucamante

In copertina: Joan Figuera, San Giorgio, tavola laterale della predella del Retablo di S. Lucifero, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

INDICE

7 Prefazione 26 Nota bio-bibliografica 27 Avvertenze redazionali PITTURA SARDA DEL QUATTRO-CINQUECENTO 31 Ringraziamenti 33 La Sardegna fino al 1600 57 I pittori dei fondi doro 213 Appendice
Goddard King, Georgiana Pittura sarda del Quattro-Cinquecento / Georgiana Goddard King ; a cura di Roberto Coroneo ; traduzione di Stefania Lucamante. - Nuoro : Ilisso, c2000. 231 p. ; 18 cm. - (Bibliotheca sarda ; 50) 1. Pittura sarda - Sec. 15.-16. I. Coroneo, Roberto II. Lucamante, Stefania 759.59
Scheda catalografica: Cooperativa per i Servizi Bibliotecari, Nuoro

Titolo originale: Sardinian Painting, I, The Painters of the Gold Backgrounds, Bryn Mawr, Pennsylvania, Bryn Mawr College, e London-New York-Bombay-CalcuttaMadras, Green Longmans and Co., 1923. Riproduzioni fotografiche: Archivio Ilisso

215 Bibliografia 223 Indice analitico

Copyright 2000 by ILISSO EDIZIONI - Nuoro ISBN 88-85098-98-3

PREFAZIONE

Sardinian Painting esce nel 1923, come quinto di una serie di studi monografici editi dallUniversit di Bryn Mawr, nella quale Georgiana Goddard King insegnava Storia dellArte, oltre ad essere direttrice della stessa collana e membro della Societ dIspanisti dAmerica. A questo volume, che presenta lantica pittura sarda dal XII al XVI secolo, avrebbe dovuto far seguito laltro, che lAutrice intendeva dedicare al Sei-Settecento, ma che non fu mai dato alle stampe. Pertanto, a questo piccolo grande libro che si affida, per quanto riguarda la Sardegna, la memoria del lavoro storicoartistico di unintelligenza aperta, brillante e intuitiva, qual era appunto quella della Goddard King. Il sottotitolo del volume, The Painters of the Gold Backgrounds, ne esplicita il nucleo tematico, cio quei dipinti a tempera e a olio compresi fra il Tre e il Cinquecento, in cui il paesaggio quando presente limitato alle scene di contenuto narrativo mentre la figura si staglia preferibilmente contro un fondo doro, ottenuto con sottili foglie auree applicate alla tavola debitamente preparata secondo la tecnica della doratura a bolo. Si tratta dunque di quellampio arco di storia della pittura a cavallo fra medioevo ed et moderna, in cui le innovazioni dellarte umanistica sperimentate a Firenze nel primo Quattrocento giunsero a conquistare, ma solo gradualmente, altre citt ed altri ambiti geografici europei, nei quali il linguaggio tardogotico si mantenne a lungo vitale. lo spazio dei cosiddetti Primitivi, cos definiti secondo una sistemazione storiografica che, procedendo dalle Vite del Vasari e individuando in Michelangelo il culmine dellarte, relegava evidentemente al rango di semplici precursori tutti i pittori che lavevano preceduto e in qualche modo ne avevano preparato lavvento. Il riconoscimento delle autonome qualit espressive e formali dei Primitivi fossero essi italiani, fiamminghi o iberici
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prende avvio in Europa nel quadro dellinteresse storiografico per le identit artistiche nazionali, nel corso dellOttocento e soprattutto dagli inizi del Novecento. Sia che ne derivi, sia che la incrementi, coincide di fatto con una speciale attenzione del mercato antiquario per la pittura di Piero della Francesca, di Jan van Eyck, di Jaume Huguet, e genera di conseguenza un analogo interesse per la pittura sarda quattro-cinquecentesca, del quale si fa interprete per unamericana, la Goddard King appunto. La quale, nei primi anni Venti del secolo, ha poco pi di cinquantanni e in Sardegna due amiche, Anna Rose ed Ellen Giles, in grado dintrodurla al patrimonio pittorico e agli ambienti culturali dellisola che percorreranno, presumibilmente assieme, alla ricerca di antichi dipinti. In quel momento, matura nella Goddard King il progetto di unimpresa certo allora non facile: lorganica sistemazione dellantica pittura sarda, in due volumi di cui il primo dedicato ai pittori dei fondi doro. Le difficolt oggettive risiedevano da un lato nelle condizioni generali della Sardegna del tempo, povera di vie di comunicazione agevolmente praticabili e viceversa (relativamente) ricca di opere darte in centri isolati, il che non permise allAutrice una compiuta ricognizione dellintero patrimonio isolano; dallaltro, nella scarsit di materiale bibliografico sul quale basarsi per uninformazione sufficientemente vasta sulla storia, sui costumi, sullartigianato e infine sullarte sarda. Dalla sua, la Goddard King aveva il privilegio di poter contare su un attento conoscitore della realt sarda, qual era Carlo Aru, gi da allora attivissimo nella Soprintendenza alle Antichit di Cagliari, e lo stimolo di dover compiere una ricerca di prima mano, sulla scorta di pochissimi contributi specifici, nonch di unopera storiografica di sicuro spessore, com tuttora la Storia di Sardegna di Giuseppe Manno.1
1. La Storia di Sardegna esce a Torino nel 1825-27. La Goddard King ne utilizza la seconda edizione (Manno 1840); lopera oggi disponibile in questa stessa collana (1996).

Principalmente, se non esclusivamente su questultima si basa lintroduzione storica dal titolo La Sardegna fino al 1600, che la Goddard King colloca in apertura del libro. Per il fatto desser stata redatta in anni non sospetti, su una documentazione archivistica ineccepibile, e pertanto di risultare immune dalle successive falsificazioni ottocentesche, lopera del Manno conduce la studiosa a profilare la storia sarda dalle origini alla prima et spagnola secondo una prospettiva sostanzialmente corretta. Di pi, la mette in guardia contro linquinamento dei dati conseguente allavallo dellautenticit delle famigerate Pergamene dArborea da parte di Giovanni Spano, e pertanto a rigettare circostanze e nomi di artisti, che il canonico aveva integrato nella sua ricostruzione dellantica pittura sarda. Certo, lesordio della Goddard King circa le origini leggendarie della storia e dellarte sarda pu anche far sorridere, ma se ne colgano almeno le qualit letterarie, che fanno emergere progressivamente dallorizzonte indistinto del mito mediterraneo gli eventi reali, dal sostrato nuragico alloccupazione feniciopunica e romana, dalla conquista vandalica a quella bizantina, dalle incursioni longobarde e saracene allinsediamento di colonie commerciali pisane e genovesi, fino allo sviluppo dei giudicati e alla loro caduta sotto il dominio di Pisa prima, dellAragona poi. Non pu farsi a meno di rilevare, a questo proposito, lestrema modernit della visione storiografica della studiosa in merito allautonomia dellistituto e della cultura giudicale in Sardegna, non declassata in posizione subalterna rispetto ad autorit esterne allisola, ma da lei pienamente riconosciuta come fattore costitutivo del suo volto storico. Cos delineato il corso degli eventi storici che portarono la Sardegna a diventare parte integrante della Spagna, la Goddard King passa in rassegna la pittura sarda premettendo che questa una ramificazione della pittura iberica. Il giudizio pu sembrare riduttivo ma non lo . Come la stessa argomenter poi ripetutamente nel corso della trattazione, riconoscere la sostanziale dipendenza dei Primitivi sardi da quelli iberici non significa negare alla loro pittura caratteri specificamente autonomi, anzi: solo nel quadro di questa circolazione
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mediterranea di uomini, merci, idee e opere darte che pu comprendersi da un lato la dinamica storica fra tradizione e innovazione, dallaltro il radicarsi nellisola di linguaggi pittorici in grado di garantire quella continuit locale che costruisce i tratti specifici dellidentit artistica sarda. Contro la prevalente caratterizzazione urbana degli ambienti iberici di provenienza, dipinti e artisti sardi si contraddistinguono per una sorta di spontaneit che deriva loro dalla caratterizzazione rurale degli ambienti in cui si trovano a operare: Il viaggiatore che si rechi in Sardegna scrive la Goddard King in chiusura del libro (p. 211) non sar in grado di apprezzare tutto ci nella gente di paese che gli capiter di incontrare. Egli guarder i volti duri degli indigeni, e probabilmente li riterr scortesi. Si lamenter dei loro costumi ancestrali, della poca pulizia e trasandatezza, esattamente come rifer Liutprando da Cremona a proposito dei nobili e dellimperatore di Bisanzio. Non vedr nientaltro, a meno che non ci si metta dimpegno a capirli: il vero contadino timido come un muflone. I dipinti, tuttavia, potranno essere da lui ammirati senza alcun problema. Essi identificano la razza sarda, profondamente radicati al suolo dellisola; oltre a possedere una loro bellezza, hanno tutte le qualit pi rare di unarte non cittadina. Obiettivo dichiarato del libro quello di costruire unossatura cronologica utile a sistemare opere, nomi e fatti artistici della Sardegna fra il XII e il XVI secolo secondo una logica coerente di sviluppo. Fin dallinizio la Goddard King consapevole che lestrema scarsit di materiale archivistico relativo allantica pittura sarda rende impossibile una storia degli eventi che si affidi sicuramente al dato documentario; bisogna invece entrare nel vivo della struttura e del linguaggio formale dei dipinti, e nel farlo occorre non trascurare nulla: lanalisi della provenienza e del luogo di produzione, la minuziosa lettura iconografica delle scene e delle figure, laccurata distinzione delle mani e lidentificazione del nome o della personalit dellartista, lintuizione della temperie artistica e culturale da cui scaturita lopera. Le si potrebbe semmai
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rimproverare una sbrigativa metodologia di confronto, che spesso rende arduo esplicitare i sintetici richiami apposti in nota, o nel corpo, o a sinistra della colonna di testo, ma la loro genericit finisce per apparire programmatica: non importa tanto stabilire se quel motivo o quel dipinto derivino o provengano effettivamente da Barcellona o da Valenza o da Napoli, dalla Catalogna o dallAragona o dallItalia meridionale, quanto piuttosto dare la dimensione autentica della circolazione della cultura mediterranea. Anche in questo caso, la prospettiva della Goddard King si rivela sorprendentemente moderna: a tuttoggi sono pochi, infatti, nellisola e fuori, gli studiosi che superino la visione locale per un orizzonte pi ampio, in grado di restituire la complessa trama di relazioni fra citt e paesi gravitanti tutti su quel grande bacino di comunicazione culturale, che da sempre il Mediterraneo. Lanalisi della Goddard King, dunque, di stampo prettamente formale e la conduce a impostare una classificazione dellantica pittura sarda in quattro gruppi. Nel primo sono compresi soltanto due affreschi, di et giudicale: nella chiesa della SS. Trinit di Saccargia, gi possesso dei monaci camaldolesi, e nellex cattedrale di S. Pantaleo a Dolianova. Anche nel secondo gruppo sono annoverati solo due dipinti, a tempera su tavola, trecenteschi, che vengono definiti pisani in quanto di tipologia italica: il Trittico di SantAntonio, oggi nel Museo Sanna di Sassari, e la Pala di Ottana, nellex cattedrale di S. Nicola. Nel terzo gruppo si inseriscono i numerosi dipinti su tavola del Quattro e del primo Cinquecento, di tipologia iberica, nei quali la Goddard King riconosce due linee principali, che evolvono dallattivit in Sardegna luna del pittore catalano Joan Figuera, laltra del tortosano Joan Barcel. Il quarto gruppo comprende i dipinti cinquecenteschi, sempre su tavola, della cosiddetta scuola di Stampace, dal quartiere cagliaritano in cui avevano bottega i Cavaro e i pittori della loro cerchia. Nel novero delle opere esaminate dalla Goddard King rispetto al terzo e al quarto gruppo, speciale rilevanza assumono nellordine il Retablo di San Bernardino, commissionato
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nel 1455 ai pittori catalani Rafael Toms e Joan Figuera, con lesplicita richiesta che lo eseguissero in Sardegna; le tavole del Retablo di Castelsardo, della Madonna col Bambino (oggi a Birmingham) e del Retablo di Tuili, datato al 1500, attorno alle quali si costruito il corpus del Maestro di Castelsardo; il grandioso Retablo di Ardara, con la firma di Giovanni Muru e la data 1515 nella predella; il Retablo di Villamar, firmato e datato nel 1518 dal cagliaritano Pietro Cavaro. Il repertorio arricchito non solo dalla considerazione di pezzi di emergenza assoluta, quali la Predella di S. Lucifero, attribuita a Joan Figuera, e il Retablo dei Beneficiati nella cattedrale di Cagliari, ma anche di diversi dipinti di qualit non eccelsa e per giunta dislocati in centri periferici e difficilmente raggiungibili, quali il Retablo della Peste a Olzai e quelli di Oliena e Perfugas. Certo ella ebbe la fortuna di trovare radunate nel Museo di Cagliari (oggi la Pinacoteca Nazionale) diverse opere poi restituite alle rispettive chiese di appartenenza, quali i polittici di Tuili, Villamar e Gergei, ma in molti casi dovette basarsi unicamente sul suo taccuino dappunti e su fotografie in bianco e nero, perlopi pessime, il che genera diversi errori e imprecisioni; nonostante ci bisogna rimarcare che ancora oggi le tavole di Orani e Fonni, pur descritte con minuzia dalla Goddard King e sporadicamente ricordate in seguito, risultano in sostanza trascurate nella storia degli studi. Quanto alla bibliografia di lavoro, che lAutrice riport in coda al libro, occorre rilevare che la disponibilit di specifici contributi sullantica pittura sarda si limitava allepoca era il 1923 a testi ottocenteschi quali il Catalogo della privata pinacoteca del canonico Spano e i vari articoli nel Bullettino Archeologico Sardo da lui diretto,2 a qualche intervento della critica extraisolana,3 alle pionieristiche ma parziali sistemazioni storiografiche di Enrico Brunelli e Carlo Aru:4
2. Spano 1870 (per il Catalogo) e 1859a-b, 1860, 1861b (per gli articoli nel Bullettino). 3. Venturi 1907, p. 831 (Pala di Ottana); Chamberlain 1909; Biehl 1913. 4. Brunelli 1903, 1907, 1919, 1920a-b; Aru 1911-12, 1920.

praticamente gli albori non solo della storia dellarte in Sardegna, ma anche di quella iberica, se si considera che i soli repertori allora consultabili erano quelli del Bertaux e per la pittura catalana del Sanpere i Miquel,5 e che la monumentale opera del Post era ancora di l da venire. Col tempo, la storiografia specialistica si andata arricchendo, ma ci non toglie che il libro della Goddard King abbia segnato una tappa importante e per la conoscenza della pittura iberica, e soprattutto per quella della pittura sarda, rispetto alla quale ha svolto un ruolo della massima importanza. Questultimo, forse, non stato sempre riconosciuto; si segnalano tuttavia le esplicite menzioni dellopera nel catalogo della mostra Cultura quattro-cinquecentesca in Sardegna, Retabli restaurati e documenti, tenutasi a Cagliari nel 1983,6 e per inciso laffermazione di Federico Zeri, in unintervista sulla Nuova Sardegna, che non sia stato un caso che il primo libro sulla pittura sarda, quello della Goddard King, sia stato stampato a Filadelfia.7 Come dire, soltanto un occhio non condizionato dalla piacevolezza della pittura italiana poteva ritrovarla, e in termini di bellezza, in una pittura come quella sarda, per certi versi primitiva di nome e di fatto. Lintervista rilasciata da Zeri prendeva le mosse dallidentificazione di un inedito di Pietro Cavaro, comparso a Londra sul mercato antiquario. Dovrebbe trattarsi della Crocefissione gi nel chiostro della chiesa di S. Domenico, ammirata dal viaggiatore francese Valery e quindi ricordata da Alberto Della Marmora, che ne riferisce la sparizione e alienazione dapprima a uno speculatore locale, poi allestero.8 Non risulta
5. Bertaux 1907; Sanpere i Miquel 1906, 1910-14. 6. Fra le altre, quella di Joan Ainaud de Lasarte, in Cultura 1985, p. 25. Cfr. anche Daniele Pescarmona, nei saggi di sintesi in Pittura 1987, p. 489, e 1988, p. 527. 7. Federico Zeri, in Magnani 1992. 8. Valery 1837 (1996, p. 135): La chiesa di San Domenico offre una notevolissima pittura, una Crocifissione, con numerosi ritratti tra i quali si distingue quello di Dante, vicino al buon ladrone che leccellente stima del [pittore Giovanni] Marghinotti arrivava ad attribuire al Masaccio;

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che il panorama degli studi sulla pittura isolana cinquecentesca abbia finora registrato in modo significativo la nuova acquisizione; in ogni caso si tratta dellultimo episodio della lunga serie di alienazioni, esportazioni non autorizzate, appropriazioni indebite e furti, cui andato soggetto il patrimonio artistico non solo sardo. La stessa Goddard King riporta in appendice il gustoso aneddoto relativo al provvidenziale recupero della Predella di S. Lucifero, che stava per lasciare lisola ed ora invece nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari; come pure, ragionando sulla tavola della Madonna di Birmingham9 e sulla scorta degli appunti presi dalle Giles nei loro viaggi di ricerca, deduce che la consistenza numerica degli antichi dipinti in Sardegna dovesse essere in realt ben maggiore, fino ad anni per lei recenti. Tuttavia, ritiene che il panorama da lei delineato risulti se non completo, almeno significativo rispetto alle pi importanti delle opere superstiti. Laffermazione corrisponde solo in parte a verit. Il progresso degli studi, la catalogazione dei beni artistici, la loro
Della Marmora 1860 [1997, pp. 147-148]: non si trova pi a Cagliari. Subito dopo la legge del 1855, relativa alla soppressione dei conventi, i frati di San Domenico si affrettarono a vendere questo quadro a uno speculatore, che prefer il suo personale profitto al senso patriottico di conservare un bel quadro al suo paese; infatti fu venduto allestero. Cfr. pure Spano 1861a, pp. 276-277: sicuramente era di pennello sardo Se la negligenza dei passati non avesse fatto smarrire molte tavole delle antiche Chiese, oggi la Sardegna avrebbe da lodarsi di molti dei suoi figli che si distinsero in questarte dei quali sappiamo i nomi, ma non abbiamo le opere. 9. La tavola della Madonna col Bambino, angeli e committenti del Maestro di Castelsardo, oggi a Birmingham nel City Museum and Art Gallery, probabilmente quella descritta nel chiostro della chiesa cagliaritana di S. Rosalia da Spano 1861a, pp. 253-254: rappresenta la Madonna seduta in trono cogli angeli che la incoronano: vi un grande sfarzo di doratura nelle vesti della Vergine, intagliate a fiorami, ed incisi come a bulino. Al di sotto vi sono due antichi ritratti di mezza figura in atto di orare; chi sa che non siano marito e moglie e che ne abbiano ordinato il quadro, che forse era collocato in qualche cappella eretta a loro spese.

tutela e i restauri hanno naturalmente consentito un ampliamento sia del novero dei dipinti materialmente superstiti e conosciuti, sia delle prospettive di analisi storica, iconografica, tecnica e formale, nonch degli strumenti di approfondimento critico in relazione alla metodologia di confronto con altri ambiti della coeva pittura europea.10 Intanto, a volersi attenere allo schema di classificazione proposto dalla Goddard King, c da segnalare loccasionale recupero di importanti affreschi di et romanica nella chiesa di S. Nicola di Trullas in agro di Semestene e in quella di S. Pietro alla periferia alta di Galtell e daltri di et gotica nel S. Antonio abate di Orosei e nella Nostra Signora de sos Regnos Altos, cappella palatina del castello di Serravalle a Bosa i quali, assieme ad altre emergenze minori, negano il carattere di unicum fin qui rivestito dagli affreschi absidali di Saccargia nellambito della pittura murale del medioevo sardo. Per quanto attiene al secondo gruppo, cio alle tempere su tavola comprese fra Due e Trecento, occorre annoverare fra le opere da antica data in Sardegna e dunque potenzialmente accessibili alla Goddard King il dossale attribuito a Memmo di Filippuccio (gi nella cattedrale di Santa Giusta e poi nellepiscopio di Oristano) e la Madonna del Bosco nellaltar maggiore della cattedrale di S. Nicola a Sassari, che per soltanto dopo il restauro si potuta ascrivere a Nicol da Voltri. In ogni caso, la provenienza dei dipinti o leducazione italica degli artisti sia degli affreschi romanici e gotici, sia delle tavole due-trecentesche, individuano come punto di riferimento per gli ambienti artistici isolani fra XII e XIV secolo non il versante iberico come sostenuto dalla Goddard King in relazione a Saccargia e alla pala daltare di Ottana bens quello italico, Roma, Pisa e Genova in particolare.
10. Nelle note di aggiornamento al testo della Goddard King, detti confronti sono stati esplicitati quando non troppo generici, in ogni caso rimandando ai repertori pittorici di pi facile reperibilit e di pi agevole consultazione, talvolta alle opere specialistiche.

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comunque in relazione al terzo e al quarto gruppo, di quelli individuati dalla Goddard King, che si sono registrate le nuove acquisizioni e le focalizzazioni critiche di portata maggiore rispetto alle conoscenze esperite fino agli anni Venti. In questottica, limpulso dato agli studi di storia dellarte in ambito iberico dalla pubblicazione dellimponente History of Spanish Painting di Chandler Rathfon Post11 non poteva non determinare una ricaduta anche in ambito sardo. Cos, se da un lato la catalanistica giunta via via a configurare unanalisi esauriente della produzione pittorica di polittici tre-cinquecenteschi che si configurano secondo lo schema del retablo (o retaule), dallaltra gli studi sardi hanno conosciuto la stagione della messa a fuoco delle personalit di Pietro e Michele Cavaro, e della scuola di Stampace in genere, da parte dellAru e di Raffaello Delogu,12 quindi la sistemazione complessiva da parte di Corrado Maltese e Renata Serra, e soprattutto di questultima, alla quale si devono i contributi pi approfonditi in materia.13 Negli ultimi due decenni si sono poi gradualmente definiti metodi di approccio variati e diversi dai tradizionali indirizzi di lettura storicoformale, che consentono lapprofondimento in sede di esposizioni temporanee14 o in chiave ad esempio iconologica, o di peculiarit tecniche, con inedite prospettive di ricerca quali quelle aperte dalle indagini non distruttive sul disegno sottostante la stesura pittorica vera e propria.
11. Post 1930-66. 12. Aru 1924, 1926; Delogu 1937, 1945. 13. Cfr. specialmente Maltese 1962; Maltese, Serra 1969; Serra 1980, 1990, questultimo con schede e bibliografia curate da chi scrive. 14. Fra le mostre pi rilevanti, delle quali cfr. il rispettivo catalogo: Cagliari, convento di S. Domenico e Cittadella dei Musei, 26 dicembre 1983-20 gennaio 1984 (Cultura 1985); Cagliari, cripta di S. Domenico, luglio-agosto 1992 (Pittura 1992a); New York, IBM Gallery of Science and Art, 14 dicembre 1993-29 gennaio 1994 (Retabli 1993); Nuoro, Galleria Comunale dArte, e Sassari, Museo Nazionale G. A. Sanna, 30 marzo-2 maggio 1998 (Devozione 1998).

Ci detto, converr premettere che, considerati i molteplici nessi che la pittura quattro-cinquecentesca in Sardegna intrattiene con quella iberica, valenzana ma soprattutto catalana, se ne sintetizzano qui alcuni spunti di rilettura critica sulla base anzitutto della classificazione della pittura gotica catalana in quattro (o cinque) fasi, ormai generalizzata nellambito degli studi:15 prima fase, stile lineare protogotico (1275-1350 circa); seconda fase, italogotico (1325-1400 circa); terza fase, gotico internazionale, divisa in due momenti (1375-1435 circa; 1420-1460 circa); quarta fase: tardogotico, o della seconda met del XV secolo (1440-1500 circa). Rispetto allo schema della Goddard King, c da osservare che il suo terzo gruppo di dipinti quattrocenteschi di tipologia iberica viene ad abbracciare per intero la terza e quarta fase della classificazione catalana, collocandosi fra il 1410 circa (Retablo dellAnnunciazione) e il 1500 (Retablo di Tuili), mentre il quarto gruppo cinquecenteschi della scuola di Stampace non rientra pi nel Tardogotico iberico, dovendosi piuttosto rapportare allepoca del primo Rinascimento, in cui lapertura al manierismo italico si fa tangibile sia in Catalogna e nel Valenzano, sia in Sardegna fra il Retablo di Villamar del 1518 e gli epigoni dei pittori cagliaritani di Stampace, fino ai primi anni del Seicento. Non sono sopravvissuti nellisola dipinti, ma solo documenti darchivio, relativi alla fase italogotica della pittura catalana; fra questi, lattestazione di una pala daltare eseguita nel 1403-04 da Pere Serra per la Sardegna. Il pi antico polittico di cui siano giunte fino a noi le tavole il Retablo dellAnnunciazione, attribuito a Joan Mates, uno dei maggiori esponenti del primo momento del gotico internazionale in Catalogna. La Goddard King gli dedica unattenzione marginale, cos come trascura la verifica della notizia, pure in suo possesso, di due tavole oristanesi del Retablo di S. Martino,
15. Per la pittura gotica catalana cfr. soprattutto il ricchissimo corpus di Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986.

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oggi nellAntiquarium Arborense, non distanti dai modi di Ramon de Mur e da collocare pertanto entro il 1435 circa. Entrando nel secondo momento dello stesso ambito stilistico, si incontra subito il primo polittico di tipologia gotico-catalana che risulti documentato come sicuramente eseguito in Sardegna: il Retablo di San Bernardino, che come quello dellAnnunciazione si trovava nella chiesa di S. Francesco di Stampace ed oggi custodito nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari; fu commissionato nel 1455 ai pittori catalani Rafael Toms e Joan Figuera e dipinto nellarco di un anno, a Cagliari, dove il secondo dei due dovette impiantare bottega, forse a Stampace, dando cos vita a una tradizione che fin dalla seconda met dello stesso secolo stabilir in questo quartiere cagliaritano il fulcro delle attivit pittoriche. A Joan Figuera la Goddard King attribuisce non solo la Predella di S. Lucifero, che gli del resto ancora oggi riconosciuta, ma addirittura la tavola nel Museu dArt de Catalunya a Barcellona con San Giorgio e la principessa, da restituire al centro di un trittico nel quale sindividua una delle opere capitali di Jaume Huguet, senzaltro il pittore pi significativo dellambiente catalano e specificamente barcellonese della seconda met del XV secolo. Una scivolata solo apparentemente grossolana, che trae origine in verit dallalta qualit formale dei dipinti della predella cagliaritana, purtuttavia inferiore a quella altissima di Huguet. Semmai, lerrore di prospettiva si rivela nella mancata cognizione di quei caratteri distintivi della quarta fase della pittura catalana, di cui Huguet appunto il massimo rappresentante, nella quale labbandono delle formule gotico-internazionali d vita a una vivace dialettica fra il polo tardogotico catalano-valenzano da una parte, e quello umanistico fiammingo-napoletano dallaltra. appunto ai poli opposti di tale temperie culturale che si collocano nella sostanza la personalit di Joan Barcel e quella dellanonimo pittore denominato Maestro di Castelsardo, con i quali si chiude la fase tardogotica della pittura quattrocentesca isolana. Entrambi rivelano uneducazione
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sostanzialmente catalano-fiamminga, ma il primo che firma il Retablo della Visitazione nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari ed documentato fino al 1516 in Sardegna si mantiene fedele negli impianti iconografici alla tradizione valenzana, mentre il secondo manifesta una decisa componente italiana, nella geometrizzazione dei volumi della Madonna di Castelsardo come nellabbandono integrale dei fondi doro nel Retablo di Tuili, che gli viene pagato nel 1500. Una speciale posizione, in questambito di discorso, riveste il Retablo di Ardara, opera composita, della quale solo la predella restituibile a Giovanni Muru, che la firm nel 1515, ma che per il resto si configura curiosamente arcaico, come avverte pure la Goddard King: pi che unopera del Cinquecento, la si direbbe pienamente immersa nel clima pittorico del secolo precedente, se non fosse per laggiornamento delle iconografie sulla scorta di modelli grafici desunti dalle stampe di Drer, in particolare di quelle della Vita di Maria (1503), che evidentemente conobbero unimmediata e ampia circolazione, giungendo anche in Sardegna. il manifesto utilizzo di queste ultime, del resto, ad aver orientato verso il primo decennio del XVI secolo la collocazione del Retablo di Sanluri, gi ascritto alla fine del Quattro-inizi del Cinquecento sulla base della sua consonanza con quellambito di circolazione mediterranea della cultura, che la stessa Goddard King individua e sottolinea con efficacia proprio in relazione a questopera: la Pala di San Severino a Napoli, da un lato; il Retablo di San Martino a Segorbe, del valenzano Jacomart, dallaltro; e al centro delle rotte commerciali e artistiche il polittico di Sanluri (oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari), con la sua vibrante figura di SantEligio vescovo, ma anche con il Trionfo di Anfitrite fra i dettagli secondari, spia eloquente di interessi antiquari di marca umanistica, che non mancheranno di ripresentarsi nellopera di Pietro Cavaro, con cui si guadagna leffettivo affrancamento dalla pittura iberica e si registra il monopolio delle botteghe cagliaritane nelle commissioni artistiche dellisola.
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Indubbiamente da qui in poi la trattazione della Goddard King si fa meno lucida e incisiva: lAutrice si trova evidentemente pi a suo agio nel Quattrocento, che nel Cinquecento. Non manca certo di applicarsi con lusuale meticolosa attenzione tanto su polittici di minore rilevanza, quanto sul grande Retablo di Villamar, del quale riconosce il complesso disegno iconografico e dottrinale, ma non ne avverte la qualit, probabilmente perch le sue personali preferenze vanno a una pittura meno colta, pi genuina, pi contadina, nella quale sente lanima della sardit.16 Arriva a tacciare Pietro Cavaro di semianalfabetismo (ma non sono del resto scorrette tutte, senza eccezione alcuna, le iscrizioni latine nei retabli?) e di servilismo, poich nel firmare nel 1518 la pala di Villamar si dice pictor minimus Stampacis: ma non per falsa modestia (cio: il meno importante dei pittori di Stampace, come interpreta la Goddard King), bens probabilmente perch era lui il pi giovane dei pittori di Stampace. Insomma, lo splendido Retablo di Villamar non incontra il suo gusto estetico, perch come trascrive (p. 179) dal suo taccuino di appunti Lo stile pi morbido, italianizzante: ombre addolciscono i volti bench persista in profondit una forma abbastanza decisa; non vi vivacit nel colore; tutte le figure si atteggiano a pose assolutamente prive di tensione drammatica. A una mentalit moderna, abituata a esprimere giudizi di valore sullarte, anche quella antica, in base al maggiore o minore grado di aggiornamento e adesione alle tendenze di
16. grande sobriet di forme e di gesti; partiti compositivi rigorosamente bilanciati; i dettagli delle figure basati sullimmediata percezione comune, e non dedotti dallo studio dellanatomia e dai modi accademici, cosicch le pose risultano imitate dal vero anzich costruite. Il ruolo delle ombre ridotto al minimo, il colore onnipresente, forte, e usato per le sue qualit intrinseche. Le semplificazioni formali che tutto ci comporta fanno emergere quella bellezza della reticenza, quella grazia dellespressione imperfetta, quella subordinazione dei fatti ai dati del linguaggio artistico, quellinsistenza e predominanza di un canone, in cui la Goddard King sembra riconoscere non solo lo stile quattrocentesco (p. 148), ma lessenza stessa del Kunstwollen isolano.

avanguardia, risulter certo incomprensibile questa presa di posizione della Goddard King nei confronti di Pietro Cavaro, il quale educatosi a Barcellona entro il 1508 e dal 1515 nuovamente a Cagliari dopo un passaggio napoletano gi nelle tavole di Villamar supera decisamente i dati della sua formazione tardogotica per aderire a un linguaggio appunto italianizzante, che ne segner levoluzione fino allimpianto monumentale e manierista dei Santi Pietro e Paolo nelle porte del perduto retablo di S. Domenico. Successivi ritorni di fiamma per il decorativismo di marca catalano-valenzana se sua la tavola con SantAgostino in cattedra o per il descrittivismo fiammingo se lo pure quella con le Stigmate di San Francesco non inficiano il senso e la portata della svolta, del resto pienamente avvertibile, anche se ormai di maniera, nelle opere che si attribuiscono al figlio Michele (in particolare la Madonna della Consolazione nei modi del raffaellismo meridionale) come in quelle di Antioco Mainas e della bottega stampacina sino alla fine del XVI secolo. Pi che il massiccio ingresso a Cagliari di opere dimportazione campana come la Pala di SantAnna del napoletano Girolamo Imparato, che la firm nel 1594, o laffascinante produzione tardomanierista dellalgherese Francesco Pinna, attivo sino agli inizi del Seicento, importa qui focalizzare lattenzione su un nodo storico cruciale, sul quale si addensano problemi sostanzialmente irrisolti, che trovano la critica indecisa e su posizioni ancora oggi in netto contrasto. La Goddard King esamina il Retablo dei Beneficiati nella cattedrale cagliaritana, senza per conferirgli il dovuto rilievo: effettivamente, prima dei restauri, lopera si trovava in condizioni di difficile leggibilit, ma limbarazzo della studiosa ugualmente tangibile, per la profonda alterit di questo dipinto nel panorama sardo-catalano, in cui viene a trovarsi pressoch isolato. Anche a voler considerare sullo stesso piano di riferimenti culturali il pur deteriorato Retablo dei Consiglieri nel Palazzo del Comune di Cagliari, non pu farsi a meno di rilevare la qualit infinitamente superiore del dipinto della
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cattedrale, che se ne discosta anche per le manifeste e precise citazioni da Michelangelo e Raffaello (rispettivamente, i ladroni della Crocefissione trasposti da figure della volta della Cappella Sistina e la finestra dellArcangelo Gabriele ripresa dalle Logge vaticane) che presuppongono lutilizzo di appunti grafici presi in diretta a Roma, in anni non troppo discosti dalla diaspora della scuola raffaellesca dopo il sacco del 1527. pero il cromatismo a sorprendere: un colore acceso, a forti contrasti, irreale, che rimanda a quello antinaturalistico di Pedro Fernndez e in generale a quellambito di pittori itineranti fra Napoli e Girona, nel quale il nostro potrebbe essersi formato. Appunto in tale direzione sono andate le proposte dei vari storici dellarte, che nel toglierlo a Pietro o a Michele Cavaro lhanno via via attribuito a un manierista ibero-campano, eventualmente ospite della bottega di Stampace, ovvero a Pedro Machuca, ma senza giungere in realt a una definizione soddisfacente. Lungi dal pretendere di dare una risposta esauriente al problema, si vuole qui ribadire che la tangenza di questopera con la produzione pittorica della scuola di Stampace in realt pi forte di quanto generalmente ammesso. Se vero che la visionariet dellAnnunciazione e i tratti anticonvenzionali della Madonna col Bambino risultano estranei alle successive elaborazioni dei pittori stampacini, per innegabile che, per la prima volta o meno, nella Crocefissione di questo polittico compare un nuovo tipo di Cristo, prefigurato a Villamar nella caratteristica posa che la Goddard King definisce sarda: le gambe ripiegano verso lalto, ad angolo retto, come nel probabile modello locale rappresentato dalla scultura lignea del Cristo di Nicodemo nel S. Francesco di Oristano. Di fatto tale tipologia sembra esclusiva della Sardegna, fra il 1518 circa e la fine del Cinquecento, e la constatazione che lancora anonimo ospite ibero-campano labbia adottata fa propendere per una sua frequentazione dellambiente cagliaritano ben pi intensa e radicata di quel che si sia disposti ad affermare.
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Che la mano della tavola della Crocefissione possa esser diversa dalle altre dello stesso polittico, ipotesi da prendere in considerazione, anche se pare improbabile che sia quella dello stesso Pietro Cavaro. Che il Cristo sia poi diverso rispetto alle figure dei ladroni, e invece affine per postura al tipo sardo di un problematico bellissimo dipinto col Crocefisso in Corte dAppello a Cagliari, complica i termini del problema anzich chiarirli. Si innesta peraltro, a questo punto, un ulteriore importante nodo irrisolto, che concerne la posizione cronologica dellattivit dellaltro anonimo che va sotto il nome di Maestro di Ozieri. il grande assente nella sistemazione critica della Goddard King, che daltronde non ne conosceva nemmeno il Retablo di Nostra Signora di Loreto, attorno al quale si raccolto il corpus delle opere che gli vengono attribuite. Intanto, varie nuove acquisizioni hanno evidenziato non unattivit sporadica, bens uneffettiva bottega del pittore nel territorio centro-settentrionale sardo, in anni la cui definizione trova divisa la critica fra la tesi che li individua nella fine del Cinquecento, per lavvenuta assimilazione di modi formali propri della maniera italo-meridionale, e laltra che li vorrebbe compresi entro la met dello stesso secolo, per ragioni di natura opposta, cio per la fresca adesione alla temperie del primo manierismo: il dibattito ancora aperto. Fra i dipinti riconosciuti alla sua produzione iniziale si colloca appunto il Crocefisso oggi nel Museo Sanna di Sassari, che la Goddard King descrive nei termini di crocefisso sardo, in virt della caratteristica postura delle gambe ripiegate in alto ad angolo retto e coperte per met da un ampio perizoma. Identico dettaglio iconografico nellinterpretazione del Cristo crocefisso si riscontra poi in altre tavole ascritte al Maestro, nella Crocefissione del polittico di Ozieri come in quelle di Wiesbaden, Cannero e Benetutti, derivanti da retabli smembrati. Indubbiamente la resa pittorica dei crocefissi del Maestro di Ozieri risulta da un impianto pi disegnativo, da un materiale cromatico meno corposo rispetto a quelli nel Retablo dei Beneficiati, di un realismo assai pi crudo, e
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nella tavola in Corte dAppello, dal torso michelangiolesco. Semmai gli accentuati grafismi e lasciutta sostanza pittorica li accosterebbero alle repliche seriori (e qualitativamente modeste) della scuola di Stampace, il che farebbe ancora una volta propendere per una datazione tarda, che scavalca la met del secolo, ma che ripropone comunque linterrogativo di una formazione del Maestro di Ozieri nellambito dei pittori stampacini, o comunque della mediazione di modelli pittorici della bottega cagliaritana. Lindividuazione di quello da lei chiamato il Cristo sardo non che uno dei molteplici contributi che la Goddard King apporta alla messa a fuoco delle specificit della cultura pittorica isolana del Quattro-Cinquecento. Come dichiarato o dato per ormai acquisito in diversi punti-chiave del testo, lAutrice convinta che, nella storia dellarchitettura, quella sarda una denominazione che va riconosciuta a pieno titolo, alla pari di quella lombarda, cistercense o borgognona (p. 41), e di conseguenza che anche alla pittura in Sardegna siano riconoscibili caratteri di piena autonomia rispetto a quella catalana o valenzana o napoletana: per questo si deciso di mantenere nella presente riedizione il titolo di Pittura sarda, che risulta dalla traduzione letterale di Sardinian Painting, anzich seguire luso corrente, che certo in maniera pi appropriata avrebbe suggerito Pittura in Sardegna, in relazione ai pittori italici del Due-Trecento, a quelli catalano-valenzani del Quattrocento, come pure ai sardi che operarono nel Cinquecento. Che per la Goddard King lantica pittura sarda rifletta appieno lautentica sensibilit isolana, pi di ogni altra espressione di cultura religiosa che lha preceduta o seguita, risulter evidente a chiunque ne legga il testo, scritto in un inglese forse non impeccabile ma con un linguaggio piano e accessibile, ricco peraltro di spunti interessanti sotto diversi punti di vista, frutto della dedizione che lAutrice non manca di esprimere con trasporto verso la realt sarda, e non solo artistica (pp. 118-119): si acutamente osservato che la Vergine
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[di Tuili] sembra aver sofferto di malaria: qualcosa di pi che una mezza verit, dato che qui come altrove la consuetudine prescrive che pi santa la persona, pi viene prediletta, e laria sofferente della Vergine smunta, piatta di seno, con grandi occhi, conduce fatalmente allidentificazione di lei con lavvocato della povera gente costretta a vivere in una dura terra prerogativa a vantaggio dei Sardi, in tutte le arti, nellintreccio come in altri bei lavori di artigianato, nel folklore, persino nella storia, quella daver sempre mantenuto un carattere proprio, non pi che nel Retablo di Tuili. Questa peculiarit una volta riconosciuta, una volta soddisfatta da un colore forte e ben distribuito, da una drammatica tensione narrativa che non potrebbe essere pi pittoresca, da una romantica inclinazione per il paesaggio, da una suggestiva, emozionale vocazione naf, e da unindividualit che ha assimilato tutta una serie di elementi anche alieni o esotici, in una tradizione consapevolmente rivissuta, una volta accettata in questa disposizione mentale la si apprezza completamente.
Roberto Coroneo

Si ringrazia la Bryn Mawr University, nella persona del Direttore della Biblioteca, Mr. James Tanis, per la generosa collaborazione.

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NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

AVVERTENZE REDAZIONALI

Georgiana Goddard King (1871-1939) fu Professore di Storia dellArte nellUniversit statunitense di Bryn Mawr e direttrice della collana Bryn Mawr Notes and Monographs nella quale usc come quinto volume, stampato a Philadelphia nel 1923, Sardinian Painting, dedicato allantica pittura sarda. Fu inoltre membro dellHispanic Society of America, lassociazione dispanisti fondata da Archer Milton Huntington (1870-1955) nel 1804, aperta al pubblico nel 1908 e tuttora attiva, con sede a Broadway. Pubblic articoli in riviste specialistiche e diversi studi monografici, dedicati allapprofondimento di aspetti culturali e artistici dellarea iberica. Fra gli articoli: Some Famous Paintings in Barcelona, in Art and Archaeology, IV, 1916, pp. 55-56; The Journey of Ferrer Bassa, in Art Bulletin, XVI, 1934, pp. 116-122. Fra le monografie: The Way of Saint James, 1920; A Brief Account of the Military Orders in Spain, 1921; Citizen of the Twilight: Jos Asuncion Silva, 1921; Pre-Romanesque Churches of Spain, 1924; Mudjar, 1927; Heart of Spain, uscito postumo, a cura di Agnes Mongan, nel 1941. Sua infine la cura degli scritti di George Edmund Street, Some Account of Gothic Architecture in Spain, 1914; Unpublished Notes and Reprinted Papers, 1916. Furono gli interessi da ispanista ad avvicinarla alla cultura artistica della Sardegna; sin dal 1904 un suo libro, Comedies and Legends for Marionettes, A Theatre for Boys and Girls, reca illustrazioni di Anna Rose Giles, lamica che lavrebbe guidata alla conoscenza del territorio sardo.
Stefania Lucamante

La traduzione mantiene, per quanto possibile, la lettera e il senso del testo originale, riflettendone il carattere di rielaborazione di appunti e osservazioni sul vivo destinati a successivo approfondimento nelle intenzioni dellAutrice. Nomi, date e testi epigrafici sono stati uniformati ovvero corretti a seconda del caso. Le note sono state integrate sia con alcune le pi significative delle annotazioni di vario contenuto, che la stessa Goddard King appose al margine sinistro della colonna di testo, sia con vere e proprie note di aggiornamento critico e bibliografico, redatte dal curatore. Queste ultime sono state poste entro parentesi quadre, mentre le annotazioni dellAutrice risultano segnalate con il carattere italico o inserite nel testo. Per gran parte delle citazioni in nota stato possibile procedere a una verifica delle fonti utilizzate dalla Goddard King; come per quelle del curatore, si adottata la forma abbreviata di rimando alla bibliografia finale. Questultima stata uniformata alle norme correnti e ampliata con le integrazioni bibliografiche relative allaggiornamento operato dal curatore. Ledizione del 1923 include 41 tavole in bianco e nero, perlopi di cattiva leggibilit anche a causa delle condizioni dei dipinti, allora non restaurati. Si scelto di sostituirle con riproduzioni recenti, a colori, variando in qualche caso i soggetti delle illustrazioni, la cui numerazione pertanto non corrisponde a quella delloriginale. Ogni didascalia stata riformulata sulla base dellattuale attribuzione, denominazione e ubicazione dellopera. Infine, mentre si traduce qui la seconda delle due appendici allopera della Goddard King, si preferito non ripubblicare la prima, sui pittori Reixac, Jacomart e Huguet: vero che si tratta di tre fra i maggiori esponenti di quellambiente catalano-valenzano in rapporto con la cultura artistica sarda fra Quattro e Cinquecento, ma il contributo dellAutrice consiste di semplici dati biografici, superati alla luce della storiografia recente.
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RINGRAZIAMENTI

Non avrei potuto intraprendere questo lavoro senza la profonda conoscenza dellisola e della cultura sarda e laiuto costante della mia cara amica A[nne] R[ose] Giles di Sassari. Non lavrei mai portato a compimento senza la generosa cortesia del Dott. Carlo Aru del Museo di Cagliari, la cui competenza mi ha assistito per tutta la stesura dellopera. Forte inoltre il mio debito di riconoscenza verso il direttore di quel Museo, il Comm. [Antonio] Taramelli, di cui ricordo con piacere il sincero interessamento. Ho lobbligo di ringraziare il Prof. [Enrico] Brunelli per il dono dei suoi articoli, che rappresentano gli unici contributi di sicuro spessore, non scritti da sardi, finora dati alle stampe nel campo degli studi sulla pittura isolana. I dati in questo libro sono dedotti dagli scritti darchitettura del Dott. Aru e del Signor [Dionigi] Scano, di pittura del compianto Canonico [Giovanni] Spano, di storia del Barone [Giuseppe] Manno. Mi assumo per intero la responsabilit delle convinzioni personali poich conosco la Spagna meglio di molti studiosi italiani, e lItalia meglio degli spagnoli in genere. Resterebbero semplici opinioni, se non fossero fondate su dodici anni di costante studio dei Primitivi catalani e valenzani e ventiquattro dedicati allantica pittura italiana. Ho esaminato sul posto quasi tutti i dipinti di cui scrivo. Alla generosit del Dott. Aru e del mio vecchio e compianto amico Seor [Salvador] Sanpere i Miquel, alla gentile concessione del Direttore Taramelli, al lungo e laborioso lavoro della Giles e ai fotografi, il Seor Mas di Barcellona e i fratelli Alinari di Firenze, devo le fotografie, sulle quali ho studiato per due anni e che qui riproduco. Ringrazio Emilio Cabot di Barcellona e il Consiglio Municipale di Birmingham per aver permesso la pubblicazione della grande tavola con San Giorgio, di Joan Figuera [sic], e di quella con la Vergine, probabilmente da Oristano [sic]. Sono inoltre riconoscente soprattutto al Presidente della Hispanic Society of America, che commission limpresa e la cui intuizione trova in questopera, spero, la miglior conferma (maggio 1922).
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Non molto si sa di alcune fra le grandi isole del Mediterraneo Cipro, Creta, Malta, Sardegna e Baleari simili a perle sciolte che un tempo formavano una collana. In origine forse il tipo di civilt era analogo, dato che lo stampo etnico si mantiene ancora oggi essenzialmente identico. In una determinata epoca, la Sardegna costitu il pi remoto avamposto occidentale del traffico egeo: gli artigiani del re Minosse e i lavoranti di Dedalo portarono nellisola i loro manufatti in terracotta e vi innalzarono le loro stele sacre. Anche pani di rame fuso vennero inviati e venduti in Sardegna, con il marchio dei sigilli egei. I Tartessani, nei loro viaggi di esplorazione verso est, vi introdussero lavori in bronzo e forse una divinit taurina. Lasciarono ambra al loro passaggio, o in andata o al ritorno, da trasportare nelle torri di pietra fra le colline. I pirati del mare si limitavano a transitare e i selvaggi capitrib che vivevano nelle torri circolari chiamate nuraghi vivevano di razzie, ciascuno signore di un piccolo territorio, in accordo reciproco nellambito di una societ impenetrabile, che non conosceva la paura al pari di quella dei giudici nel medioevo. Cartagine conquist la Sardegna nel VI secolo a.C. e le truppe iberiche tradotte di guarnigione nel sudovest dellisola talvolta disertavano e si alleavano con le genti di montagna non sottomesse, si sposavano e si stabilivano nelle zone dellinterno, mescolando il loro sangue con quello della razza affine. I Romani, subito dopo la trasformazione del regime da repubblicano a imperialistico, si disposero alla sua conquista e colonizzazione;1 Tiberio [Sempronio] Gracco annesse lisola nel 238 a.C. Grano e sale, legname e minerali, pregiate pietre
1. [La principale fonte storiografica utilizzata e in seguito anche espressamente citata da Georgiana Goddard King per questintroduzione la Storia di Sardegna di Giuseppe Manno (1840), ora disponibile nella riedizione in Bibliotheca Sarda (1996)].

