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JT ALO INSOLERA

SAPER VEDERE L' AMBIENTE


ITALO INSOLERA
SAPER VEDERE
L'AMBIENTE
SOMMARIO
8 Introduzione
PARTE T
L'invenzione dell'ambiente divino
Capitolo l
14 Dalla tenda alla domus: la simulazione dell'ambiente
Capitolo 2
32 Dall'imperatore a dio: Roma, Gerusalemme, Betlemme
Capitolo 3
52 Barbari e bizantini: da Ravenna a Costantinopoli
Capitolo 4
72 Islam, Normannz; santi e ponte/ici:
da Palermo all'Anno Santo 1300
PARTE TT
L'autonoma rappresentazione di un ambiente prorano
Capitolo l
90 La continuit di una immagine tra simbolo e natura, tra
secoli e civilt: i 'girali'
Capitolo 2
104 Il ciclo dei mesi
Capitolo 3
118 Il ciclo della corte feudale
Capitolo 4
132 Il racconto di una giornata: Ambrogio Lorenzetti
PARTE TTT
Un viaggio durato mille anni: i Re Magi
Capitolo l
148 Dal lontano Oriente al medioevo europeo
...
Capitlo 2
160 Le leggende popolari e l'evoluzione iconografica
Capitolo 3
174 Il corteo imperiale
Capitolo 4
192 Dall'Impero alle Signorie, tra i personaggi e l'ambiente
PARTE IV
L'immagine del sacro alla r i c e r c ~ dell'ambiente reale
Capitolo l
208 San Francesco e la necessit di una nuova visione: Assisi
Capitolo 2
228 Prediche, leggende e storia
Capitolo 3
243 La Leggenda della Vera Croce: Agnolo, C e n n ~ Piero
Capitolo 4
264 Il 'panteismo' come ipotesi per la conoscenza dell'ambiente
PARTE V
n paesaggio come descrizione dell' ambienle reaJe
Capitolo l
278 La sacralizzazione del territorio: i Sacri Monti
Capitolo 2
294 Il ritratto delle persone: dal protagonista all'infinito
Capitolo 3
316 Il ritratto dei luoghi: Venezia, Roma
Capitolo 4
334 I: ambiente come 'impressione':
dalla Grenouillre alla Gare Saint-Lazare
PARTE VI
349 AlJe origini della moderna cultura leiJ'an1biente:
de Saussure, Goethe, Stcndhal
367 Indici dei nomi e dei luoghi illustrati
Introduzione
a Matteo Marangoni
Saper vedere, Milano 1933
a Bruno Zevi
Saper vedere l'architettura, Torino 1948
8 SAPER VEDERE L'AMBIENTE
N
ella introduzione a un libro che si propone come obiettivo di "Saper vede-
re l'ambiente" potrebbe trovar posto la ricerca di una definizione del so-
stantivo che ne alla base: !'"ambiente" appunto.
Ma tale argomento sar invece evitato perch sarebbe lungo, prolisso, pieno di
periodi al condizionale e, soprattutto, potrebbe generare l'equivoco di un libro
scritto per dimostrare la validit della definizione infine preferita, mentre le pa-
gine che seguono hanno come scopo di aprire dei problemi, non di proporre
delle soluzioni.
Occorre solo anticipare due punti che ritroveremo pi volte nel libro:
l - Le parole "ambiente" e "paesaggio" sono spesso usate indifferentemente e
molti ritengono che tra le due vi sia poca differenza: pi scientifico !"'ambien-
te", pi "estetico" il "paesaggio". Ma i due termini non possono essere consi-
derati equivalenti; l'ambiente- naturale, costruito, dipinto, descritto o sempli-
cemente vissuto - ha un riferimento "sociale" che comunque lo si voglia inter-
pretare o studiare ne alla base: pu essere riferito a un solo individuo, a un
momento storico, a una collettivit, a un modo di vita; pu essere quello inter-
no o quello esterno.
2 - Nella seconda met del XX secolo il termine "ambiente" stato sempre pi
usato. Agli inizi del XXI esso rappresenta una precisa cultura, cio un modo- di-
verso da altri - di organizzare i valori del mondo e della societ, attribuendo ruo-
li primari a fatti ed elementi che altre culture - o altre civilt in altri tempi- rite-
nevano secondari e subordinati. Un bosco, per esempio, stato considerato per
secoli come il luogo in cui vivevano gli animali da cacciare, poi come produttore
di legna; oggi lo consideriamo prioritariamente come produttore di ossigeno.
Le associazioni e i movimenti- a tutti i livelli e di tutti i tipi- che hanno assunto
tale cultura come strategia per una corrispondente strutturazione della vita as-
sociata dell'umanit sulla terra, rappresentano ormai il punto di riferimento di
ogni tentativo ideologico, sia a favore sia contro l"' ambientalismo" e le sue ma-
nifestazioni.
"Ambiente" non dunque, all'inizio del XXI secolo, solo una cosa da vedere.
Anzi l'aspetto figurativo non il principale; pu essere per una valida chiave
di lettura.
Invece che "Saper vedere l'ambiente" questo libro potrebbe intitolarsi "Saper ve-
dere come ambiente" cose e fatti che si possono vedere - e sono stati per secoli
visti- con altre ottiche. E possono essere cose e fatti direttamente esistenti: mon-
INTRODUZIONE
9
ti, laghi, fiumi, alberi, case ecc. O possono essere cose e fatti composti dall'atti-
vit degli uomini sotto forma di pittura, letteratura, musica ecc.
"Vedere" diventa allora un mezzo, uno strumento per conoscere in quelle cose
e in quei fatti le presenze di quella cultura che oggi chiamiamo "ambiente".
L'approccio proposto in questo libro di usare - e prima ancora di costruire-
questo strumento sulla base di una tesi riassumibile in: "l'ambiente si vede". Bi-
sogna perci sa perlo vedere. Proponiamo quindi soprattutto di studiare come lo
hanno visto alcuni maestri del "vedere" in varie epoche e luoghi, assumendo dei
casi senza alcuna pretesa di esaustivit: si possono aggiungere altri casi o addi-
rittura scartare quelli qui proposti e sceglierne altri.
Il titolo anche un riferimento (presuntuoso) al fatto che due volte, nel XX se-
colo, la frase "Saper vedere" stata usata per dimostrare attraverso un approccio
storico-didattico come potevano (o dovevano ?) essere considerate e realizzate
le opere appartenenti al cosiddetto mondo delle arti. Marangoni e Zevi, a quin-
dici anni di distanza- intorno a quegli anni '40 che hanno rappresentato nel XX
secolo una svolta epocale - hanno proposto come primari dei valori delle opere
d'arte che avrebbero inciso in modo determinante sulla critica, sulla storia e sul
ruolo del fatto artistico nella societ, con una influenza soprattutto radicale nel-
la produzione architettonica. L'architetto Zevi guardava ovviamente pi alla pro-
duzione presente e futura rispetto allo storico dell'arte Marangoni: senza il cui
lavoro teorico generale per quello specifico nel campo del costruire non sa-
rebbe stato possibile.
Il discorso fatto da Zevi partiva dallo spazio interno delle architetture e solo do-
po averne rivendicato la funzione di elemento primo e determinante del fatto ar-
chitettonico, proseguiva all'esterno considerato a sua volta insieme come con-
clusione dell'architettura, e come inizio dello spazio urbanistico. Questo si an-
dato via via sempre pi allargando: l'ampliamento quantitativo del costruito (che
ha raggiunto nella nostra epoca dimensioni mai viste in altri tempi) ha compor-
tato inevitabilmente anche cambiamenti qualitativi ed oggi sentiamo la necessi-
t di "saper vedere" un insieme ancora e sempre pi grande in cui il costruito e
il non costruito sono ormai incastrati l'uno nell'altro e contemporaneamente in
conflitto.
Oltre ai due libri ispiratori del titolo, ci sono ovviamente altri importanti riferi-
menti per l'impostazione dei saggi qui pubblicati. Tra i molti voglio ricordare
(rinviando per gli altri alle note bibliografiche):
lO SAPER VEDERE L'AMBIENTE
- la Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni, Editori Laterza, Bari
1961 (Collezione storica), 1972 (Universale Laterza);
-la collezione Conosci fitalia, dodici volumi editi dal TCI, Milano, dal1957 al1968.
il libro di Emilio Sereni consiste in una lettura delle trasformazioni economiche e
sociali dell'agricoltura in Italia dalla Magna Grecia all'Italia unita, attraverso le te-
stimonianze fornite dalla pittura (con qualche breve citazione letteraria): dalla Ca-
sa dei Vetti a Renato Guttuso. evidente che la formula inventata da Sereni, e rea-
lizzata riferendo centinaia di schede ad un modello storiografico che si situa tra
Mare Bloch e Lucio Gambi, quella seguita in questo libro anche se con riferi-
menti pi ampi di quelli costituiti dal solo aspetto agrario del paesaggio.
La collezione Conosci l'Italia del TCI comprende dodici volumi: sei sono dedi-
cati alla storia dell'arte (vol. IV, Italia Antica l vol. VIII-IX, Medioevo l vol. VI,
Rinascimento l vol. X, Seicento e Settecento l vol. XII, Epoca moderna). Il solo
fatto che met della collezione sia dedicata alla storia dell'arte dimostra il peso
che questa occupava negli anni '50 e '60 del XX secolo nell'opinione generale.
L'altra met della collezione dedicata a temi fino ad allora considerati subal-
terni (e anzi sempre pi trascurati nelle successive edizioni delle classiche guide
Baedeker, Guide Bleu, TCI dopo quelle iniziali pubblicate alla fine del XIX-ini-
zi XX sec., che non erano esclusivamente guide d'arte); si riveleranno invece pre-
ziosi precursori. Sono anzi questi i primi volumi allora usciti nella collana, co-
stituenti il ciclo sugli aspetti naturalistici: vol. I, I:Italia fisica, 1957 a cura di Al-
do Sestini l vol. II, La flora, 1958 a cura di Valeria Giacomini l vol. III, La Fau-
na,1959 a cura di Alessandro Ghigi. Seguiti dal vol. V, I:Italia storica, 1960 di
vari autori (ed stranamente indicativo che alla storia fosse dedicato un solo vo-
lume, contro i sei della storia dell'arte) l vol. VII, Il paesaggio, 1962 a cura di Al-
do Sestini l vol. XI, Il folklore, 1967 a cura di Paolo Toschi.
Questi libri del TCI - soprattutto quello di Valeria Giacomini - avevano due
obiettivi: il primo era far conoscere all'enorme pubblico del Touring Club Ita-
liano quanto ricca- e facile -la conoscenza scientifica di quel gigantesco mon-
do che ci circonda e che chiamiamo "natura"; il secondo era far conoscere quan-
to questa sia complessa e ricca e come sia bello ed appassionante "vedere" que-
sta ricchezza e penetrare come esseri umani in tanta variet.
Marangoni e Zevi ci hanno insegnato come vedere; Sereni e Giacomini cosa cer-
care e trovare come oggetto del vedere.
Nei tanti secoli e paesi interessati dai saggi qui pubblicati, si possono individuare
INTRODUZIONE 11
diversi modi di vedere l'ambiente come espressione della cultura nei vari luoghi
e periodi.
L'ambiente pu essere proposto attraverso elementi subalterni ai personaggi e
alla scena di cui questi sono i protagonisti; non c' autonomia di quello che og-
gi chiameremmo "materiale di scena", n nella sua scelta, n nella sua raffigu-
razione e identit. Per questa ultima anzi basta al limite indicare ci che serve a
chi guarda per capirne il significato in rapporto all'azione centrale.
Troviamo una posizione completamente differente quando da cornice o da sfondo,
l'ambiente diventa soggetto alla pari con i personaggi ed anzi pu essere lui a sug-
gerire chi sono e cosa fanno i protagonisti, a motivarne l'azione e l'atteggiamento.
Ci sono infine le opere in cui l'ambiente pu assumere completa autonomia e
"emanciparsi" da qualsiasi sudditanza o pretesto, fino ad essere il motivo esclu-
sivo dell'opera; non pi parte o completamento, ma fatto assoluto.
Questo pu a sua volta essere del tutto immaginario o simbolicamente stilizza-
to o pu corrispondere a situazioni reali, riprese dal vero o proposte come fin-
zione di realt possibili.
L'ambiente non costituisce solo una chiave di interpretazione dei gusti e dello
stile ma anche un messaggio che chi guarda riceve e corrisponde all'interpre-
tazione dell'ambiente esistente o desiderato in quel momento da quella societ.
Ovviamente per scrivere qualunque libro si devono fare delle scelte e queste com-
portano delle esclusioni. Le une e le altre sono state fatte in funzione delle tesi di
questi saggi e non del valore: mancano dei grandi artisti e ci sono delle opere (di
pittura, di architettura, di letteratura) considerate spesso marginali, ma che tali non
sono in una ricerca che ha come/il rouge !'"ambiente" e non !"'estetica".
Per scrivere questo libro sono state necessarie molte collaborazioni tra cui quelle conti-
nuative e indispensabili dell' arch. Leonardo Schillaci per le illustrazioni e di Giuliana La-
manda che ha seguito il lavoro con grande disponibilit.
Ringrazio per le preziose consulenze e letture Carlo Giuliana Giulia Caneva,
Enrico Castelnuovo, Bruno Dell'Era, Andrea Emiliani, Francesco Scappo/a, Bruno Toscano.
Peter Kammerer, Ekkehart Krippendor/, padre Michele Piccirillo hanno collaborato anche
per la fornitura di illustrazioni e testi, per la correzione di traduzioni e trascrizioni.
Ho impiegato ovviamente molti anni per elaborare questi saggz; durante i quali mi ha sem-
pre aiutato Annina; personalmente il libro quindi dedicato a lei e a Romano e Delfino
che hanno passato la loro vita a fabbricare libri.
, ..,
Villa di Li via a Prima Porta. Roma, lvfuseo Nazionale Romano, Palazzo Massimo (vedi p. 30)
PARTE PRIMA
L'invenzione dell'ambiente divino
La gente -11011 solo 11011 'vede' l'arte ma
neppure la natura, altro cbe da/lato
utilitario (ho sempre notato,
viaggiando, quanti pocbt si interessino
al paesaggio) e 11011 sospetta nemmeno
della bellezza che ci pu essere, per
esempio, in un albero o in una
foglia ...... La gente cieca alla bellezza
di un albero, d'una quercia, d'tm pino,
d' tm cipresso; alla meraviglia della loro
corteccia, pi viva e sana di qualunque
epidermide. Non la vede perch non la
guarda nemmeno. La gente non guarda
le cose come sono, ma come le pensa la
Iom coscienza praticaj non sa quindi
guardare, 11011 sa 'vedere'.
Matteo Marangoni, Saper vedere, 1933
Capitolo l
Dalla tenda alla domus: la simulazione delF ambiente
Nello sviluppo storico delle societ (quelle antiche in certe parti del mondo, ma
anche molte recenti o attuali) si sentita forse prima la necessit di creare in-
torno a s il proprio 'ambiente' , costruendo i manufatti necessari per ripararsi e
abitare: la costruzione dell"ambiente' interno precede, o accompagna, le prime
opere con cui l' uomo utilizzer o muter l'ambiente esterno.
Un tipo di abitazione di antichissima origine, e ripetuto in tanti paesi nei se-
coli- e ancora oggi- la tenda. Compare probabiL11ente nel neolitico, sosti-
tuendo grotte e capanne di frasche. La sua presenza continuer per millenni e
in tanti paesi ancora la forma pi diffusa di costruzione sia per abitare che
per lavorare, anche se richiede capacit tecniche non inferiori a quelle neces-
sarie per un edificio in muratura e forse una intuizione delle leggi della fisica
al di l del semplice fattore ' peso' e della gravit. In una tenda infatti le parti
' tese' sono essenziali come quelle 'compresse' e nella storia delle costruzioni
passeranno molti secoli prima di trovare altri sistemi di coesistenza ed equili-
brio tra trazione e compressione.
Per questa sua maturit costruttiva e per la conseguente importanza che ha avu-
to nella storia dell'umanit la tenda stata definita '7be Lady o/ Buildings"
1
.
La tenda dei nomadi- in tutte le epoche e in tutti i continenti - una costru-
zione essenziale che con una tecnica elementare e alla portata di tutti deve for-
mare uno spazio protetto dal caldo, dal freddo, dal vento, dalla pioggia.
Ma la tenda non solo il luogo in cui si ripara l'uomo. Nell'Antico Testamento
il luogo privilegiato in cui Mos incontra Dio e poi parte della Dimora ap-
punto di Dio
2

La contemporaneit di questo significato ' divino' con la praticit tecnica e fun-
zionale, confermata dal fatto che ancora oggi la tenda nera dei nomadi una
presenza dominante in una non piccola parte del mondo.
Cos ne scriveva Lawrence d'Arabia
3
:
"Gli Abu Tayi riorganizzavano l'accampamento ... Per tutto il pomeriggio alzarono nuove ten-
de ... Le tele oblunghe eratw spiegate e stese per terrtl, poi le corde ai capi della tela, ai lati,
e presso gli anelli per i palz; venivano tirate e /issate ai paletti. Quindi la donna incaricata
della tenda inseriva i pali pi leggeri uno a uno sotto la tela, alzando ogni volta un tratto di
tenda come una leva, / incb tutta la tenda era montata da una sola donna, per quanto ta-
gliente e impetuoso potesse essere il vento.
In caso di pioggia mw fila di pali veniva piantata in terra, fino a mezza altezza, facendo s cbe
il tetto della tenda esposto alla pioggia diventasse inclinato e ragionevolmente impermeabile.
CAPITOLO 1 l DALL.tl TENDA ALLA DOMUS: LA SIMULAZIONE DELL'AJ\IBIENT/i
15
fig. 2. Tenda di alleva/ori nomadi presso Madaba (Gio:dania). /orma/a sl?/(a di lana di capra ttitla di
sostenuta da p1111toni iutemi e tirautala all'estemo; molte per aprtre e chmdere le a
secouda dei vent
1
; delle ore delftt giomala e delle attwtla. La lana dt capra e pm !Solaute dt quella dt pec01a e tl
colore nero notoriamente protegge dai raggi del sole.
16
PARTE PRWII l L'I NI'ENZI ONE DELL'AMIJIENTE Dll'/ll/0
fig. 3. Tappeto da preghiera (dello ancbe Transilvano), Anatolia occidentale X\1(] C'li 177 136 C l1
\11/. La 1. l/ 1 b , , v , ' x . o teztone
I/ICC7/a G e 11111.ra non e m tappet? J-olo llllti indiCtizione per la pregbiem: essti septim 1111 timbie
11
te
COlli/CCt/ vegettiZIOIIe floreti!e sttltzZtllti, dti!l tiiiibtente in temo del/ti moschea dove sono m/!igumte tre
COtOI/1/e: le !titem!t pori ti/IO probtibtlme!lte dei ca!lde!tibrr:
CAPITOLO I l DALLA Tt;NDA ALLA DOMUS: LA SIMULAZIONE DELL'AMIJIENTE
fig 4. Tappeto Mogbol con
decomzio11e floreti!e, T11ditt, fine
X\111-XVJII secolo, cm 263 x 192.
Museo Naziorltl!e Kmvtiit.
I: artista AI-Mansur disegn oltre
cellio fiori per desiderio
dell'imperatore jaba11gir: eSJi /rtroJ/0
/ti base per l/liti qutiiifitit di tappeti
i11 cui i fiori sono l'u11ico elemento e
so11o retiiistictiillellte riprodolli su
1111 fondo colomlo volutti/1/eJI/e
dif/erenzitiio dtiii'tllnbiente di 1111
gitirdino: qui il fondo rosso.
D'estate le tende ambe era-
no meno calde delle nostre
tende di canapa, poicb il ca-
lore del sole non veniva as-
sorbito da quel/oro tessuto di
peli e lana, le cui maglie lar-
ghe lasciavano gioco suffi-
ciente all'aria e alle correnti".
Come costruire la tenda
argomento trattato am-
piamente nell'Antico Te-
stamento. In Esodo (26,
7-14) scritto che la ten-
da al di sopra sar in la-
na di capra e che sar ri-
coperta con un doppio
strato di pelli: di monto-
17
ne sopra e di un animale di incerta identificazione sotto. In questo 'ambiente',
collocato in un punto qualsiasi delle steppe o dei deserti, una presenza co-
stante e necessaria il tappeto. Posto per terra isola dalla polvere, dall'umido: ha
il ruolo di un pavimento. Appeso all'interno delle pareti isola dal caldo e dal
freddo. La tenda dei nomadi nel deserto, negli spazi infiniti; pu essere in un
posto o in un altro a seconda dei pascoli e delle stagioni. Ma i tappeti all'in-
temo formano sempre lo stesso ambiente, dovunque trasportato; possono tra-
sformare lo spazio interno della tenda nella home di chi la abita rjigg. 1, 2]
4
.
Molti tappeti hanno una funzione specifica: nelle varie parti del pavimento e
nelle varie ore del giorno vengono srotolati i tappeti che corrispondono a quel-
lo che gli abitanti vi faranno: i tappeti su cui dormire, quelli su cui mangiare,
quell i per ricevere gli ospiti e chiacchierare ecc. Il tappeto pu raffigurare un
giardino, quasi per trasformare il suolo nel desiderato, ma inesistente ambien-
te, appunto, di un giardino; pu raffigurare fiori e foglie raggruppate a mazzi
o in disegni geometrici [fig. 4]; pu riprodurre figure varie, ripetute su schemi
geometrici; pu usare svariati colori, in contrapposizione con l'unico colore-lu-
ce del deserto all'esterno
5

18
/ig. 5. Tappeto da preghiera, A11ntolin
occidentale, uzio X1'I secolo, cm 156 x 705.
Pmigt; Muse des Arts Dcomti/s.
Questo tipo di tappeto Ira quelli COli t/Ila
funzione specz/im e solo per essa vengono
srotolati m11o moti per ingi11occbinrsi
durante In pregbiera e il dtjegno tdicn la
dezio11e della Ka'ba co11 una semplice
bordum geometrica cbe conpo/1(/e al nmlo
del nubrab nella moscben; 1111 rmuo sospeso
al celllro delmibrab e dalla parte opposta c'
li// motivo geometrico di dubbia
!le1pretazio11e cbiamato "sagoma di
sermtura". Questo tipo di tappeto da
pregbiem anche fll'llominnto "Bel!titi",
percb diptto nel/507 ne/n/ratto del Doge
Loredm1 da Giovanili Bellini.
Dopo la nascita deJl'Islam e la
sua espansione si diffondono
tappeti da srotolare per la
preghiera (al-Kbomra, Sad-]a-
da, Sa/ .. .) con la raffigurazio-
ne del mirbab orientato verso
la Ka'ba [figg. 3, 5]. Nelle Su-
re meccane del Corano si leg-
ge: "Allah ba disteso per voi la
terra come un tappeto af/incb
la possiate percorrere . . . In
Paradiso ci sono fiumi d'acque
incorruttibili ... letti e coppe
ben collocatz; cuscini disposti
in file, tappeti distesi"
6
.
PARTE l'Riti/A l 1.'/NI'ENZlONE DELL'AMBIENTE DIVINO
La conoscenza che noi abbiamo oggi dei tappeti - data la loro deperibilit -
legata quasi esclusivamente alla produzione degli ultimi secoli nel mondo isla-
mico, caucasico, persiano, indiano, cinese; ma il manufatto-tappeto, come la ten-
da a cui originariamente collegato, infinitamente pi antico. Nella valle di
Pazyryk, nei monti Altai, il ghiaccio ha conservato un tappeto databile al V se-
colo a.C.: ed un tappeto tecnicamente e stilisticamente raffinatissimo che ri-
vela di avere alle sue spalle una lunga tradizione [fig. 6].
Questa tradizione partiva probabilmente dalla scoperta che tosando pecore e ca-
pre si poteva avere un prodotto all'anno (e anche di pi), mentre usando la lo-
ro pelle occorreva ammazzare l'animale e si aveva una sola volta il prodotto con-
seguente, sopprimendo oltre tutto una fonte quotidiana di latte, formaggio ecc.
Le popolazioni stanziali abbandonano la tenda per costtuire abitazioni con tec-
niche murarie durature e fisse, anche se diversamente condizionate dai materia-
li reperibili (legno, piette, paglia, fango ... ). Una esigenza ancora diffusa per mil-
lenni nei paesi intorno al Mediterraneo (e non solo) sar proprio quella di co-
struire un manufatto che abbia come essenziale uno spazio isolato dall'esterno;
CAPITOLO J l DALLA TENDA ALLA DOMUS: LA S/,\/Ul.t i ZIONE DELL't iMBI ENTE
19
un 'ambiente' interno alla bome anche se scoperto, acquisito ormai nello spirito
e nella cultura della gente. . . .
Come esempio possiamo indicare la sala di ncca dimora. del come
l' ha dipinta a met del XIX secolo il pittore l.n.glese J.W. essa e rappre-
ntativa di un tipo di ambiente che per secoh 111 una vast1ss1ma parte del mon-
se b f d' , .
do ha avuto come obiettivo di garantire om ra, a_t,-
traverso una specie di borrar vacui, per cui ogni spazio era nemplto con I pm
colorati dettagli [fig. 7]
7
. . . ,
La chiusura e la difesa rispetto all'esterno devono essere evidentemente pm robu-
fig. 6. Ricostruzione gra/icn del tappeto rinvem!to a Pazy1)'k (Asia centmle, territori di T11vt1 e Altai), V-III seco-
lo a.C., cm 189 x 200. Leningrado, Museo del! Emllfage.
20
Pi!IUE l'RIMA l I:IN\
1
ENZIONE DEI-L';L\IBIENTE DII' ! NO
fig 7. ]ohn Frederick_Lewis, Il ricevimento, 1873. Olio su tavola, C/1163,5 x 76,2. The Yale Center/or British Art
La di casa egizia liti di mta precisio11e quas/
pami/O/Ca. Al centto vasca 1i/le1te tmasharabl)'a (gnglte ltg11ee dt cbiusura dei balco11i nei paesi arabi) e le
pet/o"e sul dJVtln? centrale; in tomo, sui tappett; si rt/letlouo le luci che allmvet'StlffO le vetmte dando
alt sala l .di uua cui si vedono all'e.rtemo alcuni albe1'i. Sono per le
pare/t di t! P'!"ctpale protagomsta dt questo esse caml/erizzauo l'in temo coll ie vetrate colomte
mpenon e 1 dtsegm geO/Jielrici delle griglie di legno dei masbambl)a al di solto.
ste in quei paesi dell'Africa e del Medio-oriente dove le condizioni atmosferiche so-
no particolarmente ostiche e occorre soprattutto proteggersi dal sole, dalla sabbia,
dal vento e creare ombra e frescura. In quello che sar il mondo islamico dall'In-
dia all'Andalusia, il luogo abitato deve chiudersi rispetto al mondo in mo-
do ancora pi rigoroso che nei paesi sulla sponda settentrionale del
Radicale infatti la differenza che deve essere creata tra l'esterno e l'interno. .
"l! un pezzo di terreno, rendendo vivo un quadrato
d t :o ... f.o' l. acqua, mnalzando un muro che non possa essere superato dalla
cunostta. m temo st dtsporranno alberi a quinconce e fiori che saranno pi fitti mano a
mano che Jt va verso il centro dove c' il chioscos (figg. 8, 8a].
Nel in A.J:dalusia cos descriveva la casa-giardino dei ricchi conqui-
statori arab1 un anommo poeta:
CAPiTOLO l l DIII-LA TENDA ALtA DOMUS: LA SIMULAZIONE DELL'AMBIEN1'/; 21
"Per costruire la propria casa nel giardino, si scelga il punto pi alto in modo da facilitare
la sorveglianza. La si orienti a mezzogiomo .. . e si innalzi un po' il luogo del pozzo e del-
la vasca; meglio ancora se invece del pozzo c' un canale che scorre all'ombra. Presso la va-
sca si metteranno dei gruppi di piante di ogni tipo per mllegrare la vista e pi lontano dei
fiori variopinti e alberi sempre-verdi. Delle /ile di vite gireranno intorno e nella parte cen-
trale dei pergola ti faranno ombm ai viali che delimiteranno i prati. Al centro si installer
per le ore di riposo un chiosco aperto da tutti i circondato da rose rampicanti, mirti e
altri fiori che fanno la bellezza del giardino; questo sar pi/ungo che largo in modo che
l'occhio non si a/fatichi{/ contemplarlo ... Se si metter anche una colombaia e una torre pa-
noramica, sar ancora pi bello. il giardino /atto dal giardiniere; ma l'acqua, la luce, i fio-
ri, gli alberi e i /rutti sono opera di Dio"
9
(fig. 9].
Pu essere interessante notare che la Bibbia e il Corano per descrivere il para-
diso ricorrono alla stessa immagine: un ambiente di oasi, di acqua, di giardini,
di ombra e di fresco dove fermarsi, in contrasto con la sabbia, l'aridit, il calo-
re del deserto attraversato dai nomadi.
"Coloro che credono e operano il bene li faremo entrare in Giardini alle cui ombre scorro-
no i fiumi dove resteranno in etemo, sempre, e avranno iv i spose purissime, e li faremo en-
tmre in ombrosa ombra".
Nell'Antico Testamento solo dopo aver terminato la creazione del mondo che
Dio 'fece' quello che sar poi chiamato "Paradiso terrestre":
"Or il Signore Iddio piant un giardino in Eden, dall'Oriente, e pose quivi l'uomo ch'egli
avea formato. E il Signore Iddio fece germogliar dalla term ogni sorte d'alberi piacevoli a
riguardare, e buoni a mangiare; e l'albero della vita, in mezzo del giardino; e l'albero del-
la conoscenza del bene e del male. Ed un fiume usciva d'Eden, per adacquare il giardino;
e di l si spartiva in quattro capi"
10

Eden parola ebraica che indica un paese non identificato, ma che significa
"gioia", da cui l'ipotesi che il giardino in Eden sia il luogo di gioia per defini-
zione, cio il paradiso.
Nel Nuovo Testamento non troviamo invece la raffigurazione del paradiso co-
me un giardino: in Matteo (25, 34) il paradiso "un Regno cb e vi stato prepa-
rato /in dalla fondazione del mondo"; in Luca, (17, 20-21) "il regno di Dio non
un fatto osservabile ... percioccb ecco il regno di Dio dentro di voi".
Nell'immaginario popolare cristiano sar il Paradiso terrestre ad essere identifi-
cato con un giardino; la parola 'paradiso' ha origini persiane [fi'gg. 8, 8a] e si-
gnificava 'Luogo recintato', ' Parco dei re', 'Giardino di piaceri'. Non molto dis-
simile del resto il senso della parola ebraica 'eden': 'Giardino di gioia'. Una im-
magine comunque poi scomparsa: il Paradiso cristiano, presente e futuro, sar
identificato con il cielo; anche i vangeli- come abbiamo visto -lo indicano co-
me un fatto spirituale, non identificabile n collocabile in qualche parte dell'u-
niverso materiale.
22
8
l'A TUE PRIMA l L' I N\
1
ENZIONE DELL'AMBIENTE D/1'/NO
figg. 8-8o. Toppetogiordiuo, Persia
uord-occideutole, X\llll secolo,
CIII 925 x 380. Nfuseo Nazionale
Kmvoit. Scbema generale di tu/lo il
tappeto e de/laglio. 1/ giardino
rappresentato su questo enorme
tappeto formato da due canali cbe si
incrociano verso il centro solto o un
padiglione; nei qua/lro riquadrifom1ati
dai canali ci sono altri qualtro Ctl/lo/i
minon; ugualmente intersecati al
centro. Gli alberi lungo i canali sono
raffigurati 1 prospello, mentre tutta la
restante vegetazione in pianta rome
se si tra/l asse di un progelto. Nei
riquadri olbemti o o orto sono indicati i
etma/i di irrigazione. In persiano i
giard1i come quello riprodotto in
questo tappeto si chiamavano poradaiza
e indicavano il giardino del re, con
alberi e aunaiT; cbiuso in me1.1.o ai
deserti: LLT parentela /el/erario con il
"paradiso terrestre" della Genesi e le
ona/ogbe imlicazioui di altri testi
religiosi o di leggende, ovvio.
8a
CAPITOLO l l DALLA TEND;l ALLA DOMUS: LA SIMULAZIONE DELL'AMBIENTE 23
fig. 9. Il giovane principe e la ma amata, miniatura
(pagina cm41,8 x 26,5- immagine cm 26,3 x 14,4).
Collezione priucipem1 Sadmddiu Aga Kbau.
raffigurato il padiglione cbe sorgeva al centro di quasi
tuili i paradaiza (vedi fig. precedente): si vedono in
fondo gli alberi cbe formano quasi un bosco. Dietro ci
sono due canali cbe passano solto td padiglione e
formano sul davanti una serie di vasche su diversi livelli
collegate dai canali cbe portano l'acqua alle varie parli
del giardino.
Nel mondo romano il tipo pi caratte-
ristico di casa la domus: chiusa verso
l'esterno e organizzata intorno agli spa-
zi aperti interni. Raramente gli edifici
pubblici, e soprattutto quelli religiosi,
seguivano il tipo della domus: possiamo
pensare che questo sia poi assunto dai
monasteri, e dentro di essi dai chiostri,
quando si proporranno come isole al-
l'esterno del mondo quotidiano, e for-
se anche alla base di altre costruzioni
popolari, (come le cumbessias sarde do-
ve un muro racchiude e isola insieme il
santuario, le celle dei pellegrini, il sa-
grato delle processioni). La maggior
9 parte dei templi classici si proponeva-
no invece come edifici aperti con i por-
tici colonnati e solo all'interno chiudevano ai non iniziati la cella del dio. La diffe-
renza t ra le case private (le domus che ospiteranno le ecclesiae) e i templi era pro-
fonda anche nel modo di rappresentare personaggi e fatti divini e nei soggetti scel-
ti. I templi completavano l'architettura con sculture (spesso colorate) di divinit o
di eroi intenti nelle loro mitiche imprese, offerte alla vista di chi stava fuori; le ca-
se proponevano all'esterno solo mura nude e chiuse ed era all'interno che le pittu-
re decoravano cortili, porticati, stanze. Le pareti all'interno erano completamente
dipinte: tecniche, stili, soggetti variavano nel tempo e nei vari luoghi, ma conser-
vando un unico obiettivo: quello di aprire, allargare, "sfondare", proporre archi-
tetture e paesaggi e scene oltre il limite fisico della casa, oltre i muri di confine.
inevitabile riferirsi a Pompei: l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. segn insie-
me la sua disgraziata fine e la sua conservazione per i secoli successivi. Pompei
ha permesso di avere una conoscenza completa di una citt, delle sue case, del-
la sua vita e di dare quindi un senso e una collocazione a quei documenti altri-
menti casuali e insufficienti che abbiamo ritrovato in Grecia, a Roma, nel mon-
do italiota o altrove
11

A noi interessa che tra gli argomenti pi frequenti per costruire !'"ambiente" di
queste domus ci fossero:
- La raffigurazione di una scena architettonica, fatta di colonne, archi, porticati
l O
24 PARTE PRIMA l L' li'\\1J;NZI08E DELL'AMBIENTE DI\' INO
fig. 10. Primavem, affresco proveniente da Stabia. Napol1;
A!useo Archeologico Nazionale. Il fondo ve1de rmi/omte
delltl parete propone esaustivamente il gitmlino in cui una
fanciulla coglie f iori, senza bisogno di altre raf/igumzioni
cbe quelle essenziali: la fanciulla e la pianta fiorita appulllo.
fig. 11. Pompet; Villa dei Misteri (decorazione del "II stile").
La parete chiusa affrescata con1111 trompe-l'oeil cbe f1ge
111/fl tota/e apertum: c' 1111 primo porticato a colonne ed
arcbi, dietm cui 1111 secondo portico a colonne binate
precede 1111/lluro n riquadn;- al di sopra una apertura lascia
vedere tdl' este m o m f ondo verde un padiglione rotondo a
colonne.
sfuggenti spesso su prospettive assai ela-
borate, al limite di imitazioni teatrali;
collegate certo agli arredi e agli usi del-
le sale di cui costituivano appunto !'"am-
biente" [fig. 11].
- La riproduzione di paesaggi che da una
parte avevano il ruolo di annullare la
chiusura dei muri e l'assenza di finestre,
dall'altra riprendevano campagne e col-
line e alberi del territorio intorno o ri-
proponevano quei luoghi da cui Apuli,
Sanniti , Campani erano giunti a Pompei, Ercolano, Stabia ecc.: quei giardini che
si sarebbe desiderato avere intorno alla propria casa o villa.
Del pittore che rese abituale la pittura di paesaggio nell'antico mondo romano,
sapremmo anche il nome - sia pure con qualche incertezza - : Ludus o Studius
(Vitwvio e Plinio), ma di lui ignoriamo tutto.
Lasciata la societ - o la natura - al di l del muro esterno, questo proponeva
all' interno proprio quel mondo che si era escluso, o quel mondo che si deside-
rava ci fosse: erano immagini di giardini, di fanciull i e fanciulle, di danze, di al-
beri, di fiori resi sempre con realismo (salvo una tarda corrente interessata a fi-
gure comico-grottesche): l'azione dei personaggi era subordinata al paesaggio,
nell'atteggiamento e nei colori. li mondo proposto a Pompei (anche quando com-
prende degli dei- e saranno molto spesso Venere e Bacco -) quello della vita
quotidiana: un mondo assai ' borghese', reso con stile popolare: gioioso, roman-
tico, sentimentale, galante, quasi sempre delicato e sorridente.
Ci sono anche casi importanti in cui le pateti sono invece chiuse da un colore uni-
forme: spesso appunto il famoso rosso 'pompeiana' che equivale all'assenza pro-
prio di un ' ambiente' (come sar in un certo senso l'oro per i fondi dei mosaici bi-
zantini). allora all'azione che affidato:il compito di creare l'ambiente della sa-
la, del cortile, della casa: come nella Villa dei Misteri. In questa, e in altre simili co-
me la villa di Stabia da cui provengono figure femminili su fondi verdi e azzurri
(Museo Nazionale Napoli), le figure recitanti sono l, intorno alla sala, nella stessa
dimensione degli uomini e delle donne presenti [fig. 10]; le pareti-paesaggio inve-
ce sono in un'altra scala con montagne, alberi, figure lontane che appunto pro-
CAPITOLO 1 1 D1iLLA TENDA ALLII DOMUS: LA SmULII ZIONE DELL'AMBIENTE
25
Il
26
figg. 12-13. Roma, Casa di Livia e
Augusto sul Palatino. Come a
Pompei anche qui le pareti
cbiudono la casa verso l'estemo;
111n poi fingono cb e in esse si
aprano grandi portali e asole aperte
al di .ropra di colon11ati.
pongono all'interno l'imma-
gine inventata di un paesag-
gio esterno.
Se l'area vesuviana consen-
te una conoscenza ampia e
forse sufficientemente com-
pleta della domus e della
sua decorazione nel perio-
do tra la fine del I secolo
a.C. e il 79 d.C., anche a
Roma gli archeologi hanno
trovato alcuni esempi di
grande interesse, in ricche
ville costruite tra il 30 e il
10 a.C.: la casa di Livia sul
Palatino, la sua villa subur-
bana a Prima Porta e il
complesso della Farnesina.
Il nome dell'imperatrice ha
indotto a cercare valori e
PARTE PRIMA l L'INI
1
ENZI ONE DELL'tlMB/liNTE DI l'l NO
simboli, dando per scontato che tutto ci che comunque si riferiva ad Augusto
dovesse raffigurarne ed esaltarne la divina regalit. Anche a Pompei del resto, per
lunghi periodi dopo i primi scavi, ci si preoccupati di spiegare i soggetti sco-
perti cercando di quali miti potessero essere il simbolo, dimenticando che forse
erano anche raffigurazioni mosse da altre motivazioni e magari dal solo gusto del
pittore o del committente. Secondo Maiuri la quantit di ipotesi e di polemiche
interpretative cos accumulate, "/a sorridere".
La casa sul Palatino era la residenza quotidiana privata di Livia, accanto a quella
ufficiale di Augusto [figg. 12, 13].
In esse le pareti sono dipinte in modo da costituire una prima illusione architetto-
nica. In genere composta da uno zoccolo su cui si innalzano delle colonne a for-
mare un portico; dietro ad esso, il muro di chiusura presenta vani con figure di-
pinte o finestre aperte su paesaggi urbani o agresti. Sono quindi almeno tre i piani
successivi che costituiscono l'ingrandimento e l'apertura delia stanza: il colonnato
il muro, l'esterno. In quello che si crede essere stato uno studiolo personale di
gusto il colonnato lin1itato alle zone centrali delle pareti e dalle interruzioni sugli
angoli si vedono colonnati e volumi di una citt, probabilmente Roma.
Anche nel ricco complesso scavato (e distrutto) nel1879 per costruire gli argini del
12 13
Ct\ Pll.OLO l l DALLA TENDA 1ILUI DOMUS: U J SIMUlAZIONE DELL"1lMBIENTE 27
Tevere presso la villa rina-
scimentale della Farnesina,
fu scoperta lungo tutte le pa-
reti nel triclinio "C" una de-
cmazione raffigurante un
porticato: le esili colonnine
sono appoggiate su uno zoc-
colo decorato con fregi geo-
metrici, mentre in alto reg-
gono un fregio con figure
umane. Dentro al portico le
colonne reggono un festone
di vite: oltre il portico sullo
sfondo scurissimo sono graf-
fite in bianco molte scenette
che mostrano un lontano
ambiente di campi o giardi-
ni (adesso al Museo Nazio-
nale Romano- Palazzo Mas-
sin1o) [figg. 14, 14a].
In ambienti pi semplici la
parete solo divisa da co-
lonne o pali di legno tra cui
sono stese ghirlande di fo-
glie e fiori che simulano un
porticato ed un giardino. Lo
stesso tipo di decorazione parietale troviamo nella villa sulla Flaminia a Prima
Porta che era la lussuosa residenza di campagna di Livia; essa rispecchiava la tra-
dizione delle grandi famiglie della Roma antica di privilegiare la villa in campa-
gna rispetto alla domus in citt (30-20 a.C.) .
In essa fu rinvenuta quasi intatta una sala sotterranea rettangolare (ml 11,70 x
5,90 , con il pavimento a ml 6,00 al di sotto del pianterreno della villa), coperta
a volta (altezza ml5,16 al colmo), da cui si entrava solo da una porta a met di
uno dei lati lunghi, e che riceveva luce dall'alto da due lucernai posti alle estre-
mit. Le pareti completamente dipinte raffigurano un giardino (ricostruite ades-
so al Museo Nazionale Romano -Palazzo Massimo) [figg. 15, 15a]
12

Non sappiamo a cosa servisse questa sala nel complesso della villa, sol?
mente immaginabile dai ruderi rinvenuti: tra le molte e spesso comphcate tpo-
tesi quella che fosse un fresco triclinio estivo sembra la pi probabile, anche per-
ch il collegamento a celebrazioni funerarie o a riti particolari contrasta con l'a-
spetto allegro e sereno che propone il giardino raffigurato le pareti;
che per stare freschi si era scesi sotto terra e non si avevano pm le ptan-
te vere del giardino della villa, queste furono dipinte sulle pareti, riprendendo
una tradizione - come abbiamo visto - ampiamente diffusa.
14
28
PARTE PRIMA l L'I NI'IiNZTONE DELL'AMBIENTE DII'INO
/igg . . 14-1_4a. del/a FamesiJill, pareti del triclinio "C". Roma, lvlmeo Nazionale Ro/1/allo, Palazzo Massimo. Le
d1 qz!esta sala so11o affrescate come se /onero i11teramenle aperte, in modo da dare l'il/11sione di essere
1111111
padtglwne m mezzo a 1111 g:rmli11o. Un zoccolo _regge le esili colonnine di 1111 pergolato, che reggono
1111
f rondoso. alto 1111 /regw COli scene ree/late da figure e al di sopra sui capitelli alc11ne statue. Al di l sono
aaemrate - lmee bra11cbe su / o11do l/ero - scene di 1111 !onta/lo ambiente rurale.
CAPI TOLO l l DALLA TENDA ALLA DOMUS: LA SIMULAZIONE DEI.L'AAfniENTE 29
Comunque quello che qui raffigurato un giardino sullo sfondo lontano di un
cielo azzurro, popolato di uccelli e in cui molte piante hanno i frut ti maturi, re-
si in scala maggiore per renderli evidentemente riconoscibili a prima vista ai fre-
quentatori.
Questi si trovavano in un ambiente di circa 70 metri quadrati recintato da una stac-
cionata formata da listelli di legno intrecciati: il tipo di staccionata forse pi diffu-
so nella campagna intorno. Nella staccionata si aprono solo quattro passaggi al cen-
tro delle pareti: da questi si pu entrare in un viale erboso dipinto tra la staccio-
nata e un muro continuo e ininterrotto che presenta sei nicchie (due sui lati lunghi
e una sui lati corti) senza alcuna apertura, quasi a voler chiaramente escludere la
possibilit di andare al di l, dentro al bosco. Nelle nicchie ci sono querce, pini, ci-
pressi, abeti (Querctts robtn; Pimts pinea, Picea excelsa, Abies alba). ll muro ha nel-
la parte alta dei riquadri chiusi da una decorazione geometrica che alterna tre di-
versi disegni: anche questi semplici e certamente ricorrenti. Dietro al muro, le pian-
te e i cespugli sono disposti su pi piani e sono ricchi di frutti e fiori, rappresenta-
ti fuori scala in modo da renderli l'elemento caratterizzante alla prima occhiata.
Oltre ai frutti (alcuni melograni sono maturi e aperti) altri due elementi sono pro-
tagonisti in questo triclinio: i molti uccelli, in volo o fermi sui rami degli alberi (an-
che loro pi grandi di quanto richiederebbe il rapporto con le piante) [fig. 15a],
e il vento, un vento forte che agita tutti gli alberi ed ha richiesto al pittore di gio-
14a
30
fig. 15. Villa di Livia a
Prima Porta, Roma. Sala
sotterranea. Roma, Aifuseo
Nazionale Romano, Palazzo
Massimo. Le quattro pareti
di questa piccola sala
sotterranea (mq 70)
mppresentano un giardw
colltinno, dietro a 111111/Uro
senza aperture; davanti a
questo lilla staccionata di
canne iJrcrociate delimita un
viale, a cui si accede da
quattro passaggi. Uccelli,
/rutti, /iori completa110 il
giardino, agitato dal velllo.
fig. 15a. Vi!! a di Livia a
Pr11a Porta, Roma. Sala
sotterranea. Dettaglio della
parete meridionale con
albero agitato 'dal vento e
1111 uccello J volo. Vedi
anche a p. 12 unmelograno
agitato dal vento.
PARTE PRIMA l L'I NI'ENZJONE DELL'AMBIENTE DIVINO
15
CAPITOLO l l DALIA TENDA ALL!I DOMUS: LA SIMULAZIONE DELL'AMBIENTE 31
care con grande bravura tra i colori della pagina superiore e della pagina inferio-
re delle foglie: queste immagini sono presenti anche in altre s ~ e ipogee all'Audi-
torio di Mecenate, nella tomba di Patron sulla via Latina, in un mitreo a Ostia, in
tante domus a Pompei e nell'area vesuviana.
Un vento che forse aiutava psicologicamente ad apprezzare il fresco offerto da que-
sti tridinii interrati, nella calda estate della campagna intorno. E il vento rende
preciso, irripetibile, non stilizzato n simbolico, ma solo e splendidamente reali-
stico l'ambiente di queste sale, unificando i vari elementi, i tanti fuori-scala.
Note
1
L. Prussin, in "Mimar", n. 4, 1982
La stessa definizione potrebbe valere ovviamente anche per la ''Yurta" dell'Asia centrale: i deserti
della Mongolia, con un clima assai diverso da quello africano e arabo, hanno portato alla costruzio-
ne di un manufatto costituito da un reticolato di travetti, smontabile e affastellabile (kerege), Veni-
va coperto da feltri uniti da spesse e resistenti strisce dello stesso materiale (ak-yurt).
2
Esodo, 25-26,33, 7-11, 36-37 -38; Nwneri, 9, 15-23; Salmi, 15, l e 76-3: "La tenda di Dio a Salem,
la sua dimora a Sion" (Salem, nella versione greca = pace; Sion = Gerusalemme) .
In questo libro i testi biblici sono sempre riportati nella classica traduzione in italiano di Giovai1ni
Diodati (1576-1649), 1607; con l'aggiunta di altre successive edizioni e in particolare della T.O.B. ,
1975 (ed. it. con note della C.E.I.)
3
T.E. Lawrence, I sette pilastri della saggezza, 1926 (trad. it. Erich Linder), Bompiani ed. 1949.
-l ]o/m Frederick Lewis, Catalogo della mostra alla Laing Art Gallery, 1971, Newcastle-upon-Tyne;
AA.VV., Orienti, in "FMR", n. 23, 1984.
5
AA.VV., Tapis- Present de l'orient l'occident, Institut du Monde Arabe, Parigi 1989; AA.VV. , Ki-
lim anatolici, Eskenazi ed., Milano 1984; J.J. Eskenazi, Il tappeto orientale, Allemandi & C., Torino
1996 con ampia bibliografia; A. Fant, Kilti11 curdi d'Anatolia, Akka Roma s.d.; A.E. Hangeldian,
Tappeti d'oriente, A. Vallardi ed., Milano 1959; Tappeti dei Nomadi dell'Asia Centrale, a cura di E.
Tsareva, SAGEP ed., Genova 1993; AA.VV., ]ardin de l'Islam, Losanna 1983.
6
F. Gabrieli, Maometto e le grandi conquiste arabe, Newton & Compton s.r.l., Roma 1996; Il Cora-
no, trad. A. Bausani, Sansoni, Firenze 1978. Per esempio: "Giardini alla cui ombra scorrono i fiumi"
(Sura II, della Vacca) ; "Qual dunque dei bene/ici del Signore voi neghereste? ... il fmtto dei giardini
sar l presso ... e altri due giardini ancora . .. verdi, verdi cupissimi ... con due fontane, fontane SOI'gi-
ve copiosissime . . . e con frutti e con palme e con melo grani" (Sura LV, del Misericordioso); "A ognu-
no Iddio ba promesso la Cosa pit Bella ... Giardini alle cui ombre scorrono i fiumi" (Sura LVII, del
ferro) ; "E i pii avranno presso il Signore Giardini di delizie" (Sura LXVIII, del Calamo).
7
Cfr. nota 4.
8
Da: La civilt Bizantina - Oggetti e messaggio, a cura di A. Guillou, Roma 1993
9
Cfr. nota 6.
10
Genesi, 2, 8-10. A. Scafi, Il ptlradiso in terra, Bruno Mondadori, Milano 2005.
Il La bibliografia vastissima: riportiamo solo i testi pi attinenti al nostro argomento che conten-
gono tutti bibliografie complete. A. Maiuri, La peinture romaine, Skira, Ginevra 1953; F. Grimal, I
giardini di Roma antica, ed. francese 1984, trad. italiana Milano 1990; G. Messineo, La Villa di Livta
a Prima Porta, Roma 1984; M.R. Sanzi Di Mino, Palazzo Massimo alle Terme, Milano 1998; AA.VV.,
La Villa della Farnesina in Palazzo Massimo alle Terme, Electa 1998; G. Caneva, Ipotesi sul signifi-
cato simbolico del giardino dipinto della Villa di Livza (Prima Porta, Roma), in "Bullettino della Com-
missione Archeologica Comunale di Roma" ,1999; S. Settis, Le pareti ingannevoli- La villa di Livia
e la pittura di gzardino, Electa, Milano 2002; A. Ciarallo, Elementi vegetali nell'iconografia pompeia-
na, "L'Erma" di Bretschneider, Roma 2006; AA.VV., Rosso pompeiano
1
Electa, Milano 2007.
12
Cfr. nota 11.
Capitolo 2
Dall'imperatore a dio: Ronza, Gerusalemme, Betlemme
Quando il cristianesimo inizia la sua storia - tra i confini che il mondo classico ave-
va raggiunto ad oriente con Alessandro Magno e ad occidente con l'espansione del-
l'Impero Romano - nelle domus ecclesiae che si formano i primi luoghi di culto:
cio in ambienti all'interno di case d'abitazione (pi raramente e pi tardi anche in
altri edifici), adibiti temporaneamente o stabilmente alle riunioni, agli atti liturgici,
alle altre attivit che la nuova religione poco alla volta veniva elaborando. n nome
stesso di domus ecclesiae indica che non c'era differenza tra questi ambienti e gli alo
tri della stessa d o m u J ~ se non appunto per l'uso liturgico: le immagini che li deco-
rano appartengono al mondo classico e accorreranno molti secoli- e variamente
nelle varie parti dell'antico impero- perch la loro metabolizzazione dia un signi-
ficato diverso alle stesse immagini e cerchi un modo diverso di rappresentarle. n
lungo periodo in cui la cultura greca si incontr e mescol con le infinite antiche
culture entrate nello stato imperiale romano, si protrasse ancora per molti secoli,
trasmettendo simboli e modi nel cristianesimo, a oriente e a occidente. Anche il no-
me di questi primi locali di riunione dei cristiani - domus ecclesiae- riprende quel-
lo tradizionale della casa romana. Oggi quasi milla rimasto di esse; ma le pitture
che ne ricoprivano le pareti non dovevano essere molto diverse da quelle che de-
coravano alcuni ambienti delle catacombe. Lo sfondo neutro, le tecniche sono
semplici e popolari, il verismo necessario per la comprensione dei nuovi signifi-
cati attraverso immagini note, ma con altri riferimenti. soprattutto dal mondo
contadino che derivano scene, personaggi, lavori: era il mondo dei poveri e questi
costituivano notoriamente la maggioranza dei cristiani, nei primi secoli.
Le catacombe di P riscilla sulla via Salaria a Roma (II-III secolo) presentano nel-
la Cappella Greca decorazioni tradizionali (girali a stucco nell'intradosso degli
archi, zoccolo) assieme a figure isolate o raggruppate, disposte liberamente in
vari punti delle pareti [fig. 1]. Su una volta un pastore ha una pecora sulle spal-
le, altre due ai lati, davanti a due alberi appena accennati, con due uccelli: il pas-
saggio da "un pastore" al "Buon Pastore" era immediato [fi'g. 2].
Quando viene costruito l'ipogeo di via Dino Compagni (sempre a Roma) siamo
nella seconda met del IV secolo e il cristianesimo tra le religioni ammesse. Le
raffigurazioni di lavori agricoli hanno meno bisogno di collegarsi ai simboli del-
la nuova religione: un uomo e una donna attingono acqua da un pozzo, un ca-
valiere incontra un cittadino a piedi [fi'gg. 3, 4]. Scene dichiaratamente rituali
come una processione che si dirige verso una chiesa, guidata da un sacerdote,
possono essere rappresentate [fig. 5] .
CAPITOLO 2 l DALL'IMPERATORE A DIO: ROMA, GERUSALEMME. BETLEMME
fig. l . Roma, Catacomba di
Prisci!fa su/fa via Salmia,
II-ID secolo. La cappe/fa
detta Greca, per uua
imione iu questa lingua,
tmo degli esempi pit
completi degli ambienti delfe
Ctttacombe: corridoi, pa.uaggt;
piccoli spazi per le funzioui,
pareti piene di locult; archi e
volte. La Cappella Greca
preseuta titsieme decorazioni
di antica tmdizione classica
come i gim/i di stucco (vedi
parte Il, cap. V, assieme a
piccole figure affrescate con
ri/erimeuto al mondo
contadino e allusioni
simboliche alla nuova
religioue.
fig. 2. Roma, Catacomba di
Priscilla sulfa virt Sa/aria,
II-Ill secolo. Affresco suuua
volta raffigumnte 1111 pastore
COli wlfl pecora sulle spalle,
altre due pecore, due alberi e
due uccelli: il "Buon Pastore".
33
2
5
34 PARTE l'RIMA l L' INVCNZI ONE DELL'AMBI ENTE 0/\1/NO
figg. 3-4. Roma, lpogeo di via Dino Compagni, seconda met del IV secolo. Due arcosoli affrescati con scene di
lavori rurali: 1111 uomo e 1111a donna allingono acqua da 1111 po:ao (esatlamenle decritlo il meccanismo della carru-
cola, l'anfora); 1111 IIOJJI O a cavallo ne incontra 11110 a piedi r una zona alberata.
fig. 5. Roma, lpogeo di via D10 Compagm; seconda met del IV secolo. In 1111 arcosolio raffigurata mw proces-
sione cbe occupa ancbe la f iancata dell'arco. Siamo ormai l l/11 periodo in cui la religione cristiana ammessa e la
scena si riferisce ad 1111 avvenimento alla luce del sole, senza allusioni nascoste. Un sacerdote guida la processione
verso t/Ila chiesa preceduta da llllfl scalinata.
CAPI TOLO 2 l DALL'IMPERATORE Il DIO: ROMA, GERUSALEMME, llETLEMME 35
Nel IV secolo il cristianesimo dapprima consentito e poi riconosciuto come reli-
gione ufficiale (Editto di Milano, 313; decreto di Teodosio, 380; editto che proibi-
sce il culto pagano, 391) . I cristiani quindi- di qualsiasi gruppo di appartenenza:
ortodossi, ariani, ecc. - cominciano a definire una iconologia adeguata alla nuova
religione (riducendo le allusioni simboliche) e una architettura che, uscendo dalla
domus ecclesiae e rifiutando i templi pagani, deve essere chiara espressione della
mutata cultura religiosa. La raffigurazione dei personaggi e dei fatti ha come in-
dubbio riferimento i testi relativi: l'Antico Testamento, il Nuovo Testamento.
Da questi libri alcuni episodi e alcuni personaggi sono per l'iconografia un riferi-
mento frequente e quasi obbligatorio, mentre altri sono rari o ignorati del tutto.
Dell' Antico Testamento si illustrano scene dalla Genesz: da Esodo, dal Deuterono-
mio; del Nuovo Testamento si prendono episodi dai vangeli di Matteo, Marco, Lu-
ca a cui si affiancano gli soprattutto per la nascita e l'infanzia di Ges. Ra-
ri i riferimenti a qualche Libro dei Profeti (in funzione delle profezie riferibili a Cri-
sto) e all'Apocalse. Gli episodi neo-testamentari pi ricorrenti sono: Nativit, Ado-
razione dei Magi, Presentazione al Tempio, Strage degli innocenti, Fuga in Egitto,
Battesimo nel Giordano, Nozze di Cana, Lazzaro, Ingresso a Gerusalemme, Cac-
ciata dei meranti, Preghiera tra gli ulivi. Le scene della Passione nei primi seoli
spesso perch si preferisce Ges taumaturgo al Cristo dolente.
Meno altri episodi soprattutto relativi alle storie di Gioacchino, di
Giovanni, ili Maria; questi assumono spesso un posto a parte, dalla nascita alla
morte e Ascensione della Madonna, con l'Annunciazione- presente solo in Lu-
ca, l, 26-38- che serve come collegamento con la narrazione propriamente evan-
gelica, ed occupa quasi sempre un posto privilegiato nella chiesa, a sottolineare
il ruolo fondamentale nella successione delle immagini del racconto; come un
posto privilegiato ha- quando c' - il Giudizio Universale, conclusione di tut-
ta la narrazione, collocato dietro al muro di facciata.
Occorrevano spazi architettonici ampi per contenere l'elevato numero di scene ri-
chiesto: soprattutto in Occidente, dove si preferito moltiplicare gli episodi all'in-
terno degli avvenimenti noti anzich proporre scene con pi episodi raggruppati,
come in Oriente. Questo criterio sembra essere stato valido per secoli: dalla nava-
ta di Santa Maria Maggiore a Roma, alla Cappella degli Scrovegni a Padova.
Lo stesso vale per i personaggi estratti dagli episodi e proposti per il loro valo-
re ' assoluto' : ovviamente essi sono principalmente Ges Cristo e la Madonna.
probabile che se si facesse una statistica completa, l'immagine della Madonna
(con o senza il Bambino) in certe aree e in certe epoche supererebbe numerica-
mente l' immagine di Cristo da solo. Questi pu essere sostituito dalla Croce o
dall'agnello o da altri simboli.
Tutti gli altri personaggi hanno una collocazione abbastanza costante e gerar-
chicamente prestabilita, che consente al fedele di riconoscerli per il posto che
occupano: San Pietro e San Paolo, gli altri Apostoli, i santi pi popolari e il ti-
tolare, il papa o il vescovo in carica.
rarissimo che il posto centrale sia destinato ad altri che a Cristo (o ai suoi sim-
boli) e alla Madonna: tra i pochi casi sono famosi Sant'Apollinare in abiti ve-
6
36 PARTE PRJ,\ui l L' INVCNZIONE DELL'AMBIENTE DIVINO
figg. 6, 6a. Roma, Santi Cosma e Damiano: tJbside, mosaico con Cristo, Pietro e Paolo, Cosma e Damiano, Teodoro
e Felice N col modello della chiesa, prima met del VI secolo (Felice lV pesantemente restaurato nel X\fll secolo).
Il cielo scuro con 1m tappeto di nuvole rosse al centro; 1 basso, dtlun'estremit all'ti/tra del catino absidale, linee
parallele tiZZIIrre. rappresentano il Giordano; la sua sponda i primo piano 1111 prato verde con pocbe erbe e fiori. Le
pecore sono al di sotto su un semplice prato verde. Prima dei tagli seicentescbi il mosaico terminava ai lati co11 due
grandi palme.
scovili al centro del catino di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna (547 -549, ini-
ziata dai Goti-Ariani nel533 e finita nel549 dai Bizantini-Cattolici; vedi p. 58,
fig. 7) e Sant'Agnese nel catino della chiesa a lei intitolata sulla via Nomentana
a Roma con ai lati i papi Simmaco (498-514) che edific la basilica sulla prece-
dente memoria catacombale e Onodo I (625-628), all'inizio del cui pontificato
fu eseguito il mosaico
1
.
Seguendo questi episodi e questi personaggi percorriamo la lunga storia della lo-
ro iconografia e vediamo in quali ambienti venivano supposti e proposti come
'divini' nei secoli e nei paesi di formazione e sviluppo del cristianesimo e poi di
sua affermazione e diffusione.
Superati i primi tempi di predominante raffigurazione attraverso simboli, i per-
sonaggi che abbiamo prima elencato sono rappresentati come figure umane. Sen-
za ripercorrere le lunghissime discussioni teologiche al riguardo, l'essenza uma-
na considerata come un aspetto dell'essenza divina e come l'unica raffigurabi-
le sia che si tratti di ' divinit' scese dal cielo o di 'divinit' ascese in cielo (o di
esseri misteriosamente sempre celesti e sempre esistiti senza essere mai stati crea-
ti, come gli angeli): c' quasi una insistenza nel raffigurare i personaggi della nuo-
Cti PITOLO 2 l DALL'IMPERATORE A DIO, ROMA, GE;RUSti LEMME, BETLEMME 37
va religione senza la minima preoccupazione verso le non infrequenti iconocla-
stie (vedi parte II, cap.l).
Attorno ai personaggi viene quindi inventato un ambiente 'divino' ed questo
che viene proposto allo spettatore, che il credente entrato nella chiesa per. pre-
gare, non per ammirare mosaici e icone. Per inserirli in un ambiente diverso, ter-
reno, si punta principalmente sulla loro azione, sulla dramatis personae per la
quale bastano pochi accenni, poche allusioni a situazioni sempre ripetute e im-
mediatamente riconoscibili: come il verde prato fiorito su cui in tanti mosaici
pascolano le dodici pecore del gregge degli Apostoli e dei credenti, dirigendosi
verso Ges-Buon Pastore, sulle sponde del Giordano.
dunque la terra l'ambiente di riferimento che queste figure umanizzate sot-
tintendono e propongono con le loro sembianze, i loro abiti, i loro gesti. Ci
6a
38 PARTE l'RL\ IA l L'I NVIiNZI ONE DELL'AMBib'ITE DI\' JNO
poneva agli artisti (e ai loro committenti-registi, preoccupati dei significati re-
ligiosi e liturgici) un problema di base: renderli ' divini' senza far abbandona-
re loro la riconoscibile immagine umana e terrena.
Un modo frequente- comunemente considerato "bizantino" -consiste nell'ingi-
gantire la figura di Ges o di Maria, fuori scala rispetto alle altre eventuali perso-
nae fino a far loro ricoprire tutto lo spazio architettonico disponibile: cupola e ab-
side della Cappella Palatina a Palermo (1130-1143; vedi parte I, cap. 3), abside del
duomo di Cefal (1131-1148), abside del duomo di Monreale (ultimo quarto XII
secolo) ecc. Dietro al Pantokrator c' solo oro: un materiale astratto, un colore che
rarissimo in natura e non pu essere n terra, n cielo, n mare ed altro da qual-
siasi riferimento ambientale: la sostituzione di ci che potrebbe essere ambiente,
con una indicazione assolutamente astratta. Per dare un senso 'neutrale' a questo
oro nelle chiese cattoliche, lo si raffigura a volte come un tendaggio (per esempio
sull'arco trionfale di Santa Prassede a Roma: fig. 8c). L'oro accompagna- negli ul-
timi secoli dell'impero -l'immagine dell'Imperatore quando questi cerca altri rife-
rimenti per il suo potere rispetto a quelli classico-pagani che conosceva ed usava
per esempio Augusto quattro secoli prima: un riferimento che deve dimostrare la
potenza, la ricchezza con simboli terreni, come appunto l'oro che qualsiasi cittadi-
no considera espressione di ricchezza, di grandezza, di potenza.
Ci che i cristiani vedono sulle pareti degli edifici di ctto che dalla met del IV se-
colo cominciano a sostituire le domus ecclesiae l'invenzione di un ambiente ben
diverso dai trompe-t' oeil attraverso cui Livia immaginava di vedere pergola ti e giar-
dini della sua villa; adesso il mondo al di l di quei muri una proposta di trompe-
l'oeil verso immagini che supponiamo possano essere l'ambiente 'divino'.
Anche all'esterno l' ambiente della citt ' classica' (o ' pagano-classica' ) sta mutan-
do: 1\tima costruzione ' classica' nel Foro Romano una colonna (' una' sola: al-
zata come omaggio a un centurione eletto Imperatore d'Oriente nel602, Foca; do-
po infiniti massacri da lui operati fu a sua volta decapitato e bruciato nel 610) . Il
fatto che all'inizio del VII secolo si riuscisse ad onorare un imperatore traspor-
tando una sola colonna da un altro edificio (tre secoli prima per onorare Costan-
tino si spogliarono abbondantemente i monumenti-omaggio elevati addirittura a
Traiano) non l'unico segno che a Roma tante cose erano ormai mutate. Eletto
imperatore Foca invi le immagini sua e della moglie Leonzia in Laterano: sape-
va bene che se anche l'imperatore non poteva essere pi adorato, poteva aver bi-
sogno di alleanze con un papa potente come Gregorio I (590-604) .
Diverso al confronto l' ambiente. del Foro romano tre secoli prima (sconfitta di
Massenzio, 312) o anche solo centoventicinque anni prima (deposizione di Romolo
Augustolo, 476), o soprattutto ottanta anni prima quando Teodorico (493-526) era
stato protagonista della prima vera trasformazione dell ' ambiente dei Fori, assieme
al papa Felice IV (526-530): ma a differenza di Foca "Teodorico avrebbe meritato
una statua fra i migliori e i pi valorosi romani", sebbene barbaro e ariano
2
.
Il complesso costit uito da una sala rettangolare del Tempio della Pace (Vespa-
siano, 78; restaurata da Severo e Caracalla dopo l' incendio del191) e dall'He-
roon Romuli (edificio rotondo con due ambienti rettangolari ai lati, incompiuto
CAPITOLO 2 l DALL'I MPERATORE A DIO. ROMA, GliiWSIILEMAIE, BETLEMME 39
alla morte di Massenzio, 312), era stato dedicato durante Costantino a Templum
sacrae Urbis. Con Teodorico e Felice IV questo edificio passa dal tesoro inlpe-
riale a quello della chiesa cattolica ed la prima volta che ci avviene nel cen-
tro della citt, nel centro dell'Impero: l' ambiente cattolico si sostituisce a quel-
lo pagano: il papa deve solo mettere l' altare, costruire l'abside e far venire dal-
l' oriente le reliquie dei Santi Cosma e Damiano
3
.
Della chiesa di Felice IV resta oggi solo una parte dell' arco trionfale; di straor-
dinario valore anche perch di tutti i mosaici delle chiese romane solo quelli lun-
go le navate di Santa Maria Maggiore sono pi antichi (poco dopo il Concilio di
Efeso, 431:/igg. 7, l a); per gli altri dobbiamo attendere la grande attivit di Pas-
quale I (817-824) .
Date le vicende legate alla sua trasformazione in chiesa, a Santi Cosma e Da-
miano non era proponibile un mosaico con l' oro 'imperiale' come fondo: il ca-
tino un cielo blu in cui le nuvole rosse formano la via dell 'Asensione di Cri-
sto, al di sopra delle verdi sponde del Giordano sulle cui rive Pietro e Paolo, Co-
sma e Damiano, Felice e Teodoro indossano ancora i vestiti classici, portati nei
secoli precedenti e evidentemente ancora allora [ji'gg. 6, 6a].
Durante i secoli che separano Costantino dalle riforme intorno al XIV secolo, al-
cuni elementi sono ricorrenti nelle raffigurazioni che dominano le chiese dal fon-
do delle absidi, dagli archi trionfali, anche attraverso i profondi mutamenti di stili.
In alto il cielo, in basso la terra.
figg. 7, la. Roma, Santa M(/} Maggiore, prno arco trionfale. Santa Maria Maggiore il massimo monumento
costruito per celebrare la proclamazione dello tbeotokos al Concilio di Efeso (431). Lo storia di Moria,
dal/'Amumciozione ai Re Magi, raccontato co11 episodi e iconografia anche 11011 consueti. In bosso ci souo le
tradizionali Gemsalemme e Betlemme col/ le pecore di11a11zi alle citt e rivolte verso queste, su l/11 prato verde.
All'in temo delle due citt, gli ed1/ici sembrano tutti sacri: Hieme t empii pagani e chiese cristiane coli campanile.
8a
40
fig. 8. Roma, Santa Pmssede (Pasquale l,
817-824). Veduta d'im-ieme de!!a zona absidale.
Il primo arco trionfale avanzato e il secondo
a!l'lizio del catino absidale. T! primo arco
diviso in due pam: in bano m fondo oro due
gruppi simmetrici di beati r1gitano rtlllli di palme
(eccezionale l'effetto prmpettico delle aureole e
dei capellt); lo sferro motivo nel secondo arco
dove i permnaggi sono p distanziati e porgono
corone. Nella parte alta il fondo 1111 prato verde
con fiori rossi e sopra 1111 cielo blu scuro con
nuvole bianche; al centro Gerusalemme con le
mura/annate come le due citt sante ai filmi i del
corteo di pecore. A !l'in temo: Cristo tra due
angeli, Maria, Giova11111; Prassede, Elia, Mos,
un altro angelo; a!!'estemo altri angeli; Pietro e
Paolo, sacerdoti e folla.
Ne/mosaico absidale Cristo, Pietro e Paolo,
Prassede e Pudenziana, Pasquale e Zenone,
stai/l/O tra il cielo e il prato cbe forma la riva del
Giordano, /1 mezzo ti due palme (m que!!a a
destra del Cristo c' la Fenice). l! cielo blu
scuro con nuvole rosse e azzurre i11
corrilponde11Ztl del Cristo e biancbe in alto
affamo a!la lllfll/0 di Dio. Le pecore cbe escono
da Gerusalemme e da Betlemme formano 1111
/regio sepamto .
figg. 8a, 8b. Le due citt sante ai lati del/regio
con il gregge degli apostoli: i loro nomi 11011 sono
scritti essendo evidentemente no1t1 e sufficiente
la loro immagine e co!!ocazione. Le pecore 11011
escono da!! e porte davanti a cui ci sono due
alberi; gli ed1/ici all'in temo delle 11111m non
banno n/erimenti riconoscibili.
PARTii PRIMA l L' INVENZIONE DELL'AMBIENTE Dli'INO
8b
CAPITOLO 2 l DIILL'IMPERATORE tl DI O, KOAI!l , GERUSALEMME, BETLEMME 41
fig. 8c. Al centro dell'arco trionfale che chiude l'abside, campeggia, su fondo oro con nuvole rosse e verdi, 1111
ricchissimo trono co11l'agne!lo: solto al trono il mtolo def!'llpocalifse, sopra la Croce. Il trono dentro 1111 cerchio
blu scuro cbe lo sepam dal /o11do oro, cbr rappresentato come una tenda, sorretta dai selle candelabri
dell'Apocalisse. Dietro la tenda d'oro si affaccia in alto una sottile striscia di cielo blu, mentre in basso sull'oro sono
rappresentate delle nuvole rosse e verdi e su queste ai lati quattro angeli (vedi precedente fig. 8).
8
Be

42 PARTI: PRIMA l CIN\' ENZIONE DELL', L\18/ENTE DII'INO
/igg. 9n, 9b. Roma, San/n Mnrin in 1-nstevere (X !l secolo). Betlemme e Gerusalemme n i lati del corteo delle pecore.
Nel cielo si distinguono tre zone:
l. un fondo blu scuro con qualche raro accenno di oro, su cui si impone
2. una successione di nuvole illuminate di rosso che formano la via dell' ascen-
sione di Cristo verso
3. un cerchio in alto al centro, in cui brillano le stelle a delimitare e indicare l'a-
stratto "cielo" divino.
La terra rappresentata con elementi noti dell'ambiente umano:
l. il prato, i fiori, le pecore, le anatre, il fiume ecc. , per essi insieme ben co-
nosciuto il significato religioso: i fedeli, il "Buon Pastore", il Giordano, l'Araba
Fenice ecc.;
2. le due citt sante (Gerusalemme e Betl emme);
3. il trono su cui siedono Ges o Maria a significare appunto che non pi il sim-
bolo dell'imperatore terrestre (Giustiniano e Teodora a San Vitale sono in piedi).
Nelle chiese costruite durante il papato di Pasquale I (817-824) ritroviamo i cie-
li blu con le nuvole rosse, il Giordano e sulle rive prati, fiori , alberi: a Santa Pras-
sede [figg. 8, 8a, 8b, 8c], a Santa Maria in Trastevere [figg. 9a, 9b] dove una pro-
fusione di fiori si contrappone in basso ai colori rosso-blu che allontanano il li-
mite oro nel fondo, a Santa Cecilia in Trastevere [figg. lOa, lOb], a Santa Agne-
se fuori le mura (dove solo la santa appoggia i piedi su un complicato cuscino
formato dai simboli del suo martirio, circondato dal verde), a San Marco (inizi:
papa Marco I, 336; mosaici: Gregorio IX, 828-844), dove dei tappeti rettango-
lari si sovrappongono alla rappresentazione della terra.
La raffigurazione di Gerusalemme (Citt Santa) e di Betlemme (Citt del pane)
fa parte fin dagli inizi del repertorio di base dei grandi mosaici, in tutta l' area di
diffusione del cristianesimo.
Le citt sono viste sempre dall'esterno come se fosse implicito e scontato che i
luoghi in cui si svolgono i vari eventi, storici o religiosi, sono in campagna, fuo-
CtiPITOLO 2 l DALL'I.Ill'ERATORE ; l 010 : RO,\IA, GERUSALEMME, BETLEMME 43
ri dai centri abitati. qui che - almeno per molti secoli e in molti paesi - si
suppone che siano localizzati i fatti narrati nella Bibbia. Anche una delle scene
pi diffuse come l'entrata di Ges a Gerusalemme lo mostra sempre all'ester-
no, prima di arrivare alla porta della citt: non credo esista nessuna immagine
di Ges dentro Gerusalemme (anche il Getzemani e l' Orto degli Ulivi sono fuo-
ri delle mura).
Le citt sono chiuse da pesanti mura, in blocchi squadrati e spesso decorati di
gemme; gli archi delle porte, le lampade che le illuminano, le cerniere e i chia-
vistelli sono quasi sempre esattamente descritti quasi si volesse essere certi che
vengano riconosciuti.
Nell'arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma, costruita subito dopo il Con-
cilio di Efeso (431) che proclama tbeotokos la Madonna, le pecore sono all'esterno
e guardano verso le porte delle due citt [figg. 7, la]. Dentro le porte delle mura si
vedono in prospettiva dei colonnati che emergono al di sopra per cui le due citt
appaiono completamente costruite contempli classici; stle porte appesa una cro-
ce tra due preziose lampade.
questa per una iconografia del tutto isolata: durante l'attivo papato di
Pasquale I (817-824) che le chiese di Santa Prassede e Santa Cecilia a Roma,
riassumono quasi tutta l'iconografia di quel periodo e dei secoli precedenti
4
Alla
base del catino absidale le due citt si presentano simmetricamente con due mura-
glie fatte di riquadri tappezzati d'oro e con due porte, alte quanto le mura. Per as-
sicurare al fedele che quel prezioso paramento murario proprio una citt, al di
sopra sporgono pochi fantasiosi volumi di edifici con tetti rossi e verdi, volte e por-
tali. A Santa Prassede e a San Clemente le greggi sono gi uscite dalle porte e da-
vanti a queste ci sono due alberi simmetrici.
Ma non solo questa aurea e abbastanza diffusa rappresentazione di Gerusa-
lemme e Betlemme a costituire l'interesse di Santa Prassede: davanti all'abside
!Da
I la
44 PARTE PRJ.IT!I I L'INI'ENZIONE DELL'A,\1/J/EN"/ E D/l'IN O
figg. !Oa, 10b. Roma, Santa Cecilia in Tmstevere (Pasquale l, 817-824). Betlemme e Gemsalemme ai lati del corteo
del/e pecore.
figg. I la, nh. Roma, San Clemente (met XII secolo); Betlemme e Gemsalemme ai lati del corteo di pecore, a/la
base del cat iliO absf(/ale (vedi anche parte Il, cap. 1). Le due ait sono c1te da mm'tlture meri ate formate coli colici
decorati, s/alsati co/Ile lle//a di un muro ef!elfivamente costruito. A/le estremit si apro11o due gra11di
porte senza ehm m re, sormontate da cmque lampade e dal/e smite Betb!eem e 1-liemsalem. Ci sono altre due porte
cbwse da robusti chiaviste//i (se ne pu vedere ancora uno analogo nella porta del Sane/a Sanctorum al Latemllo,
CAPI TOLO 2 1 DALL' IMPERATORE t! DIO: ROMA, GERUSALEMME, BETLEMME
45
Scala Santa) quel/a di Betlemme sormontata da 1111 arco con un a11gelo e quella di Gerusalemme da un timpano
co11 la croce: Le pecore escono dal/a porta aperta su/tamburo verso l'interno dell'abside. chit.tsa;
l"ef/ello angolo' il protagollista di questa raffigurazione. Le cill a/l'ili temo sotro descrr!le conmr drsordmato
a/fast el/arsi di torri e di te/li che formano 1111 astrailo disegno di /orme geolllelrlcbe.
! Ob
llb
46 PARTE PRIMA l L'IN\' ENZIONE DELL'AMBIENTE DIVINO
fig. 12. Madaba (Giordania), VI secolo. Pavimento musivo nella Cbiest1 settentrionale raffigurante tutto il territorio delltl
Terra Santfl da TiroeSidoneal delta de!NJ1o, dalM.editermneoal deserto. Dnensioni: ml15,70x 5,60 (cm mq 88), di
wi restano ampifmmmenti. La citt di Gerusalemme al celltro della grande ama geogra/im: la cbiudono le 11111m li1
cui si aprono la porta settenflionale (a s1tra) e quella on(mtale (in alto). Dentro la porta settentrionale 1111a pia'l.ZII con
1111a colonna; da qui/ino a sud c' 1111a strada porticata rettHinea; su di essa riconosdbile verso ovest la basilica del Santo
Sepolcro. Una seconda via portimta parte dalla stessa piazza alla porta settentrionale e percorre !ti parte orientale di
Gerusalemme. In alto la carta rappresenta il Giordano (risalito da due pesci) e illlNir Morto con due 1/tlvt: i maniJai sono
stati "de/igurati" nel peliodo iconoclasta (vedipm1e Il, cap. 1). Sulla sJistra, la citt di Ge1ico tra le palme.
13
14
CAPITOLO 2 l DALL'IMPERATORE il DIO: ROMA, GERVSALJ.:,\1,\//:', BETLEMME 47
e al suo arco trionfale c' un secondo pi
avanzato arco trionfale, sempre dei tempi
di Pasquale I [fig. 8] : tra i due c' una vol-
ta raffigurante uno scuro cielo notturno
pieno di stelle regolarmente disposte: al-
tro tema ricorrente per secoli. Al centro di
questo arco c' di nuovo Gerusalemme; in
una posizione e in una rappresentazione
forse uniche. La citt estesa su tutta la
zona cent rale pi alta ed raffigurata con
lo stesso muro aureo e decorato delle due
piccole citt ai lati del gregge nell' abside:
le stesse porte deformate ai lati, gli stessi
tetti, ma dentro tutto diverso:. nessuna
casa, nessun volume, un colore verde scu-
ro riempie tutta I' area dentro alle mura. La
citt ' abitata' da Ges e due angeli al cen-
fig. 13. Gerusalemme, Il Santo Sepolcro, disegno cm 21 x 16, XVIII secolo, Codice Greco 396 (252). Accademia
delle Scienze di Bucarest. Il Santo Sepolcro fu i n i z i t ~ l o sotto Costfllllino, dopo il concilio di Nicea (325): era formato
da diversi fllllbienti, cortl11; portico ti. Nel disegno mppresentflfa lilla sezione ideale con richiami a elementi
camtteristici come le lampade. Erti "un'opera stmortlinaria di immensa altezza e di S0/11/JJa lungbezza e larghezza"
(Eusebio).
fig. 14. Gerusalemn1e, disegno cm14 x 9,5 , 1634, Codice Greco 346, Biblioteca di Stato della Baviera, Monaco.
I vari motlllmenti sono rappresentati isolati e fuori scala: al centro domlilfl il Santo Sepolcro.
t
15a
48 PARTE Pl<lMA l L'IN\1/iNZIONE: DELL'AMBIENTE D/l'IN O
/igg. I5a, 15b. Ravenna, San \litale. Nell'arco trionfide al di sopra del presbiterio, Gerusalemme e Betlemme si
presentano come due 1111/raglie massicce, decomte di gemme; i vani delle porte sono dei vuoti in cui pendono le tre
lampade. l n alto le mura sono merlate e all'intemo prevalgono dei colonnati classici.
CAPITOLO 2 l DALL'IMP/iRATOR/i A DIO: ROMA, GERUSALf,\IM/i, BE:.TL/iMME
49
!5b
50 PARTE PRIMA L'INI'ENZfONE DELL'AMBIENTE DIVINO
tro, rialzati in modo da interrompere l'oro del muro di fondo; Maria (con un
manto giallo) e Giovanni sono dalla stessa parte, a destra di Cristo, mentre a si-
nistra c' solo Prassede; poi sei apostoli e santi che rivelano la straordinaria li-
bert e capacit dei mosaicisti del IX secolo. Infatti Cristo sull'asse della chie-
sa, ma ha otto persone allineate da una parte e sette dall'altra. Il grande recinto
dorato di Gerusalemme non quindi centrato, ma sporge a sinistra di chi guar-
da l'abside pi che a destra (e nel prato al di sotto ci sono sette fiori, mentre dal-
l'altra parte ce ne sono nove). L'asimmetria sembra volutamente esaltata dalla
presenza - dentro e fuori le mura - di persone, nuvole, prato e fiori differenti
per numero e raggruppamento.
Una analoga unica citt nell'abside della chiesa dedicata a Pudenziana. ll mo-
saico, eseguito alla fine del IV secolo, stato pesantemente rimaneggiato. Molti
secoli dopo nelle absidi di Santa Maria in Trastevere [figg. 9a, 9b] e di San Cle-
mente [figg. 11a, 11b] la raffigurazione delle due citt pi astratta e fantasiosa.
A San Clemente le citt sono sull'angolo formato dall'arco trionfale e dal catino
absidale: le porte sul fronte dell'arco sono sprangate e le pecore escono da quelle
aperte sul tamburo.
La raffigurazione delle due citt sante era naturalmente diffusa anche in orien-
te, dove anzi la conoscenza diretta di Gerusalemme, di Betlemme e delle anti-
che Galilea e Giudea permetteva di indicare con icone e lo con scritte localit,
santuari, edifici, con riferimenti non certo esatti topograficamente, ma meno glo-
bali e simbolici dei contemporanei riferimenti occidentali.
A Madaba (Giordania), nel VI secolo viene eseguito un grandioso mosaico pa-
vimentale raffigurante tutta la Palestina [fig. 12]. Al centro, Gerusalemme non
vista dall'esterno delle mura, come in occidente: rappresentata in una pa-
noramica dall'alto che individua come elementi caratterizzanti la citt nel se-
colo di Giustiniano: una strada rettilinea centrale porticata da nord a sud (l'an-
tico cardo), una seconda strada porticata, due porte principali, una piazza, e al-
cune chiese, tra cui il Santo Sepolcro raffigurato al centro della strada princi-
pale con la facciata verso questa. Il Santo Sepolcro fu uno dei soggetti princi-
pali di tutte le raffigurazioni di Gerusalemme per secoli [fig. 13]. Una veduta
di Gerusalemme, analoga a quella di Madaba, disegnata nel1634, raffigura in-
vece il Santo Sepolcro dal davanti con scene del Golgota, della Deposizione,
del Bambino [fig. 14]
5
.
Il grande mosaico pavimentale della chiesa di Santo Stefano a Umm al-Rasas
(Giordania, VI secolo, vedi p. 92, fig. 1) ha come cornice esterna una serie di
citt: rappresentato in genere un edificio caratteristico anche se in maniera mol-
to sintetizzata, con intorno elementi delle mura, delle torri, dei tetti che almeno
parzialmente mostrano l'interno e non si limitano a presentarci la citt come qual-
cosa da cui stare fuori.
Rappresentazioni di altre citt sono pi rare, ma ci offrono degli esempi di co-
me questo soggetto poteva suggerire nuovi tipi di ambienti. A Ravenna le due
citt ai lati del presbiterio di San Vitale, eseguite durante il periodo Goto, ri-
CAPITOLO 2 DALL'IMPERATORE A DIO: ROMA, GERUSALEMME, BETLEMME 51
propongono il modello di citt chiusa dentro mura massicce con numerose tor-
ri; anche qui gli edifici al di sopra delle mura hanno l'aspetto di templi classici
e non esce nessun gregge [figg. 15a, 15b].
Sempre a Ravenna nella chiesa di Sant'Apollinare in Classe (vedi p. 58, fig. 7)
nessun edificio emerge sopra le mura delle due citt; l'ultima pecora del gregge
sta uscendo dalla porta per avviarsi lungo un ondulato prato al di sotto del cie-
lo nuvoloso, ma distinto da quello pi scuro e tempestoso della soprastante sce-
na absidale.
Nella chiesa di Sant'Apollinare Nuovo, la famosa processione delle Vergini rea-
lizzata durante il regno di Teodorico (496-526), comincia con un riferimento rea-
le e non con una allusione simbolica (vedi p. 60, figg. 9, 9a): in continuazione
sono raffigurati il porto di Classe (rappresentato da due torri, dal mare, da tre
navi), e la citt di Ravenna vista da fuori le mura con i principali edifici che spor-
gono al disopra: dalla porta non esce un gregge di pecore, ma il corteo delle Ver-
gini che raggiunge all'altra estremit della navata i Magi e la Madonna con il
Bambino. La citt e il corteo delle Vergini sono sul lato sinistro della navata; su
quello destro il corteo dei Martiri esce dal Palazzo di Teodorico e raggiunge al-
l'altra estremit Cristo in trono (vedi p. 61, figg. 10, lOa).
Note
1 Ravenna patrimonio dell'umanit, A.B.A.C.O. edizioni, Forl 1997; Roma Archeologica- Le chie-
se paleocristiane di Roma, EdR editore, n. XVI-XVII, 2003; Santa Maria Maggiore, edizioni Eu-
roedit s.r.l, Trento s.d.
2 E. Gibbon, The History o/Decline and Fa!! o/ tbe Roma n Empire, Londra 1776; Storia della de-
cadenza e caduta dell'Impero romano, tra d. i t., Einaudi ed., Torino 1967.
3 Nel 1600 un terremoto danneggia la chiesa di Santi Cosma e Damiano; papa Urbano VIII per
rinforzarla vi costruisce attorno un giro di cappelle e la divide in due con un piano a met altez-
za; la chiesa inferiore porta via alla precedente circa ml 8 ed alla quota quindi
vediamo i mosaici come da un ponteggio di ml 8. Purtroppo in quell'occasiOne tmosatct furono
manomessi e restaurati in alcune figure.
4 La Basilica di Santa Prassede, Monaci Benedettini Vallombrosani, Roma 1998. Come noto le due
sorelle Pudenziana e Prassede non sono sante, anche se come tali sono indicate nelle rispettive
chiese romane
5 or AGHIOI TOPOI (I luoghi santi, XVII-XVIII secolo), catalogo Museo Bizantino Atene (solo
edizione in greco).
Capitolo 3
Barbari e bizantinz> da Ravenna a Costantinopoli
Il periodo che segue all'impero di Costantino (t 337) tradizionalmente consi-
derato come una serie di 'secoli bui' da cui, se qualche avvenimento o qualche
personaggio emerge, per presentarsi come eccezione, e sottolineare cos che il
resto del mondo era travolto nella barbarie.
strano che questo giudizio negativo non si estenda dalla Storia (con la S maiu-
scola) alla storia dell'arte: questa al contrario per tutto il millennio tra Santa Maria
Maggiore (IV secolo) e gli Scrovegni (XIV secolo) elenca migliaia di capolavori.
Non solo: ormai tempo di abbandonare lo stereotipo per cui i romani (e i greci)
erano 'bravi', circondati, invasi e saccheggiati da tanti 'cattivi' . Anche i romani ave-
vano invaso e saccheggiato (almeno dall'Egitto alla Mesopotamia), e le nuove for-
me di religione erano pi perseguitate dai romani che dagli altri popoli.
Cadute certe front iere, ritirati certi eserciti, possiamo anzi parlare di un perio-
do storico in cui si continua a lottare e ad uccidere, ma in cui proprio gli spo-
stamenti di genti e di culture e di religioni finiscono per creare nuovi valori, nuo-
vi problemi, nuove civilt. Come sar -dopo il Rinascimento- quando gli eu-
ropei andranno a colonizzare terre abitate forse da popoli pi civili di loro e
quando (ai nostri giorni) da queste terre che vengono quelle genti che non chia-
miamo pi ' barbari' o ' indigeni', ma pi poveramente 'extra-comunitari'.
Comunque, allora "sembr raggiunto nel grande cielo dell'arte quell'accordo tra'
barbari e romam; tra governo d'Italia e governo di Bisanzio, tra Oriente e Occi-
dente, che nel terreno della politica non ebbe se non brevi momenti di vita"
1