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da costruzione come il basalto, il granito rosso, il porfido viola e il marmo nero, tutto ci necessitava alla penisola. Ci furono ancora tentativi di colonizzazione durante limpero, in massima parte a opera di poveri immigrati o schiavi liberti, o vecchi soldati in congedo, ma nomi indigeni sono comuni persino nelle iscrizioni romane. I Sardi non piacquero mai ai Romani Cicerone e Orazio furono spesso chiamati in causa contro di loro ma in effetti i Romani raramente amarono i nativi delle regioni colonizzate. Gli isolani ostinati e tarchiati, che furono buoni soldati negli eserciti punici e imperiali come, due millenni dopo, lo sarebbero stati sul Brenta e sulle Alpi austriache, erano difficili da controllare rispetto a qualunque altra mansione. Se resi schiavi non tollerano per nulla la vita in cattivit oppure, se decidono di continuare a vivere, sfiancano i padroni con la loro ottusit e insensibilit, nella condizione duomini liberi brutalizzati dalla sofferenza. Citando uno studioso imparziale e in effetti obiettivo,2 agli intrattabili Sardi vestiti di pelli che riempirono i mercati italiani degli schiavi fu affidato il compito di rappresentare una razza che aveva raggiunto un grado di civilt relativamente alto quando la penisola si trovava ancora in piena barbarie. La religione primordiale dellisola potrebbe essere stata una sorta di culto dellalbero e della stele; quasi certamente essa fu presto trasformata in culto dei progenitori defunti e in devozione verso i luoghi di sepoltura della gente autoctona. Le religioni orientali non si radicarono nellisola; erano s adorate divinit egizie e almeno in un caso Giove Dolicheno, ma del culto di Mitra non si trovata traccia. Il temperamento locale, alieno da misticismi, era invece diretto, fervido, dedito alle relazioni umane pi semplici. Sotto gli Antonini esistevano fra i Sardi comunit cristiane, perseguitate sotto Diocleziano. Nel II secolo i cristiani furono condannati a lavorare nelle miniere sarde; nelle persecuzioni di Diocleziano fu martirizzato San Lussorio, un soldato romano convertitosi
2. Bouchier 1917, p. 21; cfr. pp. 2, 73.

grazie alla lettura della Bibbia; sotto Costanzo II San Lucifero vescovo [di Cagliari] era talmente ortodosso che alla fine fu giudicato scismatico. indicativo che la Chiesa sarda si sia schierata per il partito dellOccidente, anche se al limite dellortodossia e oltre, nella controversia ariana; lisola, che volge un ripido costone di roccia allest e offre porti solo allovest, al nord e al sud, ha sempre guardato in direzione del percorso compiuto dal sole. La Sardegna appartenne al regno vandalico e accolse esiliati africani cos come in precedenza aveva accolto mercenari punici. Le ossa di SantAgostino restarono in Sardegna per lungo tempo, sino a quando un re longobardo [Liutprando] le trasl a Pavia; Fulgenzio [vescovo di Ruspe] visse e insegn per anni a Cagliari e regol la propria esistenza secondo norme canoniche. Dopo i Vandali, i Goti furono padroni dellisola. Dal 533 in poi, la Sardegna fu politicamente una parte dellimpero orientale e vi si possono trovare tracce, bench scarse, di costruzioni bizantine3 e intagli copti; ma nel complesso lisola era da un punto di vista ecclesiastico sotto la giurisdizione di Roma. Le lettere di papa Gregorio Magno mostrano come una larga parte degli isolani fosse ancora pagana e intenzionata verosimilmente a restarlo, dato che gli idolatri versavano lo stesso tipo di tasse per licenze dei cristiani in Spagna sotto la dominazione moresca, e in ciascun caso al potere civile non dispiaceva incoraggiare una fonte di reddito cos poco impegnativa. In questo periodo linvasione araba aveva gi conosciuto il proprio inizio e i Longobardi compivano incursioni dal nord: la Sardegna versava in tristi condizioni nel VII secolo. Non si sa con precisione quando i Musulmani occuparono lisola, ma sicuramente ne divennero i padroni prima del 725. Di volta in volta, il fatto serv da giustificazione a Carlo Magno in merito alla concessione che di essa ne fece al papa;
3. S. Saturnino di Cagliari. [Lesemplificazione va al martyrium cagliaritano di S. Saturno, impiantato in et bizantina e ristrutturato in et romanica; cfr. Coroneo 1993, sch. 2 con bibliografia precedente].

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ai Longobardi che reclamavano lisola dai Saraceni senza mai essersene impadroniti; ai Franchi che la esigevano assieme al resto delleredit del regno longobardo, e concedendo altrove, con eccessiva liberalit, quel che non potevano prendere n mai possedettero. La Corsica fu in verit, secondo la Vita di papa Adriano, cos donata e accettata; ma la Sardegna non viene nominata in nessun registro della conferma di Carlo Magno della donazione di Pipino, n nella corrispondenza papale con limperatore Costantino VI [Pogonato] e limperatrice Irene. Si pu supporre che lisola fosse in larghissima misura autonoma. Quel che limpero orientale aveva perso alla prima invasione saracena, fu recuperato a malapena per il dominio africano; nell813 una grande armata fu sbaragliata e distrutta da una tempesta prima che potesse giungere in territorio sardo e cento imbarcazioni saracene colarono a picco in acque sarde. Dopo aver perso il loro bottino corso, di cui si era impossessato il conte catalano Ermengardo di Ampurias che al tempo occupava Maiorca, i Mori di Spagna saccheggiarono Civitavecchia, Nizza, la Sardegna e alcuni porti del continente ma i Sardi li sconfissero, come viene riportato dalla Cronaca di San Dionigi.4 difficile dire quel che accadde nel X secolo: probabilmente i Mori detenevano il controllo dei mari come i loro predecessori cartaginesi, e probabilmente i forti capi dellinterno tennero le loro roccaforti e comandarono i loro sudditi come al tempo dei nuraghi. Si possono riferire con tutta probabilit a questo secolo i primi giudici, il cui nome pu ben indicare una signoria, e viene talvolta usato scambievolmente con quello di re dagli storici continentali, ma presto rimase lunico nome. Nel frattempo palese che la dominazione saracena traballasse perch allinizio dellXI secolo i papi spinsero i Genovesi e i Pisani a recuperare lisola, controllata dagli africani quando Giovanni XVIII ne offr la signoria a Pisa nel 1004, e quando Benedetto VIII nel 1017 ripet lofferta, riferendo le atrocit mussulmane a scopo di propaganda:
4. Manno 1840, vol. I, pp. 340-343 [1996, vol. I, pp. 218-219].

si disse fra laltro che il re saraceno nel costruire le sue fortificazioni vi avesse murato uomini vivi. La conquista della Sardegna fu tentata nello stesso periodo dallovest dal re di Denia, Mughid. Denia era un porto rinomato per costruzioni navali: da l nellagosto o nel settembre 1015 il re part con la moglie pi importante e con il figlio maggiore, entrambi cristiani.5 Egli aveva occupato le isole Baleari nella primavera dello stesso anno, e la sua azione era probabilmente competitiva rispetto a quella del papa, piuttosto che ostile nei suoi confronti: in ogni caso sarebbe stata una liberazione dellisola dai corsari e dai barbari idolatri; ma non fu mai portata a termine. Forze alleate pisano-genovesi dovettero scacciare Mughid nel 1016 come registra il Breviario pisano, ma il suo nome ricorre negli annali pisani sino al 1050. Prima che il secolo volgesse al termine le due repubbliche continentali avevano definito le rispettive sfere dinfluenza e stabilito i signori delle grandi casate nelle citt capitali, con i [Donoratico della] Gherardesca a Cagliari, i Doria ad Alghero, e cos altrove, e gli innesti crebbero come buoni cedri. Pisa reclam come sua qualsiasi altra zona fosse stata lasciata senza signori. Nel frattempo ai giudici fu riconosciuta la diretta dipendenza dal seggio romano e il loro ufficio veniva assegnato per elezione, bench rimanesse in una singola famiglia per ciascuno dei quattro giudicati, Cagliari, Arborea, Logudoro [o Torres] e Gallura.6 I Pisani in qualche modo raggiunsero un accordo con le autorit locali e portarono nella loro citt, assieme alle spoglie di SantEfisio ritrovate in una tomba in
5. Chabas 1909. Una copia di questo raro e notevole piccolo annale stata per fortuna conservata e si trova nella Biblioteca dellUniversit di Valenza. Solo la magnificenza degli Spagnoli poteva affidare con tanta nonchalanche inestimabili frammenti di storia allo spazio dellannuario pubblicato da un grande quotidiano. 6. [Per gli eventi fin qui delineati e per quelli relativi alla Sardegna giudicale cfr. i saggi di sintesi in Storia 1988].

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Sardegna, i preziosi marmi per la cattedrale, cavati dalle montagne sarde.7 In seguito allabbandono dellantica Tharros, ormai in rovina, fu costruita Oristano vicino alla foce del Tirso, che guardava al modello di Valenza alle bocche del Liria [leggi: Turia]. L si stabil il giudice dArborea, con larcivescovo e il popolo e il clero della regione. Il giudice di Logudoro risiedeva qualche volta nel castello di Torres, sul mare, nel nordovest, e talvolta nella fortificata cittadella di Ardara, sulla sommit della collina, praticamente inespugnabile. I Genovesi eressero sulla costa settentrionale la fortezza ora chiamata Castelsardo, e allovest lampio e sicuro porto di Alghero. Cagliari, costruendo le sue strade e le sue torri sulla ripida altura sovrastante il porto e la rada, andava riedificando mura e porte e ponendo le fondamenta della cattedrale. Dal Castello di Cagliari, diversi giudici concessero al San Lorenzo di Genova e alla cattedrale di Pisa donazioni che, nel richiedere in cambio obbligazioni a ciascuna delle comunit rivali, indicavano una situazione di alleanza piuttosto che di sottomissione. Furono offerti doni anche al San Vittore di Marsiglia, la stessa grande abbazia benedettina che aveva possedimenti in Spagna e che a Sant Joan de les Abadesses aveva spodestato le monache catalane8 per sostituirle con quelle francesi. Alla spedizione del 1114 contro i Mori delle Baleari presero parte Torbeno di Cagliari e [Saltaro] il figlio di Costantino I di Torres,9 riportando gloria in patria, il maggiore per la sua avvedutezza, il pi giovane per le sue imprese. Senza dubbio ottennero anche un ricco bottino di guerra.
7. [Mentre corrisponde a verit storica la traslazione delle reliquie di SantEfisio dalla chiesa di Nora a Pisa, non altrettanto pu dirsi per la provenienza sarda dei marmi utilizzati nella cattedrale pisana, per la quale la Goddard King si bas probabilmente su inesatte notizie fornite da Spano (1861a, p. 37) in merito alla qualit statuaria del marmo grigio di Teulada utilizzato a suo dire fin dallepoca romana]. 8. Cfr. Goddard King 1920, vol. II, pp. 133, 500. 9. [Per i nomi dei giudici isolani si fa riferimento qui alla dizione in Genealogie 1984].

La generazione successiva assiste alla tragica vicenda di Barisone I di Arborea (1156), che aveva sposato una nobile catalana con tre ricche citt come dote, e che fu scacciato dal proprio dominio a causa della vecchia ostilit delle case regnanti di Torres e Cagliari. Dietro richiesta dei Genovesi, Federico Barbarossa gli aveva accordato il titolo e i diritti di re dellintera isola. Tuttavia i suoi sudditi si rifiutarono di pagare quanto promesso allImpero e ai consoli della Repubblica, e questi ultimi lo tradussero a Genova per tenerlo in ostaggio in una condizione di signorile cattivit. Egli termin i suoi giorni come il re degli scacchi, in una dignit senza potere, spostato avanti e indietro da Genova a Oristano mentre il gioco veniva condotto con altri pezzi degli Stati del continente. Lultimo dei documenti conosciuti [che ne riporti menzione] lo mostra ancora nel suo caratteristico atteggiamento, come colui che guarda al vescovo prima di fare la prossima mossa: una donazione ai Benedettini di Montecassino a condizione che spedissero dodici monaci in Arborea dallItalia, tra i quali alcuni sarebbero dovuti essere cos istruiti da poter essere eletti arcivescovi o vescovi senza occupare la cattedra, o alla corte imperiale o negli affari della Curia romana nel giudicato, al fine di condurli a un felice esito. Il religioso, lecclesiastico prese il sopravvento tanto che fu presto riconosciuto come soggetto politico attivo, e la Realpolitik non fu mai cos forte n mai meglio intesa come nel XII secolo. Montecassino quindi non diede solo studiosi. Tre anni dopo labbazia don al vescovo metropolitano di Pisa una sua propriet con servi e serve, varie fattorie, vigneti e greggi. Per diversi secoli sembra che Pisa abbia svolto il ruolo, per laristocrazia e il popolo dellisola, della splendida citt dove si va per gli eventi mondani: lalloggio di Barisone a Pisa corrisponde a quello che sarebbe oggi una dimora in Park Lane o una residenza a Saint-Germain per un ricco industriale americano, e Barisone lo conserv sino allapprossimarsi della morte. In seguito il panorama politico dellisola si schiarisce, Pisa e Genova si rappacificano e i Pisani prendono sotto la loro protezione il giovane figlio di un combattivo
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giudice gallurese che spalanca loro le montagne del nord. Egli conferma una donazione fatta alla cattedrale di Pisa da un suo suddito, Benedetto, che era allora il maestro dellOpera della cattedrale. Tutto ci accadeva nel 1175: ed pura fortuna che di nomi e fatti sia rimasta memoria, dove si perso cos tanto. Tra lXI e il XIII secolo si andavano costruendo in Sardegna le grandi chiese [romaniche]: alcune monastiche, altre collegiate, la maggior parte cattedrali, in uno stile che gli studiosi italiani chiamano pisano10 ma che potrebbe ugualmente definirsi ligure. Esso caratteristico in verit di tutta la costa orientale del Tirreno, da Massa Marittima e Volterra fino al Piemonte. ovvio il loro interesse nellambito di questo studio. Labbazia della SS. Trinit di Saccargia, fondata nel 1116, conserva il solo affresco importante che sia sopravvissuto; la chiesa di Dolianova, costruita prima del 1170, custodisce i pannelli smembrati di una pala daltare dedicata al titolare, San Pantaleo; la tavola della Vergine [della pala] di Tuili e quella del vescovo [della pala] di Sanluri si trovavano una volta in simili ambienti. La magnifica pala [maggiore] di Ardara ancora in situ.11 Le stesse chiese meriterebbero uno studio specifico, di natura architettonica, che qui non possibile affrontare.12 sufficiente dire che esse costituiscono una categoria a parte, diverse come sono ma pur sempre con forti affinit fra di loro, certo maggiori che con qualunque altra costruzione extraisolana.
10. Scano 1907, p. 62 e passim. 11. [Recenti acquisizioni come il recupero di affreschi medioevali nel S. Pietro di Galtell e nel S. Nicola di Trullas a Semestene hanno negato al ciclo di Saccargia il carattere di unicum nel quadro della pittura romanica in Sardegna. La pala di Dolianova stata ricomposta e quella di Ardara, dopo un restauro pluridecennale, ricollocata in situ]. 12. [Sullarchitettura romanica in Sardegna, oltre allopera dello Scano (1907) gi nota alla Goddard King, cfr. Delogu 1953; Serra 1989; Coroneo 1993 e relativa bibliografia].

Nella storia dellarchitettura, quella sarda una denominazione che va riconosciuta a pieno titolo, alla pari di quella lombarda, cistercense o borgognona. La tipica chiesa [romanica] sarda ha navata centrale e due laterali, ununica abside e un solo portale occidentale. Campanili e transetti compaiono pi tardi. Le navate laterali hanno volte a crociera e la navata centrale tetto ligneo; le arcate dei setti divisori sono rette da colonne spesso antiche o da snelli pilastri dove non era disponibile il marmo. Esistono molte eccezioni a questa definizione cos generalizzante: la chiesa monastica di Saccargia non ha navate laterali nonostante la sua importanza ma daltra parte ha tre absidi e un portico; il S. Gavino di Porto Torres ha unabside in ogni lato breve, portali su quelli lunghi, e verso la parte terminale orientale un muro-diaframma forato da tre archi rievocante la disposizione mozarabica delle chiese in Spagna.13 Come in alcune chiese siriane le colonne sono intervallate da tre pilastri cruciformi lungo ogni lato. Nel S. Pantaleo [di Dolianova] le navate laterali hanno tetto ligneo; solo nel S. Pietro di Sorres si trova la volta in tutte tre le navate. Allesterno le archeggiature cieche arrivano sino al timpano su entrambe le terminazioni e corrono lungo i fianchi e intorno allabside, intervallate da snelle paraste. Spesso la facciata occidentale partita semplicemente da tre arcate maggiori, e lo stesso sistema si osserva per esempio a Ottana, sui muri di quella che un tempo era una cattedrale dedicata a S. Nicola. Leffetto simile a quello di alcune chiese armene di epoca pi tarda. S. Pietro di Zuri fu costruito da un maestro comacino: magister Anselmus de Cumis.14 La cattedrale di Cagliari mostra la derivazione pisana nella pianta e
13. [Per la grandiosa basilica romanica di S. Gavino a Porto Torres cfr. Poli 1997. Il muro-diaframma, demolito nei restauri, era gotico-catalano]. 14. Nel 1291, secondo lo Spano [leggi: secondo il Martini, nel Bullettino Archeologico Sardo diretto dallo Spano. Per la chiesa romanica di S. Pietro di Zuri e per lepigrafe che tramanda la data 1291 e il nome di Anselmo da Como, cfr. Coroneo 1993, sch. 144 con bibliografia precedente].

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tratti catalani nel terminale ad arcatelle [sic], un sarcofago romano utilizzato come architrave, un chevet gotico inserito in una delle absidi laterali. Assai numerosi i portali tardogotici iberici, con le loro modanature fortemente acute; o gli archi Tudor; o vere e proprie volte angolari mudjar, con una costola sporgente ad angolo; o quelle cuspidi simili a conchiglie intagliate sul toro di un arco che gli Spagnoli importarono forse dalla Mesopotamia o dalla Siria orientale, e che utilizzarono per innumerevoli secoli. Alcuni aspetti in chiese isolate richiamano le solitarie costruzioni [romanico-]lombarde fuori Tuscania; certi frammenti scultorei di Oristano richiamano gli stilemi dellarte copta e bizantina. Una chiesa15 ancora in buono stato, orientale per la struttura e per la pianta, dotata di cupola, cruciforme e bizantina; e una ipogeica16 richiama le cappelle rupestri della Cappadocia. Daltro lato si pu vedere almeno una torre campanaria ottagonale di tipo catalano sulla strada per Cagliari, mentre quella di Alghero, bench la porzione superiore sia ottagonale, presenta comunque una facciata regolare con portale ad ampio strombo ogivale, come se si trovasse a Valenza.17 Larte ecclesiastica medioevale sarda riflette dunque la storia dellisola, poich reca le tracce di tutte le conquiste e di tutte le occupazioni a cui la Sardegna andata soggetta. Tuttavia, nel XII secolo si svilupp nellisola, parallelamente alla penisola, una bella tipologia di chiesa romanica, armoniosa in proporzioni, grazia e forza, bench di scala ridotta,
15. S. Giovanni di Sinis. [La citazione va alla chiesa nellarea archeologica di Tharros, impiantata in et bizantina e ristrutturata in et romanica; cfr. Coroneo 1993, sch. 6 con bibliografia precedente]. 16. S. Salvatore di Cabras. [La citazione va al santuario ipogeico di et tardoromana, in cui la dedica al Salvatore si sovrappose a un antico culto delle acque; cfr. Angiolillo 1987, pp. 198-199 con biliografia precedente]. 17. Cfr. Llus Tramoyeres Blasco, Valentian Architecture in Sardinia. [La torre campanaria ottagonale sulla strada per Cagliari probabilmente quella del S. Leonardo di Serramanna; per il campanile della cattedrale di Alghero cfr. Sari, in Segni Pulvirenti, Sari 1994, pp. 120-122, e sch. 32 (di Marisa Porcu Gaias) con bibliografia precedente].

e decorata con arcate cieche che creano un effetto chiaroscurale e con luso alternato di pietre di colori diversi. Il S. Gavino di Porto Torres e la S. Maria del Regno ad Ardara sono le chiese pi antiche fra queste; il S. Pantaleo di Dolianova la pi esotica e pittoresca; la cattedrale di Cagliari la pi splendida. Persino nellarchitettura larte in cui la Sardegna era pi debitrice nei confronti dellItalia molti altri elementi si sono mescolati e le strane bellezze portate dal mare evidenziano le virt isolane. La Sardegna diede comunque un maestro costruttore a Pisa, dove un altro sardo esegu disegni per vetrate di finestre, dipinse gli stalli del coro, e cant meravigliosamente bene tanto che ancora vi risuona la dolcezza della sua voce.18 Cerano forse alcune vestigia di diritti matriarcali che sopravvivevano nelle antiche usanze giudicali, risalenti al periodo nuragico e forsanche prima. Benedetta di Cagliari successe al padre, spos Barisone-Torchitorio IV e regn per ventisette anni. Si dice che, morto il marito, si sia risposata altre due volte. forse alle complicazioni sorte da tale situazione, oppure agli abusi dei Pisani, che potrebbe doversi il suo omaggio alla Curia romana. Ma non v nulla di straordinario in ci se ripensiamo alla contessa Matilde e a Isabella di Castiglia o alla buona regina Bianca o alla grande regina Berenguela. Donne e clero in quellet erano uniti da grande intesa e contavano sul reciproco appoggio. Adelasia regnava al tempo sul giudicato di Torres (1236), ed era sposata al pisano Ubaldo [Visconti] che si era trincerato in Gallura, rimossone solo dalla morte. In una lettera di condoglianze alla vedova, Gregorio IX le offriva i servigi di un privato gentiluomo di nobile famiglia assai legata alla Santa Sede, ma la giudicessa spos un poeta e un figlio dimperatore.
18. [Mentre rimane oscuro il riferimento della Goddard King a un architetto sardo operoso in terra toscana, documentata invece la presenza a Pisa nel 1348 di un pittore cagliaritano, Domenico Pollini, di cui si dir in seguito].

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Quelloscuro destino che accompagnava Federico e la sua stirpe Enzo, Manfredi, Corrado, Corradino gli avrebbe assicurato la piet dei secoli a venire, che riconobbero in lui un poeta e un condottiero s brillante ma cieco, tanto che la gloria del nome di Federico non illumina la sua figura, ombreggiata come in un palazzo crepuscolare. Il tempo di salire di cui parla un suo sonetto, egli laveva presto fatto suo ma avrebbe dovuto comunque attendere molto, fino al tempo stabilito, per prendere le sue precauzioni con pazienza. Si pu restare incerti su quale sarebbe stato il destino di Adelasia se si fosse sposata col candidato del papa, ma si pu esser certi che ella non fu felice con re Enzo. Lusanza siciliana infatti imponeva la reclusione per le donne, e la tradizione imperiale affidava il potere al maschio, regola alla quale lorgogliosa principessa rifiut di obbedire. Il loro titolo, per trascrizione imperiale, era quello di re e regina di Sardegna, ma lei fu prigioniera nel castello di Goceano, mentre lui si confermava campione senza macchia e grande guerriero, dopodich visse per ventitr anni in isolamento a Bologna. Alla sua morte gli successe donno Michele Zanche di Logudoro, colui che si sarebbe seduto a chiacchierare e spettegolare pi tardi sulla rive delle Malebolge19 e che da lungo tempo si era goduto sia il suo regno sia la sua sposa. La giudicessa, senza dubbio legalmente e con laiuto della Curia romana, probabilmente lo spos, cos come due secoli pi tardi avrebbe fatto la Signora di Forl con il suo siniscalco Giacomo Feo. Come un fiore rosso o un uccello verde, la luminosa figura di Adelasia brilla nel sole sulla cittadella in cima alla montagna, con la sua fremente bellezza, con la sua inestinguibile sete di potere che non sopport n una solitaria grandezza n uno sposo a lei pari, con le sue ragioni politiche petulanti e ostinate. Zanche relegato allInferno per unaltra ragione, dato che probabilmente trad sua moglie cos come aveva tradito il suo padrone. Brancaleone Doria aveva da poco sposato
19. Dante, La Divina Commedia, Inferno, canto XXII, vv. 88-90.

sua figlia [Caterina] e organizzato un banchetto da cui egli non usc vivo. Fu lultimo giudice di Torres. Tutte le citt del nord erano nelle mani dei Genovesi e non cera nessuno che potesse opporre resistenza ai grandi navigatori. Il pisano conte Ugolino [della Gherardesca] intraprendeva da tempo scorrerie in questa zona e gli sarebbe piaciuto certo di pi morire in qualche scaramuccia nellisola, fra le colline, che sopravvivere fino a quando non entr nella Torre della Fame.20 Gi nel 1267 tre principi protestavano presso Clemente IV il loro diritto al trono di Sardegna: re Carlo di Sicilia, linfante Enrico di Castiglia e re Giacomo II di Aragona. A quel tempo Mariano II dArborea teneva corte a Pisa, dove, secondo il Villani, era ritenuto uno dei pi grandi e possenti cittadini dItalia.21 In quella citt Mariano e i suoi cavalieri devono aver figurato alla stregua di quella bella compagnia nel dolce frutteto, che illustra il Trionfo della Morte nel Camposanto di Pisa. Il giudice di Gallura era Nino Visconti, quello spirito giusto e gentile che Dante salut nella valletta dei Principi.22 Il suo officio si estinse con la figlia Giovanna, avuta dallanziana Beatrice dEste che aveva mutato le sue bianche pieghe, e della cui vita nulla si sa. Forse mor in giovent, forse si spos. In ogni caso il suo patrigno e i successori di Galeazzo Visconti reclamarono la sua eredit senza mai ottenerla. Sassari intanto si preparava a divenire una repubblica libera. Cento anni dopo, Eleonora dArborea avrebbe estinto la linea della propria casata dopo un lungo e valoroso regno. Eleonora si mise a capo degli eserciti mentre il marito [Brancaleone Doria] era impegnato in negoziazioni a corte o si trovava in prigione. Riusc a sedare ribellioni in Arborea e a trattare con la casa dAragona; talvolta, quando il marito scendeva in campo, Eleonora ordinava e supervisionava il
20. Dante, La Divina Commedia, Inferno, canti XXXII-XXXIII. 21. 1282. [Il riferimento alla Cronica di Giovanni Villani, ma la citazione tra virgolette dal Manno (1996, vol. II, p. 33)]. 22. Dante, La Divina Commedia, Purgatorio, canto VIII, v. 53.

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codice di leggi che va sotto il suo nome e che Alfonso V dAragona estese a tutta lisola. Fu una donna di gran cuore; il suo spirito pronto, il suo buon senso, il suo personale coraggio, la sua capacit di giudizio sono ancora ricordati e portati in gloria. Era sicuramente pi difficile governare bene sotto un re iberico che non dipendere da nessuno, come nel caso di Benedetta e Adelasia. A rendere ci possibile furono il suo tatto, la sua prontezza, la sua tenacia. Mor nel 1404, seguita poco dopo dal giovane figlio Mariano V, e in seguito Arborea non fu che un nome vuoto, un altro titolo da donare a un grande di Spagna. I Romani schernivano i Sardi perch sempre nativi e mai realmente latini. NellItalia moderna, con mentalit pi evoluta, si cercato di costruire unidentit nazionale e gli isolani in risposta hanno partecipato lealmente a tale processo. Ma la realt vuole che lisola volga le spalle allItalia e si apra verso la Spagna. I Genovesi non poterono impossessarsene, se non limitatamente, come propriet personale dei Doria, dei Malaspina o degli Spinola. I Pisani non riuscirono a tenerla e, dopo la battaglia della Meloria del 1284, controllavano di fatto soltanto il Castello, cio la parte superiore della citt di Cagliari. I signori di Arborea, dalla foce del fiume e dalle paludi di Oristano, guardavano a ovest verso le isole Baleari e la costa catalana. Ugone II, che salut larrivo della flotta aragonese, ebbe un nome catalano, [de Bas-]Serra, come suo padre e suo zio che lo precedettero nel giudicato. Fin dal 1295 Bonifacio VIII aveva firmato un accordo segreto con Giacomo II per cui Carlo dAngi avrebbe governato indisturbato in Sicilia e la casa dAragona avrebbe ricevuto in cambio la Sardegna. Si trattava di un altro di quei patti simili a quelli di Pipino e Carlo Magno, con cui due parti si scambiavano quel che in realt non apparteneva a nessuno di loro. Gli Aragonesi nutrivano perci forti preoccupazioni. Due anni dopo Giacomo si rec a Roma per la solenne investitura del regno di Sardegna e Corsica. La cattedrale [di Cagliari] che i Pisani noncuranti o fiduciosi incominciarono
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nel 1312 sarebbe stata terminata dagli Aragonesi nel 1331. Nel frattempo Sassari affid al medico Michele Pietro lincarico di invitare Ugone II dArborea e i suoi uomini e lintera costa occidentale controllata da questo giudice a prepararsi a una sollevazione contro gli intrusi Pisani. Linfante don Alfonso, secondogenito di Giacomo, intraprese la conquista e salp dalla vicina Tarragona nel 1323. Nel frattempo il visconte di Rocabert aveva lasciato Barcellona ed era arrivato a Oristano, dove aveva incontrato il giudice dArborea, per dirigersi poi direttamente verso Cagliari, in un posto chiamato Quartu. Avvisati di ci, Alfonso e linfanta donna Teresa salparono per il porto di Palma e l sbarcarono la cavalleria e il resto dellesercito e assediarono la citt adesso chiamata Iglesias. Nel nord i Doria e i Malaspina avevano giurato fedelt allAragona, e la citt di Sassari ricevette con grandi manifestazioni di giubilo il nuovo governatore Guglielmo Moliner. Nel corso delloccupazione di Cagliari, gli Aragonesi costruirono una loro citt sulle alture di Bonaria.23 Lassedio di Iglesias fu tremendo: la citt resistette per otto mesi e la terribile malaria sarda decim lesercito aragonese. Tramanda la cronaca di Ramon Muntaner il Vecchio che quando don Alfonso si ammal linfanta lo cur cos amorevolmente da salvarlo. La citt acconsent a una resa nel caso che i Pisani non fossero arrivati entro quaranta giorni in loro difesa. Purtroppo i Pisani si prepararono e partirono con un tale ritardo che le porte della citt erano gi state aperte prima del loro arrivo; al suo ingresso nella citt, lesercito aragonese non aveva trovato traccia di cibo. Si giunse cos alla battaglia di [Lutocisterna presso] Cagliari (1324): a un dato momento sembr che le bandiere a
23. [Il santuario della Madonna di Bonaria, edificato nel 1324-25 dagli Aragonesi durante lassedio del Castello di Cagliari, costituisce il pi antico esempio di architettura gotico-catalana in Sardegna; cfr. Segni Pulvirenti, Sari 1994, pp. 13-15 e sch. 1 (di Marcella Serreli) con bibliografia precedente].

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pali rosso e oro fossero state sopraffatte, poi linfante, sopraggiungendo e gettandosi nella mischia pi fitta, protesse la bandiera e, combattendo, la salv sino alla fine del giorno. Il suo cavallo fu ucciso ma i suoi cavalieri si spinsero in avanti e fecero cerchio per difenderlo, finch nella seconda carica super tutti di nuovo, persino la sua guardia personale. I Pisani si ritirarono e ripararono nella parte alta della citt. Il principe ritorn sanguinante nei suoi accampamenti a Bonaria, reggendo ancora la bandiera. Lammiraglio aragonese aveva intanto sconfitto la flotta pisana. Lassedio continu con catapulte e arieti e altre macchine schierate e impiegate con grande perizia bellica, mentre i feriti venivano mandati nelle colline dellinterno. Infine, grazie allabilit di Bernab Visconti, luogotenente dellAragona, furono stilati i termini della resa: la citt di Pisa si impegnava a riconoscere il re e a rendergli omaggio; in cambio poteva mantenere il Castello di Cagliari con i sobborghi di Stampace e di Villanova, il porto e le paludi, ma le saline dovevano passare alla Corona; i Pisani dovevano pagare una tassa annuale, potevano vivere dove volevano nellisola o ovunque nel dominio dAragona come sudditi iberici; infine, tutti i prigionieri sarebbero stati liberati. Tutti i castelli si arresero debitamente agli Aragonesi, ma fu un momento amaro e memorabile quando Pietro de Luna pos i pali catalani rosso e oro sulla bandiera di Cagliari, segnando la fine dei combattimenti. Nobili catalani e aragonesi si insediarono in tutte le fortezze e Filippo di Saluzzo, richiamato dalla Sicilia, divenne governatore generale dellisola. I Pisani tentarono una volta di ribellarsi, con laiuto di una flotta genovese, ma, sconfitti in terra e in mare, non raggiungendo nessun tipo di accordo per via delle divergenze con gli ufficiali aragonesi su Stampace e Bonaria, mandarono una commissione formata da due frati, un cavaliere e due notai, per investigare circa una possibile soluzione del problema. Questa arriv e semplificava lassetto del precedente trattato, mitigando lindennit dovuta alla tassazione. Fu ceduta la citt alta di Cagliari con la cattedrale e i privati tennero
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le loro propriet. Quando re Giacomo mor e gli successe Alfonso IV nel 1328, la vita nellisola aveva assunto una dimensione di normalit sotto un unico signore. I partigiani delle repubbliche continentali furono spediti a casa. Il caso di Sassari fu esemplare poich, quando si ribell, ne furono scacciati sia i forestieri sia i sediziosi nativi che vennero rimpiazzati da catalani, aragonesi e altri sudditi leali. Cagliari, invece, aveva ricevuto privilegi speciali. Pisa era stata ormai ridotta in tale stato da Firenze che non comportava pi alcun pericolo in termini di competizione, ma la grande potenza commerciale di Genova era sempre una minaccia per Barcellona e per gli interessi marittimi catalani, che decise di combattere nellisola di Sardegna. Pietro IV dAragona trov alleati negli eterni nemici di Genova, i Veneziani. Una grande vittoria al largo di Alghero e una fin troppo facile presa della citt portarono al suo ripopolamento catalano, motivo per cui ancora oggi vi si parla catalano. Dopo aver assicurato svariati privilegi ad Alghero, re Pietro scese poi a Cagliari dove convoc il primo Parlamento dellisola, disegnato secondo il modello delle Corti di Catalogna. Al termine di un breve periodo di interregno, Alfonso V dAragona riassunse lautorit suprema. La conquista catalana diede cos alla Sardegna la sua prima assemblea generale unita, dove i membri costituenti, clero, comandanti e signori catalani e aragonesi, e rappresentanti delle citt e cittadine, potevano controllarsi a vicenda e scambiarsi opinioni. Questa era la situazione nel 1355: Mariano IV dArborea, rifiutando il ruolo paritario nel governo dellisola, stette in disparte, sebbene avesse inviato sua moglie e il figlio a prestare giuramento. In seguito si ribell due volte allAragona e due volte il papa Urbano V gli offr linvestitura del regno. Egli sconfisse gli Aragonesi alle porte di Oristano nel 1368; mor e suo figlio [Ugone III] mor nei quindici anni seguenti e sua figlia, la giudicessa Eleonora, govern per ben ventun anni e concluse una pace con gli Aragonesi. Frattanto il re dAragona, Martino il Vecchio, in visita alle citt principali, Cagliari, Alghero e Sassari, di ritorno dal riconquistato regno
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di Sicilia (1377), fece delle concessioni a dette citt e ad altre, ed elarg ulteriori libert prima inimmaginabili come il diritto dei Sardi di far parte delle Corti generali di Catalogna e di Maiorca, con addirittura una clausola speciale che riguardava leventualit di un ritardo nellarrivo di detti membri a causa di scorrerie piratesche. Unaltra rivolta doveva comunque ancora esser sedata. Con la morte a distanza dun anno rispettivamente della saggia giudicessa Eleonora e del giovane figlio e con la disputata successione giacente fra suo marito, un Doria, e suo cognato, Amerigo [visconte] di Narbona, un suddito iberico, si form una sorta di coalizione antiaragonese. Martino [il Giovane] re di Sicilia si risolse allora a misurarsi con la fama delle imprese dellinfante Alfonso e di re Pietro e, nonostante le raccomandazioni di non intervenire che gli giungevano dal padre e dalla Catalogna, si prepar ad assoggettare lintera isola alla Corona dAragona. Nelle Corti catalane i nobili votarono a favore dellimpresa, e i volontari provenienti da grandi casate composero la quota di mille lance destinata allo scopo. La citt di Barcellona vi contribu con tre navi. Il grande antipapa Benedetto XIII, al secolo Pietro de Luna, che governava splendidamente al tempo e non ancora sminuito nel suo potere, mand cento soldati al comando dei quali era Giovanni Martnez de Luna, suo parente. Salparono centocinquanta navi di cui venticinque erano galeoni, dieci galee, e quindici galeotti oltre ad altre di minore stazza. Tutta lisola diede il benvenuto a Martino il Giovane, che stabil il proprio quartiere generale ad Alghero e scese ad attaccare Cagliari, mentre nel golfo dellAsinara lesigua flotta siciliana sconfiggeva i Genovesi. Sulla piana di Sanluri si erano radunati il visconte di Narbona con i suoi genovesi e i suoi alleati isolani: in quel luogo fu ingaggiata con lAragona una tremenda battaglia che si concluse con un orribile eccidio di Sardi. Il visconte, fallita la rivolta, fu cacciato alle porte del castello di Monreale, e la piana di Sanluri fu saccheggiata mentre fu ucciso un altro
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migliaio di persone. Il pretendente si era ritirato a Oristano dove fu stretto dassedio; un sardo, Giovanni de Sena o Dessena, aveva sottomesso Iglesias dando cos al territorio isolano un assetto generale che consentiva il completamento della conquista delle zone sudoccidentali e il ristabilimento della pace. Ma arriv a Cagliari dalla predata Sanluri una bella damigella che sedusse il giovane re galante il quale, come di solito i soldati, si sentiva autorizzato a un piacere direttamente proporzionale allo scampato pericolo della guerra. Si tramanda ancora in Sardegna il ricordo del suo triste destino. Il fascino della bella di Sanluri risult cos letale, lintossicazione del conquistatore cos profonda e mortale che nel bere la coppa del piacere questa fu fatale al soldato, e il giovane re mor, con grave lutto dei Siciliani, dei Catalani e dei Sardi. Incoronato a sedici anni, morto (nel 1409) a ventitr, egli giacque in una tomba di marmo nella cattedrale di Cagliari. Successivamente i Moncada si trovarono in tali difficolt presso Oristano che il re Martino [il Vecchio], ormai rimasto senza prole, chiese alla sua citt catalana di Ampurias di raccogliere fondi per continuare la guerra. La gente di Arborea elesse uno dei suoi uomini con un nome catalano, Leonardo Cubello, con cui il vicer Pietro de Torellas raggiunse un accordo finale. Caduto il vecchio titolo di giudice, egli divenne marchese di Oristano e signore della citt omonima, pi il Campidano e le province del Goceano. Re Martino mor comunque quellanno e gli ambasciatori sardi chiesero soccorso alle Corti catalane. Non sembra che abbiano preso parte al compromesso di Caspe. Una serie di leali iberici govern lisola come meglio pot contro le armi e gli intrighi di Genova sino allascesa di Alfonso V che nel 1421 convoc solennemente il [primo] Parlamento della nazione sarda a Cagliari. Listituzione, al pari dei nomi con cui i tre bracci del Regno sono conosciuti, di marca iberica. Antonio Cubello successe a suo padre con il titolo di marchese, Bernardo Centellas fu nominato comandante in capo, e diversi irrequieti avventurieri trovarono impiego nelle guerre italiane del 1430-33. La perdita della roccaforte
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genovese, da quel momento in poi chiamata Castellaragonese, contribu alla pace e alla stabilit dellisola, dove misure amministrative iniziarono a regolamentare la giustizia. In seguito le truppe sarde si distinsero nelle imprese del re di Spagna e il gi malato Principe di Viana rimase a Cagliari per un certo periodo prima di tornare in patria a morire. Nel 1460 la Corona di Sardegna, insieme a quella di Sicilia, fu annessa in perpetuo a quella dAragona. Non facile individuare i lati positivi di tale annessione per i Sardi, fatta eccezione forse per una questione dorgoglio, ma gli uomini muoiono per ragioni dorgoglio e di lealt, e perci i Sardi si batterono con ardore per il re Giovanni e il principe Ferdinando nella grande rivolta catalana del 1462; tra gli altri Pietro Dessena, visconte di Sanluri, mor per loro sotto le mura di Girona. Nel 1475 quello stesso vecchio terribile, re Giovanni II dAragona, annesse alla Corona il marchesato di Oristano e tutto quanto di sua pertinenza, in unevidente anticipazione della politica che sarebbe stata poi intrapresa dal figlio Ferdinando II il Cattolico nella conquista della Castiglia. Nel 1479 mor il re Giovanni, mentre il fino ad allora marchese di Oristano [Leonardo de Alagn] e lallora visconte di Sanluri furono rinchiusi nella prigione dellAlcazar di Jtiva. Alla sua salita al trono, re Ferdinando concesse il titolo di visconte di Sanluri e il castello allo zio Enrico, fratello di donna Giovanna Enrquez, che rivendette comunque il titolo dopo appena tre giorni ai fratelli Pietro e Luigi di Castiglia, oltre a convertire immediatamente in denaro le donazioni dellanno seguente. Nellinsieme i Re Cattolici erano presi dalle vicende della loro terra, per cui si possono trovare poche tracce del loro regno nellisola, a eccezione di un piccolo ritratto della regina Isabella, dipinto su rame e conservato nella chiesa di Oliena, quasi certamente copiato da un suo ritratto dellepoca, e posto l a rimpiazzarlo.24

24. [Non stato possibile rintracciare il dipinto fra quelli che si trovano oggi a Oliena].

Ci fu un vai e vieni di vicer che venivano convocati in Spagna in caso di problemi e poi rimandati nellisola a meglio governarla. Il mandato triennale vigeva con stretto rigore, ma era anche possibile rinominare la stessa persona. Nel 1503, seguendo la regola fissa dei grandi poteri ecclesiastici, fu ridotto il numero dei vescovi mediante laccorpamento di alcune diocesi. La cattedra di Ampurias fu trasferita a quel che ora Castelsardo, Dolianova fu unita a Cagliari, Ottana e Bisarcio ad Alghero. Undici anni dopo lincoronazione di Carlo V a re di Spagna, e subito dopo il sacco di Roma, i Francesi e i Genovesi invasero lisola dal nord sotto il comando di Andrea Doria, e cercarono di impadronirsi di sorpresa di Castellaragonese (1527). Il vicer fu duramente battuto, ma combatterono da leoni Francesco Dessena, governatore del Logudoro, e due nobili sassaresi della casata dei baroni di Thiesi, di nome Giacomo e Angelo Manca. Costoro si gettarono sul castello mentre i loro compagni battevano le campagne per raccogliere viveri e per rincuorare il popolo. Allinterno del castello non cerano n provvigioni n munizioni, tantomeno soldati. Questi nobili ripararono le fortificazioni prima dellarrivo della flotta. Allarrivo, il grande Doria, il cui nome non era ancora stato dimenticato in quella punta rocciosa anticamente dominata dai Genovesi, mand a terra un congiunto con un formale invito alla resa, perch la difesa sarebbe stata impossibile e si poteva ancora evitare il saccheggio dellinerme cittadina. I difensori rifiutarono lofferta e in una sortita catturarono una bandiera francese. Goffredo Cervelln tagli le linee nemiche portando rinforzi da Sassari. Gli Spagnoli furono bombardati per una giornata intera dalla flotta, ma allalba un improvviso temporale trascin la nave ammiraglia sulla spiaggia dellAsinara. Il capo fiorentino delle truppe francesi invece fece saccheggiare Sorso da suoi uomini. Anche Sassari fu occupata, ma gli stranieri si diedero a tanti e tali stravizi, rimpinzandosi di frutta, formaggi e dolciumi, oltre al forte vino sardo, che si ammalarono e morirono
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in grande quantit. Inoltre i Sassaresi si riunirono e assediarono la loro stessa citt riuscendo a far ripartire gli invasori. Le truppe imperiali arrivarono che tutto era gi finito. La difesa dellisola si era basata sullopera degli isolani; in primo luogo, paesani della vecchia razza, dalle colline e dal mare: i pastori che ancor oggi camminano davanti al loro gregge, i contadini, i montanari e i minatori, i boscaioli e i carbonai; poi, la nobilt, ancora formata da sardi nativi, e con la gente delle citt sposatasi in matrimoni misti con i residenti catalani e spagnoli; infine, le famiglie aragonesi e catalane che si erano stabilite l da due o tre secoli, e altri arrivati dopo, ma tutti gli abitanti si impegnarono nella lotta con la loro nobilt, con le loro propriet e con tutto il loro ardore (1529). Mal sopportavano lidea che gli stessi, affamati mercenari che avevano saccheggiato Roma potessero fare lo stesso nellisola. Questi mercenari portavano la peste, o comunque questa arriv subito dopo di loro, uccidendo quindicimila persone prima che si potesse debellare. Lepidemia inizi a mietere vittime dopo la settimana compresa tra la festa di San Sebastiano e quella di San Fabiano,25 santi da sempre molto venerati nellisola. Carlo V visit due volte lisola, una volta nel 1535 di passaggio a Cagliari dove fu accolto con tutti gli onori durante il viaggio di spedizione diretto a Tunisi. L ottenne la liberazione di un gran numero di schiavi cristiani, fra i quali 1119 sardi. Il soggiorno ad Alghero durante la sua seconda visita diede luogo a celebrazioni ancora pi splendide e caratteristiche di cui rimane ampia testimonianza negli archivi cittadini. Il governatore generale della provincia Diego Dessena incontr limperatore con quattro gentiluomini sassaresi, due dei quali erano tra i salvatori di Castellaragonese e gli altri due loro parenti. Questi organizzarono una delle famose battute di caccia sarde, oggi chiamate caccia grossa, per larrivo dellimperatore, in modo tale che la scorgesse al
25. Fra il 20 gennaio [San Sebastiano] e il 27 gennaio, San Giuliano [che soppianta Fabiano].

momento dellarrivo nellisola, e come buon auspicio i cani e i battitori iniziarono a cacciare un cinghiale che fu ucciso dallo stesso imperatore. Accompagnavano limperatore il duca di Camerino, nipote del papa, il principe di Sulmona, il signore di Alcntara, Diego Davila, e lambasciatore inglese. La descrizione del resto dei festeggiamenti, durati due giorni, non pu trovare spazio nella presente opera perch tale esempio di costumi della vita cortigiana da riservare a un volume che si occupi dellet successiva.26 Levento pi importante del regno da considerarsi in qualche modo laccordo gi concluso in questo periodo con il papato, accordo che prevedeva che il patronato di tutti i benefici nellisola spettasse alla Corona spagnola, con lordinazione di vescovi e abati. Ci fu un tempo in cui (non sono certa della data) si reput necessaria la rimozione forzata di tutti gli ecclesiastici italiani dallisola per motivi politici, e la loro sostituzione con sudditi reali. Gli ordini mendicanti furono esentati da tale rimozione. In pratica gli Spagnoli furono costretti a fare diversi secoli prima quel che in seguito avrebbero fatto i Francesi della Repubblica. Credo che Filippo II non sia mai stato in Sardegna. I vicer tennero corte, amministrarono la giustizia oppure agirono senza criterio. Nel 1611 Filippo III mand un canonico di Saragozza, Martn Carrillo, perch gli preparasse una relazione sullisola. La relazione fu pubblicata a Barcellona lanno seguente, ma si preferisce parlare del suo contenuto in un successivo volume dato che si supererebbe altrimenti il limite temporale fissato per questa sbrigativa sintesi della storia sarda sino alla fine del Cinquecento. La fedelt dei Sardi al governo spagnolo il tema di un lungo e significativo passo dellopera storica27 che il barone Giuseppe Manno, egli stesso sardo, pubblic nel 1840. In esso
26. [Non risulta che la Goddard King abbia mai dato alle stampe il progettato secondo volume della sua storia della pittura in Sardegna, cui accenna anche in altri passi di questo libro]. 27. Manno 1840, vol. III, p. 84 ss. [1996, vol. III, p. 47 ss.].

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il Manno sostiene che le tradizioni e i mmoires del periodo dimostrano largamente tale affezione e come effettivamente i Sardi avessero fondati motivi per nutrire tale sentimento verso gli Spagnoli. Il governo spagnolo era saggio nelle leggi e scrupoloso nella puntuale esecuzione di quanto disposto. Il pi grande desiderio dei Sardi, quello dellautogoverno, non era mai stato del tutto represso, neppure in tempi in cui un dominio recente sarebbe stato in pericolo senza lappoggio di ministri di sicura fiducia. Tale desiderio dindipendenza fu gradualmente soddisfatto anche perch una lunga esperienza mostrava chiaramente la fedelt leale degli isolani. Se a volte ufficiali di passaggio nellisola avevano portato con le loro decisioni a disturbare la saggezza e lautorit delle leggi, i Sardi erano consapevoli per la loro lunga esperienza di sudditi spagnoli che appellandosi al sovrano avrebbero trovato lealt e giustizia reali. Se a queste considerazioni si aggiunge che labitudine di vecchia data con cui la Sardegna fu unita e si fuse alla Spagna quanto a lingua, usi e costumi, la rese pi una delle province del Regno che uno dei regni dellImpero, si vedr chiaramente perch i Sardi, nella loro devozione verso le autorit spagnole, potessero trascurare gli abusi che eventualmente fossero affiorati nellamministrazione statale. Se mai delle lodi possono essere imparziali, lo senzaltro questa, scritta da un suddito dei Savoia nel guardare indietro alla storia del proprio paese, una lode che acquista un certo peso in questi tempi di imperi in rovina e mostruosi rapaci tiranni. Protetti dalle loro leggi, dalla correttezza e dalla comprensione, lasciati a loro stessi nellatmosfera prerivoluzionaria del comodo laissez-faire, con un atteggiamento di consapevole benevolenza nei confronti delle loro tradizioni religiose e custodendo diligentemente leredit delle pi antiche dimore, i Sardi viaggiavano bene verso un futuro di autonomia.

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Da molto tempo lisola si era completamente ispanizzata.28 La lingua sarda, che nei suoi vari dialetti , come il catalano e il provenzale, una delle lingue romanze indipendenti, aveva assorbito un numero sorprendente di termini assolutamente iberici.29 Un viaggiatore potrebbe ancora oggi percorrere lisola riuscendo a farsi intendere con uno spagnolo colloquiale, o con quello di Cervantes e Lope de Vega. Ad Alghero si parla ancora oggi il catalano. La nobilt e il clero parlavano lo spagnolo durante il primo Rinascimento, la lingua letteraria era lo spagnolo e guardava per i suoi modelli a Valenza e Saragozza, a Valladolid e Toledo. Gli ordini religiosi spagnoli, soprattutto quello della Mercede, erano i pi potenti. Ancora oggi, i costumi religiosi dei pi sperduti villaggi di montagna, delle pi solitarie capanne di pescatori, assomigliano pi a quelli della Catalogna e di Valenza che a quelli liguri o toscani. Alcuni drammi religiosi come il Mistero di Elche venivano recitati, certo in modo pi semplice, ma con una partecipazione pi universale e immediata in tutta lisola e rimangono nel ricordo dei miei amici. Tali drammi stanno scomparendo soltanto perch il clero italiano ne vuole leliminazione. Queste sacre rappresentazioni cadono tuttavia in un periodo troppo tardo per trovare un utilizzo in questo studio, in quanto scritte tutte non prima del XVII secolo. Lelaborata e approfondita analisi che di tali rappresentazioni va compiendo Anna Rose Giles ormai quasi terminata, e trover
28. [Per saggi di sintesi sulla storia e la civilt della Sardegna aragonese e spagnola cfr. Catalani 1984 e Societ 1992-93]. 29. [Per i prestiti catalani e castigliani e in generale per la stratificazione linguistica del sardo cfr. Wagner 1950, disponibile in questa stessa collana (1997)].