Due citt in posizioni geografiche differenti, politicamente in contrasto o in mo-
menti alterni soggette l'una all'altra, con popolazioni diverse che credono in cor-
renti reciprocamente sconfessate del cristianesimo, sono tra quelle che testimo-
niano della ricerca di koin culturale e sociale, protratta per tanti secoli dopo la
crisi dell'antico impero: Ravenna e Costantinopoli, esempi singolari di citt co-
smopolite. Troviamo nella prima romani, bizantini, goti, longobardi; nella se-
conda greci, bizantini, crociati, ottomani.
lecito considerare Ravenna come luogo di incontri tra un modo di rappresen-
tazione bizantina (derivato cio dalla corte imperiale), un modo che possiamo
definire ' romano' (anche se riferito non pi solo all' antichit classica, ma sem-
pre pi ad una cultura cristiana), un modo che gli storici cominciano ad essere
incerti se chiamare 'goto' o ' ariano' (avendo capito che non ha senso chiamarlo
'barbaro' ).
Il mausoleo di Galla Placidia (oratorio della chiesa di Santa Croce) r}igg. 1, 2]
CAPITOLO 3 l BA/WARI E l!/ZAN'flN/; DA RAVENNA A COSTAN'f/NOPOU
fig. 1. RmJenna, iVIrwsoleo
di Galla Placidia (prima
met V secolo). Lunetta
coli mosaico m/figurante il
Buon Pastore. Il cielo
realisticamente azzurro,
sempre pi scuro ma110 a
1111
mo cbe ci si allo11tana,
1111cbe perfar risaltare
l'aureola di Gest e il
raccordo con ia volta (cbe
r altro modo rappresenta
ancom il cielo).
Ugualmente realistico il
colore del prato e le pecore:
la vegetazio11e ne
accompagna spesso la
sagoma in modo da far
corrispondere e/feti i
cromatici alla scelta delle
piaute e delle rocce. In
primo piano il prato si
trasforma in Ull termzzo
roccioso coli profo11de
spaccature cbe sembra
prosegua/lo oltre la com ice.
fig. 2. Raven11a, Mausoleo
di Galla Placidia, braccio
laterale. i\tlosaico con cervi.
I due cerVI; simmetrici, JJ/a
non uguab; escono da
imponmti girali (vedi parte
II, ca p 1) cbe fomtai!O
indubbiamente col fondo
blu swro la sce1111 percepita
da cbi guarda: ilmosaicista
sapeva che la lu11etta in
controluce, malgrado la
cbiusura in alabastro della
/i11estra, completata dallo
specchio d'acqua (il
Giorda11o?) cbe nella sua
stilizzazione 11011 co11trasta
per col! d realismo delle
altre parti.
53
forse il pi famoso esempio di incontro e di coesistenza di varie
nella religione e nell'arte, oltre che nella movimentata vita familtate, tehgwsa,
politica dell'imperatrice. .
li mosaico del Buon Pastore una desctizione minuziosa di una scena di pascolo
con erba e cespugli e il realismo comprende anche il cielo azzurro: lo. della
divinit la terra con le rocce e i cespugli. I cieli sono sempre azzurn e diVentano
blu scuro quando sono il fondo delle scene decorate a con cervi che si ab-
beverano ad acque assai stilizzate e circondate da una vegetazwne ora puntualmente
descritta, ora geometrizzata in girali (vedi anche parte II, cap 1).
I Goti fanno di Ravenna la loro capitale nell' ultimo quarto del V secolo; sono
2
..
54
RAVENNA
Impero Romano (I-il secolo d.C. )
il porto della flotta romana (Classe) . Con-
tatti con il Mediterraneo orientale: il suo com-
mercio, i suoi culti.
Impero d'Occidente
402 - 476
Nel 402 Onorio (Imperatore d'Occidente,
395-423) trasferisce la capitale dell' Impero
d'Occidente da Milano a Ravenna
Nel V secolo vengono costruiti l seguenti
edifici di culto romano:
- Battistero Neoniano o degli Ortodossi, ini
zio V secolo;
- San Giovanni Evangelista, 426-434;
- Santa Croce e Oratorio di San Lorenzo
(Mausoleo di Galla Placidia) , prima met
V secolo;
- Santi Apostoli (poi San Francesco) , met
V secolo
Periodo Goto (476-540)
Nel 493 Teodorico trasferisce a Ravenna la
capitale del Regno Goto
Alla fine del V e nel VI secolo vengono co
struiti i seguenti edifici di culto adano:
- Sant'Agata maggiore, fine V secolo;
- Chiesa di Ges Cristo (poi Sant'Apolli n a
re nuovo), 493-496;
-Battistero degli Ariani, met VI secolo
- Anastasis, cattedrale ariana (poi chiesa del
lo Spirito Santo), inizio VI secolo;
- Mausoleo di Teodorico, dopo il520;
- San Vitale, dal 526;
- Sant' Apollinare in Classe, 533-549, cristiana
Periodo Bizantino (540-751)
Sede dell 'Esarcato
In questi due secoli vengono realizzate le se-
guenti opere:
- Mosaici con Giustiniano e Teodora, absi
de di San Vitale, 547-548;
- Mosaici a Sant'Apollinare nuovo, 556-560
Longobardi (751-754)
Franchi (755-756)
Dal 757 Dominio della Chiesa di Roma; dal
1509 fa parte dello Stato della Chiesa
PARTE PRIMA l L'INVENZIONE DELL'AAJBIENTE DII'INO
GALLA PLACIDIA
Galla Placidia (nata intorno al390, morta il
27 novembre 450 a Roma), sepolta nel Mau-
soleo imperiale presso San Pietro in Vatica-
no; la sua salma sarebbe stata poi trasferita
nell'Oratorio di San Lorenzo presso la chie-
sa della Santa Croce a Ravenna (V secolo)
che porta appunto il suo nome. Il suo cor-
po sarebbe stato sepolto seduto su una se-
dia di cipresso e sarebbe rimasto cos per se-
coli. Secondo altre fonti invece le spoglie di
Galla Placidia non sarebbero mai tornate a
Ravenna.
(Louis-Sbastian Le Nain de Tillemont, Hi-
stoire cles Empereurs; Edward Gibbon, The
History o/Declin and Fall of the Roman Em-
pire, uad. it. Giulio Einaudi, Torino 1967;
John J ulius Norwick, A Short History o/
Byzantium, trad. it. Arnoldo Mondadori,
Milano 2000).
Galla Placidia era:
- figlia di Galla e di Teodosio I il Grande (Im-
peratore d'Oriente, 395-408) e sorellastra di
Onorio (Imperatore d'Occidente, 395-423)
e di Arcadio (Imperatore d'Oriente, 395-
408)
- moglie del Re Goto Ataulfo (cognato di
Alarico) , morto nel 415
- moglie di Costanzo III e a lui associata co-
me Imperatrice (421)
- madre di Onoria e Valentiniano (poi Va-
lentiniano III, Imperatore 425-455)
- Imperatrice reggente per il fi glio minoren-
ne (421-425)
Nella sua vita si alternarono Rave1ma, Co-
stantinopoli, Roma; un primo marito discen-
dente di Costantino, un secondo Goto; nata
nella fede cdstiana-ortodossa. divenne cristia-
na-ariana e poi cristiana-romana; "Augusta"
una prima volta come vedova di imperatore e
una seconda come madre di un figlio mino-
renne futuro imperatore; "suocera" di Attila-
na seconda come madre di un figlio minorenne
futuro imperatore; "suocera" di Attila
CAPITOLO J l BARBARI E BIZANTINI; D1l RAI'ENNA A COSTANTINOPOLI
fig. 3. Ravenna, San Abside.
Mosaico mffigumnte !Impera/ore
Ginstiuitnro e la SI{(/ corte con Ii
vescovo Massimmo, eseguito vivente
l'imperatore nel 547-548. Sotto un
portico-cornice, i personaggi s01:o 111
piedi m nn prato verde, davanft a 1111
fondo oro (consideralo appunto come
il colore 'imperiale', sti11bolo del
potere e della riccbez:ut). Tutti i_ ,
personaggi 'guardano m maccbma.
fig. 4. Ravenna, Sa11 Abside.
Mosaico m!figurante l'unpemtrtce
Teodom e !ti sua corte, 547-548. A
differenza di Giustiniano raffigumto
su fondo neutro e conia scena
completamente riempita dai
personaggi del corteo, Teodora
rappresentata in 1111 preciso ambiente
arcbitetlonico. I! imperatrice
davanti a 1111 catino absidale verde, di
mi sembra quasi determinare fa
geometria coli la gigauteJca aureola
(proporzionallllente p grande di
quella di Gtstiuiano: eutmmbi
emno viventi e 11011 sal'tl/1110 mai
santificati; t'aureola sovrapposta
alta corona). A destm due sacerdoti
ricevono dalt'impemlrice lilla coppa
(Giusttiano la offre a sinistra a
Massimiauo) e apro11o la tenda cbe
cbiude 11/ltl porta- probabilmente
delltl chiesa, precedllla da una /onte
di acqua beuedetla - ; dietro c' un
nero assoluto. A sinistra di Teodoro le
dame della corte avanwuo sotto 1111a
tenda colorata. A di/ferenw del
mosaico di Giustiuia11o, qui solo
Teodora, il sacerdote a destra, due
dame a sinistra 'guardano i
macchina'; gli altri 'seguo11o l'azione'
e l'ultima ancella guarda 'fuori
campo'. Sull'orlo al fondo del11muto
di Teodom sono rimmati i re Magi; il
primo in parte nascosto dalla piega
del vestito.
55
cristiani ariani, ma non si preoccupano troppo di convertire gli altri. C_ostrui-
scono il loro battistero la loro cattedrale, il mausoleo di Teodorico (dopo il 520),
la chiesa di Ges (493 -496, che sar poi riconsacrata come Sant'Apolli-
nare nuovo), San Vitale (dal 526) e Sant' Apollinare in Classe (iniziata dai Goti
Ariani nel533 , finita dai Bizantini nel549).
San Vitale era stato iniziato dal vescovo Ecdesio (522-532) "con la teofania dell'ab-
side, composta durante il suo pontificato (infatti vi ritratto senza aureola, d _cbe la-
scia supporre fosse ancora in vita). Fu continuata nella cella, forse ad opera dt botte-
ghe {miste', da Ursicino (fino al5 settembre 536), e terminato dalle stesse maestran-
3
4
56
l'ARTE PRJ,\ft! l L'INVENZIONE DELCAAIIJIENTE DII' JNO
5
CAPITOLO J l Bt!RBilRI E BIZ:lNT/ Nl ; DII RAVENNA Il COSTANTINOPOLI
57
fig. 6. Ravenna, San Vitale. Presbiterio. Scene bibliche. Da destra: 11Snm/icio di Abramo / erma/o dalla mano di Dio che
si affaccia in alto tra le nuvole bianche, rosse, blu; I Ire angeli; Offerta e ospitnlii di Abramo. Aliamo ai personaggi
l'ambiente pastorale ricmmente desmito: tmn pecom sul prato guardt1 il sacrificio, dietro cui sono stilizzate delle rocce
e accanto 1111 filbero segue In curvatura dell'arco; al centro 1111 grande albero; a su'stra l'ti1gresso di una casa-capanna con
tetto di paglia e injii1e un altro albero a chiudere la composizione. I personaggi sono tutti della stessa dimensione,
m eu tre gli altri elementi riempiono gli spazi restanti, /i tori scala con le peHone e tra di loro, !Ila in modo da descliuere
esamientemente l'ambiente patriarcale di questo ep1'sodio biblico.
Alla pag1a precedente:
fig. 5. Ravenna, San Vitale. Presbiterio e abside. La ricca arcbitettura della chiesa, con il doppio porticato al piano
iu/eriore e al matroneo e con la /orma planimetrica 11011 afferrabile da 11111111ico fJ/111/0 di vista, la protagonista
principale; i mosaiCI; cbe non sono con t in m; non ne moclificano n le proporziom; n In luce_
ze, che attuarono il primitivo disegno, sotto Vittore (4 aprile 538- 15 febbraio 545).
Dopo la cacciata dei Goti e la conquista bizantina di Ravenna, il vescovo Massimia-
no, longa manus dell'imperatore Giustiniano consacr la e/n'esa (quasi certamente il
17 maggio 548: certo non prima dell'aprile 547); e in quell'occasione fece comporre
da maestri di corte, chiamati senza dubbio da Costantinopoli, i due famosissimi mo-
saici, intesi a porre il sigillo, anche ufficiale (secondo un'antica tradizione mmana) ap-
punto a quell'avvenimento"
2
. Siamo interamente nel periodo goto: solo i due ritratti
di Giustiniano e Teodora saranno eseguiti dopo e costituiranno il 'sigillo' sovraim-
presso da un'altra politica (e un altro burocrate: Massimiano, che a scanso di equi-
voci ha scritto ben chiaro il suo nome) [figg. 3, 4].
Collocati uno di fronte all'altro sui due lati dell'abside, lo sfondo della loro im-
magine terrestre non pu essere che l' oro imperiale. Ma Giustiniano e Teodora,
oltre a presentarsi come imperatori grazie alla corona, ci tengono a indicare anche
il loro potere ecclesiastico: hanno l'aureola, anche se non erano santi essendo an-
cora vivi: n mai saranno santificati post mortem. disegnata con una linea rossa
oro-su-oro, e si distingue quindi da quella che nel mosaico absidale ha il giova-
nissin10 Cristo, attraversata dalla croce. Anche l' oro dietro a Ges, disegnato nel-
l'abside vent'anni prima di quello dietro Giustiniano e Teodora, diverso da quel-
lo 'imperiale': solcato da nuvole in prospettiva, di colore rosso, blu e bianco (gli
6
58
PARTE PRIM1l l /.'INVENZIONE DELL'AMBIENTE DIVINO
7
7a
CAPITOLO 3 l BARllARI E BIZANTINI; DA RAVENNA A COSTANTINOPOLI
Alla pagina precedeute:
figg. 7, la. Ravemlfl, Sant'Apolliuare in Classe.
Mosaico dell'abside, 535-549. Al ceulro il veJcovo
Sant'Apollinare raffigurato in un ambiente terres/re
w fondo verde. In basso le dodici pecore Jradizionali
(gli apostoli, i fedeli) calpestano gruppi di piccoli/i01i
rosa e tra !'tlllfl e l'altra ci sono pi graudi ciuffi di fiori
hiancbi. Dielro, 1111111erosi e svariati tt!beri (pareccbi
recano segni di capitozzature): intervallati da rocce con
fiori e cespugli: si ricouoscono delle felci. Gli alberi pi
lontani sporgono co11 la cbioma nel cielo bruno-
rossiccio con nuvole biancbe aliamo a due angeli. Ma
il cielo veramente riconoscibile come tale quello al
centro, al di sopra del vescovo: azzurro col/ le stelle e al
centro la croce gemmata. La ricchissima scena del
catino incomiciata sull'arco da due palme e in alto da
un'altra scbiem di pecore che escono da Betlemme e
Gemsalemme e salgono si/un terre/lo brullo verso
Cristo, al ceutro di Ul/ cielo con nuvole rOJse e biancbe.
fig. Ba. RavenNa, Sant'Apollinare Nuovo. La cbiamala
di Pietro e Andrea. Protagonisti di questa scma
evangelica sono la barca e l'acqua de/lago di Tiberiade,
pit cbe Gest e l'Apostolo cbe l'accompagNa: questi
sono sta/l'ci e il gesto di Ges del t/Ilio tradizionale.
Invece il remo e la rete e i gesti dei due m !la barca
costituiscono 1111 nfer/Iel/to preciso a un lavoro reale.
fig. 8b. Ravenna, Sani'Apollinare Nuovo. La parabola
del fariseo. I due personaggi sol/O davanli alla faccia/a
di 1111 palazzo co11 qua/Ira wlo1111e e l impano; la fenda
rialzata e annodata /requeule nei mosaici d'inf/uem:a
bizanl1a.
fig. 8c. Ravenna, Sant'Apol!i11are Nuovo.
La guarigione del pamlilico. Da mw parte Ges e
l'accompagnatore sono ripresi in1111 gesto tradizionale
di benedizione (come nella precedenle /ig 8a);
dall'altm invece il/ello del paralitico, le corde con mi
viene calato, il movimento dei due uom11; il disegno
del tetto rappresentano u11a scena accuratamente
descrilfa. Si noti come l'architettura e sopratlllflo il
paesaggio dietro Gest siano 'disegnati' dall'andamento
delle tessere.
fig. 8d. Ravenna, Sant'Apollinare Nuovo. Le pie donne
al sepolcro. Il sepolcro insolita/l/ente ra/figumto da
untempietto rotondo, deutro cui 1111a porta 111ostra la
lapide del sepolcro rimossa.
59
8a
8b
8c
8d

60
PARTE PRIMA l L' IN\IENZIONE DELL'AMBIENTE D/ l'l NO
/igg. 9, 9a. Ravenna, Sant'Apollinare
Nuovo. Lnto sinistro della navata.
Teana della verg1i tm il p01to di
Classe, la citt di Ravenna e la
i\lfadonna l trono (556-560).
stessi colori si ripetono
sulle cornici intorno e
nelle scene bibliche late-
rali), ed dunque la raf-
figurazione del cielo: il
cielo come l'ambiente del
dio al di sopra degli uo-
mini e se l'imperatore vo-
leva mostrarsi davanti a
uno sfondo tutto rivesti-
to d'oro (come a Santa Sofia) qui tutto il cielo divino e umano a mostrare con
altri mezzi la stessa potenza [fig. 5] 3.
Il fondo delle absidi e la concezione degli edifici cristiani come esaltazione de-
gli sponsor imperiali o religiosi non un fatto figurativo o iconografico, ma mol-
to di pi: ha un significato a Roma, un significato a Bisanzio, un significato quan-
do qualcuno (come i Goti) si sostituisce a entrambi; e pu anche darsi che del-
l' oro necessario per non essere da meno, si cerchi una giustificazione simbolica
(come a Sant a Prassede a Roma, vedi parte I, cap. 2)
Se l'oro solo una neutra indicazione dietro agli imperatori, altrettanto il verde ai
loro piedi un colore indifferenziato. Invece il verde sotto al globo di Cristo e ai
piedi degli angeli e santi nell'abside non un semplice colore: i verdi sono tanti, da
essi spuntano numerose erbe e fiori esattamente descritti che scendono tra gli ar-
chi delle finestre, ai lati dei quattro fiumi biblici, tra evidenziate crepe del terreno.
L'ambiente di Cristo (o della Madonna) il cielo considerato come elemento so-
vrastante la terra: anche se tra le nuvole ritroviamo l'oro, non pi un simbolo (ol-
9
9a
l Oa
CAPTTOLO 3 l BARBART E BIZANTTNI; DA RAVENNA A COSTANTINOPOLI 61
figg. 10, IOa. Ravenna,
Sant'Apollinare Nuovo. Lnto destro
della navata. Teoria dei marti tra
il palazzo di Teodorico e Ges in
trono (556-560).
tretutto di terrene ric-
chezze e valori non pro-
priamente cristiani) . Se
nella stessa chiesa di San
Vitale osserviamo sulle
pareti laterali le scene bi-
bliche (Ospitalit e sacri-
ficio di Abramo, Il rove-
to ardente, Mos sul Si-
nai .. . ) vediamo che le nu-
vole rosse, blu e bianche (da cui esce la mano del dio) sono su un cielo grigio del-
la stessa tonalit dei prati verdi davanti a cui recitano i vari personaggi; senza solu-
zione di continuit, n distacco, senza nessuna linea di orizzonte che separi l' am-
biente terreno da quello celeste rjig. 6] .
A San Vitale (salvo i due mosaici imperiali) il colore pi diffuso il verde (un
verde incredibilmente chiaro e luminoso, 'classico'). Abbiamo visto che c' del
verde nei mosaici lungo le pareti del presbiterio, nelle lunette, nel mosaico ab-
sidale con Cristo al centro; verde lo sfondo di due dei quattro riquadri della
volta (e gli altri due non sono d' oro splendente) , e il verde presente anche nel-
la parete di fondo del presbiterio e ovunque in questi mosaici si arrampicano
grandi girali molto regolari , partendo da vasi colorati e popolati da infiniti ani-
mali (vedi parte II, cap.l) .
Anche a Sant'Apollinare in Classe (iniziata dai Goti nel533 e consacrata nel549
dall'Esarcato Bizantino) prati verdeggianti e nuvole sono Io sfondo dello stiliz-
zato arredo della scena absidale di pascolo [/igg. 7, l a]; nemmeno nei pannelli
.,
Il
62 PARTE PRIMA l L'JNI' ENZJONE DELL'AMBmNTE DI \fiNO
fig. 11. Palermo, Cappella Palatil1a (1130-1143): La Nativit. C'Cfl duecentocI(Jilallta anni prima del/a costmzione e
decomzione dei monasteri ortodossi ili oriente, a Palermo, nel periodo il'lamico-nonnanno (vedi parte I cap.4) l'influenza
bizantina ancom evidente: come a Bisanzio e in Bucovil/(/ la Madonna sdraiata al centro, davanti a/la grolla; a/la s11a
destm la mangiatoia col Bambino e dietro il bue e l'asino; al di sopra la ste!!a con d raggio, in un cercbio colomto di vari
azzurri che mppresenta il cielo divino, interrompendo il fondo d'oro (a Sucevitsa il cielo stellato nottumo): Stm
Giuseppe pensoso a sinistm, come a Sucevit.m, mentre alla Kan)e al ce11tro; ti Palermo al ce litro ci sono le due
levatrici (di solito apparimenti solo a/la tmdizio11e ortodossa). [Magi (assellti Ile/la Nativit alla Kariye) arrivano a
cava/lo da sinistra e /a11110 gli stessi gesti (verso la stella); ma poi a Sucevitsa proseguo/lo subito a piedi verso la grotta,
mellire a Palermo aggl'ano la III0/1/aglla e arrivano alla grolla dalla parte opposta: due Magi sono sulla parete de!!tl
Nativit, ma il terzo m/la parete perpendicolare; su questa del rcJ/o gim anche la molltagna e sta lino i pastori cbe
ricevono l'amumcio dall'angelo cbe illvece nel/a parete centm/e. I mo.mici ricoprono sempre tuili i muri seguendo la
loro disposizione arcbitettonica: questa per secoli 1111a tmdizione costante in tutti i paesi in tomo a!Mediten'flneo.
fig. 12. S11ccvitsa (Romania- Bucovilla), cbiesa della Remrreziolle (1583-1586), piltura dei/mte//i]oa/1 eSo/rollie di
Paugamdi (terminata 11el 1596). La Nativit. La scena ricbissna. A sinistra Giuseppe col/versa con un anziano
pastore; le sue pecore bevono a d11e abbeveratoi ri/omiti da sorgenti cbe escono dal/a /1/0lltagua; l'acqua fuoriesce dai
troppo-pielli cbe /onnano due rigagnoli a cui bevono altre pecore. Al centro Maria sdmiata, il Bambino /Iella
mangiatoia su cui si affacciano il bue e l'asino; siamo ili una grolta aperta nella montagna. Sopm a questa -l/e/l'arco
- il cerchio divillo mppreselllato come il sole o co/Jle una stel!a: un raggio scende dire//ammte m Gesl. In tomo
alla /!IO/l lagna gli angeli: il gmppo a sinistra canta, quello a destra si Jgwccbia verso il Bambino e d l'amumcio ai
pastori. notte e il cielo pieno di stelle. A destra due levatrici prepamno il bagno al neonato. Il sus/ra i Magi
danno vita a scene successive. Arrivano a cavallo, poi a pietli si avviano con i doni.
fig. 13. Sucevitsa (Romania- Bucovina), cbiesa della Resurrezione (1583-1586), pittura dei /ratei/i joan e Sofronie di
Pangaradi (term/l(lto nel 1596).1/ Battesimo. Ancbe questa scena ricca di epodi, sempre sotto all'wnog1e del
sole-stella-dio co11 il raggio che scende su Gesi, percorso dalla colomba. Cnsto s11 Ima pietra in mezzo al Gionla11o,
ricco di pesci; 11elfiume c' 1111 vecc/)l'o (il Giordano) e 1111a don/la vestito di rosso, con in mano il modello di u11a
nave, (/'imnltlgille della chie.m/utura?), mpm due grossi pesci. Sul/e sponde da una parte Giovanni, da/l'al/m
quattro angeli. La scena 11o11 finisce con questa immag1e centrale. A d est m, Giovanni battezza dei discepoli: come
se fosse ripetuta pii in piccolo la scena centrale. A sinistra, in 1111 bosco appena accem/(/to, Ges1 e tre discepoli
ascoltano la predica di Giova1111i.
CtiP!TOLO J l BARIJARI E BIZANTINI; DA RAI'ENNtl A COSTANTINOPOLI 63
12

15
64
PARTE PRf.lltl l L'/t\I'ENZIO.'IE DELL'IlMB/ENTE DII'INO
fig. 14. lstanbul , Kariye Cnmii
(1312), origwriamente Cbiem
del Salvatore i Cbom (A4meo di
Cbora). Nartece estemo. La
Nativit ba al centro, iuuna
grolla sulla SOI/IIllit di 1111/l/OIIfe,
/11 mangiatoia con il bue e l'asJO
e al di sopra il mggio cbe scende
dal cielo. Dietro a/monte gli
auge/i: 11110 va a dare l'anmmcio
ai pastori cbe /omtano mila destm
utw diversa sce11a!J secondo
piano. Davanti 1 primo piallo
Giuseppe (sempre scalzo); le
levatrici cbe lavano il Bambino
sono sutm altro spero/le di
terreno, cbe /orti/n il p rosee n io a
tutto il mcconto della Nativit.
fig. 15. Tstmtbu/ , Kan)e Ca11Jii
(1312), origi11ariame11te Cbiesa
del Salvatore in Cbom (AI/useo di
Cbom). Nartece estemo. La Sacm
Famiglia ritoma a Nawretb
dall'Egitto. Come consuetudiue
ancbe in altri mosaici, la sce11a
comincia a si11irtm cou Giuseppe
cbe dorme e llll tntgelo cbe in
sogno gli d le istmzioui. Al
centro Gtseppe (empre a piedi
nudi) col Bambino II sptdla,
Al/aria e ti/la ter1.fl persona
viaggiano a piedi, timndosi dietro
l'as10 cotJ il bagaglio. A destm la
citt rappresentata solo da wse
cotJ!elli rossi e bruni e qua!cbe
albero. A di/fereuza di tante
rappresentazioni in oriente e in
occidente nei secoli precede11ti,
dentro la tt nou ci sono edifici
religiosi. Il mosaico si conclude a
slistm con tm albero
euergicamente potato e a d es/m
con una cappella e 1111 giardino
cinto da 111/tra (cimitero ?), subito
fuori dalle mura di Nawretb.
laterali patriarchi e imperatori hanno il fondo d' oro, ma blu scuro (su cui le fi-
gure chiare in primo piano risaltano pi facilmente; mentre sul fondo oro tradi-
zionale per far risaltare le figure accorrevano i colori scuri).
Sant'Apollinare Nuovo (dentro la citt) preceduta dalla chiesa extra-urbana di
Classe di circa quaranta anni: e furono gli Ariani a iniziarla e portarla a compi-
mento, decorandone le pareti con ventisei episodi dedicati alla vita di Ges: a si-
nistra dalle Nozze di Cana alla Guarigione del paralitico, a destra dall' Ultima Ce-
na all'Apparizione agli Apostoli. Mancano alcuni episodi invece caratteristici nel-
la chiesa cattolica come la Nativit, il Battesimo nonch la Crocefissione, poco
amata, come abbiamo visto, nei primi secoli del cristianesimo quando prevale il
CAPITOLO J l BAR/JtiRJ /; IJ/Z!lNTINI; DII RIII'ENNA il C.OSTANTINOPOU
fig. 16. Istanbu/, Knn)e Camii
(1312), originariamente Cbiesa
del Salvatore in Cbom (Museo
tli Cborn). Ntlrtece intemo.
Giuseppe si congeda da A
1
1aria
(ancbc questa scet/(/ mra)
a!l'estemo di 111111 tt
1udl'arcbitetturn complenw t
alto la tenda rossa arrotolata
tesa tm il teti o e latermzza di
due diverse costmzioni. Forse
queste geometrie stilizztite
avevano dei n/erimenti p
realistici di quanto noi possiamo
ricostmire: si veda qui la tenda
con gli anelli, sollevata e
/erlllnta, nella /in est m sulla
destm. L'11/bero in pnino piano
ancbe qui ripetutamente
scapitozzato.
fig. 17. lstanbu/, Kariye Camii
(1312), originariamente Cbiesa
del Salvatore l Cbora (AI/useo
di Cbom). Nartece in temo.
I.:llmumciazione 11 Sant'Anna
situata ancb'eSia al/'estemo,
fuori delle 1111/l'fl. La citlt alle
spalle di Anna e in alto su una
torre i ripiegata la tenda rossa,
p volte rappresentata 1 questi
mosaici. il giardino i
insolitamente ricco per la
Kariye, dove di solito ci si limita
a 1111 albero: qui ci sono vari
alberi frondosi con in alto
uccelli e nidi di uccelli: In basso
mm serie di vascbe a vari livelli,
secondo 111111/ode//ofrequente
nei giardini islamici.
65
Cristo taumaturgico e trionfante
4
. I fondi sono d'oro, ma l' aureola crociata di
Cristo d'argento: forse non solo per stacca da cromaticamente, ma anche per
differenziare Ges dagli imperatori. Il fondo d'oro interrotto poche volte: la pi
decisa quella della Chiamata di Pietro e Andrea con i due pescatori su una bar-
ca in un mare verde, viola, azzurro, grigio, bianco. [ji'g. 8a].
Architetture compaiono nella Resurrezione di Lazzaro, nella Parabola del fariseo e
del pubblicano, nella Negazione di Pietro, nel Pentimento di Giuda, nelle Pie don-
ne al sepolcro (che un tempietto rotondo a colonne), nei Discepoli verso Emmaus
(dove la citt si vede lontana su un monte con le consuete mura) ff igg. 8b, 8c, 8d].
Questi mosaici goto-ariani sono quasi a confronto con quelli fatti dai bizantini-
16
17
66 P;!RTE PRIMA l L'INI'ENZJONE DELL'AMBIENTE DIVINO
cristiani negli anni 556-560,. rconvertendo la chiesa: le famose teorie delle Ver-
gini a sinistra (tra la citt di Ravenna con il porto il Classe e la Madonna in tro-
no col Bambino, ji'gg. 9, 9a) e dei Martiri a destra (tra il palazzo di Teodorico e
Ges in trono, figg. 10, lOa). Sono passati circa quaranta' anni; ai Goti si sono
sostituiti i Bizantini; a quale scuola appartenessero i mosaicisti delle due sede
non sappiamo e anche un confronto tra i soggetti non ci permette che ipotesi in
assenza di pi ampie conoscenze sulla cultura dei Goti rispetto a quella dei Bi-
zantini (o degli Ariani rispetto ai Cattolici e Ortodossi). Resta quindi una ipote-
si che i ventisei riquadri goti appartengano a tradizioni popolari e i cortei bi-
zantini siano espressione dei poteri imperiale e/o papale.
Non solo a Ravenna che Giustiniano e Teodora imposero con i loro ritratti il
dominio e la cultura dell'ormai autonomo ed assoluto Impero Romano d'Oriente:
per secoli l'ambiente delle raffigurazioni bizantine domina da Venezia e dalla Si-
cilia fino in Mesopotamia e in Russia.
Un soggetto attira soprattutto per secoli tanti mosaicisti che vi trovano una ric-
chezza di scene e di ambienti altrimenti rara: la Nativit. Ad incoraggiare chi af-
fronta questo tema anche la libert che i testi evangelici lasciano al riguardo
(come vedremo anche per l'episodio successivo della vita di Cristo: la visita dei
Magi, vedi parte III) .
I Vangeli di Marco e di Giovanni iniziano dal battesimo di Ges e non trattano
della sua nascita. Matteo dice che nato a Betlemme (2,11). Ma in Luca due an-
ni dopo i Magi lo trovano ancora nella mangiatoia e quindi tutto il testo appare
contraddittorio.
Pi precisi sono alcuni dei Vangeli apocrifi
5

In quello Della Nativit della Beata Maria e dell'Infanzia del Salvatore (Pseudo-
Matteo), la nascita avviene in una grotta in cui non era mai penetrata la luce e il
Bambino viene messo in una mangiatoia; il terzo giorno viene portato in una stal-
la dove c' il bue; i Magi dopo due anni lo trovano in una casa (XIII, 2 - XIV-
XVI, 1-2). Nell'Evangelo arabo dell'Infanzia Ges nasce in una grotta e qui cir-
conciso nell'ottavo giorno (II, V). il Corano riprende un episodio pi volte pre-
sente nella letteratura copta, che si riferiva a paesi di deserto e di nomadi dove
non ci sono n stalle n grotte e Maria partorisce sotto una palma (Sura XIX, 24).
la grotta il luogo della nativit in tutta l'area che vedr per secoli svilupparsi la
koin bizantino-mediterranea, dalla Sicilia fino alle pendici orientali dei Carpazi.
A occidente la ritroviamo nella Cappella Palatina di Palermo (1130-1143,/ig. 11)
dove la tradizione bizantina continuava tra arabi e normanni (vedi parte I, cap 4).
La Madonna sdraiata su un manto all'ingresso della grotta che occupa quasi in-
teramente una montagna; accarezza il bambino deposto su una mangiatoia davan-
ti al bue e all'asino, con il raggio della stella che ha guidato i Magi e che parte al
centro del cielo, notoriamente simbolo di dio; i Magi cavalcano a sinistra, ma poi
arrivano da destra occupando anche la parete accanto su cui prosegue tutta la sce-
na. San Giuseppe da un lato e le due levatrici che lavano il bambino dall'altro.
In molti monasteri ortodossi dei Balcani e della Russia mosaici e affreschi riem-
CAPIT0/.0 3 l BARBA/O E BIZANTINI; Dii R!II'ENNA Il COSJiiNTJNOPOLI
fig. 18a. Roma, Santa lviaria in p mtevere.
Abside. Pietro Cavalh111, /me XII secolo,
Nativit. Gest nasce in 11/lll grotta, come in
tutta l'area d't/ luenza bizantina.
fig. 18b. Roma, Maria in
Abside. La presentaztone al Tempto. Le / orme
geometriche delle sono per secoli
sempre astratte; q111 Cavall1111 propone forse
un limite.
fig. 18c. Roma, Santa 1\tfaria in Trastevere.
Abside. I.; adorazione dei Magi. Nella
montagna a sinistra Cavallini ba inserito
alami n/erimenti realistici: la strada in
salita, l'albero, il villaggio in cima.
piano mura e volte all'interno
e all'esterno delle chies. Spes-
so le scene all'esterno o nei nar-
teci erano le pi significative: le
chiese erano piccole e nei gior-
ni di festa le funzioni religiose
si svolgevano all'esterno ed era
da qui che i fedeli dovevano ve-
dere i racconti figurati, le im-
magini dei profeti, degli arcan-
geli, dei santi, le narrazioni del-
l' Antico Testamento, delle sto-
rie di Maria e di Ges.
Alla fine del XVI secolo i pitto-
ri fratelli Ioan e Sofronie di Pan-
garati affrescano la chiesa della
resurrezione nel monastero di
Sucevitsa in Bucovina. L'am-
biente ripete ancora alcune sti-
lizzazioni di repertorio, per
esempio nelle montagne in fon-
do, ma altrimenti descrive con
ricchezza e precisione avveni-
menti e modi della campagna
circostante.
Nella Nativit [fig. 12] ritro-
viamo l'iconografia della Cap-
pella Palatina- terminata quat-
tro secoli e mezzo prima - e
della Kariye (eseguita tre seco-
li prima): angeli osannanti ver-
67
!Sa
18b
!Se
68
fig. 19. Assisi, San Francesco, Chiesa mperiore.
'JV/aes/ro della Cal!ura', Nativit. La nasci/a di GPsi
avviene iu una grolla.
so il cielo scuro e stellato, un pastore
tra pecore e capre, due levatrici lavano
il bambino, Giuseppe chiacchiera con
un pastore, i Magi arrivano a cavallo e
poi a piedi si recano alla grotta: qui
infatti che c' il Bambino nella man-
giatoia con davanti la Madonna sdraia-
ta su un manto rosso. Alcuni elementi
sono precisi, come gli abbeveratoi da
cui bevono le pecore in primo piano
con i canali di adduzione in cui l'acqua
entra da una sorgente nel dirupo re-
PARTE PRIMA l L'INVENZIONI;' DELL'AMBIENTE D/l' INO
trostante e esce da un troppo-pieno disperdendosi nel terreno; un terzo gruppo
di pecore si abbevera appunto nel rivolo d' acqua formato dallo scarico.
Nello stesso monastero di Sucevitsa anche la scena del battesimo richiama Bi-
sanzio [fig. 13]. Il cerchio che simboleggia il padre affrescato nell'arco della
chiesa e da esso parte il raggio che arriva su Ges immerso nel fiume, La scena
rappresenta come sempre una storia nei suoi vari episodi.
Le figure sono di differente grandezza e quindi risultano come in prospettiva
nella vastit della scena che sottolineata anche dal colore del terreno: ocra-ver-
de davanti, rosso nelle montagne in fondo, nero nel cielo notturno con le stelle.
La grotta il luogo della nascita di Ges in tanti paesi e per lungo tempo (fino
ad Assisi e agli Scrovegni).
Non stupisce quindi che essa sia presente alla fine del XIII-inizio XIV secolo
quando i maestri 'm usivaril' stanno eseguendo a Costantinopoli i mosaici della
Kariye (terminati nel1312)
7
r. Jigg. 14, 15, 16, 17].
Alla Kariye la chiesa preceduta da due narteci: in quello esterno ci sono la sto-
ria di Ges (senza la Passione e con molti miracoli), in quello interno le storie
di Maria (da Gioacchino alla Dormizione).
La vita di Maria, l' infanzia e i miracoli di Ges, sono raccontati anche in base a
fonti non usuali in occidente, desunte da successive trascrizioni dei vangeli ca-
nonici ed apocrifi (derivate principalmente dal Protoevangelo di Giacomo) che
ci offrono scene quasi uniche.
Una caratteristica dominante la successione dei vari episodi. Essi non sono qua-
si mai separati in ' quadri' , ma costituiscono una sequenza: in modo diverso dai
contemporanei racconti della cupola del Battistero a Firenze, dove ogni riquadro
rappresenta un momento e la loro successione costituisce il racconto: l' azione den-
tro un singolo riquadro introduce la sequenza, che a sua volta completa il signifi-
cato della singola scena. Alla Kariye non c' divisione e- seguendo la tradizione
bizantina, ma non solo, da Santa Sofia a San Marco - i vari campi murari sono in-
teramente mosaicati senza divisioni interne, salvo quelle architettoniche.
20
21
CAPITOLO 3 l BARB!I I{I E BIZANTINI; DII IVII'ENNII Il COSTIINTINOPOLI
fig. 20. San Fmucesco, Chiesa
inferiore. Tmmel/o nord.
69
Gioito o Giolfesc!Ji; Nativit. Lo nascita
di Gesi avviene iuww capfllma-stalla.
fig. 21. AssiJ-1; San Fmncesco, Cbiesa
inferiore. Transetto nord.
Giotto o Giollescbi, Adorazione dei
Magi. Accanto alla capa una-stalla, Ges
in ww casa.
" probabilmente dai mosaici
del ciclo di San Marco a Vene-
zia cbe i mosaicisti della Kariye
banno tratto l'impulso alla nuo-
va accentuazione paesaggistica e
pittoresca, all'inconsueta am-
bientazione 'naturalistica' dei
personaggi, al vivace movimen-
to delle figure, alla diffusa into-
nazione narrativa ecc.
Come a Venezia, elemento fon-
damentale della rappresenta-
zione divenuto l'ambiente:
non solo il grande sviluppo del
paesaggio e delle architetture,
ma anche la stessa continuit
delle scene, affiancate l'una al-
l'altra senza inquadrature pre-
cise, come in un fregio ininter-
rotto formant e una vasta uni-
t, accentuano la piccolezza e la
subordinazione delle figure, il
loro rapporto quasi modemo
con l'insieme ... Per la prima
volta nell'arte bizantina le fi-
gure sembrano liberarsi dal giogo occulto d'tm ordine predisposto e vivono per s: e i vol-
ti, gli occhi, le mam: i moti, paiono acquistar senso non nel rapporto con un significato sn-
bolico o liturgico, ma nella diretta relazione con la propria forma singolare, con la propria
vita ed azione individuali. Persino i panneggi, svincolati dalla subordinazione ai c01pi cbe
t't'coprono, tendono a svolgersi liberi, banno guizzi di vita propria ...
Si detto cbe i mosaici delta Kariye, per aver abbandonata la posizione ieratica della pre-
cedente arte bizantina, ed essere discesi dal piano ascetico al piano etico, sono gi Rinasci-
mento (Renaissance avant la renaissance): del quale anticiperebbero la curiosit naturali-
stica, ambientale ed umana. 1\tfa anzitutto questa loro elementare curiosit, non , eviden-
temente, una precedenza rinascnentale, ma solo una conseguenza di influssi gotici. Una
sottile aurea gotica, un'incantata attrazione di romanzo e di epopea pervadono nel Trecen-
to la cultura bizantina in tutti i suoi strati ...
In realt i mosaici della Kariye, !ungi dall'essere sono il pi alto vertice at-
tinto dall'espressione bizantina: la quale ba in essi conservato l'identit tra simbolo e co-
70 PARTE PRIMA l L'/NI'ENZIONE DELL'AMBIENTE DIVINO
portando la <trascendentalit' dell'impero d'Oriente alla sua /orma pi piena ed
mtensa"
8
[Sergio Bettini].
narteci della Kariye rappresentano in modo non consueto av-
vemmentl assa1 raramente raffigurati.
Nelle 'cinematografiche' della Kariye c'era forse la conoscenza di rap-
p.resentazlO?i sacre o profane - occidentali od orientali: ci spiegherebbe la
ncchezza di azwne dei personaggi e per contrasto farebbe risaltare Maria sem-
pre rigida nel manto blu, [figg. 14, 15, 16, 17], quasi veramente una di
quei paesi del. oriente, in mezzo ad altri - uomini e donne - che potreb-
bero essere di ogm tempo e paese. Certo non c' il proposito di presentare il
materiale sce.nico - citt, case, arredi, colori ... - come fosse la rap-
presentazwne delle architetture che in quel momento costituivano effettivam"ente
l'.ambiente di Costantinopoli in cui il mosaicista e i fedeli a lui contemporanei si
nconoscevano.
f?rme sono necessarie per creare l'ambiente dei personag-
gi, cui non costituiscono il contorno, a cui non sono complementari; al con-
trana sono proprio esse a sottolineare il protagonista e la sua azione a indicare
dov' il centro -o i centri- dei vari episodi. '
La grotta l'ambiente della Nativit per lungo tempo anche a Roma: Pietro Ca-
a .san Maria in (fine riprende tutti i temi, le figure. le
posiZlOOl delliconografia che abb1amo visto a Palermo e in tutta l'area bizanti-
na, 18a]. Ai della Nativit gli altri mosaici di Cavallini ripropongono an-
eh personaggi, forme geometriche delle architetture, paesi arroccati e qual-
che lsolato albero confrontabili immediatamente con i mosaici di cui abbiamo
scritto precedentemente [figg. 18b, 18c] 9,
Assisi circa negli stessi anni, nella chiesa superiore di San Francesco, tro-
viamo ancora con il Bambino, il bue e l'asino dentro la grotta; la
da,vantl .su un San Giuseppe, pecore e pastori, ange-
h m torno. L autore e un 1gnoto plttore della scuola romana o giottesca a cui
recentemente si dato il nome di "Maestro della cattura", dall'affresco ap-
punto sulla Cattura di Ges in cui si riconosciuta la sua opera pi caratteri-
stica [fig. 19]
10

Ma nella stessa basilica di San Francesco nel transetto nord della chiesa infe-
riore vengono affrescati episodi dell'infanzia di Ges: l'autore sarebbe Giotto
o la sua bottega o qualche alunno a lui vicinissimo [fig. 20]. A noi interessa
che la Nativit non pi in una grotta, ma sotto una esile tettoia-stalla con una
grande mangiatoia, il bue e l'asino; la Madonna davanti su un materasso con
il Bambino in braccio; davanti le due levatrici che hanno lavato Ges ai lati
G:iuseppe, e pecore, gli angeli; in cielo la stella ha un raggio non
duetto sul Bambmo; su questo scende un fascio di luce direttamente dal cie-
lo. La stalla per appoggiata su una roccia ed incassata sullo sfondo di una
montagna, come se il pittore non avesse voluto abbandonare del tutto il seco-
lare richiamo ad una grotta.
CAPITOLO J l BARBARI E BIZANTINI; DA RAVENNA A COSTANTINOPOLI
71
Nella successiva scena della Visita dei Magi, dentro la tettoia-stalla hanno tro-
vato ricovero i cammelli e il cammelliere; la Madonna e il Bambino (non pi
in fasce) sono nel portico al pianterreno di una casa vicina [fig. 21]. Si direb-
be che il pittore (o il che lo ha guidato) conoscesse il Van-
gelo apocrifo dello Pseudo-Matteo. E certo che con questi affreschi cambia l'i-
conografia della grotta e i due episodi della Nativit e dell'Adorazione dei Ma-
gi si svolgono in scene almeno parzialmente differenti: Cavallini aveva gi an-
ticipato la geometria fantasiosa dell'architettura, abbandonando l'ambiente ru-
rale. Giotto ad Assisi, e pochi anni dopo, agli Scrovegni, confermer questa
sostanziale trasformazione.
Note
l E. Lavagnino, I: arte Medievale, Torino, U.T.E.T., 1945 p. 82
2 S. Bettini, I mosaici di San Vitale a Ravenna, Fabbri & Skira, Milano-Ginevra 1965.
n vescovo Ecclesio era stato a Costantinopoli nel 525 con il papa Giovanni I, morto a Ravenna
poco dopo lo sbarco: tutta la chiesa fu costruita e decorata dopo quella circostanza. La ricchezza
ed il valore di San Vitale sono proprio nel fatto che per venti anni muratori, artisti, committenti
non appartenevano a un gruppo definito ed unico, ma erano aperti a varie scuole e culture.
3 Siamo quindi alquanto lontani da quanto scriveva una guida di Santa Sofia del IX-X secolo:
"Quando (Giustiniano) ebbe portato a termine i bei rivestimenti di marmo (di Santa Sofia) ricopr
d'oro i giunti dei rivestimenti, i capitelli delle colonne, le scritture e le comici del secondo e terzo
piano. Li ricopr tutti di oro puro, di uno spessore di due dita. Le volte delle tribune, delle navate la-
terali, delnaos e dei quattro narteci furono ricoperti di uno splendidissimo mosaico d'oro", in La Ci-
vilt Bizantina- Oggetti e messaggio, a cura di A. Guillou, Roma 1993.
4 Probabilmente Sant'Apollinare Nuovo fu eretta nel 493-496, appena insediatosi Teodorico e ri-
consacrata al culto cattolico intorno al560. Secondo alcuni storici la costruzione fu un po' pi tar-
da: 520-530, cio negli ultimi anni di vita di Teodorico (t 526). Cfr. G. Bovini, La vita di Cristo nei
mosaici di Sant'Apollinare Nuovo di Ravenna, ed. Dante, Ravenna 1959 con ampia bibliografia.
Vangeli apocrifi- Nativit e infanzia, Ugo Guanda editore, Parma 1986.
6 A. Vasiliu, I.:Architettura dipinta, Ed. Humanitas Bucarest, Ed. it. Jaka Book, :Milano 1998; M.I. Pa-
scu, Bucovina ... I.:archipel monastique, Tipo Dee 1995; Il monastero di Sucevitsa, Tipo Dee 2002
7 n monastero e la chiesa di San Salvatore in Chora furono costruiti nel IV secolo, all'esterno del-
le prime mura di Costantinopoli (Chora significa appunto "fuori le mura"); incorporati nel 413
dentro le nuove mura di Teodosio, furono pi volte distrutti da terremoti e guerre nel VI, VIII,
XII secolo e infine la chiesa fu ricostruita durante l'impero di Andronico II Paleologo (1282-1328).
questo l'edificio che esiste oggi: infatti, diventata moschea nel1511, rest intatta con i mosaici so-
lo imbiancati- e perci protetti - ed oggi il Museo Kariye. I. Aksit, Le Muse de Chora - Mosaiques
et fresques, Istanbul, Aksit Kultur Turizm Sanat Ajans Ltd. Sti.,1995, foto Tahsin Aydogmus.
8 S. Bettini, La pittura bizantina- I mosaici, parte II, N.E.M.I, Firenze 1939; I. Aksit, op. cit., nota 6.
9 Su Pietro Cavallini (Roma, attivo dal1291 circa, morto nel1321) e .la scuola romana in quel pe-
riodo la bibliografia vastissima e il problema dei rapporti reciproci con Giotto oggetto di ipo-
tesi interessanti, ma laterali rispetto al nostro argomento. Si veda anche parte IV cap. l.
10 Tra le tante opere su Assisi si veda: E. Lunghi, La Basilica di San Francesco di Assisi, Scala, Fi-
renze 1996; vedi anche parte IV, cap. l.
CapiLolo -1
Islam, santi e ponte/ici:
da Palermo altAnno Santo 1300
Ravenna non l'unico caso importante di koin nella vasta area mediterranea: nei
secoli V e VI stata una citt goto-bizantina, ariana-cattolica. Circa tre secoli do-
po (IX-XII secolo) Palermo sar una citt arabo-normanna, islamico-cristiana.
Dall'anno 83 1 la capitale della Sicilia: un'isola che gli storici chiamano 'tri-
lingue' perch vi si parla il latino, il greco, l'arabo e queste tre lingue compaiono
insieme negli atti ufficiali, nei documenti, sulle monete anche durante il perio-
do Normanno, dal1072 (due secoli e mezzo dopo l'arrivo dei Musulmani, ara-
bi e berberi). Anche prima la Sicilia sempre stata multietnica
1
; dopo qualche
feroce battaglia iniziale, Siculi e Cartaginesi, Greci e Romani, Bizantini e Van-
dali, Musulmani e Normanni trovarono non solo il modo di far convivere le lo-
ro culture, le loro storie e addirittura le loro religioni, ma di creare al centro
del Mediterraneo una societ pi avanzata di molte altre
2
Occorrono sempre
due parole per indicare un'epoca storica siciliana: dal IX al XIII secolo possia-
mo parlare di periodo islamico-normanno, in quanto i primi continuarono ad
essere tra le classi dirigenti durante tutto il periodo normanno e questi inne-
starono sul robusto tronco arabo-berbero la loro egemonia
3
.
La citt e i suoi monumenti dovevano in gran parte essere gi esistenti o inizia-
ti anche se destinati ad altri usi, nel periodo esclusivamente islamico. Il rappor-
to tra i Normanni e i precedenti abitanti delle terre da loro conquistate fu ben
diverso nelle regioni francesi e inglesi, dove i Normanni non trovarono certo una
civilt a cui sovrapporsi analoga a quella che trovarono nelle terre mediterranee.
Le grandi opere realizzate dai Normanni a Palermo sono posteriori di oltre mez-
zo secolo alla conquista della citt (1072) e cominciano con l'incoronazione di
Ruggero II d'Altavilla (1130; ma l'incoronazione concluse un precedente perio-
do in cui come Conte di Sicilia - dal 1113 - e soprattutto come membro della
pi potente dinastia normanna, Ruggero pose le condizioni per una piattaforma
arabo-bizantina su cui appoggiare il dominio normanno).
Gli arabi avevano come obiettivo la creazione a Palermo di un nuovo ambiente che
potesse essere quello della loro nuova capitale e che quindi la trasformasse o riuti-
lizzasse interamente. Nel punto pi alto, la piccola citt cartaginese-romana-bizan-
tina viene trasformata in un quartiere fortificato: al-Qasr (da cui Cassero, nome at-
tuale di questa parte di Palermo). Al suo centro viene ripresa da tracciati preceden-
ti e unificata una arteria rettilinea lunga circa 1200 metri che collega la citt al por-
to ed occupata dal mercato, secondo un diffuso modello delle citt arabe ffig. l a].
Il Qasr era fiancheggiato da due torrenti: Kemonia a sud che discendeva dalle
CAPITOLO 4 l JSLAM, NORMANNI, SANTI E PONTEFICI: DA PALERMO tiLL'ANNO SANTO 1300 73
fig. la. Palermo. Pianta della citt, Marchese di (Francesco Jv!aria e rilievo. di
Nicola Anita, incisione di Giuseppe Caro/alo, 1777 (nedtta 1783). La pranta e ortentata con t/nord a la
carta che mostra meglio di ogni altra la suddivisione della citt islamico-normanna e le opere alla
fine del X\1111 secolo (via Maqueda, riempimento dei nuove mura efo:fl ecc.). Al centro tl Cassero e
delimitato da/letto dei due torrenti Kemonia (sud) e Paptreto (nord). Il proscmgamento del pnmo alla
costruzione del quartiere dell'Albergheria. All' estemo: la Kalsa, affacciata a sud della t borghr
(quartiere musulmano, quartiere ebreo e Quartiere Nuovo) a sud; quarttere d et Berben a nord. Al/ esterno delle
mura il territorio diviso in tante piccole propriet coltivate.
colline di Monreale e Papireto a nord che discendeva dal monte Cuccio. Il Qasr
doveva presentarsi come una roccaforte innalzata tra queste due valli, che con-
fluivano al mare nell'area del porto (Cala), pi grande dell' attuale.
Queste due valli caratterizzano l'ambizioso obiettivo della citt araba.
re tutta "luogo di _e _dei sensi ... sulla


ricchi di acqua. Una cttta dz gzardtm a sua volta ctrcondata da gzardtm p tu grandt .
I giardini che letteralmente coprirono il territorio palermitano erano: la Favara,
Genoardo ('Paradiso della terra' con la Cuba, la Cuba soprana, la Cubula), la Zl-
sa, i giardini-chiostri del Palazzo Reale, di San Giovanni ,di San, Gio-
vanni degli Eremiti, della Mag_ione ecc. Nel il g1ardm_o un?
spazio eccezionalmente vuoto m mezzo alla cltta edif1cata; al e il . f?lardi-
no' che occupa la maggior parte del territorio e gli edifici sono degli ep1sod1 m una

Jb
74 PARTE PT<IMA l L' INVENZIONE DELL'AMBIENTE DTI'INO
fig. lb. Palermo. Pianta della ct, G. Bra1111 &
E Hogeuberg, Civita/es orbis terrarum,
Colonia 1572-1618. Questa pianta stata
rilevata e pubblicata nel/581, prima dell'u'zio
dei lavori per l'apertura della Fio Nuova, decisa
negli ultimi tllmi del '500 dal vicer Bemardino
Cmdines duca di Maqueda (da cui il nome af!a
via). Offre 111/tl immagte della cilt islamico-
nomtal/na (e primo bizantina, romana, greca,
fenicio .. .), come si era venuta completando e
riempiendo a pm1ire dai primi m mi del XJF
secolo. Molto pi ta1di (inizi XIX secolo) via
Maquedtl diventen l'im'zio dell'asse md-nord
su cui si/armer la Palermo modema.
figg. le, Jd. Palermo. La zona centrale della
ci/l: con/rollio tm la pianta del Vi!labianm del
1783 (fig. la) e la foto aerea zenitale alluale,
2005. Sono segnali in:
-amncione: i tracciati del Cassero (zona centrale
della cill islamico-nonuaJma)
-giallo, i tmcciati dei borghi (Rabad,
ampliamenti della cilt is/amico-nom?alll/0)
-verde, l'edificazione mi lelliproscJgali del
Kemonia e del Papireto.
Sono njJOrfati i tracciati ancom oggi esistenti e
riconoscibili: l'edilizia a11nbiata, ma i limiti
ca/asta/i 1 molte zone sono ancora validi o
riconoscibili. l n particolare tmcora presente in
vari isolati la trama di vie a ml-de-sac e patii-
cortile, tipici delle ct ii/amiche e che
creavano anche 11 Palermo un clima fresco
d'estate, riparato d'invemo e socialmente
basato mi vicinati.
pi vasta sistemazione del territorio dominata dall'acqua e dal verde: canali con
zampilli, vasche con cascatelle, fiori, aranci, animali
5
.
La realizzazione dell"ambiente Palermo' durante i due secoli e mezzo musulmani
e il primo mezzo secolo normanno soprattutto basata sulla costruzione di un quar-
tiere direzionale fortificato accanto al porto (Kalsa) e di una serie di quartieri di abi-
tazione costruiti secondo il modello edilizio arabo (case unifamiliari a solo pian-
terreno intorno a un cortile protetto da un muro, raggruppate attorno a vicoli si-
nuosi e quindi freschi). Questi quartieri costituivano due gruppi [fig. lb]:
l. n Borgo a sud-est del Cassero, tra questo e la Kalsa, al di l del fossato del
torrente Kemonia, forse in parte gi coperto; comprendeva il Quartiere della mo-
schea di Ibn-Siqlab diviso in una zona musulmana (al-Harat-Abu-Himaz) e una
zona ebrea (al-Harat-al-Yahud) e il Quartiere Nuovo (al-Harat-al-gadibah).
2. n quartiere degli Schiavoni (abitato soprattutto dai Berberi) dalla parte op-
posta, oltre il Papireto (al-Harat-as-Saqalibah, Seralcadio); il pi popoloso.
Nel periodo Normanno fu interrato il Kemonia e costruito il quartiere dell'Al-
bergheria con al centro un rettifilo ispirato al parallelo rettifilo arabo che colle-
gava da circa due secoli il Cassero con il porto; il nome originario era in arabo,
al-Hagerin [figg. l e, ld].
CAPITOLO 4 ! ISLIW, NORMANNI, SANTI E PONTEFICI: DA PALERMO ALL'ANNO SANTO 1300 75
le
Id
2
2a
76
PARTE PRIMA l L'IN\' ENZIONE DELL'tl.ltll iENTE Dli' INO
fig. 2. Palermo, Palazzo dei
Normamu; pianta alluale del
piano terreno. Il palazzo
formato dall'insieme di
mura/ure di tanti secoli,
trasformate e riutilizzate
secondo le /zmzio11i che nei
secoli sono state svolte in
questo edificio, situato nel
punto pit alto della ci/Iii. La
Cappella Patatina /orma t a
dall'unione di due parti: la
navata e il presb1ierio co11 le
tre absidi preceduti dal
nartece, an cb' esso di orig1e
araba (sabn).
2a .. Coppella P a/atina. Contro/acciaia. La contro/accia/a divisa in due parti: nella superiore il Pantokrator
dttrada.wne bizantlila su fondo oro, nella inferiore 1111 disegno geometrico formato con lastre marmoree, probabilmente
antenore a/1130 e appartenente ad 1111 nportante salone in w1 edificio islamico.
CAPITOLO 4 l ISL!lM, NORMANNI, SANTI E PONTEFICI: DA PALERMO ALL'ANNO SANTO 13UO
77
A Palermo gli arabi non fecero un edificio o un palazzo: fecero la citt; allora la
pi grande del mondo dopo Costantinopoli, la pi piacevole tra giardini e fon-
tane; l'ambiente era per i musulmani la citt tutta. Palermo fu uno dei capola-
vori dell'urbanistica islamica: cominciata con le tende nelle oasi, affrontava il
confronto e la sfida con l'ambiente urbano europeo.
I Normanni convissero con la citt costruita dagli arabi e affidarono anzi a que-
sti i lavori di restauro, recupero, manutenzione, arredamento (nel significato at-
tuale di questi termini edilizi) necessari per usare la citt musulmana. Profonde
invece le trasformazioni nell' organizzazione economica e sociale: la Sicilia araba
era basata sulla piccola propriet e sulla diffusione urbana (furono creati in tut-
ta l'isola 328 nuovi comuni) , i Normanni importarono dall'Europa occidentale
la grande propriet feudale che permise a Svevi, Aragonesi, Spagnoli di trasfor-
fig. 2b. Palermo, Cappella Paltlfina. Abside. Ancbe l'abside dominato dal Pantokrator (le figure al di sotto sono un
ri/acllento molto posteriore). Questa parte della Cappella poteva essere precedenteme11te 11//(/ sala per udienze
(diwan-i-kbas).
2b
78 PARTE PRIMA L'I N\1ENZIONE DELL'AMBIENTE Dl\IINO
mare completamente l'isola e far quindi scomparire quell'ambiente che gli ara-
bi erano stati capaci di difendere dall'accentramento bizantino e che i Norman-
ni avevano ereditato. alla fine del loro dominio che per intrighi dinastici e al-
leanze con papi o antipapi, la Palermo plurietnica verr rifiutata
6

Il primo grande edificio che realizzarono fu il Palazzo Reale (oggi Palazzo dei
Normanni) nel luogo in cui gli arabi avevano costruito nel IX secolo al-Qasr: era
il punto pi alto della citt ed probabile che i Normanni lo abbiano subito uti-
lizzato come loro castello, rinviando al momento in cui il loro dominio si fosse
consolidato la sua trasformazione. Nel complesso del Palazzo rientra la Cappel-
la Palatina (1130-1143) [fig. 2]: forse l'esempio pi eccezionale e famoso della
koin mediterranea
7
. Un intreccio di continuit e ritorni che stato comune al-
la storia di una ben pi vasta area mediterranea. Ci sono iscrizioni in latino (L'Im-
pero d'Occidente era scomparso da circa otto secoli, mosaici della navata cen-
trale, 1154-1166); iscrizioni in greco (XII secolo, quattro secoli dopo l'arrivo de-
gli arabi, 831); iscrizioni ku/iche e nashi (grafie arabe-persiane; i Normanni era-
no gi padroni da pi di mezzo secolo).
I mosaici appartengono a numerose scuole bizantine; il soffitto a muqarnas (sta-
lattiti lignee tipiche dell'architettura fatimita) dell143; l'ultimo intervento
nella Cappella del Palazzo dei Re Normanni ed forse l'espressione pi esclu-
siva e radicale lasciata dagli arabi. L'abside potrebbe essere un iwan e la con-
trofacciata un salsabil (vedi oltre a proposito della Zisa): su entrambi domina
un gigantesco Pantokrator bizantino [figg. 2a, 2b]. Ernest Renan (1823-1892)
cos scriveva sulla "Revue de deux mondes" nel 1857 a proposito della Cap-
pella Palatina:
"In Oriente i cristiani non hanno mai osato costruire una cappella sul disegno di una moschea,
con una volta decorata di guglie pendenti in forma di stalattiti e amata d'iscrizioni cu/iche ...
Meraviglia di grazia e di eleganza ... una piccola moschea di Omar"
Scompaiono tra il XIII e il XX secolo i grandi giardini a sud e a ovest della vecchia
citt (Genoardo, Maredolce ecc.) sostituiti dall'espansione urbana, mentre altri ven-
gono realizzati a nord (la Favorita) nelle tenute dei Borboni. Scompaiono anche gli
infiniti patii dell'edilizia privata nella citt arabo-normanna dove tutte le case era-
no 'case terranee' con 'viridario' e cortile a 'pozzo e pila'
8
. Gli spazi vuoti furono
edificati e le case a solo pianterreno ricostruite a pi piani. r.; ambiente della citt
arabo-normanna scompariva, ma- come in quasi tutto il mondo- era difficile far
scomparire i confini catastali delle propriet private senza grossi interventi (che a
Palermo avvennero all'esterno, costruendo appunto su orti e giardini extra-urbani,
soprattutto verso nord dove si estende la citt moderna). li minuto tessuto viario
rimasto in gran parte nei quartieri oltre il Kemonia e il Papireto: da esso impossi-
bile ricostruire l'ambiente della citt arabo-normanna, ma qualcosa l" archeologia'
estesa a quel periodo ci suggerisce.
Sono rimasti gli edifici che all'interno dei giardini ne completavano l'insieme:
padiglioni, chioschi, casini di riposo o di caccia ecc. La loro architettura viveva
col verde e con l'acqua intorno ed perci oggi altra cosa. Ma l'unit degli s p a ~
CAPITOLO 4 TSLAM, NORMANNT, SANTI E PONTEFICT: DA PALERMO ALL'ANNO SANTO 1300
fig. 3a. Palermo, La Zisa. Pianta del piano terreno.
All'estemo verso est, la vasca-piscina cm1 il padiglione,
accessibile dal giardino. Al centro dell'edificio la Sala
della fontana; allomo le gallerie voltate per l'aerazione.
fig. Jb. Palermo, La Zisa. La Sala d e l ~ fontana.
La decorazione marmorea delle parett e analoga a quella
della conti'Ofacciata della Cappella P a/atina (fig. 2a). La
parete della fontana 1111 salsabil isla11zico da cui esce
l'acqua che a/Ira versa la sala, secondo 1111 disegno diffuso
in tutto il mondo islamico (vedi figg. 4a, 4b).
zi aperti e di quelli chiusi, sia nell'uso
che nell'impostazione progettuale, nei
paesi arabi era fondamentale: oggi
possiamo ritrovare all'interno di que-
sti superstiti edifici l'ambiente che era
allora di tutta la citt. Tra i monumenti
prima elencati, anche pi del Palazzo
dei Normanni, sono la Cuba, Kobbah
o Qubba
9
e la Zisa, Aziz
10
le testimo-
79
nianze pi complete.
La Cuba costruita nel1180; la Zisa di circa quindici anni precedente (1164-
1168); la Cappella P al atina del1130-1143, ancora circa trent'anni prima: tutti que-
sti edifici sono illustrati da scritte in lingua e caratteri arabi. Un secolo dopo l'arri-
vo dei Normanni, Guglielmo di Altavilla inaugurando la Zisa tiene il discorso d' oc-
casione in arabo; e si riferisce addirittura al Corano parlando di 'Giardino-Paradi-
3a
3b
80
fig. 4a. Una lezione di musica. Tempera, oro e
inchiostro su carta (cm 21 x 12,3). India
Mogbo/, fii te XVI secolo. Collezione del
pni1cipe e del/n principessa Sndmddt Jlgn
Khnn, Gtevra. &ppresentnzione di 1111 vn11
/1111 padiglione delltro Wl giardino deli111itnto
dn wtmuro: al di Iii tre ciprem; t rdto Zlllfl
cupola per l'aerazione. ln prno piano 1111
cmltlle attraversa un prato e si interrompe i11
1111 bacino dove nuotano due gemiti/li:
Confiontn con il pavimento della Sala della
fontana alla Zisa.
so', presentandosi come Mu-
sta'izz ('Potente per grazia di dio',
'Bramoso di gloria') e invitando
ad entrare nell'Aziz "il pi bel
possesso del pi splendido tra i
reami del mondo"
11
.
Architetti e muratori fatimiti
avevano costruito questi edifici
non solo con il rigore geometri-
co di tutta la produzione araba,
ma secondo la 'Sezione aurea':
dimostrando di aver ereditato
gli insegnamenti dell' architettu-
ra classica greca
12

La Zisa era la casa di campagna,
di riposo, di divertimenti dei re
normanni e della loro corte [fig.
3a]. Ai piani superiori c'erano sei
appartamenti uguali e riservati; il
PAR"J E PRIMA l L' I NI'ENZIONC DELL'AMBIENTE Dll'INO
pianterreno era dedicato alle riunioni, ai banchetti, alle feste, alle cerimonie pub-
bliche. Al centro c' una sala quadrata (ml 7,50 x 7 ,50) con sui lati tre grandi nic-
chie (iwan, nelle sale per uso privato; diwan, nelle sale per pubbliche udienze ori-
unioni): sul quarto lato c' l'ingresso. I.}iwan centrale rjig. 3b] occupato da una
fontana: l'acqua esce da un sifone (alimentato dall'acqua piovana o da una cister-
na) in mezzo a un muro ricoperto di lastre marmoree (salsabil) e coronato da tre
medaglioni a mosaico. L'acqua scorre su un piano inclinato di marmo inci-
so da scanalature (shadinuan) in modo da ossigenare l'acqua, rinfrescarla, farla gor-
gogliare; l'acqua prosegue sul pavimento della sala in un canaletto interrotto da tre
bacini quadrati; sotto passa l'atrio d'ingresso e alimenta la peschiera esterna anch'essa
quadrata (ml 20 x 20) con un padiglione dalla parte opposta a cui si accedeva quin-
di indipendentemente anche dai giardini che circondavano la Zisa. La grande va-
sca era ad est dell'edificio: giardini e palazzi arabi erano sempre esattamente orien-
tati e ci faceva parte dell'esattissimo sistema di aerazione che era alla base di qual-
siasi progetto e che aveva nell'aria dei cortili e soprattutto nell'acqua con zampilli
CAPITOLO 4 l /SLIL\1, NORMANNI, SANTI E PONTEFICI: DA PALERMO ALL'ANNO StiNTO IJOO 81
fig. 4b. Un Kitnbkbann: lnborntorio per la scrittura
e la stampa dei manosc1itti e delle miniature.
Tempern, oro e inchiostro su carta (cm 20,8 x
10,6). India Mogbol, fine XVI secolo. Collezione
del principe e de/In principe.ua Sadruddin Aga
Khan, Ginevra.
Ti laboratorio in un Vllll simile a quello di p. 65,
fig. 17: il enna/e cbe esce dall'iwan si incrocia con
un altro cal/(de perpendicolare li1 1111 bacino
quadrato. Ancbe qui ritroviamo il modello della
lisa (vedi a11cbe p. 23, fig. 9).
e cascatelle, l'antenato naturale dei
complicati sistemi con cui oggi cer-
chiamo di modificare la situazione me-
teorologica da noi stessi creata co-
struendo case e citt.
li modello della Zisa un tipo di pa-
lazzo diffuso in tutti i paesi islamici da
secoli: rappresentato in molte illustra-
zioni, ancora nell'India Moghol dove
era giunto dalla Persia [figg. 4a, 4b].
La Zisa una tipica, completa ed
esclusiva opera islamica nella tradi-
zione fatimita: anche il nome dato al
casino di riposo e divertimento dal
re normanno Guglielmo di Altavilla
rester per sempre quello arabo (Zi-
sa, trascrizione da Aziz), ricordo del
'giardino-paradiso' tante volte indi-
cato nel Corano.
"Nella sala di ricevimento d'un gran Signore, si/a passare l'acqua, a volte anche la si/a at-
traversare, costruendo canali e bacini ... Questo c' sempre 11elle Sale d'Udienza, e attorno
si piantano deiji01'i"
13

Il disegno delle vasche e dei canali nei giardini del mondo islamico che abbia-
mo appena visto alla Zisa, lo ritroviamo affrescato due secoli e mezzo dopo a
Costantinopoli alla Kariye C ami i (Annunciazione a Sant'Anna, vedi p. 65, fig.
17). Siamo agli inizi del 1300: in quegl i anni Cavallini esegue i mosaici a Santa
Maria in Trastevere a Roma (p. 67, fig. 18tt); Giotto e i giotteschi e tanti 'mae-
stri' rimasti finora anonimi affrescano la Basilica di San Francesco ad Assisi (par-
te IV, cap. l , 2); schiere di mosaicisti terminano a Firenze la cupola del
stero di San Giovanni iniziata cinquanta anni prima, nel 1240. Sono anm nc-
chissimi non solo nel campo delle arti, ma in tutta l'organizzazione culturale: il
XIII secolo ha forse trasformato la societ pi di quanto siamo abituati a cre-
dere. Agli inizi "un picciotto di nome Francesco ... avrebbe provato un senso di ri-
82 PARTE PRIMA l L'IN\'ENZ/ONE DELt'AAIBIENTE Dl\ITNO
fiuto verso una vita di cortetroppo peccaminosa, troppo dedita ai piaceri materia-
li, all'accumulo della ricchezza e all'esibizione dello sfarzo ... "
14
.
Anche Roma cambia alla vigilia del1300: le corti delle grandi famiglie stanno sem-
pre lottando ferocemente, ma il pontefice Bonifacio VIII (1294-1303, della fami-
glia Ca etani) con la bolla Unam sanctam tenta la mossa del cavallo: inventa l' Anno
Santo e trasforma la Chiesa in una istituzione ' popolare', nel senso politico mo-
derno di questa parola. Ma non solo la Chiesa a doversi trasformare: per acco-
gliere due milioni di pellegrini; Roma che vede avviato un generale rinnovamen-
to, e poste- anche se forse inconsciamente -le premesse per pi grandi trasfor-
mazioni successive. Nel1300 "sembr che realt, ideologia e retorica avessero trova-
to un punto d'incontro"
15