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spazio in un volume interamente dedicato ad esse.30 Bisogna comunque menzionarle in quanto prova del fatto che per tutte le tradizioni religiose dei Sardi dobbligo guardare alla Spagna. Nello studiare le origini e le ramificazioni di una leggenda sacra e liturgica, come del resto per i culti e le rappresentazioni religiose [della Sardegna], la chiave va cercata in Spagna. Persino gli studiosi italiani non sempre capiscono le implicazioni di quello che hanno in mano se non conoscono bene larte, i rituali e lagiografia spagnola. Qualcosa nella personalit della popolazione [sarda] ricorda inconfondibilmente gli Spagnoli, e il suo sangue pi simile alliberico che al napoletano. Se ci si rivolge a un montanaro sardo in catalano, lui vi risponder chiaramente, se lo si porta in Aragona lo stesso si confonder tra la folla, sebbene un po pi basso, pi pesante di ossatura e meno magro. Lantica pittura sarda costituisce una ramificazione della pittura iberica, e si pone insieme a quella catalana, valenzana, aragonese e andalusa, con una forte vicinanza alle prime due.31 Anche in seguito, come illustrer il volume successivo a questo, la pittura resta sempre pi spagnola che italiana, permanendo infatti sino alla fine e sino ad oggi sarda. Linfluenza predominante, oltre a quella di Raffaello e dei suoi discepoli romani, arriva dalla penisola iberica. La Sicilia, sino al regno di Carlo V, conta forse pi di Napoli. Le pi strette affinit si danno certamente fra i pittori [cinquecenteschi] sardi e quelli siciliani, anche se gli scambi culturali fra Napoli, Valenza e Siviglia non tagliarono fuori la cultura artistica sarda. [Nel Seicento] i lavori napoletani dello Spagnoletto [Jusepe de Ribera], il cui soprannome deriva sia dalla sua perizia artistica sia dalle sue origini, molto influenzarono i
30. [La Goddard King riferir pi avanti della prematura scomparsa di Ellen Giles, che andava elaborando assieme ad Anna Rose un volume sulle sacre rappresentazioni in Sardegna, a quanto risulta mai dato alle stampe]. 31. [Per la pittura nelle varie regioni iberiche sino al XVI secolo cfr. i saggi di sintesi in Pittura 1995].

pittori di Bosa, Ploaghe e Fonni [sic]. Le opere settecentesche in chiese remote e case parrocchiali richiamano direttamente i maestri spagnoli di poco antecedenti32 cos come le dame di Ploaghe si atteggiano alla maniera delle nobili alla corte spagnola e le figure [nella serie di tele] di Oliena ricordano un Apostolado spagnolo.33 Il materiale per questo studio dei Primitivi34 sardi si trova in massima parte conservato nel Museo di Cagliari, dov ora depositata la maggior parte dei grandi retabli35 per paura di razzie dei mercanti darte.36 Alcuni si trovano invece in luoghi cos isolati, o sono cos poco invitanti, che la Chiesa ne detiene ancora la propriet, bench raramente abbiano una sistemazione adeguata. Gi da tempo i mercanti darte ne hanno collezionato molti, vendendoli poi allestero, in posti anche assai distanti dalla Sardegna. Si sa che uno in Inghilterra, a Birmingham, si sospetta che un altro sia a New York.37
32. [Gi si detto che la Goddard King non arriv a pubblicare il seguito di questo libro, che intendeva certo completare con la trattazione della pittura sarda sei-settecentesca, per la quale cfr. ora Scano 1991 e relativa bibliografia]. 33. [SullApostolado di Oliena la Goddard King torner in seguito]. 34. [La Goddard King utilizza il termine Primitivi sulla scorta della storiografia ottocentesca, che cos definiva e spesso sminuiva i pittori vissuti in anni antecedenti lapogeo dellarte segnato, secondo la sistemazione vasariana, dal divino Michelangelo. Il riscatto e la fortuna critica dei Primitivi europei, anche sotto il profilo degli interessi del mercato antiquario, datano appunto dai primi decenni del Novecento]. 35. [Per retablo si intende la pala daltare di tipologia iberica, diffusa in Sardegna e in Italia meridionale fra Quattro e Cinquecento. Consta di pi tavole riunite a trittico o a polittico per mezzo di cornici. Nei documenti dellepoca citata perlopi con la dizione catalana retaule, ma si preferito mantenere quella castigliana, perch pi utilizzata in Italia]. 36. Mussolini li ha disseminati [nelle rispettive chiese] nel 1923. [Il Museo di Cagliari oggi la Pinacoteca Nazionale, per la cui storia e patrimonio museale quattro-cinquecentesco cfr. rispettivamente Daniele Pescarmona, in Cultura 1985, pp. 55-59, e il primo volume del catalogo (Pinacoteca 1988)]. 37. [Il dipinto di Birmingham la Madonna in trono col Bambino, angeli e committenti, gi a Cagliari, di cui la Goddard King tratta ampiamente

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Sono stati acquistati e dispersi mentre venivano spacciati per siciliani o dellItalia meridionale, come avignonesi o provenienti dallItalia settentrionale, come spagnoli o francesi. Della collezione del canonico [Giovanni] Spano, il cui catalogo datato al 1870, non si pu rintracciare neppure una delle grandi opere gi presenti.38 Sassari custodisce alcuni preziosi dipinti su tavola nel Palazzo del Comune e le chiese ne mantengono molti ancora in situ, oppure sugli altari laterali o ai muri delle sacrestie. Castelsardo venera la sua grande Madonna, sorella di quella di Tuili e di quella di Oristano [leggi: Birmingham]. Fonni, Olzai e Oliena si sono rivelate ricche di opere interessanti.39 Non facile documentarsi su questo materiale perch numerosi registri di provenienza sono andati distrutti, nonostante su molti di questi non fossero annotate le donazioni di tali opere alle varie chiese. Il canonico Spano era a conoscenza di tanto ma sfortunatamente il suo avallo del falso Codice di Arborea, che avrebbe ingannato persino i pi esperti, ha invalidato tutte le conclusioni dellerudito ottocentesco, avvelenando le fonti del sapere.40 Tutto il suo lavoro
pi avanti. Laltro probabilmente il Retablo dei Santi Pietro martire e Marco evangelista, gi nel chiostro cagliaritano di S. Domenico, esportato a Venezia verso la fine dellOttocento e segnalato nel 1938 dal Post a New York nella collezione Tozzi; cfr. Serra 1990, sch. 42. Per le vicende del mercato antiquario relativamente alla Sardegna cfr. Daniele Pescarmona, in Cultura 1985, pp. 41-49]. 38. Spano 1870. Cfr. inoltre gli articoli nel Bullettino Archeologico Sardo, pubblicato fra il 1855 e il 1864, in particolare Spano 1861b. [In realt il nucleo principale della collezione del canonico Spano confluito nella casa parrocchiale di Ploaghe]. 39. [Dei dipinti di Sassari, Castelsardo, Tuili, Fonni, Olzai e Oliena si tratta specificamente pi avanti. La Madonna di Oristano, sorella di quella di Tuili e di quella di Castelsardo, la citata tavola oggi a Birmingham, per la quale la Goddard King dir in seguito di ritenere pi probabile una provenienza dal capoluogo arborense, anzich da Cagliari; di fatto tutte tre le tavole risultano ascritte oggi allanonimo pittore che va sotto il nome di Maestro di Castelsardo]. 40. Cfr. soprattutto Spano 1869, che avrebbe dovuto costituire una fonte di inestimabile valore. [Sulla vicenda cfr. Carte 1997].

devessere sottoposto a verifica. chiaramente possibile che molto del materiale incorporato nel Codice conservi un fondo di verit e che frammenti di storia antica giacciano in una congerie di dati poco attendibili, ma i responsabili delloperazione non vivono pi, per cui non c modo di venire a capo della questione. Pertanto giocoforza non tener conto dellopera dello Spano lavoro che ne impegn lintera esistenza a eccezione di quanto pot vedere in prima persona e di cui si occup. Al momento lautorit in campo il brillante giovane curatore della sezione di pittura al Museo di Cagliari, il dottor Carlo Aru.41 Sono sopravvissuti in Sardegna due antichi affreschi di quel bellintonaco che gi si usava nellXI secolo. Ci sono due dipinti che sembrano attestare una dominante presenza italiana prima che la conquista iberica raggiungesse anche la sfera creativa e intellettuale dei Sardi. Vi un buon numero di dipinti del Quattrocento del massimo interesse; in un altro gruppo visibile linflusso di Raffaello.42 Si conoscono solo tre date, deducibili con una certa approssimazione ma che, grazie al metodo comparativo, risultano ugualmente utili a costruire una certa ossatura cronologica. lobiettivo di questo libro.43
41. [Sullopera e sulla personalit di Carlo Aru (Cagliari 1881-Torino 1954) cfr. Bonu 1961, pp. 878-881]. 42. [Nelle annotazioni al margine sinistro di questo sintetico passo, la Goddard King imposta dellantica pittura sarda a lei nota una classificazione in quattro gruppi, che riflette poi lordine con cui gli stessi sono di seguito analizzati: due affreschi di et romanica (uno a Saccargia, laltro a Dolianova); due dipinti su tavola di tipologia pisana, cio italica (il Trittico dei Santi Nicola, Antonio abate e Lorenzo, a Sassari, e la Pala di Ottana); i numerosi dipinti quattrocenteschi, di tipologia iberica, che rappresentano il nucleo pi consistente della trattazione; i dipinti cinquecenteschi della cosiddetta scuola di Stampace, che documentano lapertura culturale allItalia]. 43. [Il libro di Georgiana Goddard King ha segnato una tappa storiografica importante per la conoscenza della pittura in Sardegna dal XII al XVI secolo. Per la documentazione darchivio fin qui pubblicata ancora utile la relativa sezione nel catalogo della mostra Cultura 1985, pp. 145-185. La pi recente sistemazione critica complessiva della materia si

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A Trieste, su una collina dominante il porto adriatico, a Palermo e a Monreale sulla Conca dOro, e a Torcello, nella solitaria isola della laguna di Venezia, gli artisti bizantini del XII secolo andavano allestendo mosaici per rendere ancora pi importante labside. Nessunaltra decorazione sarebbe stata infatti cos costosa o splendida, nessuna cos adatta ad ornare con immortale bellezza un santuario e un porto cos a lungo cercati. Lo stile elaborato per abbellire le complicate concavit dellabside e della cupola, per adattare i colori smaglianti del mosaico allarchitettura cruciforme e cupolata, si era rivelato ugualmente adatto ad arricchire la lunga prospettiva dei muri delle basiliche romaniche e attirava lo sguardo verso oriente per via dei blu intensi e delle glorie dorate. Il Cristo Pantocratore di Cefal e Monreale, come quello di Santa Sofia [di Costantinopoli], rappresentato a mezzo busto, mentre a Trieste la squisita figura isolata della Madre di Dio campeggia al centro della conca absidale. I mosaici del XII secolo in Italia, persino se terminati nel XIII, mantengono ancora le intricate convenzioni imperiali cristallizzate a Bisanzio allepoca di Giustiniano. La fama dello splendore bizantino viaggiava per mare e per terra:44 ogni mercante o ambasciatore, viaggiatore o pellegrino, poteva raccontare di quel che laveva abbagliato come duna profusione di gioielli incastonati in solenne magnificenza. Imperatori come Carlo Magno ad Aquisgrana, sultani [sic] come Ruggero in Sicilia, ambivano a farsi committenti di opere che imitassero quelle bizantine. A Roma [Iacopo] Torriti e [Pietro] Cavallini nel XIII secolo erano in grado di disegnare schemi nuovi e allestirli a mosaico in grandi basiliche. Ma nelle solitarie zone di montagna e nelle isole in mezzo al mare, dove la memoria si tramanda oralmente, la povert e
legge in Serra 1990, con schede (curate da chi scrive) cui si fa qui riferimento per lanalisi, le immagini e la bibliografia relative alle singole opere]. 44. Les riches palais et les altes yglises. [Non stato possibile rintracciare gli estremi bibliografici della citazione].

lisolamento imposero che la decorazione absidale fosse ad affresco, una sorta di copia pittorica di quel che lOriente aveva creato. Le piccole chiese catalane dei Pirenei avevano lintera concavit absidale dipinta con il Cristo apocalittico o in Maest, sul trono, sopra una solenne teoria di santi, come si pu ancora vedere nella Seu dUrgell, nel Sant Pere del Burgal, a Fenollar e Tall e Bo.45 Il meridione dItalia dispone della stessa tipologia, eseguita con la stessa intenzione, di affreschi bizantini in un centinaio di conventi e cappelle, da SantAngelo in Formis a SantAngelo di Monte Gargano.46 In Sardegna sopravvissuto un solo monumento integro nellabside della SS. Trinit di Saccargia47 e qui, come in Catalogna, chiaro che laffresco ha rimpiazzato il mosaico per mancanza di mezzi, sia di denaro sia di artisti. La ricchezza e la pratica devozionale di epoche pi tarde aiutano a comprendere perch questo episodio sia rimasto unico in epoca medioevale;48 nel XVI e XVII secolo infatti laccresciuta disponibilit economica fece s che tutte le chiese fossero magnificamente dotate secondo il gusto del tempo.
45. Oppure a Boston, Massachusetts. [Nel Museum of Fine Arts, dove si conservano gli affreschi dellabside centrale della canonica di Santa Maria de Mur, del 1150 circa. Per una sintesi della pittura e in generale dellarte romanica in Catalogna cfr. Dalmases, Jos i Pitarch 1986]. 46. [Per la pittura altomedioevale e romanica nel meridione e nelle altre regioni dItalia cfr. i saggi di sintesi in Pittura 1994]. 47. [In anni recenti si registrato loccasionale recupero di un altro ciclo affrescato nella chiesa di S. Pietro di Galtell, riferibile alle stesse maestranze di Saccargia. Assieme ai citati affreschi di Semestene, quelli di Galtell sottraggono al ciclo di Saccargia la qualifica di unicum e lo riconducono nellambito della pratica di decorazione pittorica parietale, attestata ora anche in Sardegna come negli altri ambienti architettonici del Romanico occidentale e orientale; per queste nuove acquisizioni cfr. Serra 1998]. 48. [Al novero degli affreschi medioevali fin qui citati bisogna invece aggiungere almeno le acquisizioni dei dipinti murali di et gotica nelle chiese di S. Antonio abate a Orosei e di Nostra Signora de sos Regnos altos a Bosa, per i quali cfr. Poli, rispettivamente 1994-98 e 1999].

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Costantino I, giudice di Torres, fond con la moglie, Marcusa de Gunale, un monastero camaldolese in una piccola vallata lungo il fiume, conosciuta come Saccargia. Alla sua consacrazione, avvenuta nel 1116, parteciparono tre metropoliti e almeno quindici vescovi. Il convento sembrerebbe essere stato dedicato alla Santissima Trinit, la chiesa a Santa Maria. La bella costruzione, dotata di portico, campanile e vasto transetto [triabsidato], costruita in pietra con tecnica bicroma, va infatti sotto entrambe le denominazioni. Gli affreschi dellabside [centrale] (fig. 1) difficilmente possono essere pi antichi del XIII secolo, ma neanche seriori, e assomigliano molto alla serie catalana, per esempio a quelli del Sant Miquel dEngolasters.49 Nella concavit del catino appare il Cristo benedicente con il libro aperto, seduto sullarcobaleno e sollevato in una mandorla da quattro angeli con le ali spiegate. La formula iconografica pressoch identica a quella delle grandi sculture che ornano le chiese del sud e dellovest della Francia, ma la resa interamente pittorica. Su entrambi i lati stanno due arcangeli alati, con scettro e globo, come nei mosaici bizantini si vedono accanto alla Vergine, e le loro vesti sono adorne di dischi pallidi che imitano leffetto della madreperla, come gli angeli del Cavallini in S. Cecilia [a Roma]. Alla base del catino corre una fascia ornamentale interrotta da cinque ruote la cui tecnica di esecuzione indecifrabile; a lato della piccola monofora fortemente strombata vi sono la Vergine e San Paolo, e dieci apostoli.50 La Madonna ha il capo velato, le mani hanno i palmi rivolti in alto verso lesterno,
49. [Contro il prevalente orientamento critico, che riconduce gli affreschi di Saccargia allambito tosco-laziale della seconda met del XII secolo (cfr. Serra 1990, sch. 32 e relativa bibliografia), lunico che ne abbia ribadito la dipendenza da quello catalano risulta a tuttoggi lintervento di Accascina 1953]. 50. [Alcuni dettagli dellaffresco, indecifrabili per la Goddard King, sono oggi leggibili grazie ai restauri: cos, le ruote risultano anchesse dipinte, e non intarsiate, pur imitando leffetto visivo di simili ornati architettonici nelle chiese romaniche; gli apostoli non sono dieci, bens dodici, dunque tredici in tutto comprendendo fra essi San Paolo].

1. Affreschi di Saccargia, Codrongianos, chiesa della SS. Trinit di Saccargia, abside centrale

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tipico gesto musulmano delle Vergini pentecostali catalane che si protrarr sino al XV secolo. Il San Paolo porta una lunga barba a punta e ha la fronte a forma di cupola, mentre il San Pietro accanto alla Madonna ha i capelli a mo di papalina sopra la tonsura e la barba arrotondata: sono entrambi pi catalani di quanto non risulti dalla descrizione. Unaltra fascia ornamentale divide questa scena dal registro inferiore, occupato da cinque scene che richiamano alla lontana lo schema adottato dal Cavallini [nei mosaici romani] a S. Maria in Trastevere. Credo che queste scene rappresentino la Nativit e la Presentazione di Nostra Signora, la Crocefissione, la Dormizione della Beata Vergine e la Pentecoste.51 Nella Crocefissione il maestoso Cristo allungato contro una pesante croce non ha laspetto titanico del Dio morente del Cavallini.52 La Vergine china il capo, e penso che quel senso di fascino personale che emana dalla figura e dallespressione del volto non sincontri prima del XIII secolo. A questepoca risale anche la posa di San Giovanni nella Dormizione [leggi: nel Seppellimento] con la mano sotto la guancia com scolpito sul portale di Tuy e nel portico di Orense. Nonostante la sagoma a pieno centro delle arcate che sovrastano il sepolcro e laustera tristezza delle figure degli apostoli, mi sembra che questo affresco sia unopera del XIII secolo, pi arcaico nel catino dove liconografia pi fedele alla tradizione, quasi spontaneo nelle fresche scene del registro inferiore.
51. [C da dubitare che la Goddard King sia mai stata a Saccargia, e da pensare invece che scriva come del resto dichiarer esplicitamente in altri casi sulla base di fotografie, queste s, indecifrabili. Anche prima dei restauri, nelle scene della vita di Cristo affrescate nellabside si riconoscevano agevolmente, ai lati della Crocefissione, lUltima cena e il Bacio di Giuda, il Seppellimento e la Discesa agli inferi ]. 52. [A voler pensare che la serie di scene citata pocanzi si riferisca ai pannelli musivi di soggetto mariano di Pietro Cavallini in S. Maria in Trastevere, c da rilevare che essi non includono la Pentecoste n la Crocefissione ; questultima non presente nemmeno negli affreschi del Cavallini in S. Cecilia in Trastevere: forse la Goddard King confonde con il titanico Cristo giudice in questi ultimi].

Non si pu dire nulla di certo sulla provenienza del pittore, forse un sardo nativo, che probabilmente conosceva, avendo viaggiato, il sud della Francia o la Toscana, o i Pirenei o lItalia del sud e la Sicilia, dato che i suoi committenti mantenevano contatti con tutte quelle regioni. Conosco soltanto un altro affresco di antica data in Sardegna, raffigurante uno di quegli alberi simbolici cos cari al tardo medioevo, dipinto sul muro [del fianco meridionale] del S. Pantaleo di Dolianova.53 unopera del XIV secolo di non grande interesse, ma desta curiosit per via delle due figure che fiancheggiano il tronco vegetale e di altre che si arrampicano e precipitano nelle due orbite concentriche che lo racchiudono. Linsieme rappresenta una gerarchia santa: non una scala di perfezione, piuttosto una ruota della Legge.54 Sono sopravvissuti due dipinti su tavola che si soliti assegnare al periodo pisano. Il polittico di Ottana pu essere datato con sicurezza fra il 1339 e il 1344, e nel Palazzo del Comune di Sassari vi un trittico del Trecento. In realt gli Aragonesi avevano gi intrapreso la conquista dellisola nel periodo in cui pu ritenersi siano stati dipinti; uno studioso attento non dovrebbe reputar soddisfacente la generica definizione di pisane, applicata a simili opere.55
53. [Per la decorazione pittorica del S. Pantaleo di Dolianova, sottoposta a rilettura iconografica e critica dopo il restauro, cfr. i saggi di Maria Cristina Cannas e Lucia Siddi, in Affresco 1994, rispettivamente pp. 13-50 e pp. 51-62, e in Affreschi 1997, pp. 11-36 e pp. 37-43]. 54. Cfr. p. 155. [Per completare la trattazione degli antichi affreschi a lei noti in Sardegna, la Goddard King rimanda qui alla sintetica descrizione di quelli di Ardara, che dar pi avanti]. 55. [Le virgolette apposte qui e altrove dalla Goddard King al termine pisano in relazione alla produzione artistica sarda fra lXI e il XIV secolo lasciano trasparire una valutazione fortemente critica per quanto mai esplicita di certa storiografia che nel sottolineare i prestiti italici non riconosceva i caratteri originali degli ambienti isolani di epoca giudicale, e rivelano di contro una sua acuta e moderna comprensione tanto delleterogeneit delle componenti culturali operanti nella Sardegna medioevale, quanto dello specifico grado di autonomia dei risultati conseguiti].

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Si considera per primo il trittico di SantAntonio (fig. 2).56 La pittura pisana si distingue dalla restante produzione trecentesca di area toscana per le sue caratteristiche di rispetto della tradizione e di tendenza allastrazione. I tre mezzibusti del trittico di SantAntonio, che rappresentano SantAntonio [fra] San Nicola e San Lorenzo con un piccolo Salvator Mundi inserito [nella cuspide] sopra il SantAntonio, sono rigidi ma sorprendentemente solidi. Sembra uno strenuo tentativo di seguire i dettami della scuola senese e i suoi piani squadrati e pesanti, soprattutto nella linea del sopracciglio e del naso di San Nicola; il trattamento dei capelli di San Lorenzo ricorda il lavoro di un discepolo del[la scuola] senese, come Ferrer Bassa.57 Il ricciolo del pastorale di San Nicola riproduce un superbo pezzo di smalto Limoges, di cui al momento non ricordo lesatto parallelo.58 Il disegno ornamentale delle due aureole dei santi laterali di una ricchezza che si discosta dagli esempi senesi o valenzani, e il ricamo della dalmatica di San Lorenzo ha uno strano insieme di motivi che possono ricordare di primo acchito gli schemi degli intarsi e dei rilievi sepolcrali marmorei pisani, ma a unanalisi pi attenta si pu ritenere derivato dalle forme quadrate e dai punti lunghi del ricamo popolare. Si deve rilevare che SantAntonio [abate] appare qui come monaco e non come eremita, e che regge con la mano il libro della sua Regola, cos seguendo un tipo iconografico molto raro nella pittura italiana e pi comune in quella catalana, di
56. [Il Trittico dei Santi Nicola, Antonio abate e Lorenzo ora custodito nel Museo Nazionale G. A. Sanna di Sassari, con lattribuzione al fiorentino Mariotto di Nardo e la datazione al 1405-10; cfr. Serra 1990, sch. 18]. 57. [Ferrer Bassa e il figlio Arnau introdussero a Barcellona lo stile italo-gotico, termine di cui gli storici dellarte si servono per classificare la seconda fase (1325-50 circa) della pittura catalana tre-quattrocentesca, nella quale si inserisce fra laltro la commissione a Pere Serra, nel 140304 da parte di Arnau a Bruguera residente ad Alghero, di un retablo non giunto fino a noi; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, p. 56]. 58. Forse il pastorale del San Luigi della collezione von Tschudi. [Di questo dipinto si dir pi avanti].

2. Mariotto di Nardo, Trittico dei Santi Nicola, Antonio abate e Lorenzo, Sassari, Museo Nazionale G. A. Sanna

cui ricordo solo leccellente esempio del grande Retablo di SantAntonio, bruciato nel 1909.59 difficile che un bel SantAntonio in trono, ora [a Boston] nella collezione della signora Gardner, sia stato eseguito a Napoli, dato che il delicato intarsio di poligoni intrecciati, tipicamente mudjar, ne indica lappartenenza alla pittura iberica.
59. [Si tratta del polittico dellaltar maggiore della chiesa di S. Antonio abate a Barcellona, di Jaume Huguet, 1454-58; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 480; Pere Beseran i Ramon, in Jaume Huguet 1993, sch. 1].

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Ottana era una volta sede di cattedra vescovile, e la rovinata pala daltare ora conservata presso il Museo di Cagliari reca [dipinta] uniscrizione in cui si leggono nomi e titoli sia del giudice sia del vescovo, che consentono di precisarne la collocazione cronologica.60 Ai piedi della Vergine nella cuspide centrale si dispongono [i committenti]: un vescovo e un giovane cavaliere, entrambi inginocchiati. Il primo identificato dallepigrafe come Fr(ater) Silv(este)r Ep(iscopu)s Octan(ensis) e il secondo come D(omi)n(u)s Marianus de Arborea D(omi)n(u)s Gociani e M[amille] fecit fieri. Questi era Mariano IV, figlio di Ugone II, amico di re Alfonso IV dAragona e padre di Eleonora dArborea; nel 1339 re Pietro IV dAragona lo nomin conte del Goceano, ed egli visse fino al 1376. Il vescovo Silvestro resse la diocesi di Ottana sino al 1344, per cui si pu collocare lesecuzione della pala fra il 1339 e il 1344. Lo schema compositivo tipico sia della costa orientale iberica sia di quella occidentale italica. Consiste infatti di due figure centrali fiancheggiate da scene che rappresentano la leggenda di ciascuno dei personaggi (fig. 3). Esempi iberici prossimi a questa pala sono i bei retabli del chiostro di Segorbe e dellaula capitolare di Barcellona, le ingenue tavole di Vilafranca e la parte centrale del grande retablo di Borrass per le Clarisse di Vic.61
60. Come chiarisce E. Brunelli 1903, p. 384. [La Pala di Ottana, restaurata, ora nuovamente nella parrocchiale di S. Nicola, con lattribuzione al Maestro delle Tempere francescane, pittore lorenzettiano attivo a Napoli nel 1325-75, e la datazione al 1339-44; cfr. Serra 1990, sch. 25]. 61. Inoltre, [opere di] Murillo e Goya. [Questi due ultimi esempi sono generici, ma per gli altri richiamati cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 143 (Retablo delle Sante Eulalia e Chiara gi in una cappella del chiostro e ora nel Museo della Cattedrale di Segorbe, del 1402, attribuito a Pere Serra); cat. 399 (Retablo delle Sante Chiara e Caterina, gi nellaula capitolare e ora in una cappella della cattedrale di Barcellona, attribuito a Miquel Nadal e Bernat Martorell II, 1454-58 circa); cat. 191 (Retablo della Vergine e di San Giorgio, nel S. Francesco di Vilafranca del Peneds, attribuito a Llus Borrass); cat. 205 (Retablo della Vocazione francescana, gi nel monastero di S. Chiara e ora nel Museu Episcopal di Vic, di Llus Borrass, 1414-15, per il quale cfr. inoltre Francesc Ruiz i Quesada, in Cathalonia 1997, sch. 18)].

Il linguaggio espressivo manca di autentica creativit, il che sorprende, tanto che viene fatto di affermare aprioristicamente che mai sarebbe stato dipinto in tal guisa in Italia, perlomeno mai in Toscana. Le due figure che occupano la tavola mediana si stagliano contro un fondo dorato rifinito con delicato motivo di bordura. Laureola di San Francesco si inscrive perfettamente entro larco [trilobato delledicola che lo contiene] ed tagliata dalla cuspide bassa di sinistra. Egli reca una croce processionale di fine oreficeria, decorata con espansioni floreali alle quattro estremit; alla base si nota quel puntale che ne permetteva linserimento nellasta delle croci processionali; allincrocio dei bracci si dispone una placca rettangolare con trifogli angolari. San Francesco [dAssisi] non rappresentato come un piccolo poveruomo, amante di Madonna Povert: qui figura invece come fondatore e patrono [del suo ordine], come la Santa Chiara di Vic, che porta sul velo una corona baronale alla stregua duna badessa. Egli regge anche un libro della Regola, finemente rilegato. E tutto ci dopo soli centoventi anni al massimo dalla sua sepoltura. Trovare un lavoro paragonabile in Italia sarebbe arduo; a Napoli si trova unopera valenzana, il San Francesco dAssisi d la Regola agli Ordini francescani.62
62. Il dipinto di San Francesco che consegna la Regola a frati e monache si trova[va] nel transetto meridionale del S. Lorenzo [maggiore] a Napoli. Il tema illustrato pi esplicitamente nel [citato] retablo di Llus Borrass a Vic. Due degli azulejos del pavimento mostrano pali catalani entro uno scudo coronato, o in una losanga di tipo valenzano, cos rivelando errori di araldica. La qualit del dipinto per interamente valenzana, al pari delle mattonelle, che appaiono un ottimo lavoro valenzano, obra de Manises; cfr. Osma 1909, 1912. [Si tratta della tavola centrale della Pala di San Lorenzo, di Colantonio (1444-45), oggi a Napoli nel Museo di Capodimonte; cfr. Fausta Navarro, in Pittura 1987, pp. 450456, fig. 635, e in Polittico 1989, sch. 2; Pierluigi Leone de Castris, Quattrocento 1997, sch. 5. Quanto alle osservazioni sullaraldica, i pali catalani (sia nello scudo coronato sia nella losanga valenzana) sono della Corona aragonese e di Alfonso V il Magnanimo, sotto cui si trovarono unite Catalogna, Valenzano, Aragona, Maiorca, il regno di Sardegna e quello di Sicilia, Napoli compresa].

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Il San Nicola [del polittico di Ottana] vecchio e calvo con ciuffi di capelli sulle tempie e una corta barba piena. La mano destra poggia sulla testa di un fanciullo recante un calice. La storia del ragazzo e della coppa attinta dalla Leggenda aurea ma usata pi spesso nella pittura valenzana e napoletana che in quella fiorentina o senese. In ogni pannello laterale ci sono otto scene, allineate a due a due. A sinistra figurano scene francescane: Visione [notturna] di San Francesco, con la chiamata da parte di Cristo; [Francesco getta via gli abiti,] il vescovo lo copre e il padre viene trattenuto dagli amici [Rinunzia ai beni]; il Sogno di Innocenzo III, con San Francesco che regge il Laterano; lApprovazione della Regola; lestasi di San Francesco [Visione del carro di fuoco]; la Predica agli uccelli; le Stigmate sulla Verna; la Morte del santo alla presenza dei suoi discepoli e del papa. Nellaltro pannello del polittico, quello destro, le scene sono ancora pi rovinate e rappresentano: la Nascita di San Nicola, dove il bimbo in piedi nella fonte in adorazione del Signore; lElemosina alle figlie del cavaliere povero; lIntervento a favore dei tre soldati [ingiustamente condannati a morte]; la Liberazione del giovinetto cristiano schiavo degli infedeli a banchetto; la Restituzione del giovinetto ai genitori, che se ne rallegrano; la Resurrezione dei fanciulli nella vasca; il Salvataggio della nave dal mare in tempesta; la Morte del santo assistito da quattro angeli. Sopra questi pannelli ci sono due piccole cuspidi per lato con Santa Caterina e larcangelo Gabriele, la Vergine annunciata e SantElena. Nella cuspide centrale [pi alta] si colloca la Vergine in trono. Questultima figura, con il Bambino sulle ginocchia, richiama larte dei Lorenzetti, mentre larcangelo porta la veste e le ali di un angelo del Beato Angelico. LAnnunciata siede su un seggio provvisto di leggio, e vicino a lei c una cesta con lane, peculiare delle donne sin dai tempi di Elena, regina di Sparta.63 Rispetto alle scene narrative, le cuspidi hanno un carattere pi senese. Arrivando a queste dalle sale
63. Cfr. un affresco nelle catacombe di Palmira [sic].

3. Maestro delle Tempere francescane, Pala di Ottana, Ottana, parrocchiale di S. Nicola

[del Museo di Cagliari] dove si conservano le opere del Figuera e del Barcel, esse sembrano esclusivamente italiane. Solo a unanalisi pi ravvicinata si notano le divergenze da quella tipologia, verificabile pi nella concezione che nelle forme. Pare molto italiana, e abbastanza senese, unadorabile piccola Madonna col Bambino in cui un uccellino si posa sul dito del Bambin Ges.64 Nel notevole articolo pubblicato
64. [ la tavola della Madonna col Bambino, nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari con lattribuzione al portoghese Alvaro Pirez, attivo in Toscana nel 1411-34, e la datazione al 1420 circa; cfr. Serra 1990, sch. 39].

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dallInstitut dEstudis Catalans, che fece nuova luce sul nostro campo di studi, lAru tratta di altre due tavole daltare trecentesche conservate a Cagliari, di cui una con un santo cavaliere che non ricordo assolutamente, e laltra, da lui pubblicata, con una Crocefissione assai danneggiata. Questultima piena di sentimento e di carattere; nei miei appunti scrivo che i riccioli rossi di San Giovanni richiamano quelli degli angioletti a Vic, e che le aureole compongono un ammirevole motivo ascensionale verso il Cristo crocefisso. Secondo lAru dovrebbe risalire alla seconda met del XIV secolo, opera di un artista non italiano.65 I registri di questo secolo riportano soltanto i nomi di due pittori. Domenico Pollini, di Cagliari, mor nel 1340 circa nel convento domenicano di Pisa. Era miniaturista e pittore su vetro: fuit valde gratiosus et probus, suavissime conversationis. Cantabat bene, scribebat pulc[h]re, et fenestras vitreas operabatur optime.66 Se si considerano le tante donazioni e fondazioni camaldolesi registrate negli annali sardi, e se si ricorda la bellezza della miniatura rappresentante i fratelli grigi di San Romualdo [sic], si pu pensare che ci fossero molti abili pittori sardi bravi a decorare i codici (scribebat pulchre). Il canto tuttavia era una grazia aggiuntiva, peculiare di Fra Domenico. Nello stesso secolo, ma pi tardi, visse anche un pittore di nome Fra Giacomo di Lanfranco Guallerotti, che mor arcivescovo di Torres nel 1379. In tal guisa si chiude il Trecento.
65. Aru 1911-12, pp. 508-529. [Si tratta della Caccia di San Giuliano e della Crocefissione, due delle tavole superstiti del Retablo dellAnnunciazione, custodite nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari con lattribuzione al catalano Joan Mates e la datazione al 1410 circa; cfr. Serra 1990, sch. 37. Dello stesso retablo si conservano anche cinque tavole della predella, di cui la Goddard King dir pi avanti senza riconoscerne per la pertinenza a questo polittico]. 66. Spano 1870, p. 12. [Per questo frater Dominicus Sardus, de Pollinis Kallaretanis, cantore, calligrafo (miniatore?) e pittore di vetrate, morto a Pisa nella peste del 1348, cfr. Antonino Caleca, in Pittura 1986, vol. II, p. 568 e relativa bibliografia].

Il primo nome che si pu ricordare con sicurezza per il XV secolo quello di Berenguer Picalull. A causa della falsificazione di carte arborensi prodottasi nel XIX secolo, anche le notizie riguardanti il pittore risultano confuse, ma lAru ha recentemente pubblicato il documento autentico, con cui il pittore accettava lincarico di dipingere uno stendardo per la tomba del cavaliere Luigi Carbonell, datato 10 marzo 1423.67 Sia il nome del pittore sia quello del defunto sono catalani. Il secondo era di Valenza, e la vedova si chiamava Beatrice come una delle figlie, mentre laltra si chiamava Isabella. Il loro rappresentante, probabilmente il cappellano di famiglia, era Francesco Bosch di Jtiva. Lettura interessante il registro latino del notaio, che si conservato. Sembra che Picalull fosse pittore e locandiere e che parlasse catalano non appena gli fosse possibile. vero dice Picalull mi portarono una vecchia bandiera e una pavesa dalla galea di mossn Llus Carbonell, e dovevo restaurarle e dipingervi le sue armi. Bene, i pittori del re di Valenza e Barcellona accettarono appunto simili incarichi. Berenguer avrebbe potuto legittimamente stare al posto di Martorell o dei Serra, di Lloren Zaragoza o anche dello stesso favorito di Alfonso V il Magnanimo, Jacomart, che eseguiva lavori del genere.68 Si nutre tuttavia il dubbio che Giorgio di Cagliari, il quale al tempo del giudice Torbeno dArborea dipinse per la cattedrale di Oristano,69 sia n pi n meno che una creatura immaginaria alla stessa stregua dellOssian di Macpherson o del monaco Rowley di Chatterton. Se non lui, qualcun altro allora lavor allOpera della cattedrale, perch dice lo Spano la Cattedrale dOristano possedeva molte tavole antiche che
67. Aru 1920, pp. 147-148. 68. [A proposito di Berenguer Picalull, pintor de paveses e non de retablos in Cagliari, cfr. le osservazioni di Serra 1990, p. 46 e relativa bibliografia]. 69. Edificata nel 1229 da un fabbro, Placentino. [Un pittore Giorgio di Cagliari risulta soltanto dalle false pergamene arborensi. Placentinus il nome dello scultore che nel 1228 firm i picchiotti bronzei della cattedrale di Oristano, oggi nellaula capitolare; cfr. Serra 1990, sch. 7].

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furono distrutte nel riformarsi la Chiesa. Dispersi sono anche i dipinti nellantica chiesa di S. Francesco sempre a Oristano, distrutta venticinque anni fa.70 Si possono riferire a quel periodo negli anni Sessanta [dellOttocento] lerudito canonico sapeva meno di noi sui Primitivi ma aveva occhio per la pittura e possedeva una bella collezione che and purtroppo smembrata alla sua morte i dipinti su tavola della bella chiesa [romanica] di S. Paolo di Milis. Distrutti da incapaci quelli dellaltare maggiore e dellaltare sinistro, rimane la Crocefissione dellaltare di destra, che, sebbene di stile asciutto, molto vivace nella resa dei colori. Il dipinto fu rimaneggiato nel 1503.71 Lo stile catalano in questo pannello rappresentante il Calvario, tema che corona tutti i retabli mayores iberici. Il Salvatore al centro del pannello (fig. 4), con i due ladroni in posizione leggermente angolata e piuttosto pi in basso. La Maddalena inginocchiata ai piedi della croce, la Madonna si abbandona nellangolo sinistro fra le braccia di San Giovanni e di una santa donna. Tutta la met di destra occupata da soldati romani che portano sui loro scudi la scritta S.P.Q.R., a eccezione di un cavaliere su un destriero scuro, attentamente delineato allestrema destra. I due soldati, su cavallo scuro e su cavallo chiaro, che fronteggiano il gruppo di destra al modo dei portainsegne nei dipinti dei Vergs, sono collocati uno sopra laltro a sinistra della croce. In generale, lo sfondo del cielo sapientemente scandito da lance, bandiere e pennoni. Le aureole sono in rilievo, a cerchi concentrici come quelle del Retablo del Conestabile.72
70. [Per la citazione cfr. Spano 1861b, p. 40, nota 1, oppure 1870, p. 11, nota 2. La ristrutturazione della cattedrale di Oristano fu intrapresa nel 1729; quella del S. Francesco nel 1835. Sulle tavole superstiti dei polittici che vi si trovavano la Goddard King torner in seguito]. 71. [Oltre alla Crocefissione, dello stesso retablo facevano parte la tavola della Madonna col Bambino e angeli e la predella, anchesse nel S. Paolo di Milis, con ascrizione al 1503; cfr. Serra 1990, sch. 62]. 72. [Si tratta del polittico dellaltar maggiore della cappella di S. Agata nel Palazzo Reale di Barcellona, dipinto da Jaume Huguet nel 1464-65; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 486; Jaume Barrachina Navarro, in Jaume Huguet 1993, sch. 6].

4. Crocefissione, Milis, chiesa di S. Paolo

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Lartista introduce delle innovazioni nello schema compositivo tradizionale, senza dubbio appreso a Barcellona, ma i suoi modi formali sono catalani. Liscrizione sulla cornice [sic] indicherebbe come probabile datazione linizio del XV secolo. Una predella [del Museo] di Cagliari73 pu probabilmente riferirsi alla prima decade di quel secolo, e con certezza alla cerchia di Llus Borrass.74 Nei cinque pannelli vediamo i Santi Antonio abate e Giovanni battista, il Cristo morto che sta eretto fra gli strumenti della Passione, due sante di cui una Santa Margherita e laltra [Santa Caterina dAlessandria], le cui sembianze femminili ricordano laspetto secolare della Santa Perpetua [nel retablo di Borrass per le Clarisse] di Vic. I riccioli scomposti del Battista si ripiegano su se stessi come in unopera bizantina, la barba termina a punta e la pelle di cammello maculata secondo un modo convenzionale di rappresentare il vaio araldico. Il collegamento con Barcellona si mantiene vitale durante tutto il XV secolo. Jaume Huguet invi dei suoi lavori in Sardegna prima del 1451.75 Nel secondo terzo del secolo Valenza doveva aumentare la sua importanza, ma la capitale catalana rimase assai influente e aliment una forte tradizione, persino al tempo della pala di Sanluri.
73. [Oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, la predella va riferita al Retablo dellAnnunciazione ascritto a Joan Mates, di cui gi s detto. Per la ricostruzione dellattivit del Mates, documentato tra il 1391 e il 1431, cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, pp. 88-92]. 74. [Llus Borrass infatti liniziatore dello stile gotico internazionale, che corrisponde alla terza fase (1375-1460 circa) della pittura catalana tre-quattrocentesca, nel cui primo tratto cronologico (1375-1400 circa) sinquadra pure Joan Mates]. 75. [Nato a Valls prima del 1419 e morto a Barcellona nel 1492, Jaume Huguet il pittore pi rappresentativo dellambiente catalano e specificamente barcellonese della seconda met del Quattrocento; per la ricostruzione della sua attivit cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, pp. 160-175; e soprattutto saggi e schede in Jaume Huguet 1993, dove Rosa Alcoy i Pedrs presenta pure le ricostruzioni fotografiche dei polittici smembrati, pp. 120-141].

Di sicuro si sa che operarono a Cagliari due uomini di Barcellona dallinizio della primavera del 1455 sino almeno al novembre del 1456. Carlo Aru ha rinvenuto e pubblicato76 il contratto con cui Rafael Toms e Joan Figuera si impegnarono a dipingere per il convento francescano di Stampace un retablo di San Bernardino, conformemente al progetto grafico fornito su carta. I committenti risultano essere il guardiano del convento Michele Gros e un cagliaritano, Francesco Oliver. Il prezzo pattuito fra le parti fu abbastanza elevato: duecentoquaranta fiorini dAragona, di cui un terzo subito, un terzo a met dellopera e lultimo due settimane prima del completamento. Indubbiamente si tratta del retablo che si trova oggi nel Museo di Cagliari (fig. 5).77 Nel luglio seguente il Figuera firm una procura per un prete di Cervera riguardante leredit del fratello Matteo. Infine, in nome del socio, Toms si accorda con un certo Antonio de Badia per rilasciare un apprendista, Antonio Ortu, scappato dopo aver derubato i pittori. Essi vissero, quindi, quasi due anni a Cagliari, forse di pi, ma non se ne ha certezza, poich la frase Ego Johannes Figuera pictor barchinonensis nunc vero moram trahens in Castro Calari non dice molto, se non che egli non ne era cittadino, n locatario di una casa. Probabilmente i due pittori vennero a Cagliari per via della commissione francescana e tornarono poi in Catalogna. San Bernardino era stato canonizzato nel 1450 e i frati di Stampace non persero tempo, per giungere ad allestirne cos in breve laltare. Lo scomparto mediano basso del retablo raffigura il santo che si stacca da terra mentre intento nella predica, e segue probabilmente una tradizione relativa a un episodio di levitazione, di sollevamento del corpo, di cui non sussiste traccia in rappresentazioni pi tarde della sua
76. Aru 1920, pp. 136-150. 77. [ il Retablo di San Bernardino, ora nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, proveniente dalla distrutta chiesa cagliaritana di S. Francesco di Stampace, dovera collocato nellomonima cappella; cfr. Serra 1990, sch. 41 e, per le vicende dei pittori Toms e Figuera tra Catalogna e Sardegna, pp. 97-101].

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leggenda agiografica. Analoga considerazione pu farsi circa la scelta dei miracoli, che pu apparire strana soprattutto per quel che vi omesso, come il riconoscimento della gloria del santo da parte di San Vincenzo Ferrer, oppure la comparsa della stella sul capo del santo mentre predica di fronte ad Alfonso a LAquila. Una scena della predella quella dellintervento in favore del ragazzo artigliato dallorso probabilmente dispirazione sarda. Come si detto, al centro vi il grande missionario che predica, e due angeli coronati di rose e ammantati di velluto rosso scuro gli stanno accanto a guisa di reggitori araldici. Nella tavola pi alta vi la Crocefissione, e sotto di essa un Compianto interpretato secondo la tipologia catalana, di cui rappresenta uno degli esempi pi antichi e maggiormente utili a chiarire levoluzione del tema. A sinistra, in alto, si dispone il primo degli scomparti laterali con le storie di San Bernardino: la Visione durante la predica a Milano (1417), dove il santo vede lanima della sorella Tobia [sic] passare in cielo. Nella tavola simmetrica a destra, la Traversata del fiume a bordo del mantello, presso Mantova (1420), superando gli zotici barcaioli. Le scene centrali di entrambi i lati sono generiche e perci difficili da identificare: il santo resuscit quattro morti, e la scena a sinistra mostra uno di questi miracoli [Resurrezione di un morto per ferite]. Nella tavola di destra mi sembra che il santo stia guarendo a Massa (1444) il lebbroso, un mendicante spagnolo che implorava di poter infilare i sandali del santo, forse visibili per terra [Risanamento degli storpi e liberazione dellindemoniato]. I miracoli nei due scomparti laterali bassi sono quelli [operati post mortem] dellammalata a Rieti e della donna in travaglio a Ble, grazie allinvocazione dellostetrica. Nella predella vi sono altre sei storie del santo, tre per ogni lato dello scomparto centrale raffigurante il Cristo morto retto da un angelo. Le scene a sinistra raffigurano nellordine la Benedizione di pellegrini e storpi, con il santo che regala a
5. Rafael Toms e Joan Figuera, Retablo di San Bernardino, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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poveri e mendicanti le vettovaglie dategli da una signora romana; il miracolo della Guarigione dellammalata paralitica a Spoleto; il miracolo della Resurrezione del fanciullo travolto dalla corrente del mulino. Dopo il Cristo in piet si vedono il Miracolo del cacciatore, con il ragazzo artigliato dallorso, e poi un episodio del ciclo della governante disattenta, con la Resurrezione dellannegato, un bambino ripescato dalla piscina, che vomita tutta lacqua bevuta. Nellultima tavola a destra, San Bernardino figura da esorcista, con i pellegrini inginocchiati, Devoti alla tomba del santo a LAquila. Bench sia questo un tema ben noto in Catalogna, non ricordo un esempio cos antico che lo documenti anche nella penisola italica.78 Lo ritroveremo, nella stessa posizione, nella predella della pala di Sanluri. Nel polvarolo erano inseriti otto mezzibusti di profeti che reggono cartigli dallandamento sinuoso, similmente a quanto si osserva nel Retablo di Granollers, pi recente di circa cinquantanni.79 Sapendo che i due pittori, apparentemente della stessa importanza, lavorarono entrambi a questa pala daltare, si colti dalla tentazione di assegnare i pannelli alluna o allaltra mano, ma in modo piuttosto avventato, riconoscendo alla prima i duri tratti della tradizione catalana e allaltra quelli che mostrano una singolare somiglianza80 con i lavori commissionati da Filippo il Buono nello stesso periodo. Le miniature che adornano Le grandi cronache di Francia che il Reinach81 vide a San Pietroburgo assomigliano tantissimo ai sei pannelli laterali di questo retablo, ma i sei piccoli scomparti
78. [Cfr. Pavone 1981, p. 43]. 79. [Si tratta del polittico dellaltar maggiore della chiesa di S. Stefano di Granollers, smembrato e custodito oggi nel Museu dArt de Catalunya a Barcellona. Fu realizzato dallquipe dei Vergs nel 1491/95-1500; i profeti Abramo, Mos, Davide e Isaia nel polvarolo furono dipinti da Joan Gasc gi nel XVI secolo. Cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 493; Joaquim Garriga, in Cathalonia 1997, sch. 29; Miquel Mirambell, in Cathalonia 1997, sch. 35]. 80. Avvertibile anche in Jaume Huguet. 81. Reinach 1904.

della predella non sono invece cos simili come ci si potrebbe aspettare. Il Cristo in piet al centro, come la Crocefissione in alto e il Compianto sotto di essa, sono inconfondibilmente catalani. Si deve per ricordare e sono grata per questo suggerimento al mio amico George Rowley che nelle opere dei Primitivi non strano trovare scomparti narrativi eseguiti con stili diversi, assimilabili allarte della miniatura. Ad ogni modo, si pu affermare che la testa del profeta Abacuc [nel polvarolo] fu eseguita dalla stessa mano che dipinse Nicodemo, Giuseppe dArimatea e lebreo in turbante nella Crocefissione; che le mani degli angeli nel pannello centrale assomigliano a quelle delle pie donne nel Compianto; e che la testa della grande figura di San Bernardino, bench dipinta con cura e ricerca estetica infinitamente maggiore rispetto a qualsiasi altra nel polittico, resta comunque abbastanza diversa per forma e fisionomia da quella delle figure del santo negli scomparti laterali. Per pura convenienza, si potrebbe decidere di identificare in Joan Figuera il pittore delle tre scene mediane, le pi importanti dellinsieme. Egli sembra preferire unaureola semplice, definita da un anello di puntolini nelle tavole superiori, incisa a circoscrivere una croce rossa di forma peculiare, indicante il Salvatore. Colloca dietro il titolare dello scomparto centrale un pesante disegno in rilievo, dorato, chiuso, massiccio e piuttosto incongruente con il resto. Non , infatti, lo schema liberamente fitomorfico dei Vergs, ma un motivo tessile. Quanto a partito compositivo, la Crocefissione si conforma al tipo pi semplice, senza i due ladroni o uomini a cavallo. Sullo sfondo collocata una citt cinta di mura, con superbi edifici pubblici e una chiesa a due torri; a sinistra le tre Marie e la Vergine che perde i sensi tra le braccia di San Giovanni; a destra un gruppo di soldati e un ufficiale che litigano con un paio di scriba e dei Farisei; alle estremit laterali, sagome dalberi sullo sfondo del cielo dorato. Nella composizione dei gruppi, nel dettaglio, nel colore, il massimo delleffetto ottenuto mediante una rigorosa selezione degli elementi di spicco, principalmente la croce massiccia e la pesante testa
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del Cristo. Nel Compianto, liconografia quella solita, riproducente il cosiddetto Santo Sepolcro [sic], figure ai lati e altre allineate dietro il Cristo, dal corpo non rigidamente orizzontale, con il capo chinato come a Manresa e Barcellona. Le sagome degli stessi alberi si ripetono a entrambe le estremit; se visto da lontano, il gruppo palesa la sua organizzazione simmetrica, volta a creare un effetto di solennit. Negli scomparti laterali, le donne indossano lunghe vesti diversamente panneggiate, gli uomini il corto e spesso gonnellino pieghettato che si vede nel frontespizio del Vello doro e daltri manoscritti borgognoni. I volti dei personaggi hanno taglio molto lungo e squadrato, con nasi appuntiti, occhi sbarrati che spesso mostrano lintera pupilla. Il portamento dei giovani elegante, da cortigiani, con la mano sul fianco o sullelsa della spada e le gambe snelle, tenute vicine, posa questa pi evidente nei giovani di sinistra nellinterno di chiesa di uno dei pannelli laterali a destra. Queste osservazioni sono valide soprattutto per i personaggi secolari, poich nel simmetrico pannello laterale mediano a sinistra San Bernardino piccolo e ha la testa tondeggiante, s da ricordare le figure della pittura senese dopo il Sassetta. Assai simile a questa la sua figura nella prima scena della predella. In detto gruppo di pannelli, le aureole sono di disegno ricercato e complesso, come nelle opere senesi o valenzane; il vuoto delle finestre e della porta aperte occupato da un bel motivo libero stampigliato in bassorilievo su fondo oro. Un tempo lo stesso ornato era visibile in altre tavole della serie, ma ora rovinato. Nei drammatici aggruppamenti di figure, nellequilibrio plastico delle masse, questopera eccellente e di tono decisamente iberico, anticipando per la precisione retabli come quello di Avila con le storie di San Tommaso (1499-1504), adesso [a Madrid] nel Prado.82 Se identificassimo in questo
82. [Si tratta probabilmente dello smembrato polittico di San Tommaso dAquino, dipinto da Pedro Berruguete nel 1500 circa per laltare maggiore del convento di Santo Toms ad Avila; cfr. Isabel Mateo Gmez, in Pittura 1995, pp. 194-195, fig. 228].

6. Joan Figuera, predella del Retablo di S. Lucifero, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

pittore Rafael Toms, recupereremmo un nome da collocare, a pieno merito, dietro quello di Pedro Berruguete. Persistono nella predella identiche tipologie,83 specialmente nelle ultime tavole; nelle prime, la dimensione narrativa appare pi libera e pittoresca, e i nudi in ginocchio del primo pannello assomigliano in qualche modo ai martiri di Huguet a Terrassa.84 San Bernardino esorcista, raffigurato nello scomparto finale, costituisce lesempio pi antico di un soggetto iconografico che sar replicato molto spesso a Barcellona. Unicamente lo scomparto centrale, un Cristo a occhi aperti [sic] retto da un angelo, pu dirsi opera del maestro che abbiamo per comodit chiamato Figuera, sebbene il suo stile risulti qui cos alterato certo al fine di adattare la veduta ravvicinata alla carica emotiva del soggetto da poter giustificare anche lipotesi della sua paternit per la testa del San Bernardino nella tavola centrale, che per molti versi assomiglia a questa. Allartista qui denominato Joan Figuera mi piacerebbe assegnare la predella della chiesa di S. Lucifero (fig. 6), che
83. Analoghe a quelle di Huguet. 84. [Il rimando alla Decollazione dei Santi Cosma e Damiano nello scomparto sinistro della predella del Retablo dei Santi Abdon e Senen, gi nella chiesa di S. Pietro e oggi in quella di S. Maria a Terrassa, del 1459-60; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 484; Joaquim Garriga i Riera, in Jaume Huguet 1993, sch. 4].

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appesa nella stessa galleria.85 Lo scomparto centrale, un Cristo morto retto da un angelo (fig. 7), della stessa mano che ha dipinto il Compianto [della pala di San Bernardino], ma pi fine e abile. Langelo triste nella sua veste bianca sembra anticipare la Vergine di Tuili. Tutte le aureole sono lavorate con motivi delicati e pieni di grazia, ma non assomigliano a quelle del Toms. Lineamenti tipologicamente marcati in senso catalano caratterizzano le teste dei quattro santi di et avanzata: Pietro e Paolo, Giovanni battista e Antonio abate. Il San Michele assomiglia allangelo della Piet, ma porta sul petto una croce della stessa foggia di quella di Calatrava, e lancia e lorica di unarmatura; il San Giorgio cavaliere della Croce Rossa, suo pendant, un bel tipo catalano di corporatura asciutta. Questa figura di soldato (fig. 8) e il Battista con le mani giunte in preghiera, ansioso, silenzioso e molto toccante, segnano forse il culmine dellarte del Figuera; dopo di che ci si ritrova a speculare sul motivo per cui egli non abbia avuto riconoscimenti e non sia stato celebre a Barcellona. possibile che al suo ritorno il pittore si fosse sistemato a Cervera grazie a un lascito ereditario, e che tutto quel che era stato da lui dipinto nella sua citt natale fosse stato poi cancellato per far posto alle opere del XVIII secolo commissionate da Filippo V. Vi tuttavia la possibilit che un frammento di unopera tarda di Joan Figuera sia stato risparmiato dalla distruzione e che debba essere identificato nella grande tavola della collezione Cabot, raffigurante San Giorgio e la principessa.86 Questelemento [di retablo] stato approssimativamente datato al 1460 circa. La testa del santo assomiglia incredibilmente per tecnica e metodo dapproccio (sebbene non in quel che si suol definire somiglianza fisica) al San Giorgio [della predella]
85. Cfr. questo stesso libro, in appendice. [Vi si riferiscono le circostanze relative al recupero della Predella di S. Lucifero, proveniente dallomonima chiesa cagliaritana e ora nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, con lattribuzione a Joan Figuera e la datazione ad anni successivi al 1456, per la quale cfr. Serra 1990, sch. 43]. 86. [La riproduzione fotografica di questopera, presente nel libro della Goddard King, non viene qui ripubblicata].

di S. Lucifero. Il disegno del naso, con i dettagli dellinterno della narice, identico nella figura del San Giorgio come in quella della principessa, del San Bernardino e degli angeli. La decorazione del cappello carico di gioielli e del copricapo della principessa risulta uguale a quella dei mantelli degli angeli, e il broccato trattato nello stesso modo. Disponendo in sequenza la Piet [della pala di San Bernardino], la predella [di S. Lucifero] e il pannello di San Giorgio e la principessa, impossibile non percepire limpronta di una sola mano, come pure di una sola immaginazione creativa. I pannelli laterali di questo smembrato trittico di San Giorgio si trovavano una volta nella collezione di don Pedro Ans a Barcellona, e furono inviati a Berlino per essere venduti assieme con altri pezzi; von Loga e poi Bertaux riconobbero la provenienza dellopera e il secondo la assegn ragionevolmente allatelier di Jaume Huguet.87 I committenti, un cavaliere della Jarra e una dama del Pilar, presentati rispettivamente dal Battista e da San Luigi di Tolosa, furono identificati pi tardi ingegnosamente e in modo definitivo da Albert van der Put come Giovanni II di Beaumont, signore di Ortubia, e sua moglie Luisa di Monreal.88 I Beaumont erano
87. Loga 1909, pp. 179-299; Bertaux 1909, pp. 187-192. [La bella tavola centrale con San Giorgio e la principessa si conserva oggi nel Museu dArt de Catalunya di Barcellona, con lattribuzione non al Figuera, bens a Jaume Huguet. Le due laterali con San Giovanni battista e il donatore e con San Luigi di Tolosa e la donatrice, confluite nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino, sono disperse dal 1945. La datazione del trittico cadrebbe negli anni del periodo aragonese di Huguet (1435-45 circa) per Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 469; al 1459-60 per la maggior parte della critica recente, per la quale cfr. Joan Ainaud de Lasarte, in Jaume Huguet 1993, sch. 21; Milagros Gurdia, in Cathalonia 1997, sch. 26 e bibliografia]. 88. Put 1913, pp. 287-291. [Lipotesi di identificazione dei committenti si gioca sulle insegne araldiche nel retro del San Giorgio e sui santi che accompagnano i donatori del dipinto, cio San Giovanni battista e San Ludovico di Tolosa. In verit le armi non sono dei Beaumont, come sostenuto dal van der Put, bens dei Cabrera, il che indirizza a Bernat Joan de Cabrera, sposato con Violant de Prades: il primo santo si lega al nome del donatore, mentre per il secondo la stirpe dei Prades aveva una speciale venerazione].

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7. Joan Figuera, Cristo in piet, tavola centrale della predella del Retablo di S. Lucifero, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

8. Joan Figuera, San Giorgio, tavola laterale della predella del Retablo di S. Lucifero, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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partigiani del Principe di Viana, erede in linea diretta dellAragona. Suo fratello era il maestre hostal del Principe, che spos Violante di Agramont; il principe le apprest una ricca dote. Ricordando lamore che i Catalani portavano nei confronti di Carlo [Principe di Viana], possiamo presumere che il trittico di San Giorgio, patrono di Catalogna e Aragona, fosse stato ordinato a un pittore catalano prima della sua morte, occorsa nel 1461. Tale data dovrebbe accordarsi con la probabile et delle varie persone [implicate nella committenza dellopera]. Paragonando questo a un retablo coevo dellHuguet, quello di Terrassa con i Santi Abdon e Senen, evidente come il genio del Figuera possedesse pi forza e fosse pi moderno. Al confronto con le figure di questo trittico, latteggiamento di grazia fuggevole dei Santi Non e Nin [leggi: Abdon e Senen] e lo splendore cerimoniale della consacrazione vescovile di SantAgostino sembrano tenui, freddi e un po irreali.89 Nel primo, il gesto dei [Santi] patroni, con cui ciascuno di loro poggia una mano sul libro tenuto dal committente, ha unespressivit sorprendente per lepoca, senza alcun antecedente. Vi erano finalit e sentimento anche nel gesto dellangelo nella Piet [della predella di S. Lucifero] a Cagliari. LAgnus Dei del San Giovanni battista [nella stessa predella] richiama un poco quello nel Retablo di Cubells.90 Oggi Cubells, Cervera e Agramont giacciono alla rinfusa in un angolo di Catalogna al confine con lAragona,
89. [Il confronto con opere di Jaume Huguet: lo scomparto centrale del citato Retablo dei Santi Abdon e Senen e la tavola con la Consacrazione vescovile di SantAgostino, oggi nel Museu dArt de Catalunya, una delle otto del polittico gi nel convento vecchio degli Agostiniani a Barcellona, eseguito dal maestro e dai suoi collaboratori nel 1463-86 circa, per il quale cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 488; Milagros Gurdia, in Prefiguracin 1992, sch. 87; Rosa Alcoy i Pedrs, in Jaume Huguet 1993, sch. 9]. 90. [Si tratta del polittico di SantOrsola, proveniente dalla parrocchiale di Cubells e oggi nel Museu dArt de Catalunya a Barcellona, firmato nel 1468 da Joan Reixac, documentato a Valenza fra il 1431 e il 1484; cfr. Rosa Alcoy i Pedrs, in Prefiguracin 1992, sch. 82].

ma un occhio allenato in grado di ricostruire le relazioni fra questi centri, in parallelo con quelle tra il chiaro volto del San Luigi di Tolosa e quello dei vescovi aragonesi dipinti per Dalmau de Mur.91 Sappiamo che lHuguet stato attivo fra il 1448 e il 1483 e che il suo contatto con la Sardegna cadde prima del marzo dellanno 1451, quando egli diede a suo fratello una procura per ritirare dei pagamenti da Gabriele Canilla per lavori eseguiti su commissione.92 Figuera era barcellonese, probabilmente pi vecchio dellHuguet, e inizi la sua carriera sotto le stesse influenze puramente catalane e molto presumibilmente nello stesso ignoto atelier, ma in seguito si ritir forse a Cervera, e sent la qualit speciale dellambiente artistico e culturale aragonese. Nella invenzione di Joan Figuera se ci concesso di definirla cos, alla stregua del rinvenimento di una reliquia santa abbiamo recuperato dallarte il tutto di un uomo, un forte e sensibile genio. Lo stesso effetto di pallore candido che si nota nelle [citate] tavole di Saragozza dipinte per il vescovo Dalmau de Mur, una sorta di bianco sguardo interiore, si osserva in una figura di San Luigi di Tolosa93 leggente in un parlatorio che si apre su una profonda loggia gotica. Questo dipinto certamente sardo. Sembra che una coppia dante di un trittico pieghevole raggiunsero Berlino con la collezione di Pedro
91. [Poco prima di morire nel 1456, larcivescovo Dalmau de Mur diede disposizioni per il retablo scultoreo e pittorico della cappella nel palazzo episcopale di Saragozza. Ai dipinti lavorava nel 1458-59 Toms Giner, cui spettano appunto le due tavole superstiti con coppie di figure: in una San Martino vescovo e Santa Tecla, nellaltra SantAgostino vescovo e San Lorenzo. Cfr. Maria Carmen Lacarra Ducay, in Jaume Huguet 1993, pp. 86-97; Joaqun Yarza Luaces, in Pittura 1995, pp. 156-157, fig. 182]. 92. Sanpere i Miquel 1906, vol. II, p. 17. 93. Collezione von Tschudi. [Si tratta probabilmente della tavola con San Luigi di Tolosa pubblicata con lattribuzione allambito dei Vergs, di Pere Alemany e di Francesc Mestre (attivi fra il 1459 e il 1503), ma senza ulteriori precisazioni in Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 505].

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Ans, e che una acquistata da von Tschudi sia stata pubblicata da von Loga.94 In uno dei pannelli la testa di SantAusias, nella scena dellincontro con il Cristo, di fattura tanto casalinga da risultare confacente a una qualunque arte di provincia. Nellaltro pannello, San Luigi ha il pallore lunare della continenza, come il San Siffrino in Avignone e il San Luigi che presenta la dama del Pilar come donatrice [del trittico di San Giorgio]. Il suo pastorale termina a ricciolo, mentre il mantello decorato con figure di santi entro edicole cupoliformi. Senza dubbio trattasi di unopera provinciale di fine secolo. Linterno pavimentato con mattonelle sardovalenzane; i fiordalisi sul mantello del santo [vescovo] si possono ritrovare nella [citata] tavola napoletana del San Francesco dAssisi d la Regola agli Ordini francescani e nel pannello laterale destro del [trittico di] San Giorgio del Figuera [leggi: dellHuguet]. Larchitettura ogivale della loggia a fasce chiare e scure sarebbe difficile da rintracciare in Spagna, ma nota in Sardegna: non del Limosino, piuttosto di tipologia ligure, ma il linguaggio pittorico assolutamente limosino, e di fatto solo nellisola i due stili limosino e ligure entrarono in contatto.95 LAru riferisce anche di una pala daltare nella chiesa di S. Agostino [nuovo a Cagliari],96 che io non ho mai visto, altrettanto marcatamente iberica quanto allo stile, oltre che per via della ricchezza sontuosa delle stoffe e degli oggetti preziosi, come anche per altri dettagli, che appartiene al periodo
94. Loga 1909, pp. 179-299. [La Goddard King non sembra aver le idee molto chiare in proposito: la coppia dante, infatti, dovrebbe identificarsi con i descritti pannelli laterali del Trittico di San Giorgio, passati a Berlino dalla collezione Ans di Barcellona. Dellaltra tavola con il Cristo, descritta di seguito, non so dir nulla]. 95. [Del dipinto con San Luigi di Tolosa della collezione von Tschudi non nota lattuale ubicazione. Sulleventualit della sua provenienza sarda, ipotizzata dalla Goddard King, non risultano ulteriori ricerche]. 96. [ la tavola di SantAgostino in cattedra, proveniente dal S. Agostino nuovo alla Pinacoteca Nazionale di Cagliari, dov custodita con lattribuzione a Pietro Cavaro e la datazione al 1528 circa; cfr. Serra 1990, sch. 89].

9. Joan Barcel, Retablo della Visitazione, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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tardo della scuola di Jacomart. Varrebbe la pena di paragonare questa raffigurazione di SantAgostino in trono con quella di Huguet a Barcellona,97 ancora pi proponibile perch lo stesso Retablo di San Bernardino assume a tratti laspetto di unopera di Huguet. Un altro pittore lavor a Cagliari per i Francescani nel terzo quarto del Quattrocento, quel Joan Barcel che firm una tavola con la Visitazione: Johan[n]es Barcelo / me fecit.98 Alla sommit di questa pala daltare (fig. 9)99 collocata la Crocefissione, mentre la Visitazione occupa lo scomparto mediano basso, dal momento che anche qui, come nella pala di San Bernardino, lartista per motivi particolari ha destinato al centro della composizione un soggetto di solito relegato negli scomparti laterali, badando a costruirlo con tanto vigore e in maniera cos simmetrica, da non lasciar luogo a dubbi circa la sua intenzionalit. Sul lato sinistro ci sono in
97. [Si tratta della citata Consacrazione vescovile di SantAgostino]. 98. Nel discutere la firma, lAru (1911-12, pp. 508-529) rimase incerto se si leggesse Joan Barcels o Barcel, sostenendo comunque che il nome non abbia relazione alcuna con il Joan Barcal attivo a Sassari nel 1510. [A una rilettura del documento, si poi dimostrato invece che si tratta dello stesso pittore]. Il Retablo della Visitazione fu dipinto, cos almeno ritiene lAru, probabilmente dopo il 1450, un poco pi tardi (p. 519). Vorrei tuttavia richiamare lattenzione su un Daniel Barcel legato al pintor Joan Reixac per quanto riguarda il retablo che il secondo dipinse per il castello di Jtiva. Non si trattava probabilmente di un pittore poich, nonostante il suo nome appaia nelle ricevute del 1439, viene comunque rimpiazzato nel 1463 da Pietro Garro, altrove detto En Pere Garro lochtinent. Tuttavia, nel tardo Quattrocento Jtiva e la Sardegna erano spesso in contatto. Sia Reixac, l attivo nel 1439, sia Jacomart nel 1450, poterono conoscere un figlio di Daniel Barcel e portarlo nellisola a incontrarvi il successo. 99. [ il Retablo della Visitazione, gi nellomonima cappella della chiesa cagliaritana di S. Francesco di Stampace e oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Nella tavola con la Visitazione dipinto in basso un cartiglio con la firma di Joan Barcel, pittore nativo di Tortosa che risiedette a Sassari dal 1488 e lavor in Sardegna fino al 1516; cfr. Serra 1990, sch. 47].

basso San Gerolamo con il leone, nellatto di reggere il modello di una chiesa; in alto, la scena dellAnnunciazione. Sul lato destro, in alto la Pentecoste e in basso SantApollonia. I due santi sono isolati su fondi doro100 incorniciati da delicati motivi incisi, sullo stile del retablo valenzano di San Martino,101 e stanno ritti su un ricco pavimento di azulejos, mattonelle [a disegno policromo] inframmezzate da quadrati di marmo di colorazione pi scura [e uniforme]. I pavimenti degli interni nelle due tavole soprastanti sono pi semplici, intarsiati con motivi in chiaroscuro. Negli sfondi delle scene dei pannelli mediani, come pure dietro la porta e la finestra della stanza della Madonna [nellAnnunciazione], appare un paesaggio reso con fine sensibilit; [nella Visitazione] una strada tortuosa conduce verso il fondo fra le colline e vi si possono scoprire figure di viandanti senza dubbio in marcia verso Betlemme. Il tema principale del retablo cos raro nellarte mediterranea occidentale che ne ricordo solo un altro esempio, quello della Visitazione di don Pablo Bosch, adesso al Prado, un dipinto del Cinquecento. Si danno altre similitudini fra questo e la tavola di Cagliari: per esempio, la veste della Madonna in ricco broccato, la servetta che fila e sbircia dalla porta, il bastone di San Giuseppe che allude al rovo di Glastonbury; entrambe le opere risalgono certamente a una comune tradizione bizantina. Il San Giuseppe indossa quel che
100. Cfr. Huguet, S. Maria del Mar, 1478. [Jaume Huguet non ha lasciato opere nella chiesa barcellonese di S. Maria del Mar. Nemmeno mi riuscito di identificare lopera relativa al documento di commissione citato dalla Goddard King alla p. 204 dellAppendice I, qui non ripubblicata: Il retablo di Huguet per S. Maria del Mar era principalmente dedicato a Santa Caterina, San Bartolomeo e alla Maddalena, e la descrizione dei soggetti suggerisce figure isolate, accompagnate dalle scene nei pannelli sopra e a lato, come nellopera di Joan Barcel]. 101. San Martino a cavallo, con i Santi Orsola e Antonio [abate], 1425. [Si tratta delle tre figure nello scomparto centrale e in quelli laterali bassi del Retablo dei Mart di Torres, di Gonzalo Peris (prima met del XV secolo), nel Museo de Bellas Artes di Valenza; cfr. Joaqun Yarza Luaces, in Pittura 1995, pp. 110-111, fig. 122].

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tuttora un capo tipico del costume aragonese, le scarpe basse con calze nere e ghette bianche. Laureola ottagonale ne indica lo status di personaggio ancora del Vecchio Testamento [sic], come la stessa figura nel [citato] Retablo del Conestabile e come quelle di Nicodemo e Giuseppe di Arimatea del Figuera [nel Compianto della pala di San Bernardino]. Si dovrebbe aggiungere che il motivo dellarrivo a Betlemme sopravvive nella tradizione spagnola nel teatro dei pupi della costa sudorientale, come pure nelle scene e figurine vendute durante il periodo natalizio. Unaltra antica Visitazione del Prado potrebbe ricordare questa, che ha per maggiore espressivit e interesse. La qualit del polittico devessere valutata in relazione a tre sue caratteristiche: in primo luogo, il trattamento tradizionale dei due santi sul fondo doro; in secondo luogo, le scene laterali in alto con invenzioni originali, come [nellAnnunciazione] lalcova dove sono descritti il letto della Vergine, il suo tappeto da preghiera e il vaso dottone non di ceramica che contiene il giglio, e con intenzionali innovazioni, come laprire frontalmente il chiuso cerchio della Pentecoste catalana, collocandovi la Vergine su un trono; in terzo luogo, la modernit (secondo i criteri del pittore) del paesaggio, i costumi eleganti degli astanti alla Crocefissione, labbondanza di dettagli nelle vesti della Madonna e dei santi. Linteresse principale risiede nel colore che intenso e acceso, spesso sorprendente; quello secondario scaturisce dalle pose dei personaggi che riflettono tipologie temperamentali diverse, come per esempio il San Gerolamo o la SantElisabetta, e prima fra tutti SantApollonia con i suoi capelli rosso vivo e il non bello e severo volto, come quella di una sorella della Vergine di [Martin] Schngauer o della SantOrsola valenzana.102 Il tutto certamente opera di ununica mano, di una
102. [La Vergine di Schngauer probabilmente quella nel Dittico dellAnnunciazione, del 1475 circa, nel Museo di Unterlinden di Colmar; cfr. Chtelet, Recht 1989, fig. 293. La SantOrsola valenzana figura nella tavola centrale del citato Retablo di Cubells, di Joan Reixac, 1468].

10. Retablo del Presepio, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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sola forma mentis: sappiamo con certezza che Joan Barcel proveniva dal Limosino [leggi: da Tortosa]. Sebbene non riuscisse ad avere il pieno controllo formale dei suoi broccati, e il nero e oro del manto della Vergine, al pari del rosso e del nero dei drappi [dietro SantApollonia e San Gerolamo], tendano a risultar stesi in modo un po frettoloso, tuttavia lo sfondo paesaggistico, la bianca massa dellimmenso mantello della Vergine che sviene [nella Crocefissione] si lasciano apprezzare con grande immediatezza, e cos dicasi per la grazia piuttosto manierata della SantElisabetta. Direttamente indebitato a Barcel il pittore del Retablo del Presepio (fig. 10) nella stessa galleria.103 La Vergine che sviene in un mantello bianco, la Maddalena che si affretta a soccorrerla, la manierata figura che prega rivolta al Cristo crocefisso, sono tutti prestiti diretti [dal Retablo della Visitazione], che comunque danno vita a rielaborazioni autonome. Gli scomparti laterali alti sono occupati da figure singole: a destra Santa Chiara, in vesti da badessa, con pastorale che termina a ricciolo; a sinistra Santa Caterina, con corona e manto di broccato. Entrambe siedono davanti a un parapetto, dietro il quale si stende un paesaggio che suggerisce le colline e la baia di Cagliari;104 un drappo scende alle loro spalle, e il pavimento in azulejos. Analogo schema si ripete negli scomparti laterali bassi, con due santi in piedi, di scala maggiore; gli azulejos sono molto belli, e ritengo che il disegno di alcuni sia lo stesso che figura in altri dipinti di Joan Barcel; il drappo pi largo, e dietro, oltre un basso parapetto, si stendono fondi doro di bel disegno, simile ma non identico
103. Retablo Carnicer. [Dal nome della famiglia che aveva il patronato della cappella nel S. Francesco di Stampace, in cui si trovava il Retablo del Presepio oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, datato al 1500 circa; cfr. Serra 1990, sch. 48]. 104. [Per questo e per altri dipinti analizzati nelle pagine che seguono, la Goddard King suggerisce lesecuzione a Cagliari sulla base di elementi paesaggistici in realt troppo generici al fine di poter sostenere lipotesi].

nelle due tavole. I personaggi sono San Pietro, con chiavi e libro e una bella testa pi vicina a quella tipica di San Marco, eccetto che per la bianchezza della barba, e SantAntonio abate, in abito con scapolare sotto una tonaca nera, segnata con una croce a tau, con bastone, campana e maialino. Nella scena del pannello centrale [lAdorazione dei pastori] trionfa il realismo iberico, specie nella resta di cipolle appesa al muro e nellombra portata di uno degli attrezzi [sulla mensola], ma esso coesiste con uningenuit pari a quella degli ex voto a un altare miracoloso, nelle figure dei pastori e dei loro beni personali, zucca e borraccia di pelle, cucchiaio dosso e cestino di stuoia, agnello e cornamusa (fig. 11). Proprio cos dovevano apparire i pastori che, nella stessa ultima decade del XV secolo, portavano le loro offerte al palazzo del re del Portogallo, o alla grande sala del duca dAlva sul Tormes, mentre Gil Vicente e Juan de Encinas recitavano i versi che avevano scritto per la notte di Natale, e le pagine venivano cantate cos villancicos come quel lungo rotolo da musica a cui stanno appesi gli angeli che sovrastano la scena, a mo di picchi sul ramo di un albero. I pastori indossano calze bianche arrotolate appena sotto il ginocchio, mentre in alto la gamba resta nuda; le pecore bianche disseminate sulla collina distante rivelano un curioso spirito di osservazione; cos anche il nero [sic] levriero con collare di pelliccia, cos il neonato nudo giacente in un lembo ripiegato del lungo mantello della madre. Come composizione il pannello ammirevole nel suo equilibrio simmetrico ma irregolare, e ci vale certamente per lintero retablo, con le sue masse convergenti su un asse centrale segnato dalle chiare membra del Cristo crocefisso in cima e del Cristo morto in basso. Quei santi a figura isolata su terrazze limitate da un basso parapetto si possono trovare in Aragona: a Saragozza, per esempio, sono un luogo comune della pittura sacra.105 Estrapolate dal posto che occupano qui, le superbe figure erette riappariranno sulle porte fiancheggianti laltare, sotto il retablo
105. Cfr. le [citate] figure di vescovi dipinte per Dalmau de Mur e altre.

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11. Adorazione dei pastori, tavola centrale del Retablo del Presepio, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

12. San Pantaleo, tavola laterale della predella del Retablo del Presepio, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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mayor, a Barcellona e a Saragozza, come [in Sardegna] ad Ardara e a Perfugas. Il tema dellAdorazione dei pastori non n fiammingo n borgognone, bens comune a tutta Europa, come attestano le tradizioni del Natale, e sardo-iberico quanto alla specifica qualit formale. I mezzibusti della predella sono pi vicini alla tradizione catalana, in particolare il San Giacomo maggiore, tipologicamente simile alle figure di Pere Serra; i parallelismi pi stretti sindividuano in un San Giuda a Vic e in unUltima cena a Solsona.106 Egli tuttavia pi asciutto e si direbbe di fisionomia pi ispanica rispetto a quelli; il San Nicola che gli sta a fianco differisce in misura analoga dalla tipologia a cui si richiama: in breve, larte sarda ha ormai raggiunto una sua piena autonomia, ben riconoscibile, al pari di quella aragonese o andalusa. Lintera serie di personaggi della predella annovera da sinistra SantAndrea; poi un vescovo con camice bianco, veste nera e manto damascato, nellatto di reggere il modello di una chiesa, probabilmente da identificare con San Lucifero o SantEfisio; San Giovanni battista; al centro, il Cristo morto eretto sul sepolcro, con due angioletti che reggono un grande telo bianco svolazzante; quindi San Giacomo con un bel libro con annotazioni musicali che potrebbero esser lette e perfino cantate; San Nicola; infine un giovane martire daspetto principesco [San Pantaleo], squisitamente costruito (fig. 12). Anche questo polittico proviene dal S. Francesco di Stampace; si trovava
106. [Evidentemente la Goddard King cita a memoria servendosi, oltre che di un suo taccuino di appunti sardi, anche di annotazioni sulla pittura iberica. Forse il primo rimando al San Giuda Taddeo, che per compare a figura intera nellultima tavola laterale destra del citato Retablo della Vocazione francescana a Vic, di Llus Borrass, dove peraltro la predella ha figure di santi a mezzobusto, fra cui San Giacomo maggiore. Il secondo alla predella di un retablo proveniente dalla parrocchiale di Timoneda e oggi nel Museo Diocesano di Solsona, ascritta a Jaume Ferrer I, attivo nel primo terzo del XV secolo (cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 341); anche in questa tavola compare una figura a mezzobusto di San Giacomo iconograficamente simile a quella del Retablo del Presepio].

nella cappella della famiglia Carnicer e si pu denominare il retablo Carnicer. Tra la fine del XV e linizio del XVI secolo, un gruppo di pittori lavorava per la grande chiesa francescana di Stampace, allo stesso modo in cui tempo addietro altri artisti furono mantenuti dallOpera di una cattedrale; in seguito, analoga consuetudine attestata dalla firma apposta da Pietro Cavaro sulla pala daltare di Villamar. Senza dubbio a questo gruppo di pittori, o alla generazione di poco pi anziana, che aveva frequentato la bottega di Joan Barcel ed ereditato la tradizione di Toms e Figuera, devono essere attribuiti diversi altri elementi di pala daltare oggi nel Museo di Cagliari.107 Il primo una predella. Nella tavola centrale, il Cristo morto sorretto da un angelo angustiato e piangente; la figura del Salvatore molto simile a quella [del Cristo crocefisso] nel Retablo di Tuili. Nelle altre tavole si osservano dieci [leggi: cinque] martiri francescani SantAccursio, San Pietro, SantOttone, SantAdiutto, San Bernardo la maggior parte dei quali non si ritrova in nessun altro dipinto. Negli sfondi, la resa del paesaggio attenta e varia; le figure mostrano interessanti variazioni espressive e gestuali. Sempre a Cagliari si conservano altri due pannelli derivanti dalla leggenda francescana. Nel primo [la Predica di San Francesco], il giovane santo tiene il suo sermone e due vescovi nella congregazione se lo indicano lun laltro, riconoscendovi un uomo che far strada; il tema simile al riconoscimento di San Bernardino da parte di San Vincenzo Ferrer. Nellaltro [il Riconoscimento dellOrdine], il papa benedice San Francesco e i suoi tre compagni, alla presenza di un vescovo, di tre cardinali e un donatore [sic]. Per la caratterizzazione,
107. [Si tratta di sei tavole della predella e di due tavole laterali superstiti del Retablo della Porziuncola, cosiddetto dalla cappella in cui si trovava nel S. Francesco di Stampace, prima di confluire nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, dove si trovano pure sei tavole con angeli musicanti, non citate dalla Goddard King ma da restituire allo stesso polittico, ora attribuito al Maestro di Castelsardo e datato ad anni successivi al 1492; cfr. Serra 1990, sch. 56].

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la gestualit e la differenziazione dei tipi fisionomici, la derivazione iberica qui molto evidente e marcata; la gamma cromatica va sui toni di caldo marroncino come pelle di renna e foglie morte: la qualit inventiva e immaginativa assai fresca e preziosa. Il pittore del Retablo di Tuili appartiene al gruppo di Cagliari;108 pu essere stato egli stesso istruito alla scuola del Barcel. Il grande polittico rappresenta lesito finale duna linea di ricerca che evolve dal Retablo della Visitazione del Barcel al Retablo del Presepio; ma la figura della Vergine di Tuili cos strettamente affine a quella di Castelsardo e ad unaltra di Birmingham, e connessa al pari di queste con la pala di Sanluri, che sembra opportuno abbandonare per un attimo gli sviluppi della pittura a Cagliari per considerare certi dipinti provinciali indubitabilmente quattrocenteschi. La descrizione di Carlo Aru109 delle condizioni dellarte dipintoria durante il periodo che abbiamo considerato cos vivida che non posso fare a meno di citarla: Fin dal principio per questa scuola [sarda] manifesta un carattere proprio: il linguaggio ricco, vario, preciso dei pittori catalani viene tradotto in dialetto sardo per essere inteso dalle semplici popolazioni dellisola; perde della sua variet, della sua verit, della sua precisione per acquistare grandiosit di forme e vivezza di colorito. La pittura sarda essenzialmente pittura decorativa, essa deve suscitare sensazioni estetiche dinanzi agli occhi di uomini ignoranti. Questi non
108. [ il Maestro di Castelsardo, senzaltro il pi significativo fra i pittori di formazione catalana che operarono in Sardegna tra la fine del Quattro e gli inizi del Cinquecento. Lunica sua opera datata appunto il Retablo di Tuili, ultimato nel 1500; altre tavole di retabli pi o meno frammentari si conservano a Barcellona nel Museu dArt de Catalunya e in collezione privata, in Corsica nel Muse Feche di Ajaccio, in Sardegna nella cattedrale di Castelsardo, nella SS. Trinit di Saccargia, nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, a Birmingham nel City Museum and Art Gallery; cfr. Serra 1990, sch. 49-57]. 109. [Aru 1911-12, p. 527].

13. Maestro di Olzai, Retablo della Peste, Olzai, chiesa di S. Barbara

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domandano che di rimanere sorpresi, spantaus per usare unespressiva parola dialettale, dinanzi allancona che guardano nelle loro preghiere; per gli occhi di questa gente indotta che si raccoglieva nelle chiese dinanzi agli altari, dopo una giornata di lavoro sotto un cielo sempre sfolgorante di sole, che portavano indosso costumi vivaci, ricchi di ori e di scarlatti, i colori delle pitture dovevano essere smaglianti e loro dei fondi doveva risplendere come il sole. Il pi antico e forse il pi importante di questi dipinti darea periferica, databile al terzo quarto del [XV] secolo, appeso nel vestibolo della parrocchiale di Olzai.110 Avendo un evidente carattere votivo contro la peste, sarebbe possibile mediante una ricerca in vecchi documenti giungere a fissare lanno dellepidemia che ne ha occasionato la commissione. [Nello scomparto mediano basso] la Madonna del Latte (fig. 13) in trono fra due angeli, uno con liuto e flauto;111 ai suoi piedi si dispongono nove flagellanti incappucciati di bianco e nove o dieci [leggi: dodici] donne vestite di scuro. Dietro la Vergine pende un drappo e dalle sue spalle un manto di broccato. Nello scomparto soprastante c la Crocefissione. Le altre scene sono disposte secondo uno schema pi pratico che logico, trovandosi, per esempio, lAscensione nel pi alto dei tre scomparti laterali a sinistra, lEpifania sotto di essa, e nei due pannelli simmetrici a destra la Nativit di Maria e la Dormitio Virginis. Sotto queste due ultime scene c il Martirio di San Sebastiano: il santo legato a un albero in fiore, porta la barba ed osservato dal tiranno e da SantIrene da distanza di sicurezza, con grazioso motivo decorativo. In corrispondenza a questa tavola si vede a sinistra larcangelo Michele che pesa le anime, calpestando il demonio e trafiggendolo con una lunga lancia. Il soggetto
110. [Si tratta del Retablo della Peste, conservato nella chiesa di S. Barbara e ascritto al Maestro di Olzai, che lavrebbe dipinto dopo il 1477, anno in cui si registra unepidemia di peste; cfr. Serra 1990, sch. 78]. 111. [In realt forse una vihuela e una bombarda: per lidentificazione di questi e altri degli strumenti musicali raffigurati nei retabli sardi quattro-cinquecenteschi cfr. Spanu 1988].

iconografico non molto distante dal San Michele di Lleida, della signora Gardner, e da uno di quelli nella collezione Lzaro;112 si tratta di tipologia iberica. Qui, alla destra dellarcangelo, un angelo tiene in mano con incantevole cura una piccola anima; alla sua sinistra un diavolo tenta la fuga con una cesta di anime sulle spalle. Pestilenza e morte improvvisa, e chi porter soccorso se non Nostra Signora! questo il senso dellinvocazione, qui come in una Cantiga di Alfonso X il Saggio.113 Altri due santi taumaturghi [Pantaleo e Antonio abate] sono raffigurati nella predella per implorarne la protezione; da sinistra: San Pietro, San Pantaleo, lAddolorata, il Cristo in piet, San Giovanni evangelista, SantAntonio abate e San Paolo. Alla sommit dellinsieme, dipinta su una sorta di piastra esagonale [leggi: ottagonale] inclinata verso losservatore, la testa dellEterno con capelli e barba bianchi come lana, e nimbo tuttavia crucigero; legata a delle fettucce che partono dalla sua bocca, una colomba scolpita e dipinta. Infine, negli spazi di risulta sopra gli ultimi pannelli laterali, trovano posto il sole e la luna, ai fianchi della Crocefissione, proprio nei punti in cui Jaume Serra, a Saragozza, dipinse la sua testa spettrale del Cristo apocalittico.114 il caso forse di ricordare che il motivo del Cristo morto retto da un angelo nella tomba aperta, comune a tutti questi retabli e utilizzato anche nel nordest [dItalia] da Bellini e Crivelli, documentato a Valenza fin dallinizio del [XV] secolo.
112. [La tavola dellIsabella Stewart Gardner Museum di Boston proviene dallo smembrato polittico dellaltar maggiore della chiesa di S. Giovanni del Mercato di Lleida, ascritto a Pere Garca de Benabarre, del 1473 circa; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 541. La tavola della collezione Lzaro di Madrid potrebbe essere quella centrale del retablo riprodotto da Post 1941, fig. 235]. 113. A Virgen nos da Sud / E tolle mal, Cant[iga] XCI. [Il riferimento va alla raccolta delle Cantigas de Santa Mara manoscritte nel 1260-70 dal re di Castiglia Alfonso X il Saggio in un codice pergamenaceo della Biblioteca dellEscorial di Madrid]. 114. [Il rimando al Retablo del Salvatore, di Jaume Serra, 1361, gi nel convento del Santo Sepolcro e oggi nel Museo Provincial de Bellas Artes di Saragozza; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 119].

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Si pu vedere infatti, meravigliosamente sviluppato e presentato con straordinaria potenza espressiva, nel Retablo di Porta Coeli, che Bonifacio Ferrer fece dipingere per il suo monastero nellanno 1400 circa.115 Quel che conferisce a questo dipinto di Olzai un interesse fuori del comune la sorprendente e piuttosto toccante bruttezza dei volti di quasi tutti i personaggi che vi sono raffigurati. Lopera non priva di un certo saper fare manuale e assolutamente non , per cos dire, di un analfabeta; lartista aveva lavorato a Cagliari, sebbene riveli forse di appartenere allambiente locale, suggerito dal paesaggio montano dietro la Crocefissione, che ben potrebbe essere Olzai. La citt turrita, in cima alle colline, dietro la sua Epifania, condotta felicemente come quelle di Joan Barcel; la chiesa monastica, le sue torri nella facciata occidentale e il muro del convento dietro SantAntonio abate si inseriscono bene nello sfondo, al pari delle variazioni gi osservate nella predella dei martiri francescani. Le domestiche intente alla cura di SantAnna sembrano sorelle minori delle fiorentine dipinte dal Ghirlandaio. Il giovane re parente povero dei damerini del Pisanello. Le figure di vecchi ricordano quelle dei maghi, come lo strano personaggio nel Retablo del Parlamento di Parigi. Luso e la scelta dei dettagli sono accattivanti, al pari della cura nel riprodurre manufatti artigianali: il bellincensiere in ferro battuto per esempio, sospeso cos delicatamente mediante catenelle al letto di morte della Vergine; il braciere a coppa provvisto di treppiede, per le braci utili a tener calda la stanza del travaglio di SantAnna; la legatura dei libri di San Pietro, San Pantaleo e SantAntonio.116 Le sue
115. [Si tratta del polittico oggi a Valenza nel Museo de Bellas Artes, commissionato da Bonifacio Ferrer per la sua cappella privata nella certosa di Porta Coeli, dipinto fra il 1396 e il 1398 e ascritto a Gherardo Starnina, artista fiorentino ma itinerante, cittadino valenzano nel 1395-1401; cfr. Joaqun Yarza Luaces, in Pittura 1995, pp. 104-109, figg. 116-117]. 116. [In realt San Pantaleo tiene in mano la cassettina del medico; i tre santi con libro sono Pietro, Antonio abate e Paolo].

composizioni tendono alla grandiosit: nellAscensione, per esempio, una solenne figura di Cristo si eleva in una gloria a forma di mandorla, descritta dallarcobaleno; egli benedice con la destra e nellaltra mano regge il globo sormontato dalla croce, mentre le schiere degli apostoli [e la Vergine] si tirano indietro in una sorta di timore reverenziale: sembra quasi una scena apocalittica. Le varie figure della Madonna e degli angeli sono tutte piuttosto dure; quando si atteggiano in modo toccante, come San Giovanni evangelista, risultano piuttosto brutte e sgraziate. Limpressione complessiva, come gi si detto, intende suscitare commozione in chi guarda, e profonda riflessione interiore: ma quale personalit artistica potrebbe aver realizzato una tale opera? Dal momento che nellItalia del tempo il potere espressivo del pittore soverchiava molto spesso quel che egli aveva da dire, una simile forma mentis si riscontra pi facilmente in molti dipinti iberici dambito provinciale, custoditi in chiese sperdute. Oltre a una bella pala nellabside meridionale, a Saccargia si conservano tre tavole di uno smembrato polittico tardoquattrocentesco:117 la predella con mezzibusti di Cristo e degli apostoli, e due pannelli laterali, ognuno con due scene sovrapposte e una porzione del polvarolo decorato con un rotolo epigrafico, un piccolo San Gavino di Torres (alla base di uno scomparto), due santi a cavallo (in posizione simmetrica nellaltro), stelle, croci e simili ornati. probabile che il centro del retablo fosse occupato da un pannello scolpito, o pi probabilmente da un profondo recesso destinato a ospitare unimmagine sacra. Sullaltare maggiore vi attualmente una statua policromata della Vergine, ma sembra di et pi recente rispetto a questa pala. Come ipotesi alternativa, la nicchia potrebbe aver ospitato un dipinto della Vergine, o altro, con
117. [Il polittico nellabside meridionale della chiesa della SS. Trinit il Retablo minore di Saccargia, di cui la Goddard King dir pi avanti; laltro, smembrato, il Retablo maggiore di Saccargia].

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la Crocefissione alla sommit, dato che questo schema compositivo continu a essere applicato anche nella met del Cinquecento.118 La testa del Salvatore al pari di quella dellapostolo dal volto femmineo [San Giovanni evangelista] alla sua destra ha lineamenti dolci, mentre il manto di broccato e il gesto benedicente gli conferiscono dignit e bellezza. La figura di San Pietro alla sua sinistra si mantiene nella tradizione iconografica catalana, sia per il volume [tondeggiante] del cranio, sia per la misura e forma delle chiavi che egli impugna come uno scettro. I personaggi sono raggruppati in triadi e intrattengono quel muto dialogo di relazioni ricche di pathos, che contraddistingue le sculture di Maestro Mateo [nel Portico de la Gloria] a Santiago de Compostela: tratto comune nei dipinti dei Primitivi spagnoli, dove si ritrovano anche le figure a mezzobusto, per esempio nella scuola di Salamanca. Per i suoi caratteri pittorici, la predella sembra doversi ascrivere al Cinquecento. Ma le altre due tavole sono pi antiche quanto a linguaggio stilistico. NellAnnunciazione il pavimento a mattonelle sembra prolungarsi in una bassa panca il cui dossale si innalza a parapetto contro il cielo; dietro la Vergine lo sfondo scuro, senza che risulti possibile decifrare se si tratti del muro della casa o di un drappo.119 Larcangelo Gabriele, in ginocchio, tiene in mano un giglio [leggi: una croce con cartiglio] e solleva la destra in segno di ammonimento; egli indossa una cappa [rossa e internamente] scura. La Vergine ha manto di broccato, il volto quasi frontale, le mani sollevate con insolito movimento simmetrico, evocante una coppia di uccelli che sta per spiccare il volo, che larte catalana ha mediato dallOriente. A questo riquadro corrisponde [nellaltro
118. [Mentre sono andati perduti i frammenti di polvarolo, del Retablo maggiore di Saccargia si conserva oggi, oltre alle tre tavole descritte dalla Goddard King, lo scomparto mediano alto raffigurante non la Crocefissione da lei ipotizzata, bens la Trinit. Cfr. Serra 1990, sch. 63; Retabli 1993, fig. a p. 101]. 119. [Dopo la pulitura nel corso del restauro, si distingue ora chiaramente, alle spalle dellAnnunciata, un drappo di colore marrone].

pannello] la Nativit, in cui le allungate mani bianche sono giunte verso lalto, a eccezione di quelle della Madonna, rivolte al Bambino giacente in un lembo del mantello sorprendentemente ampio, che sulle ginocchia della Vergine ripiega per disegnare un raffinato pattern decorativo. In questi due scomparti alti, come pure in quelli in basso, le dorature che corrono su e gi per il campo, a segnare i ricchi apparati ornamentali e le bordure delle vesti, giocano un ruolo di importanza primaria e conferiscono ai dipinti un grande splendore. Sotto lAnnunciazione si dispone un gruppo formato da San Giovanni battista fra due santi vescovi; nellaltro pannello [sotto la Nativit] si collocano Santa Caterina [dAlessandria] e Santa Maria Maddalena, San Nicola e San Proto, questultimo vestito di rosso con un libro.120 Anche qui il pattern del broccato viene utilizzato per i suoi pregi di bellezza intrinseca, come [i] Vergs nel dipingere la principessa al santuario di Santo Stefano.121 Sicuramente, per tre quarti di secolo almeno, lo sviluppo della pittura [tardogotica] in Sardegna ha seguito una linea parallela a quella della regione catalana, e se pure i tipi selezionati sono diversi, le linee di tendenza sono pressoch identiche. Laltra pala daltare122 consta di sei scomparti (fig. 14), ricomposti e sistemati in luogo sicuro; della cornice originaria sopravvivono solo gli archi cuspidati di due [leggi: tre] pannelli.
120. Lo stesso gruppo di santi si ritrova in Aragona. [Non si tratta per di San Proto, bens di Santo Stefano, che ha in testa uno dei sassi con cui fu lapidato]. 121. [Il rimando a una delle tavole del citato Retablo di Granollers, precisamente a quella raffigurante lesorcismo della principessa bizantina Eudossia, figlia dellimperatore Teodosio II, davanti alla tomba di Santo Stefano. Interessa notare lidentit dello schema iconografico con quelli di Huguet nel Retablo di SantAntonio abate, 1454-58, e nel Retablo di S. Vincenzo di Sarri, 1455-62, nonch di Rafael Toms e Joan Figuera nel Retablo di San Bernardino, 1455-56; cfr. Cathalonia 1997, figg. alle pp. 197-198]. 122. [ il Retablo minore di Saccargia, ascritto al Maestro di Castelsardo con datazione al 1492 circa; cfr. Serra 1990, sch. 51].