Delle opere che Cavallini, Torriti, Cimabue, Giotto realizzarono (o iniziarono) in
quell'occasione a Roma poco rimasto e in genere 'restaurato' o addirittura sosti-
tuito da altre opere nei secoli successivi.
Se vogliamo avere una idea di quale ambiente si presentasse ai fedeli che entrava-
no negli edifici religiosi in quell300 dobbiamo andare a Assisi (vedi parte IV, cap.
l , 2) o a Firenze, dove l' influenza di San Francesco nella realizzazione del Batti-
stero fu minore che altrove.
I mosaici della cupola del Battistero di San Giovanni a Firenze sono stati rea-
lizzati in un lungo arco di tempo (all'incirca almeno dal 1240 al 131 O), su uno
schema generale fissato all'inizio e rimasto immutato, anche perch in gran par-
te dettato dalla preesistente forma architettonica a spicchi della copertura
16
Il
Battistero a pianta ottagonale: lo spicchio sovrapposto all' abside con l' altare
dominato da una gigantesca immagine di Cristo e i due spicchi ai suoi lati dal
Giudizio finale. Gli altri cinque spicchi sono divisi orizzontalmente in sei file
successive: dall'alto troviamo intorno alla lanterna centrale un fregio decorativo
e poi le gerarchie angeliche; quindi le storie della Genesi, le storie di Giuseppe
ebreo, le storie di Cristo, le storie di San Giovanni Battista che costituiscono ap-
punto il tema specifico del Battistero [fig. 5]. Un mosaico di queste dimensioni
non era mai stato tentato a Firenze (diagonale dell'ottagono della cupola ml25,60),
n sar poi ripetuto.
Negli oltre settanta anni in cui viene eseguito, l'arte a Firenze in pieno sviluppo:
negli ultimi due decenni Giotto raggiw1ge la piena maturit. Ma il mosaico non ri-
entrava nella tradizione degli artisti toscani, pi esperti negli affreschi e nelle pale.
I mosaicisti del Battistero sono probabilmente di scuola veneziana o bizantina, con
qualche conoscenza romana; ma furono talmente tanti e appartenenti ad almeno
tre generazioni che forse pi prudente pensare ad una scuola-cantiere autonoma
ed assegnare collegialmente alle centinaia di ' maestri musivarii' che vi lavorarono il
titolo di ' Maestri del Battistero'- seguendo la tradizione che battezza come 'mae-
stro' questo o quello sconosciuto artista - anche se possibile individuare l'influenza
di Cimabue o del 'Maestro della Maddalena' o di tanti altri, malgrado l troppi e
spesso arbitrari restauri .
Domina in tutta la cupola il fondo oro, ma con due significative serie di eccezioni:
1- Nella prima scena della prima fila (La Creazione) il Creatore (che qui sempre
CAPITOLO 4 l ISLA,\1, NORMMIN!, SANTI E PONTEFICI: DA PALERMO ALL'ANNO SANTO 1300
83
fig. 5. Firenze, Battistero di San Giovanni. La cupola ottagonale con _i mosaici realizzati tm il _1240 e 13!0. Verso
l'abside l'immagine di Cristo circondata dal Giudizio Universale (111 basso uella jigura). G!J altri sptcc!JI della cupola
souo divisi orizzoutalmente in sei registri. Dal centro: I, ji-egio decorativo; 11. le gerarcbie angeliche; In, Storie della
Geuesi; N, Storie di Giuseppe ebreo; V, Storie di Cristo; VI, Storie di Sau Giovanni Ballista.
rappresentato come Cristo con l' aureola crociata, come in numerose raffigurazioni
medievali in occidente e in oriente) dentro ad un grande cerchio blu scuro pieno
di stelle; a sinistra il sole campeggia sul fondo oro che costituisce lo sfondo di tut-
ta la restante scena, mentre a destra la luna si presenta insieme piena (grigia) e al-
l'inizio, appena crescente, con l'oro che dal fondo sale a formare il primo spicchio.
La creazione qui rappresentata finita: Dio ha gi creato tutto, anche l'uomo e la
donna. In questa prima scena si seguito Genesi l , 1-27, dove la
zione termina con la frase: "Iddio adunque cre l'uomo alla sua tmmagme; eglt lo
cre all'immagine di Dio; egli li cre mascbio e 5a,. prima fila in. alto,
prima scena a sinistra). Nelle scene seguenti si descrivono i passi della Genesi sue-
84 PARTI: PRIMA l L' INVENZIONE DI:LI.:AAIBIENTE DIVINO
fig. 5a. Firenze, Bat!il"tero di San Giovt11mi. Spiccbio della cupola con La Creazione; le Storie di Giuseppe ebreo;
l'ilmumciazione, l'Incontro con E/isabella, la Nativit; le Storie di Giovanni Ballisttl. Neii'Ammnciazione la
vergine Mario gi rappresentata COlite ltl Madonna in trono. A/la Nativit riservato lo stesso spazio che ai/atti
precedenti; costringendo gli angeli, i pastori, San Giuseppe, la mangiatoia con il Bambto, il bue, l'asino e 1111
tmge/o nei margini lasciati ai lati dal/a Madonna che campeggia al centro. La mangiatoia tale nel/a parte inferiore,
11111 in alto gi adornata con elementi architettonici p1eziosi.
l ISLtL\1, NORMANNI, SANTI E PONTEFICI : DA PALERMO ALL'ANNO SANTO 1300
85
fig. 5b. Firenze, Ballistero di San Giova1111i. Spicchio del/a cupola co11 La cacciata; di Giuseppe ebre?;
(Adorazione, Sogno, Ritomo per mare); Storie di Giova1111i Ballista. La Madonna e 111 tro11? s?tto 1111 padtgltone
diverso da quello cb e protegge i Magi. Nella scena successiva i Magi sol/o 1111 padrgl1011e coperto da _una
tenda cbe si a/lontana in una difficile prospettiva, che ba forse il molo dr gm/tcamente!a.poln dr due, .
Magi; mentre l'angelo esce da un cerchio blu che rappresenta anche qui il lf pmmteressante e rl
viaggio di ritomo: rarissimo cbe esm venga descrrtto per mare: 111 questo d mus!Varo ba duegnato
realisticamente dei pesci e 1111 polipo in mezzo ad onde stilizzate.
86
PARTE PRIMA l L'JN\
1
ENZIONE DELL'AMBI ENTE DIII/NO
/ig. 5c. Firenze, Battistero di
San Giovanni. Il sogno di
Giuseppe (2a /ila, vedi anche
precedente /ig. 5a).
Giuseppe dorme dmtro 11/1
pala:ao coperto da Ima terra:aa:
ttl di sopra 1111 padiglione e 1111
SOl/filOSO edificio CO/l /Jestre
e/o !arsie marmoree, copel1o a
due spioventi con grandi tegole.
Attomo i s11boli del sogno: a
destra undici covoni si
1chiuano affamo al dodicesllo
che resta dritto e maturo; nel
cielo ilmle, la luna
(contemporaneamente piena e
COl! li/IO spicchio) e undici stelle.
Tra tutti i riquadri del &llistero
questo (attribmio alla scuoltl di
Coppo di Marcova!do) forse
quello che pit riasmme lo stile
di questi mosaici.
ce.ssivi a quello della scena l, notoriamente in contrasto (Genesi 2, 15-22) dove
D10 dopo aver creato il solo Adamo, crea Eva da una sua costola (idem terza sce-
na le uniche due scene che non hanno il fondo siamo
nel gtardmo dt .Eden e il fondo appunto costituito dagli alberi del giardino e
da qualche roccia.
- scena Creazione, Dio compare dentro un cerchio blu
0
nel-
l atto di dal. cerch10; nel Sogno dei Magi l'angelo esce da un ana-
che Interrompe il fondo oro [fig. 5a]. Quindi sempre quando c' il
mteso c?me luogo della divinit- si interrompe il fondo oro e compare il
e questo- e non l'oro -l'ambiente in cui stanno e da cui si affac-
ciano Cnsto e gli angeli.
nei vari ai personaggi, ai loro gesti, alloro reciproco
atteggiamento: tra .essi e l'ambiente c' una decisa differenza di metodo. Mon-
tagne, .rocce, alben sono sintetizzati in forme semplici, spesso estremamente ri-
un altro ruolo: quello di unificare i vari 'fotogrammi' in cui si
.la appunto riconoscibile la sequenza per la continuit
m cm s1 svolge. Decisamente secondario invece l'ambiente co-
co1_11e co:nice ai personaggi. Cornice ricca per i fa-
raom, 1 re, 1 e Maria. L'architettura un privilegio che
quah sono 1 personaggi importanti, i protagonisti dei va-
n momenti [jig. 5c].
Diffu.sa invece la vegetazione, anche se non sempre differenziata: ma alcuni ele-
menti che possono sembrare generici perch ripetuti per secoli, in realt dove-
a_vere assunto proprio nel lungo tempo un loro valore: per esempio i gira-
h (vedi parte II, cap. 1).
CAPITOLO 4 l JSLAM, NORMANNI, SANTJ E PONTEFICE: DA PALERMO ALL'ANNO SANTO 1300 87
Note
1 In Sicilia le popolazioni successivamente insediate possono essere cos riassunte: Siculi, Sicani,
Fenici (Cartaginesi), Greci, nell'Vill secolo; Romani , dal254 a.C. ; Bizantini, dal435; Vandali, V
secolo; Goti, dal 491; Arabi, dall'827; Normanni, dal1072; Svevi, dalll89; Angioini, dal1266;
Aragonesi, dal1302. All'arrivo delle popolazioni successive, quelle precedenti non se ne andava-
no; continuavano a parlare la loro lingua e ad appartenere alla loro cultura.
2 vero che alla fine gli arabi furono espulsi (Federico II, Imperatore 1212-1250); ma fu un estremo
tentativo per creare altre alleanze ed erano ormai gli Svevi a comandare. In parte i musulmani furo-
no trasferiti in Puglia dove i re Normanni avevano appunto bisogno della loro mano d' opera.
J M. Amari (1806-1889), Storia dei Musulmani in Sicilia, Firenze, Le Monnier 1854-1872; E. Onu-
frio (1858-1885), Guida pratica di Palermo, Milano, Fratelli Treves ed. 1882; C. De Seta -L. Di
Mauro, Palermo, Laterza Bari-Roma 1981 (con ampia bibliografia); R. La Duca, Cartografia gene-
rale della citt di Palermo e antiche carte della Sicilia, Napoli 1979; D. Mack Smith, Storia della Si-
cilia, Londra 1968, tmd. it. Laterza, Bari 1970; F. Gabrieli - U. Scerrato e altri, Gli A rabi in Ita-
t;a, Milano 1979.
4 L. Zangheri, B. Lorenzi, N.M. Rahmati , Il giardino Islamico, L.S. Olschki, Firenze 2006 (con
esaurientissima bibliografia); G. Bellafiore, I Giatdini-patadiso di Palermo nell'et islamica e nor-
manna (827-1194), Lombardi, Palermo 1990; G. Bellafiore, Parchi e giardini della Palermo Nor-
manna, Flaccovio, Palermo 1996. La parola 'giardino' rimasta nel linguaggio corrente siciliano
ad indicare le zone agricole irrigate, soprattutto gli Agrumeti nella Conca d' Oro.
5 I monumenti principali del periodo islamico-normanno oggi ancora esistenti sono cronologica-
mente cos distribuiti: Cappella Palatina, 1130-1143; San Giovanni degli Eremiti, 1136; Martora-
na (Santa Maria dell 'Ammiraglio), 1143; la Zisa, 1164-1168; la Cuba, la Cubula, 1180; Cattedra-
le, VI secolo poi moschea, poi dal1184 cattedrale cattolica; Magione (SS. Trinit) , cistercense poi
Cavalieri Teutonici, 1191-1193 . Riassumendo e semplificando: nel XII secolo Palermo norman-
na per la struttura politica; normanna con permanenze bizantine per la struttura amministrativa;
musulmana per l'attivit produttiva, l'annona, i servizi. Si usavano anche ufficialmente tre lingue:
latino, greco, arabo. La lingua ' normanna' era in Normandia una corruzione del francese e non fu
praticamente esportata nelle altre terre conquistate: Inghilterra, Sicilia, Italia meridionale.
6
Per un quadro completo e senza pregiudizi nuoce certamente la sporadicit e la casualit di una
'archeologia islamica' della Sicilia. Ancora pi grave nel quadro di una lunga storiografia che per
secoli ha considerato mustmani e normanni come episodi negativi inseritisi con la violenza tra
greci-romani-bizantini e svevi-spagnoli-italiani ad interrompere una inesistente continuit storica
chiamata 'Italia' . Pu stupire che anche in recenti , voluminose, stimate collezioni, arabi e nor-
manni siano sbrigati in pochissime pagine: i musulmani sono ' corsari' che con le loro razzie inse-
gnano la pirateria alle popolazioni locali; i normanni sono ' avventurieri' (Storia d'Italia vol. 2'\ Ei-
naudi, Torino 1974: di arabi e normanni si parla in un paragrafo intitolato "L'anarchia politica" ).
7
S. Bettini, La pittum bizantina - I mosaici, 2 voll. , Firenze, N.E.M.I. 1939.
8
M.C. Ruggieri Tricoli e altri , Costruire Gerusalemme - Il complesso gesuitico della Casa Professa
di Palermo dalla storia al museo, Milano, Edizioni Lybra Immagine 2001
9
G. Caronia - V. Noto, La Cuba di Palermo - Arabi e Normanni nel XII secolo, introduzione di
M.C. Ruggeri Tricoli, Ed. Giada, Palermo 1988; S. Bellafiore, La Cuba di Palermo, G. Greco, Fa-
lenno 1984.
10
G. Caronia, La Zisa di Palermo - Storia e restauro, ed. Laterza, Roma-Bari 1982.
11
M. Amari , op. cit.
12
I Fatimiti (discendenti di Fatima, figlia di Maometto) dopo essere diventati califfi della Siria,
dell'Egitto e della Tunisia (X secolo) estesero la loro presenza e la loro elevata cultura alla Sicilia
ed ebbero un ruolo preminente durante tutto il periodo normanno.
13
J. Chardin, Voyage en Pen e et autres lieux de l' Orient, Amsterdam 1735. Chardin estende que-
sta descrizione-progetto anche alle 'Grandi Tende'.
14
A. Camilleri , Le pecore e il pastore, Sellerio editore, Palermo 2007.
15
R. Krautheimer, Roma, Profilo di una citt. 312-1308 Roma, Edizioni dell'Elefante, 1981.
16
A. Paolucci, Il Battistero di San Giovanni a Firenze, Modena, Panini 1994, 2 voll.; A. Giusti, Il
Battistero di San Giovanni a Firenze, Mandragora srl, Firenze 2000.
Ambrogio Lorenzetti, Il buon governo 1 et1111pagna, particolare. Siena, Palazzo Pubblico (vedi pp. 140 141)
PARTE SECONDA
L'autonoma rappresentazione
di un ambiente profano
Un dipinto cbe ritrae un paesaggio
ci insegna a meglio osservare
e apprezzare la natura.
Michel de Montaigne [1533-1592]
Capitolo l
La continuit di una immagine tra simbolo e natura)
tra secoli e civilt: i (giralt
Tra le varie tecniche usate in tanti paesi per costruire e decorare pavimenti, pa-
reti, volte, cupole, absidi, una delle pi utilizzate per secoli stato il mosaico.
Questa tecnica garantisce insieme una lunga durata nel tempo, una brillantezza
dei colori e una esecuzione che se richiede molta abilit per meno soggetta
di altre a imprevisti e difficolt strutturali di esecuzione. I soggetti, i tipi di rap-
presentazione sono analoghi a quelli ottenibili con altre tecniche: ma per esem-
pio l'affresco - tecnica altrettanto diffusa e in certe epoche e paesi anche molto
di pi del mosaico- pi deperibile e l'esecuzione divisa per 'giornate' sull'in-
tonaco ancora fresco sempre stata un problema arduo, anche per i massimi pit-
tori arrampicati sulle impalcature.
In particolare i mosaici sono stati una tecnica molto diffusa per i pavimenti as-
sieme al marmo o altre pietre, mattonelle, mattoni, legno e anche malta pittura-
ta. La differenza non per solo tecnica: salvo rare eccezioni (per grandi sale in
edifici rappresentativi, in terme, in qualche ricca villa imperiale ... ) i mosaici pa-
vimentali non offrono scene dello stesso soggetto e tipo dei mosaici parietali. Le
raffigurazioni di Cristo, della Madonna, dei santi si evita ovviamente di rappre-
sentarle sulla superficie da calpestare.
I mosaici pavimentali hanno in origine come loro riferimento il tappeto: soprat-
tutto il tappeto della tenda dei nomadi (vedi parte I, cap. l) che non copre un
pavimento, ma il pavimento e costituisce appunto la superficie per un buon
contatto - in piedi o accovacciati - con la terra, con la sabbia.
I mosaici pavimentati, anche se con schemi, colori, significati spesso diversi, han-
no per in comune con i tappeti l'esigenza di coprire in modo uguale tutta la su-
perficie. Il disegno dello schema appunto la prima immagine che percepisce
chi si avvia a camminare sul mosaico (e forse non guarda pi di tanto quello che
ha sotto i piedi). Questo spiega perch in tutti i tappeti e mosaici chiara l'im-
postazione geometrica di cui quasi sempre disegnata la cornice che la delimi-
ta, spesso con altri elementi o diverse raffigurazioni. Inoltre nel tappeto i nodi
'disegnano' la forma delle figure sottolineando ed accompagnando i contorni e
i colori; lo stesso accade nel mosaico con le tessere la cui disposizione e sfac-
cettatura esalta l'andamento delle linee, accompagnando le separazioni di colo-
ri e soggetti sia all'interno che all'esterno delle figure, permettendone una lettu-
ra a distanza, che sarebbe affidata con altre tecniche solo al tratto del disegno.
Uno schema ricorrente per secoli e in tanti paesi (anche diversi e lontani) quel-
lo dei girali di vite (o di acanto, o molto pi raramente di altre piante): la vite
CAPITOLO 1 l l.A CONTINUI TA DI UNA TMMAGINE TRA SIMBOLO E NATURA, 'fRA SECOLI E CIVIU'k I "GTRALI" 91
un tema antico e di lunga durata, ma sempre con valori simbolici bene auguranti
anche se in culture diverse. motivo diffuso in tutta l' area ellenistica; diventa
quasi dominante anche nei dalla Terra orien:
te e a Roma verso occidente. E m se mdtpendente da nfenmenu relig1os1 e puo
quindi essere nella. clas.sica,. in cristiana, .in
islamica, assumendo valon s1mbohc1 dtfferentl o nferendosl a soggetti profam.
Spesso il suo significato sembra essere o
di esclusivo significato grafico. Questo aspetto e solitamente mdtcato con il ter-
mine 'arabesco', essendo stato appunto per secoli caratteristico del mondo isla-
mico; ma anche prima nel lungo periodo ellenistico e in svariate regioni erano
diffusi bassorilievi o graffiti formati dallo svilupparsi di disegni lineari.
In molti pavimenti ritrovati negli scavi archeologici, il girale formato da un so-
lo ramo che descrive il disegno formato da cerchi perfetti; attorno al ramo si sno-
dano dei tralci con poche foglie che non interrompono il disegno geometrico.
Foglie e grappoli servono ad addolcire la rigidezza ?el girale-cerchio
e quindi del disegno d' insieme, quello appunto colto a pnma vtsta e da lontano.
Dentro a ogni cerchio pu esserci una figura che 'entra in campo' solo a una ve-
duta pi ravvicinata e di dettaglio. Al limite del paradosso il re-
sta 'uguale' anche se la figura non c'; se stata cancellata nel penodo iconocla-
stico (VIII e IX secolo nelle terre dell'antico Impero Bizantino) e sostituita per la
funzionalit e l'uso del pavimento da una ridisposizione casuale delle stesse tesse-
re che ordinate formavano una figura e disordinate l'hanno eliminata, ma senza
annullare la texture, le tinte, la funzione: a volte anzi ricomponendo con le stesse
tessere un elementare motivo geometrico o vegetale. Ne sono esempio i mosaici
pavimentali della chiesa di Santo Stefano a Umm al-Rasas e della cappella della
Theotokos a Uadi 'Ayn al-Kanisah (Giordania) , dove possiamo appunto vedere co-
me alcune immagini sono state 'defigurate' dagli iconoclasti [figg. l) 2]. La defi-
gurazione riguarda gli uomini e gli animali e invece lascia intatti i vegetali, quasi a
voler stabilire una similitudine privilegiata dei primi due
1
.
Le figure presenti dentro ai girali possono essere o s.elva-
tici: uccelli, trampolieri, pavoni, galline, zebre, leom e leonesse, guaffe, bu01, an-
tilopi e gazzelle ... oppure uomini intenti alla caccia o a lavori agricoli o che suo-
nano il flauto ... o anche oggetti vari come vasi, gabbie con uccelli ... .
Normalmente una sola figura occupa il cerchio tra i girali, ma ci sono anche epi-
sodi che richiedono di dividere l'azione tra due girali contigui. Un cacciatore ti-
ra con l'arco a un leone; un altro cacciatore colpisce con una lancia un leone; un
ragazzo conduce un asino carico d'uva; un cane azzanna un' antilope; un uomo fa
danzare un cane ammaestrato; un servo conduce al guinzaglio una giraffa. In cer-
ti pavimenti dentro un solo girale ci sono pi figure rappresentanti una scena
completa, sempre di soggetto agreste: un cane con collare un lupo, due
uomini pigiano l'uva in un torchio, una leonessa allatta un leoncmo
della Madonna a Beth Shean in Israele, chiese del Diacono Tommaso e di Kaya-
nos nella valle di Ayoun Musa, chiese dei Santi Lot e Procopio e di San Giorgio
a Khirbat al-Mukhayyat nella regione di Madaba, in Giordania) [figg. 3-9].
92
PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAI'PRESEN'fAZ/ONE DI UN AMBIENTE PJWFANO
fig. 1. (GiOJd(ll/ia),
chiesa di Santo Stefano (/1e \11-
Vlll secolo). Il mosaico
pavimenta/e di Santo Stefano
coslliuito da tmlci di vite avvolti in
gn/1; dentm cui preva!g0/10 scene
di caccia e di lavori agricoli.
/;iconoclastia biuwtld (contro le
nmagli religiose) e l'icono fobia
islamica (contro le figure w nane e
tlnnnli, \Il![ e IX secolo) banno
'defigurnto' le i11111/(/gli,
spostando quel minimo di tessere
necessario per cancellare i volti o
altre parti ritenute caratteristicbe
per !'individuazioue. 1\lfa le tessere
venivano mene n posto in maniera
cbe il pnvimelllo continuasse a
svolgere la ma funzione; anzi, cosl
'defigurato' il motivo decorativo
dei glia/i ri.raltava ancom di pil.
fig. 2. Umm-ai-Rasas (Giordania),
chiesa di Salito Stefano (fine VI-
Vlll secolo). L: immagine
'defigurnta' di un uo1no cbe
abbraccia 1111 pavone:/igura a
stistra del cespo d'amnio centrale,
simmetrica all'alt m identica n
destra. Lo ;postamento delle
tessere lascia riconoscibile la
sagoma delle figure originarie.
Le figure sono disposte secondo un ordine basato su un equilibrio tra le varie par-
ti _de! 'tappeto', preoccupato del 'peso' che i gesti danno ai personaggi; la simme-
tria e ben presente disponendo rigorosamente le figure principali nei punti chia-
ve del ' tappeto' o mettendo in girali simmetrici figure analoghe come soggetto e
c01_ne 'peso' grafico. Le varie figure avevano certamente significati simbolici, for-
se tn anche disposizione. Ma gli esecutori erano i responsabili e gli
auton di quella raffiguraziOne della vita quotidiana agricola che era alla fine il gran-
de sogge_tto di 'tappeti-mosaico'. Certo, doveva esserci un repertorio co-
mune dei soggetti e delle corrispondenti raffigurazioni, ma da questo i vari artisti
si discostavano non solo per la loro bra-
vura, a volte straordinaria (sono centi-
naia i mosaici a noi noti che costitui-
scono il Cmpus della sola Terra Santa:
Palestina, Giordania e Israele attuali).
Variava il rapporto tra le figure e i gi-
rali: a volte le figure riempivano com-
pletamente l'area del cerchio tra i rami;
altre volte invece quest'area era in gran
parte sfondo vuoto e le figure vi appa-
rivano assai piccole. Nel primo caso era
2
3
CAPITOI.O 1. 1 1..11 CONTINUITA DI UNA IMMAGINE TRti SIMBOLO E NATURA, TRA SECOLI E CJ\f/LTA: I 'GIRALI" 93
fig. 3. Valle di !lyou11 Musa (Giorda!lia),
cbiesa del diacono Tommaso, pavime11to. I
gimli di vite sono rappresentati con i
grappoli e le foglie. All'rtemo sono
mf!igumti tmuali domestici, amiuali
feroct; 1111 uomo tira co111'arco a 11n leone,
1111 altro con 1111 grappolo d'uva si appoggia
n un bastone e in basso l/Il 1101110 armalo
di lancia (Stefano) al/acca 1m leone nel
girale accanto.
fig. 4. Valle di Ayou11 Musa (Gionla11ia),
chiesa del diacono Tommasa, pavime11/0.
Un ragazzo ca11duce 1111 as10 (nel girale
acmnto) che porta due cesti caricbi di
/rutti rotondi (uva?), 1111 mgazzo raccoglie
uva, un ca11e, 1111 ragazzo si riposti
appoggiato a 1111 bastone, u11n capra.
il girale che fungeva da cor-
nice subalterna alle figure; nel
secondo era il grande disegno
geometrico del girale a domi-
nare le figure declassate a
completamento.
La ricostruzione, nell'interno
degli edifici, dell'ambiente
vegetale nei suoi aspetti pi
ridondanti di una natura do-
minante durer a lungo nelle terre dell'Impero Bizantino: ancora nel XII secolo
un ignoto autore di lingua greca ci racconta di un personaggio chiamato Calli-
maco che "scavalca le mura, cade nel cortile, vede tutte le meraviglie, i piacen; le
amenit ... Apparve ai suoi occhi un giardino pieno cl'alben; di /ion; di/o-
glie, di delizie. L'aria procurava un indicibile piacere, l'occbio vi trovava ancor pi
diletto ... Bastava aprire le f inestre percb le foglie delle piante profumate s'inchi-
nassero all'intemo ... "
2

Accanto a esempi di invadenza 'barocca' della decorazione vegetale e delle sue va-
rie tonalit di verde, troviamo casi opposti: pavin1enti in cui la trama geometrica
scompare e le figure campeggiano da so-
le su un fondo sapientemente tessuto a
livello tecnico: nel mosaico inferiore del
Diakonikon a Monte Nebo (530, opera
dei mosaicisti Soel, Kaium ed Elias), nel
santuario della chiesa del Diacono l'om-
maso a 'Uyun Musa (ugualmente prima
met VI secolo), nella zona d'ingresso
della Chiesa dei Santi Lot e Procopio a
Khirbat al-Mukhayyat (di poco poste-
riore) rJigg. 3-9]
3
. Sono gli anni del- 4
5
6
94 PARTe SeCOND;l / L'AUTON0Mt1 RAPPR6SeNTAZIONe DI UN AMBIENTe PROFANO
fig. 5. \la!! e di Uyun Musa (Giordania),
cbiesa del diacono Tommaso,
pavimento. Mosaico nel preJbiterio:
quaflro alberi c011 evidenti /rulli
JoJtiluiscono i girali. sempre ad un
elemento della vegetazione e
dell'agricoltura cbe i mosaicisti
ricorrono per 1quadrare le figure.
fig. 6. Madaba (CioJ<Iania), Cbiesa dei
Santi Apostolz: [/ mosaicista Sa lama n
(578) realizza m; precisissno disegno
geometrico disponendo lo stesso uccello
(unico protagonista) in modo da formare
1111a trama di quadrati (impensabili COli
elementi vegetali), cm1le code degli
uccelli: nei quadrati si ripetono qua/fro
tipi di fiori. inutile ricercare sigm/icati
e simboli: ancbe se c'erti/lo essi sono
totalmente metabolizzati
nell'invenzione di Salamflll, cbe propone
il tracciato geometrico senza girali, ma
conio stesso effe/lo.
l'impero di Giustiniano (527-
565); ma il fondo inesistente
di questi mosaici l'opposto
dell'oro dei palazzi e delle
chiese di Costantinopoli o di
Ravenna o della Sicilia. cer-
to che in nessun posto si
mai usato l'oro nei pavimen-
ti, ma il colore di fondo a tin-
ta tendente al neutro, obbli-
gava ad arricchire nella loro
espressione le figure consi-
derate autonome: uomini
animali piante.
Questa libera e autonoma disposizione delle figure d loro una nuova impor-
tanza. Soprattutto diventano protagonisti gli alberi che invece non esistono qua-
si nelle composizioni a girali dove il ruolo di rappresentare il mondo vegetale
appunto svolto prioritariamente dalla vite o dall'acanto, su altra scala e con al-
tra iconografia. Gli alberi sono trattati con straordinario realismo: solo la scala
ridotta rispetto a quella di uomini e animali. Gli alberi sono innestati e porta-
no ben riconoscibili i loro frutti.
Il mondo agricolo l'ambiente comunque proposto e con insistente realismo nei
gesti, nelle azioni, negli elementi tutti. Peccato che poco rimasto dei mosaici che
questi stessi mosaicisti avevano fatto sulle pareti e sulle absidi di quei santuari di
Terra Santa, negli anni dell'impero di Giustiniano e dei suoi successori sul trono
di Bisanzio (Santa Caterina al Sinai, VI secolo, descrizioni dei girali nei mosaici
CAPITOLO 1 l LA CONTJNU/T;l DI UNA JMMAGJNE '/ RA SIMBOLO E NATURA, TRA SeCOLI E CJVltTt!: l "GJRALJ"
di San Sergio di Gaza secondo Procopio).
Possiamo per supplire a questa mancanza gra-
zie ad uno degli edifici pi importanti di Ge-
rusalemme, e non solo: Qubbat al-Sa bra (La Cu-
pola della Roccia), costruita alla fit:e. e ~ VII se-
colo in un luogo sacro alle tre rehgtom mono-
teiste [fig 10] . La costruirono i musulmani, per
affermare la loro superiorit su cristiani e ebrei:
lo conferma la grande scritta (lunga 240 m) che
corre alla base della cupola ed la pi antica
iscrizione del mondo islamico (finita nel 692,
settant'anni dopo l'Egira). Sotto la scritta nel
tamburo corre continua una sequenza di ricchi
girali che si incuneano tra le finestre al di so-
pra, riempiono le arcate uscendo da volute po-
ste al di sopra di pilastri e colonne. Questa
straordinaria ricchezza del motivo vegetale non
fig. 7. Monte Nebo (Giordania),
Santuario di Mos. Nel p
antico mosaico pervenuloci
nell'abside della Cella Jicbora
(N-V secolo) il disegno dei
girali costituito da 1111 solo
ramo assai stilizzato con qualcbe
piccola foglia alle estremit e
poche coppie di fiori ai bordi. I
gti'flli uscivano da 1111 gmude
vaso m cui em110 nppollaiati due
pavoni liigranditi/uori scala
rispello alle altre figure (un
gallo, due uccelli, Ullfl /or/ora
nella piccoli! parte rimasta) e
l'uso di scale diverse per i vmi
soggetli era costante.
fig. 8. Monte Nebo (Giordania),
Santuario di Mos. Nel most/:o
del Diakouikon, eseguito
dura n/e la rioccupnzione
bizautra nella prima met del
VJ secolo, alberi, uou;liu;
animali JOIIO allineati SII qzwttro
file: la pri111a iu alto mppresenla
due scene di caccia a piedi, la
secondtl due scene di caccia a
cavallo con cani, la terZJ/1111
pnstore cbe sorveglia quattro
pecore e capre interessa/e ai
germogli degli alberi da /rullo
(potalr), la quarta infine due
servi che portano al guliizaglio
tre animali addomesticati (tmo
struzzo, 1111a zebra, lll1fl gliajfa).
95
8
9
96 PAR1'1i SECONDA l L'AUTONOMA RAI'I'RESENTAZIONE DI UN AMIJIEN1'E PROfANO
/ig. 9. Kbli-bat ai-Mukhayyal (Giordania),
chiesa dei Santi Lo! e Procopio (meli del
\Il secolo). Il consuelo girale esce da due
grandi cespi negli angoli liJferiori e
lermw con due grandi foglie negli tmgoli
superiori Oltre agli argomenti della caccia
(in basso 1111 arciere 11i11 a 1111 leone),
prevalgono i momenti della vendemmia:
1111 mga:ao con l/Il falce/lo taglia un
gmppolo e ba tiCCtl/1/o 111! cesio pieno
d'uvt1; due mga:ai pigiano l'uva Jun
torchio e nei gimli tlccanlo 1111 altro m gazzo
co11duce un asw carico di cesii d'uvt1. Si
noli che i grappoli tl/lcom mila vile 11011
.\'OliO disposti secondo lt1 legge di gmvlii.
fig. 10. Q11bba1
(Cupo/ti dell" Roccia), 685-692, tlrcbitetli
J-laywen e Yarid ibn Sala m,
coJJIIIJillenle Abd a ebrei,
a-islitllu; ancbe se furo11o questi
ultimi a costmirltr e decomr/a; le seri/le in
m m/Ieri ambi si rivolgono con /rasi del
Com no t1l "Popolo del Libro", cio ebrei e
crislia11i Il tamburo decomlo colli/Il
motivo t1 gimli, che si trasforma nella
Cllpola illllll segno geometrico di
eccezio11ale elega11za. Se le seri/le volevano
/eslimolliare la superionii morale
del/'TJ-lam, l'llero complesso della Qubbat
al-Sabra poteva /es/J/OIIiare 1111 "caso di
Sllperiorili anche es/elica".
era del resto solo nella grande, simbolica moschea di Gerusalemme: tra gli altri
esempi, non meno eccezionale la moschea degli Ommayadi a Damasco (inizio
V1II secolo, quindi di poco posteriore alla Cupola della Roccia), originariamen-
te tempio pagano, poi chiesa cristiana con la reliquia della testa di San Giovanni
Battista, poi infine moschea
4

Nella cupola della Qubbat al-Sabra, l'elemento vegetale sostituito da uno straor-
dinario disegno geometrico che copre quasi tutta la semisfera.
Possiamo assumere la Cupola della Roccia come campione dell' uso religioso di
una simbologia profana, sempre legata a varie interpretazioni. Simbologia del re-
sto ben radicata da secoli anche in occidente. A met del VI secolo nelle terre
d'Africa abitate dai Vandali, troviamo un pavimento di mosaico con un ricco di-
segno a girali nella cattedrale di Sabratha [fig. 11], eseguito dopo il ritorno dei
bizantini con Giustiniano.
Nelle terre dell'Impero d' Occidente non si era certo atteso Giustiniano, n l'af-
fermarsi della religione cristiana a Roma. Come in tutto il mondo ellenistico an-
che qui il motivo del girale era presente e aveva un significato nella produzione
classica ed da questa che stato ereditato dal nascente cristianesimo.
Esso non era collegato alla tecnica del mosaico (o solo secondariamente, fatto
salvo naturalmente che la nostra conoscenza legata alla casualit della conser-
CAPITOLO I l LA CONTINUITA DI UNA IAI,\I;lGINE TRA SIMBOLO E NATURA, TRA SECOLI E Cli'ILTA: 1 "GIRALI" 97
vazione nei secoli e dei ritrovamenti archeologici). I casi che conosciamo sono
costituiti da sculture appartenenti a monumenti ufficiali di grande importanza,
come il fregio del Tempio di Venere Genitrice nel foro di Cesare [fig. 12], le pa-
reti dell'Ara Pacis Augustae.
I girali erano quindi ben presenti nel mondo romano, dove nel tardo impero fini-
rono per essere un motivo decorativo in alternanza ad altri come le strigilature.
Non stupisce quindi di trovare questo tema trasferito dal marmo al pi modesto
stucco nel doppio cubicolo del criptoportico delle catacombe di Priscilla (met del
III secolo): questo ambiente detto "Cappella greca" per due iscrizioni in questa
lingua e non aveva probabilmente funzioni sepolcrali (vedi p. 33,/ig. 1). Raffinati
girali decorano i sottarchi uscendo da un cespo di acanto collocato sulla chiave del-
l'arco, cio nel punto pi alto da cui scendono per concludersi dopo quattro giri
geometricamente perfetti con un fiore al centro. A questa decorazione attribuito
un posto importante ed l'unico elemento in rilievo in tutta la catacomba.
Sempre in ambito cemeteriale il motivo dei girali di vite dominante nel mau-
soleo eretto nella prima met del IV secolo (337-351) accanto a una grande ba-
silica 'circiforme' (a forma di circo: attualmente solo rovine affioranti), al cimi-
tero e alle catacombe sulla via Nomentana a Roma, dedicato a Costantina (fi-
glia dell' imperatore, morta nel 354; pi nota col nome di Costanza dato ap-
10
98 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESEN1i!ZfONE DI UN AMBIENTE PROFANO
fig. 11. Sabratba aamabn)a), mosaico del pavimento della Cattedrale, Museo archeologico.
"La meraviglia di Sabratba il mosaico pavimenta/e della Basilica giustinianea.
Vale, per questo mosaico, veder/o in Mltseo, tolto dalla stmna Basilica per cui stato fatto. E si dice strana percb, tutta
quel/'accov:aglia di risalti, la diversa altimetria delle colo1111e, oltre alle diverse materie, d un tale senso di raccogliticcio,
cbe pare impossibile potesse esservi 1111a dimemione tutta mtova proprio in quella pi umile, nel pavimento, siccb n a
Santa Sofia n a San Vitale, si mai proposto il pitmo terra come punto di forza della decorazione delmol//1!1/ento. E qui
con tutta quell'acco:aaglia di basi e di colonne di spoglio cbe fa pensare a t/1111101111/lleuto de/t'ottavo secolo, eccoti 1111
mosaico straordtitario, forse la pi bella opera d'arte in via assoluta cbe sia superstite in Tiipolitania. ll tmliccio dato da
tma specie di albero di ]esse, cbe nasce da t/Il ciuffo d'acanto a volute gmsse, vol11minose. Di l tralci di vtie in largbisstiui
gira/t: Jt prete Pantaleone a Otranto, circa sette secoli pit tardi e cbi per lui, nella Cattedrale di Taranto, svilupparono 1111
modello n//i1te. Qui i tmlci, i pampti1i, le zoccbe d'uva, sono come disegnati con lapis rosso e blu, ovvero con 1111 segno
grosso, wta listatura pi cbe 1111 segno. Ma fra quei pampini e zoccbe d'uva ci so11o uccelli, uccellettt; papere, pemia;
ocbe, pavoncelle, e infi11e due spettacolose faraone: ma cbe dire di loro. Souo vestite a scaccbi biaucbi neri, cbe uon si sa
pi se sia un quadro di Klee o 1111 tailleur all'inglese. Squistie, grassocce eppure in quella veste astraflisttt, pialle colite un
gioco a dama, mante11gono tu/fa via movenze assassine, improvvise, scarti, beccbettii, passettini ...
In parole brevt; codesto artirta, certo di alto rango, confwto a Sabmtba, doveva aver rieJllmato per l'occasione un suo
proutuan'o di comodo, con bestiole e!leuisticbe copiate da scene ui!oticbe o di caccia, come le nostre nonne
tesauri;aatJano negli sd;edari i passi salienti di un ancestrale punto-in-croce. Fanlt!Jiicaudo, vieu fatto di pensare cbe 1111
artista simi/efone in odore di eresia, e cbe sbalzato z Africa avesse tut/a l'intenzione di fargliela, a Giustiniano,
gabellando per nuovi quei motivi decrepiti della tmdizione alesmndrina. Ma era aucbc uno di quegli artisti che stavano
inveii/anelo un nuovo stile, con Jlntemio di Ii'l11les, e Isidoro di Mileto: spremevano dalla plttsticil clan.'t1 tutto il
cbiaroscuro come Ji JlriZZti un limone. Arrivalo ml punto di inse1i re in quei ghirigori appia/liti, degli uccelletti di rilievo,
non ce In f ece, il cuore gli mtwc e pass tu/lo al setaccio. Ecco i volatili, virtuosamente ellenistici nei con tomi, pealere il
rilievo e no11 perdere le penne. Queste santu/te uno spreco di paste vitree, uno scinttllio di berilli e turcbese: la rota del
pavone, preparato dalla fenicie, dalla pemice in gabbia (ob, anima prigioniera!) diviene un fastigio da inserire pari pari a
San Vitale: e nessuno se ne accorgerebbe".
[da Cesare Brandi, "Sabratha" in Cittt del deserto, Editori Riuniti, Roma 2002].
CAPITOLO l l LA CONTINUITA DI UNA /MhlAGINE TRA S!t\IBOLO E NATURA, TRA SECOLI E Cli'ILTA: I GJRJILI"
fig. 12. Roma, Foro di Ce.wre. Fregio del
Tempio di \Tenere Genitrice.
punto al mausoleo, usato co-
me chiesa). I mosaici perfet-
tamente conservati mostrano
tra i rami e i grappoli i lavori
agricoli relativi alla vendem-
mia; siamo stilisticamente nel-
la tradizione classica, in una
Roma in cui nell'ambito del
cristianesimo ormai permes-
so, la stessa famiglia imperia-
le seguiva ora la linea del ve-
99
scovo di Roma o di Alessandria o di Costantinopoli, ora quella diArio [fig. 13].
Circa un secolo dopo viene realizzata la decorazione a mosaico delnartece del
Battistero Lateranense, ormai residenza del papa e centro del cattolicesimo (pa-
pa Sisto III, 432-440). Attualmente rimane intatto il mosaico dell'abside destra
(cappella dei Ss. Cipriano e Giustina) [fig. 14]; interamente costituito da due
girali che escono simmetricamente da un grande cespo centrale e si ramificano
a formare su quattro registri quindici tondi in cui il ramo gira tre volte e termi-
na con fiori di due tipi: a rosetta, a campanula. Il fondo scuro; nei girali pre-
valgono verde e ocra, nei fiori rosso e bianco (ma tutto il mosaico richiedereb-
be di essere pulito e restaurato). In alto un semicerchio delimita quello che in
tanti altri mosaici absidali sar lo spazio del cielo e della mano benedicente del
Padre: qui invece c' un altro giardino - separato dai girali sottostanti - ; tra i
fiori quattro uccelli e al centro l'agnello, appoggiati sul cerchio da cui pendono
sei croci. La lussureggiante vegetazione di questo eccezionale mosaico invade an-
che il suo centro, dove non c' nessuna immagine di Cristo o della Madonna,
nessuna croce o altro simbolo: ancora e solo vegetazione con un tronco (?) drit-
to attorno cui si avvolgono quattro girali ellittici assai spogli.
L'abside del nartece del Battistero lateranense solo la raffigurazione di un am-
biente verde, mentre normalmente questo un elemento presente, ma non prin-
cipale rispetto alle immagini di Cristo, della Madonna, dei santi, del gregge ecc.
Un valore analogo alla rappresentazione del girale si ritrova in molte raffigura-
zioni durante tutto il Medioevo. Nella formella XV del battente di settentrione
della porta bronzea di San Zeno a Verona (secolo Xl, cm 55 x 50) le pie donne
si recano al sepolcro di Cristo, sorvegliato da un angelo, attraverso una intrica-
ta massa di girali che costituisce la vera scena (fi'g. 15]
5
.
Per ritrovare in Occidente un valore analogo alla rappresentazione del girale dob-
biamo guardare il mosaico absidale di San Clemente a Roma, eseguito nei primi de-
cenni del XII secolo, sette secoli dopo il Battistero Lateranense e quattt"O secoli do-
po la Cupola della Roccia (fig. 16]
6
. Ci sono qui altre influenze oltre quelle diret-
te della Roma classica: la produzione bizantina certamente non ignota a chi rico-
struisce San Clemente dopo la distruzione durante l'invasione di Roberto il Gui-
100 P1iRTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZI ONE DI UN AMBiENTE PROFANO
fig. 13. Roma, Santa Costanza. La volta de/mausoleo di Santa Costanza interamente decorala co11 e11ormi t miei di
vite, t m cui volano uccelli. L'uva matura e ragazzi nudi raccolgono i grappoli. In bano i grappoli sono stati raccolti
1 cesti cbe altri ragazzi (vestiti) scarica/lo dentro carri tirati da buoi o muccbe verso l/1/(/ telloia dove l'uva vie11e
pigiata. La rappresentazione realisticanella mffiguraziolle del lavoro: lo sforzo per tirare i cam; il vino cbe esce
dalla vasca e cola11elle an/ore. Sono i fatti cbe la gente riconosceva: invece poco importa cbe i carri abbiano 111/tl
mota sola, e il tetto della tettoia non sia in prospettiva.
scardo (1084). li fondo d'oro, anche se i tanti elementi sovrapposti quasi ne an-
nullano l'importanza, riducendolo ad un riferimento cromatico; il tracciato geo-
metrico rigoroso, preoccupato di non lasciare sfuggire nulla alle regole della sim-
metria. I due girali escono da un grande cespo e formano venticinque tondi per
parte, su cinque registri. Dentro ai girali c' una variet straordinaria di fiori e frut-
ti, ma nessun essere vivente. Questi affollano invece lo spazio tra i girali: due grup-
pi di uomini e tre persone singole nel primo registro, fiori con angeli e putti nel se-
condo, svariatissimi uccelli negli altri.
In alto il cerchio che rappresenta il cielo non ha pi il colore oro del fondo dietro
ai girali, ma blu scuro con nuvole bianche e rosse; il cielo cio rappresentato co-
me un ambiente diverso e distinto: l'ambiente del dio simbolizzato al centro dal-
la mano, ma reso invece con immagini reali del cielo nuvoloso che possiamo ve-
dere dalla terra. Questo arco di cielo diviso in settori da trofei vegetali alternati
ad agnelli mistici e al di sopra si chiude con una serie di fregi decorativi.
Al centro quell'elemento che nel Battistero lateranense era un tronco lineare, a San
Clemente diventato la Croce [fig. 16a] , che esce dal cespo di canto come fosse
un tronco o un ramo della stessa pianta a cui appattengono tutti i girali; invece di
rigirarsi su s stessi i due rami centrali abbracciano con una doppia ellisse la Cro-
14
15
CtlPlTOLO l l LA CONTINUITA DI UNA IMMAGI NE TRA SWBOLO E NATURA, TRA SECOU E C/ I'ILTA: l "GTRALI"
101
fig. 14. Roma, Latera no. Battistero, nartece, abside destro (cappella dei Ss. Cipriano e Giustina). Realizzato durante
il papato di Sisto lll ( 432-440) 11110 degli esempi p integrali di 11so di 1111 girale come unica decorazione, senza
alcrma altra immagine.
fig. 15. \femna, San Zeno. Porta bronzea secolo XI, formella X \l del battente se/fentrio11ale: le pie do!/1/e e il
sepolcro di Cristo si affaccitlno da una rtricata massa di girali cbe costituisce tutta la scena.
ce. Questa piena di colombe bian-
che che escono dall' acanto in cui
piantata la Croce, proporzional-
mente assai ridotta: non la figu-
ra centrale dominante della tradi-
zione bizantina. li Cristo nell'i-
conografia non sofferente ed ap-
poggiato su una tavoletta-cuscino
d'oro, mentre ai lati Maria e Gio-
vanni hanno i piedi su un prato ver-
de che si stacca con eccezionale sfu-
matura dal lontano oro: sono qui,
sulla terra. E qui sulla terra sono
tutte le persone intente ai mestieri
agricoli, raffigurate con una chia-
rezza presente anche in tanti altri
mosaici a Roma, a Ravenna, a Fi-
renze, a Palermo ... Ma a San Cl e-
102 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZIONE DI UN ; L\IBIENTE PROFANO
fig. 16. Roma, San Clemente. Abside (inizio XJT secolo). forse la pii illlegrnle e completa decorazione di un'abside con
il motivo del gale. ll/ondo d'oro, anche se i tanti elementi sovrapposti quasi ne awmllauo l'importanza, riducendo/o
a 1111 riferimento cromatico; il tracciato geometrico rigoroso, preoccupato di IlO!! lasciare sfuggire nulla alle regole della
simmetria. l due gwli escono da 1111 grande cespo e formano venticiique tondi per parte, su c1que registri. Tu basso i
quattro fiumi dell'Eden esco110 dal cespo di acanto e fomiti/lO il bordo inferiore di tutta la composizione. All'in temo dei
gimli ci souo solo /i01'i o/rutti o altre muagini tenmiwli del girale stesso. 7a gli uni e gli altri c' wece una
stmordinaria ricchezza difigure.
mente il discorso assoluto: l'espressione religiosa si esprime attraverso l'ambien-
te in cui raffigurata, la Croce insieme il luogo di Cristo e delle colombe tra la
terra e la mano del dio.
Nol e
1
S. Ogni bene, Umm a!-Rasas: la e/n'esa di Santo Stefano acl Umm al-Rasas ed il problema iconofo-
bico, "L'Erma" di Bretschneider, Roma 2002; M. Piccirillo, E. Alliata, Mount Nebo. New archeo-
logica! excavations 1967-1997, Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem 1998; R. e A. Ovadiah,
He!lenistic-Romalt ancl eal'l)' By:t.antine Mosaics Pavements in Israel, "L'Erma" di Bretschneider,
Roma 1987; Les ]ardins de l'Is!am, esposizione, Losanna 1983; L. Zangheri, B. Lorenzi, N.M. Rah-
mati , Il giardino islamico, L.S. Olschki 2006.
2
Da A. Guillou, La civilt bizantina- Oggetti e messaggio, "L'Erma" di Bretschneider, Roma 1998.
3
Mount Nebo. New arcbeological excavations 1967-1997, Studium Biblicum Franciscanum, Jeru-
salem 1998.
~ J .D. Haag, in Arcbitettura Islamica, Electa, Milano 1973.
5
In altra formella della stessa porta di San Zeno e in molti casi, in occidente e in oriente, il 'gira-
le' diventer l'Albero di Jesse con la genealogia biblica da Jesse a Ges.
6
Mosaico di San Clemente, Collegio di San Clemente, Roma 1988; San Clemente, Roma, Collegio di
San Clemente, Roma 1992; Cardinale J. Ratzinger, Immag1e di speranza, Edizioni San Paolo 2006.
CAPITOLO l l LA CONTINUl'fi DI UNA IMMAGINE TRA SIMBOLO E NATURA, TRA SECOLI E CJI'ILTA: l "GIRALI"
fig. 16a. Roma, San
Clemente. Particolare
dell'abside. Al centro del
mosaico la ma11o del
Padre sovrasta la Croce,
al ce11tro del cielo, reso
cou t/Il colore blu scuro e
nuvole rosse e azzurre.
La Croce esce dal cespo
di acanto al ce11tro della
composizioue: iu questo
ilmosaicista ba
evidentemeute
immagi11ato cbe ci sia il
nido delle colombe che
risalgono la Croce.
Provengo110 quindi dalla
terra e si incontmno in
alto, oltre la figum del
Cristo, co11 quelle cbe
sceudouo dalla 11111110
divina.
103
Capitolo 2
Il ciclo dei mesi
Accanto ai cicli proposti dai testi e dagli av-
venimenti religiosi, altri soggetti, con origini e
motivazioni differenti, sono presenti nei seco-
li che vedono lo sviluppo della ricerca del-
l'ambiente divino nel segno del cristianesimo:
dal tardo Impero alla fine del Medioevo, in oc-
cidente e in oriente.
Anzi, per questi soggetti profani la fine delle re-
ligioni classiche (definite adesso "pagane", in se-
guito appunto all'avvento della nuova religio-
ne) non rappresenta una traumatica e assoluta
chiusura, premessa alla ricerca di una forma
espressiva conispondente a nuovi e diversi va-
lori. La continuit col mondo e i modi raffigu-
rativi delle regioni dell'Impero Romano (e del-
le varie civilt in esso presenti) un fatto ormai
accertato a livello storico e di cui le pi signifi-
cative testimonianze sono evidenti soprattutto
in alcune regioni periferiche dell'Impero: in oc-
cidente in quell'area gallo-romana che fu la
'Provincia' (e poi la 'Provenza'); in oriente tra
Siria e Gerusalemme e da qui a Costantinopo-
li, nei Balcani, nell'Europa orientale dove l'ela-
bmazione dei modelli ' bizantini' si prolung per
almeno un millennio.
Tra i cicli profani di lunga durata, due hanno
una posizione di grande rilievo e suggerisco-
no un loro specifico ambiente. Possiamo ge-
nericamente intitolarli:
- "Ciclo dei mesi".
- "Ciclo della corte feudale" (vedi capitolo se-
guente).
Questi cicli non sono rigidamente separati;
spesso anzi la raffigurazione dei mesi accom-
pagna le scene della vita di corte, mentre al-
I SIMBOLI DEI lVIESI
AL TEMPO
DI CARLO MAGNO
interessante leggere nella Vita
Karoli (biografia di Carlo Magno,
databile dopo 1'830, attribuita
tradizionalmente al monaco Egi-
nardo, ma di cui pi probabile
autore Notker I detto Balbulo,
San Gallo 840-912) i riferimenti
iconografici suggeriti appunto
per i vari mesi:
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
mese d'inverno
mese del fango
mese di primavera
mese di pasqua
mese di gioia
mese di aratura
mese del fieno
mese della mietitura
mese ventoso
mese di vendemmia
mese d'autmmo
mese santo
Tre mesi sono intitolati alle sta-
gioni (gennaio, marzo, novem-
bre): manca l'estate i cui mesi
sono tutti occupati da lavori
agricoli. I lavori agricoli occu-
pano quattro mesi (giugno, lu-
glio, agosto e ottobre) . Ricor-
renze religiose occupano due
mesi (aprile e dicembre) riven-
dicando la prevalenza di pasqua
e natale su qualsiasi altra attivi-
t in quei due mesi. Fatti me-
teorologici sono la prerogativa
di altri due mesi (febbraio e set-
tembre), mentre il mese di mag-
gio dedicato alla gioia.
CAPITOLO 2 1 IL CICLO DEI MESI
tre raffigurazioni possono accompagnare e decorare
qualsiasi serie di sculture o pitture, come i segni del-
lo Zodiaco, gli Zoomorfi, i mostri, altre figure allego-
riche. Ma soprattutto le tecniche, i modi, i colori, i ti-
pi di immagini si ritrovano ugualmente in un ciclo o
in un altro. Frequentemente inoltre questi cicli, che
abbiamo definito ' profani', sono scolpiti o dipinti sul-
le facciate o all'interno di edifici religiosi, dove af-
fiancano soggetti ' divini' [fig. 1].
Tra tutti questi soggetti quello dedicato ai mesi dei-
l' anno forse il pi diffuso e popolare, presente in
tanti paesi, per lunghissimi periodi.
Esso prende origine da narrazioni mitologiche- pres-
so molte religioni- e si collega al tentativo di spiega-
re contemporaneamente il succedersi delle stagioni
(cio il mutare del sorgere e del tramontare del sole)
con la regolare ripetizione delle fasi della luna.
Questi fatti danno vita da una parte alle ricerche astro-
nomiche e alla invenzione e raffigurazione dei calenda-
ri e dall' altra determinano e guidano il lavoro agricolo,
cio il lavoro di base per l' umanit durante millenni.
al lavoro agricolo che le raffigurazioni dei mesi sono
strettamente collegate, tanto che potremmo chiamare
questo ciclo anche "Ciclo dei lavori", invece che dei me-
si (anche se meglio riferirsi ai mesi perch - come ve-
dremo - non sempre tutti i mesi sono raffigurati da un
lavoro). Possiamo risalire a miti e a testi religiosi del mon-
do classico e di quello biblico e se c' anzi un argomento
in cui la continuit tra le raffigurazioni ' pagane' e quel-
le del cristianesimo pi consistente e di lunga durata
proprio quello del lavoro. Nella mitologia greca il la-
voro legato agli dei: Demetra che fa nascere le mes-
si, Vulcano che lavora alla forgia. Sopratutto inte-
ressante Ercole: le sue "fatiche" sono la trasformazione
da fatto soprannaturale in lavoro umano della caccia (leo-
ne di Nemea, cinghiale dell'Erimanto, cerva di Cerina,
uccelli dello Stinfalo), della pesca (idra di Lerna), del-
fig. 1. Parma, Battistero. Beuedetto Ante/ami (circa 1150-1230), portale
occidentale, stipite destro: Allegoria della parabola della vigna, Matteo 20, 1-
16. La vigna raffigurata co11 selle sceue racchiu.re dentro mw serie di girali
co11 grappoli d'uva (vedi parte II cap. 1): Dio istmce vari contadini. Dio
sempre !Iella zo11a pi alta, me11tre gli uomi11i in fila (uno, due, 11ella sce11a
terminale in alto sette) si piegano per occupare le zo11e pi basse. Dio 1111a
figura barbuta sempre p grande degli IIO!Itu; questi ha1mo spesso i11 ma11o o
sulla spalla gli strume11ti di lavoro.
105
106 PARTE SECONDA L'AUTONOMA RAPPRESENTAZIONE D/ UN AMBIENTE PROFANO
l'allevamento del bestiame (stalle di Augia, toro di Creta, cavalle di Diomede, buoi
di Gerione) dell'agricoltura (cane Cerbero, pomi delle Esperidi)
1
Nella Bibbia in-
vece il lavoro presentato come una maledizione, conseguenza di una confusa con-
danna: solo perch cacciati dal Paradiso Terrestre che Adamo e i suoi discendenti
lavoreranno ed Eva e le sue discendenti partoriranno con dolore. Questa conce-
zione religiosa si perde comunque nei secoli e nei millenni o resta all'interno di pi
ampi cicli celebrativi di dei e di santi.
In altri casi i mesi sono raffigurati da una figura intera: un uomo o - pi rara-
mente- una donna, intenti ad effettuare i lavori o partecipare alle feste di quel
mese o perlomeno ad alludervi. Queste figure servono quasi sempre solo come
supporto per i simboli specifici di quel mese ed da questi che derivano i gesti,
la posizione, il vestito ecc. Spesso anzi c' una esaltazione di scala per i falcetti,
le roncole, le vanghe, le spighe, i grappoli e quant'altro rappresenta il lavoro as-
sunto come "logos" di quel mese: questo ambiente di lavoro che definisce il
personaggio e le sue caratteristiche, anche se a prevalere figurativamente sar
sempre l'armonia della composizione (per cui i buoi, i cavalli, il tino del vino,
gli alberi saranno fuori scala in riduzione anzich in aumento in base alla loro
funzione espressiva e non alla loro realt fisica).
I collegamenti tra la lista collegata a Carlo Magno (vedi pag. 104) e le pi cor-
renti rappresentazioni dei mesi sono immediatamente riscontrabili grazie ai la-
vori agricoli: aratura, fienagione, mietitura e vendemmia sono temi obbligati e
corrispondono ai quattro pi pesanti e determinanti momenti dell'anno rura-
le; potremo trovare degli spostamenti a seconda della latitudine con anticipi o
avanzamenti (in particolare in certi casi sar indicata l'aratura autunnale inve-
ce di quella primaverile). Gli altri mesi della lista possono suggerire delle raf-
figurazioni simboliche (le stagioni), dei richiami a momenti religiosi (Pasqua,
Natale), oppure rimandare a situazioni meteorologiche con diretta influenza
sui lavori agricoli (fango e vento). L'abbinamento maggio-gioia lascia spazio al-
la nostra fantasia; all'inizio del XII secolo Walther von der Vogelweide cante-
r la festa di maggio celebrata da tutti gli uomini che chiedono gioia, cantano
e ballano (vedi parte II, cap. 3) e nel repertorio popolare toscano il "Cantar
maggio" ancora oggi una festa in giro per i campi appena terminati i lavori
primaverili
2

Guardiamo qualcuna delle infinite serie di mesi scolpiti o raffigurati a mosaico o
ad affresco su cattedrali, chiese, battisteri, palazzi, o miniati su codici o comunque
abitualmente rappresentati durante i tanti secoli che vanno dagli ultimi anni del-
l'Impero Romano alle trasformazioni della societ alla fine del Medioevo.
Occorre notare che il ciclo dei mesi in genere collocato in posizioni impor-
tanti, ma raramente al centro delle raffigurazioni di cui fa parte. La colloca-
zione pi frequente all'esterno, sugli stipiti e sugli archi scolpiti dei portali
delle cattedrali o dei battisteri dove forma una successione di figure analoghe
per soggetto, dimensioni, disposizione, tipo di scultura ecc. Spesso il ciclo dei
mesi si accompagna ad altri cicli come quello dello Zodiaco o affiancati in due
file parallele, o sistemati nello stesso modo a decorare due portali d'ingresso
CAPITOLO 2 /L CICLO DEl MESI 107
fig. 2. ''erbania- PallanZtl, Chiesa di San Remigio,
XII secolo. I.: abside affrescato con Cristo (seduto)
al celllro e i dodici apostoli in tomo (in piedi).
Poich al centm geometrico c' una finestra, Cristo
spostato e l'artista ha dovuto stringere gli apostoli,
sovrapponendo addirittura i loro piedi. Sotto gli
apostoli sono raffigurati i mesi: 11011 sappiamo se ci
fosse una relazione specifica tra mese e apostolo.
diversi, o anche uniti insieme nel-
lo stesso complesso scultoreo
[fi'g. 1]. Questi accostamenti e la
disposizione a fianco dei portali
sembrano accentuare il valore de-
corativo, anche perch le varie fi-
gure sono quasi sempre racchiuse
tra decorazioni geometriche o flo-
reali che le uniscono insieme e ne
sottolineano la serialit.
Tra i rari esempi di collocazione dei mesi al centro delle raffigurazioni e in imme-
diato rapporto con il soggetto principale ci sono alcuni casi in chiese romaniche
in Piemonte e Lombardia.
Gli affreschi nell' abside centrale della chiesa di San Remigio a Pallanza (secolo
XII, dedicata a Remigio, personalit della corte carolingia nel IX secolo) [fig. 2]
comprendono due fasce sovrapposte: nella superiore e pi grande sono allinea-
ti i dodici apostoli attorno a Cristo in trono (e la loro disposizione di partico-
lare interesse: al centro infatti c' una delle due finestre dell'abside che ha ob-
bligato a spostare Cristo fuori del centro: sei apostoli lo affiancano sulla sua de-
stra mentre sulla sua sinistra la finestra centrale lo separa da altri quattro apo-
stoli e gli ultimi due sono ancora al di l di un' altra finestra). Nella fascia infe-
riore sono raffigurati i mesi, immediatamente accostati a Cristo e agli apostoli e
proposti ai fedeli ad altezza d'occhio, proprio tutto intorno all'altare. Sono pur-
troppo assai rovinati, ma si legge che rappresentavano i lavori agricoli e forse at-
tivit ad essi connesse da parte dei signori; non sappiamo invece ricostruire l'e-
ventuale parallelismo con gli apostoli, anche perch la striscia dei mesi conti-
nuava sotto le finestre.
Uno dei cicli di massimo interesse quello scolpito da Benedetto Antelami (1150
ca.-1230 ca.) nel Battistero di Parma: non aveva uno scopo solamente decorativo,
come tanti altri cicli, ma fu concepito e realizzato con un ruolo importante, se non
principale, nell'insieme dell'interno del Battistero [fig. 3]
3
. .
La letteratura sul cantiere di Benedetto Antelami vastissima e tra i problemi su
cui si continua a studiare e dibattere ci sono anche (e forse soprattutto) i mesi.
I dodici mesi erano infatti scolpiti assieme alle quattro stagioni in quindici bloc-
chi marmorei di uguale dimensione originaria e una statua a tutto tondo (gen-
naio). Perch il vecchio che rappresenta gennaio, seduto dignitosamente su una
sedia curule ornata da leoni, rivestito di manto e tunica, con due teste barbute
108 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZI ONE DI UN AMBI ENTE PROFANO
f ig. 3. Parma, Battistero. Le statue dei mesi e delle stagioni so11o collocate nel primo loggiato.
erano sedici (dodici mesi e quattro stagioni), ma ne sono rimaste quattordict;- 1 alcune mancano i segni zodiaco/i
cbe le complt:tavano solto e sopra. Qui souo rappresentate le tre statue di una delle logge. A sinistra 1111 bolla io
balte 1 cerchi per preparare la bolle per il vino; a destra c' la vendemmia e al di solto il segno della Bilancia. Al
centro llll llll/ es/oso signore pit grande e imponente delle altre figure, C0/11111 f oglio srotolato tra le 1/ll//Ji e dietro 1111
grande gimle; dovrebbe e.uere l'Autu11110. Al di sotto del loggiato mumto 11n riquadro col/l/l]{/ do11na che raccoglie
frutti; pit largo dei gruppi dei mesi e qui11di dovrebbe essere stato originariamente da un'altra parte.
(l'anno vecchio e l'anno nuovo? Immagine ricorrente anche se non molto diffu-
sa: la ritroveremo nel libro Les trs Ricbes Heures di J ean de Berry, fine XIV-ini-
zio XV secolo) del tutto diverso dalle altre stagioni e mesi per dimensioni, ti-
po della scultura, appartenenza ad un ambiente autorevole e solenne? Perch es-
sendo a tutto tondo con una faccia dietro collocato come le altre sculture in
modo che lo si vede solo di fronte? Perch le sculture sono collocate nel primo
loggiato dove sono viste da molti metri pi in basso, mentre sono scolpite sen-
za deformazioni prospettiche e con uguale rifinitura anche nelle parti pi basse,
come per essere appunto viste a distanza molto minore (mentre Antelami cono-
sceva bene le leggi della prospettiva-scultorea)?
A parte questi e tanti altri problemi che notoriamente accompagnano la nostra
conoscenza del Battistero di Parma, l'ambiente del ciclo dei mesi descritto esclu-
sivamente attraverso il lavoro e l'eventuale oggetto di questo. I riferimenti al-
l'ambiente sono minimi, ma precisi : solo un accenno ai prodotti dei campi o agli
strumenti di lavoro bastava per evocare tutto quel tipo di lavoro, il tempo, il cli-
ma e le condizioni della campagna coltivata.
Nelle altre chiese ed edifici con rappresentazioni dei mesi i soggetti prescelti non
CAPITOLO 2 l I L CfCLO DEI MESI
sono molto dissimili: a volte sono
l'occasione per opere di grande va-
lore. Cos sul portale della Pieve di
Santa Maria e Donato ad Arezzo,
l' arcata della porta principale [figg.
4a, 4b] stata scolpita nel XIII se-
colo con una serie di figure disposte
secondo una originale rega, sia per
ogni singolo mese, sia nella loro suc-
cessione a spirale. Le figure sono vi-
vacemente colorate.
Quando il ciclo dei mesi non rea-
lizzato con sculture, ma con rap-
presentazioni pittoriche che occu-
pano interi saloni, il soggetto an-
cora il lavoro, ma non stilizzato nel
gesto di un solo personaggio, bens
composto con pi episodi che de-
scrivono le fasi successive con ric-
chezza di personaggi e con precise
indicazioni degli ambienti.
Un esempio sono gli affreschi nella
Torre dell' Aquila nel Castello del
Buonconsiglio a Trento. Tra il1390
e il 1407, il principe-vescovo Gior-
gio di Lichtenstein fa affrescare da un
pittore boemo di nome Venceslao, le
pareti della stanza interna alla Torre
con una serie continua di scene in cui
una moltitudine di figure compie i la-
vori agricoli corrispondenti ai dodi-
ci mesi, introdotti al di sopra da un
sole splendente accompagnato dal
nome del mese [figg. 5a-5j]. L' am-
biente qui non pi accennato da un
riferimento simbolico, ma descritto
con ricchezza di episodi e particola-
ri. Le montagne sono assai stilizzate
nello sfondo, ma su di esse i molti al-
beri fanno gi realisticamente parte
della scena: a dicembre cinque bo-
scaioli li stanno tagliando, legando in
fasci e montando su un carro [fig.
5e] . La scena di settembre tutta at-
109
figg. 4a-4b. Arezzo, Pieve di Santa Maria e Donato, XIII
secolo. Arco sopra t1 portale centrale. I mesi sono raffigurati
da statue colorate raggruppate tre per tre.
f ig. 4a. I11 basso: Marzo (1111 signore coronato sumltlt/1/a
tromba), Febbraio (un uomo co11 falcetto si appresta
probabilmente a potare un albero), Gennaio (un uomo
barbuto bifronte- ci seri/lo ancbe ne/titolo in latino-
COlli/Il ' anfora aperta in mano; si sta forse avviando verso 1111
ti11o; dietro 1111 a/faccapmmi COli 111/fl sciarpa arrotolata?). In
alto: Ouobre (zm 1/0//JO semina), Novembre (tm uomo
raccoglie rape o zucche da 1111 cespo), Dicembre (i111111
edificio con tre colonne un uw11o ammazza il maiale).
fig. 4b. In basso: Giugno (un uomo - mutilo delle braccia-
forse miete o prepam dei covoni), Maggio (un 1101110 a
cavallo), Aprile (t m llomo con un f iore- o un falcone?). In
alto: Luglio (1111 1101110 mutilo al braccio destro- compie
un'operazione ritenuta la battitura del grano; un sacco
appeso a/ muro?), Agosto (mruomo con un grosso mazzuolo
batte una botte, dietro un albero), Settembre (un uomo
raccoglie l'uva e la melle in t/11 cesto).
4a
4b
110 PARTC SECONDA l L'AUTONOMI! RAPPRESEN1ilZIONE DI UN A .HBI ENTE PROFANO
.. 5n. Trento, Buonconsig/io. Torre dell'Aquila (1390-1407). Mese di Giugno: La fienagione. In alto n
.1:11mtra tre contnduu /a!CJano 1111 prato; a destra tre contadini e 111/fl contadina rastrellano il fimo. Le falci (a
angolata a met manico e a semplice maniglia per pressio11e all'estremit) rappresenttulo 111/IIIOde//o
dmfl!mcamente perfetto, tmcora oggi l/Jato litutte le valli anche la presenza tra cbi rastrella di una donna
tesl!loni la frequenza questo lavoro era affidato appunto alle donne (vedi ancbe pp. 271, ss., La/ienagiolle
d1 Bmege/) .. Nella parte m/enore del/n parete le scene genencamente riferite alla vita di corte sono separate dalla
parte superiOre da 1111 piccolo lago con 11/UI barca.
traversata da linee parallele che rappresentano i solchi per la semina, aperti da un
aratro tirato da due mucche e due cavalli (cos doveva avvenire evidentemente nel-
le valli trentine); e il passo delle due coppie di animali diverso corrispondendo
ai cavalli un'andatura pi tesa e ai buoi uno sforzo pi pesante [fig. Jc]. Sono uo-
mini e donne nel mese di ottobre a rendere con gesti diversi lo sforzo richiesto
vari lavori della vendemmia; da quello gentile delle dame che tra le vigne si
divertono a raccogliere qualche grappolo, allo sforzo dei ragazzi che girano il tor-
CAPITOLO 2 l I L CICLO DHI MESI 111
fig. 5b. J-euto, Castello del Buonconsiglio. Torre dell'Aquila (1390-1407). \tiese di Luglio: La mietitura. Il mmpo
in cui i contadini sta11110 mietendo e /onnamlo i fustelli chiuso da 111/fl s/accionaltl formala con canne e paglia
incrociate: presenti anche !lllolti altri dipinti indimno che era un tipo usato per proteggere le messi mature da
animali (p 121, figg. 2, 3, volta di Sant'Antonio di Ranverso e p. 270, La mietitura di Bmege/); al centro i fustelli
sono stati caricati su carri e avviati verso l'aia. La scena tli corte 1 basso limitata a poche figure in1111 giardino,
davanti alle mura di u1z castello.
chio, disegnato con una precisione tecnica da progetto esecutivo [fig. Jd].
I mesi non sono pi un richiamo simbolico: sono anzi l' occasione per rappre-
sentare la vita completa e complessa di tutti i giorni, il titolo di una ricca sce-
nografia. Il riferimento al calendario pu diventare lo sfondo per avvenimen-
ti specifi ci, per anniversari e il mese essere solo un riferimento, accanto ai se-
gni dello Zodiaco, per avvenimenti che ritroveremo nel capitolo successivo
Ciclo della corte. Nella parte inferiore di ogni parete c' a Trento una scena dt
112
fig. 5c. Trento, Castello
del Buoncomiglio.
Torre dell'Aquila
(1390-1407).
Mese di Sellembre. Il
suggello l'aratura:
111/tl coppia di cavalli e
t/liti coppia di mucche
tirano, con andatura
diversa, 1111 carrello con
l'aratro; llllliO!llO guida
gli animali e 1111 altro
spinge il vomere. La
scena domi11ata dal
motivo geometrico dei
solchi paralleli cbe l/liti
contadina pareggia co11
la zappa. l11 basso: tma
scena di caccift.
PARTE SECONDA / L'AUTONOMA RAPPRESENTAZIONE DI UN AMBIENTE PROFANO
corte, come troveremo in molti castelli e palazzi (vedi nel capitolo successivo
il casino di Schifanoia a Ferrara), Il mondo che le grandi famiglie principesche
(i Lichtenstein erano padroni delle terre dalle Alpi alla Boemia) vogliono rap-
presentare per s e per i loro ospiti, ha la ricchezza come soggetto principale
ben ostentato: una ricchezza fatta di lavoro e di ozio, di prodotti della terra,
di natura rigogliosa e rappresentata dalle migliori scuole pittoriche.
A Trento alla corte del Principe di Lichtestein lavora Venceslao, venuto dalla
Boemia. In quegli stessi anni (subito prima del1416) i fratelli Poi, Jean e Her-
man de Limbourg illustrano con miniature Les Trs Ricbes Heures del duca Jean
Cill' lTOLO 2 / IL CICLO DEI MESI 113
fig. 5d. 1ento, Castello
del 13uonconsiglio. Torre
dell'Aquila (1390-1407).
lvlese di 01/obre: La
vendemmia. La scma
della vendemmia
presenta 1111 ciclo
lavorativo completo.
divisa in due parti: a
destra la raccolta
dell'uva, a si11istra la
pigiatm-n. Sono le donne
cbe mccolgo11o l'uva; poi
1111 ragazzo lungo 1111
sentiero celllrale che
divide la vig11a, la
t m sporta de11tro 1111a
"bre11ta", appoggia11dosi a
1111 bastone. A s1irtra 1111
altro uomo versa la sua
"bre11ta" de/l/l'O n l/11 tino
dove l'11va viene rigirata e
schiacciata; la stessa
opemzione avviene subito
dietro in1111 secondo tino,
dove 11110 donna n
scaricare l'uva da 1111
mnstcllo. In/1e sol/o 11110
telloia c' 1t torchio di cui
flue uomini/an/lo girare
la vite senza /in e che
abbassa il braccio
premendo mlle macine;
dava11ti esce il vino. I
del/agli degli episodi
della Torre dell'Aquila a
Tre11to so11o sempre
raffigllrati co11 assoluta
esallezza. La sce11a di
corte qui limitata
all'a11golo inferiore destro
e sono le dame cbe si
divertono a ve11demmiare
anche loro: In vendemmia
sempre stata Wl
momento di npertum e
partecipazione.
de Berry (1340-1416, Muse Cond, Chantilly, vedi anche parte III cap. 3). Era-
no nati dopo il 1385 a Nimega e si erano trasferiti a Parigi alla corte di Philip-
pe de Berry, duca di Borgogna, Alla sua morte nel1404 passano al servizio del
fratello Jean de Berry; muoiono nel febbraio 1416 di peste. Tra le loro eccezio-
nali miniature spiccano quelle di Les Trs Riches Heures, 1413 -1416 (non com-
pletate e montate solo pi tardi con la partecipazione di altri artisti: Berthlemy
d'Eyck, Jean Colombe: sarebbero sicuramente dei Limbourg 60-70 miniature) .
L'opera comprende tra l'altro un calendario con i dodici mesi, ritenuto una del-
le espressioni pi alte del Gotico internazionale.
114 PARTE SECOND; l l L';lUTONOMA RAPPRESENTAZIONE DI UN tlh!BIENTE PROFANO
fig. 5e. Iiento, Castello del
Buoi/consiglio. Torre deli'Jlqwla
(1390- 1407). Mese di Dicembre: La
mccolta della legna. Cinque uomini
stmmo tagliando 1111 bosco; dal terreno
sporgono i tronchi tagliati ;1 sinistra
due boscaioli tagliano 1111 rdbero a colpi
di accetta. Un altro boscaiolo sta
accatasfa!ulo i tronchi gi tagliati; una
catasta gi formata e legata trascinata
in pr11o piallo. Infine a destm w1
boscaiolo sta legando la legna su un
carro a quattro mole, pronto a portare
il carro co11 i lmncbi de11/1'0 la citt,
Cifa da doppie 11111/'tl e un fossato che
rdimenta un mulino. la desaizione
completa di un ciclo di lavoro.
Il soggetto dei vari mesi
la Francia agli inizi del XV
secolo: un ritratto esattis-
simo dei luoghi con i con-
tadini e i signori, distinti
negli abiti e negli atteg-
giamenti (i primi lavorano
sempre, i secondi mai) ri-
presi nell'ambiente reale,
di cui nessun elemento de-
ve essere trascurato. Ci
che caratterizza l'opera
dei fratelli de Limbourg
proprio che persone e co-
se sono comunque indi-
spensabili per creare e ca-
ratterizzare l' ambiente ed
questo a costituire insie-
me la scena e i personag-
gi, formando dei quadri completi, precisissimi nei dettagli e nell' insieme
4

Tutti i mesi sono sormontati dal cielo stellato con i segni dello Zodiaco racchiu-
si dentro semicerchi. Esaminiamone qualcuno (tra quelli sicuramente dei de Lim-
bourg).
L'anno comincia con un grande pranzo di Capodanno in cui il duca, il vescovo
altri dignitari (tutti uomini) siedono attorno a una tavola imbandita: si
studiare quali cibi mangiano e quali vini vengono versati da coppe e boccali.
Aprile [fig. 6a]: siamo davanti a uno dei castelli dei Berry quello di Dourdan con
il borgo a destra; davanti c' un lago con delle barche, piantate, un A
orto recintato con allineate coltivazioni. In primo piano quattro persone
m p1ed1 e tre che raccolgono fiori. Probabilmente un fidanzamento: tra J ean de
Bourbon et Marie de Berry nel1400, o tra Charles d'Orleans e Bonne d'Armagnac
CAPITOLO 2 l IL CICLO DEI MESI 115
fig. 5/ Iiento, Castello del
Buonconsiglio. Torre
dell'Aquila (1390-1407).
Mese di Febbraio: La
neve. In tomo alle mura
del castello la neve ha
imbiancato H terre110: le
dame e i cavalieri si tirano
palle di neve. Sulla destra
due contadini con i cani
cercano qualche animale
da cacciare. Dentro alle
m ma del castello
(circondato da 1111 fossato)
l'atmosfera sembra essere
gi primaverile: ci sono
piante sempreverdi, la
neve caduta dai tetti,
l'uomo che apre la poi'! a
sembra in abiti pi leggeri.
nel 1410. I vestiti sono perfetti: sembrano pronti per una sfilata di altissima moda.
Giugno [fig. 6b]: dominato dalla Cit e davanti sono rimasti sotto il sole solo
i contadini: gli uomini falciano, le donne rastrellano.
Luglio [fig. 6c]: due contadini tosano le pecore e altri falciano un campo di gra-
no dentro cui si distinguono papaveri e altri fiori; intorno file di salici potati; al
di l di un fiume si accede attraverso un ponte di legno coperto a uno dei gran-
di castelli dei Berry: quello di Poitiers.
Agosto [fig. 6d]: il duca e i suoi amici cavalcano in vista del castello di Etampes,
per andare alla caccia col falcone: davanti alle mura del castello dei contadini
mietono (probabilmente un secondo raccolto per mangime), caricano su un car-
ro e alcuni fanno il bagno. Chi sotto l'acqua dipinto in grigio (tutto o in par-

116 PARTE SECONDA / L'AUTONO.IIA RAPPRES/iNTAZIONE DI UN ; L\JBIENTE PROFANO
fig. 6a. Frres de Limburg, "Les Trs ricbes heures" del
duca de l3eny (1413-1416). Cbautill.J\ Muse Cond.
In Apnle, elegantissime dame cb1ccbierano col duca
di Berry sui prati in tomo al castello di Dourda11. Due
donne, di cui 1/1/(/ conu11 interminabile strascico rosso,
colgono fiori. Davanti al castello c' 1111 lago con due
bmcbe tra cui tesa 11/Ja rete di cui i Lilllhourg banno
realiJticamente disegnato i galleggia/Ili. Altrettanto
preciso il disegno del borgo accanto al castello e
dell'orto recintato sulla destra: c' una vite a spalliera
co!Jiro il muro, dei riquadri tra alberi e fiori (siamo in
aprile) e una staccionata co11 cam1c incrociate.
fig. 6b. Frres de L11burg, "Les Trs ricbes beures" del
duca de Ben) (1413-1416). Cbamill)\ Muse Coud.
A Giugno il duca e la sua corte banno ceduto Il posto ai
contadini: tre uomini falciano e due donne mstrellauo il
fieno e lo raggmppauo in covo11. Anche qui si 11oti il
realismo: tra l'area falciata da 1111 coutad10 e l'adiacente
resta1ma sfiCa di erba alta, come avviene l realt. Lt1
differenza tra l'erba tagliata e 11011, resa con due verdi
diversi. Il campo lmitllo da una fila di alberi lungo 1111
canale; al di l le !lttna della Cit di Parigi. I teti i sono
blu, (salvo due torri rosse); per sepamrli dal blu del cielo,
untbiarore sottol1ea l'orizzollle.
te) mentre chi fuori o sta uscendo color carne nella parti fuori dell'acqua.
Anche nelle tantissime miniature non riferite ai singoli mesi - accanto alle tra-
dizionali scene teligiose - sono molte quelle che descrivono la Francia e i fran-
cesi all'inizio del Cinquecento, imitando anche per i Magi, la Madonna o Ges,
gli abiti e i modi dei contemporanei; non dimenticando mai che pu nevicare,
che c' la legna da tagliare, che le pecore vanno ricoverate sotto una tettoia, che
se fa freddo donne e uomini si riscaldano attorno a un camino, e che attorno al
nostro mondo e alla vita di ricchi e poveri, gli alberi fanno frutti e poi perdono
le foglie e gli uccelli volano e cercano cibo.
La tecnica della miniatura permette una precisione quasi fotografica per cui
ogni parte delle scene si presenta come una scena completa senza momenti di
maggiore o minore importanza. L'opera dei de Limbourg una delle pi im-
CAPITOLO 2 / I L CICLO DU ,\/CSI
f ig. 6c. Frres de Limburg, "Les 1es ricbes beures" del
duca de Berry (1413-1416). ChautilfJ\ Muse Cond.
Anche a Luglio SO/lO i contadini a occupare la scena:
tosano le pecore, mietono il grano: tra le messi i
Limbourg banno dipinto i papaveri rossi e blu. Si noli
la differenza degli abiti e degli stmmenti a seconda del
lavoro.
Il luogo descrillo col! precisione: siamo davanti al
castello di Poitiers incaiSato tra due montagne e
circo!!dato da zm fossato, alimentato da/torrente che
scorre dai campi in primo piano. Al castello si accede
da Wl ponte in legno.
117
fig. 6d. Frres de LriNburg, "Les 1es ricbes beures" del
duca de Berry (1413-1416). Cbantill)\ Muse Coud. In
Agosto dame e cavalieri tomano in scena davanti al
castello di ancbe qui c' un torrente 1 cui
alami uomini /anno il bagno, dopo essersi spogliati e aver
lasciato sulla riva il vestito blu. Nelle terre i11tomo al
castello si raccolgono ancora delle messi che vengono
mggmppate in fustelli e poi raccolte ttm carro a qua/11'0
mole, tirato da due ai/lla!t: Una delle donne siede
all'tlllltiZZOIIe i groppa allo stesso awtlllo del cavaliere
che ha in mano Wl falcone per la caccia (come gli altri
cavalieri). Il guardiacaccia che precede a piedi i cavalieri
ba intttano due falconi e una lunghissima pertica.
portanti testimonianze dell'esigenza, nei primi decenni del Quatttocento, di
elevare a protagonista indispensabile, autonomo e completo quello che si chia-
mer ambiente.
Note
1
G. Calcani, Urmticbit marg;,1t1!e, "l'Erma" di Bretschneider, Roma 1993.
2
E. Powel , Medieval People, London, ed. italiana: Vita ne/medioevo, Einaudl1966; Tre cronache
medievali, Bompiani 1943; L. Mittner, Storia della letteratura tedesca, Einaudi 1977.
J C. Frugoni e altri, Il Battistero di Parma ro, FMR 1992; C. Frugoni e altri, Benedetto A nte/ami e
il Battistero di Parma, Einaudi 1995; G. Scbianchi e altri, Il Battistero eli Parma, II, Vita e pemie-
ro, Milano 1999.
4 AA.VV. Les Trs Ricbes Heures et l'enluminure en France au debut du X\1 siecle, Somogy, Parigi,
2004.
Capitolo 3
Il ciclo della corte feudale
I castelli e i palazzi costruiti e affrescati dalle grandi famiglie principesche nel
mosaico di feudi (o di stati) che costituiva l'Europa alla vigilia delle grandi tra-
sformazioni politiche del XV e XVI secolo, sono una delle pi ricche testimo-
nianze su cosa quella societ riteneva fosse il suo ambiente; e di come se ne
compiacesse con ostentazione e senza falsi pudori. Purtroppo palazzi e castelli
sono stati oggetto di distruzioni e di trasformazioni per gli usi pi svariati nei
secoli successivi, quando l' orgoglio, la sicurezza e le ricchezze di quelle grandi
famiglie non servivano pi a nulla. Leggere anzi le vicende di questi palazzi nei
cinque-sei secoli da allora ad oggi, sembra da una parte l' illustrazione del mot-
to "sic transit gloria mundi", e dall'altra la scoperta che la distruzione di tante
opere d'arte non fu opera del tempo e dell 'incuria, ma quasi sempre proprio di
quelle istituzioni che oggi consideriamo per definizione le custodi dei valori ,
storici ed artistici. Gli eserciti con tante reciproche occupazioni hanno certo la
maggiore responsabilit; ma le istituzioni civili che li seguivano non furono spes-
so da meno. Tutta la societ moderna stata ben lieta di trovare dei ' conteni-
tori' da utilizzare per i suoi nuovi ' contenuti': da Avignone dopo i papi, all' Ita-
lia dopo l'Unit.
Durante i tanti e tanto diversi secoli che raggruppiamo sotto la parola Medioe-
vo, marchesi, conti, baroni e cavalieri hanno proposto una immagine del loro
mondo e della loro vita, motivata dal desiderio di creare - per s e per i loro
sudditi innanzitutto - un quadro moralmente e culturalmente valido che faces-
se passare in secondo piano le violenze, i massacri, i saccheggi, i genocidi, le cru-
delt di cui l' epoca della 'cavalleria' fu invece ricca. Dalla fine del Duecento al-
la fine del Quattrocento, castelli e residenze principesche sorsero all'uscita del-
le valli alpine, verso la pianura del Piemonte, della Lombardia, del Veneto da
una parte e verso le terre della Savoia, di Ginevra, del Tirolo dall'altra.
Mentre l'aristocrazia affidava la rappresentazione del suo mondo alle sale dipinte
dei suoi palazzi, i poveri trovavano forme pi effimere di teatro giullaresco o di
canzoni che per sapevano influire a volte sulle ricerche di nuovi modi da par-
te delle scuole pittoriche.
Tra i pi antichi castelli sopravvissuti c' la Rocca di Angera che domina l' usci-
ta del Ticino dal Lago Maggiore, da secoli appartenente alla famiglia Borromeo,
cui fu infeudata nel 1439 dai Visconti, che ne erano padroni dal XIII secolo.
Ottone Visconti, arcivescovo di Milano dal 1262 al 1295, aveva costruito una
nuova ala della Rocca (chiamata appunto Viscontea o Ottoniana) formata al pia-.
CAPITOLO 3 l IL CICLO DELLA CORTE FEUDALE 119
no superiore da un unica grande sala (detta poi Sala di Giustizia) , originaria-
mente illuminata da quattro finestre e accessibile da una scala esterna.
La sala interamente affrescata con uno dei pi importanti "cicli di rappresen-
tazioni profane che la Pittura medievale ci abbia lasciato" (Pietro Toesca)
1
[fig. 1].
Il soggetto degli affreschi l' episodio chiave della vita di Ottone Visconti che fu
insieme condottiero e arcivescovo, grande feudatario e capo di una grande fa-
miglia, ricchissimo di terre, soldi e soldati a piedi e a cavallo. Della sua vita l'a-
nonimo pittore (indicato come 'Maestro di Angera') ritrasse la lotta contro i Del-
la Torre fino alla vittoriosa presa di Milano.
fig. 1. Jlngern, Rocca Borromeo. Sala di Giustizia. La grnnde sala formata da due volte a crociera lteramenle ricoperte
da motivi geometrici vivacemente colorati; le pareti SOl /O formate da sei campate interrotte al centro dalle finestre e dalle
porte di accesso alle adiacmti tom: si/om1ano cos dodici spazi per altrettante scene della storia di Ottone. Al di sopra
della finestra o della porta lo spazio unitario e spesso gli episodi descritti a sinistra e a destrn si riuniscono in alto, al di
sopra dell'arcbitrave, soffol1eando la successione delle varie scene e accompagnando il passaggio da tma all'altra.
120 PAIO' /, SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESEN'l l ZIONJ: DI UN AMBIENTE PROF; INO
fig. l a. Angem, Rocca
Borromeo. Sala di
Giustizia. A sinistm della
/ii1estra: Ottone parla ai
nobili milanesi. A destra:
Ingresso trionfale di Ottone
a cavallo a Milano: dietro ai
notabili a pietli; la citl
m/figumta co11 pocbi teti i e
to1'!'i. I vessilli e gli scudi dei
milanesi SOl/ O biancbi t
seg11o di sof/omissio11e a
01/one, cbe vi porr il mo
stemma. In alto: i carri del
sole e della luna, tirati da
cavalli di diversi colori.
Le scene sono piene di personaggi: le armate o il seguito di Ottone entrano sem-
pre da sinistra e si confrontano con una uguale massa di soldati (nelle prime sce-
ne) o di frati e nobili (nelle scene a Milano successive alla vittoria) . I personag-
gi sono raggruppati in modo da formare delle masse compatte che tendono a
disporsi verticalmente con straordinario effetto figurativo [fig. la].
L'esaltazione di un uomo, delle sua gesta e delle sue virt; l'ostentazione del suo
potere e l'illustrazione di come lo aveva raggiunto (e/o meritato) e soprattutto
l'insistenza sulla doppia autorit signorile e religiosa: questi i soggetti proposti,
questa la societ che si ritiene valida e migliore, questo l'ambiente che si pro-
pone esteticamente, negli ultimi anni del XIII secolo, quando l'ormai invecchiata
corte medievale ha iniziato- tra chiesa e comuni- ad assimilare usi, modi, am-
biente del modello im pedale.
Circa un secolo dopo l'opera dello sconosciuto ' Maestro di Angera', saranno i
pittori della scuola di Giacomo J aqueiro (attivo dai primi del1400, morto ante
1453) a proporci la summa del tema cortese dell ' amore nella sala baronale del
Castello della Manta presso Saluzzo (1420 circa) .
Probabilmente il maestro Jaqueiro non ha lavorato a La Manta, ma ha insegna-
to cosa si poteva intendere per ambiente in quell' inizio del XV secolo, cento an-
ni dopo Giotto, negli anni in cui il Beato Angelico dipingeva a Firenze.
J aqueiro aveva poco prima affrescato le Storie di Sant'Antonio nell'Abbazia di
Sant'Antonio di Ranverso (Avigliana, Torino). I personaggi sono indubbiamen-
te i grandi, drammatici protagonisti delle storie evangeliche: in certi casi riem-
piono totalmente lo spazio senza lasciare posto neanche per il cielo ('' Salita al
Calvario"). I monti, le rocce e anche le citt e le mura sono comparse stilizzate
ancora attribuibili ad un tardo gotico pan-europeo. Ma un terzo elemento de-
scritto in maniera precisa ed alla fine quello che resta nella memoria dello spet-
tatore: potremmo chiamarlo 'l'arredo ambientale'. "La preghiera nell'Orto de-
gli ulivi" di J aqueiro riconoscibile tra le infinite altre perch l'orto recintato,.
CAPITOLO 3 l IL CICLO DELLA CORTE l'EU DALE 121
ji'g. 2. Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso (Avigliana), 1410-1420. Jacopo.Jaquerio, nell'orto ulivi.
Accanto alla tradizionale m/figurazione degli apostoli addormentali e d1 Cmto 111 preghzera, ]aqueno ba IIISISttto a
dipingere la staccionata di cbiusum dell'orto, f on/lata colli/Ila tcai/IIIICciata intrecciata, come u.mva evidentemellfe
nelle campagne piemontesi. All'estemo della staccionata i primo piano a destra sale 1111 ramptcante, forse un'edera.
davanti e in fondo, da una palizzata di vimini intrecciato [fig. 2]. Nella Sacrestia
i troni dei quattro evangelisti enfatizzati non sono in cielo, ma appoggiati su un
terreno arido pieno di spaccature da cui escono ciuffi di erbe [fig. 3].
Nel Castello della Manta la sala principale dominata da un grande camino con lo
stemma dei Marchesi di Saluzzo e il loro curioso motto: "leit-leit" (adagio-adagio).
A destra del camino nove personaggi maschili (Ettore, Alessandro Magno, Giu-
lio Cesare, Giosu, Giuda Maccabeo, Art, Carlo Magno, Goffredo di Buglio-
ne) seguiti da nove personaggi femminili (Delfila, Sinope, Ippolita, Semiramide,
Etio p a, Lam peto, Tamiramide, T eu ca, Pantesilea) [/lg. 4] .
fig. 3. Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso (Avigliana), 1410-1420. ]acopo Jaquerio, volta con i
quaf/ro evangelisti (de/laglio). Gli evangelisti scompaiono dentro a troni moll /111/elltab. Attomo a! trom e. mt
terre11o arido, dalle cui spaccature esco11o ciuffi d'erba; a//'estrellllii dove lo spazio per dtpmgere s1 assotligba,
]aquerio ha 'sezionato' la roccia.
4
122 PARTE: SECONDA l I:tiUTONOMtl RtlPPRESE:NTtiZIONE Dl UN AMBIENTE: PROFANO
/igg. 4, 5. Saluzzo, Castello di La Ma11ta. !;ambiente i11 cui si svolgono queste due scene (I diciotto perso11aggi e la
"Fontana della giovi11e:t.za") raffigurato a !t'aperto, in mezzo ad rma natura verdeggitmte. I diciotto personaggi so11o
suu1t prato rigoglioso cbe si prolunga dietro di loro fino a terminare sullo sfondo bin1tco-neutro con la silhouette
accumta delle foglie di a/eu/te specie; t primo piano molte erbe so11o in fiore. l personnggi sono separati da alberi le
cui cbiome si uniscono i11 alto a concludere l'n/fresco con continui/ii. La descrizio11e 11011 pu 11011 ricercare una
precisione realisticn percb solo questa pu gimti/icare l'ambiente di 11110 allegra corte principesca. Ancbe se la corte
di Saluzzo era tutt'altro cbe allegra e i personaggi tutti - donne comprese- ben armnti ed esaltati nelle didascalie
con curriculn 11011 propriamente gentilescbi: "De1phile aveques sa suer/Arguie, quyfu de gmnd cuer/A !'ttide du due
d'Ateinnes/ Fist a ceu/x de Tbebes grans peines!Car 10111e la cile pillercnt! Et /es citoiens tuerent/Les mures a usi tou
abatierent/ E de puis !tt cile ardierent". [De/fila co11 la sorella Argia (definita per/or/una 'di gran cuore') apport
grandi pene ai t ebani: saccheggiarono tutta la citti, uccisero i cittadim; abbalterono le 1111/l'a, titcendiarono la ctlti].
"Tamaris la royne d es ctl es!Qui moul m n/ /ors gens e despiles/CyrtmJ roy de Perse et de Mede!Prist e ocist sans nu/
remjede,/Et des ses gens bien li. C mille/Puis mis la teste eu u11e pi!le/ De sane p/e in ne e dist ' Boy asss!Du sane
don/ oncques ne fu lasss"'. [Tamaride prese e uccise Ciro re di Persia e di Media con duecentomila dei suoi e prima
gli mise !ttlesta ltlllln pentola piena di sangue ordinandogli di bere]. Solo Teuca forse descritta tmodo pit
benevolo- anche se con 11110 slmno /t'naie- perch dopo aver/alto guerra ai Romani e averli sconfitti "tanto
accrebbe la sua bonti da vivere in castiti": "Teucba, sefonles anciens/ Regna sur !es Yri!iens/Gens de moul grani
cbevalerie!Mainte terre out en sa segnorie/Et nus Romains gmns guerres /ist!Tant qu'en maintliules descon/ist/ Et
de /an/ acmi sa bunt!Que elle vesqui e n cbastit". Quest'ultima virti 11011 sicura me/Ile nella /t'losofia della
"Fontana della giovtezza": anche qui so11o i personaggi a creare l'ambiente cbe senza alctma ombra di dubbio
quello della massna senstmltli dove giovte:t.za intesa solo come se.uo: ancbe le figure pi gentili negli abiti, 11egli
atteggiamenti, nelle espressioni ostentano in qualche dettaglio gesti piacevolissimi, ma estremamente espliciti
(tmcbe senza bisogno dei '/umetti').
CAPITOLO J l IL CICLO DELLA COR'J'Ii JliUDALE
123
A sinistra del camino una l unga scena con al centro la "Fontana della giovinez-
za" [fig. 5] : da sinistra arrivano i vecchi trasportati su carri e carretti, a destra
escono dal bagno ringiovaniti e si danno a ben esplicite scene d'amore e poi a
ca v alca te e cacce
2