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Nella tavola mediana alta dipinta la Trinit: lEterno con barba castana, nimbo crucigero, vestito di un ricco mantello, regge il Salvatore sulla croce, dalla cui sommit spunta una colomba ad ali spiegate. Larcangelo Gabriele e lAnnunciata si dispongono nei pannelli laterali alti. In basso, San Giovanni battista e San Pietro occupano i pannelli laterali bassi, mentre al centro una Vergine in trono, non bella e pensosa, tiene con delicatezza un Bambino nudo, con ai lati due donatori in ginocchio, uno in abito da penitente, incappucciato, laltro vestito di marrone ma danneggiato. Il linguaggio artistico sardo-catalano e il volto della Vergine sembra molto simile a quello della tavola di Castelsardo, una volta forse ad Ampurias [antica sede di diocesi] sulla costa settentrionale sarda.123 Le aureole sono modellate a cerchi concentrici; i pavimenti in azulejos sotto i piedi di San Pietro e nella stanza dellAnnunciazione sono di mattonelle scelte e molto buone; la stanza ha il soffitto cassettonato, piacevole a vedersi. questo il miglior stile quattrocentesco che possa offrire la pittura isolana: nella sua semplicit, piuttosto austera, nellinteresse delle fisionomie, nel motivo ornamentale di broccati e bordure che si sviluppano dappertutto su campo scuro. Unopera minore, ma distinta, sobria, partecipata e allo stesso tempo decorativa; detto questo, ancora non si riusciti per a spiegare lincisivit dellimpressione che se ne riceve. Prevalgono i valori di virt spirituale, per il fatto che si tratta di un [piccolo] retablo forse realizzato per la devozione privata, da collocare in una cappella o ai piedi del letto. A eccezione delle tavole del Museo [di Cagliari, che verranno descritte in seguito], questo lultimo dipinto che si possa inserire con certezza nella serie quattrocentesca. [Il Retablo maggiore di Saccargia] genera tuttavia uno di quei problemi che sconcertano il conoscitore, in quanto offre un insieme di dati pittorici e documentari (1465) allo stesso tempo autentici e incompatibili. Dice il canonico Spano:
123. [La provenienza della tavola di Castelsardo verr discussa pi avanti].
14. Maestro di Castelsardo, Retablo minore di Saccargia, Codrongianos, chiesa della SS. Trinit di Saccargia

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Sulla pala dellaltare maggiore (ora perduta) e quella dellaltare a sinistra non v nome del pittore, ma questa iscrizione appartiene allepoca del dipinto: Hoc opus factu(m) fuit t(em)pore / D(omi)ni Iacobi Leda abatis monas/terii die VII novembris MILLESIMO CCCCLXV / nativitatis Do(mi)ni.124 Cagliari era da lungo tempo la capitale dellisola, la sede del governatore generale e il porto di maggior contatto fra la Sardegna, Napoli, la Sicilia e la Spagna. I pittori di Stampace erano fieri di firmarsi cos [come cittadini dellomonimo quartiere cagliaritano]: sul Retablo di Gonnostramatza, Lorenzo Cavaro nel 1501 appose il suo nome nella stessa forma che si legge in un documento dellanno precedente, in cui detto pictor habitans ville Stampacis; Pietro Cavaro firm il Retablo di Villamar come pictorum minimus Stanpacis; anche a una data tarda come il 1561 registrata una sentenza contra Michaelem Toco pictorem Stampacis.125 Non abbiamo modo di sapere quanto fosse numerosa questquipe di pittori che diede vita a una fiorente produzione; in ogni caso, assorbiva solo la met delle commissioni che la Sardegna poteva assicurare. Accanto ai pittori di Stampace lavoravano altri di una scuola diversa, formatasi probabilmente in seno alla bottega di Joan Barcel, e rinnovata e vitalizzata dai costanti rapporti con la Spagna. Limportanza di questi anonimi maestri verr incisivamente dimostrata da quanto vado a esporre. Entro una sola decade (a quel che risulta) furono prodotte almeno tre splendide pale, cui appartenevano le tavole sopravvissute sino a noi, di tre mani diverse. Se si considerano le perdite e le dispersioni di opere darte sopravvenute nellisola negletta nellarco
124. [Nel trascrivere lepigrafe, andata successivamente perduta, lo Spano (1861b) riport la data come MCCCCLXV, che il Brunelli (1907) verific e corresse in MCCCCICV, da lui interpretato MCCCCXCV, laddove si tratta pi probabilmente di metatesi: MCCCCCIV, dunque, cio quel 1504 oggi ritenuto confacente ai dati formali del dipinto]. 125. [Sui due retabli, come pure sulla documentazione darchivio dei pittori di Stampace, la Goddard King torner in seguito].

di oltre quattro secoli, gi questo fatto sta di per s ad attestare un alto livello sia di produzione tecnica sia di qualit formale. I tre dipinti di cui si parla in verit, secondo me, riconducibili a due sole personalit, essendo soltanto uno di diversa mano sono le tavole con la Madonna di Tuili, di Birmingham e di Castelsardo. Come si vedr, la pala di Sanluri appartiene allo stesso periodo: con essa, il numero dei polittici sale quindi a quattro. Nel frattempo Pietro Cavaro e i suoi colleghi e competitori si muovevano lungo una differente linea di ricerca, guardando allItalia ogni volta che ne avevano loccasione.126 I pittori di cui ho [gi] detto guardavano alla Spagna. Nel considerare il Retablo della Visitazione, si era convenuto che linteresse del pittore fosse concentrato nella resa del paesaggio e delle raffinatezze cromatiche. Il possibile allievo del Barcel che dipinse il Retablo di Tuili (fig. 15)127 innalza il paesaggio a un livello di elaborazione fin qui sconosciuto; compone le scene della piccola predella con unammirevole padronanza della profondit spaziale, nel ritrarre sia una strada cittadina sia uno specchio dacqua fra i monti, e inserisce grandi e distese campiture di tendaggi in grado di contribuire al risultato finale con lapporto dei vantaggi del colore puro. I Santi Pietro e Paolo sono collocati di fronte a bassi parapetti decorati con lo stesso motivo a losanghe qui di piastrelle verdognole che un altro pittore pi anziano aveva dipinto, sui toni del rosa, dietro Santa
126. [Per linquadramento delle opere e degli ambienti italici fin qui citati e di quelli che si chiamano dora in poi a confronto vedi i saggi di sintesi e le schede biografiche sugli artisti in Pittura 1986, 1987, 1988]. 127. [Si tratta dellopera pi integra, oltrech dellunica datata, fra quelle che si attribuiscono al Maestro di Castelsardo, nel quale si riconosce oggi un pittore di formazione catalana, attivo in Corsica e soprattutto in Sardegna, dotato di personalit autonoma rispetto a quella di Joan Barcel. Il Retablo di Tuili, oggi in una cappella laterale della parrocchiale di S. Pietro, fu ultimato entro il 4 giugno 1500, data di un documento notarile con cui i coniugi Violante e Joan di Santas Creus stabilirono un censo annuo perpetuo per assolverne il pagamento. Cfr. Serra 1990, sch. 57].

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Chiara e Santa Caterina.128 Al centro della predella, il posto tradizionalmente destinato alla Piet occupato da un vero e proprio sagrario per la custodia dellostia consacrata; sul riquadro centrale del tabernacolo [a tre facce] svolto il tema iconografico del sangue del Redentore. Lo schema dellintero polittico il seguente: al centro, nella tavola mediana bassa, la Madonna in trono col Bambino (fig. 16) che tiene in mano un uccello; sopra questa, la Crocefissione con un romantico paesaggio sullo sfondo. Negli scomparti laterali a sinistra, dal basso: San Pietro davanti a un drappo, su una terrazza aperta sul paesaggio; sopra di lui, larcangelo Michele che combatte il diavolo (fig. 17). In quelli laterali a destra: San Paolo, su terrazza e contro un paesaggio con palma da dattero; sopra, San Giacomo pellegrino sullo sfondo dun paesaggio campestre. Nella predella, da sinistra: la Consegna delle chiavi e la Caduta di Simon mago; il tabernacolo in tre pannelli: la Messa di San Gregorio con un vescovo e un cardinale che assistono, il Cristo risorto e un San Clemente papa;129 poi, la Vocazione e la Crocefissione di San Pietro. Nel polvarolo si dispongono a sinistra, dal basso, i Santi Gregorio, Ambrogio e Giovanni Evangelista; a questi corrispondono sulla destra i Santi Gerolamo, Agostino e Marco; sui pannelli orizzontali i Santi Matteo e Luca, a fianco dei pinnacoli i Santi Francesco
128. [Il riferimento alle tavole laterali del Retablo del Presepio, dove per siffatti parapetti non sono dietro le sante, bens alle spalle di San Pietro e di SantAntonio abate. Al pari daltre simili sviste, anche questa tradisce il carattere affrettato del libro, basato su appunti evidentemente mai ricontrollati]. 129. Cfr. lo schema progettato da Huguet per il Retablo di Ripoll. [Nel 1455 Jaume Huguet si impegnava a dipingere la predella del retablo maggiore della chiesa del monastero di S. Maria di Ripoll, fornendone un progetto dettagliato; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, p. 164 e cat. 481. A eccezione di due tavole per le quali cfr. Milagros Gurdia i Pons, in Jaume Huguet 1993, sch. 2 la predella di Ripoll andata perduta, ma la Goddard King rileva che dal documento darchivio si apprende come la struttura dovesse essere a quattro scomparti (due per parte) inframmezzati da un tabernacolo a tre facce, deducendone lanalogia con quella della predella di Tuili].

15. Maestro di Castelsardo, Retablo di Tuili, Tuili, parrocchiale di S. Pietro

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dAssisi e Antonio da Padova; al centro in alto: larcangelo Gabriele, lEterno e lAnnunciata, con la colomba dello Spirito Santo che vola dalla bocca di Lui allorecchio di lei. Intorno e sopra la predella, le delicate cuspidi e le pannellature tardogotiche si sono conservate, come pure i pinnacoli dei quattro montanti squisitamente modellati che delimitano le tavole degli scomparti maggiori. Non c bisogno di insistere sullaffinit formale tra questo e il Retablo del Presepio e, ancor prima, quello della Visitazione. evidente: la coppia di santi di Joan Barcel, che si isola su un pavimento ad azulejos, contro un drappo, permane nella stessa impostazione anche se il fondo dorato gi viene rimpiazzato dal paesaggio per quanto unicamente negli scomparti superiori, meno importanti a opera del pittore [del retablo] del Presepio, la cui felice innovazione accolta da quello [del retablo] di Tuili anche per gli scomparti inferiori, dove le figure si dispongono contro un drappo e davanti al parapetto duna terrazza che si apre sul paesaggio. Il Cristo morto, eretto contro un telo candido, del primo dipinto anticipa il Cristo risorto di quello di Tuili. Indubbiamente il paesaggio assume ora unatmosfera alla van Eyck, particolarmente nella coppia inferiore di pannelli, dove la scena sul lago [alle spalle di San Pietro] pu richiamare il dipinto di Dirck Bouts a Monaco; daltro canto, le formazioni rocciose nella coppia superiore di pannelli rispettano modi convenzionali della pittura umbra. Ma neanche la patente di naturalizzato ispano-fiammingo, che il Tormo assegna a Jacomart,130 potr risultare adeguata per lidentificazione del nostro artista. Le piastrelle, i broccati, le oreficerie e le tipologie fisiche sono tutte sardo-catalane, essendo la statuaria figura di San Pietro ancora identica nella posa, nella forma del cranio e nellespressione al vecchio modello di Barcellona-Vic. Si acutamente osservato che la Vergine [di Tuili] sembra aver sofferto di malaria: qualcosa di pi che una mezza verit,
130. [Tormo y Monz 1914, citato dalla Goddard King nellapparato bibliografico finale].

dato che qui come altrove la consuetudine prescrive che pi santa la persona, pi viene prediletta, e laria sofferente della Vergine smunta, piatta di seno, con grandi occhi, conduce fatalmente allidentificazione di lei con lavvocato della povera gente costretta a vivere in una dura terra. Bench nel mio quaderno di appunti io legga che trattasi di unopera rozza e provinciale, laboriosa e priva di inventiva, il ricordo quello di unarte toccante, con intatto el sabor de la tierruca. prerogativa a vantaggio dei Sardi, in tutte le arti, nellintreccio come in altri bei lavori di artigianato, nel folklore, persino nella storia, quella daver sempre mantenuto un carattere proprio, non pi che nel Retablo di Tuili. Questa peculiarit una volta riconosciuta, una volta soddisfatta da un colore forte e ben distribuito, da una drammatica tensione narrativa che non potrebbe essere pi pittoresca, da una romantica inclinazione per il paesaggio, da una suggestiva, emozionale vocazione naf, e da unindividualit che ha assimilato tutta una serie di elementi anche alieni o esotici, in una tradizione consapevolmente rivissuta, una volta accettata in questa disposizione mentale la si apprezza completamente. Non fuori luogo ritornare qui per un attimo sulla figura dellarcangelo Michele uccisore del drago. Come si visto in questo dipinto [di Tuili], o nel pannello Werner firmato da Bartolom Bermejo, o nei musei di Napoli e di Avignone, o nelle collezioni della signora Gardner e di don Jos Lzaro, nel Retablo della Vocazione francescana a Vic dipinto da Borrass, o in quello di Daroca probabilmente di Lloren Saragossa, o nella pala di Villamar opera di Pietro Cavaro che sta contro questa di Tuili nelladiacente sala [del Museo di Cagliari],131 qui e altrove si manifesta una certa posa immobile,
131. [Si tratta, fra le altre, delle tavole con San Michele arcangelo di Bartolom Bermejo, dipinta intorno al 1470 (Luton Hoo, Bedfordshire, The Werner Collection; cfr. Chtelet, Recht 1989, fig. 327), e di quelle, gi citate, dellIsabella Stewart Gardner Museum di Boston, della collezione Lzaro di Madrid e di Vic. Sul grande polittico di Pietro Cavaro, da tempo ricollocato a Villamar, la Goddard King torner in seguito].

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16. Maestro di Castelsardo, Madonna in trono col Bambino, tavola centrale del Retablo di Tuili, Tuili, parrocchiale di S. Pietro

17. Maestro di Castelsardo, Arcangelo Michele, tavola laterale del Retablo di Tuili, Tuili, parrocchiale di S. Pietro

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come cristallizzata dellarcangelo combattente. Essa riappare ovunque in Catalogna: nel Retablo di San Michele arcangelo a Crulles132 e in un retablo votivo per una pestilenza, adesso nella collezione Casas, si individuano due begli esempi di provincialismo artistico. Questa tipologia iconografica, con la sua caratteristica postura del corpo danzante sarebbe forse laggettivo pi adatto per descriverla con immediatezza , si trova occasionalmente nel meridione dItalia e in Francia e spesso nel Levante iberico. A giudicare dallalto numero di esempi e dalle tenaci radici che il tema ha messo nel terreno, il prototipo sembra essere iberico. Non sono in grado di precisare se una simile immagine fosse venerata a Mont SaintMichel, o in Navarra, o in Cornovaglia. Vi tuttavia un altro tratto peculiare del grande arcangelo, che lo distingue subito da Gabriele o Raffaele, anche a prescindere dagli attributi; con tale caratteristica egli si presenta nellarte fiorentina e in quella umbra,133 come pure in un pannello della collezione Lzaro [di Madrid], e pesa le anime nel Retablo di San Nicola a Manresa:134 la splendida figura non mai a riposo. Egli un uccello di Dio che si appena posato al suolo e non ha ancora spiegato le ali; oppure le sue ali e il mantello svolazzante stanno ancora battendo laria nellattimo dellarrivo, subito dopo la rapida discesa, affrontata con la potenza dun grande falco. Da un punto di vista plastico, la forma determinata dallimportanza di ali e manto, e dallequilibrio asimmetrico; da
132. [La figura dellarcangelo Michele occupa lo scomparto centrale del retablo gi nella chiesa del monastero di S. Michele di Crulles e ora nel Museo de Arte di Girona, dipinto da Llus Borrass nel 1416-17; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 211]. 133. Raffaello, nel dipingere [a fresco nellomonima Stanza vaticana] il cavaliere su un cavallo bianco che caccia Eliodoro dal tempio, tiene presente anche questa tipologia di San Michele, che lesatta controparte di San Giorgio [sic]. 134. [Nel primo caso si tratta forse della tavola riprodotta da Post 1941, fig. 329; nel secondo, di una delle tavole laterali dello smembrato polittico della cappella della confraternita di S. Nicola nella chiesa di S. Maria a Manresa, dipinto da Jaume Cabrera nel 1406-12, per il quale cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 246].

un punto di vista espressivo, dalla velocit, dalla forza dei gesti e dal grado di militanza. Talvolta il tipo modificato o parzialmente abbandonato: il San Michele della collezione Lzaro non ha ali, ma la spinta discendente e il grande mantello permangono. Il San Michele della Gardner siede in trono, ma conserva una sagoma danzante. Talvolta si possono trovare reminiscenze del tipo in dettagli di figure che ne derivano ma fortemente modificate, come la lunga lancia dellarcangelo nel trittico di Beaune, dipinto da un pittore che era stato a Napoli. Persino nel dipinto napoletano di San Michele con San Gerolamo e il beato Giacomo Capistrano, il passo danzante, le ali da uccello, e lelaborato movimento descritto con la spada tradiscono la fonte del motivo. Ovviamente la perfezione di questa soluzione iconografica si raggiunge nel pannello Werner. Credo che una tavola del Museo di Napoli, in cui la figura senza ali e potrebbe darsi che rappresenti San Giorgio, sia un dipinto sardo. Fu acquistata da un privato nel 1898 e non si sa in realt molto su di essa; ne indico la denominazione e il numero dinventario135 per sollecitare un approfondimento della questione. Pittori fiamminghi erano presenti ad Avignone, Napoli e Barcellona, e cos questo tipo iconografico pot essere imitato. Tuttavia, le vicende del maestro Rogier [van der Weyden] nel suo soggiorno in Italia, come i viaggi di Jan van Eyck nelle sue ambascerie in Spagna e Portogallo, erano diretti pi a prendere in prestito nuovi motivi e nuove forme per il Nord che ad imporle al Sud: persino quel Giovanni di Giusto che Alfonso V il Magnanimo invi a studiare a Bruges era in grado di dare cos come dimparare.136 Vi si trovavano certo
135. N. 320. 136. [Nel 1469-70 Giovanni di Giusto soggiorna a Bruges a spese di re Ferrante dAragona per compiervi lapprendistato pittorico. Lavora a Napoli sino alla fine del secolo, ma nessuno dei suoi dipinti giunto fino a noi. Il Bologna ne ha proposto lidentificazione con il Maestro di San Severino Noricense, cui spetta la Pala di San Severino di cui si dir pi avanti. Cfr. Fausta Navarro, in Pittura 1987, pp. 642-643].

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dipinti fiamminghi nel gabinetto del re, e Joannes Gallicus [van Eyck] e Rogerius Gallicus [van der Weyden] erano nomi conosciuti. I loro lavori erano apprezzati a Napoli. Il valenzano Jacomart non era meno noto e considerato; nel 1442 si trovava a Napoli, dove nel 1456 fu confermato pittore di camera. A Cagliari, fra il 1442 e il 1458, devesserci stata una discreta frequentazione dellambiente napoletano, dato che lo stesso Alfonso fiss per lungo tempo la sua residenza a Napoli. Politicamente lisola dipendeva dallAragona ma socialmente era pi vicina a Napoli. Il periodo dinterregno, quando Carlo VIII tentava di ripetere lexploit dei precedenti invasori angioini, pu aver determinato il trasferimento di alcuni pittori nellisola, ma dubbio: probabilmente anchessi, come gli italiani di oggi, erano pienamente avvertiti del fatto che ogni residenza, ogni destino sarebbero stati migliori rispetto alle possibilit offerte dallisola lontana. Da questo momento la Sardegna strinse i rapporti con la sede del governo nella penisola iberica. Infatti, di relazioni con altri paesi, a eccezione della Sicilia, non si rintraccia notizia nel materiale documentario raccolto dal Manno, sino al tempo delle visite di Carlo V. I giorni del Magnanimo non ritornarono. Questi erano comunque finiti circa mezzo secolo prima che lanonimo maestro ponesse mano alla Vergine di Tuili, e in quel mezzo secolo il Nord aveva appreso dallItalia e dalla Spagna pi di quanto si possa supporre, mentre larte nordica aveva esercitato la sua influenza, forse di seconda e terza mano, a Cagliari e si era fusa nellalveo della tradizione che procedeva dalla bottega di Joan Barcel. Si dice che la tavola della Madonna di Castelsardo (fig. 18) vi sia stata portata quando fu eliminato il seggio di Ampurias (1503). Cos ad esempio il Brunelli, il cui spirito acuto ed entusiastico, assieme alla sua vasta erudizione, rende certo suggestivo e stimolante tutto quel che scrive. Ma in verit di questaffermazione non vi prova alcuna. Il pannello sopra
18. Maestro di Castelsardo, Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti, Castelsardo, cattedrale di S. Antonio abate

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laltare maggiore, nella cattedrale di quel che allora si chiamava Castellaragonese, proviene dal centro di un retablo smembrato;137 in una delle cappelle della navata conservato un altro pannello con San Michele. Nello scudo dellarcangelo potrebbero essere raffigurate le insegne nobiliari del donatore, composte da due calderas. Purtroppo questa specie di cesta da cui fuoriescono teste di serpenti, denominata caldera nellaraldica spagnola, rientra nel repertorio comune a molte armi, e una ricerca nella Nobleza de Andalusia di Argote de Molina non ha prodotto lidentificazione duna famiglia o dun signore cui poterla assegnare con ragionevole certezza. Nel 1503 il numero delle diocesi sarde fu ridotto mediante la fusione di due o pi cattedre; in seguito Dolianova fu unita a Cagliari, Ottana e Bisarcio ad Alghero, Ampurias a Castellaragonese. Sarebbe ragionevole pensare che una grande pala come doveva essere quella di Castelsardo fosse stata commissionata per celebrarvi linstallazione del seggio episcopale. Altre tavole dello stesso polittico sono conservate nella sacrestia: due scomparti di predella con figure di Santi [apostoli] e una Trinit (fig. 19), poco leggibili per lo spesso strato di vernice che ne offusca i colori. Nel Cristo crocefisso la resa del corpo nudo molto simile a quella nella pala di Tuili; sono i modi che venivano esperiti allepoca nellapprendistato di bottega. LEterno siede sullarcobaleno,138 attorniato dal Tetramorfo; lungo la mandorla si dispongono cherubini, mentre nellangolo superiore sinistro langelo [di Matteo] assomiglia a quelli del pannello centrale [con la Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti]. Allinterno della cornice
137. [ il Retablo di Castelsardo, attorno al quale si costruito il corpus dellomonimo maestro. Ne sopravvivono quattro elementi, provenienti con buona probabilit dal convento francescano di S. Maria delle Grazie: la Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti (scomparto mediano basso), la Trinit con cherubini e Tetramorfo (scomparto mediano alto), larcangelo Michele (scomparto laterale), gli apostoli Filippo e Bartolomeo, Mattia e Matteo (due scomparti della predella). Gi ritenuto lopera pi matura del pittore, ora collocato nel periodo della sua iniziale attivit in Sardegna, in anni anteriori al 1492. Cfr. Serra 1990, sch. 49]. 138. Cfr. Saccargia. [Il rimando potrebbe essere tanto agli affreschi, quanto pi probabilmente al Retablo minore di Saccargia].

della mandorla, formata dai cherubini, il fondo [doro] lavorato a sbalzo con raggi intervallati da saette a zigzag, nei modi dellusuale stampigliatura.139 Larcangelo Michele (fig. 20), bench restaurato, molto bello. Le ali sono composte da piume dorate, come quelle delluccello nellestasi del Salmista.140 Larmatura impreziosita dalloro e dalle spatolate dargento, le scarpe rosse, lampio mantello foderato di tessuto dello stesso colore del vestito della Vergine [di Castelsardo], tutti questi splendidi dettagli lo qualificano come il Principe delle milizie celesti. La spada sollevata taglia a met lo spazio figurativo: dietro la testa e la grande croce [sulla fronte] le ali si spiegano sullo sfondo. I capelli sono folti e intrecciati, il volto duna bellezza squisita. Sul bordo dello scudo sembra di poter leggere delle lettere, che per non formano parole di senso compiuto: anche qui non possibile recuperare una data o il nome di un donatore. La stessa Vergine molto pi bella di quella di Tuili, una principessa in meditazione. Nel complesso il linguaggio pittorico meno duro, meno respingente, lontano dalla piatta arte folklorica: ricco e splendido. Si soliti affermare che le due pale [di Tuili e di Castelsardo] sono della stessa mano. A me sembra impossibile, bench sia indubbio che provengano dalla stessa bottega.141
139. [Siffatta tecnica tardogotica di lavorazione del fondo, denominata in catalano a embotis, prevedeva lapplicazione di stampi sulla lamina doro, che ne risultava impressa con motivi dornato floreale o geometrico, elaborati sulla base di cartoni e spesso distintivi della bottega]. 140. Et vos dormitis inter medias caulas: alae columbae nitent argento, et pennae eius pallore auri [Vulgata, Ps. 68, 14]. 141. [La Goddard King ragiona sulla base di un metodo riduttivo, che poco pi avanti specificher essere quello del Morelli, teso al riconoscimento della mano del Maestro. Detto metodo perde per di efficacia se applicato a opere composite come i retabli tardogotici, per la cui esecuzione vasto e diversificato era il concorso delle professionalit operanti nella bottega. In ragione di ci, sia il polittico di Castelsardo sia quello di Tuili vengono oggi classificati secondo un metodo estensivo, e tranquillamente riferiti entrambi al Maestro di Castelsardo, o alla sua bottega, il che in pratica lo stesso. Ci non toglie che si diano differenze di qualit fra le singole tavole, utilizzabili per lindividuazione della mano del Maestro].

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19. Maestro di Castelsardo, Trinit con cherubini e Tetramorfo, Castelsardo, cattedrale di S. Antonio abate

20. Maestro di Castelsardo, Arcangelo Michele, Castelsardo, cattedrale di S. Antonio abate

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Limpossibilit pu essere dimostrata sulla base di considerazioni elementari. Se vi un minimo di attendibilit nel metodo morelliano, allora lelemento spia della mano del maestro, il punto dove egli non pu fare a meno di ripetersi, automaticamente, inconsciamente, sarebbe da individuare nel significativo dettaglio delle mani degli angeli musicanti. Accostando leccellente foto dellAru a quella pubblicata da Alinari,142 facile vedere che il trattamento delle mani differisce radicalmente. Il pittore di Tuili piega le dita ad angolo acuto in corrispondenza delle nocche, e il lettore non deve far altro che paragonarle [a quelle degli angeli musicanti di Castelsardo]. La posizione dellangelo con tamburello variata; quello che suona la chitarra a Castelsardo pizzica le corde con le dita, mentre [a Tuili] sembra utilizzare una punta di metallo [sic]. Certi dettagli tecnici nella resa dei particolari anatomici erano di comune uso nella bottega, tanto da richiedere modifiche solo in casi molto particolari. I muscoli della gola descrivono due linee discendenti a forma di V; il mento rotondo come una melina, cos le rotule nei nudi, con linee concentriche che ne riprendono la forma. Langolo inferiore dello sterno e lattacco delle costole in doppia fila sono resi da una serie di globuli in rilievo, come fagioli in un baccello. Tutti questi tratti, facili da rilevare visivamente e difficili da descrivere, sono assai evidenti nei nudi della pala di Tuili, dove per il maestro ha ruotato verso destra la testa della Vergine e addolcito le linee della sua gola. La Madonna di Castelsardo tiene in mano una rosa, il Bambin Ges un uccello e indossa una camiciola e una larga fascia rossa. La veste della Madonna di un giallo rosato, il mantello di broccato doro foderato di verde: sono colori piuttosto diversi da quelli della Madonna di Tuili, al pari dei capelli con leggeri riflessi verde oliva, delicatamente intrecciati a incorniciare il volto. Il fondo doro stampigliato ricco e aggraziato negli andamenti sinuosi del motivo. Il dato
142. [Alinari 1915, fig. a p. 17 (Madonna di Castelsardo)].

fondamentale che il pittore, un po pi arcaico, denota una maggiore propensione per la bellezza formale, e seppe trarre il massimo profitto sia dalle sottigliezze tecniche sia dagli splendidi contrasti cromatici. La terza Vergine si trova a Birmingham nella Galleria della Corporazione.143 Proviene probabilmente dalla stessa bottega delle altre ed stata dipinta in anni di poco successivi [allesecuzione di quelle di Tuili e Castelsardo]. Rappresenta la Madonna in trono, con angeli che la incoronano, e il Bambino benedicente (fig. 21). Sul dossale del trono tre angeli suonano strumenti musicali e altri due reggono il drappo che scende dietro le spalle della Vergine: in primo piano si collocano a mezzobusto le figure di una donna e di un uomo [con un ragazzo]. Il Brunelli144 richiama molto appropriatamente un passo della Guida [della citt e dintorni] di Cagliari, scritta dallo Spano nel 1861, in cui viene descritto un antico dipinto della chiesa di S. Rosalia [con la Madonna, il Bambino, angeli e committenti],145 bench in verit figure di donatori non siano cos rare nella pittura sarda come egli pensa: posseggo la foto di una Madonna di Montserrat146 con simili mezzibusti, e ricordo che a Sassari doveva trovarsi un tempo un analogo dipinto con i tre Protomartiri turritani.147 I committenti compaiono molto spesso in opere iberiche dellepoca.
143. [ la Madonna in trono col Bambino, angeli e committenti, oggi nel City Museum and Art Gallery di Birmingham, con lattribuzione al Maestro di Castelsardo e la datazione al 1492 circa; cfr. Serra 1990, sch. 55]. 144. Brunelli 1919, pp. 232-242. 145. Pi probabilmente la tavola proviene da Oristano. [In realt lipotesi della provenienza della tavola di Birmingham dalla chiesa cagliaritana di S. Rosalia sulla base della notizia di Spano 1861a, pp. 253-254 la pi probabile, e come tale quella oggi comunemente accettata]. 146. A Oliena. [Se ne dir pi avanti]. 147. [Si tratta dellolio su tela con la Traslazione dei Martiri turritani, custodito a Sassari nella cattedrale di S. Nicola, nel quale lo Spano (1861b, pp. 46-47) lesse la data 1615 oggi non pi rilevabile; cfr. Scano 1991, sch. 25].

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La mera affinit iconografica non prova nulla circa queste Vergini, poich la Madonna fra gli angeli musicanti era un tema comune nella pittura catalana. A Vic e a Valenza vi sono affascinanti antiche composizioni con questo soggetto, inquadrate da arco ribassato; il citato retablo della collezione Casas offre una variante del tema; a Tortosa si trovava anche una bella tavola della Vergine ascritta a Pere Serra,148 in cui gli angeli stanno ritti, quattro [leggi: tre] per lato, e il Bambin Ges tiene in mano un uccello, che avrebbe potuto ben costituire un prototipo per i Sardi. Una Vergine incoronata con donatore e angeli chini sui braccioli del trono, della collezione Peasco, non in verit cos vicina a queste, eccetto per la forma del trono. Ora, nel passare in rassegna le affinit tra le tavole [di Tuili, Castelsardo e Birmingham], bisogna osservare anzitutto i tre angeli che siedono sul dossale del trono, a Castelsardo e a Birmingham, mentre lintaglio tardogotico di ruote e girali alla sommit del trono, nel primo dipinto, richiama quello scolpito sul davanti, sullo schienale e sul coronamento del trono nel secondo. Nella tavola di Castelsardo si contano sei angeli musicanti. In quella di Tuili quattro sono musicanti e due sono sospesi in aria per reggere una corona sullaureola [della Madonna]. A Birmingham questi ultimi due volano con maggior disinvoltura e [il volto di] quello ritratto di profilo mostra i lineamenti duri gi rilevati in altri pezzi; altri due angeli sono sospesi per aria mentre sistemano il drappo. I visi di questi e dellangelo [col volto frontale] sotto di loro sono costruiti secondo una tipologia pi allungata, pi fiamminga e pi bella, ma certo derivano il loro modello da uno dei due di Tuili. I putti seduti sui braccioli del trono sembrano
148. [ la Nostra Signora degli Angeli in una delle tre tavole superstiti dun polittico gi nella cattedrale di Tortosa e oggi nel Museu dArt de Catalunya a Barcellona, con lascrizione a Pere Serra, documentato fra il 1357 e il 1406. Cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 137; Rosa Alcoy i Pedrs, in Prefiguracin 1992, sch. 59, e in Cathalonia 1997, sch. 10].

21. Maestro di Castelsardo, Madonna in trono col Bambino, angeli e committenti, Birmingham, City Museum and Art Gallery

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riprodurre elementi scultorei.149 Sul fondo oro il motivo ornamentale risulta ormai quasi illeggibile. La tipologia del Bambino pi elaborata e la testa della Madonna pi moderna con unapparenza di carne pi morbida. A giudicare dalla foto, il dipinto sembra essere al tempo stesso vivace e bello, abbastanza arcaico eppure non ieratico n dai tratti duri e controllati, ma spontaneo. Il Retablo di Sanluri (fig. 22) fu impaginato secondo lo schema degli altri polittici, con SantEligio nello scomparto centrale, e San Leonardo e SantAndrea [leggi: Santo vescovo e SantAntonio da Padova] che lo fiancheggiano in quelli laterali bassi, mentre i pannelli superiori sono troppo rovinati perch se ne possa indovinare il soggetto.150 Per lungo tempo fu ritenuta leffigie del santo titolare della parrocchiale di S. Pietro a Sanluri [dovera custodito], sino a quando un sagace dilettante non ne asport [gli elementi posticci quali] la barba, le chiavi e i gradini del trono. Vi era un convento di S. Leonardo a Cagliari, e certo il potere del santo dintercedere per la liberazione dei prigionieri [caduti nelle mani degli infedeli] lo rendeva assai caro agli isolani; nel 1535 Carlo V trov a Tunisi 1119 sardi in attesa desser liberati dalla schiavit. Con ceppi e catene [ai suoi piedi], egli siede su una lunga panca che taglia orizzontalmente lintero pannello, allo stesso modo in cui [nel Retablo del Presepio] il parapetto della terrazza divideva in due lo sfondo nelle tavole con Santa Chiara e San Pietro. Egli porta, oltre alla palma del
149. Cfr. Bertaux 1907 sulla parte aragonese. 150. [Attorno a questo polittico, oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, si ricostruito il corpus del Maestro di Sanluri. Nello scomparto mediano alto compariva forse unAnnunciazione, in quello laterale sinistro un San Lorenzo, mentre nel simmetrico a destra si conserva pressoch intatta quella figura di San Leonardo, che la Goddard King localizza invece in basso. Cfr. Serra 1990, sch. 58, e pp. 275-277 per la datazione della pala di Sanluri ad anni successivi al 1503, sulla base del termine post quem fornito dalle incisioni della Vita di Maria di Drer, palesemente utilizzate come modello grafico almeno per due scene della predella].

martirio, un libro di ricche miniature.151 difficile dire perch si scelse di effigiare SantAndrea, essendo per tradizione San Bartolomeo lapostolo [evangelizzatore] dellisola, ma la sua figura inconfondibile, grazie alla croce dalbero, alla tunica verde, al libro rosso e mantello giallo.152 Sul parapetto dipinta la scena di Orfeo [che ammansisce le bestie]: il poeta classico tiene il liuto, ma si atteggia alla maniera antica, con veste aderente e corto gonnellino da soldato romano; il leone spalanca le fauci e canta. Nella tavola simmetrica, dietro la figura di un Santo vescovo, il parapetto sembra decorato con il Trionfo di Anfitrite: il cocchio trainato da una divinit marina con zampe anteriori equine e una piuma sul capo. Rispetto alle altre, la figura di SantEligio risulta pi arcaica quanto a sembianze e trattamento, ma broccati, oreficerie e volti sono sostanzialmente analoghi. Il motivo lungo il bordo del mantello del Santo vescovo ripete quello nei braccioli della cattedra di SantEligio; su quel che rimane della sua mitra la stessa mano ha dipinto lo stesso motivo a croce, che si vede anche in quella di SantEligio. Negli scomparti laterali, panneggio e sfondi sono, per cos dire, pi aggiornati. Lo stesso pu rilevarsi in un polittico [gi] nella chiesa dei SS. Severino e Sossio a Napoli, che il Tormo attribuisce a Francesco Pagano, il quale lavor come pittore a Valenza nel 1472.153 Nello scomparto mediano basso [della
151. Atti di Andrea e Matteo nella citt degli antropofagi [sic]. 152. [Si tratta in verit di un SantAntonio da Padova, ma la Goddard King descrive la tavola prima del restauro, quando la figura conservava quelle ridipinture che lavevano trasformata appunto in SantAndrea. Cfr. la foto darchivio del retablo completo in Serra 1980, p. 45, e quelle della tavola in oggetto, attraverso le successive svelature, pubblicate da Roberto Concas, in Cultura 1985, p. 68]. 153. [La Pala di San Severino, ora nel Museo di Capodimonte, ascritta al Maestro di San Severino Noricense, la cui attivit a Napoli si colloca fra il 1470 e 1480, ma la cui identificazione anagrafica rimane controversa. Cfr. Fausta Navarro, in Pittura 1987, pp. 458-463, fig. 647; Ferdinando Bologna, Fausta Navarro, Silvia Cocurullo, in Polittico 1989, pp. 13-86; Pierluigi Leone de Castris, in Quattrocento 1997, sch. 13. La figura di San Severino, apostolo del Norico, nel pannello centrale presenta in effetti

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pala napoletana] siede un vescovo in trono, benedicente, con il mantello teso fra le ginocchia cos da mostrare per intero il motivo ornamentale del magnifico broccato, nellidentico modo in cui [il gruppo dei] Vergs dispose il mantello della principessa nel Retablo di Granollers. Due piccoli putti alati abbracciano le colonne innalzate sul dossale del trono, e due putti con ghirlande coronano i pilastri similmente collocati nella tavola centrale del Retablo di Sanluri. Il resto di questo polittico verr analizzato in seguito. Il punto che si vuol qui rilevare che la tipologia del vescovo in trono ammantato duno spettacolare broccato sembra aver avuto origine con Jacomart,154 a Jtiva sulla costa valenzana. Nel novero delle figure di Jacomart si devono includere due vescovi in trono, che giacciono oggi trascurati e completamente sconosciuti [alla critica] nel Museo di Valladolid, ma che sono molto belli; potrebbero derivare dallo smembramento di una pala come quella di Jtiva con i Santi Agostino e Ildefonso.155 Dei vescovi, uno SantAtanasio, con
significative affinit con quelle (anchesse in abito vescovile) di San Martino nella pala di Segorbe (vedi oltre) e di SantEligio in quella di Sanluri]. 154. La produzione pittorica di [Jaume Bao detto] Jacomart stata pubblicata dal Puiggar in una nota del 1881, dal Conde de la Viaza nelle sue Adiciones del 1889, dal Tramoyeres Blasco nellAlmanaque de Las Provincias del 1906, dal Sanpere i Miquel nel 1906, opera in cui, con sua peculiare generosit nellonorare la scienza di un altro come nelloffrire la propria, egli ripubblic le notizie gi edite nellalmanacco di non agevole reperibilit. Finalmente Tormo y Monz pubblic nel 1914 una monografia sul pittore, mentre la vasta diffusione dellopera del Bertaux (1907) lo rese noto in tutta Europa. Per le date e le opere pi importanti di Reixac, Jacomart e Huguet, cfr. lAppendice I al presente studio [qui non ripubblicata poich si tratta perlopi di semplici profili biografici, decisamente superati alla luce delle attuali conoscenze]. 155. [Queste ultime due figure occupano gli scomparti laterali del Retablo di papa Callisto, parzialmente ricomposto (entro cornici pi tarde) nella collegiata di Jtiva. Fu dipinto da Jacomart attorno alla met del XV secolo per Alfonso Borgia, allora al servizio di Alfonso V il Magnanimo e in seguito papa col nome di Callisto III. Cfr. Joaqun Yarza Luaces, in Pittura 1995, pp. 142-143, fig. 163].

22. Maestro di Sanluri, Retablo di Sanluri, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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un porto di mare sullo sfondo. Laltro San Luigi di Tolosa, con la corona ai piedi; dietro, alla sua sinistra, compare un ecclesiastico con le mani giunte in preghiera.156 La piccola citt sullo sfondo non ha assolutamente i caratteri propri di quelle fiamminghe. Il lavoro di oreficeria alla sommit dei pastorali non esattamente analogo a quello che figura nella tavola con San Martino [del Retablo di Segorbe] di Jacomart157 e in quella [di Sanluri] con SantEligio, poich meno appariscente; lintaglio di ebanisteria nelle cattedre pi semplice e diverso nel motivo; il colore molto fresco e arioso, con azzurri e piacevoli accensioni di luce, larghe campiture uniformi nei panneggi. Questi due dipinti non possono essere assegnati a nessuno dei pittori valenzani a noi noti, tuttavia appartengono allambito che il nostro studio va gradualmente approfondendo. Sanluri ha conosciuto precise circostanze storiche che possono aver determinato un contatto con Jtiva e la presenza [in Sardegna] di un pittore [valenzano] alla fine del Quattrocento. Dopo la battaglia di Macomer, nel 1478, il marchese di Oristano venne catturato mentre tentava da Bosa la fuga via mare, e tenuto prigioniero con il visconte di Sanluri nel castello di Jtiva, dove morirono entrambi nel 1479. Che tipo di monumento destinato a onorarne la memoria fu loro allestito a Sanluri in forma di tomba, di altare o di chiesa, non sono in grado di precisare, ma significativo se non altro il fatto che Jtiva e Sanluri si siano trovati allora
156. [Si tratta delle due tavole con SantAtanasio e San Luigi di Tolosa nel Museo de Escultura di Valladolid, della fine del XV secolo, ascritte non a Jacomart ma al Maestro di SantIldefonso; cfr. Joaqun Yarza Luaces, Pittura 1995, p. 167, figg. 193-194 (le immagini sono invertite)]. 157. [ la tavola centrale del Retablo di San Martino, gi nella chiesa delle Agostiniane e oggi nel Museo Diocesano di Segorbe, dipinto da Jacomart nel 1447; cfr. Post 1935, pp. 33-34, fig. 5. Nel libro della Goddard King presente una riproduzione fotografica di questopera, qui non ripubblicata].

in relazione.158 Un allievo di Jacomart, che avrebbe portato a Sanluri il tipo iconografico che aveva visto elaborato per canonici in terra iberica e per monache [nel Retablo di San Martino] a Segorbe, lo avrebbe poi trasmesso al suo allievo a Cagliari, e adattato a questa figura. Il giovane ecclesiastico [SantEligio vescovo], con la sua bellezza tormentata (fig. 23), ha un tocco di quella durezza mai del tutto assente in ogni dipinto sardo; la passione per i manufatti estetici, riscontrata senza soluzione di continuit fin dal polittico di Ottana, si dispiega qui liberamente: nella mobilia, nelloreficeria, nelleleganza delle piastrelle, nellaggraziato assemblaggio dellinsieme. Ancora arte quattrocentesca, quale che sia la data effettiva, ma con una sorta di sobriet e controllo spirituale nellambito dellintenzionale ricerca di fascinazione del dipinto. Le figure del polvarolo con i Santi Sebastiano e Giuliano furono senza dubbio ridipinte negli anni in cui la soldataglia di Carlo V port la peste, come risulta dallistituzione della festa dei due santi nel 1529.159 Il che ci suggerisce leventualit che un certo lasso di tempo sia intercorso fra lesecuzione di queste tavole e di quella con SantEligio orefice nella predella. In questultima, le sei scene della vita del santo, con al centro un Cristo in piet, palesano uno spiccato carattere catalano,
158. Gli appigli cronologici per una connessione Sanluri-Jtiva sono i seguenti. 1423: il prete Francesco Bosch di Jtiva contatta Picalull. 1439: Daniel Barcel e Joan Reixac si trovano a Jtiva. 1450 (?): Jacomart dipinge a Jtiva il Retablo di papa Callisto. 1451: Huguet manda un retablo a Gabriele Canilla in Sardegna. 1454: [Joan] Figuera a Barcellona. 1455: Figuera a Cagliari. 1455: Matias Figuera muore a Cervera, dove Bartolom Gistafre rappresenta Joan Figuera. 1455-56: Joan Barcel a Cagliari. 1461: Figuera a Cervera. 1468: Reixac a Cubells. 1478-79: il visconte di Sanluri a Jtiva. 1483: Huguet dipinge [la perduta pala di] SantEligio a Barcellona. 1510 (?): [Retablo di] SantEligio a Sanluri. Tutto ci non prova nulla ma vale la pena avanzare almeno lipotesi, dal momento che date e fatti sono buoni per morsi e briglia [sic]. 159. San Giuliano, cacciatore, festeggiato il 27 gennaio, ha soppiantato San Fabiano.

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23-24. Maestro di Sanluri, SantEligio in cattedra, Bottega dellorafo, tavola centrale, tavola laterale della predella del Retablo di Sanluri, Cagliari, Pinacoteca Nazionale

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specialmente le ultime due, con SantEligio in trono in abito vescovile e con i miracoli operati nel suo santuario, in favore dei pellegrini. La famiglia dei Vergs dipingeva esattamente alla stessa maniera, e il pittore [della predella di Sanluri] era a conoscenza del loro lavoro. Prima della nascita di Eligio, sua madre sogn unaquila [Sogni profetici della madre, nel primo riquadro da sinistra]; da giovane egli lavor allarte orafa, e [nel secondo riquadro] gli oggetti dipinti nella Bottega dellorafo (fig. 24) sono cos minuziosamente selezionati e descritti, che nel considerarli assieme ai manufatti doreficeria nel pannello centrale si portati a concludere che si tratta di un dipinto commissionato dalla corporazione [degli Orefici].160 Nel riquadro successivo [la Prova dinanzi a Clotario] il santo si presenta al buon re Dagoberto [sic]; distribuisce poi lElemosina ai poveri e agli storpi e quindi, dopo la Consacrazione vescovile, riceve lomaggio dei Devoti alla tomba del santo. La scena centrale della Piet rappresenta lo sviluppo finale del tema iconografico di Joan Figuera. Il Cristo ignudo, con gli occhi aperti, siede sul bordo della tomba aperta e getta via il sudario; i tre angeli che lo sostengono sono colti in diversi atteggiamenti di piet e dolore. Il dettaglio delle ali e delle teste sullo sfondo doro incredibilmente bello. Occorre sottolineare che lanatomia del nudo non si pu assolutamente assimilare a quella nella pala di Tuili: questo dipinto segue unaltra linea di derivazione, giungendo dal Toms e dal Figuera, con le innovazioni dovute probabilmente a ripetuti contatti con la Spagna. La sua posizione differisce leggermente da quella di qualunque altro dipinto sardo, per il livello di bellezza e fascino che gli proprio, a meno che non sia possibile provare che i due [citati] pannelli di Valladolid provengano dal S. Francesco di Stampace, ma lAru lo esclude.161 Tre dipinti del genere
160. Nel XVI secolo gli argentieri di Barcellona riconoscevano in SantEligio il loro patrono. 161. [A ragione, poich non risultano nella minuziosa descrizione che dei dipinti del S. Francesco di Stampace diede lo Spano (1861a, pp. 169-187) prima della loro dispersione].

dovrebbero essere sufficienti a dimostrare lesistenza di un terzo atelier nella citt [di Cagliari], dove la pura estetica era riconosciuta e apprezzata pi dei rubini. A Dolianova, sulle colline a nordest di Cagliari, si conservano singole tavole di un retablo (fig. 25) dedicato a San Pantaleo, il titolare della chiesa.162 Il vescovo inginocchiato ai piedi del Bambin Ges consente di fissare per lesecuzione del dipinto il termine ante quem del 1503, poich in quellanno il seggio di Dolianova fu unito a quello di Cagliari. [Nello scomparto mediano alto] il Bambino, completamente nudo, porta un ciondolo di corallo al collo e tiene in una mano un cucchiaio e nellaltra una padella per friggere [sic], ma lo sguardo fisso su tre angioletti, come bambole raggruppate sul davanti nellangolo destro, con il cartiglio del Te Deum. La Vergine, seduta su un paio di cuscini, distoglie lo sguardo dal libro per rivolgerlo al Bambin Ges: un giglio in un bel vaso completa la composizione. Nel drappo, nuovo il motivo del broccato; bench adattato in base allesigenza di fungere da cornice per la testa e le spalle [della Vergine], rivela uno stile che ha qualcosa di arcaico, pi consono al XV che al XVI secolo. [Nello scomparto mediano basso] San Pantaleo (fig. 26) si erge su un drappo dello stesso broccato, abbigliato come un borghese dabbene, e ha in mano un oggetto che assomiglia a una scatola di colori per artisti: la scatola dei farmaci del medico. Ai suoi piedi sulla destra vi uno zoppo, in un carretto che allude al primo dei miracoli operati dal santo; a sinistra, un donatore e sua moglie,163 lui con folti capelli e una barba che si proietta in avanti, come un re delle fiabe. Gi dalla semplice descrizione sembra di cogliere nuovi elementi:
162. [Le tavole sono del Retablo di Dolianova, oggi ricomposto nella parrocchiale di S. Pantaleo, che ne ospit il seggio vescovile fino al 1503; cfr. Serra 1990, sch. 68]. 163. [Si direbbe piuttosto il bambino avvelenato dal morso di una vipera e miracolato dal santo, secondo lepisodio della leggenda a cui la Goddard King accenna poco pi avanti].

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25-26. Retablo di Dolianova e tavola centrale con San Pantaleo medico con miracolati e uno storpio, Dolianova, parrocchiale di S. Pantaleo

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una Vergine di tipo fiammingo, piccoli angeli come quelli del Crivelli negli anni di apprendistato. Ma [gli scomparti laterali con] le scene della leggenda del santo sono derivati, verrebbe quasi da dire, direttamente dal Retablo di S. Vincenzo di Sarri:164 gli schemi compositivi rimandano infatti a Barcellona, dove qualcuno [dei pittori attivi in Sardegna] dovette pure essersi recato. Il pittore conosce il retablo catalano di seconda o terza mano, e lo imita apportandovi delle modifiche personali. Quattro pannelli della leggenda [di San Pantaleo] sono appesi allinterno della chiesa [di Dolianova] e mantengono le loro terminazioni ad arco ribassato e polilobato, ma del pannello con la Crocefissione che doveva trovarsi alla sommit del retablo,165 come pure della predella, non rimasta alcuna traccia. Queste scene [degli scomparti laterali], come quelle del citato retablo di Sarri dei Vergs, sono incentrate sul martirio: in una [a sinistra in basso] il giovane santo di circa quindici anni va incontro ai soldati, seguito da gran folla dietro, mentre si reca da un bambino deceduto per il morso di una vipera: per sua intercessione, il bimbo vive e la vipera muore. Sulle teste, in una mandorla circolare, campeggia il mezzobusto di un sacro personaggio che tiene un cartiglio ora indecifrabile, e che riappare in ogni scena [nello
164. [Si tratta dello smembrato polittico gi nellaltar maggiore della parrocchiale di S. Vincenzo di Sarri e ora nel Museu dArt de Catalunya a Barcellona, commissionato a Jaume Huguet che ne dipinse cinque tavole nel 1455-62 circa. Le restanti quattro sarebbero state eseguite dai collaboratori dopo la sua morte, avvenuta nel 1492, ed entro il 1510. A tre tavole (Fustigazione di San Vincenzo, San Vincenzo nella graticola, Morte di San Vincenzo) avrebbe lavorato il Maestro di Castelsardo. Cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 479; Serra 1990, sch. 54; Joan Bosch i Ballbona, in Prefiguracin 1992, sch. 92; Rosa Alcoy i Pedrs, in Jaume Huguet 1993, sch. 3; Francesca Espaol, in Cathalonia 1997, sch. 27]. 165. [Non c motivo di credere che manchi un riquadro mediano alto con la Crocefissione, poich difficilmente labside di Dolianova avrebbe ospitato un retablo di dimensioni maggiori rispetto alla pala ricomposta, gi notevoli se allaltezza dei pannelli superstiti si aggiunge quella della perduta predella].

scomparto in basso a destra sostituito dallEterno]. In unaltra scena [a sinistra in alto] il protagonista legato su una croce di SantAndrea e due carnefici si apprestano a torturarlo; sullo sfondo, soldati con le picche serrate e Massimiano in tripla tiara, raggruppati su ciascun lato. In unaltra scena ancora [a destra in alto], i personaggi si ammassano tutti sulla destra a eccezione di due alti uomini in armatura; una pietra da macina pende dal collo della figura del santo, al centro. Nellultima [a destra in basso], egli inginocchiato su un piccolo rilievo del terreno, legato a un albero dulivo come il San Sebastiano [della pala] di Olzai, e due angeli innalzano fino al cielo la sua anima, un piccolo simulacro in una lunga scia di vapore bianco, verso lEterno che ora appare nella gloria di luce. Negli altri tre pannelli questa figura celestiale giovane e glabra, ma porta un nimbo crucigero. La generale ripetitivit dello schema compositivo figura centrale fra due gruppi, file di picche, mandorle di luce e cartigli zigzaganti assicura un belleffetto decorativo, con le masse scure dai colori carichi, il cielo chiaro che funge da raccordo fra le tavole, e le perpendicolari parallele che in qualche caso vengono inclinate per variare il soggetto dello stretto necessario. Sullo sfondo dellepisodio in cui il santo patisce il martirio con la macina al collo, una baia fra le montagne e una citt le cui torri svettano nel cielo si lascia riconoscere come Cagliari, qui ritratta come fece il Ribera per la baia e la citt di Napoli nel superbo San Gennaro [in gloria].166 Anche qui [a Dolianova], tuttavia, il linguaggio artistico di tono popolare e poco accattivante, la Vergine dai lunghi capelli e suo figlio hanno durezze da scultura lignea, ma si tratta comunque di unopera di grande interesse: sorprende, del pittore, la conoscenza dellarte a lui coeva, e il fascino che emana da questa ricerca puramente decorativa immenso. Cos come le bolle che nuotano nel cielo ricordano le invenzioni di Burne-Jones per i suoi Giorni della Creazione,
166. Nella chiesa del convento delle Agostiniane a Salamanca. [Cfr. Alfonso E. Prez Snchez, in Jusepe de Ribera 1992, sch. 1.102].