Anche il pittore di La Manta non 'ritrae' i personaggi che rappresenta (che spa-
ziano dalla guerra di Troia e dalla Genesi fino a Goffredo di Buglione per gli uo-
mini e in mondi ancora pi mitici e leggendari per le donne). Il pittore si rivolge
certamente e per almeno qualche figura) a persone cui attrib.uisce
l'onore di fungere da modelli per questo eroe o per quella e roma: ma no t non
sappiamo andare oltre qualche supposizione.
Come era avvenuto per i Minnesanger un secolo prima - come vedremo-, an-
che qui c' un riferimento preciso ad un testo le.tterario che sotto i
diciotto personaggi e che tratto da una volummosa opera 111 vers1 e 111 prosa
dettata tra il 1394 e il 1396 dal marchese Tommaso di Saluzzo (1356-1416) nel
carcere di Torino: Le Chevalier Errant. Il figlio di Tommaso, Valerano (1370-
1443) ordinando poco dopo gli affreschi di La Manta volle spiegare chi fosse-
ro quei personaggi, rendendo contemporaneamente omaggio non troppo
eccezionale opera letteraria del padre. Di questo rapporto tra pr.ttu.ra e
tura una prova l'affresco che rappresenta la "Fontana della gwvmezza :.
titolo e nella ricca rappresentazione una testimonianza del nuovo modo dt m-
5
124
figg. 6, 7. Ferrara, Casino di
Scbifauoia, 1465-1 471. Sala
cosidde/la dei Mesi; la teoria delle
dame e la teoria dei cavalieri.
p,lRTE StCONDA l L'AUTONOMtl RAPPRESENTAZI ONE DI UN AMDIENT/i PROFANO
Sono passati cinquanta amti dagli
affreschi di La Jvfanla (vedi/igg. 4, 5) e
si possono riscontrare analogie e
differenze. A ncbe qui sol/o nove i
personaggifenmuilili e 1/ot!e quelli
mttscbili; le nove fanciulle sono solto
1111 portico, i nove uomini nell'eu/rata
di 1111 castello. Le donne sono
armatimine: spade, spado111; piccbe,
!ance, scudi e ostentano tale Iom stato.
Gli uonJJi banno le stesse armi e
scudi, 1/Ja le loro espressioni sembrano
meno minacciose. Cinque uomini e
cinque donne hanno la corona, gli altri
1111 cappello o 1111 velo o 1111 elmo. 6
tendere la vita e il modo
d'essere di uomini e don-
ne [fig. 5],
L'orgia della "Fontana
della giovinezza" si svolge
in un ambiente naturale
(interrotto solo dalla fon-
tana che invece un kitsch
di geometrie architettoni -
che): un grande prato mol-
to realistico, nella stessa
scala di donne e di uomi-
ni e di cavalli. Dietro, roc-
ce e alberi sono presenta-
ti diversamente dalla se- 7
quenza dei diciot to perso-
naggi: pi. stilizzato il terreno e fuori scala gli alberi che corrispondono per a
specie e tipologie forestali assai bene accennate dal ceduo al bosco fitto, all'e-
semplare isolato.
Come a Ranverso l'ambiente non uno degli elementi, complementare o prin-
cipale: ma una presenza capace di essere dove occorre e - se occorre- con mo-
di ed espressioni diversi.
Il Palazzo di Schifanoia a Ferrara (1465-1471) pu essere assunto come straor-
dinaria summa conclusiva delle tante descrizioni ed esaltazioni della vita di cor-
te, dei suoi personaggi, dei suoi luoghi, e soprattutto del principe: che era qui
l'erede della grande dinastia Estense
3
. Ma Schifanoia anche un esempio delle
vicende e delle distruzioni avvenute nei cinque secoli seguiti alla costruzione.
Scomparsi gli Estensi, dopo qualche passaggio di propriet, il palazzo diventa
CAPI TOLO 3 / JL CICLO DELLl CORTE FEUDALE
125
fig. 8. Ferram, Casw di Scbi/anoia,
1465-1471. Iia i vari lavori
mppresentali nella Sala dei mesi uno
dei pii dettagliati la potatum della
vile. Sui troncbi si vedono i segui dei
rami to!tt; mentre i qual/ro uomini al
lavoro sta/l/lo tagliando con falcetti i
rami della vile o dell'albero accanto;
l/ Il quinto contadw con 11110 robusta
accetta li spezza per preparar/i per il
camillO. Sull'e dJ/i cio li1 f ondo stata
costruita tma piccionaia di legno.
Manifattura Tabacchi; poi
lo occupa l'esercito napo-
leonico e quindi una so-
ciet francese. Passato in
uso e poi in propriet del
Comune diventa sede dell'Istituto per i sordomuti, del Liceo musicale, del La-
boratorio di igiene, infine della Universit che lo usa per i laboratori della Fa-
colt di Chimica fino al1976.
Quello che resta ci d una idea straordinaria della villa di campagna costruita da
Borso d'Este tra il 1465 e il1471, ampliando e trasformando un precedente edi-
ficio, sempre degli Estensi.
Noi oggi possiamo vedere una parte del Salone dei mesi con sette mesi su-
perstiti sulle pareti est e nord: marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto,
settembre. Pochi frammenti sulle altre pareti. Le varie scene sono state di-
pinte dai grandi maestri della scuola ferrarese: Cosm Tura (circa 1430-1495),
Francesco del Cassa (circa 1435-1478), Ercole de' Roberti (circa 1450-1496),
su un programma generale preparato dal letterato Pellegrino Prisciani (circa
1435-1518),
A ogni mese riservata una striscia verticale, al di sopra di uno zoccolo-balau-
stra ripartito da colonne. Ma nella striscia i mesi sono solo uno degli elementi.
Al centro c' una fascia con segni zodiacali; al di sopra scene ispirate alla mito-
logia greca ('' Trionfi" di Minerva, Venere, Apollo, Mercurio, Giove, Cerere, Vul-
cano), al di sotto scene della vita di Borso, della sua corte, dei suoi sudditi.
Sono le dame e i cavalieri a costituire l'ambiente della corte estense: sono una quan-
tit straordinaria, sia nelle scene in alto che in quelle in basso. I loro abiti, il loro
raggrupparsi, i loro gesti costituiscono il complesso mondo di Schifanoia. Sono sem-
pre all'aperto, o tra ruderi, o davanti ad architetture assai semplici e ridotte ad in-
dicazioni allusive (le absidi di una chiesa, le logge di un palazzo, una bottega, dei
balconi con tappeti esposti ecc.) [figg. 6, 7],
Pi affrettata la rappresentazione degli elementi naturali: i monti sono accenni
stilizzati e fantastici mentre pi accurata la raffigurazione di alberi e di giardi-
ni che generalmente contornano i personaggi e fanno cornice ai loro gruppi.
Intorno all'eleganza degli svaghi e del far-niente, di lavoro ce n' poco: a marzo,
alcune dame tessono a un telaio e cuciono (fascia superiore, accanto al carro
126 PARTE SECONDA l L'AUTONO.If,1 RAPPRESENTAZIONE DI UN IlM/l/ ENTE PROFANO
fig. 9. Ferrara, Casino di Scbi/anoia, 1465-1471. Una allegorica scena dei Trionfi; attorno al carro, grendto di persone e
arredi simbolici, ci sono molte figure cbe interpretano varie scene. Una grande qua11tit di comg,/i riempie la scena dove
lo sfondo 1111 gmnde speccbio d'acqua. Tm tante dame vestite in fondo si a/facciano le Tie Grazie, del tu/lo nude.
CAPITOLO 3 l IL CICLO DELLA COR1"E FEUDALE
fig. 10. Fermra, Casino di Scbi/anoin,
1465-1471. De/laglio del mese di Seltemhre:
Marie e Ylin so11o n !ello, solto u11o
stropicciato lenzuolo. Al lato del le/lo il vestito
di lei e In corazza di lui JIOII larcia11o dubbi sul
/atto cbe i due stanno facendo /'amore.
fig. 11. Alessa11dria, Sa11 Francesco; da
Fmgarolo (mscltl Ln Torre), feudo di
Andreino Toni, 1395-1400. Lnncelot e
GJevm, Galebot e Madame de Malobaut a
/ello, solto due coperte n zig-ZIIg e ti onde e
dietro due tende maliziosamente aperte.
trionfale di Minerva), dei con-
tadini potano una pergola di vi-
127
te (fascia inferiore) [fig. 8] ; a 10
maggio, pochi frammenti indi-
cano lavori agricoli (fascia inferiore); a giugno, delle merci vengono scaricate (fa-
scia inferiore) ; a luglio sono raffigurate alcune fasi della preparazione della ca-
napa (fascia inferiore); ad agosto vengono scaricati dei sacchi di grano (fascia su-
periore) e dei cavalli trebbiano il grano (fascia inferiore). Queste scene sono in
genere molto accurate ed esatte, ma sempre laterali rispetto ai gruppi dei corti-
giani e delle dame.
Ci sono dei nudi, ben in evidenza: le tre grazie (aprile) [fig. 9], una schiera di
bambini (maggio), Marte a letto con Ylia (settembre) con i vestiti dei due de-
posti in perfetto ordine davan-
ti al letto [fig. 1 O].
Il mondo che viene proposto ai
cortigiani degli Estensi in visi-
ta in questo casino di diverti-
menti la cornice alla descri-
zione della vita di Borso d'Este,
che non sembra davvero n
eroica, n cavalleresca, ma al-
quanto banale. Alla fine del XV
secolo questo evidentemente
offriva - e chiedeva - il mondo
signorile: il Medioevo sarebbe
finito sul calendario; pochi an-
ni dopo, il Rinascimento se ne
era gi liberato.
Non occorre attendere per gli
ultimi decenni della cronologia
ufficiale del Medioevo perch
proprio nelle pagine delle
Cbansons des gestes, tra batta-
11
128 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESEN"ti l ZIONE DI UN AM/3//:,NTE PROFANO
fig. 12. fliltbolt von Schwangen bloccalo nel/a co!! a e
col cimiero come fosse in ballaglia. Ma prende per
ma110 duefanct!le, con cui danzer al suoJJo del
violino monato dal/liti terza fanciu!!a. Questa
minitllura pu essere considerala 1111 snbolo del/a
nuova vita a cui si riferiscono i Mmesanger (e non
solo) per almeno due motivi: l. Il cavaliere ba ancora
l'armatura, ma pensa e desidera 111/tl vita diversa; 2. Il
pittore 11011 considera la camice del/a miniatura come
1111 vincolo obbligato, ma tiiiZi ne esce fuon; proprio per
sollolineare l'oggello cbe costifllisce la novit: il
violino.
glie, tornei, duelli, assedi e quant' altro,
il prode cavaliere sogner sempre la
donna amata e ci andr anche a letto.
Circa settanta anni prima di Marte ed
Ylia nel letto di Schifanoia, Lancelot e
Ginevra dormivano nudi dietro le cor-
tine maliziosamente aperte in una tor-
re a Frugarolo, feudo dei Visconti (af-
freschi adesso a San Francesco, Ales-
sandria) [fig. 11].
Il ciclo dell'amore profano aveva trovato espressione completa ed autonoma fin
dai versi di quello che considerato il primo trovatore: Guglielmo IX duca di
Aquitania (1071-1137). Ritroviamo probabilmente in Provenza, nell'area rena-
na, nell'Italia del Dolce Stil Novo antiche influenze classiche in latino, canzoni
popolari e la conoscenza della societ islamica soprattutto attraverso il califfato
di Cordoba durante gli Omayyadi (756-1031), ma anche attraverso la Sicilia. Va-
lori fino ad allora considerati ' peccato' e nascosti o contrabbandati misticamen-
te, vengono invece assunti come elementi autonomi che esaltano sentimenti or-
mai ritenuti necessari per vivere bene con se stessi e con la societ.
Innanzitutto l'amore: non per dio o per astratte e lontane virt, ma tra gli uo-
mini e le donne; e anche se saranno soprattutto gli uomini ad esprimere il desi-
derio, questo talmente accompagnato dalla venerazione verso la donna e dal-
la rassegnazione alla insoddisfazione e alla pena d' amore, da esaltare in definiti-
va di pi l'oggetto del desiderio che le motivazioni di chi desidera.
Questo nuovo atteggiamento si esprime contemporaneamente in molti campi: in
quello letterario-poetico soprattutto coincidendo con l'abbandono degli ultimi
residui del latino - ed isolando con ci indirettamente il mondo centrato sulla
chiesa cattolica - e parlando e scrivendo nelle nuove lingue. Ne una conferma
il fatto che qualsiasi testo di storia della letteratura italiana o francese o tedesca,
anche a livello scolastico, comincia proprio il capitolo sui primitivi o le origini
con gli scrittori di questo periodo. Se c' un'epoca in cui la documentazione del
nuovo ambiente avviene contemporaneamente in tutte le espressioni dell'opera-
re umano certo quella che si situa tra il XII secolo e l'inizio del XIV.
Il caso forse pi documentato quello che riguarda il bacino del Reno e insie-
CAPITOLO J l IL CICLO DELLA CORTE FEUDALE
fig. 13. \'(la/t ber von der \fogelweide (1170- 1230 circa)
forse il pi famoso dei Mmesange1: Compose negli
anni 1198-1203, selle poesie definite come ''poesie
della n a t u r a ' ~ cbe iniziano appunto co1r 111/tl
descrizione della 11t1tura con prati in fiore e uccellini
clilgue//anti a cui si aggmge lt1 descrizione dei
rapporti d'amore (e dopo il/205 comporn dieci poesie,
delle "delle fandu!!e").
"Sedevo Slllllltl roccia l accavallai le gambe, l vi
t1ppoggit1i sopra il gomito l e mila mti!Jo tiCCOIIJodai l il
melito e la guflncifl. l E pe11savo intensamente l al
modo di vivere nel mondo".
me la lingua tedesca e il mondo caval-
leresco dell'Impero.
Merito del noto "Grande manoscritto
di Heidelberg" (Heidelberg, Bibliote-
ca Universitaria, Codex Palatinus Ger-
manz'cus 848, noto anche come Mano-
scritto C e come Codice Manesse): 426
fogli con 137 miniature a piena pagi-
na (cm. 35 x 25) con insieme il ritrat-
to e le poesie dei Minnesanger, i can-
129
tori dell'amor cortese attivi tra la Svizzera settentrionale, l'Austria e la Valle del
Reno tra la prima met del XII e l'inizio del XIV secolo. Il Grande manoscritto
di Heidelberg fu realizzato a Zurigo all' inizio del XIV secolo ed una antologia
a posteriori di quanto era stato cantato e scritto nei circa centocinquanta anni
precedenti
4

Per conoscere questo nuovo ambiente si devono contemporaneamente leggere
le strofe stampate sulla pagina di destra e guardare le miniature sulla pagina di
sinistra che ne ritraggono l'autore. L' artista non conosceva ovviamente tutte le
persone che ritraeva: forse non ne aveva mai vista nessuna, o di qualcuna aveva
visto dei ritratti; quindi dalla stilizzazione degli elementi da loro cantati che ha
inventato questi personaggi, presentandoli anagraficamente con il loro stemma
e il loro nome miniati e numerati nella parte superiore di ogni pagina, ma affi-
dando il loro riconoscimento da parte del lettore all'immediato richiamo dei te-
sti letterari stampati a fronte e comunque assai noti e popolari.
Alcuni personaggi sono in ambienti interni e questi sono resi con il disegno di
alcune volte trilobate come dei baldacchini al di sopra dei Minnesanger (Kon-
rad von Wurzburg (1225/ 1230-1287) , Reinmar von Hagenau detto il Vecchio
(attivo alla corte di Vienna) , Hiltbolt von Schwangen (prima met XIII secolo)
[fig. 12]: rarissimo che questi siano soli (e se lo sono perch la solitudine
uno dei temi della loro poesia che il pittore vuole mettere in risalto: come per il
famosissimo Walther von der Vogelweide) [fig. 13]. Di solito la dama desidera-
ta e cantata li accompagna e sono queste le miniature che pi ci raccontano l'am-
biente dei trovatori tedeschi.
innanzitutto l'atteggiamento reciproco dei due che ci dice in che ambiente si
130
14
15
PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZIONE DI UN AMBIENTE PROFANO
fig. 14. Der Scbenk von Limbourg (seconda met
del XIII secolo; e sappiamo quale scuola di
miniaturisti/oSie il Limburgo) rappresentato
li1ginoccbiato davanti alla sua dama cbe gli l/teti e
l testa il cimiero COli cui egli monter sul cavallo
cbe lo al/ende: dietro a questo, 1111 albero
se1peggiante COli pocbe evidenti/aglie (forse un
/i co) serve come appoggio per due uccelli allusivi
(mi pavone e un /alca) e come sostegno alle redini
del cavallo: straordinaria raffinatezza realistica !
1111 insieme ancora tanto stilizzato da 11on
preoccuparsi nellll/lello cbe l'albero stesso arrivi
fino a terra.
fig. 15. Ko11md vo11 Altstetten rappresentato in
1111a scena d'amore con i due amtmti strettamente
abbracciati: l'ambiente coerentemente
rappresentato da un albero cm1 mormi/im'i rossi
tra giravolte di rami, mentre alcuni /imi so11o
a11com in gemmglio e 1111 falco ma11gia dalla maJw
di Konrad.
fig. 16. Henicb von Monmgen (forse morto nel
1217; avrebbe partecipato alla III Crociata e
sarebbe rimasto alu11go in Palestina) forse il pil
grande dei Mi11nesiJge1; mwo origi11ale e
profondo di \f!alter von der Vogelweide, ma pi
multi/orme e poetico; si altema11o la
spwsieratezza e la depressione, lo scberzo galante
e l'insoddisfazione: la natura assiste al desiderio ed
bella come la dom!tl desiderata.
"Ab, potr ancora rivedere l risplemlere 11ella
1/olte, l p bia11co della neve, l il bel cmpo di lei?
l I miei occhi si erano illgan11ati l bo pensato cbe
fosse l la luce chiara della Irma". l l'alba. l "Ab,
potr a11cora egli a/tendere l qui co11 me il
mattw, l senza ripetere, qua11do la notte l ci
lascia, il lamento l contro il giorno cbe sorge? l
Cosl egli/ece tristemente l l'ultlltl volta acca11to a
me". l l'alba. l "A/;, mille baci ella mi diede l
mentre dormivo, l e calde lacrime l le correva11o. l
Io la co/Isolai l finch non pianse pi! l e mi strinse
a s". l l'alba. l "Ab, qua11te volte l si perso a
co!ltemplarmi, l quando mi scoptiva l per vedere
senza velo l nude le mie braccia. l E
miracolosamente l mai se ne saziava". l l'alba.
fig. 17. Konrad von \'(/urzburg (morto a Basilea
nel1287) raffigurato mentre detta a 11110
scrivano d;e pronto a scrivere sia col/lilla
pelli/a, sia C0/11111 penuello (de/taglio).
16
CAPITOLO 3 l IL CJCLO DELLA CORTE FEUDALE 131
trovano attraverso la presentazione di ci che essi stanno 'recitando'.
La stilizzazione negli oggetti intorno ai personaggi (spesso questi sono seduti
su rocce o su letti: ma il manto erboso o le coperte sono trattate nello stesso mo-
do iconografico), ma nessuna stilizzazione invece nei personaggi, dove l'e-
spressione del volto accompagnata da quella delle mani, dall'atteggiamento,
dal rapporto con la dama o con l'insieme. tutto un nuovo mondo che - con
una esclusione totale di qualsiasi riferimento religioso imprevedibile pochi anni
prima - esplode nei Minnesanger [figg. 14-17].
Note
1
P. Toesca, La pittura e la miniatura nella Lombardia, dai pi antichi monumenti alfa met del Quat-
trocento, Milano 1912 pag. 156-170; Gregari e altri, Pittura tra il11erbano e il lago d'Orta dal Medioevo
al Settecento, Milano 1996; M. Natale, La Rocca di Angera, Silvana editoriale, Cinisello Balsamo 2000.
2
Un analogo tema era stato trattato dal ' Maestro del Trionfo della Morte' nel Camposanto di Pi-
sa (circa 1360): ne Il giardino dell'Amore sono allineati seduti uomini e donne con strumenti mu-
sicali in un bosco, su un prato fiorito.
3
R. Varese, Il Palazzo di Scbtfanoia, Bologna 1992; R. Longhi, Officina Ferrarese, ed. ampliata, Fi-
renze 1956 .
.J FMR, 1983; L. Mittner, Storia della letteratura tedesca, Einaudi Torino 1977.
17
Capitolo 4
Il racconto di una giornata: Ambrogio Lorenzetti
Un ruolo di straordinaria importanza nella ricerca e raffigurazione dell'ambien-
te ha la Sala della Pace nel Palazzo Pubblico di Siena, originariamente Sala dei
Nove: qui si riuniva infatti il governo di nove membri, popolani e mercanti, che
resse lo stato senese dal1287 al 1355. Per giudizio unanime dei contemporanei
e degli storici, fu il miglior governo di Siena e gli affreschi che decorano appunto
la sala in cui aveva sede, hanno un riferimento preciso con la conduzione della
cosa pubblica e con la vita che essa garantiva nella citt e nel territorio.
Li esegu nel1338-1339 Ambrogio Lorenzetti (attivo dal1319, morto nel1348
durante la peste che uccise anche il fratello Pietro, pi anziano di circa venti an-
ni). La Siena dei Nove, dalla fine del secolo precedente, era uno dei centri pi
importanti d'Europa per la ricerca di una qualit urbana anche formale e figu-
rativa, considerata come elemento essenziale della conduzione politica; esisteva
la carica di "Primo Pittore della citt" affidata prima a Duccio di Boninsegna,
poi a Simone Martini, infine ad Ambrogio Lorenzetti
1
.
Al 'Primo Pittore' spettavano i lavori nel Palazzo Pubblico: qui Duccio dipinse
alcuni castelli e citt conquistati da Siena (Sala del Mappamondo), Simone Mar-
tini dipinse la Maest e altri castelli assediati da Guidoriccio da Fogliano (sem-
pre nella Sala del Mappamondo). Ambrogio Lorenzetti oltre all'intera Sala dei
Nove dipinse delle Storie Romane, una Maest nella loggia all' ultimo piano, il
mappamondo murale girevole che diede il nome alla sala (tutti scomparsi).
Anche sul mappamondo erano raffigurate le terre e i castelli del dominio sene-
se che erano evidentemente il tema dominante del Palazzo e dell'immagine che
il governo voleva dare. Questa pittura dedicata alla presentazione del territorio
senese costitu quasi un genere a s: "pittura topografica"
2
Era un tema ben di-
verso dalle pale d'altare con Cristo, la Madonna, i santi su fondo oro che la scuo-
la senese produceva al massimo livello e quasi di routine: diverso il soggetto, ma
anche le dimensioni (intere pareti), le tecniche (affresco), il rapporto con i cit-
tadini sia simbolico che figurativo.
Nelle pale i grandi personaggi dominavano da soli in posizione trionfante, fos-
sero sul trono o sulla Croce: episodi e scene della loro vita o miracoli post mor-
tem, erano relegati nelle predelle, nelle zone laterali e negli sportelli, spesso nel
verso. Questi quadri di piccole dimensioni rappresentano in genere delle scene
in ambienti urbani di straordinario interesse e valore e sono ancora una volta il
collegamento tra il mondo divino e quello presente e quotidiano.
Nel grande affresco della Sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena de-
CAPITOLO 4 l IL RACCONTO DI UNA GIORNATA: J!,\/BROGIO LORENZETTI 133
dicato a Guidoriccio da Fogliano (1328) [{igg. 1, la, lb], Simone Matt ini limiter
l'interesse per i castelli e le fortezze al ruolo di scenografia, lasciando campeggiare
al centro la gualdrappa che ricopre cavallo e cavaliere; ma ai lati, quasi fuori scena,
dipinge le tende, i pergolati, il paesaggio naturale. Questo sgombrato da ogni for-
ma vegetale e il profilo dei luoghi accentuato. L'immagine ha altri protagonisti da
esporre in modo gerarchico: il predatore (il cavaliere), la preda (le citt murate) e
la dinamica della predazione (assedio e palizzate difensive).
Tuttavia si pu percepire con chiarezza almeno un aspetto emblematico del-
fig. l. Simone Marti11i, Guidoriccio da Fogliano, 1328, Siena. Palazzo Pubblico, Sala del mappamo11do. C' solo u11
perso11aggio in scena: Guloriccio. Per esaltarlo Sintone ba dip1to ugualmente la veste del cavaliere e la gualdmppa del
cavallo, con 1111 forte disegno geometrico, 1111ico nel qu(/(lro, cbe altrimenti t n d ( ~ alla 11101/0Cromia, sin dei terreni, sia
delle case e castelli:
fig. la. Simone Mart1i, Guidoricdo da Fogliano, 1328, Siena. All'estrenui sinistra dell'affresco mppresentato
Montemassi: mum, torri, case so110 tut/e dello steno colore smorto, cbe il colore della monltlgJw.
fig. Ib. Simone Martin i, Guidoricdo da Foglia11o, 1328, Siena. T n tomo alla montagna cbe cbtde l'affresco a deslm
Simone ba disegnato tende e ves si/ti. Vaccampameuto J primo piano /orma/o da gmndi tende con doppi e tripli
sistemi di timnti, e da capanne di paglia. Ai lati dell'accampamento due pergola ti sono 11/Ja /esiI!OIIIIIZa del/e
coltivazioni anteriori all'accalllpamento.
134 PtlRTE SECONDA l L'AUTONOMt l Rti PPRE.5EN'Ii l ZIONE DI UN AMBIENTE PROFANO
l'ambiente di quei tempi: l'arroccamento e l'incastellamento dei nuclei abitati.
Nel dipinto sono evidenti i t ratti essenziali della struttura territoriale che hanno
caratterizzato la Toscana sud-occidentale nel periodo della ripresa tardo-me-
dioevale: due cittadine sulla sommit collinare (Montemassi a sinistra e Sasso-
forte al centro), ben turrite e differentemente fortificate (manifestazione di un' ar-
chitettura militare non ancora del tutto codificata); una campagna totalmente
smantellata del bosco e con accenni di agricoltura ben strutturata (vigneti), ma
priva di presenze abitative isolate, ad eccezione - forse - delle capanne attorno
alle vigne e alle tende militari.
l'ambiente che consegue al collasso amministrativo dell'assetto territoriale e al-
la riduzione e dispersione demografica nell'alto medioevo che produssero signi-
ficativi mutamenti nella morfologia ambientale come la contrazione e la disloca-
zione delle superfici coltivate per la diminuita pressione dei nuclei cittadini sul-
la campagna circostante, per l'impaludamento delle piane alluvionali e il disse-
sto dei suoli pi esposti al degrado, con conseguente avanzamento del bosco, con
espansione delle zone acquitrinose e degli incolti. La tendenza reattiva a questo
stato di cose viene individuata, intorno ai secoli X e XI, e si avverte con una pro-
gressiva riaggregazione degli habitat umani, con la costituzione di nuovi agglo-
merati rurali, con la rivitalizzazione dei centri urbani, con lo spostamento degli
IL "PRIMO PITTORE DELLA CITT": DA SIMONE A AMBROGIO.
A Ambrogio Lorenzetti probabilmente questa carica fu data quando Simone Martini an-
d acl Avignone: ma su questa data ci sono differenti indicazioni anche se il 1336 l'anno
pi probabile. Infatti Ghiberti ci informa che l'anno prima Simone aveva interrotto l'ese-
cuzione degli affreschi a una delle porte (Porta Camolla o Porta Romana) per andare ap-
punto in Francia dove era cominciata la costruzione del Palazzo dei Papi sotto la guida di
Benedetto XII (1334-1342). Simone era al seguito del Cardinale Jacopo Stefaneschi Cae-
tani (che aveva commissionato a Giotto il mosaico della Navicella nell' atrio di San Pietro
a Roma) che morir ad Avignone nel1341. Altri per collocano la partenza per Avignone
nel1340 sulla base eli alcuni atti notarili riguardanti propriet immobiliari di Simone o l'ac-
quisto dei mattoni per costruire una casa; ma non c' prova che alla redazione di quegli
atti Simone dovesse essere presente. Essi testimoniano solo che non escludeva di tornare
a Siena in vecchiaia - nel1340 doveva avere circa 56 anni ed era scoppiata una ennesima
epidemia di peste - ; morir invece nel 1344 a Avignone, ma la moglie torner nel1347 a
Siena. Del resto confermerebbero la data del 13361a vastit dei lavori fatti da Simone ad
Avignone e la poco credibile altrimenti brevissima durata della protezione del cardinale
Stefanescbi e del papa Benedetto XII. Col successore Clemente VI (1342-1352) sar un al-
tro italiano, il viterbese Matteo Giovannetti (notizie dal1322, morto nel1368, ad Avigno-
ne dal1343 all367) a diventare il principale pittore dei papi avignonesi.
La partenza di Simone Martini da Siena nel1336 permette di pensare che in quell' anno la
carica eli "Primo Pittore", rimasta vacante, fosse affidata appunto ad Ambrogio Lorenzet-
ti: non pensabile che la decorazione della Sala dei Nove fosse affidata ad altri che al "Pri-
mo Pittore" e non pensabile che fosse tolta a Simone Martini, talmente "Primo Pittore"
da essere appunto inviato ad Avignone nella missione del Cardinale Stefaneschi che dove-
va tra l' altro "romanizzare", tramite la filo-provenzale e non-romana Siena, l'in1magine del
papato avignonese.
Cti PITOLO 4 l IL RACCONTO DI UNti GI ORNATA: tlMBROG/0 LORcNZI:.TTI 135
insediamenti abitativi in luoghi pi vivibili e difendibili, che in genere si risolve-
va con l 'arroccamento sulle sommit collinari.
L'aspetto ambientale che si accompagna a queste trasformazioni, e che contras-
segner il paesaggio rurale italiano sino ai nostri tempi, specie per le regioni del
centro, la fortificazione dei nuclei abitati. Cinte murarie sorgono sia attorno a
nuclei preesistenti sia attorno ai nuovi insediamenti.
Nel secolo successivo un tema analogo sar il soggetto della copertina di una "bic-
cherna" (registro delle gabelle senesi, 1479; vedi parte quinta, cap. 2): la resa di Col-
figg. 2a, 2b. Siena, Arcbivio di Stato, Gabella 11. 39: La resa di Colle \!al d'Elsa, 1479.
Tempem su tavola, 111111594 x 482. Attribuita dagli studiosi a Francesco di Giorgio Marltiu; o a Benvenuto di Giovanni,
o a Giovanni di Oisto/ano e Franco d'Andrea, o p probabilmente a Pietro di Francesw degli Orio/i. Siena wnquist
Colle Val d'EI.ra ai fioreuttiJi dopo la cougo'tl dei Pazzi contro i MediCJ; ///(/dopo meno di due t11111i Firenze l'aveva gi
ripresa. in questa "biccherna" le fende de/l'esercilo seuese sono in primo piano e sono di due tipi (fig. 2b): le tende
biancbe e nere (i colmi di Siena) e alcu11e pi semplici teude-telloia. Nella parte superiore, al di l de/fiume, (fig. 2a) la
citt divisa in due parti co/legale dal ponte .Hl cui stam1o sfilando i cavalieri senesi, rappresenlati fuori scala rispello
alle case, a/le cbiese, a/le Iom: Malgmdo le modestissime dimmsioui la loro desaizione detfag/iala e IIOIJ generica: si
noli 1 allo a sinistm, oltre le mura, Ull altro accampameu/o seuese cbe dimoslm come Col/e \!al d'Elsa/asse assediala.
2a
2b
136 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZI ONE DI UN AMJJlENTE PROFANO
fig. 3. Siena, Palazzo Pubblico. Sala dei Nove (Sala della Pace). llfji-eschi di Ambrogio Lorenzetti
(attivo da/1319 -morto ne/1348).
le val d'Elsa, probabilmente di Pietro di Francesco degli Orioli [figg. 2a, 2b]
3
.
Dallo spazio ristretto degli infiniti episodi intorno alla pale che decorano gli alta-
ri delle chiese di tutta l'Europa medievale, si passa alle intere pareti delle sale dei
palazzi comunali e delle chiese degli ordini mendicanti. Nel Palazzo Pubblico di
Siena Ambrogio Lorenzetti ha a disposizione tutte le pareti della Sala dei Nove
[fig. 3]. Noi adesso vediamo i suoi affreschi su tre pareti: quella verso l'esterno, in
cui si apre una finestra, dipinta con una falsa loggia, un trompe l'oeil, come se
essa fosse completamente aperta e gli affreschi sulle altre tre pareti fossero sul fon-
do appunto di una loggia (nel 1340 Ambrogio dipinger una Madonna in Maest
con le quattro virt cardinali nel loggiato all'ultimo piano del Palazzo). Il dipinto
della falsa loggia sarebbe stato eseguito nel1491 da Piero di Francesco degli Orio-
li (1458-1496) che esegu anche dei restauri sulle altre pareti. Non sappiamo cosa
ci fosse ai tempi di Ambrogio e cosa vedessero i senesi su questa quarta parete nei
circa centocinquanta anni tra Lorenzetti e Orioli: forse anche qui Orioli ha ripre-
so quello che c'era gi? O ha inventato un soggetto nuovo?
Comunque da quella loggia ci si pu affacciare per vedere uno dei paesaggi che
Ambrogio ha raffigurato: quello degli Effetti del Buon Govemo in campagna [fig. 5
vedi anche p. 88]. Se si attraversa il Palazzo ci si pu affacciare sul Campo e ve-
dere l'altro paesaggio: quello degli Effetti del Buon Governo in citt [fig. 4].
L'ipotesi che Ambrogio abbia in gran parte costruito le due parti dell'affresco
'dal vero' e anzi, per quello della citt, addirittura facendo i cartoni dal Palazzo
CAPITOLO 4 / IL RACCONTO DJ UNA GIORNATA: AMBROGIO LORENZETTI
137
Pubblico, non ha trovato molta fortuna presso gli storici dell'arte, pi interes-
sati alla fantasia dell' artista, supponendo che abbia montato pezzi visti qua e l,
comunque risistemati e idealizzati. La Siena e la campagna del buon governo sa-
rebbero come i Nove l'avrebbero voluta, escludendo che in cinquanta anni di
loro governo essa fosse ormai la realizzazione delle leggi e dei regolamenti ap-
punto dei Nove e non il loro programma (e cio anche una ammissione di aver
mancato). Inoltre non c' nulla di ' citt ideale' e anzi nella Allegoria adiacente
proprio raffigurato il buon governo con le sue varie magistrature messe in paral-
lelo con le corrispondenti virt. Per cui lecito pensare che accanto ai perso-
naggi del governo dei Nove siano rappresentati la citt e il territorio che essi go-
vernavano da mezzo secolo
4

Oltretutto non dimentichiamo che il buon governo qui contrapposto al mal go-
verno e non avrebbe senso 'politico' contrapporre due modelli astratti e utopi-
stici; mentre ha senso proprio contrapporre all"immagine' negativa, la ' realt'
positiva, bine et mmc.
Purtroppo le condizioni di conservazione della parete con il mal governo non ne
permettono n una analisi n un confronto. Il nome tradizionale di Sala della
Pace corrisponde alla identificazione del mal governo- nell' allegoria, nella cit-
t, nella campagna- con la guerra: infatti i ' cattivi' sono tutti in divisa e massa-
crano la gente senza divisa: i ' buoni'. Dunque l'immagine del mal governo rap-
presentata da soldati invasori; nessun soldato, o poliziotto, o comunque rappre-
sentante in divisa del potere invece nella citt e nelle terre del buon governo:
per i senesi durante il governo dei Nove l'immagine del mal govemo coincideva
con l'invasione straniera (ossia fiorentina). Certo fa parte del buon governo an-
che una forca con un impiccato: ma a condannarlo era una magistratura senese
e non detto che l'impiccato non potesse essere uno straniero ' cattivo'.
Che i senesi considerassero in quel periodo la loro citt come il modello migliore
possibile dimostrato da molti esempi, soprattutto in predelle di pale. Basti ci-
tare "quel piacevole illustratore senese del tardo Trecento" che fu Bartolo di Fre-
di (1330-1410) che nell'Adorazione dei Magi (Pinacoteca Nazionale, Siena cat. 104)
non esita a rappresentare Gerusalemme con il duomo, i palazzi, le mura di Sie-
na (vedi p. 179,/ig. 3)5.
Gli effetti del Buon Govemo in citt [fig. 4] mostrano una veduta del Campo (che
era allora il Campo del Mercato: il mercato verr spostato tra il 1348 e il1414),
presa da un'altezza corrispondente all'incirca a un primo piano: non dimentichiamo
che Ambrogio dipinge nel1338-1339 quando il Campo non ancora pavimen-
tato a mattoni e con la raggiera di pietra (1346) e non c' ancora la Fonte Gaia
(1343 ). In primo piano un grande palazzo grigio domina con la sua mole: al pia-
no terra un arco davanti a cui un bancone si estende ad occupare tutto lo spazio
lasciando solo un passaggio per entrare in una probabile osteria (due bambini
escono; in fondo una donna cuce; al centro tre signori forse giocano a dadi - ma
l' affresco rovinato); al primo piano otto finestre "a colonnelli" testimoniano che
questo importante edificio era di recente costruzione (sar sostituito dall'attuale
138 PARTii SECONDA l L'AUTONOMA DI UN AMBIENTE PROFANO l IL RACCONTO DI UNA GIORNATA: AMBROGIO I.ORENZETTI
139
fig. 4. Siena, Palazzo Pubblico. Sala dei Nove (Sala della Pace). Effe/li del Buon Govemo in citlt.
LA crrr;l. Le case del ce11/ro di Siena .wno domiuate in alto a .ri11istm dalla cupola e dal ca!llflalllfe del Duo1no .
In primo piano un gra11de palazzo grigio domi11a l'angolo /m il Campo e la Costare!la dei Barbieri ; ba o/fo
fi11estre a "colonnelli". Al piano terreno c'i! l'arco di ingresso di un'osteria e dava11ti tre pe1:wne giocano a carte o a
dadi - D affresco dominato dalle case e dai telti della grande ricca Siena: al centro riconosciamo l'abside della
cbiesa cisterce11se di San Domenico, a destra la facciata della chie.ra camaldolese di San \ligi/io. In cima a 1111a casa
- qua liro 11111mtori lavorano e il cantiere descrillo con era/lezzo: due 11111110/Jali salgouo dtt sinistm cou calce e
mattoni, due muratori sltiiiiiO "m1mwdo" m 1111 ponteggio soste11u/o da travi infilate nelle "buche polli aie" (se ne
vede ancbe la serie so/lostante, servita per costmire il tra/lo precede/l/e della casa). All'lcrocio t m la via di Citt e la
via dei Baucbi, c' 1111a serie di negozi : da sitliftra, 1111 orefice, un negozio co11 merci non riconoscibili e 1111
commerciante cbe vende pezze di stoffa: alcune .w no legate mi banco con w w fettuccia, altre due rone e grigie sono
appe.re sol/o ww tettoia. Due cavalieri - si avviano 11ella via dei Baucbi.
IL CJL\IPO DEL MERCATO. Nel Campo del Mercato entrano i contadini con gli astili e i muli - a/traversando la
porta nelle mura, oltre la quale comincia il Buon Govemo uella campagna. Da destra: due asini carichi di Jflabi, 1111
altro forse cDII pezze di tesmti, 111/fl contadina con un'oca, 111/fl contadina c0/11111 cesto intesta, 1111 pastore con 1111
gmppo di pecore; un'asina ba gi scaricato la mercanzia e allai/ti !'IIJinello. I piani terreni delle case ml Campo
- sono occupati da varie allivitt: 1111 calzolaio, un'aula di scuota, un negozio alrillentare co1t brocche mi banco
e pezzi di macelleria appesi; infine a destra l/11 sarto e davanti 1111a do1111a al telaio. A siuistm, verso il Terzo di Cillt,
le allivitt di mercato cedono il posto ad allivitt p cilladiue; 1111 gmppo di fanciulle danza al ritmo di 1111
tamburello, un corteo lliiZiale si avvia verso il Bargello.
140 PARTE SECOND;I I L'AUTONOMA RAPPRJiSENTAZIONE DI UN AMBIENTE PROFANO CAPITOLO 4 l IL RACCONTO DI UNA GIORNA1il: AMBROGIO LORENZETfl 141
fig. 5. Siena, Palazzo Pubblico. Sala dei Nove (Sala della Pace). Effe/li del Buon Govemo in campagna.
LA STRADil. La strada che esce dal/n porta del Campo del Mercato intemamente percorsa. Due riccbi cavalieri con 1111
servo e i cani - escono da Siena per andare n caccia COli il falcone. Incontrano molti co11tndi11i che vauuo al
mercato COli nsiui carichi di sacchi e Ull maiale; 1fondo n destra per salire S/11111 ponte il contadino aiuta l'nsm
tirando/o. Altri coutadini - bnnuo gi scaricato n/mercato e rientrano COli gli nnuali scarichi o co11 la roba
acquistata in cillt.
1 CAMPI. La maggior parte dei campi illustra i vari momeuti della coltivazione del grauo al/l'inizio dell'es/ate 11ellefasi
immediatamente successive, individuate co11 differenti pennelature: in bano u11 campo deve essere ancom
mietuto e dei cani slom1o /t1cendo volare gli uccelli cbe banno nidificnto trn il grano, due cacciatori n cavallo li segnano;
in alto si sta mietendo: due uomini fnlcinno, Ul/uomo e una dallllfl mccolgono e nl/nstellnno; al centro
quattro contadini ballano il gmno SII Ili!' n in in una zoun gi mietuta, ai lati di aielli/i covo11i di paglia e una capa1mn. I
vari Clllllpi souo sepamli da barriere di fmscbe spinose in modo da tenere lontani gli tmimali (e non solo). In un campo
sulla deslrn - le stoppie JOIIO or111ni seccate e si ara per rigirnre le zolle meutre uu COl/tadino con1111a wppn regola i
solcbi e un altro seJJI/(/ per il secoudo rnccolto cbe serviva insieme per avere foraggio fresco in nuttll/1/o e per ridare
sostanza a/In terra esausta. Acca11to nl se/1/ifllore un uccello prouto a beccare i seuu: Sulle zone 1 pendio -
nu111erosi i campi cou colture nl!inen/e a "rillocbiuo" o a "gimpoggio", quasi sempre vigneti: In pr11o pia110 si
caccia con/n balestra 1 un vigneto di cui si vedono i grnppoli cbe stnnuo 111nturando. Nel "Buon govemo in citta", case
e le/li formavano lo f o n d o del Campo; cos qui lo sfondo delle Balze rnppresenlnlo da colline assai dolci cbe
digradano fino nl111are. Qua e l masserie e castelli descrifli (soprntlul/o le prime) con molta esattezza, a dnoslmre
insieme cbe il Buongovemo dei Nove interessava 11//(/ vasta regione e che il "Prno Pilfore" la conosceva bene.
142 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZIONE DI UN AMBIENTE PROFANO
Palazzo d'Elci nel XVI secolo). Infatti del1297 il regolamento che dice: "Anco
statuiamo et ordiniamo che se mai avverr che alcuna casa) ovvero casamento d) in-
torno al Campo del Mercato s) edificasse di nuovo) che tutte e ciascune finestre di
cotale casamento e casa) le quali avessero aspetto nel Campo del Mercato) si deb-
bano fare a colonnelli e senza alcuno ballatoio fare)).
Il Buon governo in citt troncato nettamente dalle mura: ovviamente quelle del-
l'ultima cerchia iniziata dai Nove nel1326. Questo tratto di mura e la porta di-
vidono la citt dalla campagna, il "tutto-costruito" dai campi aperti. Come no-
to le mura del XIV secolo includevano anche ampie zone inedificate di orti (co-
me a Firenze e in tanti altri Comuni) e quindi possiamo ricercare il punto scel-
to da Ambrogio tra quelli in cui invece il distacco citt/campagna rimaneva net-
to, ma senza pretendere troppo rigore dalla "pittura topografica" di Ambrogio.
Questa caratteristica comunque si ritrova in tutte le porte da cui si raggiungeva
il Campo: la porta di Val di Montone o la porta Romana (tre volte spostata in
fuori). Dalla porta di Val di Montone usciva la via della Giustizia che portava al
luogo dove venivano impiccati i condannati. Anche qui la posizione in cui era
collocata l'allegoria della Securitas e l'impiccato era forse un segno per i senesi
contemporanei di Ambrogio, pi immediato e diverso da quello che non appaia
a noi [fig. 4].
Certo da entrambe le porte si scendeva, come appunto avviene lungo la strada
rappresentata fuori porta nel Buon governo. Si scende tra i colli denominati Le
Masse, ricchi di ville, casali, conventi, chiese, torri [fi'g. 5]. Dei riconoscimenti
topografici sarebbero forse possibili se si disponesse di una carta del territorio
in quell'epoca: ma quale territorio? Oltre quello immediatamente fuori porta,
Ambrogio dipinge anche quello pi distante, avvicinando con il cambiamento di
scala territori sempre pi lontani fino a includere addirittura Talamone; la sua
presenza era imposta dalle ambizioni dello sbocco al mare dello stato senese (Ta-
lamone era stata acquistata nel1303 ), ma doveva risultare per cos inaspettata
agli occhi dei senesi che accanto al profilo generico di un castello fu scritto Ta-
lam: unico toponimo presente in tutta la sala (forse tagliato nell'ultima sillaba
dal restauro che interess l'ultima parte destra del dipinto ad opera di F. degli
Orioli nel1492).
Se non siamo in grado di far corrispondere i vari luoghi descritti a episodi cer-
ti, siamo per sicuri che Ambrogio ha dipinto complessi reali: troppo esatti mu-
ri, porte, pergolati, tetti, torri, campanili, staccionate, cancelli ecc. e troppo di-
versi assolutamente uno dall'altro per essere generiche invenzioni. Tanta esat-
tezza realistica si inserisce nella corrispondente esattezza della descrizione del
paesaggio agricolo che costituisce "un vero e proprio panorama agrario dell'I-
talia comunale" anzi della Toscana comunale, anzi dello stato di Siena
6

Subito fuori porta, Le Masse sono occupate da vigneti in piena vegetazione dispo-
sti "a girapoggio"; pi lontano su altri colli sono ugualmente coltivati altri vigneti
nel nudo terreno delle Balze dove sono recintati per difenderli dagli animali (e non
solo) con alte siepi arboree come il marre/o della Provenza, il bocage della Francia
o la loro pi vicina edizione volterrana dei "campi a p t'gola", che Lorenzetti aveva
CllPITOLO 4 / IL RACCONTO DI UNA GIORNATA: AMBROGIO LORENZETTI
fig. G. Siena, Archivio di Stato,
Califfo Nero c26.
Planimetria-progetto per Talamone,
4 Aprile 1306.
In questo documellfo la citt
formata da quattro serie di piccoli
lotti edificabili (circa 120) t gran
parte gi assegnali. Attomo 1111 muro
a andamento circolare con tre torri:
quella centrale ba 11110 porta allineata
confa via centrale della citt. In alto
un chiesa (a sinistra) e mt castello (a
destra). A destra il mare.
visto in Maremma e rivedeva dalla finestra-loggia della Sala dei Nove
7

143
Nel 1425 San Bernardino predicando nel Campo cos descriveva il Buon
Governo: ".... veggo le mercanzie andare attorno) veggo ballz: veggo racconciare le
case) veggo lavorare vigne e terre) seminare) andare a) bagni) veggo andare le
fanciulle a marito) veggo le gregge delle pecore .... )).
A proposito di Talamone "una sconfinata letteratura"
8
si accumulata sul con-
fronto tra il Buon Governo (con la modestissima figura di Talam) e due tavolet-
te cm 22,5 x 32,5 ciascuna (conservate alla Pinacoteca nazionale di Siena n. 70,
71) che raffigurano a volo d'uccello una citt con cassero e un castello isolato in
riva a specchi d'acqua. La "sconfinata letteratura" ha attribuito queste due ta-
volette a Ambrogio Lorenzetti (attivo dal1319- morto nel1348) o al Sassetta
(attivo dal1400- morto nel1450) [figg. 6a) 6b].
Lo spostamento di un secolo non cosa indifferente anche perch proprio in
quel secolo la Repubblica di Siena mut non poco: e non poco mutarono anche
le vicende di Talamone. Siena compr il borgo dall'Abbazia di San Salvatore sul
Monte Amiata il 10 settembre 1303 come sbocco al mare; essendo mal ridotto
ne avvi la ricostruzione nel1304 e fece un piano di ripopolamento con 100 im-
migrati nel1306.
Di questo fu redatta il 4 aprile 1306 una planimetria: "si tratta probabilmente
della pi antica pianta urbanistica dell'Italia medievale" [fig. 6]
9
. Ai tempi di
Ambrogio e del suo affresco con Talam, la cittadina doveva essere in buono sta-
to e poteva essere indicata come un punto importante del territorio senese. In
quanto a un rapporto tra la pianta del 1306 e l'affresco di Lorenzetti, nessun
confronto possibile data la sommariet di questo. Ma nessun confronto pu
..
, ..,
6a
6b
144 PARTE SECONDA l L'AUTONOMA RAPPRESENTAZiONE DI UN AMBIENTE PI<OFANO
figg. 6a, 6b. Sima, Pinacoteca Nazionale, 1111. 70-71. Due tavolette (ciascuna cm 22,5 x 32,5), atttibuite a Ambrogio
Lorenzetli o a Sassetta (atlivo da/1400- morto ne/1450): 1111 secolo esatto divide queste due ipotesi. Le due tavole/te
potrebbero derivare da u11 unico quadro. In questo caso fa fig. 6a sarebbe a destra della fig. 6b; ma tra le due
llltlllcherebbe 1111 pezzo e quasi certamente anche in alto e J basso sarebbero stati segati alcuui ceutimetri, forse per
Jcomiciare i due pezzi in comici uguali. r citt quasi certamente immflgwria rmche se la sua posizione, il territorio,
H mare rappresentano 1111 paesaggio tipicamente maremma no.
Ct i PITOLO 4 / IL RACCON"/ O DI UNA GIORNATA: A.IIBROG/0 LORENZETTI 145
esistere neppure tra le due tavolette e la pianta: questa mostra un tessuto a schie-
re di casette tutte uguali, allineate e parallele come in un castrum romano (o co-
me nelle citt del futuro Stato dei Presdi sul tipo della non lontana Populonia),
dentro mura continue e piuttosto circolari, con il mare lungo uno dei lati; l'al-
tra tavoletta invece rappresenta una ricca citt con palazzi, chiese, case disposte
in vari modi, dentro mura squadrate su un promontorio che non lascia suppor-
re alcun approdo. Se ci spostiamo per di un secolo Talamone era stata assediata
dai Genovesi, distrutta, rifatta (esiste un esatto capitolato per il restauro del cas-
sero, 20 aprile 1407), era passata da circa cinquanta abitanti (il piano del 1306
era rimasto quindi lettera morta) a solo otto. Insomma questo povero borgo non
era mai stato ricco neanche un giorno e la prudenza degli studiosi nel confer-
mare che sia Talamone sembra giustificata.
Resta il mistero di queste due straordinarie tavolette, probabilmente segate da
una unica tavola pi grande: in quella con solo il castello e una chiesa siamo tra
due diversi specchi d'acqua e quello scuro in alto potrebbe essere il mare che
gira dietro al promontorio su cui sorge la citt, il cassero, la torre: lo specchio
d'acqua pi chiaro potrebbe essere uno dei tanti laghi costieri della Maremma
e in esso potrebbe bagnarsi la persona che si spogliata nell' angolo in basso a
destra della tavoletta con la citt. Davanti al castello isolato ritroviamo i campi
a pgola resi con gli stessi colpi di punta di pennello che abbiamo visto sulle Mas-
se senesi del Buon governo e un muro protegge dei filari di vite, raccordandosi
ad altri campi intorno alla chiesa.
C' dunque un modo nuovo di cercare l'ambiente, di conoscere l'ambiente, di
vedere l'ambiente, sia quello urbano che quello rurale, alla base di questo "mo-
do di rappresentare il paesaggio agreste e urbano quale non si era mai visto in oc-
cidente dopo il tramonto della pittura classica"
10
.
Note
1
E. Castelnuovo, Ambrogio Lorenzetti- Il Buon Govemo, Electa Milano 1995.
2
F. Henning, Landscba/ts als Topograpbiscbe Por/raet, Berna 1980.
3
Le biccherne di Siena. Arte e Finanza all'alba dell'economia modema, Bolis Poligrafiche S.P.A.,
Bergamo 2002.
4
E. Guidoni , Il Campo di Siena, Multigrafica Roma 1971; uno dei pochi che d invece valore al
"realismo" del "buon governo".
5
M. Torriti, Pinacoteca Nazionale di Siena, Sagep Genova 2003.
6
E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Laterza Bari 1961.
7
Cfr. invece: M.M. Donato, in Ambrogio Lorenzefli - Il Buon Govemo, Electa Milano 1995.
8
E. Castelnuovo, op. cit. nota l.
9
F. Scoppola, La rocca di Talamone, in "Storia della citt" n. 28, 1984, da cui anche le altre noti-
zie su Talamone.
1
Castelnuovo, op. cit. nota l.
Gentile dtt Fabriano, Pala Strozzt; Santa Trinita (particolare). Firenze, Galleria degli Uffizi (vedi p. 193).
PARTE TERZA
Un viaggio durato mille anni: i Re Magi
La fnttura capace di creare
con i quadri tllt mondo visibile
assai pi compiuto di quanto
possa essere quello reale.
Johann Wolfgang von Goethe [1749-1832]
Farbenlehre
CapiLnlo l
Dal lontano Oriente al medioevo europeo
Come noto solo due dei tre Vangeli sinottid (Matteo e Luca) parlano della na-
scita di Ges: Marco (come anche Giovanni) inizia il suo racconto dall'incontro
di Ges, ormai adulto, con Giovanni Battista al Giordano.
I due evangelisti che raccontano la nascita, la trattano in maniera molto diversa.
Luca inizia con il racconto delle storie di Zaccaria ed Elisabetta, poi di Giovan-
ni Battista, infine di Maria e Giuseppe. Quando racconta della nativit non par-
la dei Magi n delle vicende connesse (Visita a Erode, Strage degli innocenti, Fu-
ga in Egitto).
I Magi sono solo nel Vangelo di Matteo (Mt. 2, 1-12).
"Ora, essendo Gest nato in Betleem di Giudea, a' d del re Erode, ecco de' Magi d'Oriente ar-
rivarono in Gerusalemme, dicendo: "Dov' il Re de' Giudei, che nato? Conciossiach noi ab-
biamo veduto la sua stella in Oriente, e siam venuti per adorarlo". Ed il re Erode, udito que-
sto, fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui. Ed egli, raunati tutti i principali sacerdoti, e gli
scribi del popolo, s'inform da loro dove il Cristo dovea nascere. Ed essi gli dissero: "In Bet-
leem di Giudea; perciocch cos scritto per lo Pro/eta: "E tu, Betleem, terra di Giuda, non
sei punto la minima fra i capi di Giuda; perciocch da te uscir un Capo, il qual pascer il mio
popolo in Israele" (Michea, 5,1-3). Allora Erode, chiamati di nascosto i Magi, domand loro
del tempo appunto che la stella era apparita. E, mandando/i in Betleem, disse loro: "Andate,
e domandate diligentemente del fanciullino; e, quando lo avrete trovato, rapportatemelo, ac-
ciocch ancora io venga, e l'adori". Ed essi, udito il re, andarono: ed ecco la stella, che aveano
veduto in Oriente, andava dinanzi a loro finch, giunta di sopra al luogo dov'era il fanciulli-
no, vi si ferm. Ed essi, veduta la stella, si rallegrarono di grandissima allegrezza. Ed entrati
nella casa, trovarono il fanciullino, con Maria, sua madre; e, gittatisi in terra, adorarono quel-
lo; e aperti ilor tesori, gli offrirono doni, oro, incenso, e mirra. E avendo avuta una rivelazio-
ne divina di non tornare ad Erode, per un'altra strada si ridussero nellor paese"
1
.
Le rappresentazioni tradizionali della storia di Ges hanno sempre attinto ai due
Vangeli di Matteo e di Luca, sovrapponendone gli episodi ed arricchendoli spes-
so con episodi o personaggi presenti nei Vangeli apocrifi dell'infanzia. Ne de-
rivata cos una narrazione da Zaccaria alla Fuga in Egitto la cui immensa popo-
larit ha ignorato le contraddizioni che tale sovrapposizione comporta.
Una sola contraddizione ci interessa qui.
Nel racconto popolare i Magi trovano il Bambino ancora a Betlemme nel luogo
in cui nato e nell'iconografia pi diffusa la loro adorazione segue immediata-
mente quella dei pastori. Ma secondo Matteo (che scrive il suo Vangelo in ara-
maico intorno al 50 d.C.) quando i Magi arrivano in Palestina sono passati eh-
CAPITOLO l l DAL LONTANO ORIENTE AL MEDIOEVO EUROPEO 149
ca due anni dalla Nativit, impiegati per compiere il lungo viaggio, dato che que-
sta l'et al di sotto della quale Erode ordina di uccidere i bambini di Betlem-
me (Mt. 2, 16). I Magi non trovano quindi pi Maria e il Bambino nella capan-
na o grotta della Nativit, ma in una casa. Del resto- secondo Matteo- Giu-
seppe, Maria e Ges abitavano a Betlemme e vanno a Nazareth solo di ritorno
dall'Egitto (Mt. 2, 23). Bisogna sovrapporre Matteo a Luca (Le. 2, 1-39), per ri-
costruire quello che sar il racconto tradizionale della Nativit con l'andata da
Nazareth a Betlemme per il censimento, la nascita, l'andata a Gerusalemme per
la presentazione al Tempio e poi secondo Luca subito il ritorno a Nazareth, sen-
za n i Magi, n la fuga in Egitto, n la strage ordinata da Erode.
Da questa sintesi confusa tra i testi evangelici nato l'episodio artistico pi po-
polare e diffuso, che non trova uguale n nel campo delle arti, n nel campo del-
le religioni: il presepe
2

Di questo fanno parte essenziale tre episodi: la Sacra Famiglia, l'adorazione dei
pastori, l'adorazione dei Magi. Nell'iconografia pi ricorrente i primi due sono
fusi assieme; i Magi sono invece scena a s. Se usciamo dall'iconografia per con-
siderare le sequenze liturgiche e la conseguente tradizione popolare, questa sce-
na nella liturgia cattolica ritardata nel tempo e chiude la presenza del presepe
nelle chiese e nelle case: messi i Magi accanto alla Sacra Famiglia e ai pastori, al-
la vigilia del 6 gennaio il presepe si disfa e "I.:Epzfania tutte le /este si porta via".
Nella liturgia ortodossa la Nativit celebrata il 6 gennaio assieme all'Epifania.
per questo che in tante rappresentazioni nel mondo cristiano del medio orien-
te- e non solo -le tre scene (Nativit, Adorazione dei pastori, arrivo e Adora-
zione dei Magi) sono rappresentate assieme.
La scena dell'adorazione dei Magi si riempie di personaggi e di ricchezze: a co-
minciare dal corteo in cui -venendo da un leggendario Oriente - ci possono es-
sere servitori negri e cammelli e profusione di colori e ricchezze.
In questa immagine popolare quelli che Matteo chiama solamente "Magi" (e non
sappiamo quale parola aramaica sia tradotta con la parola greca "magoi") di-
ventano "Re Magi"; questo suggestivo incoronamento sembra introdotto dai Van-
geli dell'Infanzia di cui conosciamo un testo arabo e un testo armeno, derivati
probabilmente da un precedente testo siriaco, non pi antico degli inizi del V
secolo e che rielabora testi precedenti. Questo stesso vangelo apocrifo indica in
tre il numero dei Magi, deducendolo dai tre doni evangelici tradizionali
3
.
Il racconto del Vangelo dell'infanzia anticipa fantasticamente quella che sar la
ricchezza e la fastosit delle rappresentazioni successive, per cui interessante
leggerne alcuni brani
4
.
"Tre giorni dopo (la nascita di Ges che secondo questo vangelo avvenuta il6 gennaio)
ecco cb e i Magi d'Oriente, i quali erano partiti dal loro paese, mettendosi in marcia con un
folto seguito, arrivarono nella citt di Gerusalemme, dopo nove mesi. Questi re dei Magi
erano tre fratelli: il primo era Melkon, re dei Persiani, il secondo Gaspar, re degli Indi, e
il terzo Balthasar, re degli Arabi. I comandanti del loro corteggio, investiti della suprema
autorit, erano dodici. I drappelli di cavalleria cbe li accompagnavano comprendevano do-
dicnila uomini: quattromila per ciascun l'egna. Tutti venivano, per ordine di Dio, dalla
..
, ..,
la
150 PARTE TERZA l UN l'l AGGIO DURATO MILLE ANNI : l RE MAGI
fig. 1. 11rles, Muse de l'Arles antique, Sarcofago della
Nativit (/\1 secolo). Comprende qua liro sce11e: al
centro la Nativit (in alto) e l'Adorazione dei Magi (in
basso). Ai lati: a sinistm Mos con /e tavole dell'antica
Legge e 1111 angelo con il rotolo della nuova Legge; a
destra: il sacrificio di {sacco con l'ariete che prende il
mo posto sacnficale.
fig. la. Ad es, Muse de l'Ari es antique, Sm-cofago della
Nativit (IV secolo). Il riquadro centrale con i Magi in
ca!ll!liIO cbe f anno ampi gesti forse indicando la scena
al di sopra (la Nativit) o l11 stella o piz semplicemente
il Ca//l/1/IO.
terra dei Magt; dalle regioni d' Oriente, loro patria. In/atti, allorcb l'angelo del Signore eb-
be annunciato alla vergine Maria la notizia cbe la rendeva madre ... nello stesso istante es-
si furono avvertiti dallo Spirito Santo di andare ad adorare il neonato. Essi pertanto mes-
sisi d'accordo, si riunirono in uno stesso luogo, e la stella, precedendo!t; li guidava, con i
loro seguitz; fino alta citt di Gerusalemme, dopo nove mesi di viaggio.
Essi si accamparono nei pressi della citt e vi rimasero tre giomi, coi rispettivi principi dei
loro regni. Bencb fossero /ratei/t; figli di uno stesso re, marciavano al loro seguito eserci-
ti di lingua molto differente ... "
5
.
Nella Legenda aurea scritta daJacopo da Varagine, tra il 1255 e il1266, al cap. XIV
dedicato all'Epifania, i Magi si chiamano in ebraico Attelius, Amerius, Damascus;
in greco Galgalat, Malgalat, Sarathin; in latino Caspar, Balthasar, Melchior. Di que-
sti nomi- ritrascritti nel latino del XIII secolo- non data nessuna spiegazione.
Le labili indicazioni iniziali di Matteo permettono proprio che la scena dei Ma-
gi si arricchisca fantasticamente con l'aggiunta e l'interpretazione di quegli ele-
menti che saranno espressi da chi la racconter con sculture, con dipinti, con te-
sti letterari, con rappresentazioni e infine con i personaggi del presepio: i Re Ma-
gi propongono l'invenzione di un ambiente immaginario.
L'interesse della raffigurazione innanzitutto sui tre personaggi che sono raffi-
gurati quasi sempre isolati nelle numerose rappresentazioni scultoree: sarcofagi,
altari, capitelli, portali e timpani, pulpiti.
Risalgono al IV secolo alcuni sarcofagi gallo-romani (Muse de l'Arles antique, Ar-
2n
2
CAPITOLO I l DAL LONTANO ORIENTE AL MEDIOEVO EUROPEO
151
les) in cui i Magi sono a piedi, in cammino, si voltano e parlano tra di loro, indi-
cano qualcosa intorno (la stella che li guida?), portano i doni nella sinistra o nel-
la destra a seconda del senso di marcia verso la Madonna in trono col Bambino,
proteso a prendere il dono offerto dal primo Mago. Sono vestiti ' alla persiana':
pantaloni aderenti, tunica corta, mantello, berretto frigio. Questo loro abbiglia-
mento diverso da quello degli altri personaggi raffigurati nella stessa scena e per-
metteva quindi il loro riconoscimento, assieme all' azione scenica (sarcofago stri-
gilato "della Nativit" [figg. l, la]). Rara la presenza di altri elementi descrittivi di
fig. 2./l rles, Muse de I'Arles
antique, Sarcofago degli sposi
(lV secolo). Allomo al cercbio
centrale con il busto degli sposi c'
una quantit di personaggi, Ira cui i
Magi.
fig. 2a. ilrles, Muse de l'Ari es
antique, Sarcofago degli sposi
(lV xecolo). Nella zona iu/eriore del
sarcofago degli sposi ci sono
Gimeppe, la J\!fadvnna col Bambino,
i tre !Vfagi col! i doni. Dietro ai Magi
SOl/O scolpite le teste (in alto) e gli
zoccoli (in basso) dei loro tre
cammelli.
152 PARTE TERZA l UN VIAGGI O DURATO AllLI.E ANNI : l RE MAGI
fig. 3. RoiJia, Sa111a Maria Maggiore, Arco Jrio11fale della pnina basilica illiV'ala dumn/e il pontifica/o di Sislo Il[ (432-
440) per celebrare i/11[ Co11cilio Ecumenico di Efeso ( 431) che aveva proclamato lvlan'a Jbeotokos (Madre di Dio). La
basilica doveva JOrgere al poslo di 1111a precedenle chiesa costmila m/l'area ricoperla da lilla premuta 11evica/a
IJiimcolosa i/5 agosto 356. I:arco trio11fale ce/ehm appzmlo la /Jiatemit di Maria e l'lizio della vi/a di Ges co11 episodi
e iconogmfia 11011 consueti e disposti 11011 seguendo !11 cm11ologia evangelica: manca la Nativit. A sinistm dall'allo: l .
I:Anmmciazio11e: Maria 11011 la vergine/la sperdula, 1/ltl in lro/10 circondali/ da 111/tl schiem di angeli; 2. I:adomzione
un ambiente: forse solo nel sarcofago "degli sposi" (cos detto dal tondo centrale
con i busti di due sposi) in bassorilievo dietro ai tre Magi spuntano le teste e gli
zoccoli di altrettanti cammelli, resi con eccezionale realismo [figg. 2, 2a].
Nel successivo V secolo troviamo la storia dei Magi trasformata da singola sce-
na in uno degli argomenti essenziali della prima esaltazione della Theotokos, nel-
l'arco trionfale e nel primo abside di Santa Maria Maggiore a Roma (iniziato do-
po il III Concilio ecumenico di Efeso, nel431).
Sull'arco trionfale raccontata appunto la storia di Maria dall'Annunciazione al-
CtlPJT0/.0 I l DAL LONTANO ORIENTE AL MEDIOEVO EUROPEO
153
dei magi: Ges S/11111 gm11de lro11o meni re 1Vl111ia e Giuseppe so11o su due troni p piccoli ai !ali e i Magi so11o due da
111111 parte e 11110 dall'altra; 3. La s/rage degli mocenli. A deslm da l'alto: l. La prese/1/aziolle al Tempio e l/11 angelo i11
mgno dice a Gimeppe difuggire in Egitto; 2. Vari episodi relativi all'arrivo 1 Egitto; 3. l Magi davanti ad Erode.
I: arco trionfo/e termina in basso con /e immagi11i di Betlemme e Gerusalemme (vedi p. 39). All'estmmi di molte sce11e
so11o m/figumle case, panici (ili alto), cill 1111/l'a/e (all'ziu'zio delle scene lu11go l'arco), m!figumndo 1111 ambiente p
precisa/o e ricco di quanlo lmdizionale in occide111e 11el \1 secolo.
l'arrivo in Egitto, secondo una disposizione non cronologica di cui non stata fi-
nora spiegata la chiave. I Magi sono presenti in due scene: davanti a Erode e nel-
l' Adorazione del Bambino in trono, con ai lati la Madonna e il papa su troni se-
parati. I Magi sono dei giovani uomini vestiti alla ' persiana', ma con abiti colora-
tissimi e riccamente tessuti. Davanti a Erode hanno atteggiamenti vari, mentre nel-
l'Adorazione sono separati: uno a sinistra e due a destra- cosa quasi unica alme-
no fino al Rinascimento - mentre al centro domina il Bambino seduto su un lar-
go trono-divano di t ipo orientale, vestito di bianco come i quattro angeli che ne
154 l'ARTE TERZA l UN 1'/IIGG/0 DURATO MILLE ANNI: l Rli MAGI
fig. Ja. Roma, Santa Maria Maggiore, tamburo dell'abside. }acopo Toniti (fine XIII secolo), L'Adomzione.
I magi hanno abbandonalo l'abito 'persiano' che avevano nell'arco trionfale (ci1ca olio secoli pnina) e si presentano
nell'aspe/lo regale ormai con melo. La Madonna S/1111111'0110 gemmato davanti a 1111 portico stilizzato; in asse sopm
al Bambino, la stella C0/11111 mggio verticale che pu essere stato poi interpretato come la coda della cometa.
completano l'immagine dietro alla spalliera; ai lati su due troni pi piccoli la Ma-
donna e il papa. Nessun accenno al corteo o al viaggio: solo i vestiti li differen-
ziano dai personaggi 'palestinesi'. In entrambe le scene i Magi escono da due cit-
t stilizzate con le mura, la porta, i tetti: dovrebbero essere Gerusalemme e Bet-
lemme, ma solo nel tipo sono confrontabili con le immagini di Hierusalem e Betb-
leem (vedi p. 39,/igg. 7, la), raffigurate alla base dell'arco. Il fondo di tutte le sce-
ne oro, con la base verde. L'ambiente in tutto l'arco trionfale dato dall' oro do-
minante, dal senso generale di ricchezza, dall' affollarsi di tanti personaggi che ri-
empiono sempre le scene.
Santa Maria Maggiore ci permette un confronto anticipatore. Papa Nicol IV (1288-
1292) fece distruggere l'antico abside con i mosaici e ne fece costruire uno nuovo
arretrato di 6 ml. r.fig. 3]; chiam J acopo Torriti (fine XIII secolo) per i mosaici.
Tra le finestre ai piedi della grande incoronazione su fondo oro e ricchi girali che
escono da due piante usate come terminali ai lati dell'abside, Torriti rifece alcune
scene della storia della Madonna: l'Annunciazione, la Nascita, l'Adorazione dei Ma-
gi [fig. 3a], la presentazione al Tempio. Questi mosaici sono stati eseguiti circa 850
anni dopo quelli dell'arco trionfale (e poco pi di 100 anni dopo il viaggio a Colo-
nia- come vedremo -; ma Roma guarda pi alla lunga storia della chiesa e del pa-
pato che al nuovo Sacro Romano Impero); si direbbe che Torriti 'arcaizza'. I per-
sonaggi sono gli stessi disposti nello stesso modo: a destra la Madonna in trono con
baldacchino e il Bambino in braccio che prende il dono offerto dal primo Mago;
CIIP/1'01.0 l l DIII. LONTANO ORIEN l'li AL MEDIOEI'O f::UROPEO
fig. 4. Rave11na, San \!itale,
Sarcofago di Isacio (V secolo).
l Magi corrono con i mantelli
tt! vento verso la Madonna col
Bambw, seduttl su u11a
modestissima sedia senza
spal/iem.
155
fig. 5. Ravenna, Sant'Apollinare Nuovo, Mosaico della navata (met 'VI secolo): i Magi. Gli elementi del mcconto
desunto dai \!angeli sono proposti secondo quattro temipni1cipali, iconograficamente stilizzati:
a. Tre palme: immediatamente riconoscibili dalla caml/eristica forma delle foglie e dai gmppoli di datteri pendenti.
Ed l'Oriente.
b. Gli ab1ii 'persiani': diveni nelle fogge e nei colori. A noi dicono poco, liNI forse ai citladTi dell'Impero d'Oriente
in quel Vl secolo posi-giustinianeo significava/lo qualcosa. Noi !Vece leggiamo meglio gli speroni al/acca/i alle
leggere scarpe, al /o11do dei pa11talo111: i magi so11o appena scesi da cavallo. Ed il viaggio.
c. La stella: in cielo, 1 alto a destra, dinanzi ai tre fJersonaggi la stella che li aveva guidati /in l. l/liti stella a otto
puute: la identificazione cou u11n cometa dovr attendere nn cara alcuni secoli. E la stella .wl/alinea di nuovo sia il
viaggio sia la Jde111it dei personaggi: solo i mngi .rono collegati stabilmente alla stelln cbe li guida.
d. l l p mio verde con q uni/m raffigurazioni di piante fiorite. interessante uolare cb e il prato rappresenta la parte
inferiore del fondo, rigorosamente delimitato ! alto, Sll /litta l'estensione del/n scena, dai mantelli dei tre magi.
Basta qllesto n separare il pni11o piano, su cui i personaggi poggiano i piedi, dall'oro del fondo dotando la scena di
ww profondit di campo che di solito non si riconosce alla mosaicistica bizantina.
4
5
156
fig. 6. Cividale del Friuli, Stili Martli10, Sala capitolare.
Altare dello di Racbi, VITI secolo. La prima impressione
dei personaggi data dalle piegbe dei loro abiti, cbe
sollolineano soprattutto i movimenti del Bambino e del
primo Mago. In alto l'angelo assume un atleggiamento di
volo 'ori-a.olltale' per indicare li Bambino. Nel cielo 11011
c' la stella cbe indica il Bambino, ma Ire stelle cbe
raffigurano tutto Ull cielo stellato; analogamente a terra
sono stiliz:zate varie erbe e piante.
PARTE TERZA l UN I'IAGG/0 DURtlTO MILLE ANNI: l RE MAGI
fig. 7. Rozier-Ci5tes d'Auree, Adorazione dei Magi
(Xl-XII secolo). La raffigurazione movimentata e
accompagna l'andamelllo dell'arco. / Mtlgi salgono e
scendono, camniJano e si inginoccbiano
contemporaneamente: Cristo 1111 adulto, ancbe se in
braccio a M.aria, raffigurata con l/1/(/ veste largbinima.
al di sopra in verticale la stella; dietro gli altri Magi e in cielo l'angelo che vola oriz-
zontalmente. li fondo oro, con una base verde; i Magi non hanno pi un abito
'persiano' ed hanno la corona. Le immagini di Torriti, se confrontate con quelle di
otto secoli prima (e ancora di pi con le storie lungo le pareti di Santa Maria Mag-
giore sempre del V secolo) sembrano rappresentare un'immagine talmente perfet-
ta da apparire ormai sterilizzata in un ambiente assolutamente ' divino'.
Negli anni in cui veniva costruito a Roma l'arco trionfale di Santa Maria Mag-
giore, nel V secolo, a Ravenna ritroviamo a San Vitale nel sarcofago di Isacio, la
stessa scena dei sarcofagi di Arles in chiave bizantina, senza pi lo stile sculto-
reo tardo-romano: i Magi arrivano ad offrire i doni addirittura di corsa con i
mantelli che svolazzano rempiendo il fondo della scultura altrimenti vuoto [fig. 4].
Non molto diversa la rappresentazione dei tre Magi sempre a Ravenna, a San-
t' Apollinare N uovo (met VI secolo), nel mosaico all'inizio della teoria delle ver-
gini lungo la parete destra della navata centrale [fig. 5]. Le raffigurazioni a mo-
saico - o ad affresco - permettono una descrizione pi ricca di quelle scultoree;
non sono raffigurati solo personaggi, ma anche l'ambiente. Il mosaico ravenna-
te ne una prova e l'ambiente proposto insieme l'Oriente a cui Bisanzio ap-
partiene e l' Oriente leggendario dei Magi evangelici.
L'autore del mosaico ravennate ha voluto liberarsi subito del problema dell'i-
dentificazione dei personaggi: in al to sono scritti i tre nomi +SCS BALTHASSAR
+SCS MELCHIOR +SCS GASPAR. Chi li osserva dal basso sa quindi che sono i Re 9
CAPITOLO l i DAL LONTtlNO ORIENTE Al. MED/OEI'O EUROPEO
157
fig. 8. F o r i ~ San Mercurio/e, Portico principale, XI-XII
secolo o inizi XIII. La scena de!l'lldomzione /omlflta
dal raggruppamento di nove b!occbi di marmo. Il
primo rappresenta i tre lvlagi a letto sotto una pesante
coperta con risvolto; i primi due Magi sembrano
dormire ancbe se banno le mani stranamente aperte
Ili l cuscino ti lato de!la testa; il terzo con la 1/lf/no
slinstm accenna un gesto di saluto e di benedizione
verso un angelo cbe occupa quasi a tutto tondo la
pietra af di sopra e sporge con l'ala oltre lo spen-ore
dell'li reo, al di fuori deL!'arcbitel/ura del portale.
Quest'affi svolaz:zante, sollofinellta dll11ll sua ombra pi
/orte di ogni altro rilievo, era il primo segno visibile dll
lontano li chi si llvvicinava lilla chiesa. Proseguendo
verso destm, al centro del/l/ lune/la i J\1agi ocwpano
due bloccbi. In 11110 ci sono due Magi in piedi che
stt/11110 fevandosi le corone: uno guarda dliVllllfl; l'altro
si gi voftato verso la Sacra Famiglia. Nel blocco
succes.rivo c' il terzo Mllgo in ginocchio: si levato il
mtulto e la corona e li ba appesi curiosamente alla
parete re/rosta n te, riempiendo uno spazio ricbiesto
/igumtivamente per collegarsi al blocco precedente co11
i Magi ancora i11 piedi. Poi arriva il blocco co11 il
Bambi11o e la Madon11a, cbe ba gi preso il do11o dlll
Mago: sono i11troJm e so11o la scu!tum pir "a tu/lo
tondo" e quindi messa pir in riSalto dalfe ombre pi
marcate. infine il blocco COli Giuseppe appoggiato al
btis/oue e curvo in ava11!i: per gli anni certo, ma anche
perc!J fa curva dell'arco cbe conclude la fu netta
obbfiga tale posizione, quasi a con/erma dell'unicit
del! a invenzione nelle cbiese del periodo gotico. Sulle
pietre in alto emerge dentro 1111 cercbio, ti/Ili stellll ti sei
punte, allineata con il dono in mano alla Mado1ma.
fig. 9. Arez:zo, S. Mlllia del!a Pieve, formella dal
pulpito, Xl-XII secolo. I Magi sono in posizimte
dimessa e quasi in ginocchiata di11a11Zi lld 1111a regllle
Mado111/a co11 il Bambino.
8
158 PARTE TERZA l UN VIAGGIO DURATO MILLE ANNI: l RE MAGI
fig. 10. Autlm, Cal!edrnle. Il sogno dei l'viagi (XII secolo). la coperta che copre i Ire per.wnaggi incorona t t; la vera
protagonista di questo capitello.
Magi e vede che camminano su un prato verde con numerose piante fiorite.
questo il tema personale, fantasticamente libero, con cui l'artista ravennate ci
dice come si pu descrivere e sintetizzare l'ambiente in cui si svolto il viaggio
dall' Oriente dei Magi e l' adorazione al Bambino: un prato, un colore verde.
Come abbiamo visto (parte I , cap. 3) era del resto usuale che la base delle gran-
di rappresentazioni musi ve fosse differenziata rispetto all'astratto e gloriosamente
indifferente fondo oro, per rappresentare la terra su cui poggiavano i piedi i per-
sonaggi non divini: il donatore, il vescovo, gli apostoli, i santi, le pecore, mentre
nell'oro volavano gli angeli, dominavano le persone della Trinit, salivano Cri-
sto e la Madonna. Questa base era appunto raffigurata come un prato e a indi-
care tale stato realisticamente- in tanta stilizzazione simbolica - erano raffigu-
rate delle piante e dei fiori che, anche se fuori scala, anzi proprio perch in tal
modo sottolineate ed evidenziate, precisavano quale ambiente fosse quello in cui
le figure stavano con i piedi in terra. Il paradiso terrestre? Il giardino arabo? Un
luogo qualunque della nostra terra?
Nell'invenzione dell'ambiente dei Magi un altro elemento l'angelo che li gui-
da verso Betlemme, indica la grotta, ordina in sogno di non tornare da Erode.
soprattutto come elemento scultoreo che l'angelo assume un ruolo determi-
nante offrendo occasioni alla fantasia degli scultori medievali, sempre pi lon-
tani dalla lettura delle sole narrazioni evangeliche.
Nell'VIII secolo a Cividale del Friuli viene scolpito l'altare del futuro re longa-
bardo Rachi (Sala capitolare di S. Martino): la Madonna a destra su un trono
CAPITOLO l l DAL LONTANO ORIENTE il L AIEDIOE\TO EUROPEO
159
con baldacchino e tiene in braccio il Bambino proteso verso il primo dei Magi,
seguito dagli altri due; in alto al di sopra dei tre Magi , alla quota del baldacchi-
no, disposto orizzontalmente l'angelo che indica con il braccio il Bambino
mentre ali, testa, manto e piedi completano la scena in cui i protagonisti
ormai tre con uguale valore: la Sacra Famiglia, i Magi e l'angelo [fig. 6].
In Francia nel timpano del portale della chiesa di Rozier-Cotes d'Auree (XI-XII
secolo) i Magi da una parte e il trono con la Madonna e il Bambino dall' altra
formano soprattutto due gruppi graficamente separati, con la stella al centro
[fig. 7]; analoga (e valida quindi come riassunto delle tante immagini dei Magi
scolpite nei secoli del medioevo) la lunetta del portale principale della chiesa di
San Mercuriale a Forl (XI-XII secolo o inizi XIII) [fig. 8]. Sono nove blocchi
di marmo, progettati contemporaneamente in funzione della disposizione archi-
tettonica, del racconto e della scultura da un artista di grandissima capacit.
All'incirca coevo (XI-XII secolo) era un pulpito nella Pieve di Arezzo: una sola
formella con una scultura bizantineggiante rimasta (rimontata all'interno del-
la facciata di S. Maria della Pieve). I tre Magi sono raffigurati come penitenti di-
messi e quasi inginocchiati dinanzi ad una Madonna regale in trono e guidati da
un angelo con enormi ali: niente di regale, niente di "Mago", semplici immagi-
ni in cui il fedele poteva ritrovarsi [fig. 9].
Sono i personaggi che creano la scena (anzi le scene che si susseguono) e lascia-
no dedurre da queste l'ambiente, inteso come allusione al racconto divino.
Sui capitelli della Cattedrale di Autun (XII secolo) l'angelo che sveglia i Magi ad-
dormentati emerge dietro alla coperta a pieghe che copre il letto e che il vero
elemento figurativo principale di tutta la scena. l'azione scenica che in tutti que-
sti secoli crea e motiva le raffigurazioni, diventando sempre pi autonoma rispetto
al soggetto originario: il capitello di Autun rappresenta forse un limite quasi ca-
ricaturale con la assunzione del letto con la sua coperta come ambiente [fig. 10].
Note
1
Per tutti i testi biblici riportiamo in tutto il libro la classica traduzione di Giovanni Di oda ti (Luc-
ca 1576- Ginevra 1649), traduzione italiana 1607; confrontandola ove necessario con la TOB, Al-
liance biblique universelle, Parigi 1977 el' edizione italiana Leumann Torino s.d. (a cura della C.E.I.
con molte note).
2
M. Picone, Presepi a San Martino, L'arte tipografica, Napoli 1954; M. Cabr, Le santomtier, Ber-
ger-Levrault, Parigi 1979; R. I-Iiltbrand, Presepi popolari italiani, EdiCart, Legnano 1989; T. Fitti-
paldi, Il presepe napoletano del Settecento, Electa, Napoli 1995; R. De Simone, Il presepe popolare
napoletano, Einaudi, Torino 1998; AA.VV., Il Presepio di Salzillo, Ci tt del Vaticano 1999; K. Wolf-
sgruber, Presepi tiro/esi, Athesia, Bolzano 1992; T. Fittipaldi , Il presepe Cuciniello, Electa, Napoli
1990; F. e G. Lanzi, Il presepe e i suoi personaggi, Jaca Book, Mil ano 2000.
3
Per i vangeli apocrifi vedi: I 11angeli apocrifi, a cura di M. Craveri, Einaudi, Torino 1969 e 1990;
apocrifi. Nativit e infanzia, a cura di A. M. Di Nola, Ugo Guanda editore, Parma 1977.
" Dall'Edizione Einaudi, cap. XI, 1-2.
5
Dall 'enorme bibliografia sui Re Magi: U. Monneret de Villard, Le leggende orientali dei
evangelici, Citt del Vaticano 1952; F. Cardini, I Re Magi. Storia e leggende, Marsilio 2000; M. F-
lix, [re Magi, Jaca Book, Milano- Descle de Brouwer, Parigi 2000.
Capitolo 2
Le leggende popolari e l) evoluzione iconografica
I Magi non sono solo nelle auliche rappresentazioni delle grandi basiliche e cat-
tedrali bizantine, romane, franche; sono una presenza essenziale durante tutto il
Medioevo anche nelle rappresentazioni popolari.
Nelle Alpi, lungo le strade che portano ai grandi passi, troviamo alcuni esempi
importanti in cui richiesta una particolare abilit di linguaggio, perch i fede-
li sono montanari che poco hanno visto al di fuori della loro valle, o viaggiatori
e pellegrini che vengono da altre svariate culture e conoscenze, anche figurative
e iconografiche.
Nel XII secolo, intorno al 1130, sulla strada del San Bernardino, a Zillis (alli-
mite settentrionale della Val Schons nel cantone dei Grigioni, a 944 m slm), un
santuario paleocristiano gi rifatto in epoca carolingia viene ricostruito e dedi-
cato a San Martino. Il soffitto piano formato da 153 riquadri di legno, cm 90
x 90, che uno sconosciuto pittore dipinge nella seconda met del XII secolo con
storie della Bibbia da Davide e Salomone fino all'incoronazione di spine di Ge-
s, dove il racconto evangelico si interrompe per cedere il posto a pochi riqua-
dri con episodi della vita di San Martino; intorno rappresentazioni simboliche
di vario soggetto [fig. l]
1