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cos lalbero quasi miniato foglia per foglia sembra un disegno di Morris.167 Con il retablo di Dolianova si chiude il Quattrocento. Dora in avanti linfluenza italiana facile da rilevare, talvolta di Raffaello e talaltra del Pinturicchio. La pittura sarda tuttavia giunta a elaborare un linguaggio cos originale, che riesce a mantenerne i tratti, le convenzioni, latteggiamento di fondo. Il polittico di Ardara affollato di armi e di santi iberici, ed cos prossimo a quelli di Tuili e Villamar che ogni linea di demarcazione che si volesse tracciare resterebbe inevitabilmente convenzionale. possibile tuttavia, come qui ci concediamo di fare, lindividuazione di quelle caratteristiche in base alle quali definiamo quattrocentesche delle opere anche quando, come le tavole di Castelsardo, furono probabilmente dipinte nel 1503. Questi caratteri sono dunque e ci risulta dagli esempi esaminati di quella grande et che pi avvince e appaga [sotto il profilo dellarte] dogni altra che lha preceduta e seguita allincirca i seguenti: solennit, distacco, durezza, misura; grande sobriet di forme e di gesti; partiti compositivi rigorosamente bilanciati; i dettagli delle figure basati sullimmediata percezione comune, e non dedotti dallo studio dellanatomia e dai modi accademici, cosicch le pose risultano imitate dal vero anzich costruite. Il ruolo delle ombre ridotto al minimo, il colore onnipresente, forte, e usato per le sue qualit intrinseche. Le semplificazioni formali che tutto ci comporta fanno emergere quella bellezza della reticenza, quella grazia dellespressione imperfetta, quella subordinazione dei fatti ai dati del linguaggio artistico, quellinsistenza e predominanza di un canone, in cui noi riconosciamo propriamente lo stile quattrocentesco.
167. [Questi curiosi paragoni, in cui la Goddard King abbandona il tono analitico che le pi congeniale e si abbandona alla poesia, tradiscono probabilmente un gusto estetico che poi quello prevalente al tempo ancora sostanzialmente orientato al liberty].

Il Retablo maggiore di Ardara fu dipinto nel 1515 e firmato da Giovanni Muru;168 un altro simile polittico esisteva a Bisarcio fino [quasi] agli inizi del XIX secolo, quando qualcuno sistem una lampada votiva troppo vicino ad esso.169 Lo Spano scopr liscrizione nel tabernacolo [di Ardara] e la pubblic nel 1859: IOAN(N)ES : M URU : ME PINS IT :

EN LAI

MVXV

(H)OC OPUS FESIT FIERI MOS(S)EN IOAN CATAHOLO ASIPR(E)STE ET DON(N)U BAINIU VALEDU ET DON (N)U VALE(N)TINU DETORI ET MASTRU BAINIU MARONIU ET DON(N)U PEDRUSU MADIUS OBRES Non esiste la certezza che Giovanni Muru abbia dipinto sia il Cristo in piet nello sportello del tabernacolo sia le altre tavole della predella, poich sembrerebbe che il cartiglio con il suo nome sia stato aggiunto in seguito170, ma la data e lidentit dei committenti sono indubbie.
168. [Si trova ad Ardara nella parrocchiale di S. Maria del Regno e con i suoi oltre dieci metri di altezza il pi grande dei polittici sardi quattro-cinquecenteschi; cfr. Serra 1990, sch. 67; per il restauro cfr. Wally Paris, in Chiesa 1997, pp. 21-63, 66-75]. 169. [Spano 1859b, p. 151, nota 2, a proposito di Giovanni Muru: Di questo celebre artista esisteva pure nella Cattedrale di Bisarchio una vastissima tavola che per la poca cautela di una divota che vi lasci nella notte una lampada accesa, fu preda delle fiamme; Spano 1860, p. 83, nota 1, a proposito del S. Antioco di Bisarcio: Davanti allabside esisteva una assita simile a quella della chiesa di Ardara con bellissime pitture a tempra a diversi spartimenti, la quale fu incendiata nella fine dello scorso secolo Da tutti quelli che le conobbero si giudicavano della stessa mano delle pitture di Ardara]. 170. [La pur acuta osservazione della Goddard King non ha avuto seguito fra quanti si sono poi occupati del dipinto, riconoscendo a Giovanni

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Siamo quindi di fronte a una struttura completa, intatta, in situ, comparabile ai grandi retabli catalani. Lintera fronte dellabside occupata dal polittico, con due porte ai lati dellaltare, che conducono allambiente retrostante. La predella presenta sei scene, oltre alla Piet, la parte superiore altre otto, mentre quella centrale occupata da una nicchia con la statua della Vergine. Nel polvarolo vi sono quattordici figure di santi; sotto due di questi, alla sommit dellopera e ai lati dellimmagine, degli angeli reggono gli stemmi con le armi di Aragona.171 Al contrario delluso solito, nello scomparto pi alto dipinta la Nascita della Madonna e sotto di essa vi la Dormitio Virginis o Transito della Vergine (fig. 27). Continuando la lettura sul lato sinistro, dallalto verso il basso, le scene rappresentano lAnnunciazione, la Nativit e lEpifania; a destra, dal basso verso lalto, la Resurrezione, lAscensione e la Pentecoste. Il programma iconografico prevede una raffinata simmetria di contenuto spirituale e formale, con lo Spirito Santo che si manifesta nelle due tavole alte, lavvento e la dipartita del Signore in quelle a met e, in quelle basse, la sua presentazione ai gentili che corrisponde al suo trionfo sulla mortalit della carne. Nel polvarolo compaiono [dal basso] i profeti Davide, Mos e Daniele [a sinistra], Salomone, Abramo e Zaccaria [a destra]; Amos e Gioele sono stati collocati sulla tavola orizzontale che sovrasta lAnnunciazione dove dovremmo piuttosto trovare Isaia e Geremia [che stanno invece sopra la Pentecoste], mentre Davide e Mos avrebbero dovuto sovrastare lAscensione per via delle citazioni scritte sui cartigli che ne incorniciano le figure. Malachia e Baruch occupano la tavola posta in orizzontale alla sommit;
Muru la paternit della predella e individuando nelle tavole superiori del polittico lintervento di almeno due pittori che operano con modi fra loro simili ma distinti dai suoi; a uno dei due spetta pure lo stendardo processionale, di cui si dir pi avanti]. 171. [Allo stato attuale il dipinto non consente di verificare siffatta situazione: gli scudi araldici dellAragona, con i pali catalani, fiancheggiano infatti il baldacchino della nicchia centrale con la statua di Nostra Signora del Regno, e non sono retti da angeli].

[sempre nel polvarolo] San Giovanni battista e SantAntonio da Padova fiancheggiano isolati [rispetto al gruppo dei profeti] ma inconfondibili nella loro peculiare iconografia la Nascita della Madonna. Nella predella si dispongono [da sinistra] San Martino di Tours a cavallo, Santo Stefano e San Gianuario, poi [il Cristo in piet,] San Nicola di Bari, credo San Pantaleo, con la sua scatoletta di farmaci come a Dolianova, e San Gavino di Torres cavaliere.172 I Santi Pietro e Paolo sono ritratti a figura piena sulle grandi porte, qui come nella pala di Perfugas. Limmagine del Cristo sul sepolcro (fig. 28) dipinta con tale maestria, con tanta leggerezza e delicatezza di passaggi chiaroscurali sulla carne morbida, che riconoscerei lultimo tocco come opera del Muru. Qui soltanto la sua mano pienamente avvertibile. La fotografia mostra la bella decorazione a intaglio tardogotico dellinsieme. Il dipinto mantiene gli sfondi dorati che luccicano dolcemente nelloscurit dellantica chiesa e i bei colori accesi che bruciano sui ceri dellaltare. Per chi entra leffetto generale indescrivibile stupore, godimento degli splendidi colori e del complesso disegno iconografico dellinsieme, un senso di pienezza totale che lo stato di rovina di molti scomparti, fortunatamente non ancora manomessi, non riesce a dissipare o a sminuire. Che il maestro di mossen Cataholo fosse Giovanni Muru di Ploaghe173 o qualcuno sinora sconosciuto, costui conosceva comunque gli atelier di Cagliari e ne adott le convenzioni nei lineamenti dei muscoli della gola e adatt quelle riguardanti lo sterno. Nel sedersi ad ammirarlo, il lavoro sembra sorprendentemente affine e allincirca contemporaneo al retablo mayor di
172. Cavalieri gemelli. [Il San Gavino di Torres fa il paio infatti con il San Martino a cavallo. Nella stessa predella, quelli che la Goddard King identifica come San Gianuario, San Nicola di Bari e San Pantaleo sono in realt San Nicola di Bari, San Cosma e San Damiano, medici questi ultimi due, come del resto San Pantaleo]. 173. [Come sostenuto, ma senza appoggi documentari, dallo Spano (1859b)].

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27. Dormitio Virginis, tavola centrale del Retablo di Ardara, Ardara, parrocchiale di S. Maria del Regno 28. Giovanni Muru, Cristo in piet, tavola centrale della predella del Retablo di Ardara, Ardara, parrocchiale di S. Maria del Regno

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Avila (1508 circa), essendogli in effetti successivo di sette anni; esso italianizza nello stesso modo [gli stilemi iberici], sulla traccia delle botteghe fiorentine.174 I broccati si mantengono in buono stato di conservazione nellEpifania, nellAscensione e nella Pentecoste, e gli sfondi sono ancora dorati. Si afferma che la Dormitio come tema centrale sia tipico solo della Spagna e della Sardegna. vero che in Italia viene pi spesso collocato nella predella ma io ricordo un affresco nella cappella del Palazzo del Comune di Siena. Probabilmente la realt che ovunque fosse molto amata Nuestra Madre come dicono a Zamora ne veniva celebrato il transito. Lo schema compositivo di questa tavola molto simile a quella di Olzai, con San Giovanni evangelista che regge il grande cero verso il quale la Vergine alza la debole mano come per sostenerlo [anchessa con entrambe le mani]. Nellangolo superiore sinistro, separato da una cortina, sta langelo che informa San Tommaso lontano in India.175 La figura a destra in primo piano regge un libro aperto il cui testo recita: In exitu Israel de Aegypto, e del toccante uso di questo salmo familiare176 non ricordo altri esempi [in pittura]. Si possono distinguere in primo piano due altre figure, un grasso prete con casacca rossa [sic] e mantella nera, e un altro personaggio con una lunga asta terminante con la croce,
174. [Il retablo dellaltar maggiore della cattedrale di Avila fu commissionato a Pedro Berruguete, che lavor alla predella e ad altre tavole entro il 1506, anno della sua morte. Nel 1508 lultimazione del polittico fu affidata a Juan de Borgoa. Entrambi i pittori risentono di esperienze italiane: il primo soggiorn lungamente a Urbino attorno al 1477, ma il riferimento della Goddard King va probabilmente al secondo, che dovette frequentare a Firenze la bottega del Ghirlandaio. Cfr. Isabel Mateo Gmez, in Pittura 1995, pp. 190-195, fig. 229 (per Pedro Berruguete), pp. 198-208, fig. 245 (per Juan de Borgoa)]. 175. [Si tratta invece dellannuncio a Maria della prossima dipartita, da parte dellarcangelo Michele il quale le reca un ramo di palma dal paradiso, quale segno della morte imminente; cfr. Heinz-Mohr 1995, p. 260 alla voce palma]. 176. [Vulgata, Ps. 114, 1].

in cui lo Spano credette di poter identificare o larciprete [Joan Cataholo] o un operaio maggiore,177 oppure il Muru. Il suo genio, come quello dei suoi predecessori, fu prima di tutto decorativo, e il suo conservatorismo nel non voler rinunciare per esempio alle figure dei profeti non fu forse spontaneo [bens dettato dalla committenza], ma comunque non gioca a svantaggio del risultato, poich gli scomparti risultano tutti concepiti con sobria drammaticit. questo un classico caso in cui linsieme finisce per essere tanto pi importante delle singole parti, da relegare in secondo piano la volont del singolo. Si potrebbe inferire tuttavia dai contratti catalani pubblicati dal Sanpere i Miquel178 che [allepoca del Muru] il pittore godesse di grande libert nel disporre e persino nel selezionare il materiale iconografico a sua disposizione. Sui pilastri [cilindrici] della chiesa di Ardara si possono ancora vedere degli affreschi con i dodici Apostoli e i quattro Dottori della Chiesa, ma si tratta probabilmente di opere del XVII secolo. Tardi sembrano pure gli affreschi, assai rovinati anchessi, della controfacciata occidentale: rappresentano nella parte a sud San Michele e il Giudizio Universale e in quella a nord un Paradiso e San Gavino a cavallo.179 Un polittico di grande fascino, con colori freschi e delicati, e drammaticamente movimentato, giace contro il fianco della navata meridionale vicino allestremit ovest. Devessere restituito a una mano diversa da quella dellautore della pala dellaltare maggiore e sembra un po pi tardo quanto a datazione. Si tratta pur sempre di una produzione minore, ma aggraziata e piacevole. Probabilmente quanto sopravvive dellancona (pala) nel corridoio destro, che Enrico Costa vide e descrisse un
177. [In italiano nel testo, ma il termine pi appropriato obriere maggiore]. 178. [Sanpere i Miquel 1906]. 179. [Si tratta di lacerti daffreschi assai deteriorati, staccati e in parte ricollocati allinterno della parrocchiale di S. Maria del Regno; cfr. Wally Paris, in Chiesa 1997, pp. 65-66; Devozione 1998, sch. 28-29].

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29. Madonna col Bambino, recto dello stendardo processionale, Ardara, parrocchiale di S. Maria del Regno

30. Volto di Cristo nella veronica, verso dello stendardo processionale, Ardara, parrocchiale di S. Maria del Regno

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quarto di secolo fa.180 Dovremmo ritenerci fortunati se le tavole mancanti siano state vendute [e possano prima o poi essere rintracciate], ma molto probabilmente si trovavano in cattivo stato di conservazione e finirono per diventare legna da ardere. Torna utile enumerare i pannelli che lo componevano: al centro, in basso una Madonna del Latte e sopra di lei le tre Marie al sepolcro [sic], con il Crocefisso alla sommit. A sinistra la Deposizione dalla croce collocata sotto la Flagellazione; a destra il Seppellimento sotto lAndata al Calvario. importante rilevare che, mentre i due dipinti centrali sono su tela [sic], gli altri sono su tavola e ci autorizza a ritenere che siano stati trasferiti qui da altrove, per rimpiazzare i pannelli perduti, come si riscontra [nel retablo] della cattedrale vecchia di Salamanca. Al centro della predella il Cristo in piet, fiancheggiato da SantAntonio da Padova e da Santo Stefano; i cavalieri San Gavino e San Martino chiudono la serie.181 Sotto il Crocefisso corre il polvarolo diviso in tre scomparti occupati dallEterno e da due angeli [nella tavola orizzontale alta], con un Santo vescovo e un Santo cavaliere con arco [leggi: palma] e uccello nelle due tavole che fiancheggiano quella con le tre Marie. Se questa figura di cacciatore sidentifica con San Giuliano, come sembra probabile, la datazione del dipinto cadrebbe fra il 1529 e il 1530.182 Lungo i lati, dal basso verso laltro, si vedono a sinistra SantEulalia, Santa Brigida, Santa Caterina e Santa Cecilia, a destra Santa Barbara, Santa Lucia e probabilmente
180. Costa 1899, pp. 69-74. [ il Retablo minore di Ardara, ascritto alla prima met del XVI secolo. Cfr. Wally Paris, in Pittura 1992b, fig. a p. 39; per il restauro Wally Paris, in Chiesa 1997, pp. 63-65. Degli elementi descritti dalla Goddard King manca il Crocefisso, probabilmente scultoreo, che coronava il polittico]. 181. [I due santi sono appiedati e uno non San Gavino, bens probabilmente SantUberto]. 182. Una lunga settimana di festeggiamenti, dal 20 al 27 gennaio. [Nella forma sbrigativa propria delle annotazioni alla colonna di testo, la Goddard King richiama qui le gi pi volte commentate festivit di San Sebastiano e di San Giuliano, che nel 1529 soppianta San Fabiano].

Santa Tecla e SantOrsola. Sopra le vergini, a gruppi di due, si dispongono Daniele e Malachia, Adamo e Isaia [leggi: Giona]. Vi sono chiare prove di rimaneggiamenti. Di maggiore interesse risultano le forme dialettali di due nomi di origine iberica: Xixilla per Cecilia, Olaria per Eulalia. In questo polvarolo predomina una forma di pittura povera, ma non priva di pregio documentario, e comunque le linee dorate del disegno, i montanti e le modanature della cornice tardogotica, i colori evanescenti come un tramonto invernale, fanno del polittico qualcosa di prezioso e di bello. Nella sacrestia si conserva uno stendardo processionale su tavola: sul recto la Vergine (fig. 29), sul verso il Volto santo (fig. 30).183 Il parroco di Ardara giovane e gentilissimo, e sebbene sappia poco di pittura, rispetta i monumenti posti sotto la sua tutela. La domenica delle palme, il suo sermone aveva un tono familiare e fragrante come il timo e la ruta, e la cerimonia della messa mattutina e della processione in cui, come in alcune antiche pitture, ramoscelli dulivo fungevano da palme, fu devota ed edificante. Il sermone, il rito, il retablo erano tutti dello stesso tono, tutti avevano lo stesso gusto dolce. Si affermato e si ripetuto spesso, con molta convinzione ma senza fornire dettagli chiarificatori, che un retablo simile esiste a S. Pietro di Sorres presso Bessude184 sappiamo
183. Una Veronica. [Col nome alternativo di veronica si designa lo stendardo processionale, arredo liturgico consistente in una tavola dipinta su entrambe le facce, che veniva fissata in cima a unasta e portata quindi in processione. Il nome deriva da Santa Veronica, che deterse con un panno il volto di Cristo nellandata al Calvario, e designa pure i vari teli con leffigie del Redentore sofferente, venerati come reliquia della Passione. Per la diffusione delliconografia e del manufatto nella pittura tardogotica in Sardegna cfr. Serra 1990, pp. 154-158, e sch. 67 per lo stendardo processionale di Ardara]. 184. La pala daltare attualmente collocata a Bessude raffigura San Martino cavaliere, ma fu dipinta nel 1632 e restaurata nel 1784 per volont del decano di Torres, il reverendo don Salvator Roig. [La chiesa romanica di S. Pietro di Sorres si trova nel territorio comunale di Borutta, ma poco distante da Bessude; quella di S. Antioco di Bisarcio, citata pi avanti, in agro di Ozieri].

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che un terzo, perduto in un incendio, si trovava nel S. Antioco di Bisarcio e che i tre si assomigliavano molto, per lidentico schema e per le affinit che li dicevano eseguiti dalla stessa mano. Il borgo di Ardara appartenne alla diocesi di Bisarcio fino alla sua soppressione, risalente al 1503, che non determin peraltro la cessazione delle entrate. Dellarciprete Joan Cataholo vien fatta menzione in un antico codice del S. Pietro di Sorres allanno 1505. Due elementi che contribuiscono alla plausibilit della tesi [di una comune committenza] dei tre retabli.185 Sul muro absidale del S. Pietro sono appese tre tavole e si dice che il tabernacolo sia composto con elementi della predella del retablo, il Cristo morto fra una Vergine martire e San Pantaleo. Si tramanda inoltre che altre tavole fossero appese ai muri delle navate laterali; la statua della Vergine si trova ancora in un angolo entro la sua nicchia lignea intagliata.186 Il tutto fu ridipinto da un tale Porcu nel 1825. Allancora splendido e intatto polittico di Ardara, e a quelli di Bisarcio e di Sorres rispettivamente perduto e smembrato, si pu accostare soltanto la pala di Perfugas (fig. 31). Atti di inopportuna devozione hanno prodotto qui danni maggiori che a Bisarcio, considerato che questo retablo, pi che una bella memoria, altro non che una mostruosa e offensiva bizzarria, completamente ridipinta da un ignorante dellarte agli inizi del XIX secolo.187 La magnifica intelaiatura cos guasta, i santi cos contraffatti e indecifrabili, le scene
185. [Circa lipotesi della committenza dei tre retabli di Ardara, di Bisarcio e di Sorres da parte di Joan Cataholo, canonico di Sorres e ultimo arciprete di Bisarcio, il cui nome si legge nelliscrizione di Ardara, cfr. i dati documentari discussi in Serra 1990, pp. 145-146]. 186. [Mentre si conserva nel S. Pietro di Sorres la statua lignea della Vergine, si sono perse le tracce delle tre tavole di cui la Goddard King fa menzione, a meno che due di esse non siano la SantAgata e il San Vittore, passate per il mercato antiquario e ora in collezione privata, per vicine ai modi di Joan Barcel e pertanto attribuite alla fine del XV-inizi XVI secolo, per le quali cfr. Serra 1990, sch. 46]. 187. Forse lo stesso Porcu [che ridipinse le tavole del S. Pietro di Sorres]?

31. Retablo di Perfugas, Perfugas, parrocchiale di S. Maria degli Angeli

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cos trasformate, che la lettura ne disturbata a tal punto da rendere impossibile lesegesi critica. pressoch certo che gli scomparti non siano sistemati secondo lordine primitivo e si nutre il dubbio che alcune delle tavole originarie manchino del tutto. Mi sentirei meglio se riuscissi a convincermi che la predisposizione iniziale dello schema iconografico anche a prescindere dal montaggio delle tavole non rispettasse in realt alcuna logica, come dovrebbe dedursi dallattuale [incongrua] ubicazione della scena con lAscensione. Si tratta del retablo mayor del S. Giorgio di Perfugas, una notevole chiesa a navata unica, con i modi tipici delledilizia spagnola tardogotica.188 Non mai stato rimosso e vi si contano cinquantuno scomparti [superstiti]. Si spera che, essendo le campiture originarie a tempera su fondo oro e le ridipinture a olio, un restauratore competente e attento come colui che nel rimuovere la barba [posticcia] di un San Pietro ci restitu [nella pala di Sanluri] un SantEligio giovanile e pensoso possa asportare labominevole strato di ridipinture senza provocare irrimediabili danni al polittico.189 Diciamo subito chiaramente che lo schema compositivo del magnifico retablo non lo stesso di quello di Ardara; entrambi sono gotici ma questo flamboyant mentre quello perpendicolare, e inoltre i montanti che dividono gli scomparti sono modellati in maniera abbastanza differente. Evidentemente in Sardegna coesistevano allepoca due stili.190
188. Architettura aragonese. [Per la produzione artistica gotica e tardogotica di tipologia catalana in seguito invalsa nella storiografia la denominazione di Gotico catalano. Cfr., per larchitettura e in generale larte in Catalogna fra il XIV e il XV secolo, la sintesi di Dalmases, Jos i Pitarch 1984; per quella in Sardegna, dove il Gotico catalano si addentra nel XVI secolo, cfr. Segni Pulvirenti, Sari 1994 e relativa bibliografia]. 189. [Dopo il recente restauro, il Retablo di Perfugas, gi nella chiesa di S. Giorgio, stato collocato in una cappella della parrocchiale di S. Maria degli Angeli; cfr. Wally Paris, in Retablo 1995, pp. 11-22]. 190. [La Goddard King si serve di termini come stile flamboyant e perpendicolare, ormai superati nellambito della storiografia sullarchitettura gotica; cfr. la discussione su analoghe definizioni membrologiche in Grodecki 1978, p. 5 ss.].

Il titolare del retablo, San Giorgio, nel suo aspetto attuale monta un ridicolo cavalluccio di legno. Sopra [negli scomparti centrali] si dispongono la Madonna col Bambino, San Giuseppe e una santa, e la Crocefissione. Sin da tempi molto prossimi alla sua prima sistemazione, le tavole del polittico devono esser state smontate e invertite senza posa. Nel presente stato, la lettura comunque la seguente: dalla parte del Vangelo [dal basso, negli scomparti laterali pi a sinistra] lAnnunciazione, la Nativit, la Pentecoste; [in quelli a sinistra, mediani,] San Giorgio a cavallo che uccide il drago, lEpifania e lAscensione. Ai fianchi della nicchia centrale ci sono sei santi, tre per lato. Dalla parte dellEpistola [negli scomparti laterali a destra, mediani] San Gavino di Torres a cavallo, la Circoncisione, lAssunzione; [in quelli pi a destra] la Visitazione, la Resurrezione, lIncoronazione. Nella predella [da sinistra] SantAmbrogio, San Gregorio, Maria col Cristo morto, San Gerolamo, SantAgostino. Nelle porte, a sinistra il San Pietro scomparso, mentre a destra si trova San Paolo. Fra queste tavole e lattuale altare, due pannelli collocati a occludere i varchi sono evidentemente opere originali del restauratore [sic], con San Francesco e SantAntonio da Padova. A lui deve imputarsi la trasformazione dei fondi doro della predella in cortine drappeggiate. Nel polvarolo risulta molto difficile lidentificazione di due figure, ridipinte senza tener conto di attributi o tratti salienti delliconografia. A sinistra, dal basso compaiono San Giovanni battista, SantAndrea, un altro apostolo [San Tommaso], un Santo cavaliere [in realt San Bartolomeo]. A destra, dallalto si trovano San Michele, un giovane cavaliere [in realt San Rocco], San Giovanni evangelista, il committente con abito bianco e gorgiera, interpretata nel secolo passato come un colletto alzato, ma di tipo assolutamente iberico anche quanto al viso e alla barba. Lungo i terminali della struttura vi sono dieci figure monastiche [sic] a mezzobusto, di cui cinque a sinistra maschili e gli altri a destra femminili. Altre due [Santa Barbara e SantAgnese] sono disposte ai lati della Crocefissione e tre lungo la sommit di
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questa, ma impossibile determinare chi rappresentino. Forse i nomi di questi personaggi dovrebbero cercarsi negli annali dellOrdine [dei Cavalieri] di Montesa o in quelli dellOrdine [militare] di San Giorgio de Alfama, che si fuse con il primo nel 1400. La chiesa [di Perfugas], a navata unica e dallarchitettura cos caratteristica, diversa da qualunque altra [in Sardegna], apparteneva probabilmente allOrdine.191 I mantelli dorati di San Giorgio e San Gavino svolazzano allindietro, nel modo in cui il dettaglio del cavaliere stato sempre raffigurato, dal rilievo di Horus e dallavorio di Giustiniano ai cosiddetti Costantini del Romanico francese, e ancora nel Gran Sigillo della Giarrettiera e nella figura di San Giacomo matamoros, dipinta per i Cavalieri [dellOrdine] di Santiago.192 [A Perfugas] i due santi si stagliano contro un fondo doro, curioso tratto di arcaismo evidentemente conservato nelle immagini di culto. La Vergine dellAnnunciazione indossa un velo dorato che le copre il capo e lintera figura. NellIncoronazione il Cristo posa la corona sulla madre come nei dipinti di Beato Angelico. LAssunta presentata come una Purissima di tipologia iberica, con le ginocchia lievemente piegate e le mani giunte in preghiera. La postura del Cristo dellAscensione, con le braccia rivolte verso lalto, e della Resurrezione in un movimento come di danza, deriva probabilmente da Raffaello. Non molto lontano, a Sedini, un pittore copi [infatti] per la chiesa di S. Andrea la Trasfigurazione di Raffaello, disponendo la figura di SantAndrea davanti a sinistra. La chiesa pressappoco
191. [Lipotesi non confermabile poich non si dispone di documentazione darchivio circa la fabbrica del S. Giorgio di Perfugas, ascritta al primo quarto del XVI secolo da Marisa Porcu Gaias, in Segni Pulvirenti, Sari 1994, sch. 23]. 192. Con le monete del Bosforo del II secolo. [I confronti sono indicati in maniera troppo abbreviata per poter essere esemplificati, ma utile esplicitare non tanto quello (generico) allavorio Barberini del Louvre, quanto quello alliconografia del Santiago matamoros, impegnato nella difesa della cristianit iberica, per il quale cfr. Steppe 1985].

contemporanea del S. Giorgio di Perfugas, e possiede un bel portale aragonese [leggi: gotico-catalano]. Tuttavia, questa Trasfigurazione [di Sedini] probabilmente il dipinto ordinato dal vescovo Giovanni Sanna, un mecenate dellarte che visse pi tardi in quel secolo, e di cui parla lo Spano.193 Con gli angeli che volano su ciascun lato e sulla tempestosa folla sottostante, la scena [della Resurrezione] di Perfugas eman senza dubbio un incantevole senso di modernit, quando fu vista per la prima volta nella sua sistemazione, mentre la Pentecoste composta secondo schemi tradizionali. rara in Sardegna liconografia specifica di questa Piet che una volta doveva esser molto bella col Cristo morto dal corpo morbido e debole, con la testa che gli cade dalle spalle contro il braccio della Madonna, laltra mano della quale si proietta decisamente allinfuori come in un gesto michelangiolesco. La gestualit del Battista diversa anche da quelle di analoghe figure a Cagliari perch un braccio abbassato e laltro sollevato, senza che i due si incrocino. In effetti questo retablo, commissionato da un Cavaliere di Montesa per una chiesa solitaria, forse dedicata [a San Giorgio] dal suo Ordine verso la fine del primo terzo del XVI secolo, abbastanza diverso da quelli che il Cavaro andava eseguendo allora a Cagliari con i suoi collaboratori, e differisce allo stesso tempo dallopera del Muru e dei suoi aiuti ad Ardara. Lo schema di base era arcaico, ma furono scelti nuovi temi e nuovi santi, e i fondi doro persistettero solo in alcune tavole, mentre si nota linfluenza di Roma. Le tipologie delle figure se mai i dipinti saranno puliti si dimostreranno sicuramente sarde e il colore pi deciso e corposo di quello applicato in Italia.
193. Spano 1861b, p. 46. [La parrocchiale di S. Andrea a Sedini fu edificata attorno al 1527; cfr. Marisa Porcu Gaias, in Segni Pulvirenti, Sari 1994, sch. 24. La copia pressoch letterale della celebre Trasfigurazione di Raffaello (1516, Pinacoteca Vaticana) dellogliastrino Andrea Lusso, che la firm nel 1597].

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Non sar superfluo ribadire che un grande polittico come questo, occupante lintero fronte orientale, incluso laltare e le porte che conducono allambiente retrostante, caratteristico della Catalogna. I retabli scultorei di Dami Forment in Aragona,194 che includono porte dipinte o una statua innicchiata nel punto in cui prima erano state le porte, sono solo un adattamento di simili strutture. In origine, quando il grande polittico andava a inserirsi in unabside romanica, restava tanto spazio dietro da ospitare a volte anche un vero e proprio santuario, come nella cattedrale di Tarragona.195 La stanza vuota poteva servire ottimamente come deposito di candele avanzate, olio per le lampade sacre e altre necessit immediate,196 cosicch in alcune chiese il traffico di fedeli attraverso i due ingressi doveva dar luogo a una situazione come quella della protesi e del diaconico nelle antiche chiese siriane. Nelle cappelle laterali della cattedrale di Barcellona, infine, lambiente retrostante il retablo viene utilizzato oggi come spogliatoio per il Capitolo e si pu ancora vedere un canonico entrarvi dopo aver detto messa, vestito di un camice pieghettato e di una mantella viola, e uscirne dopo essersi cambiato, in logora sottana e castoro roso dalle tarme. Da simile destinazione derivano senzaltro comodit e decenza maggiori rispetto a quelle [che si praticano nella cattedrale] di Pisa, dove i canonici si tolgono il camice nella navata e lo gettano in armadietti occultati nelle panche lungo i muri. Buoni esempi di questo magnifico tipo strutturale e del rapporto della predella, dellaltare e delle porte con la pala daltare, sono rappresentati dal Retablo di San Martino a Sarroca o
194. [Lo scultore Dami Forment, nativo di Valenza e documentato fra lultimo quarto del XV secolo e il 1540, realizz numerosi retabli specialmente in Aragona; cfr. Garriga 1986, passim]. 195. [Per la cattedrale gotica di Tarragona, che conserva labside romanica, cfr. Emma Liao, Joan Sureda, in Catalua 1987, pp. 95-142]. 196. Simile utilizzo si mantiene a Lione [sic, ma forzato il parallelo con le due camere affiancate allabside nelle chiese bizantine della Siria, che si legge alle righe seguenti].

da quello della cosiddetta cappella dellarchitetto nel chiostro della cattedrale di Barcellona.197 Il Retablo di Villamar, datato 1517 [leggi: 1518], posteriore a quello di Perfugas.198 Giova qui ricordare che un Joan Barcal, pittore, viveva a Sassari nel 1510 prima di tornare [a Cagliari e] al gruppo di pittori di Stampace. Tanto tempo fa, quando Ruskin scriveva il suo Modern Painters e Morelli lavorava nel settore bancario, negli ambienti della cultura europea era riconosciuta limportanza di due soli pittori sardi, Picalull e Barcal. Con fortuna alterna si facevano i loro nomi, ma poi lAru, che pubblic il contratto stipulato dal Picalull per decorare un sepolcro, ha anche avuto la fortuna di ritrovare il documento letto dallo Spano, in cui menzionato Joha[nn]es Barcalo pictor, residente a Sassari. Rimarrebbe solo da rintracciare un suo dipinto.199 Si sono gi identificati due gruppi di pittori attivi a Cagliari e altrove nellultima parte del XV secolo.200 Di quello della scuola di Rafael Toms e Joan Figuera, fra cui dovremmo annoverare il fuggiasco loro apprendista Antonio Ortu, e forse Antonio de Badia bench di lui non si conoscano il lavoro n loccupazione , si perdono le tracce per i successivi quarantanni circa. Tuttavia, a riprova che non avesse cessato la sua attivit, basti osservare la continuit di stile e intenti artistici tradita dai dipinti della predella delle pale di Tuili e di Sanluri. La loro discendenza ovvia, infatti, se appena le si ponga a paragone con la predella del Retablo di San Bernardino.
197. Mas C. 336, B. 1538. [I riferimenti sono con tutta probabilit ai numeri dinventario della raccolta fotografica dellArxiu Mas di Barcellona]. 198. [Probabilmente la Goddard King intende dire che il polittico di Villamar risulta pi aggiornato rispetto a quello di Perfugas, che per quanto arcaico per senzaltro di datazione pi recente]. 199. [Come detto in precedenza, si tratta invece dello stesso Joan Barcel che firm il Retablo della Visitazione]. 200. Il primo gruppo fa capo alla scuola del Figuera, il secondo a quella del Barcel.

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In un altro gruppo, che si pu far risalire direttamente alla bottega di Joan Barcel e che include colui che dipinse il Retablo del Presepio, devono includersi fra gli altri i maestri [delle tavole soprastanti la predella nei retabli] di Tuili e Sanluri e [della Madonna di] Castelsardo, come pure il pittore della Vergine di Birmingham, forse proveniente da Oristano [leggi: Cagliari]. In questi dipinti confluiscono e si fondono due correnti di diversa tradizione, come a Venezia nel caso del pi giovane Vivarini [Alvise]. Il terzo gruppo [che andiamo a identificare]201 prende il nome dal luogo, Stampace, dove si incontravano e lavoravano questi pittori che, in quanto italianizzanti, indubbiamente tesero a ricavare il massimo dalla loro situazione di egemonia, come a Roma gli allievi di Raffaello. La famiglia pi importante fu quella dei Cavaro.202 Antonio Cavaro menzionato in un atto di vendita [di una casa stampacina] che lo interess a Cagliari nel 1455. Lorenzo Cavaro citato in un documento da cui si apprende che stabil come pittore la sua residenza a Stampace il 28 gennaio 1500, e ancora in quello relativo allultimazione del retablo di San Paolo di Gonnostramatza il 20 dicembre 1509. Pietro Cavaro firm il Retablo di Villamar nel 1517 ed era gi morto nel 1539; credo che lAru abbia scoperto un documento della sua morte prossimo allinizio di quella decade.203
201. Terzo gruppo: pittori di Stampace. 202. [Sui pittori della scuola di Stampace, cosiddetta dal quartiere cagliaritano dov attestata dalla met del XV e nel XVI secolo la presenza di loro abitazioni e botteghe, cfr. Serra 1990, pp. 171-233 e bibliografia, anche per i rimandi ai documenti darchivio; per nuove acquisizioni in seguito ai restauri cfr. Pittura 1992a, dove si pubblicano le riflettografie E.di.Tech., che aprono inedite prospettive di studio del disegno sottostante]. 203. [Pietro Cavaro figura nel 1508 fra i membri del gremio dei pittori di Barcellona, dove presumibilmente sera recato ancor giovane per praticare lapprendistato. Nel 1515 documentato a Cagliari, dove sposa in seconde nozze Antonia Orr. Dalla prima moglie Joana Godiel, una catalana, aveva avuto Michele, che sar anchegli pittore a Stampace. Nel 1518 (e non nel 1517, come ripetutamente scrive la Goddard King) firma il Retablo di Villamar, unica opera di sua sicura attestazione che sia giunta fino a noi. Muore entro il mese di maggio del 1538].

32. Pietro Cavaro, Retablo di Villamar, Villamar, parrocchiale di S. Giovanni battista

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Pietro pintor, che mor nel 1541, sembra essere un altro membro della famiglia, mentre Michele Cavaro di Stampace era vivente nel 1544.204 Michele Tocco di Stampace, residente a Cagliari, fu condannato nel 1561 allesilio perpetuo per pitture oscene, dietro la condanna a tre anni di lavori forzati su una galea nel caso facesse ritorno nellisola. In margine al documento scritto: Depi(n)xit obscenas figuras contra puellam sed mirabili arte,205 da cui possiamo inferire un torto subito e una vendetta, un po come nel Vampire di Kipling e di Philip Burne-Jones [sic], e la fuga del pittore verso unaltra capitale. Fra i vari documenti possiamo citare quello in cui Lorenzo Cavaro attesta il termine del suo lavoro a Gonnostramatza, pubblicato dal parroco, don Pietro Cossu, nel 1908: en lany MDI es estada feta lo dit retaul per / ma(n)s de mestre Lore(n)s Cavaro de Stanpas feta a XV de / Dese(m)ber any de sus dit: [scorretta come] la parlata locale, ma dichiara la paternit dellopera.206 Purtroppo non ho mai visto il retablo ma mi sembra di capire che meglio dipinto [sic] e pi piccolo rispetto a quello di Villamar, composto come tutti gli altri [usciti dalle botteghe] di Cagliari con scomparti centrali e laterali su due file, con SantAntonio [leggi: San Pietro] e San Paolo nelle tavole
204. Nel Boca [sic] Antonio Cavaro Pictor 1556. [Il Pietro deceduto nel 1541 e lAntonio attestato nel 1556 sono effettivamente altri membri della famiglia dei Cavaro. Michele nasce prima del 1515; la sua attivit documentata dal 1538 al 1584, anno della sua morte. Gli unici superstiti fra quelli a lui allogati sono il Retablo di SantAntonio abate nella parrocchiale di S. Maria a Maracalagonis (1567) e il Retablo di Nostra Signora della Neve gi nel S. Francesco di Stampace, di cui si conservano tre tavole nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari (1568). Entrambi sono ritenuti di bottega; cfr. Serra 1990, sch. 103-104]. 205. Spano 1861b, p. 44, nota 1. 206. Il Corriere dellIsola, n. 209. [La Goddard King imprecisa nella citazione bibliografica cos come nella trascrizione dellepigrafe (qui come nelloriginale), dipinta nello scomparto laterale sinistro in basso del Retablo di Gonnostramatza, nella parrocchiale di S. Michele arcangelo, firmato da Lorenzo Cavaro il 15 dicembre 1501, per il quale cfr. Serra 1990, sch. 82].

laterali basse, unAnnunciazione divisa nelle due tavole alte [arcangelo Gabriele, a sinistra, e Annunciata, a destra] e una Crocefissione alla sommit. Al centro la Madonna in trono con angeli musicanti; la predella ha nove scomparti. Relativamente a determinate opere, lattribuzione [in toto] a Pietro Cavaro complicata dal pessimo latino usato dal pittore e dalla sua falsa umilt. Tuttavia lAru non ha dubbi nel ritenerlo autore del grande retablo trasferito da Villamar al Museo [di Cagliari].207 Liscrizione, che leggo sulla fotografia con una buona lente dingrandimento, la seguente: anno salutis MDXVII [leggi: MDXVIII ] die XXV mensis Maius / pingit hoc retabolu(m) Petri Cavaro pictoru(m) minimus Stanpacis.208 Pietro doveva essere analfabeta [sic], ambizioso e, di fronte alla bellezza, cieco e paralizzato al tempo stesso. In questo grande polittico (fig. 32) considerevole la presenza di motivi sia formali sia iconografici del tutto nuovi per la Sardegna. La tavolozza si compone di colori inusuali, lo schema compositivo complesso e articolato, con un piacevole senso di profondit spaziale che indica una scelta di rinnovamento. Gli asciutti angeli adolescenti dal viso dolce, con la veste [stretta alla cintola e] raccolta intorno ai fianchi, vorrebbero evocare lItalia nelle intenzioni dellartista, ma le figure sono brutte, al pari dei colori e ancor pi delleffetto finale. I due ladroni, che si contorcono con le braccia ripiegate
207. [ il grande Retablo di Villamar, oggi nuovamente nella parrocchiale di S. Giovanni battista, opera capitale della pittura sarda cinquecentesca e del cagliaritano Pietro Cavaro, che lo firm nel 1518; cfr. Serra 1990, sch. 85]. 208. [Lepigrafe dipinta nelle due estremit basse del polvarolo, provviste di scudi con le armi degli Aymerich, signori di Villamar e committenti del retablo. La Goddard King sbaglia nel riportare lanno delliscrizione peraltro controversa quanto al senso da conferire agli attributi del pittore e taccia Pietro Cavaro di falsa umilt poich interpreta pictor minimus Stanpacis come il meno abile, laddove probabilmente sta per il pi giovane dei pittori di Stampace].

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e legate alla croce, sono ripugnanti come se fossero [stati dipinti] in Svevia o in Lorena.209 Paggi agghindati rimpiazzano gli onesti, addolorati angeli in tunica e dalmatica. Al posto delle superbe piastrelle valenzane della pala di Sanluri, egli colloca una banale scacchiera di marmo bianco e nero [nella predella], a eccezione che nello scomparto [laterale sinistro in basso] con San Giovanni battista, che del resto sembra pi arcaico degli altri rispetto a tutti i punti di vista.
209. [La Goddard King pensa probabilmente al crudo realismo delle Crocefissioni di Grnewald e della pittura nordica in genere].
33-34. Pietro Cavaro, Annunciazione, Nativit, Cristo risorto, tavole laterali e tavola centrale della predella del Retablo di Villamar, Villamar, parrocchiale di S. Giovanni battista

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Nel tabernacolo, al posto della solenne Piet egli sistema Cristo risorto benedicente fra i soldati, alcuni stupiti [sic], uno adorante. Raffigura il vessillo della Resurrezione come una croce bianca in campo rosso, cos invertendone i colori, per motivi che mi restano ignoti. Il parapetto alle spalle di San Giovanni decorato con rilievi che rappresentano la decollazione del Battista e il banchetto di Erode.210 Dietro a questo appare una striscia di paesaggio con un fondo doro stampigliato che rimpiazza il cielo, secondo la tecnica utilizzata dai Vergs nel Retablo del Conestabile.211 Nella simmetrica scena del Battesimo di Cristo [scomparto laterale destro in basso], un fiume di intenso verde-bluastro,212 un orizzonte di colline e [un cielo doro con] lEterno con cartigli e colomba occupano lo spazio figurativo; la figura del Battista leggermente diversa dallaltra, in quanto meno massiccia. Sopra, [nello scomparto] a sinistra San Michele uccide il diavolo traendone un certo piacere. Questa tavola funzionerebbe meglio come pendant del Precursore sia per forme sia per colore se la si potesse collocare al posto di quella con il Battesimo. Questultima con la sua profusione di elementi decorativi distribuiti nel cielo potrebbe rialzare la composizione e bilanciare la scena delle Stigmate di San Francesco [nello scomparto in alto a destra], con il Crocefisso alato come un serafino e una chiesetta fra i boschi che irrompono nel cielo doro, e il santo pi o meno inginocchiato con un frate dormiente [a sinistra] nella parte inferiore. Oggi lo
210. Come nei Vergs. [Il laconico rimando va probabilmente agli stessi episodi della vita del Battista in due delle tavole laterali del citato polittico di S. Giovanni del Mercato, gi a Lleida e oggi a Barcellona nel Museu dArt de Catalunya, con lascrizione a Pere Garca de Benabarre, 1473 circa; cfr. Ernest Alcoba Gmez, in Cathalonia 1997, sch. 31]. 211. [Si tratta del citato polittico della cappella palatina di Barcellona, dipinto in realt da Jaume Huguet nel 1464-65]. 212. [Il colore antinaturalistico si deve probabilmente al fatto che, nel dipingere le acque del Giordano, Pietro Cavaro utilizz non il costoso blu di lapislazzuli, bens lazzurrite, che ossidandosi diventa malachite e vira al verde].

schema composto dallarcangelo e dal Cristo [in alto] e dal Battista [nelle tavole] sotto; non per possibile invertire gli scomparti [come si detto], perch non combaciano in altezza, ma certo esistono prove che quelli a sinistra sono stati eseguiti prima degli altri. Liconografia e lorganizzazione dinsieme sono pi arcaici, le forme pi solide, i dettagli marcatamente simbolici, e per esempio le due piccole anime nei piatti della bilancia di San Michele sono assolutamente di stampo medioevale, nellatteggiamento di gioia timorosa della figuretta vestita di bianco e in quello di preghiera in punto di morte dellaltra, completamente nuda. Di contro, si sottolinea qui, per la prima volta nella storia degli studi, che la volont operativa del pittore andava in un certo qual modo in direzione del bello. Ancora una volta, ad emergere [la personalit di] un Primitivo, ma consapevole e nientaffatto facile, al pari dun Primitivo francese. Nel polvarolo sono raffigurati [da sinistra in basso] San Nicola, SantOnofrio, SantAnna con Maria bambina e SantOrsola con le sue vergini, questultima nella tavola orizzontale in alto. Le tavole che incorniciavano la Crocefissione sono state rimosse. Da destra, nel pannello simmetrico alla tavola con SantOrsola, i Santi medici [Cosma e Damiano], poi verso il basso Santa Caterina [dAlessandria] con corona di rose e la ruota [attributo del suo martirio], San Cristoforo e SantAntonio abate. Forse delle tavole alte del polvarolo ancora si conserva nel Museo [di Cagliari] quella orizzontale con la figura dellEterno a mo dimperatore fra due vescovi che reggono ciascuno il modellino duna chiesa, probabilmente San Lucifero e SantEfisio.213
213. I loro pastorali non hanno ricciolo. [Effettivamente la tavola con lEterno fra i Santi vescovi Giorgio di Suelli e Lucifero di Cagliari era da restituire al terminale del polvarolo del Retablo di Villamar, assieme ad altre due larcangelo Raffaele con Tobiolo e langelo custode gi nel Museo di Cagliari, che la Goddard King cita pi avanti senza per riconoscerle come appartenenti allo stesso polittico. Il pastorale di San Giorgio tagliato in alto dalla cornice gotica, ma quello di San Lucifero conserva il ricciolo].

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Nella predella si dispongono [da sinistra] lAnnunciazione e la Nativit (fig. 33) con Maria e Giuseppe adoranti il Bambin Ges; lEpifania, il Cristo risorto (fig. 34) e lAscensione sui tre lati del tabernacolo; la Pentecoste e la Dormitio Virginis. Questultima costruita in modo da dissimulare il letto, di una forma rettangolare [prospetticamente] sbagliata, con le sante donne intorno ad esso, e si focalizza sulla piccola figura pallida [dellanimula ] della Vergine, innalzata da una coppia dangeli, mentre [in primo piano] uno degli apostoli legge dallo stesso libro riccamente miniato, che gi sera osservato nel polvarolo [della pala] di Sanluri. NellAscensione un Cristo a figura intera, abbastanza dignitoso, sale al cielo, con un braccio alzato e le orme dei piedi rimaste sulla cima del monte roccioso. Nella Pentecoste ladattamento modifica leggermente lo schema catalano gi utilizzato nel retablo [della Visitazione] di Joan Barcel. La predella rappresenta nel contesto pittorico un terzo stadio di maturazione, dopo una fase permeata di arcaismi e una dinteresse per il paesaggio, e gli esiti sono decisamente pi felici. Non sorprende dunque che Pietro Cavaro abbia firmato con tanta meticolosa cura questopera, che documenta ogni passaggio della sua esperienza giovanile e ne testimonia le tappe intermedie, come quelle fra Alastor e Adonais [sic]. Non ho analizzato finora la Crocefissione perch in essa fa la sua prima apparizione una nuova posa del Redentore, con le ginocchia sollevate quasi ad angolo retto e viste secondo una prospettiva fortemente angolata da sinistra. In unaltra Crocefissione che deriva evidentemente da questa ma con lapporto di alcune migliorie, appesa nella sala attigua [del Museo di Cagliari],214 Cristo indossa un perizoma piegato e rigirato sui fianchi, grande come una sottana. Detto tipo iconografico caratteristico del Crocefisso nella pittura sarda
214. [Dovrebbe trattarsi dello scomparto mediano alto dello smembrato Retablo del S. Francesco di Oristano, di cui si conservano altre due tavole nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, con lattribuzione ad Antioco Mainas, documentato fra il 1537 e 1571 fra i pittori di Stampace; cfr. Serra 1990, sch. 116].