In questo straordinario documento di grande valore figurativo ben 15 riquadri
sono dedicati ai Magi, su un totale di 97 che riguardano le storie dell'Antico e
del Nuovo Testamento: la limitata dimensione dei riquadri obbliga a una divi-
sione dei vari episodi del tutto singolare e in ogni riquadro il pittore spesso ri-
pete i riferimenti all' ambiente.
Le annotazioni semplicissime che precisano dove sono e cosa fanno i Magi, si
ritrovano in tutti i riquadri di questa 'striscia' popolare romanica alpina, la
cui lettura come accompagnamento ai pi noti episodi evangelici doveva es-
sere immediata. L'autore preoccupato di comunicare essenzialmente tre co-
se [figg. la) lb] :
- chi sono i personaggi di ogni riquadro
- cosa stanno facendo
- dove sono.
L'elemento p rincipale per riconoscere i Magi la corona (nei vari riquadri le co-
rone non sono sempre uguali e il tipo pi ricorrente uguale alla corona di Ero-
de; pu trattarsi di variazioni di restauri): ossia per i fedeli del XII secolo nel vil-
laggio alpino prevaleva ormai il fatto che erano dei re anche perch una icono-
grafia corrispondente al ruolo di 'Mago' era inesistente e comunque sarebbe sta-
CAI'I TOLO 2 f LE LEGGENDE l'OPOLARI E L' EVOLUZIONE ICONOGRAFICA
161
fig. l . Zillis (Grigioui,
Con/ederozioue
Elvetico), cbieso di
San Martino, so/fitto
(1130 circo). formato
do 153 riquadri di
legno, cm 90 x 90,
(restaurati ue/2002), di
cui 15 dedicati ai Magi:
dal riquadro 63 a quello
7 7, seguendo lo
numertl1.JIIe adottato
do Poescbel, op. cit.
(vedi fig. lo).
162 PARTE TERZA l UN \l /AGGI O DURATO M/1./.E ANNI: l RE MAGI
.. la. (Grigioni, Confederazione Elvetica), chiesa di San MartliTo, so/fiito (1130 circa). Il viaggio dei Magz: Da
smtstra 111 alto: 64. Pmno Mago a cavallo 111 movimento verso sinistra l guarda avanti e indica co11 la destra ili avanti.
65. Seco11do lvlago a cavallo i11 mov!lell/O verso si11istra l guarda i11dietro e indiw sempre co11 la destra i11 ava11ti l
stesso terre11oe albero del 11. ?4 (i. riquadri 64 e 65 era110 origwriamente invettiti i11 modo cbe solo il primo Mago
agir altn due). 66. Terzo Mago a cavaf/o in movimento verso sinistra l tutto colite ilu.651 il
crelo e c/;wro come 111/utti i cenlra!i (con4 a destra e 4 a stislra) che si si accano cos dagli allri segnando l'asse
della dJtesa. 67. I Magt sono arnvalt a Gerusalemme: so11o qui raffigurati i tre Cl/valli che ellll"fii/O 11ella stalla
rappresentata da u11 arco l per ferra c' il prato co11 gli arhmti [tori ti. 68. l tre Magi scesi da cavallo si avvia11o verso
destra per 11el palazzo di Erode raffigurato co11 due archi i11 fondo, llta so11o an com [t10ri e il terre/lo che
calpesta Ilo e :rempre il prato con gli arbusti fi01iti. 69. Erode 1 tro11o 11el palazzo con zma guardia armata a fianco l
a stmstra verso t del11. 68 l l'111temo reso dall'arco i11 alto e dal pavime11to con la pedana de/trono. 75.
Nel vwgg10d1 ntomo il pnmo Mago cavalca verso si11istra l uscito dalla cri l che mppresentata co11 due edifici a
destra e a 76. Il s;condo Mago cavalca verso si11istm ed uSCiio dalla citt di cui si vede su tutto il riquadro la
porta! t! e :t prato .. 77. Il ter:w_Mago rapprese!llato all'i11i:ao di tma striscia dedicata ad altro episodio e
cbmde la sene der rrquadn det/Jcatr at Magt l e dtwn/111 alla stessa citt del n. 75, ma diretto verso destra al contrario dei
due Magi precedenti diretti da!!'altm parte.
CAPITOLO 2 l W LEGGENDE POPOLARI E L"EI'OLUZIONE ICONOGRAFICA 163
fig . .l b. Zillis (Grigiom; Co11federazio11e Elvetica), chiesa di Sa11 Marti11o, so/fil! o (1130 circa). Profeti e allegorie
dell'A11tica e della Nuova Alleanza. La setie dei nJlltldri del soffitto litizia con profeti e re della ge!lealogia di Cristo:
51. Roboamo, 931-913,/iglio di Salomone; re delle tre triht israelitiche sedeutarizzate a est del Giorda11o: Giuda,
Be11iamillo, Simeo11e (2" Cro11ache, 11-12) l Roboamo si affaccia da tm palazzo di cui fa patta decentmta per lasciare
poslo a due discbi separati da distanziatori. 52. La Sinagoga mppresentaltl dll 11110 donna cbe esce dalla porta di un
edi/ieto religioso: ai lati due torri ci{tiJdricbe all'ili temo e due rettangolari con copert11ra a tetto afl'estemo. 53. La Cbiesa
rappresentata !lllodo dano11 mellere tit risalto differenze nleva111i co11 la stimgoga: le torri cil1dricbe so11o all'estemo
e quelle retta11golari solto quaf/ro; il gesto della [tgum lo stesso, il pan11eggio e f'espressio11e mello accentuati; si direbbe
cbe l'unica vem differenza una piccola croce sul tiJJtfJliiiO.
ta incompresa. Sotto la corona il primo e il terzo Mago hanno una chioma ric-
cioluta, mentre il secondo ha sempre lunghi capelli svolazzanti anche quando
sceso da cavallo ed all' interno (quasi tutte le figure sono riprese dagli stessi pa-
tron con pochissime variazioni). Hanno scarpe basse con stringhe che salgono
ad avvolgere il polpaccio, rivestito da una calza aderente fino sopra il ginocchio
ora nera, ora rossa; tunica corta che lascia scoperte le cosce e grande mantello
svolazzante rosso, marrone o grigio usato anche per avvolgere i doni in segno di
omaggio. Non c' pi nulla di 'persiano' e gli abiti e gli atteggiamenti dei Magi
non differiscono da quelli dei tantissimi altri personaggi dipinti sul soffitto del-
la chiesa di Zillis.
Pochi, semplici e noti i gesti: indicare, benedire, offrire, tenere Je briglie, guar-
dare verso gli altri riquadri per accompagnare la successione delle scene altri-
menti frammentate.
Anche l' ambiente reso con pochi cenni, estremamente precisi e sempre pre-
senti come se l'autore si fosse preoccupato di dirci se siamo all'esterno (prato
con arbusti fioriti), all'interno (pavimento, archi) o appena usciti dalla citt (ca-
se a destra e a sinistra).
La suddivisione imposta dal formato ridotto serve a sottolineare i personaggi,
l'azione, il luogo: i Magi a cavallo occupano un riquadro ciascuno, ma se sono a
piedi possono stare tutti e tre in un riquadro, a meno che siano con la Madon-
na e allora saranno divisi uno in un riquadro e due in un altro; anche i cavalli
quando sono in riposo nella stalla stanno in un unico riquadro ecc.
Pi a nord, sempre sulle vie che scavalcano le Alpi verso l'alta valle del Reno
e il Tirolo, vengono affrescati in quegli stessi anni il convento benedettino eli
Mustair nella valle omonima e la chiesa dell a Consolata a Merano (S. Marie
Trost, Untermais); un secolo dopo, intorno al 1330, la chiesa di Vuorz (Wal-
164 PART TERZt l l UN I' IAGGfO DURATO AfiLLE ANNI: l RE MAGI
fig. 2. La cappella di Sangta Goda (Sant'Agata)
sull'altopiano di Disentis
(Grigioni, Confederazione elvetica).
tensburg, Grigioni, 1070 m slm).
In quest'ultima la pittura stesa
direttamente sulla roccia: i tetti di
Gerusalemme, all' inizio delle sto-
rie di Cristo, seguono appunto
l' andamento della pietra sotto-
stante.
Sui sentieri (tali erano all'epoca le
vie che traversavano le Alpi) era-
no del resto frequenti , anche den-
tro e fuori modeste chiesette, gran-
di affreschi illustrativi delle storie
della Bibbia e dei santi. Lungo la
strada che risaliva da sud il Tici-
no e la Mesolcina troviamo super-
stiti un eccezionale affresco con
Cristo e gli apostoli a San Remigio (Pallanza, secolo XII, vedi p. 107, f ig. 2) ,
una Ultima Cena all' Oratorio della Nativit di Maria a Cadessino (Oggebbio,
secolo XV) , affreschi con storie evangeliche nella chiesa del castello di Me-
sacco (Mesolcina, secolo XIV) e nella chiesa di San Carlo a Negrentino (Val
Elenio, secolo XI) ecc.
Le rappresentazioni dei Magi assumevano forse un significato particolare per chi
faceva il lungo e difficile viaggio di valicare le Alpi e l'Adorazione poteva sim-
boleggiare la sua felice conclusione, e il ringraziamento alla protezione accorda-
ta per superare difficolt e pericoli .
Chi aveva attraversato il passo del Lucomagno per raggiungere la valle del Re-
no, dopo aver disceso le ripide gole di Medel e poi risalito quelle del Reno, ar-
rivava ai pascoli sull'altopiano assolato presso il villaggio di Disentis a 1200 m
slm. Alla sua vista comparivano tanti piccoli edifici sparsi adibiti a stalle e fieni -
li, quasi tutti in legno. In muratura c' una cappella dove riposarsi e ringraziare
Santa Agata, protettrice dei viaggi, a cui appunto dedicata (Sangta Cada, in
reto-romancio) [fig. 2]. Costruita intorno al 1100 dalla non lontana Abbazia Im-
periale benedettina, rinnovata a partire dal 1420 e affrescata con scene della
vita di Sangta Cada. Dopo il1460 (quando in Toscana e nelle Fiandre i maestri
del Quattrocento hanno ormai dato vita alle grandi opere del primo Rinasci-
mento) vengono aggiunte due grandi scene: una Madonna protettrice col man-
to spalancato e una scena col viaggio e l'Adorazione dei Magi [fig. 3]. Nelle go-
le appena attraversate, il viaggio dei Magi era gi stato proposto nella chiesa del
villaggio di Piatta, dove il frammento superstite mostra le diverse tecniche usa-
te per il corteo lontano - appena disegnato a contorno - e il corteo vicino - af-
frescato a colori [fig. 4].
CAPITOLO 2 l LE LEGGENDE POPOLARI E L' EI'OLUZIONE ICONOGRAFI CA
fig. 3. Altopiano di Disentis (Grigioni, Confederazione Elvetica). Cappe!! a di Sangta Goda.
A Sa1tgta Goda il viaggio dei Magi percorre a se1pentina tutto l'affresco attraver.mndo!o tre volte tra ambienti
diversi, mi11uziosa!llente caratteriuati segue11do quel tipo cbe stato definito "prospettiva presepio/e", i11 cui gli
stessi personaggi compaio110 piccoli in fondo e aumentano di dimemione mano a 111t1no cbe si avvicinano.
165
I Magi arrivano per mare: i montanari in quel XV secolo 11011 avevano certo mai visto il mare e questo gi indicava
loro come i Magi venissero dn molto lo11!ano (dal di l dei passi alpini; n.uunti come con/le del sempre mitico
'Oriente'): arrivano in U/1 golfo con molte navi, Ira coste accessibili; ma subito scoscese.
Tu/la !ti ptlrle superiore de!!' affresco occupata da monti e valli assai sti!iuati e ripetuti: il corteo passa assai in
disordi11e e le piccole /igtmite si mescolano con qualche contadino tra case e stalle sparse (come quelle dell'altopiano
re/1{1/10): c' 1111 mulino e il caua!e cbe ne alimenta la mota prosegue realisticamente fino a/mare. Alla fine della
parte alta c' Gemsalemme in mi si entm su u11 ponte di legno cbe i cavalli stanno percorrendo; dalla citt turri! a il
corteo esce per 1111 altro ponte levatoio, subito dietro alla 'capanna' della Sacm Famiglia.
Il corteo attraversa la parte centrale dell'a/fresco e i cavalieri, tra cui i tre re al centro, sono prospetticamente pit
grandi, all'inizio del corteo c' una/anfarn con un tmmbone e due comi a serpentina. Questo tra!to centrale
separato dal primo piano so/lostante da una quinta di alberi: le loro foglie- disegnate con estrema precisione-
quasi incoronano i Magi arrivati davanti aliti capanna.
l n primo piano il corteo arriva da destra S/11111 pmto disegnato con llntumlistica competenza, su cui passeggiano due
cani: uno ba l bocca lo Jperone evidentemente appella tolto dagli stivali del padrone. Oltre ai Magi cbe
campeggiano al centro, la "capanna" l/1/t/ camera da letto con il /etto maii'IIOI1ia!e ri/aflo con una coperta verde e i
cuscini a roulenu. Davanti alletto c' il focolare conmlfl pentola e una nicchia con gli utensili, dietro una
staccionata delimita In stalla con il bue e l'as1o. A ricordnrci cbe 11011 siamo JJ/1/ a qualunque casa di ricchi
contadini, sul tetto c' la stella i11 corrispondenza n !la testa della Mndotma.
l personaggi proposti ai mo11tnnnri della valle del Reno sono tutti riccbi signori venuti da / uon; COli i vestiti della
corte di Carlo il Temerario (1433-1 477); ancbe la Madotma llllfl damigella delltl corte di Borgogna. Solo San
Giuseppe povero.
L"Orie11te' dn cui proviene il corteo, anche se al di l del mare pi che al di l delle Alp1; ba le sembianze di una
corte imperiale.
166
fig. 4. Piatta, villaggio ne!! a \fa! i\1/ede!
(Grigiom; Confederazione Elvetica).
Ne!! a cbiesa era affrescata t/Ila Adorazione dei
lvlagi, di cui restano poche tracce.
In questo framtnmto si vedono due Magi
appena scesi da cavallo, con due cam;- in fondo,
appena disegnato, il corteo si avvicina in mezzo
alle montagne, avendo lasciato Gemsalemme:
le case emergono dietro le Jllllra mer/ate.
Pi ad est, a Pontresina lungo la
strada che dal Bernina scende in
Engadina (cantone dei Grigioni,
a 1800 m slm), circa un secolo do-
po il soffitto di Zillis, intorno al
1230, viene affrescata la chiesa di
Santa Maria; in due riprese: 123 O
e 1495 [fig. 5]2.
Della prima decorazione sono ri -
masti (recuperati in successivi
restauri sotto le tante scialbatu-
re di calce sovrapposte nei seco-
li) solo tre episodi della vita di
Cristo: l'Adorazione dei Magi , il
Battesimo al Giordano, l'Ultima
Cena. Le tre scene sono raffigu-
rate sotto tre arcate architetto-
nche che partecipano contem-
poraneamente dell' ambiente del-
la chiesa romanica, fingendone
una navata, e dell' ambiente in-
terno agli episodi: nell'Adora-
zione un tendaggio accompagna
l'arcata come se i Magi fossero
entrati dentro una casa in cui la
Madonna siede in trono.
passato circa un secolo dal sof-
PARTE TERZA l UN l' l tlGG/0 DURtlTO A//LL/3 ANNI: I RE ,\ l t \GI
fitto ligneo di Zillis, ma non pochi elementi fanno supporre riferimenti pi an-
tichi, influenzati dalla pittura bizantina, la cui larghissima estensione raggiunse
anche le Alpi orientali. Le vesti dei Magi non seguono il corpo, non hanno pie-
ghe n ombre, sono un disegno geometrico steso uniformemente e indifferente
ai movimenti dei personaggi anche quando questi sono teatralmente complessi:
il secondo Mago indica con la destra a sinistra e tiene con la sinistra verso de-
stra il dono che offrir al Bambino, dalla parte opposta; ma nulla di questa com-
plicata coreografia appare sul vestito, anche se essa accompagna il volgersi del-
la testa e lo sguardo degli occhi.
CAPI TOLO 2 l LE LEGGENDE POPOLARI E L' EIIOLUZIONE I CONOGRAFICA 167
fig. 5. Pontresina (Grigio11i, Confederazione Elvetica),
chiesa di Santa Maria, affrescbi (1230 e 1495).
L'Adorazione dei Magi uno dei pochi affreschi rimasti
della serie eseguita nel1230: gli altri riguardano il
Battesimo e l'Ultima cena.
Attraversando le Alpi raggiungiamo
il luogo dove dal 1164 riposano le
presunte reliquie dei Magi: una ric-
chissima arca sull' altare della catte-
drale di Colonia, in una delle regio-
ni pi centrali dell'Impero [fig. 6] 3.
questo certamente uno dei motivi
per cui la pittura fiamminga ha as-
sunto l' episodio dell'Adorazione e
del corteo dei Re Magi tra i soggetti
pi impegnativi.
Roger van der Weyden (1400-1464)
ha dipinto almeno due volte l'Ado-
razione dei Magi: nella parte centra-
le del Trittico detto di Santa-Colom-
ba (1455-1459 circa, originariamente
a Colonia, ora alla Alte Pinakothek
di Monaco di Baviera) e nel Trittico
Biadelin di poco precedente (Staatli-
che Museen, Berlino)
4
[figg. 7, 8, 8a,
8b]. Nel primo la composizione
dominata dalla capanna perfetta-
mente centrale: un edificio in mu-
ratura assai rovinato, sormontato da
un tetto di paglia anche lui malan-
dato. Dentro ci sono il bue, l' asino,
la mangiatoia; davanti la Sacra Fa-
miglia e i Re Magi; ai lati si affac-
ciano pochi personaggi, forse spet-
tatori locali pi ancora che l'inizio
del corteo. Anche i Magi hanno po-
co di ' orientale': non hanno la co-
rona, ma dei berretti. Il personag-
gio pi all'esterno forse Carlo il Te-
merario; San Giuseppe, come in tan-
te altre raffigurazioni fiamminghe, un vecchio calvo, vestito di rosso. Tra que-
sta scena in primo piano e lo sfondo lontanissimo, non c' collegamento. die-
tro le arcate della diruta capanna che si vede un paesaggio composto e dipin-
to in funzione della composizione; formato da prati, da boschi, da case (una
grande chiesa in costruzione chiude il quadro sulla destra, e una citt - forse
la piccola citt fiamminga di Middelbourg - lo chiude sulla sinistra) , senza pi
alcuna stilizzazione. Nel trittico Bladelin [fig. 8] la capanna-stalla non al cen-
tro ed inquadrata lateralmente; nel fondo c' solo una citt (Gerusalemme in
edizione fiamminga) e van der Weyden ne apre le mura e riprende in prospettiva

168 PARTE Tl.iRZII l UN l'fAGGIO DU/VlTO .11/LLE ANNI: l RE MAGI
fig. 6. Colonia, cal/edmle di San Pietro. Testata del Reliquario contenente i corpi dei tre Re Magi, trasferiti ti
Coloma nel l164; realizzato da Nicolas de \ferdun e la ma bottega tra i/ 1181 e i/ 1230, in oro, argento, smalti e
gemme.
CAPITOLO 2 l LE LEGGENDE POPOLIIRI E L"E\IOLUZION/i ICONOGRilFICA 169
fig. 7. Roger van der \Veyden (1400- 1464), Trillico detto di Santa Colomba: pannello centrale con l'Adorazione dei
Magi (1455-1459 circa), Alte Pinakotbek Monaco di Baviera. Due scene compongono questo quadro: davanti al
centro Ullfl casa diroccata protegge la Sacra Famiglia e i Magi (tutti personaggi del Quattrocento nel
fondo wmpagne e paesi delle terre fiallllllillgbe. A ll1Jite tra il cielo scuro della notte e quello chiaro dell'alba o del
tramonto, spunta la stella (ma potrebbe anche essere il sole).
una lunga strada [fig. 8a]. Non questo il solo elemento inconsueto: per ce-
dere il posto al donatore nella pala centrale (Nativit) i tre Magi sono nello
sportello destro e sono ancora lontani da Gerusalemme: se ne vede poco pi
delle mura [fig. 8b].
Hans Memling (circa mezzo secolo dopo, 1433-1494) ha inquadrato anche lui
l'Adorazione nell a stessa capanna della Nativit, (scena centrale del Trittico al
Museo del Prado a Madrid, 1470 o dopo; scena centrale del Trittico Floreins al
Hans Memlingmuseum-Sint J anshospi tal a Brugge, 1479; poJittico di Hulin de
Loo, disperso tra vari musei: l' Adorazione al Museo del Prado, forse 1460-
1465) [fig. 9]
5
La capanna anche qui un rudere e - salvo qualche sposta-
mento -i personaggi recitano la stessa scena del quadro di van der Weyden:
uno dei Magi negro, un'altro canuto e quasi calvo. L'edificio-capanna chiu-
170 PARTE TERZA l UN \' /AGGIO DURATO .11/LLE ANNI, l RE MAGI
8
. ~
figg. 8, 8a, 8b. Roger va n der \'Veyden, Trittico Biade/in (1450-1455 cca). Berl1o, Staatlicbe Museum. Il pannello
di mezzo occupato dalla Nativit: la capanna non al centro ed vista nel suo intero volume dove colonne e
bi/ore si accompagnano al tetto di legno e paglia ro[)inato. Dietro alla capam1a raffigurata una citt (/i g. 8a) di cui
si vede in prospettiva una gmnde strada aperta nelle mura, percorsa da varie persone, con case, torri; campanili. l
Magi sono nel pannello di destra [fig. 8b] e la stella (con dentro il Bambino) li sta gnlando [)erm la scena centrale.
CAPITOLO 2 l LE LEGGENDE POPOLARI E L'EVOLUZIONE ICONOGRAFICA
fig. 9. Hans Memling (1433-1494), Trittico. Madrid, Museo del Pmdo. Pannello centrale con l'Adorazione dei
Magi. L'impostazione la stessa del precedente quadro di va n der \'Veyden (fig. 7); ancora pi aulica e
"Quattrocento fiammingo". l Magi arrivano da destra e uno nero; a sinistra si af/accitmo due riccbi personaggi.
171
de per quasi completamente il quadro e si apre con una serie di arcate al cen-
tro, in modo da most rare attraverso queste il luminoso paesaggio esterno: si di-
rebbe che siamo dentro una esedra al di l della quale si affacciano le case di
una citt fiamminga.
Nel grande dipinto Le sette gioie di Maria (Alte Pinakothek, Monaco di Bavie-
ra, 1480) [figg. 10, lOa], Hans Memling pone la Sacra Famiglia e i Magi al cen-
tro di una vastissima composizione, senza alcuna esaltazione prospettica rispet-
to agli altri infiniti episodi; sono davanti, ma non in primo piano e l'occhio del-
lo spettatore pu spostarsi tra i tanti eventi presenti in questo quadro. Per assi-
curare l'equivalenza degli avvenimenti, per banalizzarne la scelta da parte dello
spettatore, per dare alla pittura il compito di guida al posto dei testi evangelici
o pi recenti, Memling sposta il suo punto di vista (anzi: i suoi molti punti di vi-
sta) in alto, a volo d'uccello; l'ambiente definito allo stesso modo dal mare in
fondo come dai cavalli in primo piano. E l'ambiente ha bisogno dei personaggi:
anzi senza di questi e della loro azione, possiamo dire che la scena raffigurata
non 'ambiente'.
Non possiamo considerare i Magi come l'argomento principale di queste Sette
gioie di Maria: il titolo ci indica una chiave di lettura diversa dalla storia di Ge-
s (e manca infatti tutta la Passione) e forse quello che interessava era proprio
far vedere come in questo nostro mondo terreno possono avvenire tutti gli av-
venimenti ' divini'.
IO
lOa
172 PARTE TERZA l UN l'lACCIO DURATO MILLE ANNI: I RE MAGI
figg. 10, lOti. Hans Memling, "Le .\"elle gioie di Maria" (1480), Monaco di Baviera, Alte Pinakotbek.
Gli episodi evangelici si distribuiscono in una enorme campagna dolcemente verdeggiante: a sinistra i! lontano
corteo dei Magi, l'Anmmciazione, l'mrmmcio ai pastori, la Nativit, la strage degli innocenti, al centro i Magi e i
corter;- a de.rtm Cristo risorto, la Maddalena (cbe non vestita di rosso: rosso il 11/tlllto di Cristo risorto), la discesa
de!!o Spirito Santo, l'Ascensione, la morte di Maria. Altri episodi accompagnano queste scene, inserendo/e in 1111
panorama largbissimo ricco di e/emellli naturali ed urbani che corrispondono sopra/lutto a due tipologie:
-rocce e monti stilizzati, fuori scala, con pocbissimi alberi, il/oro compito sembra e.uere quello di quinte tra le
varie scene e tra alcune strade-sentieri che se1peggiauo verso il fondo creando wra straordraria profondit,
sopmllutto sulla d est m dove !tt strada comincia dal primo pia11o, dalla rossa figum fuori scala di Crirto risorto;
-edifiCi di tuili i tipi: mden; capanne mmli con i tipici colombage di legno, castelli, torn; portici, campanili incerti
/m momenti di realistico riproduzione e la fantasia p sfrenata: dispersi nella vastit del paesaggio e concentrati in
rm/eerico agglomerato cil!adino: Gerusalemme con i Magi ed Erode.
l n fondo, ma esaltato dal cielo, mffigumto come la parte pi luminosa del quadro, compare un tema sempre p presente
nel!'amhimte della pillura rinascimentale europea: !'ntXJUa. C' 1111/i11111e CO//l/11 ponte trd archi a slistra e sopra/fu/lo
c' il mare con due velieri e altre barche che mnclude l'orizzonte sulla destm, e si risolve anche lui in luce.
In questa prospelliva di profondissimo respiro, si nlltovono gli infiniti personaggi dei vari episodi t m w i, nella parte
centrale, tre cortei di cavalieri armati preceduti da vessilli, uno dei cortei, proprio sopra la capanna, lanciato td
galoppo. Un'altro corteo - il piz importante - volge le spalle allo spella/ore e si avvia per ww valle pro/onda
allllll'IJtalldo il se11so di grande rappresentazione di tutto il complesm; dalla prese111.a 1 esso di un cammello, di
alami negri col turbante e degli stendardi dei tre re, si deduce cbe probabilmente il corteo dei Magi i11 partenza
che ritoma in oriente evitando Gemsalemme.
CAPITOLO 2 l LE LEGGENDE POPOLARI E L'E\10 LUZI ONE ICONOGRAFICA 173
Proprio per dimostrare questa la composizione (cm 81 x 189)
insiste nell'accumulare personaggi dentro paesaggi descritti con sintetico reali-
smo. In alto a sinistra [fi"gg. lOa] compare per la prima volta il corteo dei Magi,
lontanissimo; si appresta ad attraversare un ponte, a valle del quale sono anco-
rati tre mulini ad acqua galleggianti. Al di qua del fiume il grano maturo e un
contadino lo sta mietendo. li corteo prosegue ed entra in Gerusalemme dove si
mescola con i guerrieri chiusi dentro nere armature che danno vita a numerosi
episodi della strage degli innocenti. Su una collina al di sopra, pascolano delle
pecore che separano l' Annunciazione (in alto) dalla Nativit (in basso); a questa
assistono dall'esterno di una finestra due frati con la tonaca nera
Al centro il corteo dei Magi in viaggio forse pi importante dell'Adorazione;
questa avviene dentro la capanna rovinata, consueta a tanta pittura fiamminga,
con tetto di legno e paglia, tra i muri di un rudere in mattoni; la stessa in cui
sulla sini stra del dipinto era avvenuta la nascita del Bambino. Qui dalla finestra
guarda un ragazzo. Come tre episodi di piccole dimensioni costituiscono il bor-
do sinistro (Annunciazione, Annuncio ai pastori, Nativit) cosi tre episodi par-
ticolari costituiscono il bordo destro: la discesa dello Spirito Santo, l' Apparizio-
ne a Maria e la sua morte.
Ma la conclusione del racconto evangelico spostata al fondo del quadro, ver-
so l' acqua del mare, verso la luce del cielo in cui ascende Cristo, salutato da un
gruppo di persone su una incredibile roccia.
Note
1
I Vangeli con le tavole di Zillis, 2 voll., FMR editore Milano, f.c. 1982; Alfons Meissen, Das Ro-
mnnische Deckengemalde von Zillis, COSA Disentis CH, s.d.; E. Poeschel, Die Kunstdenkmaler
des kantons Graubundeben, 1943. Il soffitto stato restaurato a part ire dal2002: la pubblicazio-
ne relativa in corso.
2
M. Bamert, O. Emmenegger, S.ta Maria in Fon/resina, Engadin Press, Samedan 1993, Foto Flury
(Alfred Lochau), Pontresina.
3
M. Flix, op. cit. , p. 81.
4
F. Cardini, op. cit., p. 142 e sg.; AA.VV., L'oeuvre de Roger de la Pasture- van der \Veyden 1399-
1400/ 1464, catalogue 1964.
5
AA.VV. , L'opera completa di Memling, Rizzoli editore, Milano 1969.
Capitolo 3
Il corteo imperiale
Cosa sapevano dei Re Magi e a quali testi si riferivano, gli artisti che a Oriente
e a Occidente dipinsero i Magi, dalle pi antiche raffigurazioni paleocristiane fi-
no a quelle romaniche nel XII secolo?
In questo secolo un nuovo avvenimento - vero e pubblicizzato - si sovrappone
alle antiche frasi dei Vangeli e cambia forse il senso che fino allora era stato da-
to ai tre Magi.
Andiamo a rileggere quello che racconta Giovanni da Hildesheim (seconda me-
t del XIV secolo) in un testo molto diffuso sui Magi: Historia t rium regum.
Elena (madre di Costantino, circa 257 -336) era andata solennemente a Gerusa-
lemme subito dopo il Concilio di Nicea (325) per confermare la priorit del-
l'Imperatore e la sua strutturale alleanza con le gerarchie religiose e con l'inten-
zione di stabilire un asse Gerusalemme/Costantinopoli. A questo scopo Elena
aveva fatto incetta di reliquie; anzi, si potrebbe quasi dire che aveva inventato
per esse un ruolo fino ad allora sottovalutato e che avrebbe attribuito loro un
valore testimoniale rispetto ai luoghi di conservazione e venerazione: Gerusa-
lemme o Costantinopoli o Roma o Venezia o dovunque.
In questo suo intento Elena era poco preoccupata della autenticit storica delle
reliquie che acquistava; o forse chi gliele proponeva era sufficientemente abile
per ingannare la pietas dell'Imperatrice. Certo che tra le tante improbabili re-
liquie acquistate per Costantinopoli in quel viaggio, i corpi dei Re Magi erano
la pi improbabile di tutte ed ancora pi improbabile come Elena le avesse ot-
tenute: nessuna difficolt per Melchiorre e Baldassarre, ma per Gaspare dovet-
te cedere in cambio il corpo dell'apostolo Tommaso.
Sempre Giovanni da Hildesheim ci informa che a Costantinopoli le tre reliquie
furono poste in Santa Sofia, centro del potere imperiale, per rafforzare con il so-
stegno della religione l'autorit- e il 'culto'- dell'Imperatore, quasi a compen-
sare la sua cessata appartenenza al pantheon pagano.
Queste reliquie sarebbero rimaste per pochissimo a Costantinopoli: continua-
rono a viaggiare e i loro viaggi finirono per assumere pi importanza di quello
che da vivi i Magi avevano fatto a Betlemme, quasi a confermare che il viaggio
era la loro immagine e che la loro evocazione immediatamente si associava al
corteo regale con bagagli, cavalli, servi, cammelli e quant'altro, in marcia per
monti e valli.
Da Costantinopoli sarebbero state trasferite a Milano dal vescovo Eustorgio I gi
durante l'impero di Costantino II (337-340), quindi a circa dieci anni dal viag-
CAPITOLO 3 l IL CORTEO IMPERli! W
175
gio da Gerusalemme, su un carro tirato da due vacche; ma un lupo ne mangi
una, per cui Eustorgio dovette miracolosatl(ente addomesticarlo e aggiogarlo.
Gli autori di scene con i Magi durante tutto il medioevo, probabilmente non
sapevano quello che sapeva, o inventava, Giovanni da Hildesheim, dieci seco-
li dopo Elena e due secoli dopo il momento in cui un vescovo, nato appunto
ad Hildesheim, Rinaldo di Dassel, fece uscire i corpi dei Magi dalle leggende,
legittimando il dubbio che queste reliquie non fossero mai esistite, n mai ve-
nute da Costantinopoli. Potrebbero essere state reinventate in un altro mo-
mento storico, nella seconda met del XII secolo, quando Federico I Barba-
rossa conquista Milano nel 1162; quattro anni prima sotto il pavimento della
basilica di Sant'Eustorgio erano stati rinvenuti tre corpi perfettamente con-
servati, grazie a un balsamo miracoloso, legati insieme da un cerchio d'oro (se-
condo la De rebus anglicis sui temporis del monaco agostiniano Guglielmo di
Newburg). Questi resti furono trasferiti nella chiesa di San Giorgio, assumen-
do un ruolo ideologico nella lotta di Milano contro l'Impero. La sconfitta del
Comune di Milano e la vittoria degli imperiali la causa dell'ultimo viaggio,
storicamente certo e ben documentato: il 10 giugno 1164 l'arcivescovo di Co-
lonia e arcicancelliere dell'Impero Rinaldo di Dassel guida il corteo che parte
da Milano e per Pavia, Torino, Moncenisio, Borgogna, Lorena arriva a Colo-
nia dove i Magi sono sepolti in quella che diventer la Cattedrale, in una stu-
penda arca d'argento dorato, smalti e gemme, opera dell' orafo Nicolas de Ver-
dun (1181-1230) e dono dell'imperatore Ottone IV, in cui resteranno per sem-
pre (vedi p. 168, fig. 6).
Se del viaggio da Gerusalemme a Costantinopoli e di quello da qui a Milano, co-
me del lungo periodo milanese, non troviamo nessuna eco nell'iconografia dei
Magi durante quei secoli, questo grande, imperiale viaggio influenza invece pro-
fondamente le tante raffigurazioni successive. La sua immagine si aggiunge son-
tuosamente alle scarne parole di Matteo e il corteo venuto dal favoloso e inde-
terminato Oriente, assume entusiasticamente le ricche vesti della corte imperia-
le, soprattutto nei paesi e nei periodi pi influenzati dal Sacro Romano Impero
e nel gusto del grande gotico internazionale, che si estende in Europa nelle ter-
re in cui non giunta (o si ormai esaurita) l'influenza bizantina.
L'ambiente che viene immaginato per i Re Magi proposto nella scena dell'A-
dorazione; dove la capanna sempre l'elemento principale, anche se non al
centro figurativo dell'immagine; anzi deve lasciare spazio per i Magi e il loro cor-
teo. Questo non pi quello immaginario che arriva da un misterioso Oriente,
ma sempre di pi formato dai signori e dai sovrani europei del XIV-XV seco-
lo e dai loro servi e scudieri.
La rega (interna ad ogni scena, e nella successione degli episodi) sempre pi
complessa: deve tener conto di un lontano passato assai leggendario e di un pre-
sente invece ben noto, indicando cosa raccontare e come: essa che determina
il ruolo dell'ambiente.
A Padova, Giotto nella Cappella degli Scrovegni (1302-1305, cfr. parte IV, cap. 2)
dipinge per l'unica volta l'Adorazione dei Magi [fig. lb]. La scena inquadrata
~
176
l b
PARTE TERZA l UN l'1GGI O DURATO AULLE ANNI : l RE MAGI
figg. l a, lb. Giotto
(1267?-1337), La Nativli,
!}Adorazione dei Magi
(1302-1304). Padova,
Cappel1a degli Scrovegni. La
capanna appare gigantesca
davanti ad 1111a montagna
dip1ta assai genericamente.
Nella Nativit la capanna
quasi al centro e lascia a
destra ZII/O spazio per i paston;
nell'Adorazione la capan1w
la stessa e copre la montagna
sulfondo. Giotto ha cio
accettato l'ipotesi che i Magi
arrivano a Betlemme subito
dopo la nascita, altrimenti
non si spiegherebbe percb la
Sacra Famiglia sia ancora
ne11a mstica capamw. Al di
sopra la stella cbiaramente
una cometa confa coda,
i11vece del consueto raggio
puntato sul Bambino. La
cometa di Halley era stata
vista in Europa ne/ 1301 e
secondo molti studiosi Giotto
sarebbe stato il primo a
dipingere la tradizionale ste11a
coJ/le tma cometa.
CAPITOLO 3 l /L CORTEO IMPERIALE
177
nella sequenza completa del racconto evangelico: dopo la Nativit [fig. l a] e pri-
ma della Presentazione al Tempio l Fuga in Egitto l Strage degli innocenti: la
capanna sotto cui Ges nato a costituire l'ambiente comune della Nativit e
dell'Adorazione dei Magi. La continuit del racconto deve essere realizzata con
elementi dipinti all'interno delle varie scene: possono essere i protagonisti resi
riconoscibili dal ripetersi degli stessi "patron" e degli stessi colori negli abiti, ma
spesso anche - o soprattutto? -l'ambiente scenico nei suoi elementi specifici
e immediatamente riconoscibili, come appunto qui la schematica tettoia sotto
cui sarebbe avvenuto il parto di Maria e davanti alla quale sono giunti in ado-
razione i Magi. la stessa che Giotto (o qualche giottesco) aveva dipinto nel
transetto nord della basilica di Assisi: anche qui la capanna appoggiata alla roc-
cia quasi fosse la parte esterna di una grotta. Anche l'Adorazione dei Magi av-
viene davanti alla stessa capanna.
Lo stesso criterio della ripetizione dell' ambiente scenico seguito pochi anni do-
po da Altichiero da Zevio (1320-1395) nella retro-faccata dell' Oratorio di San
Giorgio sempre a Padova (1379-1384) [fig. 2].
Le scene illustrate sono cinque: Annunciazione, Nativit, Adorazione dei Magi,
Fuga in Egitto, Presentazione al Tempio
1

L'ambiente nelle due scene della Nativit e dell'Adorazione qui rigidamente lo
stesso; non ripetuta solo la capanna (come settantacinque anni prima nella stes-
sa citt agli Scrovegni, modello a cui si sono certamente riferiti i Lupi di Soragna
per l'Oratorio di San Giorgio) . Oltre alla capanna, molto pi completa della sem-
plice tettoia giottesca, sono gli stessi monti nelle stesse dimensioni (e circa con le
stesse divisioni in "giornate", quindi verosimilmente ricopiati ' a spolvero' da qual-
che ragazzo di bottega). Queste identiche immagini sono per slittate in manie-
ra da annullare lo spazio a sinistra della capanna (obbligando Giuseppe ad avan-
zare) e creare spazio a destra per i tre Re Magi, dodici persone del seguito, sei ca-
valli, un cammello, tutti allineati in primissimo piano: dietro non c' nessuno. Al
loro posto nella Nativit c' erano tre pastori discretamente adoranti a distanza, un
cane, quattro pecore; dietro, un angelo annunciante ad altri tre pastori e altri tre
angeli sul colmo della capanna (' a secco' e fuori scala rispetto a tutte le altre fi-
gure) . Accanto alla capanna nella Nativit c'era solo l'asino e dentro nessuno: nel-
l'Adorazione dei Magi non c' pi l'asino e due angeli sono entrati nella capan-
na, ai lati della Madonna e del Bambino. L'identit della scena, permette allo spet-
tatore di considerare cambiati solo gli avvenimenti descritti in primo piano re-
stando immutato l' ambiente: quello povero dei pastori e quello regale dei Magi.
Non c' stato altro cambiamento che quello in primo piano: dalla capanna al gran-
de corteo, da una scena vuota per isolare la Madonna e il Bambin.o, a una scena
piena di figure. Un altro elemento interessato da questo ' scorrimento' della sce-
na: in alto a destra (e anche nella successiva Fuga in Egitto) c' una citt murata
e turrita, ben diversa da villaggi, chiese, torri, borghi, castelli inerpicati negli sfon-
di stilizzati e allusivi di tanta pittura medioevale. La citt di Altichiero parte fon-
damentale dell'intera composizione e determina per contrasto l' ambiente extra-
moenia delle scene evangeliche.
178 PARTE TEl<ZA I UN l'l AGGIO DURATO MlLLB ANNI: l RE MAGI
fig. 2. Padova, Oratorio di San Giorgio, retro-facciata affrescata negli rmni 1379-1384 da lllticbiero da Zevio (1320-
1395). Gli episodi illustrati sono cinque: Anmmciazione, Nativit, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto,
Presentazione al Tempio. Nei due episodi della Nativit e dell'Adorazione, la scena esrllltl!llente la stessa, slillata
per far posto al corteo dei Magi, le montagne sono a.uolutamente bmlle. Nella Fuga in Egitto invece la vegetazione
arriccbisce monti e valli.
CAI'l1'0LO 3 / !L CORTEO IMPERIALE 179
fig. 3. Bortolo di Fredi (1330-1410), Adorazione dei JVIagi. Siena, Pinacoteca Nazionale.
La tavola divisa in due parti: in primo piano l'Adorazione, gremita di personaggi in piedi, in ginoccbio, alla briglia
dei cavalli, nello sfondo, separato da fantasiosi pianori verdi, due ci/l cinte da mura. A sinistra la citt cbe
rappresenta Gemsalemme Siena.
4
4a
180 PARTE TERZA l UN \T/AGGIO DURATO MI LLE ANNI: l RE MAGI
/igg. 4, 4a. Taddeo di Bartofo (1362-
1422), Amumciazione e i Santi
Cosma e Dallliano. Siena,
Pinacoteca: scene della predella con
fa Nativit e l'Adorazione dei Magi.
Le due scene sono mffigurate
esattamente sullo stesso sfondo di
montagne e alberi.
Anche la citt slitta pas-
sando dalla Nativit (tre
torrl) all'Adorazione dei
Magi (quattro torri e circa
il doppio di estensione del-
le mura) e anzi Altichiero
'gioca' di prospettiva e co-
me se avesse spostato il
punto di vista verso destra,
penetra con lo sguardo
maggiormente tra i monti
e la citt e il raccordo mer-
lato fuori porta pi am-
pio nell'Adorazione (dove
il ponte levatoio che chiu-
deva la porta nella Nativi-
t scomparso). Le due
citt all'interno sono ugua-
li, mentre quella che occupa l' angolo in alto a destra della Fuga in Egitto un'al-
tra citt, incerta tra balconati minareti e il Santo di Padova.
Lasciamo Padova e spostiamoci a Siena, ben pi collegata di Padova e del Ve-
neto in quel XIV secolo con l'Europa gotica e imperiale.
Sono le mura di Siena che chiudono l'Adorazione dei Magi di Bartolo di Fredi
(1330-1410): anzi tutta Siena che diventa Gerusalemme [fig. 3]. Il corteo dei
Magi (cavalli, cammelli, cani, scimmie, uomini bianchi e neri) passa attraverso
montagne disegnate come dolcissimi altopiani, evitata una prima citt turrita, en-
tra a Gerusalemme-Siena, si ferma nel palazzo di Erode, esce da un' altra porta.
per noi difficile riconoscere il porticato sotto cui Erode riceve i Magi, mentre
sulla sinistra, Bartolo non ha esitato a dipingere la Cattedrale Senese che pro-
prio in quegli anni veniva completata nella parte absidale.
A Siena Tadcleo di Bartolo (1362-1422) , dipinge nel1409 nella predella dell'An-
mmciazione e i Santi Cosma e Damiano (oggi alla Pinacoteca di Siena) [fig. 4], in
due quadretti, esattamente le stesse montagne, gli stessi alberi, lo stesso prato, la
stessa mangiatoia. Una scena l'Adorazione dei pastori, l' altra l'Adorazione dei
Magi. Nella prima il Bambino appena nato ed nella mangiatoia, nella secon-
da in braccio alla madre. La stella si spostata in modo da essere sempre in ver-
CAPI TOLO 3 l IL CORTEO IMPERIALE
figg. 5, 5tl. Stefano di Giovanni di
Consolo detto il Sassetta (1400?-1450).
Il Viaggio e l'Adorazione dei Magi sono
oggi due tavole divise tra il Metropolitan
Museum o/ Art di New York (il viaggio)
e la Collezione del Monte dei P aschi di
Siena (l'Adorazione, Palazzo Cbigi-
Saracini, Siena). Il corteo e i lv[agi so/Io
chiaramente rappresentati come dei
riccbi signori toscani del Quattrocento.
ticale sulla testa del Bambi-
no; anche il bue e l'asino si
sono scambiati la posizione.
L'ambiente sempre esatta-
mente lo stesso.
Pu riassumere questo per-
corso della storia dei Magi
dalla costruzione di un pae-
saggio immaginato alla rap-
presentazione eli un am-
biente reale, un dipinto ese-
guito intorno al1435 da Ste-
fano di Giovanni di Conso-
lo detto il Sassetta (Cortona?
1400? - Siena 1450). Siamo
negli stessi anni del Beato
Angelico e eli Rogier va n der
Weyden. Sassetta dipinge
181
una tavola oggi divisa tra la Collezione del Monte dei P aschi eli Siena [fig. 5].
Questi due pezzi appartenevano a una unica opera (forse uno sportello o un ele-
mento di predella eli una pala) e sono giunti a noi divisi; le due parti delle tavo-
le sono state tagliate
2

Siamo sicuri che questi due pezzi appartenevano a una unica composizione pi
grande perch i Magi (con l' aureola) e un altro personaggio (con manto rosso e
colbacco) hanno gli stessi vestiti sia quando sono piccoli e lont ani nel corteo, sia
quando sono ormai arrivati in primo piano nell'Adorazione.
Questa ampia composizione cominciava dunque con la Sacra Famiglia in primo
piano a destra cui si collegavano direttamente i Magi al centro con pochi per-
sonaggi; un breve distacco segnava l'inizio del corteo dove gli stallieri allonta-
nano i cavalli da cui sono ormai smontati Magi e cavalieri; il corteo proseguiva
nel tratto tagliato a sinistra e si riallacciava alla sequenza superiore del viaggio.
Non sappiamo quanto e cosa ci fosse nel mezzo per completare le immagini ta-
gliate e per raccordare le differenze prospettiche della roccia e la dimensione dei
personaggi.
Un posto eli protagonista ha la stella: come in Taclcleo di Bartolo e in tante al-
tre Nativit; anche in Sassetta la stella non in cielo, ma proiettata sullo sfon-
5
5a
182 PARTE TERZA l UN \'!AGGIO DURATO WLLE ANNL I RE MAGI
fig. 6. Giovanni di Paolo (1403-1482),
Adorazione dei Magi, New ){!rk,
Metropolitan Museum o/ Art.
La descrizione della campagna
coltivata, dietro alla capamw e ai l'vlagi
precisisstina: 1111 prato-pascolo cbiuso
da siepi con le pecore e il pastore e 111/fl
pi lontana pia11um a grandi campi
regolari.
do della montagna, al di
qua dell ' ultimo giro del
corteo e serve a darci l'alli-
neamento del pezzo di N ew
York con la testa del Bam-
bino a Siena.
Si supposto che al cen-
tro del corteo i tre cavalieri
e i due pedoni che non
guardano nella direzione
del viaggio, si voltino pro-
prio a guardare la stella co-
me guida; la stella sarebbe
allora l' elemento di colle-
gamento che accompagna il viaggio come in una successione
3
.
Sono comunque i Magi i grandi protagonisti di questa opera di Sassetta. La Sacra
Famiglia a destra ed trasformata in una Madonna in trono col Bambino: San
Giuseppe si affaccia appena, come il bue (che ci propone le corna e un unico in-
credibile occhio) e l'asino tutti all'interno della stalla, oltre l'arco. A ridurre il ruo-
lo della Sacra Famiglia, essa attorniata da presso non solo dai Magi al centro, ma
anche da due forbite figure femminili che chiudono a destra (e richiamano forse
le levatrici dei Vangeli apocrifi dell'infanzia). Ben diversa la consistenza del cor-
teo: oltre ai tre re (ripetuti due volte e in entrambe con l'aureola in modo da non
lasciare dubbi sulla loro identit), d sono nell'Adorazione sette figure umane tra
cui tre bambini, quattro cavalli e due cani; nel viaggio quattordici persone oltre ai
Magi, undici cavalli, tre muli con basto (sopra cui una scimmia e un cane) , due ca-
ni di cui uno a guinzaglio. Tutti questi personaggi hanno vestiti coloratissimi, viag-
giano a gruppi di tre chiacchierando e gesticolando su una strada acciottolata (e i
ciottoli sono grossi in primo piano in basso e sono solo punte di pennello in fon-
do) tra una collina chiara davanti e una verde pi scura dietro su cui pochi albe-
ri, quasi tutti spogli, si alternano con due uccelli nostrani e due struzzi (?) lonta-
ni. In cielo uno stormo di sei cigni (?) sorvola Gerusalemme; ma come l'Angelico
nella Pala di Cortona (forse un anno prima) aveva ripreso il vero panorama della-
go Trasimeno, cos Sassetta qui d propone come mura di Gerusalemme le mura
di Siena, con una porta di fondovalle e un palazzo sul colle sovrastante. Certo l'am-
biente in cui vanno a spasso questi personaggi quello delle colline senesi del
CAPITOLO 3 l IL CORTEO IMPERIALE
fig. 7. Giovanni di Paolo, Madonna dell'Umilt.
Siena, Pinacoteca Nazionale. Lo sfondo dietro
alla Madon11a si allarga qui ancora pii della pala
delta fig. 6; monti e campi coltivati arrivano fino
al cielo, diviso in due fasce di diversa to11alit. La
Afadom1a davanti a t/Il prato-bosco fiorito.
Quattrocento e questi cavalieri sono
tutti ricchi signori toscani in gita con
i loro servi.
L'ambiente si allarga ancora di pi,
passando a un panorama totale in cui
la campagna coltivata assume lo stes-
so ruolo della citt, delle persone,
delle costruzioni: l' attenzione prag-
matica agli elementi dell' ambiente
prevale rispetto a quella ideologica
(religiosa o principesca) . L'interesse
rivolto a quello che stato chiamato
il "panteismo" rinascimentale (G.C.
Argan). in questo periodo (secon-
183
da met del Quattrocento) che il senese Giovanni di Paolo (1403-1482) dipinge la
tavola dell'Adorazione dei Magi, adesso al Metropolitan Museum of Art di New
York [fig. 6].
I personaggi (la Sacra Famiglia, i tre re, due cavalli con un servo, il bue e l' asi-
no) sono pieno Quattrocento, tra Gentile e Benozzo, tra van der Weyden e Mem-
ling. Al centro tre grandi rocce "arcaizzano" verso la ormai vecchia stilizzazio-
ne del lungo periodo medievale; ed per una scelta precisa di Giovanni di Pao-
lo perch ben diverse sono le tre montagne nello sfondo, sotto un cielo azzurro
pieno di nuvolette. Questi elementi inquadrano due descrizioni accuratissime
dell'ambiente rurale:
-nella parte centrale un prato-pascolo chiuso da siepi in cui un pastore gover-
na un piccolo gregge;
- verso il fondo una grande pianura coltivata a campi regolari con alcune piantate.
Che questo genere di ambiente fosse ormai consueto, lo conferma lo stesso Gio-
vanni di Paolo con la Madonna dell'Umilt [fig. 7]: le montagne stilizzate come
uguali e simmetrici coni si alternano nel fondo con campi variamente coltivati, ma
tutti esattamente rettangolari: e anche i monti sembrano occupare degli analoghi
rettangoli. Un fiume serpeggia dividendo in due parti questa campagna: in quella
pi vicina sono stilizzate due citt murate. La Madonna seduta su un cuscino, in
mezzo a un prato ricco di fiori. Questo quadro non riproduce un ambiente esi-
stente; tutto inventato, ma ogni elemento dell'invenzione esiste ed riconosci-
bile, anche se non nell' ordine e nel modo imposto da Giovanni di Paolo.
~ t
184 l'A RTf: TERZA l UN l'liiGCfO DURATO .lfll.Lf: ANNI: l Rf: AlACI
fig. 8n. Hans Memling, Madonna col Bambino e due angeli (1480-1490 circa). Monaco, Alte Piuakotbek.
La Madonna seduta davanti a 1111a siepe di rose m wi spicca per il manto rosso.
CAPITOLO J ! I L CORTf:O IMPEIVALf:
fig. 8b. Hans Memliug, Dittico di
Monaco, pala sinistra, lv/ado1111a col
Bambino e angeli m11sicanti (dopo
1490). Madrid, Museo dei Pmdo.
Come nella precedente fig. 8a (e nella
fig. 7) la Madonna davanti a 11na
siepe di rose, tra angeli musicauti.
All' incirca contemporanee
dei quadri di Giovanni di
Paolo sono due pale di
Hans Memling (1435-
1494): Madonna col Bambi-
no adesso al Museo del Pra-
do, e una delle tavole del
dittico adesso a Monaco,
Alte Pinakothek (fgg. 8a,
8b]. In entrambe la Ma-
donna seduta al centro e
circondata da angeli musi-
canti: il suo manto rosso
e perci spicca sulla siepe di
rose immediatamente re-
trostante. Il manto della
Madonna di Giovanni di
Paolo era scuro e solo tre
accenni del cuscino e del-
l'abito staccavano la figura
da un analogo muro di ro-
185
se. Memling aveva lavorato per committenti fiotentini , ma se anche aveva cono-
sciuto il pittore senese e le sue opete, non sappiamo quali furono le eventuali e
teciproche influenze. Cetto lo sfondo al di l delle rose completamente diffe-
rente: abbiamo visto come Giovanni di Paolo costruisse il modello di un pae-
saggio agricolo, mentt e Memling disegna un paesaggio assolutamente realistico,
anche se forse inventato da lui.
Diversa la formazione di Guido di Pietro 'l'osini (Vicchio circa 1400 - Roma
1455), che ptese il nome di fra' Giovanni da Fiesole quando entr nell'ordine
dei Domenicani e pass alla stotia come Beato Angelico.
Il suo ambiente non quello delle ricche famiglie e delle loro corti, ma quello
dei conventi e delle chiese che da circa due secoli i nuovi Ordini religiosi (Do-
menicani e Francescani soprattutto) costruivano nei borghi periferici dei Comuni,
con il r uolo - chiesa e piazza antistante - di centro dei nuovi quartieri, oltre le
cerchie delle antiche mura medioevali.
Il lavoro che l'Angelico affront nei circa trenta anni di attivit, proprio per que-
sta sua duplice veste di frate e di pittore, fu enorme e fin per costituire un pun-
186 PARTE TERZA l UN \1/IIGGIO DURATO MILLE ANNI: l RE MAGI
fig. 9. Beato Angelico (1400-1453), Tabemacolo dei Linaioli. Firenze, Museo di San Marco. Adorazione dei Magi.
Scena al centro della predella: la tradizionale capanna qui 1111a casa, le 11111m rosse e merlate di Gerusalemme
costituiscono 11n insolito fondale.
to di riferimento obbligato sia per l'iconografia religiosa sia per lo stile pittori-
co, almeno fino alla Controriforma.
Nelle raffigurazioni dei Magi molti elementi sono ricorrenti, come in tante altre
scene dipinte ripetutamente dal Beato Angelico; e non avrebbe senso limitare a
questo solo soggetto lo studio dell'ambiente dell'Angelico.
Le scene dei Magi si caratterizzano comunque per alcuni aspetti [fi'gg. 9, l O, 11]
4
:
-I personaggi sono indiscutibilmente nobili e popolani toscani del '400.
- li viaggio e il corteo sono subalterni alla scena dell'Adorazione, diversamente
da quello che avviene in molti altri casi contemporanei (Benozzo Gozzoli a pa-
lazzo Medici soprattutto).
- La casa o la capanna sono una importante quinta scenografica che distacca la
Sacra Famiglia dal resto della scena, assumendo una posizione centrale domi-
nante; disposizione frequente nelle contemporanee pale dei pittori fiamminghi.
Negli altri casi la capanna l'elemento terminale laterale, secondo lo schema pi
tradizionale.
- Ci possono essere, anche in primo piano, alla pari con la Sacra Famiglia e i
Magi, altri personaggi aggiunti al racconto evangelico.
- Il margine inferiore quasi sempre un prato fiorito: lo anche nelle Annun-
ciazioni e in tanti altri dipinti dell'Angelico.
- Il fondale della scena in genere diviso in due piani: il primo delimita l' avve-
CAPI TOLO J l IL CORTEO IMPERlALE
fig. 10. Beato Angelico, Convento di San Marco, Firenze, cella 11. 39 di Cosimo de' Medici.
Affresco con l'Adorazione dei Magi: i111111 paesaggio mont11oso, i Magi 11011 banno md! a di regale; la capanna
mppresenlala da 1111 Jl/111'0 dava11ti a cui sembra si sia incontrato 1111 gruppo di amici.
187
nimento con elementi quasi sempre architettonici, il secondo si profila dietro a
questi ed ha le caratteristiche di un paesaggio naturale lontano con monti, citt
e quant' altro; riferimenti a luoghi reali probabilmente pi frequenti di quanto
oggi si possa ricostruire.
- Nei paesaggi compaiono spesso elementi stilizzati che richiamano la pittura dei
decenni e dei secoli precedenti, accanto ad altri che anticipano il pieno '400.
Questi caratteri contraddistinguono del resto tutta la pittura dell'Angelico.
Osserviamo la pala per l'altare della cappella di San Nicol nella chiesa di San
Domenico a Perugia, 1437, oggi smembrata tra la Galleria nazionale dell'Um-
bria a Perugia e la Pinacoteca Vaticana [fig. 12]. Le tre scene della predella (cm
34 x 60) rappresentano fatti della vita di San Nicola concentrando pi scene in
ogni riquadro: ci comporta la necessit di accostare molti elementi per inqua-
drare avvenimenti all'interno delle case, su sagrati fioriti, in cortili nudi, nei cam-
pi davanti alle mura della citt, o in una delle rare rappresentazioni marine. Que-
sta complessa scena forse l' opera pi fantastica dell'Angelico e obbliga a rive-
dere la tradizionale e pi diffusa immagine di una sua pittura quieta e compas-
sata; possiamo al limite assumere questo dipinto come simbolo di un ruolo nuo-
vo assegnato alla rappresentazione dell'ambiente. Il mare verde, il prato gri-
gio, le montagne sono rosse o gialle, un paese domina a sinistra, un altro sem-
188 PARTE TERZA l UN l'fAGGIO DURATO MILLE ANNI: 1 RE MAGI
fig. 11. Beato Angelico, Armadio degli argeuti, 1450. Fireuze, 1\ ifuseo di San Marco. Tra le tavolette della parete di
cbiusura dell'Armadio c' al ceutm la Adorazione dei Magi. La capamw inquadrata da due quiute di montagua.
bra un gioco di bambini appoggiato ai piedi di un castello che domina la fran-
tumazione geometrica di un'incredibile penisola tra due mari in burrasca. La rea-
listica ricerca fatta sul lago Trasimeno per la pala di Cortona solo di tre anni
prima. I personaggi nella met sinistra sono santi e imperatori e campeggiano
maestosi; quelli nella met destra sono scaricatori di porto che insaccano grano
e sono piccoli anche se in primo piano come i personaggi sulla sinistra, a dimo-
strare che anche le regole della prospettiva possono produrre effetti straordina-
ri sia quando sono rispettate (come nel promontorio) sia quando sono strumen-
talizzate per effetti teatrali. Nel cielo, luminosissimo, un tondo d'oro rivela un
San Nicola piccolissimo che interviene a governare una vela gigantesca.
CAPITOLO 3 / IL CORTEO IMPERIALE
fig. 12. Beato Augelico, Pemgia, Cbiesa di San Domenico, Cappella di San Nicola, Pala (1437). Attualmente
smembrata tra la Galleria Naziouale dell'Umbria, Pemgia, e la Piuacoteca \!aticaJ/(/.
189
Il mare sempre stato un tema di grande impegno e prestigio. Si pensi al mo-
saico che nella Tribuna dell' organo a San Marco a Venezia rappresenta la barca
che portava a Venezia le reliquie appunto di San Marco [fig. 13a] e alla nave di-
pinta da Agnolo Gaddi a Santa Croce a Firenze [fig. 13b]5.
fig. 13a. \!euezia, Sau Marco, Tribuua dell'orgauo. Mosaico coul'arrivo a \!euezia delle reliquie di San Marco, 1200 ca.
Ogni tessera de/mosaico come m w ecceziouale peunellata: le piegbe della vela, le vesti dei personaggi, le braccia
cb e non interrompono il colore della vela, infine le linee-onda del mare in cui si trasformazt fondo oro del cielo.
190 PARTE TERZA l UN \l/AGGIO DUR1!TO MTLLE ANNI: l RE MAGI
fig. Vb. Agnolo Caddi (attivo II met sec. XIV), Storia della Vera Croce, 1380. Ftienze, Santa Croce. Questa barca
dipti1ta da Agnolo naviga su un agitato 111are verde scuro, sotto a l/11 cielo mssiccio in cui le pennellate indicano le
nuvole in movimento. La vela. le carrucole, l' m1com m no descritte con precisione, l/lenire le altre parti della nave
sono accostate con grande libert: c' 11110 coffa sulla prua e il castello in aggetto 11011 si limita alla poppa, ma occupa
circa met dell'imbarcazione.
Note
1
Queste ultime due possono essere lette invertite se si percorrono i vari riquadri in senso orario,
anzich parallelamente: ma non forse lecito pretendere alla fine del XIV secolo, in una cappel-
la privata quel rigore della narrazione che era invece necessario nelle pubbliche chiese nei secoli
precedenti.
2
!':Adorazione (cm 31,1 x 38,3) dovrebbe essere tagliata su tre lati: a destra e in alto perch l' arco
d'ingresso alla stalla impensabilmente rifilato sul margine (o addirittura prima) e in alto si affaccia
un pezzo di mensola che reggeva una tettoia, a sinistra perch i due cavalli bianco e nero sono chia-
ramente tagliati. Il viaggio (cm 21,6 x 29,8) dovrebbe essere tagliato anche lui su tre lati: in basso per-
ch affiorano solo le cime di molte erbe e percb verso il basso si dirigono i cavalli sul bordo sinistro;
a destra perch l'ultimo cavaliere del corteo tagliato a met e assieme al suo compagno guarda fuo-
ri campo verso qualcosa lontano, a cui guardano forse anche altri personaggi pi avanti nel corteo, a
sinistra perch almeno un cavallo e un albero sono tagliati. La semplice sovrapposizione (proposta da
John Pope-Hennessy, Sassetta, London 1939) non esauriente anche se certo nella pi vasta compo-
sizione distrutta questo era lo schema di base e su questo si sviluppavano i vari episodi in una suc-
cessione analoga a quella dei contemporanei maestri fiamminghi.
3
R. Fry, The ]oumey o/ the Tbree Kings by Sassetta, in "TI1e Burlington Magazine", XXII 1912.
4
I Re Magi furono ripresi molte volte dall' Angelico, anche indipendentemente dalla sequenza del
racconto evangelico. L'Adorazione dei Magi in Toscana e a Roma nel XV secolo era ormai una
scena di repertorio, collegata soprattutto alle storie di Maria e all'Annunciazione.
5
S. Bettini, I mosaici medioevali di San Marco, Fabbri-Skira, Milano-Genve, 1965.
CAPITOLO 3 l IL CORTEO IMPERlALE
L'ANGELICO E I MAGI.
l. Adorazione dei Magi, dal 1430 in avanti, tavola, cm 63 x 54. Collezione Abegg, Zurigo.
La Sacra Famiglia a destra davanti a una casa, a sinistra inizia il corteo tra rocce.
2. Pala dell'Annunciazione, 1430-1432. Madrid, Museo del Prado. Predella con n. 5 scene:
al centro Adorazione dei Magi, cm 23 x 35. La Sacra Famiglia al centro, davanti a una
capanna inserita tra i ruderi di un edificio (motivo che ritroveremo in tanti "scogli" dei
presepi napoletani), a sinistra inizia il corteo verso un paesaggio nello sfondo, a destra due
personaggi maschili in conversazione.
3. Tabemacolo dei Linaioli, 1433 (fig. 9). Firenze, Museo di San Marco. Predella con n. 3
scene: al centro Adorazione dei Magi, cm 39 x 56. La Sacra Famiglia a destra davanti a
w1a casa e i Magi sono schierati lungo tutto il primo piano, in secondo piano il corteo or-
mai arrivato alla meta e disperso, in fondo le mura di una citt chiudono la scena, come
anche nelle altre due scene della stessa predella: predica di San Pietro e Martirio di San
Marco. "Riferimento alle sacre rappresentazioni" (G.C. Argan).
4. Pala dell'Annunciazione, 1433-1434. Cortona, Museo Diocesano. Predella con n. 5 scene
(+n. 2 sotto ai pilastri della cornice) in continuit, separate solo dall'architettura interna a
ogni scena, tot. cm 23 x 183, al centro Adorazione dei Magi. La Sacra Famiglia a destra
davanti a una casa, accenno al corteo verso uno sfondo con edificio a loggiato e roccia con
alberi. Tutte le scene della predella presentano uno sfondo con paesaggio: la scena con l'In-
contro alla Porta Aurea ha nello sfon'do il Lago Trasimeno, cio il paesaggio dei dintorni di
Cortona dove la pala stata dipinta ed sempre rimasta. In primo piano al di qua del lago
la cinta delle mura e delle torri medievali di Castiglion del Lago; nel lago l'isola Polvese a
destra e in fondo a sinistra l'isola Maggiore con le case del villaggio; sulla riva orientale do-
mina Magione con solo poche case dipinte all'interno delle mura; gli altri castelli sui monti
possono essere Castel Rigone, la fortezza di Castelnuovo, Castel Gualando e forse Cortona
stessa. "Primo paesaggio rinascimento/e di diretta ispirazione dal vero" (L. Berti).
5. Pala con l'Annunciazione in alto e l'Adorazione dei Magi in basso, 1434, tot. cm 84 x 50.
Firenze, Museo di San Marco, insolita composizione binata. L'Adorazione costituita dai
soli personaggi sullo sfondo di un traliccio continuo a chiusura, la Sacra Famiglia a sini-
stra, i Magi al centro, l'inizio del corteo a destra.
6. Affresco con l'Adorazione dei Magi, tra il1438 e il1446, base cm 362 x altezza al centro
cm 184 (fig 10). Firenze, Convento di San Marco, cella di Cosimo de' Medici (cella n. 39).
dimensionalmente la pi grande scena con i Magi, non solo per le misure generali, ma per la
dimensione delle figure e della composizione. Anche la composizione insolita: la Sacra Fa-
miglia a sinistra davanti a un muro tracciato come solo elemento geometrico, mentre il re-
sto della scena occupato da una quantit di personaggi (diciotto uomini) di cui uno con un
mappamondo astronomico, un altro con uno spadone, un terzo con uno scettro; a destra tre
cavalli. La composizione in funzione della forma dell'affresco racchiuso sotto la volta della
cella: la Madonna a sinistra e le ultime figure a destra sono sedute o piegate in modo da ac-
compagnare la forma della cella. In fondo un paesaggio di rocce e monti astratti e stilizzati.
7. Pala detl'Ammnciazione, 1440. Convento di Montecarlo presso San Giovanni Valdarno.
Predella con n. 5 scene: al centro Adorazione dei Magi, cm 17 x 26. La Sacra Famiglia
all ' estremit destra, al di la di una stalla chiusa da cui si affacciano il bue e l'asino, i Magi
al centro, i personaggi del corteo a sinistra, in fondo mura merlate di una citt, in basso
prato con fiori.
8. Armadio degli Argenti, 1450 (fig. 11). Firenze, Museo di San Marco. Una delle 35 tavo-
lette superstiti rappresenta l'Adorazione dei Magi, cm 38,5 x 37. La Sacra Famiglia al
centro, davanti a una capanna dettagliatamente rappresentata, i Magi arrivano da sinistra
seguiti da un accenno del corteo, a destra tre personaggi di cui due in conversazione, gran-
de paesaggio sullo sfondo.
9. Tondo con Adorazione dei Magi, diametro cm 13 7 ,4. Washington, National Gallery. Gran-
de composizione con architetture e montagne, molti personaggi vari. Attribuito pi pro-
babilmente a Filippo Lippi.
191
Capitolo 4
Dall'Impero alle Signorie, tra i personaggi e l'ambiente
Il tema del corteo cambia allontanandosi dal centro dell'Impero: invece della
Corte Imperiale sono le grandi famiglie delle Signorie il soggetto da esaltare e
confrontare con i Magi.
La famosa Pala di Santa Trinita nella Galleria degli Uffizi viene dipinta nel1420
-1423 da Gentile da Fabriano (1370-1427) per la ricca famiglia Strozzi [fi'g. l
e p. 146].
Qui c' tutto: a sinistra la Madonna e il Bambino in trono con accanto San Giu-
seppe, davanti a una casa in muratura, preceduta da una tettoia lignea che ri-
chiama la capanna della Nativit; ma la Nativit potrebbe essere avvenuta in una
grotta e questa si apre dietro San Giuseppe con il bue e l'asino e la mangiatoia
(la stessa scena nel riquadro della predella con la Nativit) . Dietro alla Madon-
na ci sono le due levatrici presenti in vari Vangeli apocrifi come testimoni della
verginit (o delle verginit); in asse sopra al Bambino c' la stella- senza code-
che non in cielo -lontanissimo e d'oro, per cui la stella sarebbe scomparsa-
ma proiettata sui monti come la colomba dello Spirito Santo. Al centro i tre re
con vesti ricchissime e colorate e l'aureola d'oro (anche se erano vivi e non risul-
ta dalla loro vaga storia che siano mai stati santificati); un servo toglie gli spero-
ni a quello in piedi e a ricordare il viaggio appena terminato la parte destra del-
la pala occupata da due dominanti cavalli (e un cane). Dietro, gremito di gen-
te e di cavalli, il corteo. La scena divisa in due da una zona centrale scura con
prati, boschi, colline, uccelli in volo, oltre la quale il corteo riprende diretto ver-
so una serie di citt, di mura, di torri, di porte che concludono il quadro. Il lun-
ghissimo corteo entra ed esce senza nessun collegamento con il corteo gi arri-
vato in primo piano: i due episodi tradizionali del viaggio e dell'Adorazione re-
stano separati, attraversando tutta la scena. La strada in fondo si snoda tra siepi
alberate e attraversa un territorio ben definito e descritto, non una generica cam-
pitura di colore. Se c' una certa genericit nelle mura merlate, nelle torri, nei ca-
stelli viceversa ben pi precisa la descrizione degli elementi rurali (figg. la, .1b].
Tutta questa minuziosa descrizione occupa pochi centimetri in fondo, perch
nella Pala Strozzi di Gentile il corteo che costituisce la parte essenziale della
pala. la sua continuit che d profondit alla scena, subordinando cavalli e ca-
valieri ad una rigorosa prospettiva che coinvolge (ma senza eliminarli o sminuirli)
gli altri elementi: prati, boschi, mura e citt. Ed la crescita in prospettiva dei
personaggi del corteo che differenzia come protagonisti quelli in primo piano:
cavalli, Magi, la Sacra Famiglia. Con questi si pu dire che la scena termina e
Ct!PITOLO 4 l DIILL'IMPEIW ALLB SIGNORJE, TR1! II'ERSONIIGGI E L'AMBIENTE 193
fig. 1. Gentile da Fabriano (1370- 1427), Pala Strozzi, Sali/ti Trinita, 1420- 1423. Firenze, Galleria degli Uffizi.
In primo piano si allinermo in modo tmdizionnle In cnpmmn conia Nativit, i JV[agt; il/oro corteo; questo si snodo
in fondo come nell'iconogmfio tradizionale. Si noti come i Magi nel corteo in fondo- piccoli - so110 collll/1/que al
centro e pe1/et1amente ollinetlli con i Magi- gnmdi- gi arrivati e adomnti.
che quindi il corteo e l'ambiente che ha attraversato non pi il contorno e il
completamento dell'evento evangelico, ma ne la lontana niotivazione.
Lo stile di questa pala di Gentile indubbiamente e totalmente inizio Quattro-
cento; ma la sceneggiatura ha secoli di storia. Tra i suoi componenti alcuni non
potevano che restare fissi: la Madonna, il Bambino ecc. o cambiare di poco: grot-
ta o capanna o casa ... I Re Magi, i loro abbigliamenti, il corteo erano invece gli
elementi in cui la fantasia poteva lavorare: fino a diventare loro i dominanti della
scena e condizionare le citt lontane, la stella, la posizione della Sacra Famiglia, de-
194
la
PARTE TERZA l UN l ' fAGGIO DURATO Al/LLE ANNI: l RE MAGI
fig la. Gentile da Fabriano,
P afa Strozzi, Santa Trimia,
1420-1423. Firenze, Gaf!eria
degli U//izi. Predef!a, episodio
centmfe: S. Giuseppe e Maria
col Bambino si recano a
Gerusalemme. Nef!e montagne
a sinistra alberi pieni di/rulli e
campiamti.
fig l b. Gentile da Fabriano,
P afa Strozzz; Santa Trinita,
1420-1423. Firenze, Galleria
degfi Ul/i:a; del/aglio: in afto, al
centro, acca1tto a Gerusalemme.
Una casa di campagna ba la
porta protetta da una tefloia di
paglia; davanti c' l'aia chiusa
da una staccionata !lrecciata;
l'orlo di/ferenziato nelle varie
colture, separate da siepi; infine
le piantate di vlie e 1111 campo
con piantate a /ilari che
propone 1111 tipo di recinzione
ancora differente. Libere, al
pascolo, Ire mucche,
lb prepotentemente /z10ri scala.
terminando di volta in volta un ambiente come parte integrata nello stesso stile.
La pala con i Magi di Gentile da Fabriano per gli Strozzi a Santa Trinita stata
dipinta nel1420-1423. Passano quaranta anni e Benozzo Gozzoli tra il1459 e il
1462, dedica al Magi la cappella nel palazzo del Medici: i nuovi signori di Fi-
renze e la loro corte sostituiscono i Magi (gli Strozzi si erano accontentati di raf-
figurare due membri della famiglia nel corteo).
In questa opera di Benozzo scompaiono Gaspare, Melchlorre e Baldassarre; al .
loro posto Slgismondo Rodolfo Malatesta, Galeazzo Maria Sforza, Piero il Got-
toso e il fratellastro e le figlie, Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano, Gio-
vanni VII Paleologo, Giuseppe Patriarca di Costantinopoli; molti altri personaggi
della corte medicea e della ricca Firenze del Quattrocento sono stati variamen-
te indicati dagli studiosi tra le oltre centosessanta persone che costituiscono il
corteo (tra cui anche Benozzo Gozzoli).
La cappella infatti divisa in due parti [fig. 2] :
CAPITOLO 4 l DALL'JMPERO ALLE SIGNOR/E, TRA f PERSON;IGG/ E L'AMIJIENTE 195
- Tre pareti delimitano la parte principale e su di esse dipinto con continuit
il grande corteo che comincia sulle colline in alto nella parete a destra dell'en-
trata, scende in primo piano, attraversa la parete centrale, risale le colline in fon-
do alla parete a sinistra per andare chiss dove.
- Nella quarta parete si apre un'abside rettangolare ("scarsella"), originariamente
con una pala di Filippo Lippi (attualmente alla Gemaldegalerie di Berlino) raf-
figurante la Madonna che adora il Bambino (senza nessun Mago); sulle pareti in-
terne della "scarsella" due schiere simmetriche di angeli (circa cinquanta in to-
tale) [fig. 2a],
Tra le due parti non c' nessun legame diretto, anche se entrambe sono dovute
al lavoro di Benozzo Gozzoli. Il corteo va per suo conto e ignora la "scarsella";
gli angeli voltano le spalle al corteo e guardano verso la pala con la Madonna e
il Bambino. Anche architettonicamente le due parti sono separate. Nei risvolti
che delimitano l' abside si aprono le porte per le due stanzette-sacrestie simme-
tricamente affiancate; al di sopra sono raffigurate due scene agresti con una muc-
ca a sinistra e un asino a destra, che nulla hanno in comune con il corteo da una
parte, con gli angeli dall'altra. Potremmo trovare un legame tra questi due ri-
svolti e l' ambiente nello sfondo delle tre pareti del corteo: certamente nel rife-
rimento all' attivit agricola, ma non nella scala degli animali e dei contadini e
nella raffigurazione generale.
Se non ci fossero testimonianze sulla dedica ai Magi fin dai primi tempi, se ne
potrebbe addirittura dubitare. Non c' la stella (cometa o no) anche se c' tan-
to cielo; il corteo non diret to verso un'immagine che possa suggerire la Geru-
salemme di Erode; non c' nessuna indicazione della capanna, della Madonna
col Bambino, del bue e dell'asino.
In alto al centro della prima parete un castello turrito domina un colle con pra-
ti, cespugli, alberi attraverso cui tracciata la strada su cui appena passata la
cavalcata; la coda di questa esce da un bosco e passando dietro ad un'altra col-
lina, comincia a scendere lungo una strada tra bianchi calanchi che occupano
tutta la zona centrale e attraverso i cui valloni rigira il corteo. La scena dun-
que una zona di calanchi dell'Appennino, sormontata da boschi ed adatta alle
partite di caccia: sulla destra i levrieri inseguono un capriolo, mentre una lepre
resta tranquilla in un prato.
Una valle con un fiume e un ponte separa questo primo complesso di montagne
dalla montagna che domina al centro la parete successiva, davanti a cui sfila il cor-
teo ormai giunto in pianura. Una strada sale tra fitte siepi di alberi, attraversando
un ponte turrito, poi entrando in un borgo sormontato da un castello; siamo giun-
ti in cima a un primo colle, ma la scena continua in un secondo piano con altri ca-
stelli, .borghi, case. Attorno prati alberati, con predominanza di piantate regolari.
Ancora una valle separa questo episodio centrale dall'ultimo: qui c' un corteo che
sale sopra una cresta di calanchi: quattro cammelli, sei muli (due appena affaccia-
ti), un cavallo salgono stracarichi di mercanzie. Non ce ne sono altre in tutta la ca-
rovana: solo qui sembra che la carovana dei Medici sia una carovana che trasporta
merci. Si direbbe che Benozzo abbia sentito la necessit di proporre un p di 'Orien-
2
196 l'ARTE TERZA l UN I'IAGGIO DU/I.I!TO MILLE ANNI: I RE MAGI
te' con alcuni cammelli, dato che altrimenti qui tutto solo Toscana; attorno a quei
cammelli e asini c' anche un po' di lavoro per compensare forse il restante corteo
che solo ostentazione di ricchezza. Il corteo ricco e colorato potrebbe quasi fini-
re a met di quest'ultima parete quando si infila dentro una valle tra i calanchi per
andare chiss dove (cos come all'inizio Benozzo non ha dipinto da dove viene). E
un altro potrebbe essere il corteo di cammelli, asini, fagotti di merci.
Davanti a questo paesaggio precisamente descritto, si innalzano degli alberi stiliz-
zati: il loro lungo e spoglio tronco comincia in basso, subito dietro ai cavalieri,
mentre le chiome arrivano in cima ai monti e nel cielo, proponendo per le piante
isolate geometriche forme "topiarie". Il tipo di terreno calanchivo descritto co-
me una "natura morta". In basso, all'inizio dei dipinti: pietre, ciuffi d'erba.
Per la straordinaria qualit del lavoro di Benozzo Gozzoli e per il grande inte-
resse storico della famiglia Medici, molte sono state le ricostruzioni dell'icono-
grafia complessiva, anche per riproporre la situazione originaria, manomessa dal
taglio di un angolo alla fine del Seicento; ma non sono state prioritarie le pro-
poste di lettura unitaria dell'insieme
1

L'interessantissima massa di studi si concentrata soprattutto sui personaggi del
corteo: questi sono infatti i Medici, ossia in quegli anni all'inizio della seconda
met del Quattrocento forse la famiglia pi ricca d'Europa. La sua ricchezza non
legata all" impero', al 'feudo', ad aver trasportato 'crociati', non di vecchio
tipo: "non si/regia1w di nessun titolo u//iale, ma sono di/atto Signori di Firen-
ze" pur essendo sempre e solo"privati cittadini" in una struttura politico-ammi-
nistrativa immutatata
2

CAPITOLO 4 l DALL'IMPERO ALLE SIGNOR/E, TRA l PERSONAGGI E L'AMBIENTE
fig. 2. Benozzo Gozzo/i
(1420-1497), Cappella della dei
i\tlagi (1459-1462 ). Firenze,
Palazzo Medici- Riccardi. Veduta
geuemle delle pareti nella Iom
COIIfillui/t.
fig. 2a_ Be11ozzo Gozzo/i;
Cappella delta dei Magi
(1459-1462). Fire11ze, Palazzo
i\tledici- Riccardi. Veduta verso la
"scarse/In"; l'organizzaziulle e gli
n/freschi di questa sol/o del tut/o
indipendenti dagli altri lati con il
corteo (vedifig 2).
197
2a
198
I CALANCHI
2b
PARTE TERZA l UN l'lACCIO DURATO ,\1/LLE ANNI: l RE AlACI
Nella parete est della Cap-
pella dei Magi, il corteo ini-
zia il suo cammino uscendo
da un bosco: percorre un
itinerario sinuoso attraverso
una zona di calanchi per ar-
rivare in primo piano.
L'ambiente dipinto da Be-
nozzo tipico di grandi par-
ti dell'Appennino. In To-
scana ci sono estese zone ca-
lanchive nel Senese, nel Vol-
terrano, nella Valle del Pa-
glia: sono chiamate local-
mente "biancane" .
Si tratta di una formazione
geologica prodotta dall'ero-
sione in terreni compatti
formati da elementi minuti
e impermeabili facilmente
degradabili (argille, mame
... ): le acque piovane scor-
rendo sulla loro superficie
provocano delle incanalatu-
re sempre pi profonde e
strette, tra le quali restano
delle esili creste rocciose,
anche molto alte.
CAPITOLO 4 l DALL' IMPERO ALLE SIGNOR/E, TRA l PERSONAGGI E L'AAIBTENTE
Benozzo rappresenta i calanchi come ambiente unico ed unitario di questa prima parete
(salvo il castello in alto e una piccola area coltivata in fondo a destra): ed il colore corri-
spondente al popolare "biancane" a dominare. L'affresco di Benozzo un accenno di te-
sto di geologia: a sinistra [fig. 2b] il processo di formazione dei calanchi in corso in una
zona di argille rosse; pi in basso gi in corso il processo di decolorazione e la roccia
giallo-chiaro; nella zona centrale i calanchi sono definitivamente grigi. (fig. 2c]
(fig. 2d] il cielo accompagnato da nuvole rosse in tutte le pareti; gli uccelli e gli animali
terrestri sono fuori scala, ingranditi, rispetto ai personaggi umani, cani, cavalli.
199
2d
2c
200 PARTE TERZA l UN l'I AGGIO DURATO MILLE ANNI: I RE MAGI
LA PIANURA COLTIVATA
Le valli , le zone pianeggianti e i pendii collinari
sono le aree in cui si sviluppata l'agricoltura al-
ternando le colture a seconda del terreno e delle
possibilit di irrigazione. Il quadro che viene pre-
sentato da Benozzo vuoto di persone al lavoro
(a differenza di Ambrogio Lorenzetti, a Siena ve-
di parte II cap. 4) ; sulle strade tra i campi passa
qualcuno a cavallo. Un fiume attraversato da un
ponte in muratura a tre archi [fig. 2e] ; ma non
possibile individuare questa o quella parte del di-
pinto con una zona realmente esistente.
2e
CAPITOLO 4 / DALL'IMPERO ALLE SIGNORIE, TRA I PERSONAGGI E L'AMBIENTE
Benozzo ha ripreso certamente dei tipi di col-
ture comuni alla Toscana di quel tempo [figg.
2e, 2fl.
Ci sono zone in pianura piantate fitte per pre-
parare gli alberi da trapianto e ci sono zone col-
linari con alberi sparsi tra cui riconoscibili i ci-
pressi. Ci sono campi coltivati a filari probabil-
mente di vite; sono protetti da siepi verdi; nu-
merose le strade tra i campi a testimoniare una
propriet diffusa, o di piccoli coltivatori o di co-
loni delle grandi fa m i glie.
201
2f
202 PARTE TERZA l UN \
1
1ACCIO DURATO MILLE ANNI: I RE MAGI
LE TERRE INTORNO
Nella terza parete verso ovest (tagliata a si-
nistra per le trasformazioni subite dal pa-
lazzo) il panorama si allarga oltre l' area oc-
cupata dal corteo.
Ci sono tre orizzonti successivi [fig. 2g]:
- Un primo orizzonte vicino in cui prati e
alberi caratterizzano una zona collinare, non
coltivata, ma in cui si effettuava la fiena-
gione. Lo din1ostra il fatto che i prati sono
uniformi con varie sfumature di verdi, dis-
poste da Benozzo usando colori di terre a
fresco; sono percorsi da sentieri e gli ani-
mali, che possono essere preda di cacciato-
ri, sembrano per ora abbastanza tranquilli.
CAPITOLO 4 l DALL'IMPEIW ALLE SIGNOR/E, TRA l PERSONAGGI E L'AMBIENTE
- Un secondo orizzonte (sulla sinistra) reso con una tinta-luce uniforme e accenna co-
me disegno ad un paesaggio di calanchi (come in questa stessa parete a destra e nella
parete est): due conifere si arrampicano nei crepacci e delle torri (citt o castello?) so-
no sintetizzate su una sommit, dalla parte opposta della valle rispetto alla direzione del
corteo.
- L'ultimo orizzonte formato da campi verdi e grigi lontanissimi e solo accennati come
presenza, tonalit, forma; si pu parlare di un tipo di "finale" presente anche a Siena e tra
i fiamminghi? Benozzo non ha potuto mettere qui il mare, come forse appunto avrebbe
fatto se fosse stato fiammingo, anche perch ai Medici forse il mare interessava solo come
luogo in cui far navigare navi lontane.
[fig. 2b] Proseguendo per uscire di scena il corteo si carica di mercanzie; era completa-
mente privo di qualsiasi carico all'inizio del viaggio, sulla parete opposta. Dove le ha pre-
se? Dove va?
203
2h
204 PARTE TERZt! l UN l'fAGGIO DURATO MILLE ANNI: I RE MAGI
La cappella nel loro nuovo palazzo un "messaggio politico"
3
; un messaggio nel-
lo stile della nuova societ in cui molto pi di guelfi e ghibellini, conta essere ban-
chieri, cio trasportare credito da una parte all'altra del mondo. La cappella dei
Medici-Magi al primo piano, piccolissima, non ha finestre e quindi n luce n
aria
4
Benozzo e i Medici la vedevano alla luce di candele e torce e di qualche spi-
raglio dalle sale intorno: forse vi facevano passare un momento gli ospiti di ri-
guardo prima o dopo una seduta d'affari o un ricevimento. L'uso privatissimo (e
in parte enigmatico, anche per le troppe trasformazioni subite dal palazzo e de-
formazioni imposte alla cappella) spiegherebbe forse alcuni interrogativi.
Perch questi centosessanta personaggi sono tutti truci? I tre Medici-Magi pi
di tutti? C' chi ha pensato alla rappresentazione del corteo come una scampagnata
o una partita di caccia; ma solo due personaggi in secondo piano nella parete est e
alcuni cani, ghepardi, falconi in attesa in quella ovest (dove in fondo c' qualche
animale selvaggio), rappresentano questa attivit che invece era molto diffusa e il-
lustrata (si pensi a tante miniature). I paggi accanto al giovane Lorenzo e al Pa-
triarca di Costantinopoli mostrano preziosi oggetti liturgici; possono essere i doni
dei Magi e contraddicono allora l'ipotesi di una partita di caccia. Non si va infatti
a caccia con gli oggetti che arredano un altare durante la messa e che forse ripro-
ducevano preziosi doni fatti dai Medici a questa o quella chiesa di Firenze.
Pi della met delle pareti occupate dagli affreschi destinata all'ambiente in cui
la lunghissima cavalcata si svolge [figg. 2b-2h]. lecito chiedersi se la cavalcata il
soggetto principale proiettato su uno sfondo, o se al contrario Benozzo non abbia
privilegiato la raffigurazione delle terre di Toscana e messo il corteo a serpentina
tra valli e colline, a scendere e a salire, proprio per far vedere come i Medici fos-
sero di quel territorio i proprietari e i padroni e vi scorrazzassero a loro diletto.
Benozzo scorrazza con la pittura: l'ambiente "a buon fresco" a base di terre, eta-
le resta la met superiore delle scene con il paesaggio lavorato dall'uomo o inciso
dalla natura. Ma sui personaggi (uomini e cavalli) ci sono vestiti, gualdrappe, gioiel-
li, corone, speroni e quant'altro: e allora "oro, argento, lacca rossa e oltremare az-
zurro, tutti pigmenti pregiati applicati a secco"
5
.
Benozzo Gozzoli aveva spesso visto il rapporto tra i personaggi e l'ambiente co-
me una specie di 'immersione' delle persone tra monti, rocce, prati, campi, case,
mura, torri, castelli, alberi e specchi d'acqua: insieme resi con attento realismo o
stilizzati quasi a voler proporre contemporaneamente elementi di lettura sintetiz-
zati ed altri dettagliatamente analizzati.
Se vogliamo trovare dei veri Re Magi in una composizione di Benozzo Gozzoli dob-
biamo lasciare il suo grande e famoso capolavoro di Palazzo Medici a Firenze e
possiamo cercare una delle sue opere meno conosciuta e pi modesta, ma non per
questo meno eccezionale: una nicchia nella cappella dell'Addolorata accanto al duo-
mo di Volterra, dove Benozzo lavor negli anni in cui risiedeva tra San Gimigna-
no e Certaldo (1464-1467), affrescata quindi poco dopo Palazzo Medici [fig. 3].
Nella cappella dell'Addolorata ci sono due nicchie con due gruppi di terracotta:
a sinistra c' la Nativit (Giuseppe, Maria e il Bambino), a destra l'Adorazione (gli
CAPITOLO 4 l DALL'IMPERO ALLE SIGNORIE, TRA I PERSONAGGI E L'AMBIENTE
205
fig. 3. Benozzo Gozzo/i, Cappella
dell'Addolorata (1464-1467 circa). Volterra,
Duomo. Nella cappella sono state costruite
due nicchie dedicate alla Nativit (a sinistra) e
all'Adorazione dei Magi (a destra), con statue
in terracotta attribuite ad Andrea Della
Robbio (1435-1528) o a Zaccaria Zacchi, detto
anche Zaccaria da Volterra (Firenze 1469-
Roma 1544, attivo a Volterra, Bologna,
Trento, Roma). La nicchia conia Nativit
stata affrescata da Benozzo Gozzo/i negli anni
1464-1467. Il racconto completo a/fidato
insieme alla pittura e alle sculture: Benozzo ha
dipinto in fondo il corteo che va a
Gerusalemme e gli scudieri e i cavalli che
arrivano in primo piano e guardano le statue
con il Bmllbino appena nato. I Magi arrivano
per l'Adorazione nell'altra nicchia dove ci
sono solo sculture. La figura rappresenta solo
l'affresco nel fondo; la foto stata eseguita
negli anni Novanta, 1 occasione di 1111 Natale
quando il gmppo in terracotta fu tolto per
essere collocato l/111 presepio sull'altare
maggiore del Duomo. La citt raffigurata
come Gerusalemme pu essere Volterra o un
altro dei comuni delle colline senesi. I lavori
nei campi coltivati tra le aree calanchive delle
Balze sono descritti con/e caratteristiche
dell'agricoltura tradizionale della Toscana.
stessi personaggi e i tre Magi). Nella nicchia della Nativit, dietro alle tre statue
che rappresentano la Sacra Famiglia, Benozzo Gozzoli ha affrescato il viaggio dei
Magi: questi sono ancora lontani e viaggiano affiancati, preceduti e seguiti da ser-
vi e guardie in un paesaggio di calanchi che potrebbero essere le Balze di Volter-
ra: e la citt verso cui sono diretti potrebbe essere appunto Gerusalemme-Volter-
ra. Tra le balze ci sono monti e alberi (cipressi toscani, palme orientali, boschi e
campi), in un paesaggio in prospettiva che pu forse essere assunto- meglio di
opere pi conosciute- come la conferma che, a met del Quattrocento, non c'
pi differenza tra protagonisti e scena: tutti e due costituiscono insieme la lettura
e la conoscenza della societ, completa di uomini e ambiente.
Note
1
C. Aciclini Luchinat, Benozzo Gozzo/i- La Cappella dei Magi, Milano Electa 1993; F. Cardini, I re
Magi di Benozzo a Palazzo Medici, Firenze Mandragora, 2001; M. Bussagli, Benozzo Gozzo/i, Firenze,
"Art Dossier Giunti", 1999. Le ipotesi avanzate in questi testi dai vari autori sono spesso differenti e
relative ad aspetti parziali. Si veda anche: Andr Chastel, Arte e umanesimo a Firenze al tempo di Lo-
renzo il Magnifico, 1959, trad. it. Einaudi Torino 1979.
2
L. Ricciardi, Simboli medicei in I re Magi di Benozzo a Palazzo Medici, op. cit., nota l.
3
F. Cardini, op. cit., nota l.
4
Da qualche anno: "L'ingresso alla cappella limitato ad un massimo eli 7 visitatori ogni 7 minuti".
5
C. Acidini Luchinat, in F. Cardini, op. cit., nota l.
Joncbim de Pntinil; Ln fuga in Egillo (particolare). Berlino, Gemiildegalerie (vedi p. 265)
PARTE QUARTA
L'immagine del sacro alla ricerca
dell'ambiente reale
Tutto il visibile espressione,
tutta la natura immagine,
lmguaggio, scrittura,
con un suo colore.
Ogg1: pur disponendo
di una sciei!Za della natura
assai sviluppata, 11011 siamo
veramente preparati n educati
aLl'autentico vedere.
Hermann Hesse, Lt1 natum ci parla
C1pitolo l
San Francesco e la necessit di una nuova visione: Assisi
Il pi popolare racconto della vita e delle opere di San Francesco certamente
quello che alla fine del XIII secolo Giotto dipinge nella Chiesa superiore di Assi-
si, per incarico del Generale dei Francescani Giovanni da Murro; quasi certamente
questi anche il regista che trasform per Giotto la Legenda maior, scritta da San
Bonaventura e assunta come biografia ufficiale di Francesco dal1266, scegliendo
gli episodi e il significato da evidenziare in ognuno di essi e nel complesso del rac-
conto. Ma prima di Giotto (che torner a dipingere le storie di San Francesco nel-
la Cappella Bardi a Santa Croce a Firenze circa 25-30 anni dopo), l'iconografia
francescana aveva gi dato vita a molte opere: tavole da collocare sugli altari (or-
ganizzate secondo lo schema tradizionale, con la grande figura del Santo al centro
e le scene degli episodi in vita e post-mortem ai lati) e affreschi sulle pareti delle
chiese e cappelle che l'Ordine francescano costruiva sempre pi numerose.
Dopo l'affresco nella cappella di San Gregorio Magno al Sacro Speco di Subia-
co dipinto nel1228-29, a ricordo della visita di Francesco nel1222-23, e che ha
influenzato tutta la successiva iconografia francescana, la tavola pi antica era
probabilmente quella perduta di San Miniato al Tedesco, dipinta nel 1228, solo
due anni dopo la morte del Santo; a cui segue nel1235 la tavola di Bonaventu-
ra Berlinghieri a San Francesco a Pescia, con sei scene laterali ffig. 4a].
Numerosi nel corso del XIII secolo i ritratti, con o senza scene laterali: a Santa
Croce a Firenze, nei musei di Assisi, Orte, Pistoia, Pisa. Un posto particolare va
riservato alla tavola esposta al Museo della Porziuncola che rappresenta il Santo
davanti a una parete scura, dietro cui si affacciano due angeli: sempre stata alla
Porziuncola e ritenuta quasi un ritratto di Francesco, anche se dipinto all'incirca
quaranta anni dopo la morte e se inconsueta una sua immagine sana e grassoc-
cia ffig. 4b]. L'ignoto autore sarebbe quel "Maestro di San Francesco"- forse se-
guace di Giunta Pisano - che anche autore della importantissima prima serie di
affreschi nella navata della Chiesa inferiore (vedi pi avanti).
Un gruppo di ritratti iconograficamente analoghi sono opera di Margaritone di
Arezzo (notizie 1262) conservati nelle pinacoteche di Siena, dei Musei Vaticani,
di Castiglion Fiorentino, nei musei di Arezzo (Diocesano e di Arte medievale e
moderna), Montepulciano, Zurigo.
Per le trasformazioni dell'immagine di Francesco fino a Giotto di particolare
interesse il ritratto conservato a San Francesco a Ripa a Roma (racchiuso dal '600
dentro una straordinaria parete-reliquario lignea)
1

Ma certamente nel cantiere di Assisi che si venuta definendo l'iconografia
CAPITOLO l SAN FRANCESCO E Lll NECESS11'A DI UNA NUOI'A VISIONE: ASSISI
209
francescana, contemporaneamente all'elaborazione, spesso controversa, della
sua biografia, da Tommaso da Celano a San Bonaventura.
Per quasi cento anni sulle migliaia di metri quadrati delle pareti e delle volte
delle due chiese di Assisi e delle cappelle intorno alla inferiore, hanno lavora-
to i maggiori artisti operanti nella seconda met del XIII e nel primo quarto
del XIV secolo: Giunta Pisano, Cimabue, Giotto, Cavallini, Torriti, Pietro Lo-
renzetti, Simone Martini e tanti altri sulla cui identit e bravura la critica sto-
rica continua ad arricchire ipotesi ogni volta che campagne di restauro rivela-
no nuove informazioni di base.
Innanzitutto l'edificio stesso a proporre un insieme del tutto innovativo. Ele-
menti delle tipologie architettoniche dei secoli precedenti sono inseriti dentro
un complesso che era allora e rester nei secoli una immagine unica e inconfon-
dibile. E la chiesa che inventa l'ambiente: e questo avviene anche all'interno. Fra-
te Elia ha progettato le due chiese totalmente coperte di affreschi, senza solu-
zione di continuit, senza interruzioni di sorta: pareti, volte, archi, transetti, cap-
pelle, sguinci di qualsiasi apertura tutto coperto di colori; anche le finestre so-
no, da subito, chiuse con vetrate colorate in modo da non costituire una rottu-
ra nello svolgersi dell' involucro murario.
Due elementi acquistano un ruolo determinante (purtroppo spesso assente nelle
riproduzioni che considerano ogni scena degli affreschi come un quadro a s, au-
tonomo e separabile): la volta e le cornici. Le volte sono azzurre con una maglia
geometrica di stelle, per raffigurare il cielo (e le ritroviamo in quelle scene che si
svolgono appunto all'interno di chiese, come il Presepio di Greccio); in qualche
campata ci sono dei busti di santi o profeti e nelle vele di incrocio con le volte af-
frescate dei transetti la pittura di questi che taglia la navata, interrompendo il co-
lore celeste (chiesa inferiore ji'gg. 5a, 5b; chiesa superiore /igg. 8, 9) .
Grande rilievo hanno le cornici che circondano le scene, accompagnano i costo-
loni, girano nei sottarchi: non solo per il loro spessore sempre notevole, ma anche
per la trama geometrica o floreale, che- ripetuta per grandi estensioni- costitui-
sce il primo impatto visivo per chi entra nella chiesa: un ambiente totalmente squa-
drato. A tratti le cornici prendono dimensioni inaspettate e formano dei campi de-
corativi equivalenti ai campi dipinti: lo zoccolo a tenda nella chiesa superiore, le
scacchiere sopra i dipinti nella navata di quella inferiore. Il ruolo di queste corni-
ci non per solo decorativo; esse fanno parte delle stesse "giornate" delle adia-
centi zone di affresco a testimoniare che la continuit pittorica era necessaria tec-
nicamente per evitare tensioni e distacchi dell'involucro che doveva essere tutto
ugualmente affrescato. Spesso i personaggi o il materiale delle varie scene si esten-
devano anche sulle cornici. Forse questa concezione della continuit equivaleva,
con materiali poveri, alla continuit delle pareti auree dei mosaici bizantini
2

Ma c' un altro ruolo importante affidato alle cornici. Nella chiesa superiore es-
se formano come un colonnato che prolunga il ballatoio superiore e inquadra gli
affreschi giotteschi: colonne tortili che reggono un cassettonato e appoggiano su
uno zoccolo. Il tutto in perfetta prospettiva, centrata per ogni campata. Alla fi-
ne del XIII secolo quindi le regole geometriche della prospettiva erano note ed
210
l'ARTE QUARTA l L' IMMAGI NE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
2
3a
CAPITOLO l l S;IN FRANCESCO E Lll NECESSITA DI UNA NUO\'A I' ISIONE: ASSISI
CRONOLOGIA DELLA BASILICA DI ASSISI
Francesco morto nel 1226; stato santificato nel 1228 e la costruzione della basilica
iniziata il17 luglio di quello stesso anno. frate Elia che decide di seppellire Francesco
su uno sperone di roccia fuori Assisi, verso nord, in alto sopra la valle del Tescio, e inventa
una gigantesca serie di arcate che lo circondano fino a formare una specie di altopiano ar-
tificiale a terrazze, proteso oltre il luogo della tomba [fig. 1]. L'ultima terrazza superiore si
prolunga fino alle mura della citt creando una piazza-prato su cui affaccia la chiesa su-
periore rJig. 2].
Almeno le tre campate della Chiesa inferiore verso l'altare erano completate nel1230 quan-
do vi fu sepolto il corpo di San Francesco; il 25 maggio 1235 la basilica consacrata dal
papa Innocenzo IV, anche se non era completata; nel 1236la prima immagine esposta il
crocefisso nella chiesa superiore che sar finita molto dopo, nel1253; i primi affreschi nel-
la navata centrale della chiesa inferiore risalgono probabilmente agli anni tra il 1246 e il
1263; nel decennio 1250 -1260 vengono realizzate le vetrate della Chiesa superiore, prima
degli affreschi sulle pareti; Cimabue lavora probabilmente dal 1277 e intorno al 1285 la
prima decorazione della Basilica inferiore doveva essere completata; di quella superiore si
era iniziato ad affrescare la zona absidale e i transetti che dovevano essere completati in-
torno al1285. Giotto avrebbe lavorato a pi riprese: nella chiesa superiore, nella chiesa in-
feriore, nella cappella della Maddalena: prima e dopo gli Scrovegni a Padova, agli inizi e
nella piena maturit. Pietro Lorenzetti dipinge circa dieci anni dopo Giotto e Simone Mar-
tini affresca la Cappella di San Martino tra il1322 e il 1326: un secolo passato dalla mor-
te di Francesco. Il cantiere della chiesa di San Francesco inizia quindi poco dopo la mor-
te del Santo e dura cento anni.
Nel 1452 Benozzo Gozzoli inserir in uno degli affreschi di San Francesco a Montefalco
(vedi parte IV, cap. 2), una immagine di Assisi lontana, vista dalle colline ad ovest della
Valle Umbra f!ig. 3a] . Giotto in LIDO degli affreschi della Basilica Superiore (TI dono del
mantello) disporr due montagne per inquadrare Francesco: raffigurer Assisi sulla mon-
tagna di sinistra e le Carceri su quella di destra f!ig. Jb] .
211
3b
212
PARTE QUrl RTA l L' IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE R/i; tLE
fig. 4a. La pii allfica ttwola conservata con San Francesco e sei miracoli in vita e post-mortem quella dipinta da
Bonaventura Berl1gbieri (notizie 1228-1274) nel 1235 per la cbiesa di San Francesco a P n-eia. ];immagine qui
riprodotta anteriore a/restauro de/1982 cbe reCIIper l'origiuario mppuccio dei Francescani (vedi ancbe p. 229, fig. 2).
C;IPI TOLO l l SAN FRANCESCO E LA NECESSI TA DI UNA NUOt' il l' fSIONE: ASSISI 213
usate: non si applicavano alle scene, probabilmente perch gli altri mezzi per
creare profondit e differenza di piani e di scala erano ritenuti pi efficaci (di-
mensionamento, colore, ombre ... ) e quando i fabbricati facevano parte della sce-
na erano considerati pi come 'materiale plastico' di arredo che come elemento
equivalente ai personaggi e alla dinamica scenica.
San Francesco obbliga quindi i pittori (soprattutto quelli operanti nei conventi del-
l'Ordine secondo la rega richiesta dai frati) a raffigurare le sue storie nell'ambiente
in cui si sono effettivamente svolte: un ambiente che ancora l, ben visibile e no-
to alla gente e che non lecito inventare altrimenti. Oltre tutto i testi relativi a San
Francesco non sono in latino (o in greco o in ebraico ... ),ma in una lingua che for-
se molti non sanno leggere, ma che tutti capiscono. Possiamo quindi parlare del-
la invenzione di un ambiente francescano che se anche, formalmente, utilizza mez-
zi, simboli e stile della tradizione iconografica vetero e neo-testamentaria, se ne
fig. 4b. Assisi, Museo della Porziuncola, Tavola con il ritra/fo
di San Francesco attribuito al "Maestro di San Francesco",
autore degli af/rescbi nella navata centrale della basilica
J/eriore.
discosta necessariamente, dovendo
trasmettere un messaggio diverso a
gente che vuole essere diversa, altri-
menti non sarebbe francescana.
Dovrebbero risalire a poco dopo la
met del XIII secolo i primi affreschi
lungo la navata della Chiesa inferio-
re che confrontano parallelamente
Cristo e Francesco. Cinque episodi
sono dedicati a Cristo sulla parete di
destra: L'apparecchio della Croce,
La Crocefissione, La Deposizione, Il
compianto, I discepoli a Emmaus (Si
tratta quindi solo della Passione con
episodi anche non consueti). Cinque
episodi sono dedicati a Francesco
sulla parete di sinistra: La rinuncia
ai beni, Il sogno di Innocenza III, La
predica agli uccelli (vedi parte IV,
cap. 2), Le stimmate, La sepoltura.
Erano dipinti nelle tre campate cen-
trali della Chiesa inferiore, ai lati del-
le finestre originarie; ma meno di
cinquanta anni dopo la loro esecu-
zione, al centro delle campate furo-
no aperti i grandi passaggi di comu-
nicazione con le nuove cappelle co-
struite ai lati della chiesa, distrug-
gendo le finestre e la parte centrale
degli affreschi, di cui sono rimaste
quindi solo le parti estreme, a destra
214 PARTE QUARTA l L' IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE RE; lLE
fig. 5a. Anisi, Basilica inferiore, veduta
del trauseflo destro. Sul primo riquadro
a destra si riconosce il ritratto di San
Francesco di Cimabue.
CAPITOLO l l SAN FRANCESCO E LA NECESSITA DI UNA NUO\fA \1ISIONK ASSISI 215
216
fig. Jb. Assis1; Basilica
inferiore, veduta de!
transetto sinistro.
Gli affreschi coprono
completamente tutte !e
murature; anche le finestre
11011 illferrompono tale
contimuiii, n come stacco di
luce, n come tonalit di
colore.
PARTii QUARJl l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELJ:AMBIENTE REALE CAPITOLO l l SAN FRANCESCO E LA NECESSITA DI UNA NU0\
1
A \
1
1S/ONE: ASSISI 217
218 PARTE QUARTA l L'IMMAGI NE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
e a sinistra; tagliate senza alcuna attenzione e rimaste cos frammentate nei seco-
li. Sono evidentemente di un unico autore tradizionalmente chiamato "Maestro
di San Francesco" (autore probabilmente - come abbiamo visto - della tavola
con il Santo alla Porziuncola [fi'g. 4b] e inoltre di un Croce/isso alla Galleria Na-
zionale dell'Umbria, Perugia); certo casuale che di questo primo grande pitto-
re della 'nuova visione' imposta da Francesco (che forse contemporaneamente
chiude la pittura di alcuni secoli passati e apre quella di non pochi secoli succes-
sivi) non si sappia nulla anche se il nome attribuitogli sembra perfetto: "Maestro
di San Francesco" perch fu lui in fondo a indicare a tutti gli altri una nuova via
[figg. ~ 7 e p. 229 fig. 1].
"Si tratta probabilmente di un maestro umbro ... Le sue figure sono di una magrezza che po-
tremmo quasi definire elegante, con delle piccole teste vivaci ed espressive; ed egli sa far muo-
vere queste figure in grandi scene ... con una naturalezza e una libert stupefacenti. Fra tut-
ti i maestri anteriori a Cimabue, mi pare che il posto d'onore spetti a lui, ed io lo deszgner
... con il nome di "Maestro di San Francesco" ... Queste pitture si distinguono da tutte le ope-
re del tempo per la vivacit dei volti e degli atteggiamenti. Non rimasto quasi nulla dello
schematismo dell'arte antica: tutto indica una osservazione diretta della natura, per quanto
il disegno dei dettagli sia ancora ingenuo. Rispetto alle pitture convenzionali dell'epoca, c'
un progresso evidente e constderevole, che legittima pienamente il posto d'onore assegnabile
al "Maestro di San Francesco", fra i precursori di Cimabue e di Giotto" (Thode 1885)
3

Intorno alle tante coloratissime dramatis personae l'ambiente ha una uguale par-
tecipazione alla definizione dell'atmosfera delle scene; in alcune- come l'appa-
recchio della Croce e la Crocefissione -l'ambiente assente perch intera-
mente e solo alla folla di persone che affidato il racconto. In altre invece per
assolvere al ruolo voluto dal "Maestro di San Francesco" la raffigurazione del-
l'ambiente abbandona le stilizzazioni tradizionali per guardare pi lontano in
esempi classici o pi vicino nella natura e nel paesaggio intorno.
Dopo il "Maestro di San Francesco" Cimabue il secondo grande protagonista
della basilica di Assisi. Purtroppo il pessimo stato di conservazione delle biac-
che nei dipinti del transetto della Chiesa superiore, si aggiunto alla complica-
ta simbologia dell'Apocalisse di Giovanni per renderne difficile la lettura, anche
se si intuisce la presenza di una impostazione specifica, e tutt'altro che usuale,
dell 'elemento ambiente. Nella Visione degli angeli e nella Caduta di Babilonia
la scena divisa in due da una muraglia merlata, dietro cui c' un montaggio
'cubista' di volumi architettonici deviati in ogni direzione. Gli stessi volumi Ci-
mabue dipinge sulle Vele e nelle Storie di Pietro, nell'altro lato del transetto del -
la Chiesa superiore, con accostamenti pittorici e di volumi architettonici e di co-
lori che producono straordinari effetti fantastici.
L'artista che raccoglie questi elementi e quanto prodotto durante tutto il XIII
secolo nelle tante scene a cui abbiamo accennato, e che d forma completa e co-
erente all'ambiente francescano, inventando una nuova immagine di ambiente
divino, diversa anche se non in rottura con quella vetero e neo-testamentaria ed
agiografica, indubbiamente Giotto.
CAPI TOLO J l SAN FRANCESCO E LA NECESSI TA DJ UNA NUOI'A I'ISI ONE ASSISI 219
fig. 6. "Maestro di San Francesco", Deposizione. Assisi, Basilica inferiore, navata destra. La montagna a destra
(l'unici/ rimasta) color terra, piena di arbusti;- il terreno .ru cui poggmo la Croce e le persone 1111 prato verde
con piante e fiori.
220 PARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO 11 U.1l RICERC,! DELL'AMBIENTE REALE
Giotto affronta le storie di San Francesco con una straordinaria capacit inven-
tiva basata su una lettura dei testi che suggerisce quel collegamento tra perso-
naggi e scena che il nuovo messaggio degli affreschi della Basilica superiore di
Assisi: una chiesa progettata e costruita e illuminata per essere interamente af-
frescata (ben diversamente da tanta architettura cistercense e gotica dove l' af-
fresco o la pala sono un fatto concentrato in alcuni punti, per sottolineare gli av-
venimenti topici del culto) , creando un modo di fare architettura-pittura che Giot-
to riprender agli Scrovegni.
Le storie francescane di Giotto nella chiesa superiore di Assisi per la completezza
del racconto, per la coerenza dei tipi e dello stile e ancora di pi per essere la pi
completa ed unitaria raffigurazione della vita di San Francesco, sono state assunte
come la codificazione finale dell'ambiente francescano rJigg. 3b, 10, 11, 12].
Nelle varie scene affrescate dobbiamo distinguere tra l'ambiente architettoni-
co ed urbano e quello invece della natura e del paesaggio.
Il primo - collegandosi direttamente ai personaggi attraverso la descrizione sto-
rica degli avvenimenti- quello pi determinato. Il secondo quello che lo sti-
le iconografico da secoli ha ' codificato' in un linguaggio simbolico ed astratto
(in cui si muove anche Giotto), ma che proprio per questo si riveler sempre pi
inadatto ad esprimere l'ambiente francescano ed anzi successivamente a descri-
vere qualunque ' ambiente'.
Gli studiosi di Giotto hanno sottolineato come fondamentali della sua pittura vari
elementi (i personaggi e l'impostazione della scena soprattutto) tra cui non figura
l'ambiente urbano. In questo infatti (ancor di pi che nell'ambiente nat urale) Giot-
to non sembrerebbe staccarsi del tutto dalle rappresentazioni precedenti e prefi-
gurare chiaramente quello che sar l'ambiente raffigurato un secolo dopo.
Consideriamo alcuni dipinti di Assisi dove il compito di illustrare la Legenda
maior di Bonaventura (finita nel1263 e diventata l'unica biografia autorizzata di
Francesco nel 1266, quaranta anni dopo la morte del Santo) porta Giotto, alla
fine degli anni ' 90 del XIII secolo, nella Chiesa superiore, all 'invenzione non so-
lo del personaggio San Francesco, dei frati, del papa e del sultano ecc. , ma an-
che all 'invenzione degli elementi scenici in cui operano
4

Cominciamo da alcune scene che si svolgono all'esterno in ambienti urbani. In es-
se Giotto era maggiormente vincolato dalla realt degli avvenimenti di settant'an-
ni prima: la piazza di Assisi, la citt di Arezzo, la chiesa delle Clarisse. li pubbli-
co conosceva quei luoghi e doveva riconoscerli, altrimenti avrebbe rifiutato l'inte-
ra scena. Per riconoscerli non aveva bisogno di una riproduzione "fotografica" (tra
l'altro il momento in cui Giotto dipinge diverso da quello vissuto da San Fran-
cesco: la Torre del Popolo nella piazza di Assisi non c'era all'inizio del XIII seco-
lo ed era ancora in costruzione quando Giotto la dipinge: sar finita nel1305) e
Giotto lavora di sintesi per proporre quegli elementi specifici che appunto richia-
mino nel devoto l'immagine familiare [fig. 10].
Anche in alcune scene che si svolgono all'esterno in ambienti naturali, compaiono
nello sfondo case, chiese, borghi, citt: Il dono del mantello, L'Estasi, Le stimma-
te. Nel Dono del mantello [fig. 3b] sul colle a sinistra c' una citt: quasi certamente
CAPTTOLO l l SAN FRANCESCO E LA NECESSITA Dr UNA NUOI'II \
1
ISIONE: ASSISI 221
fig. 7. "Maestro di San Fnmcesco", Deposizione. Assir1; Basilica Iii/eriore, navata destra. Nel Compianto dietro al
gruppo delle Marie (l'unico rimasto) c' llllfl montagna, 'agitata' CO/Ile le persone davanti: a differenza della
montagna nella Deposizioue qui i marroni sono due o tre e si a/temano per formare creste e valli su cui il
disegno della vegetazione accre.rce ancora la drammaticit.
8
222 PARTE QUt i RTt l l L' IMMAGI NE D6L SACRO ALLA RICERCA D6LL'IL\IBIENTE REALE
figg. 8, 9. Assist; Basilica superiore. Due campale: dall'alto le storie della Genesi e di Maria, poi ancora la Ge11esi e
Cristo, in basso San Fraucesco.
CAPITOLO l l SAN FRANCESCO E LA NECESSITA DI UNA NUOVA VISI ONE: ASSISI
223
9
224
PARTE QU1l RT1I l L' IMMAGINE DBL SIIC/W liLLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
fig. 10. Giallo (o seguaci), Omaggio dell'uomo semplice. Assiri, Basilim superiore. Ancbe a pr11n vista, nell'insieme
totalmente affrescato della Basilim Superiore, questo riquadro appare come uno deipocbiuimi 1 cui l'ambiente urbano
domina a.uolutamente. Tu/lo lo sfondo occupato dalle facciate di edifici con a.uoluta continuit da 1111 estremo all'altro
(cm 230), e gli edifici .WIJO quelli della pia:a.n principale di Assi.<i dove /'epodio si .1volse e cbe i fedeli conoscevano (a
di/feren:w della Palestina o dei luogbi biblici): potremmo parlare di tma scena dal vero, di una "/otogm/in". Nel disporre le
facciate della pia:a.n, Giallo ba dovi/lo tener collio della prese11:w nella parte alta, della mensola di sostegno di
zm'arcbitmve (come di fronte, nella Liberazione dell'eretico Pietro). La mensola soste11eva u11n trave cbe allmversava tutta
la chiesa e reggeva il croce/i.<so di Gmta Pisano: em dunque 1111 elemenlu molto linporlante, 11011 1111 semplice e/eme/IlO
coslmllivo mme pu sembrare oggi. utili:a.nta da Gioito come ce111ro, uun solo casuale ed estemo alla composizio11e:
mrrispo11de al ce/liro de/tempio di M1erva e questo occupa quasi la met dell'n/fresco. Dava !Ili 11011 c' !leSSI/l/
perso11aggio, la scena vuota: la prima cosa cbe osserva il fedele questa /aa'iata classiat. Ai la t i due gmppi di perso/le e
due diverse arcbitellure: i riccbi a si11istra dava111i ad 1111 ricco palazzo, i borghesi e d "semplice" a destm davtwti ad Ullfl
cam a logge. Tra le figure e lo ~ f o 1 1 d o c' un rapporto quasi reale (cosa l'ti/sua aucbc J Gioito); le figure SOlto pow pi
grn11di di qual/lo vorrebbe t ma rigorosrt geometria, ma 11011 cb i aro a quale distn11zn esse sia11o dalle facciate della pia:a.n,
n11cbe pcrcb l'esaltazione del/oro molo e dellrt loro azione a/fidata sopra/tu/lo alla /orte di/fereii:W cromatica: scuri
(rom; blu) quasi tuili i personaggi, cbiari (ocre, verdt) gli edifici. E a tes/710IIiare la contmit della scena l primo piallo
tra Francesco e il ".l'emplice", poco mppresentata dal chiarissimo mal/lo steso per terra, spicca CO/Ile eccezio11e il pavimento
i11 collo rosso del portico de/tempio di Miuerva cbe wu'sce Fra11cesco proprio alla testa del "semplice".
CAPITOLO l l SII N FRANCESCO E Lll NECESSITA DI UNA NUOI'II 1'/SIONE: ASSISI
225
fig. 11. Giallo, Il Presepe di Greccio. Assiri, Basilica mperiore. !} episodio 11011 racco11tato ttutti i testi relativi alla
biografia di San Francesco: a11zi mal/ca l qua/amo dei pi diffusi e popola n; come i Fiorelli. Il racconto pit esaurie11te
(ed ufficiale) quello contenuto nella Lege11da maior de/1266, seri/la da San Bouavelltura, gel/era/e dell'Ordine dal
1257 (cap. X, 7- Rillascimento del Libro, Fire11ze l 931): "JI terzo almo avanti cbe il beato Francesco morisse (25
dicembre 1223), gli ven11e voglia di/are memoria della 1/ativit di Cristo, per coJJIIIIIIOvere la gente a divozione. E
ordi11 di/are questa msa al castello di Greccio, co11la maggiore solennit cbe /are si potesse; e accioccb di questa cosa
11011 fosse mormorio, Ile volle la liceu:w del Papa, e avuta la licenza, si/ece apparecchiare la mangiatoia col fieno, e ivi
fece venire il bue e l'asi11o, e /ecevi ve11ire molti/m ti e altra gente, e volle /are questa cosa di no/te, e /tt in quella notte
bellissimo tempo, e ivi/tt grande quantit di lt1111i accest; e di ca11ti e di laude, e d'altro uf/izio sole1111e cbe vi si disse
per molti religiosi cbe vi furono, di cbe tu/fa la selva, dove questa solennit si /ea:, 11e risuo11ava; e l'uomo di Dio slava
dw11zi al presepio, pie11o di somma dolcezza, spargendo i11/inite lacrime di tut/a divozione e di piet, e mpra la
mangiatoia, per l'onlig11o cbe vi/ecefare, si celebr In messa co11 gmnde solennit, e il beato Fmncesco, /evita di
Cristo, vi ca11t I'EtJallgelio santo e predic al popolo della 1/alivit di Cristo nmlro re, lo quale aveva IJuso, quando lo
volea uomare in questa solemui, s lo cbiamava il bambi11 di Betlem, perleuere:a.n di gmnde amore. E 1111 mvaliere
cbe v'era, il quale era Ili/Uomo di gmnde virt in Dio, il quale per amore di Cristo aveva abbandonate tutte le cose
mo11dane e aveva grandissna divozione al bealo Francesco, il cui 11ome era Giova1111i di Greccio, disse ed a!fen11
come aveva i11 quel pzmlo veduto 1111 /anczitllo 11elle bmccia del beato Fmncesco, il qtlllle parea cbe dormisse, e il beato
Fmncesco lo svegliava ... ".
226 PARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
fig. 12. Giotto, Ilmwcolo della fonte. Assisi,
Basilica superiore. I.: ambiente gioca in questo
episodio 1111 ruolo esse11zia!e: i monti sono infatti
l'immagine di Wl luogo arido, senza acqua, dove
appunto l'acqua pu esserci solo se miracolosa. I
pochi alberi (almeno in parte aggiunti "a secco")
sono an cb' essi in condizioni di siccit.
Assisi vista da fuori Porta Nuova
con l'abside del Duomo all'interno
(?)e S. Damiano(?) all'esterno: sul
colle a destra, oltre la valle, solo una
chiesa (Le Carceri?). Tutti gli edifi-
ci si affacciano verso sinistra e con-
cludono in alto i colli sottostanti,
cio la parte 'naturale' dell'am-
biente. Non sono un complemento
decorativo, un elemento aggiunto.
Descrivono un luogo preciso: l'Um-
bria tra Perugia, Assisi e il Subasio
dove la frequente presenza di case
e chiese sparse nelle campagne, tra
monti e borghi appunto l'am-
biente specifico in cui si pu ritro-
vare il fedele che ci viveva.
Tra le scene che si svolgono in ambienti interni, nel Presepe di Greccio che la
scelta giottesca dell'architettura con cui impostare tutta la scena raggiunge for-
se il massimo (e anche qui ci sar una ripetizione nell'Accertamento delle stim-
mate) [fig. 11].
Il protagonista Francesco; non siamo a una scena di Nativit nelle storie di Ge-
s. Dalla tradizione- ma non dal Vangelo- Francesco ha tratto solo il bue e l'a-
sino e Giotto anche; con uno straordinario intuito teatrale li dispone davanti al-
la mangiatoia lasciando lo spazio principale a Francesco e al Bambino, che da
intuizione del cavaliere di Greccio sembra qui diventato iniziativa di Francesco;
e soprattutto lo spazio lasciato alla folla che riempie il coro di una chiesa - si-
lenti i laici, osannanti i frati -. L''ordigno' fatto fare nel castello in mezzo alla
selva di Greccio da Francesco (nel racconto di San Bonaventura) viene trasfor-
mato da Giotto in una completa rappresentazione dell'altare col ciborio, illeg-
go, il pulpito, l'iconostasi tradizionali come arredo liturgico delle chiese roma-
niche e quindi riconoscibili a differenza di qualche altra cosa che Giotto avreb-
be potuto inventare seguendo alla lettera San Bonaventura. in questo coro che
si accalcano i personaggi, lasciando la navata pi ampia oltre la chiusura della
scena, verso cui si protende l'intelaiatura lignea di un crocefisso visto da dietro
con il suo sostegno che ne sottolinea la prospettiva nella direzione opposta a
quella con cui tradizionalmente la vedono i fedeli. La croce - rossa di minio di
protezione come nella migliore tradizione della falegnameria dell'Italia centrale
CAPITOLO 1 l SAN FRANCESCO E LA NECESSITA DI UNA NUO'A l'lSIONE: ASSISI
227
- su un fondo blu: la volta delle cappelle e delle chiese in cui dipinge Giotto?
o anche cielo - non pi d'oro - dell'architettura e della pittura insieme?
Tra le scene che si svolgono all'esterno in ambienti naturali due occupano i ri-
quadri dietro la facciata della Chiesa superiore di Assisi, accanto alla porta (mo-
tivo - assieme alla diversa esposizione verso est rispetto alle pareti nord e sud -
della loro non buona conservazione). Sono due scene tra le pi popolari: Il mi-
racolo della fonte [fig. 12] e La predica agli uccelli (vedi p. 229, fig. 3).
Nel Miracolo della fonte monti, rocce ed alberi rientrano nella tradizione pitto-
rica pre-giottesca; qui per non sono solo uno sfondo, ma costituiscono la sce-
na su cui si appoggiano i cinque personaggi; la differenza dei ruoli sottolinea-
ta dal fatto che le ombre portate si sommano alle ombre proprie solo nelle pie-
ghe dei manti dei frati e dell'assetato; sono invece assenti sul terreno e sugli al-
beri - dove sono evidenziate solo le ombre proprie, come era tradizionale - che
si presentano quindi appiattiti e ritagliati. Gli alberi - dipinti 'a secco' e quindi
dopo il resto del dipinto - sono sette: due sono proiettati sul terreno sopra la
sorgente; cinque sul cielo scuro.
Il ruolo ambientale degli alberi nel 'Miracolo della fonte' sar svolto dagli uc-
celli nel dipinto della 'Predica' (vedi parte IV, cap. 2).
Note
1
La bibliografia su San Francesco e su Giotto ovviamente enorme e ad essa rimandiamo anche
per attribuzioni e datazioni che sono marginali all'argomento di questo libro. I testi essenziali so-
no: H. Thode, Francesco d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, Berlino 1885, ed.
italiana Roma, Donzelli 2003; C. Frugoni, Francesco e l'invenzione delle stimmate, Torino, Einau-
di 1993; B. Zanardi, Giotto e Piero Cavallini, Milano, Skira 2002; oltre alle classiche opere di E.
Battisti, C. Brandi, D. Gioseffi, C. Gnudi, R. Longhi, G. Previtali, R. Salvini, P. Toesca ecc.
2
I restauri dopo il terremoto del26 settembre 1997 hanno permesso una pi precisa conoscenza
di tutto il complesso delle chiese di Assisi.
3
Thode (op. cit.) attribuiva al 'Maestro di San Francesco' le storie di Francesco sulla parete si-
nistra della Chiesa inferiore; attribuiva le storie di Cristo sulla parete destra ad un artista a me-
t strada tra il 'Maestro di San Francesco' e Cimabue; successivamente molti hanno attribuito
anche queste storie della Passione allo stesso autore delle storie di Francesco.
4
Gli ambienti delle Storie di San Francesco nella basilica superiore di Assisi possono essere rag-
gruppati in quattro elenchi (considerando tutti gli affreschi della serie francescana indipenden-
temente dalle discusse attribuzioni totali o parziali a aiuti e collaboratori e dalla successione del-
la loro esecuzione).
l. Scene che si svolgono all'esterno in ambienti urbani: L'omaggio di un semplice nella piazza di
Assisi l La rinuncia agli averi l La cacciata dei diavoli da Arezzo l La prova del fuoco l Il pian-
to delle Clarisse.
2. Scene che si svolgono in ambienti intemi: n monito del crocifisso l La conferma della Regola l
Il presepe di Greccio l La morte del cavaliere di Celano l La predica dinanzi a Onorio III l L'ap-
parizione al Capitolo di Arles l L'apparizione a fra' Agostino l L'accertamento delle stimmate l
L'apparizione a Gregorio IX
3. Scene che si svolgono all'esterno in ambienti naturali
Il dono del mantello l L'estasi l n miracolo della fonte l La predica agli uccelli l Le Stimmate
4. Scene miste
Il sogno del palazzo l Il sogno di Innocenzo III l La visione del carro di fuoco l La visione dei
troni l Il trapasso l La canonizzazione.
Capitolo 2
Prediche} leggende e storia
Possiamo assumere la popolarissima Predica agli uccelli come chiave di lettura
della fortuna e della ricchezza dell'iconografia francescana. La Predica agli uc-
celli era gi stata molte volte dipinta prima di Giotto, anche nella stessa Basili-
ca di Assisi dal "Maestro di San Francesco" [fig. 1].
Francesco sta camminando e gesticolando e contrasta col suo movimento l'im-
mobilit degli uccelli. Questi sono a terra sul prato su due allineamenti messi in
risalto dal fatto che in primo piano ci sono tortore bianche e dietro gazze bian-
co-nere. Un grande albero e un altro pi piccolo, ceduato in tre tronconi, pre-
sentano il disegno chiaro della chioma su cui sono tracciati rami e foglie: au-
tunno e sono rade le foglie rimaste mentre quelle cadute sono disegnate in bas-
so, sul prato, tra gli uccelli. Il fondo un unico colore scuro, dal verde del pra-
to al blu del cielo (I fondi oro non piacciono certo ai francescani: ce ne sar qual-
cuno quando arriveranno a Assisi i pittori senesi: nel trittico con la Madonna,
San Giovanni e San Francesco di Pietro Lorenzetti).
La predica agli uccelli uno degli episodi nella pi antica tavola con San Fran-
cesco; quella dipinta da Bonaventura Berlinghieri nel 1235 per la chiesa di San
Francesco a Pescia (vedi p. 212 ,/ig. 4a) . San Francesco e due frati sono dinan-
zi a una chiesa; di fronte una stilizzata montagna con fiori e alberi piena di uc-
celli [fig. 2].
Giotto nella Predica agli uccelli [fig. 3] - guardando certamente al "Maestro di
San Francesco" nella chiesa inferiore- propone un rapporto tra Francesco e la
natura - vegetale e animale - situato in un ambiente in cui abolito qualsiasi
sfondo, qualsiasi riferimento a un luogo, a tipi tradizionali e stilizzati. Solo Fran-
cesco, l' altro frate e gli uccelli (dipinti a secco sul restante affresco: le tecniche
pittoriche sono strettamente funzionali al risultato dell'insieme e non solo espe-
dienti di mestiere); tre alberi non sono nello sfondo, ma l davanti con i frati e
gli uccelli e profonde ombre sottolineano ali e penne, cos come sottolineano le
pieghe nelle tonache dei frati. Nello sfondo c' solo il cielo; gli elementi natura-
li terrestri sono in primo piano, sul proscenio, tutti alla pari alberi uccelli e uo-
mini. Questa prima invenzione giottesca per creare l'ambiente naturale, consi-
ste nell' annullarlo come scena autonoma e riproporlo panteisticamente tutto sul-
lo stesso piano e con lo stesso valore; la scena una sola e stacca direttamente e
solo sul cielo
1

A poca strada da Assisi, attraversata la Valle Umbra, a Montefalco, nel1452 Be-
nozzo Gozzoli (1420-1497) affresca nell'abside della chiesa di San Francesco gli
CAPITOLO 2 l PREDJCEIE, LEGGENDE E STORIA
fig. 1. "Maestro di San Francesco", La predica agli
uccelli. Assisi, Basilica inferiore, navata centrale,
parete sinistra. Gioito conosceva certamente questo
a//reico nella cbiesa J/eriore, quando dipingeva lo
stesso sagge/lo nella parete intema della facciata della
cbiesa superiore. Un confronto JJOIJ ba molto senso
(come tutti i confronti c/;e soltJtendono la ricerca di
1111 giudizio), ma quasi Jevitabile (e non scoli lato
cbe Iia a vantaggio di Giotto!). San Francesco qui in
caJmiiJO e accompagna con tu/la la pe1Jona il gesto
benedicente che sembra dire/lo 11011 solo agli uccelli
(divisi tra tortore 1 primo piano e gazze dietro), lllll
anche ai fiori e agli alberi.
fig. 2. Bonaventura Berlingbieri, tavola a San
Fmncesco a Peicia (1235). SceJI(/ conia predica agli
uccelli (vedi anche p. 212, fig. 4a)
fig. 3. Giotto, La predica agli 1/ccei!J: Assisi, Basilica
superiore. Fmncesco parla con gli uccelli con estrema
naturalezza, tanto da stuptie il/rate che dietro a lui.
Gli uccelli formano 1111 gmppo a terra, a cui sta
aggmgendosi 1/11 ritardatario in volo. Dietro c' solo il
cielo: le figure uma11e, an11alt; tlegetali sono tutte in
primo piano, tutte alla pmi. Questo epiwdio, ritenuto
subito mme 11110 dei pit significativi della vita e del
pensiero di Francesco, stato 1ipreso tante volte nelle
figure laterali alle pale con il Santo: nel!a tavola di
Orte; nella tavola Bardi a Santa Croce a Fenze; nella
tavola di Giotto al Louvre (Le stimmate, 1300 c'Cfl) la
tavoletta della predella con la predica agli uccelli
riprende l'affresco di Assisi.
229
2
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------
... - -
( -
3
230 PARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE RMLE
fig. 4. Benozzo Gozzo/i, affreschi, 1452. Momefa!co, Sa11 Francesco, abside. Gli affreschi sono distn'buiti s11 quattro
pareti con tre xcene ognuno: la superiore termw all'inizio delle volte della semi-cupola cou figure ttere di sante e santi.
CAPI7'0LO 2 l PREDICI/E, LEGGENDE E STORIA 231
stessi episodi della storia del Santo raffigurati quasi due secoli prima sui muri
delle due chiese di Assisi [figg. 4, 5, 6, 7, 8, 9]
2
Mancano sette anni a quando
Benozzo dipinger la Cappella dei Magi a palazzo Medici-Riccardi a Firenze
(1459, vedi parte III, cap. 4).
Siamo in pieno Quattrocento e i personaggi non sono ascetiche figure calate in
un ambiente comunque diverso ed esterno, anche quando non inteso solo come
cornice. La scena della Predica agli uccelli [figg. 5, 8] dominata dal Subasio: a
sinistra Assisi (vedi p. 211,/ig. 3a); ai piedi del Subasio, a destra, Spello, appe-
na visibile dietro Montefalco dominante in primo piano, al di qua della Valle
Umbra; accennata Bevagna.
Benozzo usa sempre la prospettiva e dispone paesi e campagne su piani diversi,
con dimensioni diverse, con stilizzazioni diverse. In primo piano, dominanti, i
personaggi che recitano due scene in successione. Sono due benedizioni: a sini-
stra Francesco - accompagnato come sempre da un frate - benedice gli uccelli;
a destra benedice il vescovo e tre notabili di Montefalco. Gli uccelli qui non so-
no pi protagonisti, non sono con Francesco e gli altri, ma sono nel prato con
cui comincia l'ambiente realisticamente analizzato: poche erbe nello spiazzo cal-
pestato dalla gente, il prato verde sotto agli uccelli , la collina che digrada con
ulivi (un albero pi avanti degli altri
agitato dal vento) , poi la pianura
coltivata a campi. Oltre il Subasio, il
cielo non una tinta, ma tanti azzur-
ri e tante nuvole. Occorre l'ambiente
per capire i personaggi e anche il co-
lore si direbbe che cerca di non crea-
re contrapposizioni.
Ma non solo questa scena con la pre-
dica agli uccelli e la benedizione dei
notabili di Montefalco a permettere
di studiare come mutata la conce-
zione dell'ambiente tra l'erede di Ci-
mabue e il compagno di lavoro del-
l' Angelico.
Sotto al riquadro precedentemente
descritto c' La rinuncia ai beni [fig.
8, in basso]: dietro a Francesco e al
vescovo c' tutta Assisi: palazzi, chie-
sa, strade, pavimentazione. Nel Pre-
fig. 5. Benozzo Gozzoli:affrescbi, 1452.1'vlontefalco,
San Francesco, abside. La predim agli ucce/H l vari
uccelli (tortore, merli, colombi; gazze, 1111 cig11o...) sono
sul prato J primo piano davanti a una dettagliata
raffigurazione delle coltivazioni nella Valle Umbra sullo
J./ondo del Subasio; si noli l'albero agitato dal vento e la
citt di Bevagna (vedi ancbe p. 211,/ig. 3a).
232 PARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLI! RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
fig. 6. Beno:a.o Go:a.oli; ajfrescb1; 1452. Montefalco, San Francesco, abside. P1Jta parete da s1istra dal basso: La nascita
di Maria; Francesco sostiene la cbiesa di San Damiano e Francesco presenta la Regola al papa; 1t presepe di Greccio.
CAPITOLO 2 l PREDICHE, LEGGENDE E STORIA
233
fig. 7. Beno:a.o Go:a.ob; affrescbi, 1452. Montefalco, San Francesco, abside. Seconda parete da sinistra dal basso: Francesco
dona il mantello, il sogno, Pala:a.o 11eccbio a Fenze; la cacciata dei diavoli da Are:a.o; Francesco davanti al Sultano.
t
234 PARTE QUAR1i l l L' IMMAGI NE DEL SACRO liLLA RICERCA DELL'AMBIENTE REAl-E
fig. 8. Benozzo Gozzo/i, a/freschi, 1452. Montefalco, San Francesco, abside. Terza parete da sinistra dal basso: La
rimmcia; La predica agli uccelli e la benedizione di lvlontefalco; le Sti111mate.
CAPITOLO 2 l PREDI CHE, LEGGENDE E STORIA 235
fig. 9. Benozzo Gozzo/i, a/freschi, 1452. Montefalco, San Francesco, abside. Quarta parete da sinistra dal basso: Salt
Francesco e San Domenico in piazza San Pietro a .Ron"'; t/Il miracolo; il compianto.
236 PARTE QUIIR'/ \ 1 L'IMM;I GINE DEL SACRO ALLA RI CERCA DELL'AMBI ENTE REALE
sepio di Greccio [/i"g. 6, in alto] siamo invece interamente dentro all'architettu-
ra di una chiesa, senza !imitarci alla sintesi giottesca, anche se forse questa era
pi convincente ed emozionante.
Nell'affresco con Le Stimmate [fig. 8, in alto] , Francesco e un altro frate sono
davanti a una cappella (a sinistra) e a un complesso monastico (a destra) , sullo
sfondo un monocromo paesaggio di rocce e monti che riempie tutto lo spazio
del dipinto, escludendo completamente il cielo. Anche il Serafino "fuori cam-
po", forse perch l' ambiente descritto la totale realt e la presenza di un sim-
bolo avrebbe rotto quella immersione del divino nel terrestre che era da pi di
due secoli un elemento insostituibile dell'iconografia francescana, e non solo.
Francesco non certo l'unico personaggio ' popolare': accanto ai protagonisti del
Vecchio e del Nuovo Testamento e alle storie del santo protettore, dalle ultime
pagine dei Vangeli emerge un personaggio che diventer popolarissimo: Maria
Maddalena. La sua immagine quella di una delle pie donne (tutte di nome Ma-
ria) che sono a fianco della Madonna sul Golgota e poi al sepolcro. Ancora una
volta i Vangeli sono scarsi di informazioni, parzialmente contraddittorie: Maria
di Magdala comparirebbe due volte.
Nella prima versa lacrime e unguenti sui piedi di Ges e li asciuga con i suoi ca-
pelli, mentre questi a cena in casa di un fariseo a Betania (Matteo, 26, 6-13 -
l'unguento qui versato sulla testa di Ges-; Luca, 7, 36-50; Giovanni, 12, 1-
8) . Solo in Luca la donna una peccatrice, ma non sarebbe Maria di Magdala
che nominata poco dopo come persona diversa che Ges libera da sette dia-
voli. Il fariseo ospitante si chiama Simone in Matteo e in Luca; invece in Gio-
vanni lo stesso Lazzaro resuscitato e Maria sua sorella. Negli affreschi nel re-
fettorio di Santa Croce a Firenze (attuale Museo dell ' Opera di Santa Croce)
[fig. 12] Taddeo Gaddi (1333-1396) segue il racconto di Luca: siamo a cena e il
fariseo a capotavola in una sala con le pareti verdi: il manto rosso della Mad-
dalena risalta ancora di pi perch il suo vestito verde e la sua chioma bionda
accompagna il gesto con cui accarezza i piedi di Ges.
Il collegamento di questa donna con quella presente nell' altro episodio evange-
lico conseguenza della successiva popolarit: Maria Maddalena accanto alla
Madonna nella Passione e anzi lei che si inginocchia ai piedi della Croce, par-
tecipa alla sepoltura, la prima testimone della Resurrezione (Matteo, 27, 55-61
e 28, 1-15; Marco, 15, 40 e 47 e 16, 1-20; Luca, 23, 55-56 e 24, 1-12; Giovanni,
20, 1-18) , svolgendo quindi un ruolo di grande importanza, tanto che questi epi-
sodi nella tradizione popolare fanno parte sia del finale delle storie di Ges che
dell'inizio delle storie di Maria Maddalena.
Dal primo episodio evangelico derivano due degli attributi della Maddalena: i
lunghi capelli sciolti e il manto rosso che portavano le prostitute. Dal secondo
episodio deriva la sua posizione di prima santa dopo la Madonna e quasi dell' e-
quivalente femminile di San Pietro.
La sua storia prosegue dopo il Noli me tangere con una leggendaria traversata
del Mediterraneo (e qui il raffronto eventualmente con San Paolo); approda a
CAPITOLO 2 l PREDICHE, LEGGENDE E STORIA 237
fig. 10. Masaccio (1401-1428), Polittico per
la cbiesa del Camuize a Pisa, poi disperso; la
Crocefi.uione (1425-1426) attualmente a
Napoli; Gallerie Nazionali di Capodimonte.
Il f ondo oro mmul/a completamente qualsiasi
elemento oltre le quattro figure, di cui
lvf.a.wccio ba esaltato la dispemzione in modo
quasi teatrale. La Maddalena allargando le
bmccia - gesto inconsueto: i personaggi
dolenti ai piedi della Croce sono quasi
sempre raccolti- au1nenta il molo pittorico
della 'macchia rossa'.
Marsiglia o a Les-Saintes-Ma-
ries-de-la-Mer e si ritira come
penitente alla Sainte-Baume.
Viene sepolta a Vzelay (centro
del suo culto nell'XI e XII se-
colo) e poi le sue reliquie sono
trasportate in Provenza, dove
rester per sempre la grande
santa locale (per i Provenzali e
per i Gitani).
Per tutti i pittori la Maddalena
una pennellata rossa, disposta
sempre in punti chiave delle sce-
ne: si pu affermare che quando c' la Maddalena la sua figura che condizio-
na la composizione e i contrasti inevitabili tra i colori. Il rosso condiziona la po-
sizione e il panneggio del manto (che raramente lascia spazio per far vedere al-
tre vesti e altri colori) e deve accordarsi con l'oro dei lunghi capelli; quasi sem-
pre la Maddalena l'unico tra i personaggi femminili a non averli raccolti sotto
un velo, proprio per confermare la sua diversit. Anche in scene come la Cro-
cefissione e la Deposizione quella pennellata rossa conquista la base della cro-
ce, i piedi di Cristo, il centro del dramma raffigurandone la parte umana e ter-
restre sotto a quella divina [figg. 10, 11].
Giotto dipinge la Maddalena nelle storie di Ges, ma quasi certamente anche
l' autore degli affreschi nella Cappella della Maddalena nella Chiesa inferiore di
Assisi, dipinti probabilmente poco dopo gli Scrovegni
3

Oltre a molti ritratti di santi e vescovi, nella Cappella sono dipinte le storie del-
la Maddalena [figg. 13, 14, 15, 16]. Le scene raffigurate sulle pareti sono: La ce-
na in casa di un fariseo (Maddalena ai piedi di Cristo); La Resurrezione di Laz-
zaro (Maddalena - qui come sorella di Lazzaro - inginocchiata davanti a Ge-
s al centro della scena e il suo manto rosso messo in risalto dalla figura della
sorella, il cui manto verde scuro [fig. 13] ; Noli me tangere (anche qui la Mad-
dalena inginocchiata al centro della scena) [fig. 14]; Il viaggio a Marsiglia. In
alto sotto le volte: La Maddalena trasportata in cielo, La Maddalena tra gli an-
geli, La Maddalena riceve il manto da Zosimo [fig. 15]. In questi ultimi episodi
238
fig. 11. Pietro Lorenzetti
(1280/85 ca-1348?), Deposizione.
Assisi, Cbiestt inferiore, tmnsel/o
sinistro. La parte bassa della scena
pocbissimo cambiata n"spello alla
Crocefissione: la macchia rossa della
Maddalena inginoccbiata e wece
di sottolineare la direzione verticale
-come l t ella Crocefissione-
disposta parallela al Crlo.
fig. 12. Taddeo Gaddi(/300-1366),
La cena in casa del Fariseo con la
Maddalena che lava i piedi a Gest.
Firenze, refettorio della cbiesa di
Santa Croce (al/uale lvfuseo
deli'Opem di Santa Croce).
fig. 13. Assis1; Cbiesa inferiore,
Cappella della Jvfaddalena, La
resurrezione di Lazzaro. Siamo
ancora lontani dalla dmmmttticit
della Passione; la Maddalena
in ginocchiata al centro della scena
/m il gmppo l tomo a Lazzaro e
quelfo co11 Gesz. La maccbia rossa
del suo mantello sotlolineala dal
mantello verde scuro della sorella,
di cui compare solo il bordo. Le
montagne so11o di u11 colore
smorto e 11111/orme e gli alberi si
confondono nel cielo scuro.
L'ambiente ha come protagonisti
le persone.
PARTE QU;IW/il l L' /M,\IACINE DEL SACIWALLA RICERCA DEtL'AMBIENTE R/i; ll.E
I l
12
13
CAPI TOLO 2 l PREDICHE, LEGGENDE E STORIA
14
15
16
239
fig. 14. Assis1; Chiesa inferiore,
Cappella della Maddalena. Noli
me tangere. Lo sfondo non
di/ferente da quello della
Remrrezio11e di Lazzaro e forma
una quinta per le due scene in
primo piallo. I: andamento delia
montagl!aaccompagnala
posizione della Maddalena,
assegnando come sempre al suo
manto rosso un molo dominante.
fig. 15. Assisi, Chiesa iufeliore,
Cappella della Maddalena.
Il vescovo Zosimo do1111 alta
Maddalena penitente alltt Smirte-
Baume un abito per vestirsi.
L'abito rosm a confermare cbe il
colore, che colllrasseguava la
peccatrice, pu essere anche il
colore della santit. l due
personaggi SOlto qui streltamente
collegati alla !1/0ittagna cbe
ripropone l'andamento delle scene
precedenti.
fig. l6. Assist; Chiesa iuferiore,
Cappella della Maddtt!ena. I: arrivo
a Marsiglia. questo 11110 degli
episodi p complessi delle st01ie
della Maddale11a in Provenza. un
episodio cbe assegna uua posizione
domilllnte al mare: la cill sul
mare e ba 1111 por/o con il/aro; nel
mare navigau1w barca stilizzata con
solo personaggi aureolati (/a
Maddalena al centro) e chiude lo
spazio tra/a citt e un promo11torio
alberato in modo da eVJiare la linea
mare-cielo; a siuistm m 111/a piccola
isola vieue ritrovata la dama
creduta anuegata nove mesi prri11a:
avvolta nel rosso, 11 colore con CIIi
la Maddalenanou solo vestita, 1110
con cui compie i miracoli.
240
PARTE QUARTA L'IMMAGINE DEL SACRO1lLLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
LA MADDALENA, SANTA DELLA PROVENZA
Il viaggio e la lunga vita di Maddalena penitente in Provenza non hanno una conferma sto-
rica, ma la loro popolarit dimostrata da quel testo ricchissimo di ispirazioni e di spun-
ti che fu La legenda aurea di J acopo da Varagine (Varazze), composta in un periodo ante-
riore al1277 (cap. XCVI) . Tra le oltre mille traduzioni e trascrizioni che ne accompagna-
rono la fortuna nei secoli successivi, parecchie erano in funzione di sacre rappresentazio-
ni come la trascrizione per lauda cantata (XIII-XIV secolo) usata dal complesso "La Re-
verdie", esecutore di musiche alto-medievali.
Un uomo che avea meno il lume de gli occhi, and al monastero Vigiliaco per vicitare il corpo
di Maria Maddalena, e dicendogli la guida sua che vedea gi la chiesa sua, cominci il cieco agri-
dare a grandi boci: "O santa maria Maddalena, Dio il voglia ch'io meriti alcuna volta vedere la
chiesa tua!" Immantenente gli occhi gli furono aperti.
Essendo messo uno in prigione per debito, chiamava spesse volte santa maria Maddalena in
suo aiuto; ed eccoti una voce e appari/li una bella femmina la quale gli rispuose, ruppali i /er-
ri di gamba e aperse t'uscio de la prigione e comando gli che fuggisse. E quelli vedendosi sciol-
to, immantenente fuggo. Alcuno scrisse in una cedola tutti i suoi peccatz; e puosela sotto il pan-
no de t'altare di santa Maria Maddalena, pregando/a ch'ella gli accattasse perdonanza. E ponen-
do poscia mente la cedola, trov spenti i suoi peccati in quella cedola.
Magdalena degna da laudare, l sempre degge Dio per noi pregare
Ben degna d' esere laudata, l ke /oe peccatrice nominata: l per servire /o ben meritata, l Ies
Cristo volse seguitare. l Simon Phariseo fece convito, l a Ies Cristo /ece uno grande convito; l
ani Ke il mangiare fosse compito, l Magdalena andava per cercare. l A li pie i de Cristo s' inchi-
ne l et molto dolcemente li bascie; l di lagrime tutti li bagne, l colli capelli prese/i a 'schiu-
gare. l El phariseo grande invidia avea l di ci k' a Magdalena far vedea: verso quelli ke t otto sa-
pea l col falso pensieri credea parlare: l "Se questi propheta copioso l di scientia, non siria co-
itoso: l se sapesse ci c' e n li e i nascoso, no la dignarebbe di guardare, l Cristo lo represe et /eli
resposo: l "Falso pensiero in te nascosto; l ben cognosco et so ke in lei kiuso l volont di be-
ne operare. l Poi ke nel tuo albergo fui venuto, l non me desti bascio n saluto: l questa rende
tutto lo tributo, l de servire non se pu satiare. l Quando Cristo /o passionato, l co li discepoli
era raunata: l Maria Magdalena, in quelo stato, l les Cristo and a visitare. l Magdalena avea
seco portato l u11 onguento delicato: l unse Ies Cristo d'ogne lato: l Giuda falso prese amor-
morare. l Disse: "Questo grande perdemento l ke si fa de questo pretiuso unguento: l mel/io
vendere denari trecento, l et darlo a li poveri per loro consolare."
Questo fo'l principio e la cascione l perk Iuda tradiscione, l et a guisa d'un vile schiavone l ven-
deo Cristo e fece/o tormentare. l Puoi ke Cristo fue sepelito, l Magdalena, c'avea 'l cor ferito l
del dolore ke Cristo avea patito, l unqua non potea requiare. l Colle Marie and a lo sepulcro l
ove Ies Cristo era sepulto, l con un unguento pretioso molto l per le piage ugnare et curare. l
Quando guardaro verso 'l monumento, l viddaro l'angelo chiaro pi k'argento, l und'ell'ebbero
grande pavento. l Vangelo prese loro a favellare: l "Di niente gi non dubitate: l les Cristo ke
voi domandate l suscitai' , per certo lo sapiate, l et io so' qui per ci denuntiare." l Magdalena
si/o dipartita: l sena alcun retegno de sua vita, l quasi com'a guisa di remita l nel deserto an-
d ad abitare. l Molto /o de grande abstinentia l ke trenta anni fece penitenia; l contra li vitii
mise sua potena: l nullo in vr liei poter' durare. l S come da Dio /o mandato,/ un omo c'a-
vea ordene sacrato l a Dio era renduto et commendato l trov la Maddalena cus stare. l Prego-
te per Dio, k'a mi venisti,/ ke tu m'arechi el c01po e'l sangue de Cristo,/ e'l libro de la fede ke
credesti l e la stola ke la.u la madre". l "Sora mia, tu s pres'al porto l di gustare suave cum di-
porto,/ et io s t'areca quello con/orto l ke 'l tuo core preso e desiare." l In sua mano /o con-
fess'a ttanto l et con molte lagrime de pianto,/ pu recev il c01po e 'l sangue sancto; l al/or a
fine non dia pi demorare. l A Verdelai/o 'l suo corpo portato:! ina /one composto e consacra-
to: l les consenta, k' signor beato, l ben /in ire kife' questo trovare.
(nota : Vigiliaco, Verde/ai= V:t.elay)
CAPITOLO 2 PREDICHE. LEGGENDE E STORIA 241
le consuete rocce e montagne della pittura gotica e di Giotto acquistano un to-
no diverso: devono essere la Sainte-Baume, una montagna che- a differenza del
Subasio e della Verna - Giotto non ha mai visto (ma forse qualche senese che
dipingeva in quegli stessi anni ad Assisi e ad Avignone invece l'aveva vista). De-
ve essere diversa dai monti attorno a Francesco e da quelli della Terra Santa, ed
profondamente diversa: nella plasticit, nella scala con i personaggi, nel colo-
re omogeneo, nei pochi alberi (resi per ognuno con straordinario verismo). Su
questo ambiente nella scena del manto ci sono solo tre pennellate di colore: il
saio marrone scuro di Zosimo, i capelli che coprono Maddalena pudicamente
emergente solo in parte dalla grotta, il rosso del manto che Zosimo dona a Mad-
dalena (e sono due rossi: pi chiaro sopra illuminato dal sole, pi scuro sotto in
ombra) e il colore della peccatrice diventa quello della santit, come la nudit
della Maddalena dentro la grotta forse insieme quella della prostituta e quella
della penitente. I personaggi sono fisicamente dentro all'ambiente; questo nel-
la sua essenzialit che determina e spiega l'azione .
La scena dell'arrivo a Marsiglia [fig. 16] forse sotto questo aspetto anche pi
ricca, ma pittoricamente meno eccezionale nel suo insieme: le singole parti in-
vece (soprattutto nella parte destra il faro, le mura, la citt, la costa, la barca; e
ancora di pi nella stupenda isola la donna addormentata e vestita di rosso co-
me se su di lei, miracolata, la Maddalena avesse passato la sua iconografia) non
solo dimostrano che Giotto conosceva benissimo la prospettiva, ma costituisco-
no una delle prime raffigurazioni del mare. Circa centocinquanta anni ci sepa-
rano dalla predella delle Storie di San Nicola del Beato Angelico di cui abbiamo
parlato a conclusione del lungo viaggio dei Magi (cfr. p. 189).
Note
1
Giotto ridipinge la Predica agli uccelli solo in una delle tre scene della predella nella tavola del-
le Stimmate al Louvre. Alla Cappella Bardi in Santa Croce a Firenze tra i vari episodi francesca-
ni Giotto non ridipinger la Predica agli uccelli.
2
Montefalco, Guida turistica, Edizioni Porziuncola, Assisi 1997; B. Toscano, M. Montella, Guida
al Museo Comunale di San Francesco a Montefalco, Electa Editori Umbri Associati, Citt di Ca-
stello 1999.
3
Senza entrare nel merito delle lunghe discussioni su questa cappella, cfr. H. Tbode, Francesco
d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, ed. italiana Donzelli ed., Roma, 2003 (pp.
221-225).
L''AMBIENTE' DELLA CHIESA
necessario fare alcune considerazioni su un argomento spesso sottovalutato: la posizione
in cui le singole scene sono collocate sulle varie pareti, volte, cupole.
Committenti e pittori dovevano tenere conto di alcune condizioni di base che modificava-
no le possibilit di visione e quindi richiedevano modi e tecniche di esecuzione appropria-
te e differenziate. Si trattava sempre di almeno tre condizioni:
l. L'altezza della scena dipinta rispetto all'occhio del fedele. Sulle pareti di quasi tutte le
chiese medievali gli affreschi sono disposti su tre livelli: la distanza e l'angolo di osservazio-
ne cambiano quindi dal pi basso, al mediano, al superiore e il pittore sa come modellare
le tonalit, lo spessore delle pennellate, il modo per far risaltare le figure, quanti dettagli leg-
ge lo spettatore in basso e quanti in alto ecc. in modo da "correggere" la prospettiva e "av-
vicinare" la scena.
2. La posizione della scena rispetto al posto occupato dal fedele-spettatore nella chiesa. Dai
banchi in cui seduto per seguire la funzione il fedele guarda:
- le pareti, girando la testa a destra o a sinistra
- l'arco trionfale e l'abside, guardando davanti a s e seguendo la funzione (per cui queste
immagini sono generalmente le "protagoniste" della chiesa)
- la cupola e le volte, guardando in alto
-la controfacciata, solo uscendo (e non a caso spesso occupata dal Giudizio universale,
come riferimento a ci che attende il fedele fuori della chiesa)
-gli affreschi delle pareti dell'abside o delle cappelle adiacenti, sono visti solo di sguincio
e come quinte laterali dell'altare e della funzione che vi si svolge.
3. La luce era allora solo quella delle finestre (e delle candele e delle torce): poca, rispetto
agli attuali riflettori, e variabile nelle varie ore del giorno e a seconda della presenza del so-
le o delle nuvole. Alcune scene ai lati delle finestre erano comunque in controluce, altre ave-
vano la luce da sinistra, o da destra, o in faccia.
I pittori sapevano molto bene cosa imponevano loro queste situazioni; e sapevano quanta
luce c'era nella chiesa che affrescavano o mosaicavano (La chiesa inferiore di Assisi era qua-
si buia; quella superiore luminosissima).
A seconda di questi parametri cambiavano disegno, colori, tecniche. Nelle scene pi lonta-
ne aumentavano le dimensioni (per sembrare uguali a quelle delle scene pi vicine), accen-
tuavano i colori o rafforzavano le ombre; le scene con molti personaggi erano in basso do-
ve la gente poteva capire di pi i dettagli e non in alto dove i dettagli necessariamente sa-
rebbero sfuggiti ecc.
Ogni epoca, ogni scuola, ogni artista aveva i suoi metodi. I mosaicisti usavano tessere diverse
per dimensioni e sfaccettature (quindi riflessi) nelle varie zone delle pareti creando effetti "for-
ti" dove lo richiedevano i personaggi, mentre la tecnica dell'affresco servendosi solo dei pen-
nelli aveva come "strumenti" per lo stesso effetto lo spessore della pennellata, il contrasto dei
colori e la loro composizione. (La storia dell'uso delle tecniche pittoriche andrebbe completa-
mente riscritta dopo i grandi lavori di restauro scientifico degli anni a cavallo del cambio di mil-
lennio: e non poche pagine di storia dell'arte andrebbero in conseguenza arricchite)
Purtroppo tutto ci visibile e studiabile solo dal vero (e magari nelle varie ore della gior-
nata, con la luce che cambia). Siamo abituati a vedere le singole scene separate; una dopo
l'altra, come appese sui muri di un museo, o stampate successivamente sulle pagine di un li-
bro; insistendo magari benissimo sui particolari, ma perdendo proprio quel primo "ambiente"
che ha formato l'insieme delle pitture, delle luci, dei colori, di tutto l'edificio e per cui quei
particolari sono stati fatti per costruire quella scena. Per esempio in molti cicli della vita di
Cristo e della Passione, il cielo della Crocefissione con gli angeli piangenti blu scuro e la
sua drammaticit data dal contrasto con tutti gli altri cieli azzurro chiaro, che sono l in-
torno e servono proprio a creare il contrasto.
Nessuno di quegli artisti lavorava per fare "quadri", ma per fare quella chiesa, quell'edificio.
Studi in merito sono stati fatti da M.Aronberg Lavin, The Piace o/ Narrative Mura l Painting
in Italian Churches, 431 - 1600 A.D., Chicago 2a ed 1994; parzialmente in Piero della Fran-
cesca, Skira Ginevra-Milano 2001.
Capitai 3
La Leggenda della Vera Croce: Agnolo; C e n n t ~ Piero
L'ambiente che ha accompagnato per secoli i vari personaggi 'divini' o, accanto
a loro, quelli collegati al racconto biblico o agiografico, era quello ritenuto ne-
cessario per completare la descrizione e l'azione dei personaggi stessi o al limi-
te addirittura riconoscerne l'identit, tradizionalmente e popolarmente identifi-
cata con elementi assunti a valore di simbolo. L'eventuale autonomia figurativa
dell'ambiente era secondaria e comunque subalterna al soggetto principale.
Questa rappresentazione dell'ambiente - come abbiamo visto - tende a sua volta
a stilizzarsi in modo da trasmettere un messaggio sempre pi complementare, no-
to e scontato come cornice pittorica: una cornice che proprio per questo ruolo se-
condario pu diventare un elemento grafico autonomo e ripetersi in modo diver-
so e indifferente rispetto al personaggio e all'azione centrale. Monti, alberi, case,
citt, cielo possono essere gli stessi dietro a qualsiasi scena, dando per scontato
che unico l'ambiente da Adamo alla Passione, dai patriarchi ai martiri. Proprio
questa indifferenza ed astrattezza lascia campo libero a chi (per fissare molto ap-
prossimativamente una data, da Giotto in poi) vuole sperimentare per motivi sva-
riati una cornice non tradizionale e di repertorio e quindi proporre insieme una
lettura diversa (non scontata su forme note e gi viste) e un rapporto mutato tra
protagonisti e ambiente che induce una presentazione innovativa dell'azione.
Accanto a presumibili motivazioni interne al fatto pittorico e ad indubbi cam-
biamenti nelle tecniche e nei modi di lavorazione, determinante la volont di
inserire i personaggi di antichi avvenimenti nell'ambiente contemporaneo, noto
e vissuto da chi guarda quelle raffigurazioni e vi prega davanti. I fatti (della Bib-
bia, dei Vangeli, di questo o quel santo) si svolgono qui ed ora: Adamo, Salo-
mone, Ges, Costantino sono a Siena, ad Arezzo, a Firenze, in Provenza, nelle
Fiandre, lungo l'Arno o il Tevere.
Francesco non pi l'unico personaggio 'attualizzato', perch 'attuale' (il tenta-
tivo di trattare Francesco come un santo qualsiasi durato meno di cinquant'anni
e comunque era messo in discussione nei tanti piccoli episodi raccontati nelle pre-
delle e ai lati); il suo ruolo stato fondamentale non essendo lontano nel tempo
e nella geografia, ma 'contemporaneo', 'uno dei nostri'. significativo che per
questa 'attualizzazione' si assumono come testi di riferimento opere che possia-
mo chiamare 'marginali': non la Bibbia, i Vangeli, ma testi che appartengono ad
una letteratura religiosa secondaria o a sacre rappresentazioni di paese.
Un testo soprattutto diventato di gran lunga il pi diffuso: la Legenda aurea
scritta tra il 1255 e il1266 dal monaco domenicano Iacopo da Varagine (Varaz-
l
244 PARTE QUARTA l L' IMMAGINE DEL SACTW ALLil RiCERCA DEL/.'AMBJE,
1
TE REALE
ze 1228 circa - Genova 1298). Testimoniano la sua fortuna e diffusione circa un
migliaio di traduzioni e trascrizioni fatte durante il XIII e XIV secolo e le ver-
sioni in volgare, gi cantate nel primo Trecento
1
.
La Storia della Vera Croce uno degli argomenti pi fortunati tratto dalla Le-
genda au1'ea (vedi pp. 260-263) . una lunga storia di cui non esiste traccia in
nessun testo biblico: in essa si racconta che il legno con cui fu poi fatta la Cro-
ce, sarebbe stato segato da un albero, nato da un seme deposto in bocca ad Ada-
mo morente. Dopo la crocefissione sarebbe stato diviso in infinite reliquie.
Solo dopo la diffusione della Legenda aurea la storia della Croce diventa un sog-
getto importante, anzi in molte chiese francescane un soggetto che si affianca ai
racconti biblici e alla stessa storia di San Francesco, assumendo non di rado una
importanza anche maggiore.
Come tutti i temi 'liberi' da personaggi e gesti tradizionali, la storia della Croce
un'occasione per inventare un lungo racconto secondo lo stile e i costumi di
committente ed esecutore in vari paesi e in vari momenti fino nel pieno Rina-
scimento mittel-europeo. Tanto pi che gli awenimenti evangelici sono proprio
evitati nella Legenda aurea: la storia del Legno finisce con Salomone e ricomin-
cia con Costantino: Cristo, la Passione, la Crocefissione, la Deposizione non ci
sono. Ci sono solo la loro pre-istoria e la loro post-storia; secoli prima o dopo,
senza santi - con l'eccezione di Elena - , senza nessun collegamento liturgico,
senza nessuna tradizione iconografica.
Tre rappresentazioni della Leggenda della Vera Croce, dipinte in chiese france-
scane d'Italia tra la fine del XIV secolo e la met del XV, ci interessano parti-
colarmente
2