35. Maestro di Ozieri, Crocefisso, Sassari, Museo Nazionale G. A. Sanna

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per il restante tratto del XVI secolo, e lo si osserva in un Crocefisso (fig. 35) conservato nel Palazzo del Comune di Sassari.215 La Crocefissione alla sommit delle pale della Dormitio Virginis e di Lunamatrona ripresenta tale peculiarit, come il trittico della Visitazione di Sorradile e un dipinto della cattedrale di Cagliari.216 Gli altri dipinti cagliaritani [della scuola di Stampace] vanno datati ad anni successivi allesecuzione di questo polittico del 1517 [il Retablo di Villamar, del 1518] alla luce di questa particolare iconografia che sembra sia stata elaborata in una fase intermedia dellattivit dellartista. Si pu ipotizzare che a Stampace fosse venerato un Crocefisso, adottato poi come modello da questi pittori, dapprima da Pietro Cavaro senza molta convinzione, quindi dagli altri inizialmente con diletto e in seguito quasi automaticamente.217 Allo stato presente degli studi non possibile stabilire se questa specificit costituisca un dato distintivo dei pittori di Stampace, ma in ogni caso ce ne potremo servire utilmente in qualit di post quem [per i dipinti che la presentano], fra il 1520 e il 1590 circa.
215. [ la tavola col Crocefisso attualmente nel Museo Nazionale G. A. Sanna di Sassari, attribuita al cosiddetto Maestro di Ozieri e dipinta prima del 1591 secondo Serra 1990, sch. 121. Proprio ladozione di tale iconografia cagliaritana del Cristo in croce pone leventualit duna formazione del Maestro di Ozieri nellambito dei pittori di Stampace, ma la stessa collocazione cronologica della sua attivit rimane problematica e fortemente discussa; cfr. Serra 1990, pp. 235-250, sch. 120-125 (tavole di Ozieri, Sassari, Ploaghe, Wiesbaden, Cannero, Benetutti) e relativa bibliografia, da aggiornare sulla base della recente acquisizione di quattro tavole dello smembrato Retablo di Bortigali, nella parrocchiale della Vergine degli Angeli, per le quali cfr. gli interventi di Marco Magnani e Wally Paris, in Pittura 1992b, rispettivamente pp. 11-23 e pp. 42-45]. 216. [La Goddard King si diffonder in seguito sulla pala della Dormitio Virginis, oggi a Gergei, e su quella di Lunamatrona, come pure sul trittico di Sorradile e sul Retablo dei Beneficiati nella cattedrale di Cagliari]. 217. [Nelleventualit di un dipinto, potrebbe essere il Crocefisso in Corte dAppello a Cagliari, del 1527 circa; cfr. Serra 1990, sch. 96. In ogni caso, la scultura lignea presa a modello dai pittori di Stampace da riconoscere nel Crocefisso di Nicodemo, custodito nella chiesa di S. Francesco ad Oristano, di datazione oscillante fra i primi decenni del XIV e la seconda met del XV secolo; cfr. Serra 1990, sch. 30 e relativa bibliografia].

Mi ha sorpresa e mi stato utile notare come i critici italiani che hanno analizzato il Retablo di Villamar ne abbiano sottolineato la sua qualit sardo-catalana, in quanto laltro aspetto quello che trovo registrato nel mio taccuino di appunti: Lo stile pi morbido, italianizzante: ombre addolciscono i volti bench persista in profondit una forma abbastanza decisa; non vi vivacit nel colore; tutte le figure si atteggiano a pose assolutamente prive di tensione drammatica. necessario tornare a questo punto al [citato] polittico napoletano della chiesa dei SS. Severino e Sossio, dove un vescovo siede in trono al centro, abbigliato con cura in camice, mozzetta e stola, con uno splendido manto di broccato. Agli angoli del trono vi sono quattro sfere. Gli scomparti laterali ospitano coppie di santi sia in alto sia in basso: qui i due San Giovanni [a sinistra] si affiancano a San Benedetto e a San Vincenzo, questultimo con splendida dalmatica di broccato ricamato, mentre nei pannelli alti i mezzibusti di San Paolo eremita e San Paolo apostolo questultimo un po ridipinto come un signore del tardo Cinquecento sono bilanciati da San Pietro le cui chiavi sono state cancellate, e da un bel papa anziano. Il pannello centrale alto mostra entro una colonnata aperta una bella Vergine incoronata, con il latte che dal seno zampilla fino alla bocca del Bambin Ges.218 Egli le rivolge il viso da elfo, ma entrambe le mani sono occupate a tenere un cesto vimineo con ciliegie. Dai fondi doro sono scomparsi i motivi stampigliati, al pari della chiostra di cuspidi sotto gli archetti ogivali. La sommit dei pannelli superiori stata riquadrata e ridipinta molto tempo fa. Ora, questa rarissima interpretazione della Vergine [del Latte] si riscontra unicamente nel Museo di Cagliari nei frammenti di
218. Che il tondo dellAmbrosiana attribuito a Botticelli costituisca lunico altro esempio di siffatta iconografia che io ricordi, mi fa sospettare che tutto considerato il dipinto non sia del Botticelli. Cfr. The Burlington Magazine, LXI, 1922, p. 157. [Si tratta della Madonna col Bambino e tre angeli, tempera su tavola rotonda detta Madonna del Padiglione, custodita nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano con attribuzione a Sandro Botticelli e datazione al 1493 circa].

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un retablo di Stampace, in un contesto iconografico piuttosto singolare. Non disponendo di una fotografia, trascrivo i miei appunti. Dal S. Francesco (al pari delle altre tavole) un pannello non finito: Vescovo in estasi, genuflesso in abito marrone e mantella bruno-robbia; una bella Vergine raffaellesca che zampilla latte mentre il Bambino la guarda. Dalla parte opposta dello spazio figurativo un Crocefisso molto bello, non quanto il tipo sardo [con le gambe ad angolo retto] ma che gli si avvicina; un lungo cartiglio alla sommit [del trono su cui siede il Santo vescovo] e due targhe che lo fiancheggiano, destinate ad ospitare delle iscrizioni. Vi anche una tavola di predella con due aggraziate figure, [alle spalle del crocefisso vi sono un] paesaggio marrone e oliva e un albero secco. Pieno XVI secolo. Aru attribuirebbe questo dipinto e le porte di S. Domenico al periodo della maturit del Cavaro. Io penso che qui si manifesti un tipo di bellezza che propria della giovent, non complicata, come di chi viva nella terra promessa. Lequilibrio quasi divino, certo suggerito dalle piccole dimensioni delle tavole. Il colore molto personale nelle parti finite questo bruno-robbia e probabilmente sentito come tale, lombreggiatura leggera come fumo, mentre [il retablo di] Villamar non d questimpressione. Vi comunque grande somiglianza nelle forme dei volti.219 Non possibile che il dipinto di Napoli sia di Andrea da Salerno, come si legge nella didascalia solitamente apposta alle riproduzioni fotografiche.220 Che sia di Francesco Pagano
219. [La descrizione contiene qualche imprecisione il vescovo non genuflesso, il Bambino non rivolge lo sguardo alla Vergine ma sufficiente a riconoscere le due tavole superstiti della Pala di SantAgostino, non finita, proveniente alla Pinacoteca Nazionale di Cagliari dal chiostro del S. Francesco di Stampace e attribuita a Pietro Cavaro ante 1538; cfr. Serra 1990, sch. 93. Sulle porte di S. Domenico la Goddard King torner fra breve]. 220. Boletin, XI, 1903, pp. 27-36. [Lincompletezza degli estremi bibliografici impedisce la verifica della citazione].

36. Antioco Mainas, Retablo di Lunamatrona, Lunamatrona, parrocchiale di S. Giovanni battista

di Napoli, come suggerisce il Tormo y Monz, non pu essere n confermato n negato perch non vi sono lavori di sicura attestazione del Pagano n in Spagna n in Italia. Quel che noi sappiamo di lui quanto segue.
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Un diario manoscritto di Valenza, consultato da Villanueva, tramanda che nel 1471 vi furono chiamati a lavorare due maestri fiorentini molto abili in pittura. Cos come gli italiani erano soliti definire tedesco chiunque venisse da Oltralpe, cos sembra che il termine fiorentino fosse utilizzato dagli spagnoli per indicare tutti gli italiani. In un atto stilato in presenza del notaio del Capitolo, il vescovo e i canonici stabilirono il 28 luglio 1472 di corrispondere a Paolo de Areggio e a Francesco Neapoli221 trecento ducati per gli affreschi della capilla mayor [della cattedrale di Valenza]. Poco importa stabilire qui se ci si riferisse alla decorazione delle volte o delle pareti del coro, dato che i dipinti sono andati perduti. Un frammento conservato in sacrestia, se proveniente dal coro, pu esser stato forse eseguito dallemiliano, oppure dal napoletano. Il vescovo menzionato nel contratto Rodrigo Borgia (1455-1492) che intratteneva relazioni con le citt costiere, senza risultare per questo particolarmente implicato nella rete di rapporti fra Jtiva e la Sardegna. Dopo il 1482 non si ha pi notizia di Pagano: potrebbe essersi diretto a Cagliari e passato poi a Napoli, ma il potrebbe non contribuisce a mettere insieme delle prove. Il pannello di Cagliari, non terminato, con la sua attenta predisposizione delle [superfici destinate a ospitare] iscrizioni,222 deve aver rappresentato la prima versione di questo motivo [elaborata a Cagliari], mentre gli insulsi putti che si arrampicano sulla cattedra del vescovo [nella pala di San Severino] sembrano uno strano
221. Francesco Pagano. [Paolo de Areggio Paolo da San Leocadio, di Reggio Emilia, che assieme al napoletano Francesco Pagano e al siciliano Riccardo Quartararo giunge a Valenza nel 1472, chiamato dal cardinale Rodrigo Borgia, per affrescare il presbiterio della cattedrale (sopravvive la Nativit, attualmente nellaula capitolare, molto deteriorata). Per la produzione dei tre pittori in terra iberica cfr. Isabel Mateo Gmez, in Pittura 1995, pp. 215-219; per quella dei singoli cfr. Pittura 1987, rispettivamente p. 725 (Mauro Lucco), pp. 722-723 (Fausta Navarro), pp. 745-746 (Francesca Campagnola Cicala)]. 222. Di tema francescano. [ difficile esplicitare il senso di questannotazione; forse la Goddard King deduce il contenuto delle iscrizioni dalloriginaria appartenenza del retablo al S. Francesco di Stampace].

adattamento della decorazione [di quella di SantEligio nella pala] di Sanluri. Il pittore napoletano deve aver conosciuto la Sardegna a fondo come la Spagna, ed il massimo che ci permettiamo di asserire.223 Affinit con alcune di queste opere cagliaritane quanto a colore, tipologie e sino a un certo punto forme si possono reperire in una pala daltare [di San Leonardo] tradizionalmente attribuita a Fiorillo e conservata nel Museo di Napoli.224 dovuta allinaffidabile autorit del Dominici laffermazione che il Fiorillo fosse un allievo di Andrea da Salerno. Sebbene anche un impostore possa talvolta dire la verit, Andrea da Salerno, Fiorillo e Dominici sono personaggi assai poco consistenti sotto un profilo storico.225 Di certo si sa soltanto che il dipinto fu acquistato per la galleria da una qualche vedova nel 1901, quando i Primitivi ancora non godevano di larga popolarit, e che reca lungo gli scomparti inferiori la seguente iscrizione: Hoc op(us) f(ecit) f(ieri) Jacob(us) de Ricard Ex / legato q(uo)dam Pascarii de Richarda et / Joanelle uxoris eius divo Leonardo dica/tu(m) est sub. A(nno) D(omini) 1521. Esisteva a Cagliari un convento di S. Leonardo, da cui potrebbe provenire questo dipinto. La parte superiore mostra una Crocefissione con solo i tre che pi amarono il Signore [la Vergine, San Giovanni, la Maddalena], fra i mezzibusti di Santa Veneranda e di SantApollonia. La parte inferiore presenta
223. [Pur nellimpossibilit di accertare lattribuzione a Francesco Pagano sia della Pala di SantAgostino, sia della Pala di San Severino, risulta a tuttoggi di estrema modernit lintuizione della Goddard King duna circolazione mediterranea di pittori e di modelli fra gli ambiti valenzano, cagliaritano e napoletano, per la quale cfr. soprattutto Limentani Virdis 1989]. 224. Pala di San Leonardo. [Si tratta del polittico datato 1521 e custodito al Museo di Capodimonte, attribuito al calabrese Marco Cardisco, attivo a Napoli fra il 1510-15 circa e il 1542]. 225. [Provocatoriamente ironica, questaffermazione della Goddard King va ovviamente riferita alla specificit del discorso contestuale. Infatti, per la ricostruzione del corpus di Andrea Sabatini da Salerno cfr. il catalogo della mostra Andrea da Salerno 1986; per Francesco o Domenico Fiorillo, che Bernardo De Dominici (1743) dice allievo di Andrea da Salerno, cfr. Thieme 1916, p. 2].

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una graziosa Madonna fra San Leonardo e San Donato e la predella unUltima cena che copia di quella leonardesca. Gli oggetti, i lavori doreficeria, le aureole sono tutti assai diversi rispetto a qualunque altra opera conservata nel Museo di Cagliari, ma questa, se fosse stata dipinta a Napoli e poi mandata a Cagliari, avrebbe ben potuto influenzare il dipinto con il Vescovo in estasi.226 La pala di Napoli comunque molto distante dallarte di Pietro Cavaro ed necessario tornare a lui e alla sua scuola. Il polittico di Villamar non ha le porte, che per possono forse identificarsi con un paio di tavole nel Museo [di Cagliari] raffiguranti come di consueto le effigi dei Santi Pietro e Paolo, stagliati contro un fondo doro finemente stampigliato. Le porte di S. Domenico 227 dovevano occupare una simile posizione [in un polittico successivamente smembrato] e sono persino pi belle, bench il fondo arabescato a rombi sia [meno elaborato e] identico a quello usato a Villamar in pannelli di minore importanza. Il colore tuttavia molto caldo e corposo, abbastanza italiano e raffaellesco, e dissimile da quello della visione del Vescovo. San Pietro indossa un mantello rosso sopra una veste bruno-violacea, San Paolo un mantello di questultimo colore [leggi: verde-oliva] e una tunica tendente al violetto. A questo gruppo di dipinti si possono accostare altri due elementi di polittico, uno con larcangelo Raffaele e un Tobiolo in posa da principino, che assomiglia al figlio di Isabella dEste, laltro con un angelo che reca spada e corona.228
226. [Lipotesi della provenienza cagliaritana del dipinto non ha avuto seguito]. 227. [La prima coppia di porte dovrebbe essere quella poi restituita al Retablo di Villamar. La seconda, anchessa ospitante le figure intere dei Santi Pietro e Paolo, si trovava nel chiostro di S. Domenico ed ora custodita nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, con ipotesi di restituzione al perduto Retablo di S. Giacomo eseguito per lomonima chiesa cagliaritana da Pietro Cavaro nel 1528; cfr. Serra 1990, sch. 90]. 228. [Si tratta delle due tavole di polvarolo che fiancheggiano la Crocefissione nel terminale del citato Retablo di Villamar].

37. Retablo dei Beneficiati, Cagliari, cattedrale di S. Maria di Castello

Il Retablo di Lunamatrona rispetta alla lettera in alcune parti gli schemi compositivi di quello del Cavaro [a Villamar], ma semplificati; ad esempio nella Crocefissione non compaiono i ladroni, i cavalieri e altre figure. Gli altri due scomparti nel registro superiore sono dedicati al tema dellAnnunciazione
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[arcangelo Gabriele, a sinistra, e Vergine annunciata, a destra], cui corrispondono nel registro inferiore San Giovanni battista e San Michele (fig. 36).229 Il San Giovanni attentamente copiato [da quello di Pietro Cavaro] con varianti nella tipologia, nei gesti e nel panneggio, intese a conferire maggiore nobilt alla figura. San Michele arcangelo, di profilo, si piega e si atteggia con moto repentino, perdendo anche lultimo residuo della posa danzante [che lo caratterizzava nei dipinti pi antichi]. Lo scomparto centrale tema raffaellesco, in quanto adattamento della Madonna Tempi (1506 circa?), con due angeli che reggono il drappo alle sue spalle.230 In entrambi i dipinti la Vergine ha il viso allungato e risulta piuttosto commovente nella sua calma esangue. Sfondi paesaggistici, che includono ampie superfici di cielo, sono usati nella Crocefissione, nella Piet [leggi: nel Cristo risorto della predella] e nei due scomparti con i santi [Giovanni battista e Michele arcangelo]. Ogni scomparto della predella occupato da una coppia di santi, ritratti di tre quarti: a sinistra San Paolo e San Pietro, SantAntonio da Padova e San Nicola di Bari; a destra i Santi Cosma e Damiano elegantemente delineati in veste di studiosi, poi Santa Lucia e Santa Caterina. Nello scomparto centrale figurano il Cristo risorto sul coperchio della tomba e un soldato genuflesso nellatteggiamento tipico del committente. Gli sporti a baldacchino e la decorazione a intaglio sono tutti in ottime condizioni, tardogotici, elaborati, non molto fantasiosi ma ricchi e aggraziati. Gli stessi aggettivi andrebbero bene per definire il tipo di pittura: provinciale, imitativa, abbastanza faticosa, un po meschina.
229. [Si trova nella parrocchiale di S. Giovanni battista ed attribuito ad Antioco Mainas, in anni compresi fra il 1537 e il 1571; cfr. Serra 1990, sch. 109]. 230. [La Madonna Tempi di Raffaello, cosiddetta dalla famiglia che la teneva nella propria casa fiorentina, si trova a Monaco nellAlte Pinakothek].

Pi o meno coevo a questo un retablo della Dormitio Virginis, nel Museo [di Cagliari],231 che vicino ai prototipi catalani quanto al numero e alla disposizione delle scene, ma pur sempre debitore al Cavaro. Lo scomparto centrale, dedicato al Transito della Vergine, sormontato da una grande Crocefissione. La serie di sinistra si legge dallalto verso il basso: Annunciazione, Nativit, Epifania; quella di destra in senso opposto: Resurrezione, Ascensione, Pentecoste. Nella prima scena lalcova della Vergine si affaccia sulla stanza dellAnnunciazione, ma il letto non raffigurato. Nella Pentecoste la Vergine siede in primo piano, un po pi avanti [rispetto alliconografia tradizionale]. NellAscensione lo schema compositivo si slarga per evidenziare la Pietra Nera, approssimativamente a forma di omphalos, venerata a Gerusalemme [sic]. Nella Resurrezione il Cristo vola via come un insetto, e il coperchio di forma cos caratteristica ruotato di novanta gradi rispetto alla tomba; un soldato ancora in preghiera mentre un altro si copre gli occhi.232 Sono tutti dettagli che si riscontrano pi o meno esattamente nel grande polittico di Pietro Cavaro. Ma il centro della predella occupato da un Cristo in piet retto da due angeli, e ciascuno degli altri quattro scomparti [due per lato] da un Evangelista seduto con la figura che lo simboleggia. [Nella prima e nella terza tavola da sinistra] San Marco taglia la sua penna e San Matteo guarda la punta della propria; [nella seconda e nella quarta] gli altri due evangelisti [San Giovanni e San Luca] sono intenti a scrivere.233 I profili del santo e dellanimale [come pure quello dellangelo di Matteo] si stagliano contro il basso orizzonte e il cielo pallido, con quel valore decorativo
231. [Si tratta del Retablo di Gergei, custodito nella parrocchiale di S. Vito con lattribuzione ad Antioco Mainas, in anni compresi fra il 1537 e il 1571; cfr. Serra 1990, sch. 108]. 232. Come nellarte bizantina di mille anni pi antica. [Il confronto vago]. 233. Iconografie riprese da miniature. [Anche qui, il rimando troppo generico per poter essere esplicitato].

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38. Retablo di Sorradile, Sorradile, parrocchiale di S. Sebastiano 39. Retablo di Orani, Orani, parrocchiale di S. Andrea apostolo

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cui la pittura sarda non rinuncia mai. La scena centrale ha un sapore conservativo e trito, come il suo lontano prototipo tedesco.234 Tuttavia, interessante rilevare il contributo personale dellartista. Nella Crocefissione, la Vergine perde i sensi e cade con movimento legnoso, ma immaginata in modo innovativo; la scena delimitata dalle alte figure in piedi di una Maria [leggi: San Giovanni evangelista] e di un soldato, come erano inquadrate una volta quelle degli artisti medioevali secondo uno schema ripreso poi dal Tintoretto e da El Greco. Ma non tutto. Nello sfondo della Nativit una citt con mura e torri una fresca visione di Cagliari; il gruppo e la posa dei pastori sono pieni di verit e di sentimento, forse la cosa migliore di tutto linsieme. Il gesto del secondo re che nellEpifania si volta per parlare al terzo pi di maniera e meno sentito. La scena della Resurrezione ambientata in una specie di caverna e si vede lalba spuntare nel cielo sulla destra. Al momento dellesecuzione di questo retablo la [citata] pala napoletana di San Leonardo doveva esser gi stata dipinta: questa radicalmente diversa sia da quello, sia dal mondo da cui scaturiva. Purtroppo il colore sordo e convenzionale, e non rimangono fondi doro in questo retablo, ma ci non sorprende se si tien conto del debito a Cavaro. Nella cattedrale di Cagliari si pu vedere un [doppio] trittico assai deteriorato e ridipinto, sopra la porta della sacrestia [dei Beneficiati (fig. 37)].235 Il Cristo di tipologia sarda [con le gambe tirate in alto ad angolo retto] appeso alla croce fiancheggiato dai due ladroni e da sole e luna; nella parte inferiore di questo scomparto [il mediano alto] la superficie
234. [La Goddard King pensa probabilmente alla xilografia di Martin Schngauer con la Morte della Vergine, del 1475 circa (Chtelet, Recht 1989, fig. 294), peraltro fedelmente utilizzata come modello dal pittore della tavola didentico soggetto nel Retablo maggiore di Ardara]. 235. [ il Retablo dei Beneficiati, ricollocato nella stessa posizione nella cattedrale di Cagliari e ascritto al 1527 circa; cfr. Serra 1990, sch. 94].

pittorica nera e indecifrabile.236 [Nello scomparto mediano] in basso la Madonna in trono fra due angeli. Negli scomparti laterali superiori si osserva lAnnunciazione [divisa in due tavole]: il banco di Maria conformato come una sedia curule con i bracci che terminano in teste di leone; lo stesso oggetto si riscontra, celato da una pesante stoffa, nella [citata] pala della Dormitio Virginis. Quanto al viso, la Madonna ricorda quella [del retablo] di Lunamatrona ed costruita secondo la stessa tipologia, richiamando in qualche modo le delicate piccole Vergini delle opere giovanili di Fra Bartolomeo. Dietro la porta aperta attraverso cui passato langelo si possono vedere un promontorio e il mare. [Nello scomparto laterale in basso a sinistra] San Bartolomeo, per tradizione lapostolo [evangelizzatore] della Sardegna (a Bonaria ancora si mostra il luogo in cui egli approd per intraprendere la sua predicazione), raffigurato con il coltello del martirio [per scorticamento] e il demone da lui sconfitto e scacciato dallidolo. Nelle zone orientali della Spagna, quella di San Bartolomeo unimmagine frequente, e la sua leggenda scolpita sulla facciata di una chiesa a Logroo sullEbro, un grande emporio lungo limportante rotta commerciale dal Mediterraneo allAtlantico: da sempre egli rappresenta infatti un simbolo dei rapporti con lOriente. [Nello scomparto laterale in basso a destra] San Gerolamo genuflesso davanti al Crocefisso, anche questo del tipo caratteristicamente sardo, con un panno sui fianchi come un cuscino. Le colline sullo sfondo sono quelle di Cagliari. Dunque in questo trittico, bench barbaramente ridipinto, pu identificarsi un altro lavoro dei pittori di Stampace.237
236. [Pi che di sole e luna sembra trattarsi del sole diurno e in eclisse al momento della morte di Cristo, in ossequio al dettato del Vangelo di Luca, XXIII, 45. Nella parte bassa della tavola si delineano contro il fondo scuro unicamente i legni delle tre croci. Sul restauro del polittico cfr. Pittura 1992a, pp. 69-88, dove Giovanni Zanzu ne riassume la vicenda critica]. 237. [La vicenda critica del Retablo dei Beneficiati sembra ben lungi dallesser conclusa in modo soddisfacente. Mentre caduta lattribuzione

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Questo breve excursus non permette di analizzare a fondo un gran numero di dipinti di scuola cagliaritana e ne tratta con troppa superficialit limitatamente ad alcune proposte di datazione approssimativa molti che invece rivestirebbero il massimo interesse.238 La tavola con due angeli proveniente da una porta della citt [di Cagliari], gi appartenuta allo Spano, e che lAru rintracci e recuper nel 1912,239 stata ridipinta tante volte che risulta impossibile dirne qualcosa di esauriente. Il San Michele ha lancia e armatura a scaglie. Laltra figura con spada e corona detta in italiano Angelo custode, in spagnolo Angel de la Guardia e in inglese semplicemente Guardian Angel senzaltra specifica. Non conosco il nome [proprio] di questangelo. Il motivo si diffonde dopo il Concilio di Trento, molto usato dal Guercino e da Guido Reni, e Browning [sic] si rivolse a questangelo in una particolare occasione a Fano. Penserei che questo dipinto [cagliaritano] dalla Porta dellAngelo rientri nella categoria dei lavori cinquecenteschi di tono arcaizzante. Nelle chiese [di Cagliari] si conservano molte altre opere, a partire dalla grande pala nella chiesa del Carmine, in cui Girolamo [Imparato] dipinse a tempera i suoi santi su fondo oro e cos firm alla fine del Cinquecento: Hieronimus Imparatus Neapolit(anus) faciebat MDXCIV.240 Oristano continuava ad essere una citt ricca e importante, ma non pi una capitale nei secoli che seguirono la fine
238. [Da questo punto in poi la trattazione della Goddard King si fa meno puntuale e incisiva, in quanto la stessa descrive perlopi opere da lei non viste personalmente, ma delle quali ha avuto notizia o dalle fonti bibliografiche, o dallAru, o dalle amiche Anna Rose ed Ellen Giles, che avevano visitato numerosi centri dellisola]. 239. Spano 1870, pp. 33-34; Aru 1920, pp. 143-144. [Si trova oggi nel Palazzo del Comune di Cagliari, con lascrizione alla bottega di Antioco Mainas, in anni compresi fra il 1537 e il 1571; cfr. Serra 1990, sch. 118]. 240. Spano 1870, p. 16. [ la Pala di SantAnna nella parrocchiale cagliaritana del Carmine, firmata nel 1594 dal napoletano Girolamo Imparato, attivo fra il 1571 e il 1607; cfr. Serra 1990, sch. 131].

40. Maestro di Oliena, Retablo di San Cristoforo, Oliena, parrocchiale di S. Ignazio di Loyola

in toto a Pietro o a Michele Cavaro, non convincono nemmeno le successive proposte in direzione di personalit precise, attive fra Roma, Napoli e la Spagna. Resta la probabilit della sua esecuzione in seno alla bottega di Stampace, da parte di un pittore manierista ibero-campano al corrente delle novit michelangiolesche e raffaellesche].

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del giudicato. Essa fu pertanto completamente spogliata dei suoi beni. Nulla rimane del patrimonio artistico della cattedrale dopo la sua ricostruzione nel XVIII secolo, come pure nella chiesa dei Francescani dopo lallontanamento dei monaci nel XIX secolo. Lo Spano comp meticolose ricerche al fine di rintracciare nei documenti i nomi di diversi [antichi] pittori, ma i suoi dati necessitano desser sottoposti a verifica, poich proprio larea oristanese quella cui sfortunatamente afferiscono i documenti apocrifi da lui utilizzati. vero che le cosiddette contraffazioni di documenti sono in genere soltanto parziali, e che alcuni di loro mantengono senzaltro un fondo di autenticit, cos come parte dello spurio Codice di Arborea devesser certamente basata su fatti storicamente veri. A tuttoggi per non abbiamo n fatti n dipinti che si possano sicuramente attribuire ad Oristano.241 Lo Spano asserisce che nel XVI secolo [leggi: XVII] Bartolomeo Castagnola dipinse la maggior parte delle tavole degli altari del S. Francesco di Oristano. La chiesa andata distrutta; per quali motivi e in quali circostanze [le tavole siano andate perdute] non mi possibile chiarirlo, ma si tratta di una faccenda poco chiara, che darebbe adito perfino a scandalo: non lecito di pubblicare, dice il buon canonico.242 Allepoca della soppressione del convento alcuni viaggiatori inglesi comprarono a buon prezzo diversi dipinti portandoli in Inghilterra. La [tavola della] Vergine di Birmingham potrebbe
241. [La Goddard King ribadisce quanto gi affermato in precedenza sul valore delle false Pergamene di Arborea, tentando di riscattarle alla luce del fondo di verit storica che potrebbero trattenere. In realt il Codice di Arborea assolutamente spurio, mentre nuove acquisizioni su dipinti quattro-cinquecenteschi presenti a Oristano sono venute da quanto si espone in seguito]. 242. Spano 1861b, pp. 41-42. [Merita trascrivere per intero il passo: Questa chiesa poteva dirsi una galleria di tavole antiche dei migliori artisti, ma nel disfarsi sacrilegamente, per fini che non lecito di pubblicare, andarono perdute per la maggior parte. Alcune ne comprarono a vil mercato passeggieri inglesi che le portarono fuori. Cfr. anche Spano 1870, p. 13].

essere fra questi.243 Nel 1842 lo Spano recuper due elementi di polittico raffiguranti San Giovanni battista e San Matteo a figura intera stagliati contro un fondo doro. I dipinti sono firmati [e datati]: Bartolomeus Castagniola feciebat in quello con San Matteo, e nellaltro: anno MDCII me(nsi)s Ap(r)il(i)s.244 I donatori sono ritratti in ginocchio agli angoli delle tavole: una donna somigliante a una suora con un rosario in mano e un uomo in abbigliamento medioevale con le mani giunte. Cos [inginocchiati] figurano anche nella tavola di Birmingham, nel retablo di San Pantaleo e nel pi tardo dipinto di Oliena.245 Questi due scomparti [del polittico oristanese] furono tagliati via dalla struttura lignea in quanto questultima non poteva essere asportata, poich le travi che la sostenevano erano tuffate nel tessuto murario. Lamica A[nna] R[ose] Giles, che dietro mia richiesta visit Oristano nel 1921, vide nel Palazzo del Comune cinque lunghi pannelli con Santi francescani su fondo doro, che quanto a datazione corrisponderebbero a quegli scomparti che lo Spano disse perduti e che potrebbero provenire dallo stesso altare, anche perch si sa che un tempo erano nella chiesa [di S. Francesco]; due quadri sono conservati nellattuale convento francescano, ma non fu possibile vederli.246
243. Anche il [citato] San Luigi di Tolosa della collezione Tschudi? [Questultima ipotesi non argomentabile, mentre come gi detto la tavola di Birmingham proviene probabilmente da Cagliari]. 244. [Si tratta di due tavole del Retablo di SantAnna gi nel S. Francesco di Oristano e oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, firmato e datato nel 1602 dal napoletano Bartolomeo Castagnola, residente a Cagliari fra il 1598 e il 1611; cfr. Scano 1991, sch. 3]. 245. [La tavola di Birmingham e il polittico di Dolianova sono stati gi analizzati. Al dipinto di Oliena con la Madonna di Montserrat si accennato anche in precedenza, ma se ne dir pi avanti]. 246. [Si tratta di elementi dello smembrato Retablo del Santo Cristo, cosiddetto dai registri del S. Francesco di Oristano, che nel 1533 lo pag a Pietro Cavaro; cfr. Serra 1990, sch. 91. Ne restano dieci tavole: nella sacrestia della chiesa oristanese le Stigmate di San Francesco; nellAntiquarium Arborense i cinque pannelli con Santi martiri francescani Accursio, Bernardo, Ottone, Pietro e Adiutto e altri quattro con Sante Caterina

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In cattedrale si trovano in unantica cappella dedicata allAnnunziata i frammenti di un retablo in stile quattrocentesco, con lo scomparto centrale occupato da due slanciate figure di santi di maniera catalana, uno dei quali Santa Chiara, e altri quattro scomparti. Tutto ci richiama molto da vicino i [citati] polittici di Santa Chiara e Santa Caterina nellaula capitolare di Barcellona e [di SantEulalia e Santa Chiara] in una cappella del chiostro di Segorbe. Poco distante appesa al muro una parte di predella con tre figure di santi, molto sbiadite ma di buona qualit. Tutte queste opere sono difficili da vedere e impossibili da fotografare,247 essendo probabilmente ancora pi antiche rispetto alla pala di cui dice lo Spano. Infine, nella sala consiliare del Palazzo del Comune si conserva una bella Madonna con bambino in trono fra gli angeli con una folla di civili ai piedi e una coppia di donatori vestiti di scuro alla maniera spagnola. Si dice che questopera sia da datare al 1565248 e che assomigli in qualche modo a una [tavola con la] Vergine nel Museo di Cagliari; sembra siano della stessa mano.249 Nello sfondo del dipinto di Oristano
dAlessandria e Apollonia, Santi Antonio da Padova e Bonaventura, Santi Stefano e Nicola di Bari, Santi Luigi di Tolosa e Bernardino da Siena]. 247. [ probabile che anche qui la Goddard King si serva di notizie di seconda mano, dunque inesatte. Gi nella Guida di Oristano del Melis (1924) non risulta alcun dipinto alle pareti della cappella dellAnnunziata. NellArchivietto della cattedrale oristanese si conservano invece sette elementi di polittico del secondo quarto del XVII secolo, attribuiti a Giovanni Angelo Puxeddu (Scano 1991, sch. 57)]. 248. [Si tratta della Madonna in trono col Bambino, San Pietro, San Giovanni battista e i Consiglieri di Oristano, datata 1565 e oggi nellAntiquarium Arborense. Era la tavola centrale del Retablo dei Consiglieri di Oristano, commissionato lanno precedente ad Antioco Mainas. Allo stesso polittico doveva appartenere la Sepoltura di Cristo nella collezione Piloni allUniversit di Cagliari. Cfr. Serra 1990, sch. 106]. 249. [La supposizione non corrisponde al vero, poich si tratta della Madonna della Consolazione, tavola centrale di uno smembrato polittico attribuito a Michele Cavaro, in anni compresi fra il 1549 e il 1567. Si accompagna a due scomparti laterali con San Giovanni battista e San Michele arcangelo, passati anchessi dal S. Francesco di Stampace alla Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Cfr. Serra 1990, sch. 99].

angioletti nudi giocano con dei fiori ai piedi della Vergine.250 In quello di Cagliari, che penso provenga da Oristano, la Vergine tiene al petto un uccello nero, come la Buona Signora, la Guardiana delle Anime [sic]: un dettaglio pregevole e affascinante. Una nobildonna di Olzai ha dato conferma della chiave interpretativa: nel folklore sardo le anime dei morti risiedono in uccelli.251 Immagino che sia questo il dipinto oristanese di cui il Brunelli aveva avuto notizia come di un mediocre trittico dipinto da un sardo-iberico influenzato dalla pittura italiana durante la seconda met del XV secolo, che si presentava privo dellala destra e comprendeva una Madonna con angeli musicanti, una Crocefissione e San Martino.252 Con ci si conclude la trattazione dei dipinti oristanesi che rientrano nel nostro ambito di studio. Nella regione di Bosa e Sagama [la Planargia] sopravvivono soltanto dipinti non pi antichi del XVII secolo.253 Ma fra le montagne nel cuore dellisola, ai piedi delle cime del Gennargentu, a Fonni e a Sorradile, Anna ed Ellen Giles mi hanno detto daver trovato due pale daltare in cattivo stato di
250. [La descrizione del dipinto contiene diverse imprecisioni: mancano gli angeli e nella coppia di personaggi a destra non sono da identificare i donatori, bens due dei cinque Consiglieri civici di Oristano. Probabilmente, non avendo visto di persona lopera, la Goddard King trasferisce qui alcuni dettagli della tavola cagliaritana, come appunto gli angioletti nudi che colgono fiori nel prato ai piedi della Vergine]. 251. [La tradizione si conserva tuttora nella cultura popolare]. 252. Brunelli 1907, pp. 363-364, nota 5. [Anche qui la Goddard King tratta in inganno dalla mancata verifica delle notizie di seconda mano: il trittico in oggetto, tuttaltro che mediocre, il Retablo di S. Martino, gi nellomonima chiesa di Oristano. Le due tavole superstiti, oggi nellAntiquarium Arborense, sono lo scomparto mediano (in alto la Crocefissione, in basso la Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti) e uno scomparto laterale (in alto la Carit e in basso la Consacrazione vescovile di San Martino) di una pala daltare strutturata a trittico, ascritta a pittore catalano della prima met del XV secolo. Cfr. Serra 1990, sch. 38]. 253. [In realt, oltre agli affreschi trecenteschi nella chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos, si conserva a Bosa nellepiscopio una tavola con la Sacra famiglia, ascritta alla fine del XVI secolo; cfr. Serra 1990, sch. 126].

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conservazione, una delle quali non priva duna certa grazia. Di quello che fu probabilmente il retablo mayor della chiesa parrocchiale di Fonni manca lo scomparto centrale, che potrebbe aver ospitato una nicchia per una statua come nei polittici di Ardara e Villamar. Gli scomparti laterali [bassi] presentano San Cristoforo e San Giovanni battista. Il primo immerso sino alle ginocchia in un fiume tra le montagne, in atto di adorare il Bambino sulle spalle. Si appoggia a una palma saldamente piantata e tiene una mano sul fianco e un piede su una roccia. Lintera figura deriva evidentemente da quei grandi affreschi che i viaggiatori possono osservare a Siviglia, nella chiesa di S. Giuliano e nella cattedrale. Il Battista copiato quanto pi fedelmente possibile da quello del Cavaro [a Villamar], e come quello ritto contro un alto parapetto di legno; sullo sfondo pende un drappo fittamente decorato. Il suo volto, dalla barba leggera, corta e rada, pi allungato e pi magro rispetto a quelli dei pittori di Stampace. Negli scomparti [laterali] alti erano raffigurati San Gerolamo e Santa Caterina, di tre quarti. Santa Caterina, a destra, con palma e spada, si staglia sullo stesso tipo di sfondo; in basso, il drappo del Battista corrisponde al suo, secondo un partito compositivo in diagonale. San Gerolamo genuflesso, nudo sino alla cintola, davanti a un paesaggio montagnoso. Anche queste figure sono tipologicamente riferibili a Siviglia, ambiente da cui gli stessi Zurbarn e Montaes hanno ereditato analoghi motivi, utilizzati allo stesso modo. [Nella tavola mediana alta] la Crocefissione pi arcaica: il Cristo sardo pesantemente appeso alla croce, con la Maddalena inginocchiata ai suoi piedi, mentre San Giovanni posa la mano sul suo torace. La Vergine, avviluppata in un velo, solleva le mani con le dita che si congiungono in un adattamento del gesto spagnolo di lontana origine bizantina. Una citt cinta da mura attraversa lo sfondo.254
254. [Il Retablo di Fonni stato smembrato e oggi nella parrocchiale di S. Giovanni battista si trova soltanto la Crocefissione (cfr. Devozione 1998, fig. a p. 41), mentre nel libro della Goddard King pubblicata alla tav. XXXVII una foto della tavola con il Battista].

probabile che un tempo questo polittico fosse un buon dipinto, ma and certo rimaneggiato pi duna volta prima di venir scomposto. Il connubio di due soggetti stampacini con altri due sivigliani curioso e significativo, e la datazione deve farsi risalire senza dubbio al XVI secolo. Molto diverso nella sostanza laltro antico dipinto, un trittico [di Sorradile] dedicato alla Visitazione (fig. 38).255 Sbiadito e offuscato, ridipinto e completamente rovinato in larga parte nellanta destra, mantiene comunque freschezza, personalit e una straordinaria intimit. Nella Piet [primo scomparto mediano dal basso] il Cristo morto ritto sulla tomba aperta e ne tocca il bordo con la punta delle dita, mentre la testa reclina sul torace. Dietro di lui, il quadrato bianco di un sudario sollevato da una coppia di angeli che si scorgono a malapena. Nei pannelli laterali, [a sinistra dal basso] San Pietro sta alla destra del Redentore e legge un libro, impugnando la chiave come una mazza; manca parte della figura di San Paolo, collocata simmetricamente rispetto a lui.256 Nei riquadri triangolari alla sommit si dispone lAnnunciazione [divisa nelle due ante]; negli scomparti inferiori sono raffigurati a sinistra una santa velata [Santa Caterina dAlessandria] e a destra un apostolo che non so identificare [leggi: Santa Lucia]; sotto di questi, rispettivamente San Michele arcangelo [sic] e SantAntonio abate. Lincontro delle cugine [Maria ed Elisabetta, nella Visitazione dello scomparto centrale] ha luogo in una stanza con due finestre aperte su mura cittadine [sic] e un paesaggio boscoso. Una servetta [leggi: un uomo] sbircia dalla porta di un lungo corridoio, mentre San Giuseppe dallaltro lato sta in piedi con unaria poco interessata a quanto accade. Nella stanza ariosa, nella luce ombreggiata e nel fogliame che mormora
255. [ il Retablo di Sorradile nella parrocchiale di S. Sebastiano, commissionato nel 1590; cfr. Lucia Siddi, in Pittura 1992a, pp. 175-177]. 256. [Dopo il restauro, restano solo labili tracce di questo San Paolo; nella Piet non ci sono angeli e il sudario del Redentore non sollevato da questi, ma pende da quella che si direbbe limboccatura di una cavit sotterranea].

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dalle finestre aperte, come pure nel gesto dellalta figura femminile col capo [semi]coperto da un velo bianco [la Vergine] che si piega in avanti ad accogliere fra le braccia la donna pi anziana a lei tanto somigliante, si apprezzano tutte le sfumature spirituali, tutti i risvolti emotivi della sensibilit tipica dei popoli nordici, di gente abituata a sviluppare una vita interiore, per la quale il vivere quotidiano duro, il clima nemico, la terra avara di frutti. La razza isolana si esprime qui con un linguaggio generalmente definito nordico, e il XVI secolo evoca un clima insolito, che non si apprezza prima del XVII o del XVIII secolo. La Crocefissione [nello scomparto mediano pi alto] ambientata in uno scenario simile a un parco, con un fiume che serpeggia fra pascoli verso boschi di querce e la sagoma di una citt sullo sfondo. La croce sembra innalzata su unisola nella corrente. La Vergine pare invecchiata dal dolore e San Giovanni stupito e attonito nella sua costernazione. La regione in cui i pendii settentrionali del Gennargentu giungono alla valle del Tirso fu evidentemente lhabitat di questo pittore. Qui sono ubicate Ottana, da dove fu trasportato a Cagliari il [citato] polittico, e vicino, ai piedi di un lungo declivio, lerta cittadina di Olzai zigzagante lungo una valletta fluviale. Nella chiesa parrocchiale [di S. Giovanni battista], di fronte al Retablo della Peste, appeso un dipinto cinquecentesco con la Sacra famiglia dedicato al reciproco affetto delle tre persone.257 Alla sommit si colloca la Crocefissione e nei
257. [Il Retablo della Peste, descritto in precedenza, oggi nella chiesa di S. Barbara, dove si trovano anche un pannello laterale di polittico smembrato, con le Sante Apollonia e Lucia (in alto) e Santa Barbara (in basso), inedito al pari del retablo che corrisponde allopera descritta dalla Goddard King. Dopo il restauro, nella tavola centrale di questultimo non figura pi la Sacra famiglia, bens una Madonna col Bambino; lo scomparto mediano alto occupato dalla Crocefissione. In quelli laterali si dispongono in basso due santi martiri, gi trasformati in Santo Stefano (a sinistra) e SantAnastasio (a destra); in alto San Costantino imperatore e SantElena. Nella predella, da sinistra, un vescovo (localmente

due scomparti laterali sono rappresentati dei santi che non riesco a identificare, eccetto Santo Stefano e forse San Giacomo; altri quattro si dispongono ai lati del Cristo risorto. Nonostante la presenza di residui di cuspidi coerenti con i pannelli, questopera appartiene alla met del XVI secolo, come attestano pure la posizione dei due santi a figura isolata nei loro scomparti e lo schema dei contrasti fra colori chiari e colori scuri, che vengono a determinare con i gesti e il capo inclinato. Ma il dipinto stato troppo rimaneggiato perch se ne possano trarre informazioni di rilievo. Con ogni probabilit i grandi veli bianchi della Vergine e di San Giovanni nella Crocefissione derivano da una tradizione del cristianesimo iberico.258 Dopo aver visitato la montuosa Olzai, vidi a Orani [in parrocchiale] nella cappella della confraternita un interessante retablo (fig. 39) che conserva intatte le pregevoli cornici ornamentali gotiche.259 stato restaurato lultima volta quindici anni fa da un giovane pittore di genio, per volont di una devota. Poco pi che quindicenne, costui ridipinse la Madonna col Bambino [nella tavola centrale] come meglio pot, e il risultato forse irrimediabile.260 Probabilmente lo schema compositivo replicava quello della pala di Tuili. Nessuno sembra sapere cosa fosse rappresentato nello scomparto superiore [il Giudizio finale], mentre al centro della predella si colloca una Nativit. I grandi scomparti laterali presentano San Giovanni evangelista e San Bartolomeo, sovrastati dallAnnunciazione
identificato con San Biagio), San Pietro, il Cristo risorto, San Mauro (?) e un altro vescovo, che la tradizione locale identifica con San Liberato. Il polvarolo ha perso i dipinti ed oggi a legno]. 258. Cfr. le regine di Velzquez [sic]. 259. [Si tratta del Retablo di Orani, nella parrocchiale di S. Andrea apostolo, ancora sostanzialmente inedito]. 260. [Il giovane pittore di genio diverr uno dei protagonisti dellarte sarda del Novecento: infatti Mario Delitala, nato a Orani nel 1887, che restaur la Madonna col Bambino nellagosto 1910, firmando e datando il suo intervento, tuttora conservato].

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[divisa in due tavole]. Nella predella sono raffigurati [ai lati della Nativit] San Paolo e San Pantaleo a mezzo busto, e alle estremit i due cavalieri, in questo caso San Gavino e San Giorgio. Anche in buone condizioni, questo dipinto non avrebbe certo potuto definirsi di qualit, e probabilmente lattuale strano fascino emana un effetto estetico maggiore di quello che avrebbe forse generato loriginale. In proposito ricordiamo che il canonico Spano riporta da qualche parte un decreto emesso da un [arci]vescovo oristanese, il quale si rivolgeva ai parroci che avessero assunto un imbrattatele qualunque per abbellire Santi, o per dipingere quadri ammonendoli che la spesa non sarebbe stata loro abbuonata nei conti, cio che lavrebbero poi dovuto pagare di tasca propria.261 Si conserva ancora un impressionante numero di dipinti nel paese di Oliena; pur essendo ubicato quasi direttamente a est di Orani, lo si deve raggiungere da Nuoro per via delle [non agevoli vie di comunicazione fra le] colline che separano i due abitati. Tutti questi inaccessibili e poveri villaggi devono allindigenza dei loro abitanti la sopravvivenza di antichi dipinti, che evidentemente non si pot soppiantare nel XVII secolo con belle opere aggiornate al gusto corrente, come accadde a Bosa, a Nuoro o a Sassari. In effetti la parrocchiale di Oliena conserva in sacrestia un Apostolado di questepoca pi tarda,262 ma nella chiesa di S. Maria, ora non pi officiata, vi sono pezzi di et precedente. Il pi importante di questi, dedicato alla Madonna di Montserrat, rientrerebbe piuttosto nellambito del secondo volume del presente lavoro.263 Nella cappella successiva, troppo buia perch si possano scattare delle fotografie, si trova un dipinto assai deteriorato ma molto bello. forse
261. [Spano 1861b, p. 55, nota 1]. 262. [Si tratta di una serie di dipinti su tela sei-settecenteschi con figure di Apostoli, custodita nei locali dellex casa gesuitica adiacente alla parrocchiale di S. Ignazio di Loyola]. 263. [Il dipinto stato gi pi volte citato, ma non stato possibile rintracciarlo a Oliena, tantomeno nella chiesa di S. Maria, dove si trova ormai soltanto una tela sei/settecentesca con lAssunzione della Vergine].

della stessa mano di un elemento di polittico rappresentante SantOrsola e le sue vergini, conservato nel Museo di Cagliari,264 ma di qualit pi alta rispetto a questo, squisito nei suoi toni verde-oliva e rosa, da inserire nella piena fioritura cinquecentesca ormai libera da qualunque legame con la pittura dei Primitivi. Nella cappella di fronte [si trova un polittico nella cui tavola centrale] una deliziosa Madonna col Bambino e angeli (fig. 40) che offrono ciliegie ricade per sotto linfluenza del Pinturicchio, rivisitato secondo linterpretazione che se ne diede a Valenza. [Da sinistra, negli scomparti laterali bassi] i poetici giovani paggi che laccompagnano sono San Giuliano e San Sebastiano [leggi: San Fabiano]; nel registro superiore SantApollonia collocata simmetricamente a San Rocco, San Cristoforo alla sommit. La ricca decorazione a intaglio di un Gotico flamboyant e la datazione va collocata fra il 1530 e il 1535 circa.265 Potrebbe sembrare pi arcaico, persino un esempio di pittura primitiva darea valenzana sarda, sulla base del disegno dei broccati, della forma dellaureola e del drappo [alle spalle della Vergine]. Nella predella il Cristo morto distende le mani verso [le figure che lo fiancheggiano,] due Santi vescovi [San Giorgio di Suelli e San Nicola di Bari], con un santo barbuto [San Giovanni battista] allestremit sinistra. La giovane figura secolare in copricapo e mantella con uno stendardo nella
264. Maestro di SantOrsola. [ il nome sotto cui passava il pittore delle due tavole gi nel convento annesso alla chiesa della Madonna di Bonaria e poi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, appartenenti alla smembrata Pala di SantOrsola: lo scomparto centrale con SantOrsola e le sue compagne fra i Santi Michele e Damiano e la lunetta con la Madonna col Bambino, Santa Caterina dAlessandria e altra santa. In seguito al recupero di un suo disegno firmato (la Sacra famiglia oggi a New York nel Metropolitan Museum of Art), lo si identificato nellalgherese Francesco Pinna, documentato a Cagliari fra il 1591 e il 1617. Cfr. Serra 1990, pp. 255-269 e sch. 133 (Pala di SantOrsola, 15931607); nuove acquisizioni in Galleri 1996]. 265. [Si tratta del Retablo di San Cristoforo, oggi nella parrocchiale di SantIgnazio di Loyola, ascritto al Maestro di Oliena e al secondo quarto del XVI secolo; cfr. Serra 1990, sch. 64].