Nel1380 Agnolo di Taddeo Gaddi affresca le pareti intorno all'altare maggiore
della chiesa dedicata alla Santa Croce a Firenze, confermando il ruolo di prota-
gonista di questa storia al centro della maggiore chiesa dell'Ordine Francescano
nella citt di Firenze, in quel periodo una delle massime capitali europee rjt'gg. 1,
la, 1b, 1c] .
Nel1410 Cenni di Francesco di ser Cenni finisce di affrescare le pareti della cap-
pella della Croce di Giorno, adiacente alla chiesa di San Francesco a Volterra
[jigg. 2, 2a, 2b, 2c].
Infine tra il 1452 e il 1459 (forse con un completamento successivo) Piero del-
la Francesca affresca l'abside centrale della chiesa di San Francesco ad Arezzo
rjigg. 3, Ja, Jb]
3

Agnolo Gaddi (morto nel1396) dipinge la storia della Croce in otto riquadri sul-
le pareti della cappella centrale dell' abside di Santa Croce a Firenze.
Le pareti laterali dell'abside, comprendono quattro scene ciascuna. A destra
dall'alto: l'Arcangelo Michele d a Seth il ramo dell' albero della futura Croce;
la regina di Saba adora il ponte fatto con il legno di quell' albero; gli ebrei estrag-
gono il legno da una piscina e fabbricano la Croce; S. Elena ritrova la Croce.
A sinistra dall' alto la storia continua con Elena che entra con la Croce a Ge-
rusalemme; prosegue alcuni secoli dopo con Cosroe che porta via la Croce; il
sogno di Eraclio; la vittoria di Eraclio; il ritorno della Croce a Gerusalemme.
CAPITOLO J l Li! LEGGENDA VELLI! l'ERA CROCE: ;lGNOLO, CENNI, PIERO
245
fig . .l. Agnolo Cadrl!; Stort della Vem Croce, 1380, Tl Riconoscimento della Croce. Filene Sflltta

La '
tt t l' d l L " ' . scena e
ne amen IV/sa m ue 11 oasso, in primo piano la /o11o circonda o destra llritmvame11to delle croci e a sinistro
la provn_con In rh una ai due episodi nssiJ!e Elena, con 1111 1//{1/1/o msso e l'aureola. ]
11
alto,
1111
paesngg1o de/tu/lo mcbpende11te dal/ avvenimento narrato in basso.
fig. la. Ag11olo Cade/,; de11o Vem Croce, 1380, Il Riconoscimento della Croce. Firenze Santa Croce. Dettaglio
llllfl Cf/sa e un castello c! sono Ire dflvanli ai quali stnmazwno delle oche e abbaia 'un cflne, governati fl
distanza da 1111 rontadmo; m/o11do n/ben e scoiattoli.
246
lb
PARTE QUARTA l L' IMMAGINE DEL SACRO JILLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
figg. lb, le. Agna/o Gatldi; Storia della Vera Croce,
1380. 11 Riconoscimento della Croce. Feuze, Santa
Croce. Ln vi/loria di Eme/io e il rilomo della Croce a
Gemsnlemme. Aucbe qui del tu/lo libero il rapporto
tra il soggello storico, la folla e il paesaggio: il /itlllle
con il ponte in b11s.W, 1111 castello e degli alberi in alto.
CAPITOLO J l LA LEGGENDA DELLA l ' ERA CROCE: AGNOLO, CENNI, PIERO
figg. 2, 2tt, 2b. Cenni di Francesco di ser Cenni (notizie
1395-1415), Ln storia della vem Croce, 1408-1410. Lo
vi/loria di Eme/io e il ritorno della Croce a
Gerusalemme. Volterra, Sa11 Francesco, Cappella dei
Bianchi. A trenta anni di distanza lo stesso episodio
dipinto in maniera qua.1i idelllictt da Agnolo e da
Cenni. Il confronto non solo nei personaggi e nella
loro posizione e atteggiamento (fino alla lesta
decapitala di Cm-roe), ma ancbe nelle rocce, negli
alberi, neltorrl'llle al centro col ponte (si veda anche
pi avanti Piero della Francesca), nella mezza cbiesa
cbe cbiude la scena a sinistra. A destra divena
Gerusalemme: 1111a citt com palla in Cenni (con una
osleria-cbiesa preceduta da 1111 bancone con boccale e
un cane), pochi edifici appena intravisti tra rocce e
monti in Agnolo.
247
2
2a
248
PARTE QUARTA 1 I; IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
fig. 2c. Cenni di Francesco di ser .
della vera Croce, 1408-1410. La vtttorw d t Eraclto e tl
ritomo della Croce a Gemsalemme. Volterra, Sm:
Francesco, Cappella dei Bianchi. San
le stimmate alla \fema: la descrizione dt questa e
riccbinima: un muro di pietra recinge tutte le celle
disperse sulla montagna, percorsa da
protetto da una staccionata: Ad un m t n mio realtsmo
nei fabbricati, corrisponde invece una dectsa
stilizzazione nella montagna, quasi a contrapporre n_on
tanto due stili pittorici, qumtto due diversi
quello rozzo e ostile della montagna e quello mvttante
degli uomini.
CJ!PlTOLO 3 l LA LEGGENDA DELLA \'ERA CROCE: AGNOLO, CENNI, PIERO
249
In molte scene la folla quasi l' unica protagonista e pochi elementi - architet-
tonici o naturali - com paiono nel fondo, secondo un linguaggio che possiamo
considerare gotico. Ma in alcuni episodi Agrtolo apre verso ambienti che avran-
no un ruolo ancora pi importante con Cenni, con Masolino, con Piero.
Nella scena della morte di Adamo pochi monti stilizzati ai lati, cedono il posto
al centro ad un ricco paesaggio con un fiume. La regina di Saba si arresta di-
nanzi a un ponte costituito da una trave squadrata (che ritroveremo quasi ugua-
le in Piero) , davanti a un fondo boscoso e a una citt che si presenta come la mi-
steriosa capitale di Salomone. Nel rinvenimento e fabbricazione della Croce,
Agnolo ricostruisce un laboratorio di falegnami con sega, pialla, chiodi, trapani
disegnati con precisione.
Altrettanto avviene nello sfondo del Riconoscimento della Croce e della Vittoria di
Eraclio: un fiume, percorso da anatre, attraversato da un ponte su cui un dome-
nicano sta pescando; un altro frate attinge acqua da un pozzo al limite di un frut-
teto su cui si arrampica uno scoiattolo, e altre oche starnazzano attorno a tre co-
voni [fig. la].
Trenta anni dopo Agnolo Gaddi, la Leggenda della Vera Croce il soggetto che
dipinge a Volterra Cenni di Francesco di ser Cenni, pittore nato a Firenze e at-
tivo tra il 1400 e il 1415 circa, in vari paesi della Toscana [figg. 2, 2a, 2b, 2c]
4

Accanto alla chiesa di San Francesco, costruita subito dopo l' arrivo dei France-
scani a Volterra e terminata nel1278, viene costruita nel1315 la Cappella di una
confraternita di Bianchi denominata della Croce di Giorno, con fondi di due fa-
miglie che ne resteranno per sempre proprietarie: Guidi e C01sini. Quando Cen-
ni dipinge la Leggenda della Vera Croce sulle pareti della cappella c' erano gi, al-
meno in parte, gli affreschi eseguiti da J acopo da Firenze nel13 98-1400 che ave-
va anche ripartito e organizzato le altre pareti della cappella.
Cenni negli anni 1408-141 O dipinge quindici scene riprese dalla storia di Maria
(Annunciazione, Morte, Assunzione) , dalla nascita di Ges (Nativit , Presenta-
zione al tempio, Fuga in Egitto, Strage degli Innocenti) , dalla storia della Vera
Croce (Morte di Adamo, Adorazione del legno da parte della Regina di Saba,
Fabbricazione della Croce, Rinvenimento della Croce, Adorazione della Croce da
parte di Sant'Elena, Fuga di Cosroe, Adorazione di Cosroe e sogno e battaglia di
Eraclio, Decapitazione di Cosroe e Trionfo della Croce).L'ambiente in cui Cenni
colloca i vari episodi lo stesso per i lontani avvenimenti biblici, per le storie del-
la Madonna e del Bambino intorno all'anno zero, per pellegrinaggi e battaglie nel
IV secolo. sempre un ambiente dominato dall'horror vacui: i personaggi riem-
piono le scene. Nella Strage degli innocenti tra madri, bambini, soldati, cavalli,
angeli si possono contare circa cento figure. L'horror vacui era del resto una ca-
ratteristica anche di Agnolo - come abbiamo visto -: si confrontino gli episodi di
Cosroe (con la decapitazione a sinistra e l'entrata a Gerusalemme a destra): le due
scene sono identiche anche nel taglio delle architetture e delle rocce. Solo den-
tro a Gerusalemme Agnolo propone una chiesa e una casa tra rocce abbandona-
te e Cenni invece la complessa architettura di una intera citt [figg. l a, 2b].
Mentre nelle scene evangeliche i personaggi sono quelli tradizionali, tradizio-
3
250
l
l
\
l.
l'ARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICBRCA DELt:t l.\JBIENTE REt i LE
figg. 3, 3a,3b. Arezzo, San Francesco, pmspelli della pareti dell'absle con la Storia del/a Vera Croce di Piero della
Fnmcesca (1452-1459). Gli epiwdi sono quel/i del/a Legenda aurea /l/Olilati i111111t1 complessa successione cbe da
sempre oggel/o di studi e di ipotesi: certo cbe t m gli argo111enti cbe ne banno determinato la rega, l'effe/lo pillorico
complessivo stato t m quel/i deter111inanti. Sono co/locale 1 basso, all'altezza d'occbio degli osservatori, le grandi scene
di ballaglia in CIIi tanti sono i personngg1; uom1i e cava//1; i del/agli, i colon; le luci. In alto, nel/e scene riquadrate dal/e
volte, JOIIO collocate l'inizio e la f1e del/a leggenda: la Morte di Ada111o e l'entrala di Eraclio a Gemsalemme e sono
entrambi dominati dallo stesso cielo azzurro con nuvole bianche e da colori chiari con pochi contrasti. Le scene situate
CAPITOLO J l l..tl LEGGENDA DELLA VEI<II CROCE: AGNOLO, CENNI, PIERO
l -.-.
l ~ p y .
l
251
nella ptute centrale comprendono pil episodi, e forse ancbe In "regla" ilema ad e.ue ba tenuto conto del/a posizione,
con Salomone e la regina di Saba da 1111a parte ed Elena da/l'altra. f u vece episodi meno importanti (e di dimma
interpretazione) sono nel risvolto sulla parete di fondo. Il fedele-osservatore vedeva la Cappella absidale da lontano con
l'altare e H Stlcenlote al centro e le pillure di sguincio, laterali e sfuggenti: La veduta complessiva era data dal colore
azzurro chiaro (ancora pit schiarito dal/e nuvolette bianche) uguale e doml{ln/e in tu/te le scene (salvo nella piccola
scena del sogno, dove il poco cielo scuro perch no/le ed affidato a tante piccole stelle il compito di trasformar/o da
1111 astrailo colore di fondo inu11a indicazione ambientale precisa).
252 PARTE QUAR111 l L'IMMAGI NE DEL SACRO ALLA tU CERCA DELL'AMBI ENTE REALE CAPITOLO 3 l LA LEGGENDA DELL!l l'ERA CROCE: AGNOLO, CENNI, PIERO
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254 PARTE QUARTA l L'i MMAGiNE DEL SACRO ALLA RlCERCA DELL'AMBIENTE REALE
nalmente presentati e inquadrati, nelle altre scene della storia della Croce (con
la sola eccezione di Cosroe in trono accanto al sogno di Eraclio) i personaggi so-
no sempre masse compatte, sono sempre folla. Ma a differenza della Strage de-
gli Innocenti, resta spazio per qualcosa oltre a uomini e cavalli: anzi l'ambiente
ha un ruolo importante sottolineato dal fatto che trattato diversamente come
impostazione e come tecniche.
I personaggi sono tutti alla stessa scala, con sfumature di prospettiva tra i pi vi-
cini e quelli subito dietro. L'ambiente invece sempre su un' altra scala rispet to
alle dramatis personae e le varie parti dell'ambiente si confrontano tra loro su
scale diverse e irreali, ignorando la prospettiva nell' insieme e nei singoli elementi:
ed una scelta voluta perch Cenni sa mettere bene in prospettiva i personag-
gi, sa giocare di geometria nelle case, nelle mura, nelle torri e nei templi.
Questo ambiente-sfondo soprattutto costituito da tre elementi:
l. Le montagne a balze sono usate come quinte di separazione degli episodi, rim-
piccolite e sagomate in modo da far apparire ed esaltare cavalieri, sante e santi.
E c' da chiedersi se in questa edizione volterrana delle 'balze' di Cenni riecheggia
la vecchia stilizzazione bizantina o gotica o non piuttosto un riferimento preci-
so alle balze dell'oro grafia volterrana.
2. Gli alberi stilizzati con una piramide verde sopra un esile tronco, isolati o a
piccoli boschetti, sono usati soprattutto per completare e sottolineare il disegno
e il ruolo pittorico delle balze nella composizione generale.
3. I torrenti sono un segno grafico che ignora vol utamente ogni possibile riferi-
mento realistico alle leggi dell' idrografia: a volte invece che incassati in fondo-
valle, sono addirittura sovrapposti a monti e balze. Spesso servono per propor-
re come elemento pi importante un ponte ad archi.
L'ambiente dunque un accenno preciso ad indicare che le folle si muovono in
campagna, in territori non coltivati tra monti, alberi , fiumi: indicazione chiaris-
sima che siamo fuori dalle citt, ben presenti e dipinte, ma sempre luogo ver-
so cui si va o da cui si proviene, ma in cui non si svolge nessuna delle azioni.
Settanta anni dopo Santa Croce, quaranta anni dopo Volterra, trenta anni dopo
Empoli (ed bene ricordare anche i venticinque anni passati dalla Cappella Bran-
cacci di Masacdo nella chiesa del Carmine a Firenze) tra il1452 e il 1459, Pie-
ro della Francesca dipinge la Leggenda della Vera Croce, nell'abside centrale di
San Francesco ad Arezzo che era allora la cappella della famiglia Bacci, e in cui
negli anni precedenti Bicci di Lorenzo e suo figlio gi avevano cominciato a la-
vorare (arco trionfale, sottarco, volta) [figg. 3, Ja, Jb] .
interessante osservare la divisione delle varie scene. Queste sono infatti netta-
mente separate orizzontalmente: una cornice a pi listelli e con dentelli di tipo
classico segna la separazione tra le tre fasce e si trasforma in alto, a separare il
ciclo della Croce dalla volta, in un bellissimo fregio a pi elementi. In senso ver-
ticale invece non esiste nessuna separazione: episodi successivi ' dissolvono' uno
nell ' altro. Le grandi scene lungo le pareti laterali e le piccole nei riquadri sulla
parete di fondo, sebbene formino un angolo di 90, non sono separate nemme-
CA PiTOLO J l LA LEGGENDA DELLA I'EEU CROCE: AGNOLO, CENNI, PiERO
fig. 4. Piero della Francesca, La vittoria di Coslautino, dettaglio. Arezzo, San France>eo. il Tevere dello storia e
della leggenda, ma non a Ponte Milvio, bens piz t1 monte, t1 Sansepolcro dove Piero e gli aretini lo e
frequentavano. Del tutto indi/ferente alla bt11taglia in primo piano (come l'osteria di Cenni 11el Trionfo della Croce t1
Volterrtl), se1peggia tra le due rive di piena; c' un muliuo 1 cui entrano due muli someggiati con sacchi, ci sono due
persone e una terZtl sta anivando; tlccal/to c' una casa e un'altra di l fiume ed entmmbe bmmo sulla faccitlltl la
tipica traversa di legno per assicumrci che proprio !t; t m Toscana e Umbria nel XV secolo; ci sono tre cigni o
antltre e ci sono due tronchi segati per t1ssicurarci cbe proprio Piero (o la sua bottega) ad aver dipinto
quell'ambiente, ad aver dipinto il riflesso di tutte queste cose nel fiume, ad aver messo tutto ci COllie scena de!!a
vittoria di Costautliw, qu1dici secoli prima, duecel/lo c/)1/ometri pi a valle.
255
256
PARTE QU;lR'Iil l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMIJlENTE REALE
figg. 5n, 5b. Piero del/n Francesca, Ritrovamento del/a \fera Croce, La citt di Arezzo, dettagli in alto a sinistra e a
destra. Arezzo, San Francesco. Nel/n veduta da lontano la citt rappresentata come 1111 insieme di case in salita:
bamto tetti altemati di tegole e di pietra, co11 finestre ad arco davanti a/le quali corre In con meta barra di legno m
mensole di ferro.ln alcune case In facciata a sbalzo, di colore rosso per denunciare i mattoni; mentre sono
intonacate bianche le pareti non in aggetto. La lettura e la mppresentazioue dei tipi edilizi non lascia dubbi
sul/'a.mmzione di Arezzo come Gem.m/emme, co111e modello riconoscibile e conosciuto di citt; quindi come "la
Citt", quindi come la "Citt Sttnta" non solo attualizzata, 111t1 proposta come tale ai suoi abitn11ti. In alto la mole
del Duomo, davanti in discesa l'antica Pioggia di Mure//o: la cbiesa conia facciata verso est corrisponde a Santa
Mariti in Grt1lb; mentre da/l'altra parte si stacca, con la facciata verso ovest, la Pieve di Santa Maria; poco tficosto il
rosso squadrato campanile di San Francesco. In tomo le 111111"11 degli inizi del XIV secolo.
Per rappresentare vie e case all'intemo della citt, Piero effettua una "zoommntn" in una via del/a citt e la
descrizione arriva ai dettagli costruttivi delle menmle e delle tegole sulle facciate verso occidente di una via, mentre
nel panorama generale aveva ricercato la luce delle facciate verso oriente. Le case ban11o tutte la tradizionale
traversa /ignea cbe doveva costituire un elemento dominante nel/e vie delle citt toscane in quei tempi ln tanta
precisa e renlistica doppia descrizione di Arezzo si iiiJerisce- e si propone come episodio centrale del/n sce11n -lo
stilizzato disegno di un edificio n frontone cbe sembra avere lo stesso ruolo del colonnato cbe separa le due seme
del/a regina di Sabn e di Salomone.
CAPITOLO J l 1.11 LBGGEND;I Dl.iLLA l'ERA CROCE: ; IGNOLO, CENNI, PIERO
257
no da una linea. Anzi, dove voluto pittoricamente, proseguono ostentatamente,
come per costruire un ambiente unitario.
A nella fascia intermedia con le storie della regina di Saba, la scena nel
fondo, m controluce accanto alla bifora, ha lo stesso cielo e le stesse colline e i
personaggi se.mbrano arrivare dall'altra parte dell'affresco. Per innalzare il legno
della Croce s1 vedono tre uomini: il primo spinge il legno con la spalla destra e
le il secondo usa un'asta-puntone che impugna con le due mani; il ter-
zo spmge con le due braccia distese al massimo in alto; ma c' un quarto uomo
-fuori campo- che spinge una seconda asta-puntone che sorregge l'estremit
del legno ed dipinta pi robusta e nodosa dell'altra in quanto deve sostenere
uno sforzo maggiore. Un regista cinematografico avrebbe forse molto da studiare
nella lunga sequenza della regina di Saba e non solo per questa parte di azione
nell'Innalzamento con un protagonista fuori-campo.
A sinistra nella fascia intermedia il Ritrovamento e riconoscimento della vera Cro-
ce prosegue nella parete di fondo con la scena comunemente indicata come La
tortura dell'ebreo (ma i dubbi avanzati su cosa rappresenti questa scena sono mal-
51.>
258
PARTE QUARTA l VIMtWAGINE DEL SACRO ALIA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
ti). A noi interessa osservare che il passaggio tra le estremit delle scene disposte
a angolo retto costituito da due facciate dello stesso tipo di casa in pietra gri-
gia con due finestre ad arco verso La tortura e nove identiche verso Il riconosci-
mento; con lo stesso tipico bastone su mensole di ferro davanti alle finestre.
Adamo', la regina di Saba, Salomone, Costantino, Elena, Cosroe, Eraclio si muo-
vono nella Toscana del XV secolo, nella valle del Tevere, tra Sansepolcro ed Arez-
zo [fig. 4]. Gli elementi che Piero usa qui non sono diversi da quelli usati in al-
tri suoi dipinti in cui i personaggi (santi o no) sono ritratti in un ambiente e non
nel vuoto, nell'infinito. Ci sono degli elementi ricorrenti nelle proposte ambien-
tali di tante opere di Piero: in San Gerolamo e un devoto (Gallerie dell'Accade-
mia, Venezia), nel Battesimo di Cristo (National Gallery, Londra), nel San Gero-
lamo penitente (Gemaldegalerie, Berlino). In molte di queste scene troviamo l'al-
bero tagliato e il fiume che diventano quasi una 'firma' del maestro o della sua
bottega (come ipotizzano Berenson e Longhi).
Ad Arezzo l'innovazione continua in ogni personaggio, in ogni azione (tutto avreb-
be potuto essere diverso) pu far passare in secondo piano ad un primo sguar-
do quanto sia ugualmente innovativo l'ambiente, quanto sia anch'esso inventa-
to per quel racconto, per far risaltare quei personaggi cos disposti. L'ambiente
si presenta sempre lontano, in un'altra prospettiva, in un' altra luce e in un'altra
scala (con qualche grande albero di eventuale collegamento): proprio per que-
sto tutti i personaggi sono allineati in primo piano (solo Seth e l'angelo, una da-
ma nel corteo della regina di Sa ba e il vecchio a destra all'arrivo di Era clio a Ge-
rusalemme si dispongono su un secondo piano).
Nella prima scena della Leggenda della vera Croce, Piero ha raggruppato pi epi-
sodi (morte di Adamo, Seth e l'angelo, l'angelo stacca un ramo dell'albero del
peccato, seppellimento di Adamo con il ramo, l'albero cresciuto), ma dietro a
tutti scorre un fiume da un estremo all'altro dell'affresco: tra le gambe e le ve-
sti di tanti personaggi scompare e ricompare una decina di volte prima di gira-
re decisamente verso il fondo dietro alla collina alle spalle di Adamo ed Eva;
prima che il fiume scompaia, lontano dall'umanit in primo piano, alle porte del
paradiso, due figure bianche, lontanissime sono Seth e l'angelo, distaccati ap-
punto dal racconto e dalla scena recitata dagli umani.
Anche nelle scene sottostanti sono raggruppati pi episodi e anche qui non la
successione cronologica che ne determina la disposizione: le due scene maggio-
ri rappresentano il corteo della regina di Saba e il suo arrivo alla corte di Salo-
mone (della terza scena raffigurante L'innalzamento del sacro Legno abbiamo
detto prima), ma non sono in sequenza: il corteo arriva da sinistra, ma entra nel-
la reggia da destra facendo supporre un voluto distacco. Certo c' qui una de-
cisa contrapposizione dei due ambienti: la reggia di Salomone l'unica scena
completamente all'interno, chiusa sotto un ricco colonnato descritto con estre-
ma precisione; il corteo invece in un ambiente che quello delle colline ap-
penniniche dove si alternano grandi macchie-pennellate di vari verdi e campi di
terre-d' ombra a rappresentare l'alternarsi di boschi e calanchi, appunto di certi
tratti dell'Appennino e non di una quinta qualsiasi.
CAPITOLO 3 l LA LEGGENDA DELLA l'ERA CROCE: AGNOLO. CENNI, PIERO
259
Il momento centrale di quest'episodio la regina inginocchiata in adorazione: il
sacro Legno la stessa trave perfettamente squadrata che viene innalzata nella
scena piccola accanto alla finestra, cio al di l della fine del corteo. Ma la tra-
ve n?n un ponte e la poca acqua che ,dipinta al di l non si collega al pae-
saggiO Tutta questa parte dell affresco (la regina, il Legno, l'acqua)
anche se e t1 centro del racconto e se geometricamente al centro della parete
sembra costretta quasi in un angolo contro il colonnato della reggia che non
de l'ambiente di Salomone, ma prospetticamente disegnato nel paesaggio aper-
to delle colline a sinistra: ed disegnata con tanta precisione che le basi cancel-
lano l'acqua e il Legno sembra quasi che sia stato buttato l contro (riferimento
all'ipotesi che dovesse servire per il Tempio?)
Al centro dell'affresco sottostante, la Vittoria di Costantino, il fiume diventa pro-
tagonista in quella che forse la pi straordinaria raffigurazione ambientale di Pie-
ro ad Arezzo: nel poco spazio lasciato tra il primo cavallo dei vincitori e l'ultimo
degli sconfitti sembra concentrata tutta la tematica paesaggistica di Piero [fig. 4].
Finora siamo andati a cercare gli ambienti proposti da Piero in basso, tra gam-
be di uomini e zampe di cavalli; nel Ritrovamento e riconoscimento della Cro-
ce, in alto che dobbiamo guardare per capire che siamo fuori di Arezzo nel-
l' episodio a sinistra e che siamo entrati dentro ad Arezzo nell'episodio a destra
[fzgg. 5a}5b]. Arezzo dipinta due volte: da fuori e da dentro.
Se a prima vista la cappella in San Francesco ad Arezzo pu sembrare una serie
di eccezionali personaggi su un celestiale fondo azzurro e questo essere quindi
il loro ambiente, a una lettura poco pi attenta appare l'essenzialit di rappre-
sentazioni ambientali, da Arezzo al Tevere, alla pari con gli elementi pi appa-
riscenti e noti e che testimoniano di un ruolo del fattore ambiente non pi se-
condario o subalterno, ma decisamente a livello di protagonista.
Note
1
G. Battelli, Leggende cristiane, Milano 1924; J. da Varagine, Legenda aurea, trad. C. Lisi, 2 voli.
Libreria editrice fiorentina, Firenze 1990; G.P. Maggioni, Legenda aurea, 2 voli., SISMEL Firen-
ze 1998; A. e L. Vitale Brovaronea (cura di), Iacopo da Varazze, Legenda Aurea, Giulio Einaudi
editore, Torino 1995; S. Bertini Guidetti, I Sermones di ]acopo da Varazze, SISMEL Firenze 1998;
S. Bertini Guidetti, Il Paradiso e la terra, SISMEL Firenze 2001.
2
E. Castelnuovo, La pitturn in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, 2 voli.; AA.VV., Vol-
terra, La cappella della Croce in San Francesco - Fotoimmagine Volterra 1991.
3
Purtroppo durante la Seconda guerra mondiale un bombardamento aereo ha fatto quasi total-
mente sparire la Storia della Vera Croce affrescata da Masolino da Panicale nella cappella di San-
t'Elena nella chiesa di Santo Stefano ad Empoli, 1424.
4
Opere di Cenni sono a San Gimignano in S. Lorenzo in Ponte e annesso Oratorio; a Lucardo nel-
la Pieve di S. Lorenzo; ad Argiano nella chiesa di S. Martino; a Montalbino nella Pieve di S. Giusto.
_,
260 PARTE QUARTA L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
LA STORIA DELLA VERA CROCE
cap. LXVIII e CXXXVII di La legenda aurea (1255-1266) diJacopo da Varagine
La Legenda aurea segue il calendario liturgico e racconta per le feste di ogni giorno gli
episodi di quel santo o di proponendo laudi da
musiche di tradizione giullaresca con un dec1so senso della rappresentaziOne m modi
che richiedono la partecipazione corale dei fedeli. Possiamo immaginare che la Legen-
da aurea costituisse insieme il testo su cui lo scenografo-pittore affrescava le pareti del-
la chiesa e su cui il coro cantava l'accompagnamento sonoro.
La Legenda aurea divide la storia della Vera Croce in due fasi: "L'invenzione della Croce"
(LXVIII, 3 maggio, dove "invenzione" deve essere letta nel significato latino di 'ritrova-
mento') e "L'esaltazione della Croce" (CXXXVII, 14 settembre): la prima racconta la sto-
ria da Adamo alla regina di Saba e ai tempi di Elena e Costantino, saltando interamente
la Passione; la seconda racconta le vicende di Cosroe ed Eraclio nel VII secolo d.C.
"Si chiama Invenzione della Santa Croce il giorno in cui si ritiene che la Santa Croce sia
stata trovata. Era stata dapprima trovata da Seth, figlio di Adamo, nel Paradiso Terre-
stre, come racconteremo, poi da Salomone sul monte del Libano, dalla regina di Sa ba nel
tempio di Salomone, dai Giudei nell'acqua della piscina e nella ricorrenza di oggi da Ele-
na sul Monte Calvario. L'invenzione della Santa Croce fu fatta duecento e pi anni do-
po la resurrezione del Signore.
Si legge in/atti nel Vangelo di Nicodemo
1
che essendosi Adamo ammalato, suo figlio Seth
and alle porte del Paradiso e chiese l'olio de/legno della misericordia con cui ungere il
corpo del padre e riacquistargli la salute. Gli apparve l'arcangelo Michele che gli disse:
- Non darti pena per aver l'olio de/legno della misericordia, perch non potresti averlo
in nessun modo finch non saranno trascorsi 5500 anni- (Si crede che da Adamo fino al-
la passione di Cristo siano trascorsi 5199 anm).
Si legge anche altrove che un angelo gli procur un rametto e gli disse di piantar/o sul
monte del Libano. Invece, in una storia apocrifa greca si legge che l'angelo gli diede del
legno dell'albero con il cui /rutto pecc Adamo, dicendogli che quando avrebbe fruttifi-
cato suo padre sarebbe guarito: ma, ritornato, trov il padre morto e piant il ramo sulla
tomba del padre, dove divent un grande albero che visse fino al tempo di Salomone. La-
scio giudicare ai lettori se queste storie siano vere, dal momento che questo racconto non
riportato da alcuna cronaca o stotia autentica.
Salomone poi, vedendo un albero cos bello, lo fece tagliare per metter/o nel palazzo del-
la foresta
2
; ma, come dice Giovanni Beleth
3
, non c'era posto in cui potesse essere siste-
mato: o era troppo lungo o era troppo corto, e quando lo si tagliava della misura giusta,
sembrava cos corto da non servire pi a nulla. Per la rabbia gli operai lo presero e lo
buttarono su di uno specchio d'acqua, perch servisse da passerella. Quando poi venne
la regina di Sa ba ad ascoltare la sapient.a di Salomone, mentre stava per attraversare quel-
lo specchio d'acqua, vide in spirito che il Salvatore del mondo sarebbe stato appeso. a quel
legno e dunque non volle calpestarlo e anzi lo ador. Si legge invece nella Histona sco.-
lastica
4
che la regina di Sa ba vide quel tronco nel palazzo della foresta, e dopo essere rt-
tomata alla sua casa inform Salomone che a quel tronco sarebbe stato appeso un uomo
per la cui morte il regno dei Giudei sarebbe stato distrutto. Salomone allora tolse il tron-
co da quel luogo e lo fece sotterrare nelle pi pro/onde viscere della terra.
CAPITOLO J LA LEGGENDA DELLA l'ERA CROCE: AGNOLO, CENNI, PIERO
Molto tempo dopo in quel luogo /u costruita una piscina probatica dove i Natmei lava-
vano le vittime e si dice che non solo per la discesa di un angelo ma anche per la virt di
quel legno le acque in quella piscina si muovevano e guarivano i malati.
Quando poi aV?ici'!andosi la passione del Signore, si dice che questo tronco fosse
venuto a galla e t Gtudet vedendo/o lo presero e prepararono la croce del Signore.
Questo prezioso legno della croce rimase per duecento e pi anni nascosto sottoterra ma
fu poi trovato da Elena, la madre dell'imperatore Costantino. A quel tempo si era radu-
nata sul Danubio una grandissima moltitudine di barbari che voleva attraversare il fiu-
me per sottomettere tutte le terre verso occidente.
Non appena l'imperatore Costantino lo venne a sapere, mosse le truppe e si mise con il suo
esercito sull'altra sponda del Danubio. Ma ti numero dei barbari aumentava e gi comin-
ciavano ad attraversare ti fiume; Costantino, sapendo che ti giorno dopo ci sarebbe stato lo
sc?ntro, fu da Ma durante la notte un angelo lo svegli e gli disse
dz guardare m alto: alzo glt occht e vtde una croce splendidissima su cui vi era scritto a let-
tere d'oro In hoc signo vinces, "con questo segno vincerai". Quella celeste visione lo con-
fort, fece lllta croce simtle a quella che aveva vista e volle che fosse portata alla testa della
truppa. I.: esercito irruppe sui mettendo/i in fuga e uccidendone un gran numero.
Allora Costantino convoc tutti i ponte/ici dei templi e volle sapere a quale dio appar-
tenesse quel simbolo. Quelli dicevano di non conoscerlo, ma arrivarono alcuni cristiani
che gli spiegarono a fondo il mistero della Santa Croce e della Trinit. Egli credette al-
lora totalmente in Cristo ed ebbe il santo battesimo da papa Eusebio, o, secondo alcuni
dal vescovo di Cesarea.
Ma q':' raccont? vi. sono molti in_ n l'Historia tripartita 5,
con l Bistorta ecclestasuca
6
, con la H1stona sanctl Sdvestn
7
e le Gesta pontificum
romanorum
8
. Secondo questi testi infattz; non fu questo Costantino, l'imperatore, a
essere bat!ezzato da papa Silvestro e convertito alla fede cristiana, come si legge in al-
cune storte, ma /u Costantino, il padre di quello in questione, come si legge in alcuni
storici. Quel Costantino in/atti arriv alla fede in un altro modo come detto nella
Historia sancti Silvestri, e si dice anche che non fu battezzato da' Eusebio, ma da Sil-
vestro. Morto poi questo Costantino, il figlio Costantino, me more della vittoria che il
padre aveva conseguito per virt della Santa Croce, mand sua madre Elena a Geru-
salemme, per trovare quella croce, come diremo pi oltre.
La Historia ecclesiastica invece racconta in altro modo questa vittoria. Dice in/atti che
avendo Massenzio invaso l'impero romano, l'imperatore Costantino stava per entrare in
al P?nte Albino
9
; agitato da una grande ansia alzava spesso gli
al ctelo per chtedere atuto, quando vide come in sogno risplendere nel cielo, verso
arzente, un segno luminosissimo e accanto vi erano degli angeli che gli dicevano: "Co-
stantino, in questo segno vincerai". Poi, come dice l'Historia tripartita, mentre Costanti-
no cercava di capire che cosa fosse quel segno, Cristo gli apparve nella notte con lo stes-
so segno che aveva visto in cielo e gli disse di riprodur/o, perch lo avrebbe aiutato nello
scontro. Costantino allora, felice e ormai certo della vittoria, tracci sulla sua fronte il se-
gno di croce che aveva visto in cielo, trasform le insegne militari in forma di croce e ten-
ne nella mano destra una croce d'oro. Preg poi il Signore di far s che la sua mano de-
che teneva la croce non si macchiasse di sangue dei e che concedesse la vit-
torza sul tiranno senza spargimento di sangue. Massenzio intanto, per tendere un tranel-
lo con le barche, le /ece disporre sul fiume come se vi fosse un ponte. E quando gi Co-
261
262
PARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELI:AMBIENTE REALE
stantino si stava avvicinando al ponte, Massenzio gli si affrett incontro con pochi uomi-
ni, ordinando agli altri di seguir/o; ma dimenticatosi che il ponte era fittizio, quando vi
sal con il suo piccolo esercito cadde nello stesso inganno che aveva voluto tendere a Co-
stantino, sprofondando nel fiume. Costantino allora fu acclamato da tutti imperatore.
I.:Esaltazione della Croce solennemente festeggiata dalla Chiesa, poich nella croce la
fede fu molto esaltata. Nel 615 per volont del Signore fu concesso ai pagani di perse-
guitare il suo popolo. Cosroe, re dei Persiani sottomise al suo impero tutti i regni della
terra; giunto per a Gerusalemme, se ne torn via atterrito dalla vista del sepolcro del Si-
gnore; tuttavia port con s una parte della santa croce che sant'Elena aveva lasciato l.
Volendo essere da tutti venerato come un dio, fece una torre d'oro e d'argento, con gem-
me incastonate che brillavano; vi colloc un'immagine del sole, della luna e delle stelle,
e attraverso delle cannelle nascoste faceva scorrere dell'acqua dal di sopra, come se fosse
un dio; nel basamento faceva correre delle quadrighe di cavalli, che davano ai presenti
l'impressione che si producesse un tuono
10
Lasciato il regno al figlio, si mise in quel tem-
pio, lui che era empio, con la croce del Signore accanto a s, e si faceva chiamare dio. A
quanto racconta il Mitrale
11
Cosroe sedeva in trono come Dio Padre, tenendo la croce al-
la sua destra al posto del Figlio, e un gallo a sinistra al posto dello Spirito Santo, e im-
pose di essere chiamato padre.
Allora l'imperatore Eraclio raccolse un grande esercito e giunse sino al Danubio per scon-
trarsi col figlio di Cosroe. I due principi decisero di comune accordo che loro due soltanto
si sarebbero incontrati su di un ponte e avrebbero combattuto, lasciando l'impero a chi dei
due avesse vinto, senza spargere cos il sangue dei salda#; stabilirono inoltre che se qual-
cuno avesse osato intervenire in difesa del suo principe, gli si sarebbero tagliate le braccia e
le gambe e sarebbe poi stato gettato nel fiume. Eraclio si mise nelle mani del Signore e si
raccomand, con tutta la devozione che aveva, alla santa croce. Lo scontro fu aspro, ma il
Signore dette la vittoria a Eraclio, che prese sotto di s l'intero esercito avversario; tutto il
popolo di Cosroe si sottomise alla fede cristiana e ricevette il sacro battesimo.
Cosroe non era al corrente del risultato della guerra, perch, essendo inviso a tutti, nessuno
and a riferirglielo. Eraclio arriv sino a lui e lo trov assiso sul trono d'oro, e gli disse:
- Nella tua strana maniera hai onorato il legno della santa croce, e perci, se vorrai ri-
cevere il battesimo e la fede di Cristo, avrai salva la vita e il regno, a condizione che tu
dia anche qualche ostaggio. Se invece non accetterai questa offerta ti colpir con la spa-
da e far cadere la tua testa.
Cosroe non volle accettare, e allora Eraclio estrasse la spad4 e gli tronc il capo. Dato
che si trattava di un re, lo fece seppellire. Prese il figlioletto di dieci anni che aveva tro-
vato accanto a lui, lo fece battezzare, tenendo/o lui stesso sul fonte, e gli affid il regno
del padre. Abbatt la torre e dette tutto l'argento in bottino all'esercito, riservando in-
vece l'oro e le pietre preziose alla riparazione delle chiese che il tiranno aveva distrut-
to. Prese la santa croce e la port a Gerusalemme, ma mentre voleva passare col caval-
lo con le bardature regali, e lui stesso con la veste imperiale, attraverso la porta da cui
pass il Signore andando verso la passione, improvvisamente le pietre scesero e si dis-
posero come un muro o una parete, l'una contro l'altra. Tutti i presenti furono mera-
vigliati di quanto stava accadendo, quando apparve sopra la porta un angelo del Signo-
re che portava in mano il segno della croce, e disse:
-Il Re dei Cieli quando pass per questa porta per andare alla passione non pass con pom-
pa regia, ma su un modesto asinello, e lasci con questo un esempio per tutti coloro che vo-
CAPITOLO 3 l LA LEGGENDA DELL/1 l'ERA CROCE: AGNOLO, CENNI, PIERO
gliono essere suoi seguaci. Dette queste parole l'angelo svan. I: imperatore piangendo si tol-
se i calzari e tutti i vestiti sino alla camicia, prese la croce del Signore e la port umilmen-
te sino alla porta: la dureua delle pietre senti la forza dell'impero del cielo, e la porta siri-
alz da sola e apr il passo a quelli che volevano entrare. Quel meraviglioso odore che al
momento in cui la croce fu portata via dalla torre di Cosroe si sent a Gerusalemme sin dal-
la remota provincia della Persia, si senti nuovamente e riemp tutti della sua straordinaria
dolcezza. Il re, pieno di devozione, proruppe in queste lodi della croce:
O croce pi brillante di tutte le stelle, venerata in tutto il mondo, amata da tutti gli uo-
mini, pi santa di ogni cosa, tu che sola sei stata degna di portare la dote del mondo dol-
ce legno, dolci chiodi dolce punta e dolce lancia, tu che porti dolci pest; salva la fotla che
qui riunita per cantare le tue lodi, e porta il vessillo con la tua insegna".
Note
1
Con questo titolo indicato il vangelo apocrifo originariamente indicato come Atti di Pilato con
una continuazione sulla Discesa di Cristo all'Inferno in cui si narra come Cristo risorto sia sceso
all'inferno per liberare alcuni profeti e patriarchi dell'Antico Testamento: la citazione della Le-
Aurea si a parte? cap. III. Giovanni il Battista, "l'ultimo dei pro-
feu (trad. dali ed1ztone Emaud1 c1t. a cura dt M. Craveri):
"Avendo Giovanni cos ammonito coloro che erano nell'inferno, il primo creato, il progenitore
Adamo, che aveva ascoltato, disse a suo figlio Seth: - Figlio mio, desidero che tu dica agli ante-
nati del genere umano e ai profeti dove ti mandai quando venni sul punto di morire".
E allora Seth disse:- Ascoltate, profeti e patriarchi! Una volta mio padre Adamo, il primo crea-
to, caduto in punto di morte, mi mand a rivolgere preghiera a Dio, proprio sulla porta del Para-
diso, che mi facesse accompagnare da un angelo fino all'albero della misericordia e che io potes-
si prendere di l olio e ungere mio padre, perch si riavesse dalla sua malattia. Cos io feci e do-
po la mia preghiera veune un angelo del Signore e mi disse: "Che cosa desideri, Seth?
l'olio che cura i malati o l'albero che produce tale olio, per l'infermit di tuo padre? Questo non
si pu trovare adesso. Va dunque da tuo padre e digli che quando saranno trascorsi dalla crea-
zi?ne del mondo, cinquecento anni, allora scender sulla terra l'unigeno Figlio di
D t? _fatto uomo, eg!t con questo olio, ed egli risorger, e con l'acqua e con lo
Santo purif1chera lm e 1 suo1 discendenti, e allora guarir da ogni malattia. Ma ora non
posstbile che questo avvenga. Udendo queste parole, i patriarchi e i profeti si rallegrarono gran-
demente".
2
Era cos chiamata la reggia di Salomone.
3
Liturgista ed erudito attivo in Francia, XII secolo Autore di De divinis officis.
4
Scritta da Petrus Comestor, decano del Capitolo di Troyes (1147).
da Cassiodoro (circa 485-580).
6
Scritta da Eusebio da Cesarea (circa 265-340).
7
Citazione a cui non corrisponde una opera specifica a noi nota (forse una vita di San Silvestro
di Eusebio da Cesarea).
8
questo titolo sono indicate numerose opere con elenchi di papi; la prima risale al 867 (da
P1etro a Nicolao I).
9
Dovrebbe essere un errore per Ponte Milvio.
10
Faceva parte del palazzo imperiale di Ctesifonte; resta la facciata occidentale e la volta d es cri t-
ta dalla Legenda aurea, detta Taq i Kisra, (fine IV. inizi V secolo).
11
Opera composta da Siccardo vescovo di Cremona (circa 1155-1215).
263
Capitolo 4
Il (panteismo} come ipotesi per la conoscenza delF ambiente
Nel1492 Cristoforo Colombo sbarca in quelle terre che saranno poi chiamate
America. Nel1563 finisce il Concilio di Trento; l'Europa- e il "Nuovo mondo"
- avranno nella religione, forse ancora pi di prima, una delle cause principali
di divisione sulle questioni teoriche, culturali e politiche.
Durante questi settanta anni vive Carlo V: nasce nel 1500, otto anni dopo la
scoperta dell'America, e muore nel1558, cinque anni prima della conclusio-
fig. 1. ]oacb11 de Patinir (1475-1524), Lt1 fuga in Egitlo. t:'fuses Royaux d es Beaux-Arts. Un
vastissimo comincia con delle aride rocce contorte e tei'II/1/Ja, al d1la del mare con alte montagne lontane. 1 ra dz
esse, sulla destra, tra boschi e J/11 lago, 1111 villaggio con dei contadini. Una famiglia di contadini con 1111 asino sta
arrancando suu11 sentiero: sono al centro, ma proporzionalmente ridolli rispetlo alle perso/le pi lontane. Se non
fosse per il titolo, difficilmellte si sarebbe pensato cbe quelle figuriue sono fa Sacra Famiglia.
CAPITOLO 4 l IL 'PANTEIS,\10" COAIE IPOTESI PER 1../1 CONOSCENZA DELL";L\IBTENTE
265
fig. 2. ]oachim de Patz; La fuga in Egitto, cm 62 x 78. Berlino, Gemiildegalerie. La Madonna 1111a gmn dama
elegalllissima e campeggia al centro della scena: pocbe, lontane le altre persone. Non ci sono San Giuseppe e l'asino.
Nello sfondo rocce, montagne, il mare, tm fiuwe, zm ponte, tma strada in salita, due villaggi, un mulino a vento, 1111
castello, un edificio rotondo (cbiesa ?) (vedi ancbe p. 206).
ne del Concilio di Trento (ma aveva abdicato due anni prima). Nasce nella fa-
miglia Asburgo come erede della corona del Sacro Romano Impero (con cui
sar incoronato giovanissimo nel 1519) e come erede delle tante terre che i
nonni e il padre hanno conquistato o avuto in dote un po' dappertutto in Eu-
ropa; morir come il pi grande imperatore del mondo, su terre ben pi este-
se dell'antico Impero romano, che era 'limitato' ai paesi circum-mediterranei
e medio-orientali. Sul suo Impero non solo "non tramonta mai il sole", ma ri-
splendono le pi straordinarie ricchezze, quali nessuno aveva mai neppure
pensato che esistessero.
L'altra grande potenza medievale, il Papa, dapprima suo avversario (Clemente
VII Medici): Carlo V non esita nel1527 ad occupare e saccheggiare Roma (con
un esercito composto da spagnoli cattolici, da italiani cattolici e da pochi rifor-
mati tirolesi); ma nel 1535 Paolo III Farnese lo accoglie trionfalmente, spianan-
dogli apposta una via trionfale attraverso i primi scavi archeologici dei monumenti
dell'antico impero, facendolo sfilare sotto gli archi di trionfo di Costantino, di Ti-
to, dei Severi e sotto quelli preparati apposta lungo le vie che conducono a San
266 PARTB QUARTA l L'I MMAGINB DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
Pietro (fatti di legno e cartapesta dureranno pochi anni invece di infiniti secoli) .
Accanto a tanto fulmineo splendore e a questo gigantesco e ormai definitivo cam-
biamento di quello che chiamiamo "mondo", non tutto gioia e ricchezza: i con-
tadini si ribellano in Europa e saranno massacrati dai Riformati nella guerra del
1524-1525; gli abitanti delle Americhe saranno massacrati dai Cattolici di cui
ignoravano anche solo l' esistenza.
Nel 1492 muore Piero della Francesca; nel 1520 muore Raffaello e viene sco-
municato Lutero; nel1535 Maarten van Heemskerk (1498-1574) disegna sul suo
taccuino la Roma che attraversa Carlo V; Michelangelo muore il18 febbraio 1564,
pochi giorni dopo la chiusura del Concilio di Trento.
Al centro di questo fondamentale periodo lavora Pieter Bruegel detto il Vecchio.
Nasce tra il1520 e il 1525, quando Carlo V stato appena incoronato Impera-
tore; muore nel 1569 quando il Concilio di Trento finito da sei anni. Nei cir-
ca quaranta anni della sua vita vive quasi sempre, non a caso, in uno di quei do-
mini degli Asburgo che gi prima avevano un ruolo importante nell'Europa del
XV secolo: le Fiandre. Inoltre Pieter Bruegel fu chiamato "Il Vecchio" dai po-
steri per distinguerlo dai figli (Pieter "Il Giovane" o "dell'Inferno" e J an "dei
velluti " o "del Paradiso"), ma ai suoi tempi era detto "dei contadini " proprio
perch questi caratterizzarono molte delle sue opere pi belle e famose; ed era-
no in quei decenni la nuova classe protagonista in tante terre europee. Anche
quando il soggetto centrale non contadino, lo l' ambiente in cui rappresen-
tato: questo non pi il contorno a una scena religiosa (i Magi o il Calvario) o
non c' pi in primo piano come Madonna una delle floride ragazze care al Pe-
rugino o a Raffaello (che comunque prestavano a Maria tipi e sembianze asso-
lutamente paesane) .
Gi ne Le sette gioie di Maria (vedi p. 272, fig. 10) Hans Memling, circa due ge-
nerazioni prima, aveva raggruppato assieme una serie di episodi in modo da crea-
re come soggetto del dipinto un ambiente ' universale': gente, case, strade, torri,
ponti, il mare, montagne, alberi ecc.
Una generazione prima, Joachim de Patinir (o Patenier, circa 1475-1524) sem-
bra addirittura obbligare !"episodio' che d il titolo al quadro ad adeguarsi al-
l'ambiente, a trovare un angolino in cui non disturbare. Almeno due volte Pati-
nir prende come soggetto La fuga in Egitto (Anversa, Muses Royaux d es Beaux-
Arts e Berlino, Gemaldegalerie) [figg. 1, 2]. Nel quadro di Anversa, un paesag-
gio enorme comincia con delle aride rocce contorte e termina, al di l del mare,
con alte montagne lontane. Tra di esse, sulla destra, un villaggio con dei conta-
dini, tra boschi e un lago. Una famiglia di contadini con un asino sta arrancan-
do su un sentiero, al centro, ma proporzionalmente ridotti rispetto alle altre per-
sone pi lontane. Se non fosse per il titolo, difficilmente si sarebbe pensato che
quelle figurine sono addirittura la Sacra Famiglia (altrettanto vale per La fuga in
Egitto di Bruegel del 1563 , Londra Courtauld Institute Gallery, dove almeno nel-
lo sconfinato paesaggio le tre piccolissime fi gurine e l'asino sono soli) .
Nel quadro di Patinir a Berlino, la Madonna una gran dama ben vestita e cam-
peggia al cent ro di una scena con poche, lontanissime persone; ha accanto un
3
4
l IL ' PANTEISMO' COME IPOTESI PER LA CONOSCENZA DELL'AMBIENTE
fig. 3. ]oacbim de Patiu; Stm
Girolamo, cm 36 x 34. Londra,
Natio11al Galtery.
267
U11 i11sieme di rocciose montagne
/mrtasticbe emerge da Ul/a
successione di basse colline a prati
e alberi che finisce al mare. Sui
mo11ti sale 1111 sentiero cbe termina
davanti a alcune case signorili, in
1111 piazzale co11 due cavalli. Per far
risaltare le lllO/ltagne bin11cbe, il
cielo pie110 di mi11acciose nuvole
11ere. Piccolissimo in 1111 angolo,
sotto 11110 telloia malandata, c'
ancbe il "titolare" del quadro: San
Gerolamo.
fig. 4. Pieter Bmegel (1525-1569),
La caduta di Icaro, 1558, olio su
tavola CIII 73,5 x 112. Bmxelles,
Muses Royaux des Beaux-Arts.
Icaro 11011 c' pi: gi caduto e se
ne vedono le gambe cbe si agitano
in 1111 angolo del mare. Al centro,
in primo piano, campeggia l/IlO
scena di aratura, descritta nei
particolari degli attrezzi e delle
persone e con tlll molo geometrico-
figurativo determinante per tutto il
quadro.
L
268 PARTE QUARTA l L' IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'1L\IBIENTE Ii EtiLE
fig. 5. Pieter Bmegel, Il censimento fl Betlemme, 1566, olio m tavolfl, cm 116 x 164,5. Bruxelles Mmes Royflux
d es Beaux-Arts. l qufldri rvemali nell'opera di Bmegel sono molti e spesso m soggetti 11011 molto dif/usr; come il
censllenlo; ovviamente questo pretesto per descrivere /ul/trla vita di U/1 villaggio in pie110 i11vemo, Ira due lagbi
gbiacciau; m se, carri e tante bolli. Tuili SOl/O curvi per il freddo: forse i11 primo piano sopm u11 asino c' la
Madonna: dietro l'asino c' ancbe il bue, forse guidato da San Giuseppe. Il Bambi11o non sembra 111/Cora nato.
sacco e un cesto, ma non c' traccia n di San Giuseppe n dell'asino (e si fa fa-
tica a immaginare le lunghe eleganti vesti e il gran manto di quella dama, acco-
vacciata su un asino). Dietro la figura, rocce, montagne, il mare, un fiume con
ponte, una strada in salita servono a disporre almeno due villaggi tra i campi, un
mulino a vento, un castello e una chiesa (?) rotonda.
In San Girolamo [fig. 3], il santo in un angolino e non occupa pi di cm 3 x
2; da un foro nella roccia potrebbe andarsene lungo un sentiero a fianco di un
monte, dove salgono un uomo e il suo cane diretti verso una casa signorile, in
uno straordinario paesaggio di monti e nuvole che fa dimenticare anche al pi
devoto fedele di San Girolamo che dovrebbe essere in un deserto.
Per i quadri di Patinir, Diirer inventa la parola "paesaggio" (secondo Rainald
Grosshans, Courtauld Institute of Art di Londra) e in questi "i gruppi di figure
che rappresentano una vicenda sono ormai del tutto complementari" (secondo
Margaret Whinney)
1

Anche per Pieter Bruegell'ambiente contadino sembra essere la presenza es-
senziale; pronto per essere da lui dipinto addirittura ridicolizzando il titolo tra-
dizionale rispetto a quello che per lui il vero soggetto.
Guardiamo La caduta di Icaro [fig. 4]. Icaro non c' pi: gi caduto e solo a
C1IPITOLO 4 l IL 'PANTEISMO' COME IPOTESI PER LA CONOSCENZ1l DELL'AMBIENTE
269
fig. 6. Pieter r u e g e ~ Il rilomo della mandria o L:au/UIIIIO, 1565, olio su tavola cm 117 x 159. \fienna,
Km!Sibistoriscbes Museum. La sce11a come sempre divisa in due parti, qui ancora pi sepamte cbe 1 altri quadri.
In /o11do l'ampia valle di un fiume; dava liti la mandria di muccbe spi11ta da vari llllllldriani, /m cui 11110 a w vallo. Fa
freddo: l'uomo a cavallo curvo dentro al mantello, gli alberi ba11no perso le foglie, la terra gialla, rossa, marrone.
fatica si possono vedere due gambe nude che si agitano in un angolo dell' enor-
me specchio d'acqua che occupa il quadro. Al centro, in primo piano, campeg-
gia davanti a un pastore con il gregge, un contadino che sta arando un campo:
non solo l'aratro e il cavallo sono rappresentati con esattezza, ma addirittura i
solchi gi tracciati, in primo piano, sono l' elemento grafico che d scala, pro-
fondit e colore all'insieme. Non solo il contadino che interessa Bruegel, ma il
suo lavoro, la sua azione, il suo 'ambiente'.
Ne I proverbi fiamminghi (1559, cm 117 x 163, Berlino, Gemaldegalerie) la raf-
figurazione di 118 proverbi riempie ed anima le case e le strade di un borgo ru-
rale vicino a un torrente ed al mare: il quadro potrebbe intitolarsi "Una giorna-
ta al villaggio". Ne Il combattimento tra carnevale e quaresima (1559, cm 118 x
164,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum) nella grande piazza di un altro vil-
laggio, Bruegel raggruppa una quantit di persone: met (circa) intenta a diver-
tirsi e l'altra met a pentirsi, ma in complesso si tratta di una immagine di ci
che succede nella vita quotidiana tra gente tutta uguale (nessun santo, nessuna
Madonna, nessun principe ... ).
I grandi numeri piacevano a Bruegel: pare che siano oltre cinquecento le per-
sone dipinte ne L'andata al Calvario (1564, cm 124 x 170, Vienna, Kunsthi-
270
PARTE QUARTA l L' IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'A.IIIJI ENTE REALE
fig. 7. Pieter Bmegel, Lo mietitura, 1565, olio su tavola cm118 x 160,7. New York, Tbe Metropoli/a/l i\lluseum o/ Art.
Le varie fasi d eUa mietitura sono
descritte secondo due
raggruppamenti:
l . L'oggello della mietitura.
Messi mature pronte per il
1t1glio e tagliate a terra, dove
vengono raccolte in - covo11i.
Un carro - carico delmcco/to
si avvia verso il villaggio al
di fii del bosco.
2. l lavori effettuati dai contadini
COli gfi s/ru/1/e/lti e i gesti
corrispondenti.
- Contadini cbe mietono e
11111 contadinecbeleganoi
fuste/li; ill/1e 1111111'-1 contadini e
contadine in una pau.m del lavoro
si riposano, mangiano e bevono.
l IL 'PANTEISMO' COME IPOTESI I'ER LA CONOSCENZA DELL'AMBIENTE 271
fig. 8. Pieter Bmegel, La raccv!ta del fieno, 1565, olio su tavola cm L1 7 x 161, Praga Nrodni Galerie. La gente in primo
piano 'attraversa' la scena cbe risulta amiuatissima, co111e sempre in campagna durante le raccolte; le persone vengono
datm mmpo" e vanno "fuori campo". Ci cbe raffigurato nel quadro solo 11110 parte dell'azione totale, ma
anche a cbe avviene all'estemo della rappresentazione pillorica allraverso questa.
La raccolta del fieno descritta
secondo tre raggruppamenti che
comprendono altri lavori
effettuati in quella stessa stagione
l . Il prato stato falciato e
l'erba raccolta in covo11i ; i
contttdini caricano l'erba ormai
seccata su un carro -;i cavalli
appm/ittano della sosta per
mangiare.
2. l lavori raffigurati sono due: la
falciatura in/alli /h11'ta e
contadine e contadini -
rastrellano o rientrano a casa con i
rastrelli in spalla: sono mslrelli di
legno usa/ i {iCI' secoli e ancora oggt:
Un contadino 11//1. seduto sulla
sinistra del quadl'o affila !tt lama
della falce con la cote.
3. - Contadine e collladini
bamto mccolto da altre parli de/la
/rutta (melograni?) e la stamJo
portando J cesti mila testa verso
le case lontane - Unti
contadw 1111 11 a cavallo e tira
1111 carrello-slilla carico di /rulli.
272
PARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBIENTE REALE
storisches Museum) in cui Bruegel ha rappresentato un gigantesco paesaggio
con tanti episodi.
Le figure umane sono per Bruegel (e per tanti altri fiamminghi) solo in fun-
zione del gesto che fanno, del sentimento o della fatica che con questo espri-
mono: possiamo forse riconoscere in Bruegel il primo (o il pi grande tra i
primi) che ebbe come suo obiettivo la creazione, attraverso la analitica rap-
presentazione di molteplici elementi, di un unico sintetico ambiente. Per que-
sto necessario che il riferimento all"ambiente' non sia solo figurativo, non
sia solo 'paesaggio'. Un riferimento essenziale la stagione (soprattutto nei
Paesi Bassi) con la neve, la luce, il buio. Guardiamo - dal primo dettaglio fi-
no alle ultime pennellate in fondo - i grandi quadri della incompleta serie dei
mesi (o delle stagioni, 1565, ognuno circa cm 117 x 160, dispersi tra Vienna,
Kunstistorisches Museum; Praga, Narodni Galerie; New York, Metropolitan
Museum) [figg. 5) 6) 7) 8]. Il Concilio di Trento finito da due anni e qui sia-
mo nel pi assoluto "panteismo" riformista: nulla enfatizzato, nessun ele-
mento esaltato rispetto ad un altro, tutti i gesti sono perfetti, nulla inven-
tato, ma tutto 'ritratto'.
Nell'Inverno (noto anche come I cacciatori nella neve, Vienna, Kunsthistori-
sches Museum) la neve l'elemento dominante, come in tante altre opere di
Bruegel (La strage degli innocenti, 1564, Hampton Court; Paesaggio inverna-
le con pattinatori, 1565, Bruxelles Muses Royaux des Beaux-Arts; Il censi-
mento di Betlemme, 1566, ibidem [fig. 5]). La neve in tutti alternata al co-
lore livido di zone ghiacciate e messa in risalto dalla sagoma nera di grandi
alberi spogli in primo piano. Anche le tante persone, nere o fortemente colo-
rate, sono in funzione dell'ambiente nevoso: tutte voltano le spalle al pittore
(salvo poche che guardano comunque altrove) quasi a sottolineare che questi
un intruso di passaggio e che, intabarrati per il freddo, hanno fretta di al-
lontanarsi dentro le case; Bruegelli guarda sempre un po' dall'alto. Gi da un
secolo del resto Memling aveva capito - e insegnato agli altri pittori fiam-
minghi -le grandi possibilit della veduta "a volo d'uccello", o comunque da
un punto di vista elevato.
Nelle altre stagioni si direbbe che l'atmosfera pi allegra e gioiosa- 'primaveri-
le' - sia resa da un avvicinarsi del pittore, e dalla presenza -in primo piano e non
solo - di tante figure che guardano verso il pittore e lo fanno quasi partecipare
all'azione. Bruegel 'dentro' alla Mietitura [fig. 7], 'dentro' alla Fienagione [fig.
8], assieme alla mandria che rientra all'inizio dell'autunno [fig. 6]. Persone, al-
beri, animali, colture, case, campagne lontane, boschi, torrenti, il mare in fondo
sono tutti alla giusta scala, nel corretto rapporto geometrico; non ci sono 'enfa-
si', c' un unico protagonista ed tutto l'ambiente descritto nella tela.
Il salto tra Bruegel e i grandi maestri fiamminghi delle generazioni precedenti
non certo nella qualit della pittura, ma proprio nell'aver assunto come tema
espressivo del nuovo modo di essere del mondo, la predominanza dell' ambien-
te di lavoro, dell'ambiente determinato dall'azione della societ.
Abbiamo accennato al fatto che Carlo V (e il suo tradizionale avversario Fran-
CAPITOLO 4 IL 'PANTEISMO' COME IPOTESI PER LA CONOSCENZA DELL';IMBIENTE
273
cesco I) dovettero combattere anche sulla riva africana del Mediterraneo e cer-
care alleati nel mondo dell'Islam: nel1529 Solimano il Magnifico assedia Vien-
na, nel1535 Carlo V conquista Tunisi. In effetti in quella prima met del Cin-
quecento, ricchissima di avvenimenti ed opere d'arte nell'Occidente europeo,
anche il Medio-Oriente fino alla Persia e all'India vive un periodo di grande svi-
luppo politico, militare e artistico, le cui origini sono in parte da ricercare den-
tro la lunga storia del mondo bizantino: l'Impero Romano (d'Oriente) cess di
esistere solo nel1453, anche se dal VII secolo l'Islam e la sua cultura lo aveva-
no progressivamente sostituito.
Lo Shah Isma'il Safavi, suo figlio Shah Tahmasp, suo nipote Sultan Ibrahim Mir-
za durante il XVI secolo fecero redigere nell'Uzbekistan, nel Khurasan e a Ta-
briz, preziosi manoscritti illustrati con miniature che rappresentavano una delle
pi ricche tradizioni della Persia e dell'Oriente
2

Se non ci limitiamo ad una occhiata superficiale, vediamo che interessi e ricer-
che degli autori delle miniature orientali in quel periodo non erano molto lon-
tani dal mondo dei pittori occidentali.
Le miniature dei manoscritti non erano certo assenti nel mondo occidentale (p. es.
Les Trs riches heures), ma avevano una diffusione ristretta a poche ricche corti
o conventi; alle masse si rivolgevano mosaici ed affreschi, nelle absidi e negli ar-
chi trionfali e lungo le pareti delle cattedrali e delle chiese. Questi venivano guar-
dati da molte decine di metri di distanza; mentre le miniature dei codici erano
viste da poche decine di centimetri, come gli scritti intorno. per il diverso si-
gnificato del libro nell'Islam che assegna alle miniature un ruolo popolare. I "Li-
bri dei Re" (Shahnameh), la "Riunione delle Storie" (Majma 'al Tawarikh), !"'Epo-
pea dei paesi d'Oriente" (Khawara-nuameh), i "Libri delle Divinazioni" (Falna-
meh), i Khamseh, e ancora di pi il Corano, erano testi largamente popolari e
conosciuti, scritti sempre nelle lingue parlate dalla gente e non in un lontano la-
tino o greco. Non a caso quelle miniature sono indivisibili dal testo che accom-
pagnano e spesso anzi si dispongono assieme nella composizione della pagina.
L'iconografia calligrafica e l'iconografia grafica costituiscono insieme l'opera pro-
posta al lettore.
Da un certo momento pu darsi che le immagini - assai ripetute e tradizio-
nali- suggerissero il testo meglio ancora della calligrafia, diventata forse trop-
po raffinata e quindi anch'essa poco popolare. Ci sembra tanto pi lecito in
quanto la miniatura persiana, indiana, turca, araba ecc. non tende ad accen-
nare o riassumere vicende e personaggi, ma al contrario concentra interi epi-
sodi con tutti i personaggi, la scena, la decorazione, i fiori, gli alberi nei po-
chi centimetri quadrati della miniatura, senza ricerche di sintesi, ma eviden-
temente con la certezza che ogni dettaglio faceva parte delle conoscenze di
chi guardava.
Ogni scena si svolge nel suo ambiente e questo non uno sfondo separato.
L'ambiente rappresentato dalla categoria: il bosco, il monte, l'accampamento
ecc., mai da un luogo definito, da un paesaggio ripreso dal vero e che sarebbe
noto solo a chi lo conosce. Ogni singolo elemento realisticamente riconosdbi-
9
274 l'ARTE QUARTA l L'IMMAGINE DEL SACRO ALLA RICERCA DELL'AMBI/iNJ'I? REALE
..

..

fig. 9. Zal avvistato da 1/lta carovaua:foglio 62v dello Sbalmameb di Sbab Tamasp, circa 1525, Tabriz, miuiat11rista
'Abd 11l-Aziz, cm 47 x 31,8 (Ho11gbtou, Britisb Librai)', 01: 2265). In un'orgia di colori fantastici, 1111 mostro co11
11110 coda enorme e 11n leoprm/o volano su 1111 fondo d'oro. Solo gli uomini so11o ripresi realisticnmeute in 1111
ambieute/eerico. Si potrebbe dire cbe i due cervi e i due orsi a si11istra escono da 1111 bosco di soli colori.
fig. 10. 11 piccione Baz1dab s01preso dall'umga11o, 111i11iatum di Sadiqi (mece11ale e artista), Qaysi11 (Iran), 1593, da
Amvar-i S11bayli (cm30 x 21). Bazindab era 1111 piccione avvenl11roso, impazie111e di co11oscere il mondo; dopo 11110
giomatr1 di volo si prepamva a dormire, quando 1111 11raga11o improvviso lo invest. Bazindab decise che era meglio
starsene a casa. Oltre a Bazindah i protagonisti sono la pioggia e il vento: le m/fiche di pioggia sono diversame111e
disegnate se bai/ono sulla montagna o sono nel cielo dove il temporale ralfigllralo da Ire julmi11i rossi.
le, ma il montaggio (la ' rega') che opera dell'artista. Con elementi di 'pae-
saggio' questi inventa !"ambiente' di quella miniatura.
La scena sempre unitaria. I suoi vari elementi sono mescolati assieme (dal bas-
so verso l'alto, pi che dal primo piano al campo lungo) e trattati ognuno con
oggetto della stessa attenzione di dettaglio. Il volto del principe e l'ultimo fiore
nel prato sono oggetto della stessa attenzione: il 'panteismo' della pittura mi-
niaturistica nella regione orientale dell'Islam assoluto.
Le regole di disposizione di questa abbondanza di elementi nella scena per for-
mare l 'episodio voluto, prescindono da due pilastri della pittura occidentale:
10
CJII'ITOLO 4 l IL 'l'ANTE/SAIO' COME l i'OTESI I'ER LA CONOSCENZA DELL'AMBIENTE
275
la scala e la prospettiva geometrica; o, meglio, raggiungono gli stessi obiettivi
per altre vie. Nella maggior parte dei casi un osservatore occidentale non se ne
rende quasi conto: salvo quando prepotentemente presente un riferimento
geometrico con linee, piani, volumi. Ma l'accostamento degli elementi della
miniatura fatto proprio in modo da evitare, o limitare, un ruolo di base a
quegli elementi.
Guardiamo alcune miniature dello Shahnameh di Shah Tahmasp (realizzato tra il
1520 e il 1535, Tabrlz) [figg. 9, 10]. La natura pi sfrenata domina tra gli alberi
e i mostri della miniatura di ' Abd ul-Aziz raffigurante una carovana che scopre
l'eremita Zal [fig. 9], e ancora di pi intorno al piccione sorpreso dall'uragano
nel Anwar-i Suhayli miniato da Sadiqi qualche decennio pi tardi nel 1593 in
Iran [fig. lO] . In entrambe per motivare forme e colori diventa protagonista il
vento: come quello che fa intabarrare i contemporanei infreddoliti fiamminghi?
o come quello che invece rinfrescava millecinquecento anni prima le estati degli
ospiti di Livia?
Note
1
Altri hanno definito "La madre di tutti i paesaggi", Mos salvato dalle acque, di Annibale Car-
racci (1560-1609) di circa un secolo posteriore ai fiamminghi. Tra le tante definizioni date per la
parola "paesaggio" vogliamo ricordare solo quelle di "percezione visiva dell'ambiente" e "forma
del territorio". La parola italiana deriva dal francese "paysage", ma non bisogna dimenticare che
"pays" in francese ha un significato diverso da "paese": si potrebbe quasi tradurre con "ambien-
te" inteso anche in senso culturale, sociale e storico: "Pays" pu essere anche la Patri a.
Nella convenzione europea del paesaggio (testo del progetto 1998) scritto in maniera alquanto
confusa: "li paesaggio, in quanto elemento complesso dell'ambiente, della pianificazione territo-
riale e dell' urbanistica, svolge importanti funzioni di interesse generale, su un piano culturale, eco-
logico e sociale e costituisce una risorsa economica la cui adeguata gestione pu contribuire alla
creazione di posti di lavoro".
2
S. Canby, Prtces potes & paladins, Genve 1999; AA.W., Trsors de l'Islam, Genve 1985.
f.M. \V. TtmJe/; S{l/lt' Ugo invoca la vendetta m l pastore di Courmayeur in Val d'Aosta (vedi p. 332).
PARTE QUINTA
Il paesaggio come descrizione
dell'ambiente reale
Una critica moderna, vivente,
socialmente e mtellettualmente utile,
spregiudicata, non serve soltcmto
a preparare al godimento estetico
delle opere storiche, ma serve anche
e soprattutto a porre il problerna
dell'ambiente sociale in cui viviamo,
degli spazt cittadini e archztettonici
entro cui si spende la maggior parte
della nostra giorntlta, affinch noi li
riconosciamo, li "sappiamo vedere".
Bruno Zevi, 1918-2000
da "Saper vedere l'architettura", 1948
Capitolo l
La sacralizzazione del territorio: i Sacri Monti
In diverse epoche e in diversi paesi, in occasione di raffigurazioni religiose o pro-
fane, in mosaici o in affreschi, in quadri o in disegni, dentro o fuori gli edifici -
come abbiamo visto- si raffigurato l'ambiente entro cui si voleva far svolgere
la scena. A volte quell'ambiente- naturale o costruito - in cui effettivamente l'o-
pera era situata, la condizionava o ne costituiva cornice o sfondo.
Dobbiamo considerare adesso un fenomeno, quasi opposto, in cui si assume co-
me scena proprio l'ambiente reale, il territorio e in esso un determinato luogo
per collocarvi i personaggi - dipinti o pi spesso scolpiti - in modo che le sto-
rie dell'Antico Testamento, dei Vangeli, della Madonna, di San Francesco ab-
biano come scene i boschi, i monti, i sentieri accanto ai paesi e nei campi dove
la gente vive e lavora quotidianamente.
Presenze di questo genere non erano assenti in certi paesi nei lunghi secoli del
Medioevo: abbiamo visto - e vi riaccenneremo pi avanti -le cappelle costrui-
te nelle alte valli alpine, sui passi e tra i pascoli. Proprio in alcune zone alpine e
pre-alpine sorgono i Sacri Monti, negli ultimi anni del XVI secolo e nei due se-
coli successivi.
I Sacri Monti sono una serie di cappelle in cui sono collocate delle statue- qua-
si sempre di terracotta, spesso in gran quantit - in modo da costituire delle sa-
cre rappresentazioni; le cappelle sono disposte lungo un itinerario secondo la suc-
cessione dei fatti religiosi da cui traggono l'argomento: la Passione, la vita di San
Francesco, le storie della Madonna o i Misteri del Rosario. Questo itinerario il
percorso di un pellegrinaggio o di altra funzione liturgica e termina con una chie-
sa o un santuario. quasi sempre situato in una posizione dominante e si snoda
attraverso boschi con aperture panoramiche in modo da essere visto dal territo-
rio intorno e da creare punti panoramici seguendo la successione delle cappelle.
li modello a cui guardano frati, muratori, artisti spesso fornito dai disegni e dal-
le notizie che riporta dalla Terra Santa chi vi ha vissuto e lavorato: tra gli altri pa-
dre Bernardino Amico (Gallipoli, vissuto al Santo Sepolcro e in Egitto alla fine
del XVI secolo). Rientrato in Italia vengono tirate due edizioni delle sue incisio-
ni su rame, soprattutto della pianta e dei monumenti di Gerusalemme
1
. Un' altra
pianta di Gerusalemme, dichiarata "conservata come era ai tempi di Nostro Si-
gnore" incisa in quegli stessi anni (1568-1601) da Gianfrancesco della Sala.
I Sacri Monti sono stati definiti "manufatti paesaggistici, urbanistici e figurati-
vi" che costituiscono "sistemi territoriali"
2