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mano destra potrebbe essere San Gimignano [leggi: San Gavino di Torres], che il Crivelli rappresenta come un paggio portainsegne, dal momento che i contadini [di Oliena] chiamano questa la cappella di S. Gimignano. I temi compositivi, pur superati, si dimostrano comunque aggiornati e latmosfera che si respira in questo pezzo, cos come a Valenza negli stessi anni, pienamente avvertibile come umbra. A Sassari poco sopravvissuto al rinnovamento artistico reso possibile dalle prospere condizioni della citt nel XVII secolo.266 La figura di un Santo francescano, i cui fratelli doro sono tutti morti, imprigionata nella pala daltare duna chiesa insignificante.267 Per lanalisi di due bei dipinti nella sacrestia di S. Maria di Betlem si dovr attendere la pubblicazione del secondo volume di questopera, e cos di necessit per le interessanti ante dellorgano della cattedrale, dipinte da Diego Pinna.268 In verit quasi tutti i paesi [della Sardegna] possono vantare un dipinto anche se deteriorato, ma in questi poveri residui non vi nulla di rimarchevole o che valga la pena di considerare, e il mio saggio finirebbe per assumere i caratteri di un semplice inventario.269 Devo tuttavia rammaricarmi
266. [Per la storia architettonica e urbanistica di Sassari nei secoli che qui interessano cfr. Porcu Gaias 1996]. 267. [Il linguaggio poetico della Goddard King si applica allelemento di un polittico smembrato che doveva annoverare altre simili figure di santi, poi adattato al centro duna pala daltare di et seriore. Si tratta del Santo diacono in una tavola della fine del XV secolo, custodita a Sassari nel convento di S. Antonio abate, per la quale cfr. Serra 1990, sch. 66]. 268. [Il riferimento alla coppia dante gi dellorgano e oggi nel braccio sinistro del transetto del S. Nicola a Sassari, datate 1576 e da riferire al pittore Joan Baptista Trivulzi; cfr. Porcu Gaias 1996, p. 317, nota 424. Del suddiacono sassarese Diego Pinna, pittore, si conserva invece nella stessa cattedrale la Madonna del Tempietto, olio su tela firmato e datato nel 1626; cfr. Scano 1991, sch. 24]. 269. [Per la distribuzione geografica dei dipinti quattro-cinquecenteschi superstiti in tutto o in parte, o documentati solo archivisticamente nel territorio sardo, cfr. Marcella Serreli, in Retabli 1993, pp. 143-157].

di non aver potuto vedere tutti gli antichi dipinti sardi dei quali si abbia notizia. C qualcosa a Suelli e a Barumini.270 Si dice che a Gergei si trovi unimmensa pala, molto arcaizzante, e nei paraggi [la chiesa di] S. Vittorio conserva un trittico di buona qualit.271 A Tuili [nella cappella di fronte al retablo gi descritto] esiste una seconda pala, datata 1534 [da uniscrizione] in sardo: in san(n)u MDXXXIIII, con ventotto [leggi: quarantatr] scomparti, dedicata ai misteri della Vergine e al Redentore. Il canonico Spano, unautorit in materia, era sicuramente in grado di apprezzare la buona pittura: egli afferma che nella Nativit si osserva una bella figura di San Giuseppe.272 Nellangolo in basso a sinistra inginocchiato un donatore in adorazione [sic]. A leggere il catalogo della collezione privata del canonico e i suoi appunti su altre analoghe raccolte ci si accorge con dispiacere che molte delle opere citate non sono pi reperibili.
270. [Nella parrocchiale di S. Pietro a Suelli avrebbe interessato la Goddard King soprattutto il grande Retablo di Suelli, attribuito a Pietro e a Michele Cavaro e a un aiuto, in anni compresi fra il 1533 e il 1537 circa; cfr. Serra 1990, sch. 97. La segnalazione di qualcosa a Barumini relativa probabilmente al polittico tardocinquecentesco, con simulacro ligneo della Madonna e scomparti dipinti, nella parrocchiale della Beata Vergine Immacolata (Lilliu 1991, pp. 6-7)]. 271. Crocefissione, sacrestia [della parrocchiale] di Posada. [Per questultima opera, oggi nellepiscopio di Nuoro, attribuita a Frans Francken il Giovane (1606 circa), cfr. Scano 1991, sch. 15. Limmensa pala il Retablo di Gergei gi descritto dalla Goddard King, che per lo vide nella raccolta museale cagliaritana senza poterne appurare la localit di provenienza. Laltra opera di cui fa cenno forse la Pala della Madonna del Libro, che si trova sempre a Gergei nella parrocchiale di S. Vito, con ascrizione allultimo quarto del XVI secolo (R. Serra 1990, sch. 138)]. 272. [Spano 1870, p. 15, nota 2. Si tratta del Retablo della Pentecoste nella parrocchiale di S. Pietro a Tuili, datato 1534. Gli scomparti sono ben 43, sommando i 9 della predella, i 19 del polvarolo, i 7 principali (mediano alto: Pentecoste; laterali, dal basso, a sinistra: Nativit, Resurrezione, Ascensione; a destra: Annunciazione, Epifania, Assunzione) e i 6 con Angeli musicanti ai lati della nicchia centrale che un tempo ospitava una statua probabilmente della Vergine col Bambino. Cfr. Serra 1980, p. 83, figg. 75-77].

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possibile che esistano in Sardegna altri importanti [antichi] dipinti di cui io non abbia avuto notizia, ma non credo. Nel percorrere lisola al fine di raccogliere materiale per la grande opera che non avrebbe mai scritto a causa della sua prematura scomparsa, Ellen Giles fin per vedere praticamente tutto quel che cera da rilevare;273 bench i suoi taccuini siano zeppi per la massima parte di annotazioni sul folklore, sugli usi e costumi, sullabbigliamento tipico e sulle tradizione orali, quando le capitava dimbattersi in dipinti, questi venivano puntualmente registrati. Ho letto con attenzione quei taccuini, e ho ragione di credere che alcuni dei dipinti descritti siano scomparsi per sempre dalla Sardegna. [David Herbert] Lawrence non riferisce nulla in proposito, ma [ci non deve stupire poich] la sua sensibilit andava piuttosto in direzione degli aspetti interiori, e non di quelli materiali, della realt sarda.274 Ritengo comunque che i dipinti esaminati e discussi in questa mia trattazione siano sufficientemente rappresentativi e degni dinteresse in questo campo di studi.275

Resta infine da considerare un altro maestro, logliastrino Andrea Lusso, affine al napoletano Girolamo Imparato, il quale, bench in effetti vissuto negli anni del Ribera, talvolta dipinse alla maniera dei Primitivi. A Londra custodita una tavola del Pisanello raffigurante SantUberto [leggi: SantEustachio], in cui non c traccia di cielo. La verde landa boscosa e le figure [animali] ricoperte di piume o di mantelli che la popolano si estendono fino al terminale della cornice.276 Allinterno dellaula capitolare di Barcellona sono conservati preziosi dipinti attribuiti a Bernat Martorell, uno dei quali rappresenta la Moltiplicazione dei pani e dei pesci; la folla si protende in alto, scalando le grandezze in profondit sino alla sommit della scena.277 In una tavola del Museo di Cagliari, SantEustachio [leggi: San Giuliano] insegue un cervo che si volta a guardarlo con biasimo; un bracco rosso e uno bruno, assieme a uno spaniel riccioluto, partecipano alla caccia. Qui il bosco arriva quasi alla sommit del pannello, come una macchia nera bordata da foglie. Bench assurdo quanto alla coerenza del disegno [con lo spazio naturale], il dipinto assai vivace.278 Sono tutte opere di Primitivi,
con la Madonna col Bambino e il Volto di Cristo nel mandilion, nella cattedrale sassarese, della fine del XV secolo (sch. 69); per quella cinquecentesca: lAddolorata nella chiesa cagliaritana di S. Rosalia, attribuita a Pietro Cavaro post 1520 (sch. 88), il Retablo dei Consiglieri nel Palazzo del Comune di Cagliari, 1527 circa (sch. 95) e il Retablo di Nostra Signora di Loreto nella sacrestia della cattedrale ozierese di S. Maria (sch. 120), attorno al quale si costruito il corpus del Maestro di Ozieri, che svolge peraltro il ruolo di grande assente nella sistemazione critica della Goddard King]. 276. [Si tratta della Visione di SantEustachio di Antonio Pisano, detto il Pisanello, custodita a Londra nella National Gallery]. 277. [Il miracolo raffigurato nello scomparto inferiore sinistro del Retablo della Trasfigurazione, in una delle cappelle radiali della cattedrale di Barcellona, dipinto da Bernat Martorell fra il 1445 e il 1452; cfr. Gudiol i Ricart, Alcolea i Blanch 1986, cat. 389]. 278. [Si tratta della Caccia di San Giuliano nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, elemento dello smembrato Retablo dellAnnunciazione attribuito a Joan Mates, di cui gi si detto].

273. E[llen] e A[nna Rose] Giles. [Dal contesto di questa e daltre citazioni si deduce che le due, amiche della Goddard King, andavano elaborando un libro sulle sacre rappresentazioni in Sardegna; Anna Rose continu a lavorarci anche dopo la prematura scomparsa di Ellen, ma lopera non risulta pubblicata]. 274. [Il riferimento allopera Sea and Sardinia di Lawrence (1923)]. 275. [Il panorama della Goddard King in effetti abbastanza completo, ma fra gli antichi dipinti a lei noti risultano diverse lacune, principalmente relative a quelli sopravvissuti in chiese di secondaria importanza o in luoghi allora difficilmente accessibili. Per i pi rilevanti fra questi cfr. Serra 1990, in particolare per gli affreschi romanici: i lacerti del S. Simplicio di Olbia e quelli del S. Lorenzo di Silanus (sch. 10-11); per la pittura su tavola due-trecentesca: il dossale della Madonna col Bambino fra i Santi Antonio abate, Chiara, Giovanni evangelista, Cecilia, Dorotea e Francesco dAssisi nellepiscopio di Oristano, attribuito a Memmo di Filippuccio ante 1300 (sch. 15), e la Madonna del Bosco nella cattedrale di S. Nicola a Sassari, attribuita allambito di Nicol da Voltri e alla fine del XIV secolo (sch. 17); per quella quattrocentesca: la Madonna del Giglio a Cagliari nella chiesa di S. Giacomo, dellultimo quarto del XV secolo (sch. 44), e lo splendido stendardo processionale

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e quando questo momento pittorico ebbe termine, fin anche questo tipo di composizione, per essere poi nuovamente appreso [dallOccidente] sulla base dellarte giapponese.279 A Martis, la grande tela di Lusso con San Pantaleo che guarisce un paralitico [alla presenza dellimperatore Diocleziano]280 organizzata nello stesso modo, portando cio sino alla cornice il gruppo dei dignitari da un lato e la folla dallaltro. La scena sembra una trascrizione, pi tarda di un secolo, di quella dei Vergs. La folla si compone di singoli individui, ciascuno caratterizzato da un proprio atteggiamento spirituale, come in una narrazione della Morte di Art [sic]. Il colore si mantiene bello nei suoi rossi e verdi squillanti, non offuscati, non velati, n modulati. Sebbene non si raccolga a macchia come nei ritratti di Holbein, appare ugualmente puro. Nella composizione, nel colore, nella forma e nella visione concettuale, questa pala daltare opera di un Primitivo, nonostante quella dellAssunta a Calangianus, dello stesso Lusso, risulti dipinta in uno stile che ricalca fedelmente modi italiani del XVI secolo. Dellopera che egli firm nel 1610 a Posada non rimane traccia.281 Questa di Martis firmata nel seguente modo, al solito molto stringato: Andreas Lusso Sardus Oppidi / Oleastrj dioecesis suellensis In/ventor an(n)o D(omi)ni 1595.282 I Primitivi sardi, in conclusione, sono artisti iberici al pari dei pittori del XVII secolo. Larte dellisola iberica come
279. [Pur sbrigativo, il riferimento allo studio della grafica giapponese da parte soprattutto degli Impressionisti francesi nellultimo quarto dellOttocento e in generale degli artisti europei nei vari ambiti del Modernismo]. 280. Spano 1859a, pp. 89-93. [Firmata e datata nel 1595 dallogliastrino Andrea Lusso, proviene dalla chiesa di S. Pantaleo e si trova nella parrocchiale di S. Giuseppe a Martis]. 281. Spano 1870, pp. 18-19. [Dalla parrocchiale di S. Antonio abate a Posada proviene la tavola con il Perdono delladultera oggi nellepiscopio di Nuoro, attribuita ad Andrea Lusso e agli inizi del XVII secolo, forse in relazione con quella dei Misteri della Vergine, descritta dallo Spano con un cartellino dovera scritto: Andreas Lussi de Oleasto an(n)o D(omi)ni 1610; cfr. Scano 1991, sch. 16]. 282. [Per Andrea Lusso, nato a Ilbono e residente a Lotzorai, documentato dal 1595 al 1627, cfr. Cocco 1975].

quella di Siviglia, di Valenza o Salamanca. Ma, come la pittura a Cordova, a Jtiva o a Saragozza, [la pittura sarda] fortemente originale e i caratteri quattrocenteschi risultano sottoposti a speciali adattamenti, volti a modificare e migliorare [i modelli]. Cosa possiamo dunque affermare, circa le peculiarit dellespressione artistica sarda? Questa gente testarda produsse uno stile altrettanto ostinato e rigido: tenace per tradizione, per motivi ricorrenti, per forme e composizione, con meno modifiche possibili. Le cornici gotiche continuarono ad essere utilizzate fino ad anni successivi il 1530 e i fondi doro ricorrono, sebbene sporadicamente, fino al 1594. I Sardi sono uomini duri e poco inclini ai modi aggraziati, come la loro arte. Le loro Vergini non sono belle, ma non vi altro posto, allinfuori della Toscana, in cui le forme sindovinino cos solide sotto gli indumenti, le carni cos sode alla percezione tattile. Gesti, pose, portamento personale sono particolari, individuali. Era necessario constatare e comprendere come le splendide accensioni di rosso, le intensit di verdi e di blu, le aureole e i fondi doro, le meravigliose decorazioni dei broccati, fossero volutamente dipinte [nelle pale daltare] in funzione di chiese buie, senza [grandi] finestre, nelle quali il linguaggio romanico fu sorpassato solo dal gotico iberico levantino, e del resto ambedue gli stili furono espressamente concepiti in modo da contrastare unampia diffusione della luce allinterno. Allestremit della lunga navata, il retablo deve ardere e brillare, con i personaggi ben stagliati, ciascuno come sagoma isolata. Lisola, autonoma, spesso isolata dallItalia a causa della sua situazione politica, come dallAfrica, dalla Francia e dalla Spagna per la sua posizione geografica, possiede un proprio artigianato artistico,283 perfettamente evoluto, completo e vario, e molto interessante quanto ai caratteri autoctoni della relativa produzione. La bellezza dei tessuti, il disegno delle cassapanche intagliate, dei mobili e delle porte, gli intrecci dei cesti utilizzati al posto dei recipienti in terracotta, la perfezione
283. [Per larte popolare sarda cfr. lopera classica di Arata, Biasi 1935].

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dei manufatti artigianali in ferro battuto, hanno imposto alla gente [sarda] un senso della decorazione che indirizza non solo alla pura creativit ma anche al gusto artistico. Il retablo organizzato alla stregua di un arazzo, perfettamente in grado di assurgere a modello, al pari del broccato nei mantelli e nelle dalmatiche. Anche i singoli oggetti coppa, pastorale o leggio raffigurati nei dipinti assumono di conseguenza una vita propria. Le piastrelle furono probabilmente un lusso [e un articolo] dimportazione, bench mi sia capitato di vederne molte a Cagliari, simili a quelle su cui si erge il Battista [nel retablo] di Villamar. In effetti possibile che il meridione dellisola possedesse un tipo dargilla adatto per la fabbricazione delle piastrelle, nonostante gli azulejos [del retablo] di SantEligio siano della pi fine fattura iberica. I copriletto,284 gli arredi, le strade cittadine raffigurate in una predella, lo sfondo paesaggistico in uno scomparto superiore, come pure i motivi stampigliati sul fondo doro e le decorazioni a intaglio della cornice, sono tutti motivi nuovi, locali, e non ripetuti altrove. Sia le vie cittadine, sia le citt turrite e le baie circondate dalle montagne sono trattate con notevole attenzione al dettaglio. Le differenze fra Barcellona e Cagliari nelluso del fondo doro sono sorprendenti, come quelle fra Cagliari e lUmbria per quanto attiene allo sfondo paesaggistico, e sono differenze che decretano la superiorit del pi piccolo, e non del pi grande. Il commerciante felice quando riesce a ripetere i suoi exploit, ma il tessitore, il ceramista e il pittore al banco di lavoro non si ripetono mai. Lisola una dura madre. Il terreno non fertile, il clima ostile, reso ancor pi inclemente dalle nevi e dai miasmi [delle paludi]. Di conseguenza gli isolani si sono temprati in modo pi simile alle razze nordiche, per insegnare loro il senso del focolare, la riservatezza, la sensibilit della gente avvezza a vivere in interni. Varianti di luce, di umore, di benessere fisico sono percepibili nelle Vergini di Pietro Cavaro, nel Retablo di Tuili, nel trittico di Sorradile. Le Madonne persino quella di Castelsardo non sono ieratiche e distaccate, n appaiono serene nella consapevolezza della propria bellezza e
284. Mantas [in sardo].

salute, n sicure di se stesse, mentre gli angeli sospesi sopra la Regina dei Cieli esprimono una sensibilit inquieta. Diversi giovani santi pensosi meditano in concentrato silenzio. La Piet nella predella, che in Italia cessa ben presto di rappresentare anche soltanto una possibile scelta di soggetto, viene qui mantenuta e utilizzata con straordinaria dedizione: gli stessi soldati romani dimenticano il loro dovere e si abbandonano alladorazione [del Cristo]. In Sardegna la religione incute ancora timore. Nei dipinti di cui si detto, essa permea lo spazio come un suono che si produce in un altro ordine di accadimenti, come un profumo dincenso. onnipresente, dalle rigide figure di San Francesco e San Nicola della [ex] cattedrale di Ottana al languido San Giacomo nella cappella [della chiesa cagliaritana] del Carmine. Come nella pittura spagnola ritroveremo sempre un dettaglio realistico, in alto su una mensola o in altro oggetto in primo piano, cos un flusso, un palpito di religiosit emana dalla pittura sarda, da un volto o da un gesto, nel voltarsi della testa di un angelo, nelle spalle curve di un pastore. Gli interni in cui hanno luogo lAnnunciazione o la Visitazione, il comporsi di San Giuseppe, della Vergine e del Bambino in gruppo con un gesto che assieme naturale e informale, evocano quel particolare senso dellatmosfera di una casa, di una vita trascorsa fra le pareti domestiche, chiusa, delimitata e al sicuro, che soltanto la nostra immaginazione ha reputato una creazione del XIX secolo. Il viaggiatore che si rechi in Sardegna non sar in grado di apprezzare tutto ci nella gente di paese che gli capiter di incontrare. Egli guarder i volti duri degli indigeni, e probabilmente li riterr scortesi. Si lamenter dei loro costumi ancestrali, della poca pulizia e trasandatezza, esattamente come rifer Liutprando da Cremona a proposito dei nobili e dellimperatore di Bisanzio. Non vedr nientaltro, a meno che non ci si metta dimpegno a capirli: il vero contadino timido come un muflone. I dipinti, tuttavia, potranno essere da lui ammirati senza alcun problema. Essi identificano la razza sarda, profondamente radicati al suolo dellisola; oltre a possedere una loro bellezza, hanno tutte le qualit pi rare di unarte non cittadina.
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APPENDICE

Dopo aver gi consegnato per la stampa questi miei appunti di lavoro, mi giunta dalla Sardegna una lettera [di Anna Rose Giles] dalla quale ho appreso il seguente aneddoto: in quella stessa stanza [del Museo di Cagliari] appesa la predella di una perduta ancona della chiesa di S. Lucifero, dipinta dal migliore dei due pittori catalani [Joan Figuera]. Uno dei vecchi camerieri dellhotel La Scala di Ferro mi ha raccontato tutta la storia, di come cio essa fu scoperta da un professore continentale. Questo professore deve aver posseduto un occhio molto acuto e riconosciuto lintaglio gotico, perch egli vide un asse utilizzato nel recinto dei polli nel cortile di una casa non distante dalla chiesa. Domand ai proprietari se gli potessero dare quella tavola in cambio di unaltra e, non appena accettarono, diede loro del legno nuovo e venti lire. Si fece portare la tavola alla Scala di Ferro e l, in una stanza che mi fu indicata dal cameriere, con infinita pazienza e attenzione rimosse con il suo temperino spesse mani di tinta, riportando alla luce lantico dipinto! Al momento di rientrare in continente, il professore imball per bene loggetto allalbergo, ma alla dogana alcuni ufficiali gli domandarono cosa ci fosse in quel lungo pacco. Una tavola egli rispose. Ce la faccia vedere dissero, e gliela confiscarono. Mi sono informata presso [il Soprintendente alle Antichit Antonio] Taramelli, in merito alla storia e cosa ne fosse stato dellantico dipinto, ed egli mi ha detto: S, and proprio cos, e quello indicandomi proprio la predella di cui mi aveva parlato lAru il pezzo in questione . Mi dispiaciuto in seguito non aver domandato se al professore fosse stata o meno comminata una punizione, oltre alla confisca della predella. Certo, era illegale che egli la portasse fuori dallisola senzalcuna autorizzazione, ma [a mio avviso] avrebbe dovuto comunque ricevere un premio, per aver evitato, grazie allacutezza del suo sguardo e al suo paziente lavoro, che un notevole antico dipinto diventasse [prima o poi] legna da ardere.
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* Si riporta qui, secondo il sistema del rimando abbreviato autore-data, la bibliografia di lavoro della Goddard King, integrata con i testi pubblicati dopo il 1923 e citati nella prefazione e nelle note del curatore.

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INDICE ANALITICO*

Accascina, Maria, 64 Agramont, 90 Agramont, Violante di, 90 Ainaud de Lasarte, Joan, 13, 87 Ajaccio, Muse Feche, 104 Alcoba Gmez, Ernest, 174 Alcolea i Blanch, Santiago, 17, 68-70, 76, 78, 82, 85, 87, 90-91, 102, 107, 116, 122, 132, 146, 207 Alcoy i Pedrs, Rosa, 78, 90, 132, 146 Alemany, Pere, 91 Alfonso V il Magnanimo, 71, 75, 123124, 136 Alfonso X il Saggio, 107 Alghero, 68, 126 cattedrale di S. Maria, 42 Alinari, Vittorio, 130 Ampurias, 112, 124, 126 Andrea da Salerno (Andrea Sabatini), 180, 183 Ans, Pedro, 87, 91-92 Angiolillo, Simonetta, 42 Anselmo da Como, 41 Arata, Giulio Ulisse, 209 Ardara, 38, 160 parrocchiale di S. Maria del Regno, 43 affreschi, 67, 155 Retablo maggiore di Ardara, 12, 19, 40, 102, 148-152, 155, 160, 162, 165, 190, 198, figg. 27-28 Retablo minore di Ardara, 155, 158 stendardo processionale, 156-157, 159, figg. 29-30 Aru, Carlo, 8, 12, 16, 31, 61, 74-75,

79, 92, 94, 104, 130, 142, 167-168, 171, 180, 193, 213 Avignone, 119, 123 Avila cattedrale, retablo mayor, 154 convento di Santo Toms, 84 Aymerich, famiglia, 171 Bao, Jaume, vedi Jacomart Badia, Antonio de, 79, 167 Barcal, Joan, vedi Barcel Barcellona, 11, 21, 68, 78, 84-86, 102, 118, 123, 139, 142, 146, 167, 210 cappella di S. Agata, Retablo del Conestabile, 76, 96, 174 cattedrale, 166-167 Retablo della Trasfigurazione, 207 Retablo delle Sante Chiara e Caterina, 70, 196 chiesa di S. Antonio abate, Retablo di SantAntonio, 69, 111 chiesa di S. Maria del Mar, 95 collezione Pedro Ans, 87, 91-92 convento vecchio degli Agostiniani, 90 Museu dArt de Catalunya, 104 Consacrazione vescovile di SantAgostino, 90, 94 Nostra Signora degli Angeli, 132 Retablo di Cubells, 90, 96 Retablo di Granollers, 82, 111, 136 Retablo di S. Vincenzo di Sarri, 111, 146 San Giorgio e la principessa, 18, 31, 86-87, 90, 92

* Lindice tematico della Goddard King stato qui riformulato come analitico, limitando per i richiami alle pagine in cui compaiono i nomi personali di pittori, committenti, collezionisti e studiosi, e i nomi geografici relativi ai centri di produzione, ai luoghi di provenienza e allubicazione attuale delle opere.

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Bosch, Pablo, 95 Bosch i Ballbona, Joan, 146 Boston collezione Gardner, SantAntonio in trono, 69 Isabella Stewart Gardner Museum, San Michele, 107, 119, 123 Museum of Fine Arts, affreschi di Santa Maria de Mur, 63 Botticelli (Sandro Filipepi), 179 Bouchier, E. S., 34 Bouts, Dirck, 118 Bruges, 123 Bruguera, Arnau a, 68 Brunelli, Enrico, 12, 31, 70, 114, 124, 131, 197 Burgal, chiesa di Sant Pere del, affreschi absidali, 63 Cabot, collezione di Emilio, 31, 86 Cabras chiesa di S. Giovanni di Sinis, 42 chiesa di S. Salvatore, 42 Cabrera, Bernat Joan de, 87 Cabrera, Jaume, 122 Cagliari, 18, 21, 38, 59-60, 74, 79, 98, 104, 108, 114, 124, 126, 139, 143, 147, 151, 165, 167-168, 170, 182, 184, 190-191, 193, 195, 200, 210 cattedrale di S. Maria di Castello, 41, 43, 46 Retablo dei Beneficiati, 12, 21-23, 178, 185, 190-191, fig. 37 chiesa del Carmine, Pala di SantAnna, 21, 193, 211 chiesa della Madonna di Bonaria, 47, 203 chiesa di S. Agostino nuovo, 92 chiesa di S. Domenico, 13-14, 21, 60, 180, 184 chiesa di S. Francesco di Stampace, 18, 79, 94, 98, 102-103, 142, 170, 180, 182, 196 chiesa di S. Giacomo, Madonna del Giglio, 206 chiesa di S. Lucifero, 85, 213 chiesa di S. Rosalia, 14, 131 Addolorata, 207 chiesa di S. Saturno, 35 convento di S. Leonardo, 134, 183 Corte dAppello, Crocefisso, 23-24, 178 Museo, vedi Pinacoteca Nazionale Palazzo del Comune Arcangeli, 193 Retablo dei Consiglieri, 21, 207 Pinacoteca Nazionale, 12, 59, 61, 70, 73, 112, 119, 175, 184, 187 Madonna col Bambino, 73 Madonna della Consolazione, 21, 196-197 Pala di SantAgostino, 179-180, 183 Pala di SantOrsola, 203 Predella di S. Lucifero, 12, 14, 18, 85-90, 213, figg. 6-8 Retablo dellAnnunciazione, 17-18, 74, 78, 207 Retablo della Porziuncola, 103-104 Retablo della Visitazione, 19, 93-95, 98, 104, 115, 118, 167, 176, fig. 9 Retablo del Presepio, 97-98, 100104, 116, 118, 134, 168, figg. 10-12 Retablo del S. Francesco di Oristano, 176 Retablo di Nostra Signora della Neve, 170 Retablo di San Bernardino, 11, 18, 79-80, 85-86, 94, 96, 111, 167, fig. 5 Retablo di Sanluri, 19, 40, 78, 82, 104, 115, 134, 136-139, 141-142, 162, 167-168, 172, 176, 183, 210, figg. 22-24 SantAgostino in cattedra, 21, 92 Santi Giovanni e Matteo, 195 Santi Pietro e Paolo, 21, 180, 184 Universit, collezione Piloni, Sepoltura di Cristo, 196 Calangianus, parrocchiale di S. Giusta, Pala dellAssunta, 208 Caleca, Antonino, 74 Callisto III, papa, 136 Campagnola Cicala, Francesca, 182

Indice analitico
Canilla, Gabriele, 91, 139 Cannas, Maria Cristina, 67 Cannero, 23, 178 Carbonell, Luigi, 75 Cardisco, Marco, 183 Carnicer, famiglia, 98, 103 Casas, collezione, 122, 132 Castagnola, Bartolomeo, 194-195 Castelsardo (Castellaragonese), 126 cattedrale di S. Antonio abate, Retablo di Castelsardo, 12, 19, 60, 104, 112, 115, 124, 126-132, 148, 168, 210, figg. 18-20 convento di S. Maria delle Grazie, 126 Cataholo, Joan, 151, 155, 160 Cavallini, Pietro, 62, 64, 66 Cavaro, 11, 168 Cavaro, Antonio, 168 Cavaro, Antonio (doc. 1556), 170 Cavaro, Lorenzo, 114, 168, 170 Cavaro, Michele, 16, 21-22, 168, 170, 192, 196, 205 Cavaro, Pietro, 12-13, 16, 19-23, 92, 103, 114-115, 119, 165, 168-169, 171, 173-174, 176, 178, 180, 184-187, 190, 192, 195, 198, 205, 207, 210 Cavaro, Pietro (doc. 1541), 170 Cefal, cattedrale, mosaico absidale, 62 Cervera, 86, 90-91, 139 Chabas, Roque, 37 Chamberlain, A. B., 12 Chtelet, Albert, 96, 119, 190 Citt del Vaticano Palazzo dei Papi, Cappella Sistina, 22 Logge vaticane, 22 Stanza di Eliodoro, 122 Pinacoteca Vaticana, Trasfigurazione, 164-165 Cocco, Flavio, 208 Cocurullo, Silvia, 135 Codrongianos, chiesa della SS. Trinit di Saccargia, 41, 64 affreschi absidali, 11, 15, 40, 61, 6366, 126, fig. 1

Barcel, Daniel, 94, 139 Barcel, Joan, 11, 18, 73, 93-95, 98, 103-104, 108, 114-115, 118, 124, 139, 160, 167, 176 Barrachina Navarro, Jaume, 76 Barumini, parrocchiale dellImmacolata, 205 Bassa, Arnau, 68 Bassa, Ferrer, 68 Beato Angelico, 72, 164 Beaumont, Giovanni II di, 87 Beaune, 123 Bellini, Giovanni, 107 Benetutti, 23, 178 Berlino, 87, 91 Kaiser Friedrich Museum, 87 Bermejo, Bartolom (de Cadenas), 119 Berruguete, Pedro, 84-85, 154 Bertaux, mile, 13, 87, 134, 136 Beseran i Ramon, Pere, 69 Bessude, 159 parrocchiale di S. Martino, San Martino cavaliere, 159 Biasi, Giuseppe, 209 Biehl, Walther, 12 Birmingham, City Museum, Madonna col Bambino, 12, 14, 31, 59-60, 104, 115, 131-133, 168, 194-195, fig. 21 Bisarcio, vedi Ozieri Bo, 63 Bologna, Ferdinando, 123, 135 Bonu, Raimondo, 61 Borgia, Alfonso, vedi Callisto III Borgia, Rodrigo, 182 Borgoa, Juan de, 154 Borrass, Llus, 70-71, 78, 102, 119, 122 Bortigali, parrocchiale della Vergine degli Angeli, Retablo di Bortigali, 178 Borutta, chiesa di S. Pietro di Sorres, 41, 159-160 Bosa, 59, 197, 202 chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos, affreschi, 15, 63, 197 episcopio, Sacra famiglia, 197 Bosch, Francesco, 75, 139

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SARDA DEL

QUATTRO-CINQUECENTO
Filippo il Buono, 82 Filippo V di Spagna, 86 Fiorillo, Francesco o Domenico, 183 Firenze, 7, 154 Fonni, 59-60 parrocchiale di S. Giovanni, Retablo di Fonni, 12, 197-198 Forment, Dami, 166 Fra Bartolomeo (della Porta), 191 Francken, Frans, il Giovane, 205 Galleri, Claudio, 203 Galtell, chiesa di S. Pietro, affreschi, 15, 40, 63 Garca de Benabarre, Pere, 107, 174 Garriga i Riera, Joaquim, 82, 85, 166 Garro, Pietro, 94 Gasc, Joan, 82 Genova, 15 Gergei, parrocchiale di S. Vito, Pala della Madonna del Libro, 205 Retablo di Gergei, 12, 178, 187, 205 Ghilarza, chiesa di S. Pietro di Zuri, 41 Ghirlandaio, Domenico, 108, 154 Giustiniano, 164 Giles, Anna Rose, 8, 14, 26, 31, 57-58, 193, 195, 197, 206, 213 Giles, Ellen, 8, 14, 58, 193, 197, 206 Giner, Toms, 91 Giovanni di Giusto, 123 Girona, 22 Museo de Arte, Retablo di Crulles, 122 Gistafre, Bartolom, 139 Goddard King, Georgiana, 7-24, 2627, 33, 38, 40, 43, 55, 58-61, 64, 6667, 74, 76, 86, 92, 95, 98, 102-103, 109-110, 114, 116, 118-119, 127, 134-135, 138, 143, 148-149, 151, 154, 158, 160, 162, 167-168, 170172, 175, 178, 180, 182-183, 190, 193-194, 196-198, 200, 204-207 Godiel, Joana, 168 Gonnostramatza, parrocchiale di S. Michele, Retablo di Gonnostramatza, 114, 168, 170 Goya y Lucientes, Francisco, 70 Granollers, chiesa di S. Stefano, 82 Grodecki, Louis, 162 Gros, Michele, 79 Grnewald, Mathias, 172 Guallerotti, Giacomo di Lanfranco, 74 Gurdia i Pons, Milagros, 87, 90, 116 Gudiol i Ricart, Josep, 17, 68-70, 76, 78, 82, 85, 87, 90-91, 102, 107, 116, 122, 132, 146, 207 Guercino (Domenico Barbieri), 193 Heinz-Mohr, Gerd, 154 Holbein, Hans, 208 Huguet, Jaume, 8, 18, 27, 69, 76, 78, 82, 85, 87, 90-92, 94-95, 111, 116, 136, 139, 146, 174 Imparato, Girolamo, 21, 193 Istanbul, chiesa di S. Sofia, 62 Jacomart (Jaume Bao), 19, 27, 75, 94, 118, 124, 136, 138-139 Jtiva, 94, 136, 138-139, 182, 209 castello, 94, 138 collegiata, Retablo di papa Callisto, 136, 139 Jos i Pitarch, Antoni, 63, 162 Lacarra Ducay, Maria Carmen, 91 Lawrence, David Herbert, 206 Leda, Giacomo, 114 Leone de Castris, Pierluigi, 71, 135 Liao, Emma, 166 Lilliu, Giovanni, 205 Limentani Virdis, Caterina, 183 Lione, 166 Lleida, chiesa di S. Giovanni del Mercato, 107 Loga, Valentin von, 87, 92 Logroo, 191 Londra, 13 National Gallery, Visione di SantEustachio, 207 Lorenzetti, Pietro e Ambrogio, 72 Lucco, Mauro, 182 Lunamatrona, parrocchiale di S. Giovanni, Retablo di Lunamatrona,

Indice analitico
178, 181, 185-186, 191, fig. 36 Lusso, Andrea, 165, 207-208 Luton Hoo, The Werner Collection, San Michele arcangelo, 119, 123 Machuca, Pedro, 22 Madrid Biblioteca dellEscorial, Cantigas de Santa Mara, 107 collezione Jos Lzaro, 107, 119, 122-123 Museo del Prado Retablo di San Tommaso dAvila, 84 Visitazione, 95-96 Maestro delle Tempere francescane, 70, 73 Maestro di Castelsardo, 12, 14, 18, 60, 103-104, 111, 113, 115, 117, 120121, 124, 126-129, 131-133, 146 Maestro di Oliena, 192, 203 Maestro di Olzai, 105-106 Maestro di Ozieri, 23-24, 177-178, 207 Maestro di Sanluri, 134, 137, 141 Maestro di San Severino, 123, 135 Maestro di SantIldefonso, 138 Maestro di SantOrsola, vedi Pinna, Francesco Magnani, Marco, 13, 178 Mainas, Antioco, 21, 176, 181, 186187, 193, 196 Maltese, Corrado, 16 Manno, Giuseppe, 8-9, 31, 33, 36, 45, 55-56, 124 Manresa, 84 chiesa di S. Maria, cappella di S. Nicola, Retablo di San Nicola, 122 Maracalagonis, parrocchiale di S. Maria, Retablo di SantAntonio, 170 Marghinotti, Giovanni, 13 Mariano IV dArborea, 70 Mariotto di Nardo, 68-69 Martini, Pietro, 41 Martis chiesa di S. Pantaleo, 208 parrocchiale di S. Giuseppe, Pala di Martis, 208 Martorell, Bernat, 75, 207

Retablo maggiore di Saccargia, 109110, 112 Retablo minore di Saccargia, 104, 109, 111, 113, 126, fig. 14 Colantonio, 71 Colmar, Museo di Unterlinden, Dittico dellAnnunciazione, 96 Concas, Roberto, 135 Cordova, 209 Coroneo, Roberto, 35, 40-42 Cossu, Pietro, 170 Costa, Enrico, 155, 158 Costantinopoli, vedi Istanbul Crivelli, Carlo, 107, 204 Crulles, chiesa di S. Michele, 122 Cubells, 90, 139 parrocchiale, 90 Dalmases, Nria de, 63, 162 Daroca, 119 De Dominici, Bernardo, 183 Delitala, Mario, 201 Della Marmora, Alberto, 13-14 Delogu, Raffaello, 16, 40 Dolianova, 126, 143 parrocchiale di S. Pantaleo, 41, 43 affreschi, 11, 61, 67 Retablo di Dolianova, 40, 143-144, 146-148, 195, figg. 25-26 Drer, Albrecht, 19, 134 El Greco (Domenico Theotokpulos), 190 Engolasters, Sant Miquel de, affreschi absidali, 64 Espaol, Francesca, 146 Eyck, Jan van, 8, 118, 123-124 Fenollar, 63 Fernndez, Pedro, 22 Ferrante dAragona, 123 Ferrer, Bonifacio, 108 Ferrer, Jaume I, 102 Figuera, Joan, 11-12, 18, 31, 73, 79-80, 83, 85-86, 88-92, 96, 103, 111, 139, 142, 167, 213 Figuera, Matias (Matteo), 79, 139

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PITTURA

SARDA DEL

QUATTRO-CINQUECENTO
tro e Marco, 59-60 Metropolitan Museum, Sacra famiglia, 203 Nicol da Voltri, 15, 206 Nuoro, 202 episcopio Crocefissione, 205 Perdono delladultera, 208 Olbia, chiesa di S. Simplicio, affreschi, 206 Oliena, 52, 60, 131, 195, 202 chiesa di S. Maria, 202 Assunzione della Vergine, 202 parrocchiale di S. Ignazio Apostolado, 59, 202 Retablo di San Cristoforo, 12, 192, 203, fig. 40 Oliver, Francesco, 79 Olzai, 60, 108, 201 chiesa di S. Barbara Retablo della Peste, 12, 105-106, 108, 147, 154, 200, fig. 13 Retablo di SantAnastasio, 200 Sante Apollonia, Lucia e Barbara, 200 parrocchiale di S. Giovanni, 106, 200 Orani, parrocchiale di S. Andrea, Retablo di Orani, 12, 189, 201, fig. 39 Orense, 66 Oristano, 42, 60, 131, 168, 193, 195, 197 Antiquarium Arborense Madonna dei Consiglieri, 196 Retablo di S. Martino, 17-18, 197 Santi e Sante a coppie, 195-196 Santi martiri francescani, 195 cattedrale di S. Maria, 75-76, 196 elementi di polittico, 196 picchiotti bronzei, 75 chiesa di S. Francesco, 76, 176, 194195 Crocefisso di Nicodemo, 22, 178 Stigmate di San Francesco, 21, 195 chiesa di S. Martino, 197 episcopio, Madonna col Bambino, 15, 206 Palazzo del Comune, 195-196 Orosei, chiesa di S. Antonio abate, affreschi, 15, 63 Orr, Antonia, 168 Ortu, Antonio, 79, 167 Osma, Guillermo J. de, 71 Ottana, 126 parrocchiale di S. Nicola, 41 Pala di Ottana, 11-12, 15, 61, 67, 70, 72-73, 139, 200, 211, fig. 3 Ozieri, 126, 160 cattedrale di S. Maria, Retablo di Nostra Signora di Loreto, 23, 178, 207 chiesa di S. Antioco di Bisarcio, 149, 159-160 Pagano, Francesco, 135, 180-183 Palermo, 62 Palmira, catacombe, 72 Paolo da San Leocadio, 182 Parigi, Louvre, avorio Barberini, 164 Paris, Wally, 149, 155, 158, 162, 178 Pavone, Mario Alberto, 82 Peasco, collezione, 132 Prez Snchez, Alfonso E., 147 Perfugas chiesa di S. Giorgio, 162, 164-165 parrocchiale di S. Maria degli Angeli, Retablo di Perfugas, 12, 102, 151, 160-163, 167, fig. 31 Peris, Gonzalo, 95 Pescarmona, Daniele, 13, 59-60 Picalull, Berenguer, 75, 139, 167 Piero della Francesca, 8 Pinna, Diego, 204 Pinna, Francesco, 21, 203 Pinturicchio (Bernardino di Betto), 148, 203 Pirez, Alvaro, 73 Pisa, 9, 15, 43, 74 Camposanto, Trionfo della Morte, 45 cattedrale, 38 Pisanello (Antonio Pisano), 108, 207

Indice analitico
Placentinus, 75 Ploaghe, 59, 178 casa parrocchiale, 60 Poli, Fernanda, 41, 63 Pollini, Domenico, 43, 74 Porcu, pittore, 160 Porcu Gaias, Marisa, 42, 164-165, 204 Porto Torres, parrocchiale di S. Gavino, 41, 43 Posada, parrocchiale di S. Antonio, 205, 208 Post, Chandler Rathfon, 13, 16, 60, 107, 122 Prades, Violant de, 87 Puiggar, J., 136 Put, Albert van der, 87 Puxeddu, Giovanni Angelo, 196 Quartararo, Riccardo, 182 Raffaello (Sanzio), 22, 58, 61, 122, 148, 164-165, 168, 186 Recht, Roland, 96, 119, 190 Reinach, Salomon, 82 Reixac, Joan, 27, 90, 94, 96, 136, 139 Reni, Guido, 193 Ribera, Jusepe de (lo Spagnoletto), 58, 147 Ripoll, chiesa di S. Maria, 116 Roig, Salvator, 159 Roma, 15, 22, 165, 168, 192 basilica di S. Cecilia, 64, 66 basilica di S. Maria in Trastevere, 66 Rowley, George, 83 Ruiz i Quesada, Francesc, 70 Ruskin, John, 167 Saccargia, vedi Codrongianos Sagama, 197 Salamanca, 110, 209 cattedrale vecchia, 158 chiesa delle Agostiniane, San Gennaro in gloria, 147 San Giorgio de Alfama, Cavalieri di, 164

Martorell, Bernat (II), 70 Mateo, 110 Mateo Gomez, Isabel, 84, 154, 182 Mates, Joan, 17, 74, 78, 207 Melis, Antonio, 196 Memmo di Filippuccio, 15, 206 Mestre, Francesc, 91 Michelangelo (Buonarroti), 7, 22, 59 Milano, Pinacoteca Ambrosiana, Madonna del Padiglione, 179 Milis, chiesa di S. Paolo, Retablo di Milis, 76-77, fig. 4 Mirambell, Miquel, 82 Monaco, 118 Alte Pinakothek, Madonna Tempi, 186 Montaes, Juan Martinez, 198 Monreal, Luisa di, 87 Monreale, cattedrale, mosaico absidale, 62 Montesa, Cavalieri di, 164-165 Mont Saint-Michel, 122 Morelli, Giovanni, 127, 167 Morris, William, 148 Mur, Dalmau de, 91, 99 Mur, Ramon de, 18 Murillo, Bartolom Esteban, 70 Muru, Giovanni, 12, 19, 149-152, 155, 165 Nadal, Miquel, 70 Napoli, 11, 22, 58, 69, 70-71, 114, 119, 123-124, 135, 147, 182-184, 192 chiesa dei SS. Severino e Sossio, 135, 179 chiesa di S. Lorenzo maggiore, 71 Museo di Capodimonte, 123 Pala di San Leonardo, 183, 190 Pala di San Lorenzo, 71 Pala di San Severino, 19, 123, 135, 179-180, 183-184 San Francesco d la Regola, 71, 92 Navarro, Fausta, 71, 123, 135, 182 New York collezione Tozzi, Retablo dei SS. Pie-

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PITTURA

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QUATTRO-CINQUECENTO
Schngauer, Martin, 96, 190 Sedini, parrocchiale di S. Andrea, 165 Trasfigurazione, 164-165 Segni Pulvirenti, Francesca, 42, 47, 162, 164-165 Segorbe chiesa delle Agostiniane, 138 Museo della Cattedrale, Retablo delle Sante Eulalia e Chiara, 70, 196 Museo Diocesano, Retablo di San Martino, 19, 136, 138-139 Semestene, chiesa di S. Nicola di Trullas, affreschi, 15, 40, 63 Serra, Jaume, 75, 107 Serra, Pere, 17, 68, 70, 75, 102, 132 Serra, Renata, 16, 40, 60, 62-64, 68, 70, 73-76, 79, 86, 92, 94, 98, 103104, 106, 110-111, 115, 126, 131, 134-135, 143, 146, 149, 159-160, 168, 170-171, 176, 178, 180, 184, 186-187, 190, 193, 195-197, 203-206 Serramanna, parrocchiale di S. Leonardo, 42 Serreli, Marcella, 47, 204 Siddi, Lucia, 67, 199 Siena, Palazzo del Comune, 154 Silanus, chiesa di S. Lorenzo, affreschi, 206 Silvestro, vescovo di Ottana, 70 Sinis, vedi Cabras Siviglia, 58, 198, 209 cattedrale, 198 chiesa di S. Giuliano, 198 Solsona, Museo Diocesano, Ultima cena, 102 Sorradile, parrocchiale di S. Sebastiano, Retablo di Sorradile, 178, 189, 197, 199, 210, fig. 38 Sorres, vedi Borutta Spagnoletto, vedi Ribera Spano, Giovanni, 9, 12, 14, 31, 38, 41, 60-61, 74-76, 112, 114, 131, 142, 149, 151, 155, 165, 167, 170, 193196, 202, 205, 208 Spanu, Gian Nicola, 106 Stampace, scuola di, vedi Cagliari Starnina, Gherardo, 108 Steppe, J. K., 164 Suelli, parrocchiale di S. Pietro, Retablo di Suelli, 205 Sureda, Joan, 166 Taramelli, Antonio, 31, 213 Tarragona, cattedrale, 166 Tall, 63 Terrassa chiesa di S. Maria, Retablo dei Santi Abdon e Senen, 85, 90 chiesa di S. Pietro, 85 Thieme, Ulrich, 183 Timoneda, parrocchiale, 102 Tintoretto (Jacopo Robusti), 190 Tocco, Michele, 114, 170 Toms, Rafael, 12, 18, 79-80, 85-86, 103, 111, 142, 167 Torcello, cattedrale, mosaico absidale, 62 Tormo y Monz, Elias, 118, 135-136 Torriti, Iacopo, 62 Tortosa, 94, 98 cattedrale, 132 Tramoyeres Blasco, Llus, 42, 136 Trieste, basilica di S. Giusto, mosaico absidale, 62 Trivulzi, Joan Baptista, 204 Tschudi, von, collezione, 68, 91-92, 195 Tuili, parrocchiale di S. Pietro Retablo della Pentecoste, 205 Retablo di Tuili, 12, 17, 19, 25, 40, 60, 86, 103-104, 115-121, 124, 126127, 130-132, 142, 148, 167-168, 201, 210, figg. 15-17 Tuy, 66 Urbino, 154 Urgell, Seu de, affreschi absidali, 63 Valenza, 11, 42, 58, 78, 107, 132, 135, 182, 203-204, 209 cappella della certosa di Porta Coe-

Indice analitico
li, 108 cattedrale, Nativit, 182 Museo de Bellas Artes Retablo dei Mart di Torres, 95 Retablo di Porta Coeli, 108 Valery (Antoine-Claude Pasquin), 13 Valladolid, Museo de Escultura, SantAtanasio, San Luigi di Tolosa, 136, 138, 142 Vasari, Giorgio, 7 Velzquez, Diego Rodrguez de Silva y, 201 Venezia, 60, 168 Venturi, Adolfo, 12 Vergs, bottega, 82-83, 91, 111, 136, 142, 146, 174, 208 Viana, Principe di, Carlo, 90 Vic, 74, 102, 118-119, 132 Museu Episcopal, Retablo della Vocazione francescana, 70-71, 78, 102, 119 Vilafranca del Peneds, chiesa di S. Francesco, Retablo della Vergine e di San Giorgio, 70 Villamar, 171 parrocchiale di S. Giovanni, Retablo di Villamar, 12, 17, 20-22, 103, 114, 119, 148, 167-171, 173, 175, 178-180, 184-185, 198, 210, figg. 32-34 Villanueva, storico, 182 Viaza, Conde de la, 136 Vivarini, Alvise, 168 Wagner, Max Leopold, 57 Weyden, Rogier van der, 123-124 Wiesbaden, 23, 178 Yarza Luaces, Joaqun, 91, 95, 108, 136, 138 Zanzu, Giovanni, 191 Zaragoza, Lloren, 75 Zeri, Federico, 13 Zurbarn, Francisco de, 198 Zuri, vedi Ghilarza

Sanluri, 138-139 parrocchiale di S. Pietro, 134 Sanna, Giovanni, 165 Sanpere i Miquel, Salvador, 13, 31, 91, 136, 155 San Pietroburgo, 82 Santa Giusta, cattedrale, 15 SantAngelo in Formis, 63 SantAngelo di Monte Gargano, 63 Santas Creus, Joan di, 115 Santas Creus, Violante di, 115 Santiago, cavalieri di, 164 Santiago de Compostela, cattedrale, Portico de la Gloria, 110 Saragossa, Lloren, 119 Saragozza, 102, 209 cappella del palazzo episcopale San Martino e Santa Tecla, 91, 99 SantAgostino e San Lorenzo, 91, 99 convento del Santo Sepolcro, 107 Museo Provincial de Bellas Artes Retablo del Salvatore, 107 Sari, Aldo, 42, 47, 162, 164-165 Sarri, parrocchiale di S. Vincenzo, 146 Sarroca, 166 Sassari, 94, 167, 202, 204 cattedrale di S. Nicola ante dorgano, 204 Madonna del Bosco, 15, 206 Madonna del Tempietto, 204 stendardo processionale, 206-207 Traslazione dei Martiri turritani, 131 chiesa di S. Maria di Betlem, 204 convento di S. Antonio, Santo diacono, 204 Museo Nazionale G. A. Sanna Crocefisso, 23, 177-178, fig. 35 Trittico di SantAntonio, 11, 61, 6769, fig. 2 Palazzo del Comune, 60, 178 Sassetta (Stefano di Giovanni), 84 Scano, Dionigi, 31, 40 Scano, Maria Grazia, 59, 131, 195-196, 204-205, 208

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2000 presso lo stabilimento della Stampacolor, Sassari

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