Questa definizione si pu riferire in realt a vari tipi di opere che.accompagna-
r;..
CAPITOLO l l LA SACRALIZZAZIONE DEL TERRITORIO: I SACRI MONTI
fig. l. Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1827,
Edizione G.B. Para via e Comp., 1906, illustrata dal
pittore C. Chiostri.
no il periodo della prima Controri-
forma con l'obiettivo di rendere pre-
sente l'immagine devozionale nel
territorio, di far fare un segno di cro-
ce e recitare un'avemaria non solo
nei giorni di festa e dentro le chiese
o sui sagrati, ma tutti i giorni, an-
dando e tornando da casa e dal la-
voro. Accanto ai grandi e impegna-
279
tivi complessi dei Sacri Monti (a volte indicati come "Calvari") costruiti soprat-
tutto per l' azione pastorale di San Carlo Borromeo, i sentieri e le mulattiere si
arricchiscono di pi modeste, economiche e popolari edicole con immagini sa-
cre, tra cui soprattutto la Via Crucis, per l'azione pi tarda di San Leonardo da
Porto Maurizio (1676-1751). una politica capillare che stata definita come
"sacralizzazione del territorio" di cui ci ha dato una straordinaria descrizione
Alessandro Manzoni in alcuni passi famosi de I promessi sposi (cap. 1).
" ... Dall'una e dall'altra di quelle terre, dall'alture alla riva, da un poggio all'altro, correva-
no, e corrono tuttavia, strade e stradette, pi o men ripide, o piane; ogni tanto a/fondate, se-
polte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non t'scoprite che un pezzo di cielo e qualche
vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti
pi o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre nuovi, secondo che i diversi punti piglian pi
o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scor-
cia, spunta o sparisce a vicenda ...
... Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera
del giorno 7 novembre 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra ...
Giunse a una voltata della stradetta, dov'era solito d'alzar sempre gli occhi da/libro, e di
guardarsi dinanzi: e cos fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta,
forse un sessanta pam; e poi si divideva in due viottole, a foggia di un ipsilon: quella a
destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un tor-
rente; e da questa parte il muro non arrivava che all'anche del passeggero. I muri interni
delle due viottole, in vece di l'iunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul qua-
le erano dipinte certe figure lunghe, serpeggiantz; che finivano in punta, e che, nell'in-
tenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dire fiamme; e, alter-
nate con le fiamme, cert'altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del
purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scal-
. l ' " r.l 1] 3
cmatura qua e a... v tg. .
2
280
P
1
l RTE QUINTA l JL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 2. \lfado!llla del Sasso, Orselina l Locamo (Ctwton Tici11o, Il Sa11f11ario della c!el S?sso
risale alla fi
11
e del Quattrocento e furicostmito e 1gmndito nei Cappelle dechcate ali Ultlllltl
alla Piet, alla Pe11tecoste furollo realizzate nel complesso del Santuano il e d 1650 a co111pletfll',/e/
1
f
0
d1
tma Deposizione /ignea del/11 fine del Quafl rocento. La Via Cmw co11 1 pdom e stata costrwta uel XJX secolo.
fig. 4. Santuario della Madonna del Sasso presso Alzo costmito nel1748-1760 a 111. slm a strapiombo sulle rive
occidentali del Lago d'Orta, difronte al Sacro Monte emfellte da oltre 1111 secolo .10pm 01 fa.
fig. 3. ].M. \V. Tumer
(1775-1851), matita e
acquarello, m m 220 x 2 72, 1842,
1te Gallery Londra.
Il disegno rappresenta il Lago
Maggiore visto dai monti sopra
Locamo (11mer ba scritto a
matita "Locamo" l
corrispo11de11W dei pocbi tetti
della citlf). Sullo schizzo a
matita milo stati acquarellati
tre elementi: il boxco in primo
pIIIO (giallo), il lago in fondo
(tma linea azzurm) e il
Salltuario della Madonna del
Sasso (in grigio).
4
CA PI TOLO 1 l l.A SII CRAU ZZAZIONE DE/. TERRI TORI O: l SACRI MONTI
281
il territorio delle valli, dei monti, dei laghi che viene assunto come ambiente di
questo nuovo 'sistema'. il territorio che diventa protagonista determinante del-
l' opera e da una parte le impone il suo carattere, dall'altra trova in queste nuove
presenze un ruolo storico e sociale prima inesistente. Nuovi santuari sorgono in
punti paesaggisticamente dominanti, fuori e lontano da ogni centro, ed assume-
ranno come toponimo proprio un riferimento a quella preminenza orografica: tro-
viamo un santuario intitolato "Madonna del Sasso" a picco sul Lago Maggiore,
sopra Locarno (gi esistente alla fine del Quattrocento, ma ricostruito a fine Cin-
quecento - inizio Seicento) [f'gg. 2, 3]
4
e un altro con lo stesso nome di Madon-
na del Sasso a picco sul Lago d'Orta presso Alzo (met del XVIII secolo) [fig. 4];
una Santa Caterina del Sasso sulle rive lombarde del Lago Maggiore (XIII-XVII
secolo) e tanti altri toponimi dedicati alle caratteristiche geomorfologiche o agri-
cole (Rocche, Ronchi, Oliveto, della Neve, Castagnetta ecc.).
In questi territori il Sacro Monte si insedia principalmente scegliendo un luogo
paesaggisticamente importante, ombreggiato da boschi, visibile e distinguibile da
lontano e che viceversa offre quindi i panorami tipici di una posizione dominan-
te. Pu essere al centro di una valle, su una penisola protesa in un lago, presso un
antico dominante castello, su un contrafforte non troppo scosceso di una monta-
gna pi alta. Il Sacro Monte pu essere dedicato a differenti soggetti - come ve-
dremo-, ma comunque consiste in una enorme quantit di statue di terracotta,
di solito di misura un po' superiore al vero (solo nei Sacri Monti del Vallese sono
di legno e un po' pi piccole), colorate e raggruppate molto animatamente a rap-
presentare quasi sempre i soggetti relativi in modo drammatico. Nei Sacri Monti
che non sono rimasti incompiuti, le statue sono centinaia e gli episodi della vita
di Cristo, o della Madonna, o di San Francesco sono inseriti tra una folla di po-
polani, di frati e cardinali, di soldati con cavalli, di cani, di mucche ecc. Le scene
sono contenute in cappelle (a volte raggruppate) che assolvono al ruolo di odier-
ni chioschi: pur essendo luoghi di pellegrinaggio, non sono previsti spazi per mol-
te persone; anzi di solito dal portico si aprono poche finestre attraverso cui guar-
dare all'interno e la vista su una prima parte della cappella, libera da statue, non
grande, modestamente affrescata. Anche qui c' spazio per poche persone e que-
ste guardano la seconda parte della cappella - quella strapiena di statue - attra-
verso una spessa "iconostasi" di legno o una altrettanto pesante grata di ferro bat-
tuto: l'uso che si prevedeva inizialmente di queste cappelle non del tutto chia-
ro perch la sola esigenza di proteggere le statue giustificherebbe una balaustra,
non una cos pesante separazione. Oltretutto questa disposizione ha reso quasi
impossibile nei secoli la manutenzione, comunque difficilissima, o anche solo la
pulizia: le statue sono contorte, pesantemente vestite, affollate, delicate. Per cuo-
cerle erano state quasi sempre costruite delle grandi fornaci presso i cantieri, do-
ve lavoravano pochi artisti esperti e molti manovali; per colorarle vivacemente era-
no certo stati usati colori correnti e non duraturi. Ci spiega lo stato desolante in
cui quasi tutti i Sacri Monti si trovavano prima delle recenti dichiarazioni di va-
lore regionale e internazionale (ma ancora molto da pulire e restaurare).
Questo insieme di cappelle era disposto lungo un percorso: esso cominciava con
282 PARTE QUINT!l l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBI ENTE REALE
fig. 5. 1Vfoute j\lfesmn (presso Orta), 111 576 slm: In Via
Cmcis cbe sale al couvento Francesca/lo (1619).
una strada che saliva dalla valle o dalla-
go fiancheggiato dalle stazioni della Via
Crucis [fig. 5] , e poi in cima proseguiva
con un andamento pi pianeggiante, al-
largandosi in piazzali panoramici o davanti
al santuario o alla chiesa al termine del per-
corso. Il tutto era immerso nel bosco: nor-
malmente il bosco locale perch- come
abbiamo visto - i Sacri Monti sorgevano
in quella fascia pre-alpina, tra i 200 e i 600
metri slm circa, dove appunto il bosco ri-
copre naturalmente il terreno. Certo il bo-
sco veniva sistemato con radure, prospet-
tive e quanto occorreva per inquadrare e
collegare le varie cappelle e luoghi; mara-
ramente (al Calvario di Domodossola e so-
lo dal XIX secolo) ci comportava una radicale trasformazione a giardino
5
.
Tra le ragioni che hanno portato alla formazione e al rapido sviluppo, anche se
per breve tempo, del fenomeno dei Sacri Monti in questa area ristretta, tre in-
teressano specificatamente lo studio del loro effetto ambientale.
Innanzitutto i Sacri Monti erano collocati verso l'inizio di quei percorsi che at-
traversavano i passi alpini e che da secoli erano spesso occupati da Ospizi, retti
da monaci; i passi avevano preso il nome del santo a cui era dedicato l'Ospizio,
seguendo l'esempio di San Bernardo (arcidiacono di Aosta, X o XI secolo) che
fond gli ospizi sui passi a chiusura della Val d' Aosta e la cui immagine quasi
divenuta sinonimo appunto della montagna, della neve ecc. I Sacri Monti ri-
prendevano questa tradizione sulle strade che risalivano la Valsesia, l' Ossola, il
Ticino, lo Spluga, la Val Bregaglia, la Valtellina.
In secondo luogo, anche se i primi Sacri Monti (a Varallo soprattutto) , erano an-
teriori alla Riforma protestante e se vi erano sui luoghi tracce di precedenti pre-
senze religiose, la Controriforma che li trasforma in strumento di penetrazio-
ne e diffusione dei princpi post-tridentini, proprio allo sbocco di quelle valli da
cui la Riforma poteva scendere. Ed anzi era scesa: si pensi alla Valtellina e alla
sia pur lontana presenza di Fra' Dolcino, nativo della Valsesia (morto nel1307).
La Controriforma (che non a caso aveva scelto come sede conciliare Trento) cer-
ca anzi di utilizzare quelle valli per risalirle, scavalcare dall'alto i passi alpini,
scendere sul versante settentrionale, respingere la Riforma e dar man forte alle
presenze cattoliche che scendevano dalla Baviera e dal Tirolo (incontrando fi -
gurativamente il Barocco mitteleuropeo).
Infine non a caso, all 'incirca al centro della regione piemontese-lombarda dei Sa-
cri Monti, si innalza la statua detta "Sancarlone", dedicata a San Carlo Borro-
6
CAPITOLO 1 l LA StlCRtiLIZZtiZIONE DEL TERRITORIO: l SACRI MONTI
283
meo (Arona 1538- Milano 1584). Do-
veva essere la conclusione di un Sacro
Monte, dedicato appunto a San Carlo;
deciso nel 1610 dal cugino cardinale
Federico (1564-1631; forse pi popo-
lare dello zio santo, grazie a Manzoni) ,
iniziato nel1614, rimasto del tutto in-
compiuto (una cappella finita - oggi
trasformata in chiesa -, una incompiu-
ta, una iniziata). Abbandonata l'idea di
costruire la statua gigantesca in marmo,
questa fu predisposta in rame dall'ar-
chitetto-pittore-scultore Giambattista
Crespi, detto il Cerano (Busto Arsizio,
1575-1632, attivo a Novara e in Valse-
sia) ; ma la morte del cardinale Federi-
co e la peste fecero accatastare i pezzi
gi fusi nella vicina cappella. Fu mon-
tata, con qualche modifica, solo nel
1697 da Bernardo Falconi (Lugano,
autore delle statue nella XIII cappella
del Sacro Monte di Orta, Francesco tra-
scinato in mezzo al carnevale di Assisi)
e Siri o Zanelli (Pavia, morto 1724)
[figg. 6, 6a, 6b, 6c].
/igg. 6, 6a, 6b. Sacro Moute di San Carlo ad Amna
(Novam). Il progel!o di 1111 Sacro Monte dedicato n San
Carlo Borromeo sulla rocca di Arona dove era nato, al
centro delle terre della famiglia Borromeo, risale al
1610 e la costmzione ebbe inizio ne/ 1614. Ma/urano
realizzate pocbe opere: una cbiesa (ex-cappella) e il
Seminario (pesai/ti opere di Fra11cesco Maria Ricbim)
cbe i11quadmno, assai povemme11te la statua di
Sancarlo11e, indubbiamente l'opera pi interessai/te di
questo complesso, con 1111 ruolo 11011 secondario i11 tu !fa
l'icol/ogra/ia dei Sacri j\lo11ti e dell'attivit del
Borromeo.
6a
6b
284
PARTE QUiNTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 6c. Anonimo, lleduta della citt di Arona con la statua di Sau Carlo Borromeo. Fa parte della raccolta ufficiale
organizzota da Dominique Viva n l Denou tra il1802 e il1814 per illustrare le campagne di Napoleone I iu Italia.
Parigi, Muse du Lnuvre, Dpartement des Arts Graphiques.
I nomi di Crespi, Falconi, Zanelli sono del tutto ignorati: eppure la statua da lo-
ro progettata, fusa e innalzata rimasta per circa due secoli la pi grande del
mondo (poi arrivata la Statua della Libert): la statua alta ml23 ,40, colloca-
ta su un piedistallo di ml12,00, per cui la sommit a 35,00 ml di altezza dalla
campagna intorno che in discesa; il Sancarlone sembra quindi anche pi alto.
Credo che nessun libro di storia dell'arte lo citi, anche perch ridotto a imma-
gine di libro assumerebbe le dimensioni di qualsiasi altra scultura e uscirebbe
male dal confronto: opera pensata e fatta per stare in quel punto del territorio
e non pu essere vista e considerata se non in questo ambiente.
Stendhal ha descritto il Sancarlone in una lettera a Pauline (luglio 1800), scritta
su carta intestata dell"'Arme d'Italie- Premire Division" in cui prestava servi-
zio; dopo l'armistizio di Marengo si occup di prendere in consegna sette for-
tezze cedute dagli Austriaci, tra cui quella di Arona, sulle sponde ovest del La-
go Maggiore. Terminati i doveri militari si imbarca:
"Le coste sono tranquille; poche case, poche coltivazioni, nessun vigneto come quelli cbe
con le loro palizzate sfigurano le pi celebri rive del Lemano. Usciamo dal piccolo porto,
prendiamo il largo; subito una stupenda statua del buon san Carlo colpisce il nostro sguar-
do, ha sessantadue piedi di altezza e il suo piedistallo venti; mostra con una mano il suo
portamento maestoso e con l'altra san Carlo tiene un risvolto dell'abito. attraverso l'a-
bito che si entra dentro la statua; una persona pu stare in piedi dentro al naso. La gran-
CAPITOLO l l LA SACRALTZZAZTONE DHL TERRITORIO: I SACRI MONTI
fig. 7. 'Pilone' a lato della chiesa parrocchiale di Aquila
in Val Blenio (Canton Ticino, Confederazione Elvetica)
a ricordo della visita pastorale di San Carlo ne/1581.
de statua tranquilla al centm del lago.
Con l'occasione ho visitato le divine Isole
Borromeo; sono tre: Isola Bella, Isola Madre,
Isola dei Pescatori"
6

Tutte le opere dei Sacri Monti del re-
sto (le migliaia di statue, le decine di
cappelle, le centinaia di 'piloni' con la
Vi'a Crucis) sono elementi di 'arredo' del
territorio in cui si trovano e tolte da
questo ambiente perdono qualit e sen-
so, diventano altro. sbagliato isolare
le poche opere firmate da qualche gran-
de nome (Gaudenzio Ferrari, 1475-
1546, e Galeazzo Alessi, 1512-1572, a
Varallo), promuoverne criticamente
qualche altro (Antonio D'Enrico detto
Tanzio da Varallo, 1580-1635, sempre
285
a Varallo), citare nomi come "il Mancino", "il Morazzone", "il Tabacchetti", Cri-
stoforo Prestinari, Francesco Silva, Dionigi Bussola ed esaltarne l'indubbia bra-
vura sia come scultori, sia come architetti delle cappelle e dell'insieme (a cui la-
voravano il cappuccino Padre Cleto, 1556-1619, e Giovanni D'Enrico, 1560-
1644). Erano tutti artisti nati in quella regione, vissuti in quei conventi, operan-
ti quasi esclusivamente in quella zona tra i Sacri Monti e le chiese, i santuari che
si costruivano in quegli anni. Le loro opere non sono andate nei musei, sono ri-
maste l ad invecchiare
7
.
Di questa situazione il Sancarlone pu essere un simbolo: forse proprio per con-
trasto, solo e gigantesco, tra le migliaia di statue a misura d'uomo disperse per
"quelle terre, dall'alture alla riva, da un poggio all'altro".
"Quelle terre" intorno al Sancarlone, erano le terre dei Borromeo. San Carlo non
era solo nipote per parte di madre del milanese papa Pio IV Medici che lo no-
min cardinale (1560), lo consacr sacerdote e vescovo (1563 ), lo nomin arci-
vescovo di Milano (1564); non fu solo il grande diplomatico vaticano che port
a conclusione il Concilio di Trento e mise in marcia l'ancora esitante Controri-
forma. Era anche un Borromeo (questo nome deriverebbe da "Buon Romeo" e
sarebbe stato attribuito a un capostipite di nome Lazzaro per aver organizzato
pellegrinaggi a Roma durante il primo giubileo del1300). Questa famiglia ori-
ginaria di San Miniato in Toscana, dopo varie vicende, era diventata milanese
nel1394. Nel1439 i Borromeo ebbero in feudo Arona, nel1441 Cannobio e Le-
sa con il Vergante, nel1445 la Rocca di Angera, nel1446 Mergozzo e Vogogna,
nel1448 le isole nel Lago Maggiore. Con infeudazioni e acquisizioni successive
286 PARTE QUI NTA l I L PAESAGGI O COME DESCRI ZI ONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 8. Louis Fmnois Cassas (1756-1827), \feduta generale dell'Isola Bella, acquarello 111111 695 x 972, Parigr;
Biliotbque Mazarine, cat. 11. 289. La raffigurazione- pittoricamente modesta- offre per rma i111magre precisa
delle architetture, delle terrazze, dei giardini. Estltlissimo ancbe il panorama (ripreso dalltr riva di Carciago, presso
StreJa): le cave di Baveno, il Mont'Oifano e l'Isola dei Pescatori (o Superiore). Esiste nncbe una incisione di
Francesco Piranesi (1 758-1810,/iglio di Giovan Ballista). .
i Borromeo diventarono signori e padroni di un enorme territorio dal lago d'Or-
ta al lago di Como, con centro sul lago Maggiore. Questo territorio (compreso
il Novarese che diventer poi Piemonte) apparteneva alla chiesa Ambrosiana e
fu per San Carlo insieme sua propriet e sua diocesi.
San Carlo lo percorse pi volte: le visite pastorali erano parte essenziale del suo
metodo di lavoro e ogni visita lasciava un segno sul territorio: una edicola, una
Via Crucis, una cappella, la decorazione di un altare, un affresco sulle pareti di
una chiesa in cui aveva detto messa e predicato. Ci furono anzi famiglie di mo-
desti pittori che si specializzarono a dipingere sulle facciate di sperdute parroc-
chie grandi immagini di San Carlo, a fianco o in sostituzione di quelle pi vec-
chie di altri santi -molto spesso San Cristoforo - ormai scolorite. Questi pitto-
ri dipingevano male, con colori di poca durata e pare anche che- ottenuto qual-
che acconto- se ne andassero lasciando incompiuta l'opera loro: dal loro modo
di lavorare male venuta l'espressione "alla carlona".
Nel1581 San Carlo parte dalle sue terre per una visita pastorale lunghissima che
lo porta a nord delle Alpi, ad incontrare l'isola di cattolicesimo situata all'inizio
della valle del Reno, a est del Gottardo. Da Arona tocca il Sacro Monte di Ghif-
fa, il Sacro Monte di Brissago, la Madonna del Sasso di Locarno; poi risale la
valle del Ticino e quella di Elenio, dove a decine si costruiscono subito dopo
CAPITOLO 1 l LA StlCRALIZZAZIONE DEL TERRITORIO: l SACRI MONTI
287
" p ~ o n i " in suo onore [fig. 7], o si intitolano a San Carlo chiese e cappelle; vali-
ca Il Lucomagno e per la Val Medel scende fino all'Abbazia Imperiale benedet-
tina di Disentis (fondata nel X secolo) sul Reno Anteriore, a meno di venti chi-
lometri dal punto pi avanzato raggiunto nel 1527 dalla Riforma (ne testimo-
nianza la chiesa Evangelica di Vuorz-Waltensburg, decorata di pi antichi affre-
schi, XIV secolo). Nella parrocchiale di Disentis un altare dedicato in ricordo
a San Carlo e il motto da lui dato ai Borromeo ({(Httmilitas" in caratteri gotici)
sovrasta in tal modo anche nelle montagne dei Grigioni.
La scoperta del ruolo che il territorio - cos come e cos come vissuto -
l'ambiente in cui la societ proietta le sue opere, non limitata per la grande fa-
miglia dei Borromeo alla 'sacralizzazione' controriformista e all'eredit spiritua-
le di San Carlo. Intorno al1630 un nipote di San Carlo, che si chiama anche lui
Carlo (1586-1652), inizia la trasformazione di una delle isole di sua propriet nel
Lago Maggiore in un complesso costituito da un palazzo e da una serie di ter-
razze-giardino che verranno completate un secolo dopo (il palazzo fu terminato
solo nel1959) [fig. 8].
Era uno scoglio chiamato Isola Inferiore (rispetto a quella situata poco pi a
nord denominata Isola Superiore), o !sella per la sua modesta dimensione: c'e-
ra stata una chiesa fin dal secolo XI e forse un castello. Adesso in onore della
moglie di Carlo, che la contessa Isabella d'Adda, l'isola trasformata viene d-
battezzata "Isabella"; circa un secolo dopo nel1735 il nome viene trasformato,
per sempre, in Isola Bella. Anche qui gli autori di questa radicale trasformazio-
ne di cui si conosce il nome, non sono noti per una loro specifica personalit:
Giovanni Angelo Crivelli milanese, Francesco Castelli ticinese, Andrea Biffi lom-
bardo, Filippo Cagnola milanese. Poco pi noto Francesco Maria Richini (Mi-
lano, 1583-1658) che ha pesantemente progettato e costruito anche il Seminario
e la chiesa accanto al Sancarlone, e la chiesa di San Rocco a Miasino. Tutta gen-
te del posto e della corte dei Borromeo; il pi famoso il ticinese Carlo Fonta-
na (1634-1714) che per pare che all'Isola Bella sia solo passato a dare qualche
consiglio. Alle statue lavorarono scultori chiamati Vismara, Resnati, Sip:wnetta;
alle fontane il milanese Gian Maria Mora; tra i giardinieri il primo in ordine di
tempo si chiamava Giuseppe Anosei.
Come nei Sacri Monti il lavoro di decine e centinaia di persone, per decenni e
secoli ha prodotto un'opera che colpisce per la sua totale coerenza, dovuta for-
se proprio all' assunzione del territorio esistente (terre, acque, piante, colori, lu-
ce ... ) come ambiente per la realizzazione di quello che si voleva proporre come
ambiente ideale.
L'uso scenografico dell'ambiente naturale ha forse la pi integrale realizzazione nel
Sacro Monte di Brissago (Canton Ticino), che inizia sulla riva del lago Maggiore
per terminare in una valle boscosa. Ancora oggi la strada pedonale fiancheggiata
dai piloni della Via Crucis, chiamata "via Gerusalemme" e la cappella al suo ini-
zio "Porta di Gerusalemme" [fig. 9a]. La Via Crucis [fig. 9b] termina all' Oratorio
dell'Addolorata (17 67) , da cui si vede lontano, in fondo alla valle, in mezzo al bo-
sco la edicola con tre crocefissi lignei che rappresentano il Calvario [fig. 9c].
, ~ r
288
l'ARTE QUINT1l l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
9a
9c
figg. 9a, 9b, 9c. Sacro Monte di Brissago (Canton Ticino, Confederazione Elvetica). Costruilo dal1764 per iniziativa
deifr11ti fnwcescani. Comprende 11ella parte bassa t/Ila Via Cmcis cbe inizia sulla riva del Lt1go Maggiore contma
cappella della "Porta di Gerusalemme". l 'piloni' della Via Cmcis alla IX stazione si trasformano in cappelle cbe
terminano all'Oratorio dell'Addolorala (1767) da etti si vede in fondo alla valle unaniccbia rappresentante il
Calvario con tre croce/issi /ignei raffigurati con deformazioni prospellicbe per e.uere visti da lontano e nel bosco
(scultore Domenico Gelosa di [n tra, 1767); eccezionale esempio di 'uso scenogra/ico' dell'ambiente naturale.
9b
CAP/T0/.0 l l LA SACRALIZZAZ/ONE DEL TERRITORfO: l SACRI MON'II
IL PATRIMONIO MONDIALE DELL'UMANIT DELL'UNESCO
li 3 luglio 2003 l'UNESCO ha incluso i Sacri Monti nei "Patrimonio mondiale dell'umani-
t", classificando come tali nove complessi; in Piemonte !a Nuova Gerusalemme a Varallo
Sesia (fig. 10], San Francesco a Orta San Giulio rjig. 12]
8
, il Calvario a Domodossola [figg.
13, 13a] , l a SS. Trinit a Ghiffa [fig. 14]
9
, !'Assunzione a Serralunga di Crea nel Monferra-
to
10
, la Vergine a Oropa Il, il Santuario di Belmonte a Valperga Canavese in Lombardia il
Rosario a Varese [figg. 11, lla]
12
, la Madonna del Soccorso a Ossuccio sul Lago di Como n.
I Sacri Monti piemontesi sono anche Riserva naturale speciale della Regione.
Per un elenco completo dei Sacri Monti dobbiamo aggiungere in Piemonte Arona e Gra-
glia; nel tratto Ticinese del Lago Maggiore Brissago f/t'gg. 15a, 15b, 15c]
1
~ e Orselina-Lo-
carno r}igg. t 2]; nelle alte montagne del Vallese Saas-Fe e Visperterminen; in Lombar-
dia il Sacro Monte di San Carlo a Oria - Val Sol da sul Lago di Lugano.
Al di fuori ~ e l l a zona orientale delle Alpi piemontesi e di quell a occidentale delle Alpi 1om-
barde, troviamo un complesso confrontabile con i Sacri Monti solo in Toscana nella "Ge-
rusalemme" di San Vivaldo a Montaione, tra San Gemignano e Certaldo realizzata assai
prima di quelle alpine, alla fine del XV- inizio XVI secolo
1
'. '
Anche la "Gerusalemme" di Varallo Sesia fu iniziata negli ultimi decenni del XV secolo
ma poi interrotta negli anni 1527-1528 e ripresa nell'ambito della Controriforma. a cui a p ~
partengono indubbiamente tutte le altre iniziative.
fig. 10. Sacro Monte di Varallo Sesia
(Vercelli). ideato dopo il1481 da padre
Bernardino Caimi, milanese, francescano
git rettore dei Luogbi Santi di Pttlestta.
con l'obiettivo di realiz.ztlre 1111a "Nuova
Gemsalemme" come mela di pellegrinaggi.
Il luogo fu scelto probabilmente percb su
11110 dei tracciati di traversata alpina. TI
primo proge/lo fu del Valsesia no Gaudenzio
Fermri (Valduggia, 1470-1546) cbe fu
architetto, pittore e scultore: le statue erauo
in legno rivestite di sto/fa. lnterrol/o nel
1527-28, fu ripreso dopo il1560, ormai
nell'ambito della Controriforma e sol/o
l'iu/luenza di San Carlo Borromeo e del
vescovo di Novttrn Carlo BasCtlp: arcbite/lo
Galeazzo A/essi (Perugia, 1500-1572).
Ultimi lavori nel Settecento dopo
l'annessione del NovareJe ai Savoia, con
contributi di Benedello Al/ieri (1700-
1767): 45 cappelle, 600 stai/le, 4000 figure
negli affreschi. Racconta in maniera 11011
sistematica episodi del Vecchio e del Nuovo
Testamento, con prevalenza dei/alli
evangelici a cui/anno seguito due cappelle
dedicate a San Francesco e a San Carlo.
Termina a/la Basilica dell'Ammta con
l'ultima scena appunto dell'Assunzione, con
circa 140 statue. il pii grande e il pit
conosciuto dei Sacri Monti: si innalza al di
sopra della \!al Sesia, in mezzo ai boschi cbe
ricoprono i monti circostanti.
..
289
290
11
Ila
PARTE QUINTA l IL PAES; lGGIO COM DESCRIZIONE DELL'AMBIIiNTE REALE
figg. 11, lla. Sacro Monte di Varese (Varese). Su/luogo dell'attuale Santuario di Santa Maria del
Monte era stata costruita mra chiesa nella seconda met del N secolo, ampliata nel XII e divenuta
luogo di eremitaggio soprattutto femminile; nel 1530 furono costruite delle cappelle con statue /ignee
raffiguranti la Passione, poi distrutte. Nel1604-1605 fu iniziata/a costruzione del Sacro Monte, nel
quadro della Controriforma
ambrosiana, m progetto di Giuseppe
Bemascone (Varese, 1565-1631) detto
"il Mancino" ed forse uno dei progetti
di Sacro Monte p rigorosi. Ne/1623
le quattordici cappelle era110 quasi
finite e complete di statue in terracotta
e affreschi dedicati ai Misteri del
Rosario e alla Passione, Fu completato
dopo la pestilenza de/1630 e le ultime
opere /t1rono termrirate nel1717.
Consiste in una lunga salita sul costone
della montagna, co11 "piloni", cappelle,
portali e sistemazioni panoramiche; poi
la zona terminale con cappelle, edi/id
conventuali, il santuario e il borgo di
Santa Mar1. Data la sua posizione
straordinariamente panoramica
riconoscibile da tu/la la pia/l/Ira tra la
Lombardia e il Piemonte e viceversa,
dalla lunga salita si domina tutta la
pianura, dai vari laghi so/tostanti nella
zona di Varese /t'no alle Alpi. stata la
meta di tanti visitatori stranieri nei
secoli scorsi. Da qui Ste11dhal fece il
programma dei suoi IJ/aggi successivi
per vedere da vicino i luoghi cbe aveva
scoperto.
CAPI TOLO l l LA SACRALIZZAZIONE DEL TERIUTORIO: l SACRI MONTI
fig. 12. Una piccola cbiesa tardo-roma11ica viene ricostruita ne/1590; attomo, tra i/1605 e il1617, viene
costruito il Santuario della Trinit a/limite tra il bosco e i terreni coltivtrti di Ronco (topoltimo
diffusissimo lt tu/la l'Italia settentrionale cbe indica appunto i terrazzamenti coltivati), attuale frazione di
Ghiffa (\ferbania). Nel 1646 viene costmito il campanile; nel 1647/a Cappella det/'Im:oronazione di
Maria Vergine; nel l 659 la Cappetla di San Giovanni; nel 1701-1703 la cappella di Abramo, distaccala
alla fine del percorso di salita da Ronco. Su questo per non fu mai costmita la Via Cmd per cui fu invece
realizzato u11 U11ico porticato ne/1752, secondo 1111 modello assai raro nei Sacri Monti e nelle altre
tipologie di "sacraliZZIIzione del territorio".
fig. 13. Sacm Monte Calvario a Domodossol11 (Verbania). Iniziato ne/1656 per tiziativa di due frati
cappuccini: Gioacchino da Cassano e Andrea da Rho. Il percorso iniziava in pianura a 1111a porta della citt
lungo la strada cbe dall'Osso/a conduceva tli passi del Sempione, di San Giacomo, della \!al Vigezzo. La
salita accompagnata dati/la Va Crucis che termina con dodici cappelle isolate e due inglobate nel
Santuario ftale con decine di statue di terracotta, soprattutto nella cappella finale della Resurrezione, o
del Paradiso. Sorge tra i ruderi della fortezza lougobarda di Mattarel!a e i Rosminiani cbe lo gestiscono dal
1828 vi ha1mo realiZZIIto 1111 giardti10 botanico con piante provenieflti da tutto il mondo.
13
291
12
292
14
15
PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 14. Sacro Monte di San Francesco a Orta (Novara). XX Cappella. Canonizzazione di
Francesco: progetto di Padre Cleto da Castelletto Ticino su programma del vescovo Carlo
Bascap. Le statue dei prelati sono state scolpite da Dionigi Bussola (1600-1607).
fig. 15. Sacro Monte di San Francesco a Orta (Novara). La strada di accesso collega il centro
di Orta, sulle rive de/lago, alla chiesa e convento di San Nicolao, risistemato nel1591-1595
per iniziativa del vescovo di Novara Carlo Bascap. Il padre cappuccino Cleto, originario
della vicina Castelletto Ticino (15 56-1612), progett il Sacro Monte dedicato a San
Francesco, secondo il piano del val/ombrosa no novarese Amico Canobio. Le trentasei
cappelle previste furono ridotte a venti e costmite tra il1596 e il 1670, salvo due nel secolo
successivo; comprendono 376 statue in terracotta. Una ventunesima cappella progettata nel
1788 e dedico t a al Cantico delle Creature si concludeva in alto con un terrav.o panoramico al
di sopra del bosco, ma rimase incompiuta (arch. Giulio Francesco a n t i n ~ valsesiano). Filari
di carpini furono progettati fin dall'inizio per creare recin:doni sacra li e guidare la visita,
alternando i panorami sul/ago e le prospettive verso le cappelle.
CAPITOLO 1 1 LA SACRALIZZAZIONE DEL TERR11"0RIO: I SACRI MONTI
293
Note
1
1609-10, Antonio Tempesta, Roma, 38 disegni su 20 lastre cm 29 x 21; 1620, Giacomo Callot, Fi-
renze, 47 disegni su 38lastre cm 29 x 21.
2
S. Lange in AA.VV. Sacri Monti, Edizioni Universitarie Jaca, Milano 1992. Dalla vasta biblio-
grafia citiamo: L. Zanzi, Sacri Monti e dintorni, Edizioni Universitarie J aca, Milano 1990; L. e P.
Zanzi, Atlante dei Sacri Monti prealpini, Skira, Milano 2002; M. Centini, I Sacri Monti dell'arco
alpino italiano, Friuli & Verlucca, Ivrea 1990; Carta dei Sacri Montt; Calvari e complessi devozio-
nali europei, De Agostini, Novara.
3
A. Manzoni, I promessi sposi, Storia Milanese del Secolo XVII, 1827.
4
V. Gilardoni, in: I monumenti d'arte e di storia del Canton Ticino. Locamo e il suo circolo, vol. I,
pagg. 418-477, Base!, Birkerhauser Verlag 1972; A. e C. Calderari, Appunti per una storia della Ma-
donna del Sasso, Eco di Locarno 1982.
'A. Marzi, Guida al sacro Monte Calvario di Domodossola, Torino 1995.
6
A. Lazzarini, Stresa e il Verbano dei Borromeo, Leone libreria editrice, Stresa 1987; A. Majo, San
Carlo Borromeo, Vita e azione pastorale, prefazione cardinale Dionigi Tettamanzi, Ed. San Paolo,
Milano 2004; Stendhal, Correspondance, tome I, page 183, Bibliothque de la Plyade l Stendhal,
Rome, Naples et. Florence en 1817, 28 juillet 1817, Voyages en Italie, Bibliothque de la Pliade.
7
G. Alessi, Il Libro dei Misteri. Progetto di piamficazione urbanistica, architettonica e figurativa del
Sacro Monte di Varallo Sesia (1565-1569), edizione anastatica a cura di A.M. Brizio e S. Stefani
Ferrone, Bologna 1974; S. Lang, A. Pensa, Il Sacro Monte. Esperienza del reale e spazio virtuale
nell'iconografia della Passione a Varallo, Milano 1991; S. Stefani Ferrone, Guida al Sacro Monte di
Varallo, Torino 1995.
8
AA.VV., Il Sacro Monte di Orta e San Francesco nella storia e nell'arte della Controriforma, Atti
del Convegno Orta San Giulio, 4-6 giugno 1982, Regione Piemonte, Torino 1985; E. De Filippis,
F. Mattioli Carcano, Guida al Sacro Monte di Orta, Novara 1991.
9
AA.VV., Sacro Monte di Ghzffa, Alberti libraio editore, Verbania 2000.
10
A. Barbero, C. Spantigati, Sacro Monte di Crea, Alessandria 1998.
11
F. Fontana, P. Sorrenti, Oropa. Sacro Monte, Borgosesia, s. d.; P. Strobino, Guida alle cappelle del
Sacro Monte di Oropa, Biella 2000.
12
F. Restelli, P. Viotto, Sacro Monte di Varese: il Santuario, il Monastero, le cappelle, Macchione
editore, Varese 1997.
13
P. Gatta Papavassiliou, Il Sacro Monte di Ossuccio, Milano s.d.
14
V. Gilardoni, I monumenti d'arte e di storia del Canton Ticino, vol. I, Il Circolo delle Isole, vol.
II, L'alto Verbano, Base!, Birkerhauser Verlag 1979.
15
F. Cardini, La Gerusalemme di San Viva/do, in Archeologia Viva I, 1982, n. 6; AA.VV., Atti del
Convegno: La "Gerusalemme" di San Vivaldo e i Sacri Monti in Europa, Pisa 1989.
~ t
..
Capitolo 2
Il ritratto delle persone: dal protagonista altin/inito
Il ritratto di persone reali, riprese verosimilmente, si era andato diffondendo in tut-
ta Europa durante il Quattrocento. Prima, gli eventuali ritratti dei committenti, del
pittore, di qualche altro personaggio vivente erano mescolati a figure generiche, ve-
stite come l' episodio raffigurato richiedeva. L'obiettivo non era quello di "fare il ri-
tratto" riconoscibile, come lo intendiamo oggi, a meno che lo scopo della raffigu-
razione fosse proprio l'esaltazione dell'in1peratore, dell'imperatrice, del papa ecc.
Spetta alla pittura fiamminga il primo posto, per cronologia e per qualit, in que-
sta evoluzione della pittura di ritratto.
Di fronte all'autonomia di questo nuovo genere della ritrattistica, ai fini dell' ar-
gomento che ci interessa, possiamo distinguere due tipi:
-I ritratti in cui dietro al personaggio c' un fondo monocromo (spesso anche
nero) o comunque una parete, una
tenda di immediata chiusura che lascia
come sola immagine la figura ritratta.
- I ritratti in cui invece dietro al per-
sonaggio si apre uno sfondo in cui l'ar-
tista rappresenta l'ambiente (interno
od esterno) che caratterizza la figura ri-
tratta, o che il pittore ritiene sia lo sfon-
do pi adatto per completare l'opera.
C' anche un terzo tipo di ritratti (pi
frequenti di quanto si pu pensare): i
ritratti in cui l'ambiente collegato al
personaggio non dietro, non nello
sfondo, ma davanti; ed proprio il
personaggio (o i personaggi) che con
l'azione che compie documenta quella
attivit.
L'esempio pi antico costituito pro-
babilmente dalle Biccherne senesi. La
Biccherna era un ufficio finanziario
con una evoluta organizzazione ispira-
ta probabilmente a modelli bizantini o
tedeschi (l'etimologia incerta: dal
quartiere degli affari di Bisanzio che si
CAPITOLO 2 l IL RITRATTO DELLE PERSONE: DAL PROT!IGONISTII ALL'INFINI TO
295
chiamava blacheme o dal tedesco Bucher -libro -, o da altri etimi sconosciuti) .
Costituito alla fine del secolo XII raggiunse l'organizzazione definitiva nel 1226
e funzion fino alla seconda met del XIV secolo. Le operazioni della Biccher-
na erano segnate in registri rilegati dentro tavolette di legno che a partire dal
1258 furono decorate con titoli, stemmi, scene relative alle operazioni di cassa
0
ai santi patroni o ad avvenimenti storici (vedi anche parte II, cap. 4).
Le pi antiche tappresentano appunto il banco davanti al camerlengo che in-
cassa dal cittadino e tegistra [fig. 1] ; qualche volta c' la descrizione dell'inteto
ambiente con leggii, calamai, casseforti, panche e corsie per il pubblico [fig. 2]
1

Tra i ti tratti in cui l'attivit del personaggio descrive insieme lavoro e ambiente
numerosi sono quelli dipinri nel XVI e XVII secolo per i ricchi signori delle Fian-
dre e dell' Olanda. Maarten van Heemskerk (1498-1574)
2
, dipinge i ritratti di un
uomo e una donna - sconosciuti, quasi certamente marito e moglie, noti come
Bicker port raits (cm 84,5 x 65, Amstetdam Rijksmuseum) : lo sfondo una pare-
te marrone quasi vuota, mentre in primo piano davanti alla donna domina un ar-
colaio e davanti all'uomo c' una scrivania con penne, tamponi, calamai, oggetti
vari e un libro tenuto aperto con la mano sinistra; con la destra conta dei soldi.
Tra i ritratti in cui invece lo sfondo a descrivere riccamente l'ambiente dei per-
sonaggi, sono esemplari due famose opere diJan van Eyck (]an, 1385-90 l 1441,
aveva iniziato a dipingere con il fratello pi anziano Hubrecht, morto nel1426).
/ig. l . 13icchema 11. 15, primo semestre
1340, tempera su tavola, mm410 x 252.
Siena, Archivio di Stato. l! camerlengo
don Matteo riceve il denaro di llllfl tassa
da un cittadino. Attribuita alla scuola di
Ambrogio Lorenze//1:
fig. 2. Biccbeman. 21, primo semestre
1393, tempera su tavola, 111111430 x 326.
Siena, Arcbivio di Stato. qui
rappresen/ato l'intero ufficio delle
nposte. Davanti c' il passaggio per i
contribuenti con llllfl panca; dietro al
banco lavorano il camerlengo (a sinistra)
e lo scrivano (a destra); sul banco i leggii
con i caltmlm; pile di denaro, una
tavo/el/a LVn llllfl pietra pomice; a destra
la cassaforte co/t una /t me per a prime il
copercbio. 2
..
, ..,
296 PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DJ:SCR/Z/ONE DELL'AMBIENTE REALE
/ig. 3. ]an Vtlll Eyck (1385-90 - 1441), I coniugi Amo/fini, 1434, C/1182 x 59,5. Londra, Tbe Natio1wl Galle!)' l due
riccbi mercanti sono ritrai/i nella loro camera da letto: il tappeto, la coperta, la fii1estra conii/M mela s11l dava11zale, gli
zoccoli (biancbi quelli davallli e rossi q11elli in fondo), il cagnolino, il mobile co11 tre ara11cie sono quelli reali cbe si
trovavano nella stanza; come certamente realistica l'avanzata gravidanza. evidente anzi cbe proprio in q11ella
circostanza che gli Amol/li hamw voluto essere ripresi.
CAPITOLO 2 l I L RITRATTO DELLE PERSONE: DAL PROTAGONISTA ALL'INFINITO
297
Ne I coniugi Arnol/ini [fig. 3] i due ricchi mercanti lucchesi, trasferiti a Bruges,
sono ritratti all'interno della loro camera da letto ed l'intimit di questa a co-
stituire l' ambiente dipinto da van Eyck: quella effettivamente la stanza degli
Arnolfini e la precisione della pittura va di pari passo con l'osservazione del-
l'ambiente.
Non diverso pu essere stato il ragionamento che ha portato J an van Eyck a di-
pingere una Madonna in piedi col bambino all'interno di quello che nel XV se-
colo poteva essere considerato appunto come l' ' ambiente' di Maria e Ges: una
chiesa gotica, dipinta con assoluta precisione architettonica [fig. 4a].
Qualche anno dopo (1437) van Eyck dipinge di nuovo una Madonna con Bam-
bino dentro una chiesa; ma non si tratta questa volta di una cattedrale in cui
entrata Maria come un qualsiasi credente, bens di una chiesa costruita apposta
per il trono e il baldacchino; il pavimento della chiesa coperto da due tappeti
sovtapposti e la larghezza della navata uguale alla larghezza dei tappeti e del
manto della Madonna [fig. 4b]. I tappeti ebbero del resto un ruolo importante
in molta pittura del Quattrocento: tra i molti fiamminghi lo stesso van Eyck in-
siste nel disegnarne uno raffinatissimo nella Pala del canonico va n der Paele (1436,
Bruges, Groeningen Museum) e in Italia i tappeti hanno un ruolo importante in
molti quadri di Giovanni Bellini, di Vittore Carpaccio, di Lorenzo Lotto: alcu-
ni tipi di tappeto hanno preso appunto il nome da questi pittori.
Nel Trittico dei Sette Sacramenti Rogier van der Weyden [fig. 4c] pone l'intera
scena della crocefissione al centro di una imponente cattedrale gotica a tre na-
vate sul cui pavimento - senza tappeti - piangono la Madonna, la Maddalena,
Giovanni e altri fedeli: tra di essi si alza altissima la Croce, innalzando il Cristo
all'altezza in cui effettivamente venivano posti i crocefissi sulla traversa lignea al-
l'imposta delle volte. In fondo l'abside chiuso da una iconostasi con un altare
dove un sacerdote sta celebrando l'Elevazione.
Si potrebbe quasi credere che i fedeli che vedevano i personaggi sacri fino al Tre-
cento raffigurati sulle ampie pareti delle chiese romaniche, adesso li possono qua-
si incontrare nei larghi e luminosi spazi dell' atchitettura gotica.
Nel 1435 van Eyck dipinge La Madonna del cancelliere Rolin (cm 66 x 62, Pa-
rigi, Louvre) e van der Weyden dipinge San Luca ritrae la Vel'gine (Boston, Mu-
seum of Fine Arts) [figg. 5a, 5b]. Pare indubbio che uno dei due conoscesse il
quadro dell'altto. L'ambiente descritto un grande paesaggio esterno. I pochi
personaggi sono in una loggia completamente spalancata di cui entrambi dise-
gnano il pavimento come una ricca texture. Al di l delle arcate della loggia ci
sono due successivi livelli: innanzitutto una terrazza con parapetto merlato da
cui si affacciano due persone (sulla terrazza di van Eyck fiori, piante, uccelli tra
cui un pavone). In fondo il paesaggio dimostra la dimestichezza degli artisti fiam-
minghi con la miniatura: al vero i due paesaggi sono larghi intorno a 30 cm. Al
centro c' un grande fiume, pi semplice in van der Weyden, pi serpeggiante
e con un ponte fortificato in van Eyck che insiste nella minuta descrizione sul-
la sponda destra di una citt arrampicata su un colle con una cattedrale gotica
e molti campanili, sulla sponda sinistra di un pi piccolo agglomerato con una
, ..,
4a
298 PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 4a. ]an van Eyck, La Mado1111a co/Bambino, cm31 x 14, 1425 circa. Berlino, Gemiildegalen"e. Si tmtta di una pala
proveniente da 1111 polittico distrutto o disperso. La Madonna raffigurata come una n"eco dama del XV serolo: come la
Madonna ancbe l'ambiellfe li1 mi van Eyck l'ba collocata 11011 finge in nesmn modo di avere dei rapporti con quello in
cui Maria visse, ma con quello in cui allora veniva adorata: una cattedrale gotica.
fig. 4b. ]an va n Eyck, Trittico di Dresda, 1437, cm 33, l x 27,5. Dresda, Gemiildegalerie. Come nella fig. 4a, la Mado1ma
dentro una cbiesa: al centro, in trono e la cbiesa m/figurata come la cornice con baldacchino e tappett:
CAPITOLO 2 1 IL RITRATTO DELLE PERSONE: DAL PROTAGONISTA ALL'INFINITO
299
4b
..
300 PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'Il.IIBIENTE REALE
fig. 4c. Rogier van der \Veyden (1399-1464), 1-ittico dei Sette Sacramenti, 1439-1443. Anversa, Muses Royaux des
Beaux-Arts. I.: intera scena della Crocefissione rappresentata all'in temo di 1111a cattedrale a tre navate.
CAP17'0LO 2 l IL RITRATTO DELLE PERSONE, DAL PROTAGONISTA ALL'INFINITO
301
cattedrale romanica e giardini alberati.
Diversi i personaggi e la loggia: i grandi si-
gnori Rolin, la Madonna-Dama che gli sta
di fronte, l'angelo con la corona e il Bam-
bino che gioca con aurei giocattoli, anche se
simbolici. La Madonna di van der Weyden
seduta su una panca, allatta un neonato an-
cora rigido e bisognoso di essere sostenuto.
La loggia come separazione tra l'ambiente
interno ed esterno un elemento ricorren-
te sia nel ritratto di personaggi reali, sia nel-
le immagini sacre. Memling ha dipinto Ma-
donne col Bambino in loggia-trono davanti
a paesaggi larghissimi (Madonna) Bambino)
angelo) donatore) San Giorgio, 1479 circa,
Londra, National Gallery; Trittico di Vien-
na, dopo il1480, Vienna, Kunsthistorisches
Museum; Vergine e Bambino, 1485 circa,
Berlino, Gemaldegalerie) [figg. Ga) 6b].
Trenta anni dopo van Eyck, nel1465 Piero
della Francesca dipinge i ritratti dei duchi
d'Urbino- Federico II di Monte/ eltro e Bat-
tista Sforza - su due tavolette affiancate, cm
47 x 33. Nel retro dipinge i carri trionfali su
cui sfilano i due duchi [figg. 7 a) 7 b] .
Il paesaggio che Piero dipinge dietro ai du-
chi e ai trionfi lontano dal primo piano e
arriva all'infinito, finendo contro l'oriz-
zonte ed il cielo. Dietro a Federico domi-
na un grande specchio d' acqua in cui af-
fluisce un fiume; dietro Battista c' solo ter-
ra coltivata, con un castello e un torrente
sulla destra e il profilo di una citt turrita
dietro a una collina alberata.
Nei trionfi lo specchio d'acqua occupa qua-
si met del pannello con il duca e passa sen-
za soluzione di continuit nel pannello con
la duchessa. Il paesaggio lo stesso: una
pianura da cui si innalzano delle verdeg-
gianti colline, isolate una dall'altra, digra-
danti nei dettagli e nel colore verso il fon-
do all'infinito. Si tratta indubbiamente di
un territorio inventato: n intorno a Urbi-
..
302
PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 5a. Jatt va11 Eyck, La Madonna del cancelliere Roltit, 1435, cm31 x 14. Parigi, Louvre. Il piccolo dipinto
rappresmta t/Ilo loggia all'i11temo del pala:a.o del cancelliere Rolin, dove 1111a Madonna col Bambino in braccio
vie11e incoro11ata da un angelo. Dominante il disegno del pavimento sulle cui tinte si uni/orma la veste del
cancelliere in modo da lasciare risaltare solo il manto rosso della Madonna. Al di l delle arcate della loggia, in 11110
spazio ristretto (circa cm 30 al vero), va n Eyck ha dipinto 1111 fiume che separa due diverse citt e due diverse
campagne, fw a montagne accennate in fondo. La grande quantit di dettagli; sia naturali sia architettonici,
dimostra che va n Eyck si riferiva a dei modelli reali, ancbe se le proposte avanzate per individuar/i non sono mai
giunte a risultati valid1: Si noti che le due citt sono abitate: personaggi sul ponte, sulle barche, nelle pia:a.e sono
visibili a11che se al vero 11011 superano i due millimetri.
CAPITOLO 2 l EL RITRATTO DELLE PERSONE: DAL PROTAGONISTA ALL'I NFINITO
fig. 5b. Rogier va n der 1fleyden, San Luca ritrae la Vergi11e, 1435-1440 circa. Boston, Museum of Fine Arts.
La somiglianza Cancelliere Rollin di vm1 Eyck evidente: i personaggi e il tipo di
pennellata so110 m vece ossa t dwem, malgrado la conte111poraneit delle due opere.
..
303
6a
304
PARTE QUINTA l IL l'AEStiGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 6a. Hans Meml1g, (!m 1435 e 1440-1494), Triflico di \fienna, dopo 1480. Viemw, Kunslbisloriscbes Museum.
fig. 6b. HmiS Meml1g, Vergine e Bambino, 1485 circa. Berlino, Gemii!degalerie. La m!/igurazione della Madonna in
trono den/ro lilla loggia con descrizione conlempamneamenle dell'ambienle inlemo ispirato alla religione e di quello
eslemo raffigura/Ile terre abila/e e coltivate, frequenlissima nella pitlura fiamminga del Quattrocenlo.
CAPITOLO 211/. RITRATTO DELLE PERSONE: DAI. l'ROI/ICONISTr! ALL'JNF/.'1/TO
305
_,
7a
306 PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBI ENTE REALE
figg. l a, 7b. Piero della Francesca, Federico II di Montefeltro e Battista Sforw; nel retro due triou/i SII cui sfilano i
duch1; ltwolette, cm 47 x 33. Urbino, Palazzo Ducale. Nei due sportelli cou i carri trionfali il paesaggio uuitario,
mentre in quelli con i ducbi la pro.rewzione 11011 diretta, col/le se qualche centimetro fosse stato segato; il che
impossibile vista la contiuuitt del retro. Le ipotesi avanzate souo varie, ma 11011 couvilrcenti. Comunque il paesaggio
raffigurato lo stesso: 1111 grande speccbio d'acqua, llllfl pilllll'a coltivata, delle colliue quasi uguali tra di loro: l/11
fltlemggio inventato. fu vece 11011 certamente inventata la collana della duchessa, a dimostrare che il pittore- e i
committenti - sapevano benissimo dove era benvenuta la fantasia e dove il verismo era obbligato.
no, n in altre parti d'Italia (e non solo) esiste una pianura interrotta da infinite
quasi uguali colline.
Piero ha dunque inventato acque, terra e cielo, salvo forse a inserirvi il castello
e il profilo di citt ripresi da qualche caso reale. Lo sfondo in funzione dei pro-
fili e dei trionfi: l'orizzonte taglia Federico e Battista all' altezza del collo, in mo-
do che le due teste emergono contro il cielo.
Quando Piero ormai anziano (muore nel1492) sono nel pieno della loro atti-
vit due personaggi coetanei: il Perugino (1448-1523) e Leonardo (1452-1519).
Anche nei loro ritratti e composizioni i personaggi sono raffigurati davanti a lon-
tani paesaggi naturali o architettonici. Non bastano mai le sole figure umane a
determinare l' azione: questa sempre immersa in un ambiente che, anche se lon-
tano, sarebbe insopprimibile.
L'ambiente pi congeniale e pi ripetuto in tante opere del Perugino un territo-
rio delimitato dolcemente da colline ed alberi, chiuso da lontane rocce. Anche nel
CtlPlTOLO 2 / IL RITRATTO DELLE I'EI<SONE: DAL PR01t GONISTA ALI:INFJNI'l'O
.307
Perugino non c' probabilmente un riferim.ento diretto e completo a questo o quel
punto di vista, ma sempre assunta a modello la campagna del basso Appennino
umbro e toscano, dove Piero Vannucci era nato (a Citt della Pieve) e nei cui pae-
si e citt svolgeva tanta parte del suo lavoro. Dolci colline, pochi alberi, sia di gran-
de portamento sia pi piccoli, poca acqua e in genere, sulla riva, castelli o paesi (Ri-
tratto di Francesco delle Opere, Firenze, Uffizi; La visione di San Bernardo, Mona-
co, Alte Pinakothek; Compianto su Cristo morto, Firenze, Pitti). L'ambiente si com-
plica nella Crocefissione Galitzin [fig. 8] (anni '80 del XV secolo, Washington, Na-
tional Gallery); formata da tre pannelli: in quello centrale la Croce l'unico ele-
mento che si stacca sul cielo (come le teste nei ritratti delle persone). Ai lati la Ma-
donna e San Giovanni e nei pannelli San Gerolamo e la Maddalena.
Nella sua molteplice attivit, Leonardo ha inserito anche un "Trattato della
pittura" (ne conosciamo una raccolta postuma derivata da copie) in cui non
insegna solo come dipingere, ma soprattutto come vedere ci che si dipinge:
persone, piante, fondo. Il fondo "in/ra l'occhio e le montagne .. . la distanza
grande rinchiude dentro s molta aria"; occorre "porre nelle cose rimate dal-
l' occhio solamente le macchie, non terminate, ma di con/usi termini".
questo il modo in cui Leonardo vede e dipinge quelle cose lontane che ci sono
quasi sempre nelle sue opere (salvo in alcuni fondi neri di celebri ritratti). Possia-
, _,
7b
308 PARTE QUINTA l I L PAUACGIO CQ,\IE DI :'SCRiliONE DELL'ti .IIBIENTE REti LE
fig. 8. Pietro Vnuuucci dello il Pemgino (1448-1523), Croce/ issioue Gnli!ZI, t11111i '80 del XV secolo. Wlt1sbington,
Galle!)'. L'ambiente 1111ift1rio, anche .re n cn//Sn delle comici non in strelln continuazione. Qw; in tomo
t1/ Calvario, 11011 ci sono pi ricbinmi 1110 non c' 11eppure iltelltalivo di mggerire Gerusalemme,
milleciuquecel/lo a11ni prima. Tu/la la composizio11e i11izin .wl bordo inf eriore co11 1111n /asciti di prato verde sCI/l'O,
ricco e variato da erbe e da f iori, come abbiamo visto i11 /t1nle opere medievali. Le rocce t1i lati sono /rtlll/11/el/la/e e
col/torte e In vegeltlzione si inserisce n / atictl uelle /mt111re; al celi/l'O c' 1111 gol/o con delle navi, In torre di 1111
porto davanti ti/IliO citt, 1111 fiume nllravenato dn wt ponte e, pi in allo, 1111 <m/ello. Oltre n Cristo cbe coutrrlslrl
con il cielo (c alcune nuvole bwcbe sottolineai/o il braccio della Croce), c' la mnccbia rossa del maulo di Sa11
Giovani/t; esnflameu/e in COI'I'ilpollllemn del pu11to centrale e pit basso dell'orizzonte (il resto della composizione
11011 ba tinte cou/ms/allti e si prese!/la quasi mol/ocrolllo). Sembra cbe il Pemg10 abbia fatto due disegni
sovrnpposli: quello geometrico riferito alla fomiti del polittico con Cristo al celllro; quello cromatico spostato m
San GtiJVtllllli per ''ln11ciare" tlnlln mnccbin ros.rnlo sguardo mll'ambie111e. Questo COII/lllltflle prolngonisln al/n
pari delle persone.
mo vedere quali ambienti ci propone nei fondi di alcuni suoi dipinti: Il battesimo
di Cristo (Firenze, Uffizi), ];Annunciazione (Firenze, Uffizi), La Madonna cbe por-
ge il melagrana (Washington, National Gallery), La Madonna cbe porge il garofano
(/igg. 9, 9a, 9b, Monaco, Altenpinakothek), San Gerolamo (Roma, Musei Vaticani),
La Vergine delle rocce (Parigi, Louvre), La Madonna cbe allatta (San Pietroburgo,
Ermitage), La Gioconda (Parigi, Louvre), Sant'Anna, la Madonna e il Bambino (Pa-
rigi, Louvre). Salvo La Gioconda, sono tutti "ritratti" di soggetti sacri.
I fondi sono abbastanza simili, secondo le indicazioni che Leonardo ha trasferito
dai suoi quadri nel "Trattato della pittura": macchie, pennellate annebbiate, grado
CAPI TOLO 2 l IL RITRATJ O DH LE I'ERSONE: DAL I'ROTtiGONISTA ALL'INFINITO
309
di finitura molto pi approssimato che nelle persone o nei dettagli
. . m pnmo ptano.
Le eccezwm sono dovute alla rara presenza di pi piani di f
01
d . 1
l'A . . d 1' Uff' . d 1 o. come ne -
nnunczazwne eg 1 lZI, ave Leonardo allinea quattro p
1
'an
1
pt d
. . , oponen o
come un ambtente profondtssimo, che si estende all'infinito e in cui qual-
che dettaglio serve solo per aumentare col contrasto la profondit co L
G
d. 1 me ne a
tocon .a 1 senttero serpeggiante sulla sinistra.
precisione delle in prlino piano esaltata dal contrasto con un senso di
mistero che sembra donunare i fondi r}i'gg. 9a 9b] E lJU stupire dato eh 1
L d ) , e o sete n-
ztato eonar o avrebbe potuto entrare nell'analisi delle rocce e degli alberi con
competenza; ma forse proprio per questo che sapeva individuare senza
esttaztane lo specifico pittorico dell'ambiente. Questo per Antonello da Messina
nella Crocefissione Io stretto tra Sicilia e Calabria, davanti alla sua cit-
ta natale r}igg. 10, l Oa].
a ambiente esistente e volutamente riconoscibile che Antonello
pone _Cnst,o _e 1_due La scena divisa in due met orizzontalmente: la
e il con ftgure lontane dalla parte inferiore: costituita dal 'ritratto'
reale dt un terntono ben ?recisato (come anche in Piero, nell'Angelico ... ).
due momenti per guardare il quadro: non possibile con una sola
tutto. Se si guarda il cielo, non si mette a fuoco la terra e _
- se s1 si possono ignorare le tre figure al di sopra. So-
lo l due a1 IatJ sono drammaticamente agitati: sia Cristo che la Madon-
na e San Gtovanm sono ieraticamente immobili. I due dolenti anzi sono distanti
(cosa rarissima) e sono due macchie di colore st fondo monocromo
dell ambiente
3
.
fig. 9. Leounrdo da \liuci (/452-1519), La Madouun
cbe porge Li garo/ n11o, 1478-1480, cm 62 x 47.
Mounco, llltellpiunkotbek. Due piaui neflnllmlle
diJtiuli e C0/1/rastrllll!;- quello in temo domiun/o da
tmn ricca dama COli i .woi abiti e gioielli che netmcbe
li/l'aureola cerca di lms/omNne, !rtscmdo questo
compito n! bambi11o nudo. L: al! m piano lontano
/uori dalle arcale della loggia ed costitu!lo da
montag11e "non tenmiltlle, ma di cou/ttsi termini".
alla pagina seguente
/t'gg. 9a, 9b. Leouanlo da Vina; La i\tfadomltl cbe
P?rge il garofano: le montagne al di In della loggia a
Sllllstrn e a destra della Madonna col Bambtito. Nel
quadro l'nperlum delle due logge di circa CIII 15; In
larghezza lo/a/e del quadro cm 47.
310 PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
CAPITOLO 2 l IL RITRIITTO DELLE PERSONE: DAL PR01 lGONISTA ALL'INFINITO
311
l
312
PARTE QUTN1'ti l IL l'Al.iSAGGlO COME DESCRIZIONE DELL'AM/J/l;' NTE REALE
figg. 10, lOa. llntonello da Messina (1430-1479), Crocefissi01re,
1475, cm 52,5 x 42,5. Anversa, .Muses Roytmx des Beaux Arts.
Lo tavola nettamente divisa in due parti quasi uguali: in alto il
cielo con le sole figure di Crito e dei due condannati, in basso
immobili la Madonna e San Giova uni davanti allo Stretto di
M esstim cmrla Sicilia tir primo piano e la Calabria a destra in fondo.
L'assunzione di una sempre maggiore importanza da parte dell' ambiente, coin-
volge il rapporto con il personaggio. Anche molti personaggi divini vengono raf-
figurati come uomini, donne, bambini di quel momento, di quel paese. Non so-
lo negli abiti e nell'aspetto, ma anche nei simboli: scompaiono le aureole o siri-
ducono solo a un lineare sottilissimo cerchio, privo di autonomia cromatica e
che non interrompe la continuit della composizione. l'azione che i personaggi
compiono che permette di capire se la Madonna, o una santa e quale; anzi spes-
so neanche l'azione, ma il gesto, l'atteggiamento.
Negli stessi anni il rapporto tra i personaggi e l'ambiente fondamentale, anche se
in maniera diversa, per Giovanni Bellini (1432-1516): questo contrasto il vero ele-
mento della drammaticit. Nella Crocefissione del Museo Correr, Venezia (1455, cm
54,5 x 30) ffigg. 11, lla, llb], stato rilevato che i tre personaggi sono ben al di
sotto delle grandi capacit espresse nello stesso tema da Giovanni Bellini. Ma die-
tro, senza pi nessw1 riferimento a una presunta Gerusalemme o a fatti e persone
CAPITOLO 2 l IL RITRATTO DELLE PERSONE: DAL PROTAGONISTA ALL'INFINITO
313
della Passione, c' un paesaggio vastissimo e ricchissimo: una decina di persone qua
e l, due cavalli, una strada che conduce ad uno strano ponte, fiumi, isole, alberi,
colline e monti. I ragionamenti che faceva Giovanni Bellini dipingendo questi pae-
saggi erano quasi certamente del tutto autonomi, o guidati da motivi pittorici.
Se vogliamo un esempio della ricchezza e della variet con cui tra la fine del Me-
dioevo e l'inizio del Rinascimento si poneva il problema del rapporto tra il perso-
naggio ritratto e l'ambiente, possiamo guardare un quadro di un pittore quasi sco-
nosciuto, vissuto alla corte degli Estensi e perci detto Baldassarre Estense (attivo
tra il1443 e il1504) : Ritratto di giovane ffigg. 12, 12a]. Qui ci sono tutti i casi pos-
sibili della ritrattistica in un ritratto che- per ironia della storia -non sappiamo di
chi sia. n personaggio visto attraverso una finestra (che fa da cornice) e che gi
quadro: sul davanzale sono appoggiati un libro, un anello, una perla; la finestra
chiusa all'esterno da una tenda nera impreziosita da una cimasa e da fiocchi. Se la
tenda fosse chiusa il ritratto finirebbe l ed apparterrebbe appunto alla serie di bu-
_,
..
LOa
314
11
lla
PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
figg. 11, lla, llb. Giovanni Bellini (1432-1516),
Crocefissione, 1455, cm 54,5 x 30. Venezia, Museo
Corra Nel vastissimo ambiente che Bellini disegna in
questo piccolo dipinto, i tre personaggi in primo piano
sembrerebbero quasi degli intrusi se non fossero
riscattati dal rapporto con /e altre figure. Cristo
l'unico elemento della pittum che per met si proietta
sul cielo.
sti di sola figura. Ma un lembo della ten-
da - anzi tra due tende - rialzato e al
di l in uno spazio piccolissimo (cm 45
x 10 al massimo, al vero) si arriva al-
l'infinito attraverso un terreno coltiva-
to, con una strada su cui passa un cava-
liere col servo; il mare con almeno sei
navi e due isole; un castello, una citt
murata, le torri di una seconda citt; in
fondo dei monti. In alto, nei pochi cen-
timetri al di sopra della tenda, sono ac-
cennate delle nuvole.
Si direbbe quasi che questo ritratto di
una persona sconosciuta, dipinto da un
artista di cui non sappiamo quasi nul-
la, assuma per noi un valore simbolico.
Deve ritrarre un nobile signore nella
sua casa dentro cui l'artista guarda da
una finestra, subito richiusa da una ten-
llb
CAPITOLO 2 l IL RITRATTO DELLE PERSONE: DAL PROTAGONISTA ALL' INFINITO
315
12a 12
f igg. 12, 12a. Baldassarre Estense (attivo tra il 1443 e i/1504), Ritmtto di giovane, cm 51x37. Venezia, Museo
Correr. Il personaggio visto attraverso 1111a finestra: m! davanzale sono poggiati un libro, 1111 anello, 111/f/ perla; la
/inestm chiusa all'estemo da 1111a tenda di cui 1111 /embo rialzato per mostmre un paesaggio infinito.
da, alla cui ricchezza affida il compito di dirci che siamo in una agiata dimora.
Ma poi quella tenda la alza e al di l dipinge tutto un mondo, obbligando im-
mancabilmente lo spettatore a sfuggire con lo sguardo dal centro geometrico del-
la figura, dal profilo del Giovin Signore e ad andare laggi, a trovare in quel-
l' ambiente il mondo - sacro o profano non importa pi - in cui ormai vive la so-
ciet in quegli anni alla fine del XV e all'inizio del XVI secolo, quando gli stori-
ci stabiliranno poi che si deve smettere di dire Medioevo e cominciare a dire Ri-
nascimento.
Note
1
Le Biccheme di Siena- Arte e Fwnza all'alba dell'economia moderna, a cura di A. Tornei, Reta-
blo-Bolis Poligrafiche edizioni, Roma 2002.
2
Vedi p. 329.
3
M. Lucco in Antonello da Messina - !}opera completa, Silvana editoriale, 2006.
..
Capitolo 3
Il ritratto dei luoghi: Venezia) Roma
Durante la sua millenaria esistenza Venezia stata per tutti (abitanti, visitatori,
commercianti, trafficanti, artisti, poeti, dame e maschere, .. . ) un luogo unico ed
il suo nome richiama sempre in chiunque un'immagine inconfondibile e indi-
menticabile.
In questa immagine difficile dire se ci sono prima i monumenti famosi , i ca-
nali, la grande laguna, la tanta gente sulle fondamenta, la Piazza, la Piazzetta, i
ponti, le tante barche sull' acqua. Una statistica su tutta l'iconografia veneziana
sarebbe interessante perch probabilmente risulterebbe minoritario il numero
di opere d'arte (dai grandi mosaici ed olii, agli acquarelli e ai disegni; dai pri-
mi artisti bizantini agli ultimi del XX secolo) che non comprendano insieme e
necessariamente persone, barche, monumenti e acqua. Qualsiasi quadro con Ve-
nezia propone un ambiente in cui assoluto l'horror vacui, non solo perch c'
tanto e tutto, ma perch di nulla si trascura il minimo dettaglio. C' innanzi-
tutto un lavoro di analisi, come in un laboratorio in cui nessun componente pu
essere trascurato e solo dal confronto finale e completo si pu desumere quali
elementi siano i pi significativi. Anzi si direbbe che senza una precisa detta-
gliata descrizione, le cose che sono a Venezia perdano la loro specificit; di-
vengano cose qualsiasi in posti qualsiasi. Certo sar di volta in volta l' artista, se-
condo la cultura del momento, a comprendere cos' dettaglio qualificante e a
collocarlo in modo da concentrare su di esso l'intelligenza del committente o
del visitatore.
Guardiamo due tele di Canaletto (Giovanni Antonio Canal, 1697-17 68; forse il
pi noto e il pi emblematico tra i tanti grandi artisti la cui fama indissolu-
bilmente legata a Venezia) . Per esempio: Il molo e la Riva degli Schiavoni dal
bacino di San Marco (1726-28,/ig. 1) e I:ingresso al Canal Grande con la Doga-
na e la chiesa della Salute (1730,/ig. 2) . I titoli corrispondono a due soggetti ri-
petuti centinaia di volte (molte volte anche dallo stesso Canaletto) e che milio-
ni di persone al mondo riconoscono immediatamente. Non solo le barche (gon-
dole e no) sono tantissime, in navigazione od ormeggiate, ma sono piene di gen-
te e ognuno si muove a far qualcosa come in una foto istantanea di due secoli
dopo, mai "fermo in posa" . E non sono "in posa" nemmeno i monumenti fa-
mosi e le altre case: gente affacciata alle finestre, una finestra chiusa e l'altra
aperta, una tenda gi e l'altra su; e non sono vuote nemmeno le strade, le sca-
le, i ponti dove la gente passa o si affaccia, sale in corteo la scalinata della chie-
sa o resta ferma sulle fondamenta aspettando il traghetto. A questi quadri (e a
CAPITOLO J l IL RI TRATTO DEl LUOG/11: \'ENEZIA, ROMA
fi_g. 1. Canaletto (Giovanni Antonio Canal, 1697-1768), Il molo e la Riva degli Schiavoni dal Bacino di
San Marc_o, 1726- 1728, cm ~ 6 , 5 x_63. Toledo- Obio (USA), Musem11 o/ Art. Nei tanti quadri cbe ba
11110
come ob!elltvo la presentazwne dJ VenezJa e delle sue specifici/l sono zm elemellto esremJtde le bmcbe
(gondole e altre), njHese con criteri cbe saram1o poi definiti ''fotografici".
fig. 2. Canaletto, I: ingresso al Canal Gmnde con la Dogana e la cbie.m della Salute, 1730, cm 49,5 x 72,5.
Houstou (USA), Museuw ojF1e Arts. Il pzmto di maggiore attrazione ovviamente deceutmto m/ volume
npoueute della cbiesa; le altre case lungo il Canal Grande bauuo il molo di quinte per le barche e i loro
equipaggi; ripresi tutti ne//'amillnZiOIIe del lavoro.
..
317
2
318
PARTE QUINTA l IL PAES1lGGTO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
centinaia d'altri) non possiamo togliere nulla: impossibile immaginare un'o-
pera di Canaletto senza persone, o senza barche. Per sottolineare questo o quel-
l' elemento, Venezia ha insegnato ai suoi artisti un ruolo speciale della luce: le
mura delle case sono quasi sempre chiare e la base fatta di acqua riflette spes-
so pi luce di quanta non ne riceva dal cielo. Si direbbe che quello che era sta-
to fin dagli inizi l'obiettivo ' panteistico' dei pittori fiamminghi, trovi qui la sua
naturale espressione.
Questo modo veneziano di essere sempre e comunque "tutto" all'origine di
una concezione dell'ambiente che diventa dominante nel ' 600 e '700 e introdu-
ce alla fine del XVIII secolo nuovi modi di 'ritrarre' l' ambiente, anzi di sceglie-
re cosa !"ambiente' da descrivere.
Possiamo proseguire oltre Canaletto (assunto come 'prototipo'), guardando uno
dopo l' altro Bernardo Belletto e William Turner.
Quando Bernardo Belletto muore a Varsavia il 17 novembre 1780 all'et di 59
anni, Joseph Mallord William Turner ha cinque anni: nato nel cuore di Lon-
dra il 23 aprile 1775 (vivr 76 anni, fino al1851) .
Belletto era nato a Venezia. Ma vi aveva vissuto solo i primi ventisei anni, con
frequenti e lunghi viaggi a Firenze, Lucca, Roma, Torino, Milano, Lombardia,
Verona; a ventisei anni aveva lasciato l'Italia per vivere i trentatre anni successi-
vi a Dresda, Vienna, Monaco, Varsavia.
Eppure Belletto considerato un pittore assolutamente veneziano e il fatto che
abbia vissuto la maggior parte della sua vita artistica lontano da San Marco di
solito presentato come un elemento che non modific pi di tanto la sua ap-
partenenza alla scuola veneziana (a cui era notoriamente legato anche perch ni-
pote da parte di madre di Canaletto, nel cui studio cominci a dipingere) . Era
evidentemente quel modo 'veneziano' di vedere le cose che era considerato va-
lido nelle corti europee ed era cos che le grandi famiglie regnanti volevano ve-
dere ritratte le loro capitali, le loro fortezze, i loro parchi, i loro cortigiani, i lo-
ro sudditi.
Del resto gi a Venezia Belletto aveva dipinto la sua citt natale in modo diverso
da quello dello zio e degli altri tradizionali artisti della scuola veneziana. Il dise-
gno, la prospettiva, la pennellata sono quelli; spesso, ma non sempre, anche il ta-
glio prospettico tradizionale. Ma la gerarchia tra i vari componenti del quadro
che sembra diversa (e che forse ha spinto Belletto a cercare soggetti nella campa-
gna lombarda o a Roma). Le opere di Canaletto sono dei "paesaggi"; quelle di Bel-
lotto dei "ritratti" (anche se non ha mai dipinto ritratti tradizionali di persone). I
soggetti dei "ritratti" di Belletto sono i luoghi davanti a cui colloca il cavalletto o
che disegna nei taccuini per poi svilupparli in studio (magari anche molti anni do-
po): tutti gli elementi che vi sono raffigurati hanno quasi la stessa importanza gio-
cando sulle proporzioni tra le varie architetture e tra queste e gli spazi vuoti e con
le varie e tante figure, mai solo decorative e casuali e sempre in rapporto pro-
spettico reale tra di loro e la composizione. Si potrebbe sostenere che la prospet-
tiva di interi grandi quadri di Belletto affidata ai personaggi e sono questi che
impongono il ruolo quasi di quinta scenica ai palazzi, ai canali, alle fortezze ecc.
CAPITOLO J l IL RITRATfO DEl Ll!OGIII: l' ENEZIA, ROM!\
fig. 3. Canaletto, La Pia:aetta verso la
Torre dell'Orologio fra la Libreria e il
Palazzo Ducale, 1743, cm58,5 x 94.
Londm, Collezioni reali del Castello
diWinds01:
fig. 4. Bem(//do Bello/lo (1722-1780),
La Pia:aetta, dal Molo, ve1:w Piazza
San Marco, 1740-42, cm 151 x 122.
Otlawa, Nat ional Galle1y o/ Canada.
Canaletto e Be/lotto banno dipinto
questi due quadri quasi alla stessa om:
dopo me:aogiomo, d'estate.
Le ombre di Canaletto sono 1111 po'
p corte rispetto a quelle di Bellouo;
Canale/lo ha dipinto prna, Be/lotto
p verso sera.
319
..
, ...,
320
PARTE QUINTA / IL 1'AESAGG10 COME DESCRIZIONI; DELL'AMBIENTE REALE
fig. 5. Bemardo Bello/lo, Dresda dalla riva destra dell'Elba a monte del ponte di Augusto, 1747, cm 132 x . .
Dresda, Gemii/dega/erie Alte Meiste1: Bello/lo ba dip1to IIUJ/terose volte questo sagge/lo dallo stesso punto tb vtsta
coli pochissime variazioni uell'iuquadratum e i11vece con cambiamenti nel primo piallo e 11elle perso/le: barcata/i,
/avmulaia che stende, il pillore cbe dipinge, carri, mucche, giochi d'acqua ecc.
Molti artisti nel XVIII secolo erano concentrati su questo aspetto e si potreb-
bero allineare centinaia di dipinti (soprat tutto inglesi, e Canaletto oper a lun-
go in Inghilterra) con la stessa tematica di Bellotto, e forse la fortuna europea di
questi derivava proprio dal suo essere dentro al "mercato" di quei decenni.
Si pu guardare un suo quadro cominciando (e finendo) con le figure; sono tan-
tissime e nessuna l per caso. Chiacchierano, si incontrano, lavorano, vendono
e comprano, passeggiano, giocano, attraversano la scena in carrozza, stendono i
panni, pascolano pecore e mucche: il resto quasi la scena che serve a contene-
re la loro presenza e la loro recita. Provate a togliere le persone da un quadro di
Bellotto: diventa incredibilmente banale. Certo corretto nella prospettiva, per-
fetto nell'esecuzione, fedele nella riproduzione dei dettagli, ma quasi una carto-
lina scontata.
Confronti amo due quadri quasi uguali di Canaletto e di Bellotto (non per un
confronto di 'qualit' che evidentemente non ha senso): La Piazzetta verso la
Torre dell'Orologio /l'a la Libreria e il Palazzo Ducale (1743, fig. 3) e La Piaz-
zetta dal molo, verso piazza San Marco (1740-42,/ig. 4).
In Canaletto t roviamo da destra il Palazzo Ducale, l'angolo di San Marco, la
Torre dell' Orologio, la prima parte delle Procuratie vecchie, il campanile, la Li-
breria, la colonna con San Marco. Bellotto si spostato in modo da 'stringere'
la Piazzetta, avvicinando la colonna con San Marco a sinistra per chiudere il
quadro; inoltre ha tolto completamente la chiesa di San Marco e ridotto a un
solo spigolo la Torre dell'Orologio; sotto al campanile ha messo in evidenza la
CAPITOLO 3 / IL RJTJ{ATTO DEl LUOGHI: I' ENEZ/;1, ROM/l
321
fig. 6. Bemardo Be/lotto, La piazza del MerCtlto Nuovo di Dresda vista dallo ]udenbof, circa 1749, cm 136 x 237.
Dresda, Gemiildegaletie Alte Meiste1: Sull'asse ceutmle della gmude conrposizione ci sono contempor,meameute i
protagonisti del "campo luugo" (la Frauenkircbe) e del "campo medio" (la carrozza contm tiro a sei e scorta). l /
bordo iu/eriore l'ombra degli alberi situati dietro al piltore: tllli!Jodo quasi unico di mettere in sceua tuili i
quatlro lati del soggetto e di /ar risaltare nella luce solo due dei tre lati rappreseutati.
loggetta, illuminata dal sole, mentre la facciata della Libreria in ombra (in Ca-
naletto anche la loggetta e la base del campanile scomparivano nell'ombra); ha
diminuito le tende illuminate dal sole delle Procuratie ed ha esaltato i portici
scuri al pianterreno. Infine in Canaletto il campanile altissimo, il Palazzo Du-
cale un po' meno e la colonna ancora meno, ma in pieno sole contro la gran-
de ombra della Libreria. In BeJlotto la colonna, il campanile e l'angolo del pa-
lazzo sono alti uguali (ed forse una forzatura prospettica, mentre Canaletto
aveva forzato al contrario allargando la Piazzetta) . Le persone presenti nei due
sono quasi nello stesso numero, ma in Bellotto hanno un rapporto tra
dt loro e con lo spazio, una luce, una disposizione per cui sembra che tutta la
Piazzetta sia fatta per loro. Dalla loggia del palazzo Ducale con grande fedelt
entrambi hanno disegnato un paranco con una carrucola, che era l evidente-
mente per qualche lavoro; ma in Canaletto si perde sul fondo di San Marco co-
me a nascondersi; in Bellotto ha come sfondo il cielo, e visto che c' merita an-
che lui il ruolo di protagonista.
Nei "ritratti " delle capitali europee che Bellotto dipinge negli anni della matu-
rit (Dresda, Vienna, Monaco, Varsavia), la gerarchia tra i vari elementi sembra
Gi a Venezia abbiamo visto che i monumenti potevano allontanar-
si prospetticamente per liberare dei 'vuoti' per la gente e le gondole e alla fine
proporre tutto alla pari, contemporaneamente e indissolubilmente. A Dresda pa-
re addi rittura che BeJlotto sia indifferente a ci che il suo pennello sta coloran-
do: sar chi guarda il quadro a decidere se il titolo il nome del palazzo nel-
,
322
l'ARTE QUI NTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZ/01 E DELL'AMBIENTE REALE
fig. 7. Canale/lo, Capriccio con cbiesa gotica e laguna, 1720-1721 circa, CIII 118,3 x 147,6. Vicenza, collezione
Banca lntesa.
l'angolo a sinistra, o il fiume animato quasi solo dai riflessi, o lunga ge?metria
del ponte, o la riva con una alta staccionata, o la poca gente pero a fare
lavori importanti e per giunta proprio in primo piano (una sentmella, una la-
vandaia che stende i panni, due muratori che costruiscono un muro, un carro
con due cavalli o magari il pittore che dipinge): Dresda dalla riva destra dell'El-
ba (varie edizioni 1747-1748; qui riprodotta quella alla Gemaldegalerie Alte Mei-
ster, Dresda, cm 132 x 236, fig. 5).
La Piazza del Mercato Nuovo di Dresda (due edizioni differenti solo per l ' ac-
centuazione cromatica, Dresda, Gemaldegalerie Alte Meister [fig. 6], e San
Pietroburgo, Ermitage (1749-52, cm 134,5 x 236,5; anche riprodotto in ac-
quaforte) ha indubbiamente al centro la cupola della ma la com-
posizione del quadro impostata su una diagonale che tagha tutta la scena
cominciando dalla strada in fondo a destra e proseguendo al centro con la
sontuosa carrozza tirata da sei cavalli e sottolineata per essere l'unico elemento
che proietta una decisa ombra; l a prospettiva data dalle case ai lati che so-
no solo delle quinte e i punti di vista (del pittore o di chi guarda) sono ben
pi di uno.
Poi ci sono i "Capricci": in totale contrasto con la ricerca esatta della realt Ca-
CAPITOLO 3 l IL RITRATTO DEl LUOGHI: VENI.:ZJA, ROM1L 323
fig. 8. Bernardo Bellotto, Capriccio C0/1 1111 arco di trionfo in rovina sulla riva della laguna, 1742-1743, CIII 40,5 x 49.
Asolo, lvfuseo Civico.
naletto, Bellotto e altri dipingevano grandi e dettagliate composizioni in cui mon-
tavano fantasiosamente pezzi reali ripresi di qua e di l o si inventavano del tut-
to cose e persone. Ci sono "Capricci" formati con elementi di Venezia (Cana-
letto, Capriccio con chiesa gotica e laguna, 1720-1721,./i"g. 7), con monumenti-ru-
dere di Roma (Bellotto, Capriccio con arco di trionfo in rovina sul bordo della la-
guna, 1742-1743,/ig. 8), con personaggi e architetture delle corti europee (Bel-
lotto, Capriccio con palazzo, cortilz: loggia, scalinata, 1762, fig. 9).
Questo importante e singolare capitolo della pittura veneziana del XVII-XVIII
secolo sembrerebbe avere come origine delle immagini, o dei pezzi di immagi-
ni, prese nei quaderni di appunti con cui i pittori andavano in giro, e rimaste
inutilizzate; riprese dopo e rimontate per divertimento (per "capriccio" appun-
to) e per mostrare che quella realt che sapevano dipingere cos bene, se non ci
fosse stata, Canaletto e Bellotto sarebbero stati capaci di inventarla loro e anzi
di proporre ai ricchi committenti europei fantasie di architetture, parchi, scali-
nate, fontane, portici e- perch no - anche principi, dame, ambasciatori, corti-
giani, generali, sudditi in cui il loro gusto (non sempre ottimo!) poteva trovarsi
ancora pi a suo agio che nella realt vera delle cose e della gente. I "Capricci"
possono essere considerati come la proposta di un mondo ideale, avanzata ad
..
, ..,
324
PARTE QUJNTA l IL PAESAGGIO COM/i DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 9. Bemardo Be/lotto, Capriccio di palazzo cou cortili; loggit1 e scalinata, 1762, cm 76 x 110. Amburgo
Hamburger Kunstballe. I "capricci" sono 1111 genere di pittura cbe ebbe gmnde f ortuna uel Settecento: erano fomJati
con pezzi realmente esistenti e f edelmente riprodotti; raccolti dal pittore 1111 po' dappertutto (Roma cou i ruderi e
\lenezit1 con l'acqua erauo tm i luogbi preferiti) e moutati iu modo faulasiom.
una Europa che proprio in quegli anni viveva le contraddizioni dell'Illuminismo
pre-rivoluzionario. Voltaire era nato nel1694 (tre anni prima di Canaletto e ven-
ticinque prima di Bellotto) e muore nel 1778 (dieci anni dopo Canaletto e due
anni prima di Bellotto) . O possono essere considerati anche come un invito al
"neo-classsico", come finale del "gran-barocco".
Certo non era interessato a questi eventuali 'inviti' il pittore ingleseJoseph Mal-
lord William Turner (1775-1851)
1
. Le guerre napoleoniche gli impediscono di
effettuate il primo viaggio in Italia prima del1819, quando aveva gi quaranta-
quattro anni (ptima in Europa aveva fatto due brevi viaggi: nel 1802 in Francia
e Svizzera e nel1817 in Belgio, Olanda e sul Reno con sosta a Waterloo). Sar
ancora a lungo in Italia nel1828-29 e nel1835: in quest'anno dopo Venezia va
a Vienna e Dresda, per cui conosce le opere di Bellotto. Certamente per lo in-
teress di pi la Farbenlebre ("Teoria dei colori" 1809-1810) di Johann Wolf-
gang Goethe (1749-1832), che studi nella traduzione inglese di Charles Lock
Eastlake, 1840-1843. Turner aveva sessantotto anni e tutta la sua opera poteva
essere assunta come dimostrazione del valore assoluto del colore, unico e vero
elemento che rivela la natura delle cose e del mondo, attraverso il principio di
base fondamentale che la luce.
CAPI TOLO 3 l IL RI TRATTO DE/ LUOGHI: VENEZI A, ROMA 325
Anche Turner va a Venezia: pi volte e a lungo, alloggiando all 'Hotel Europa
da cui dipinge tetti e campanili e addirittura la sua stessa stanza. Non stupisce
che a Venezia, Turner in centinaia di disegni e quadri si sia quasi ubriacato di
luce e, attraverso questa, di colore. Se sfogliamo gli album veneziani vediamo
che all'incirca nell'SO% dei disegni e dei quadri c' la gondola (e il restante
20% fatto di tetti, di campielli, di calli dove proprio una gondola non pote-
va passare). La gondola con la sua sagoma particolare, una pennellata nera.
Turner non insiste quasi mai sulle decorazioni di prua e di poppa: la gondola
la sagoma dello scafo con la linea traversa del remo in spinta e con la pen-
nellata del gondoliere che lo regge ffigg. 10, 11]. Questa lunga macchia nera
basta da sola a dire che la luce quella di Venezia; il resto (grandi monumen-
ti compresi) ridotto a una sagoma per inquadrare e dividere i colori. E pro-
prio l'unico colore su cui Turner non pu scherzare quel nero: opposto a tut-
to il resto, quasi ad azzerare altri richiami cromatici. Certo anche in infiniti
quadri di infiniti altri pittori ci sono le gondole e sono nere: ma il nero uno
dei tanti colori, non come in Turner il loro punto di riferimento, esterno alla
tavolozza. I riflessi sull'acqua non hanno senso senza quel riferimento; le mas-
se dei palazzi sono il loro sfondo sfumato (Turner aveva letto Leonardo? cer-
to aveva letto Goethe - vedi fig. 21 ).
Se la lettura di Goethe (e forse dell'analogo trattato Uber das Seben und die Far-
ben, "La vista e i colori", di Arthur Schopenhauer, 1816) interessa Turner ormai
anziano, i disegni di Alexander Cozens (1716-1786), di suo figlio John Robert
(1752-1797), di Francis Towne (1740-1816), di tanti acquarellisti e paesaggisti
inglesi avevano certamente fatto parte della sua formazione giovanile; cos come
i dipinti del suo coetaneo John Constable (1776-1837).
L'approccio dei t an ti pittori inglesi parte da una esattezza confrontabile con quel-
la veneziana. Ma si direbbe che questo attento esame della realt restava (a ma-
tita o ad acquerello) sugli sketcb-book che accompagnavano sempre i loro viag-
gi ed avevano ovviamente un formato tascabile. In studio, dalle loro pagine ri-
prendevano spesso, come riferimento quasi simbolico, un solo elemento attorno
a cui l' artista abbandonava il metodo analitico e dimostrava la capacit e la for-
za della sintesi: sintesi di colore, sintesi di luce.
Anche per Turner, Venezia non un caso isolato: la lezione studiata sul Canal
Grande valida a Roma. Confrontiamo il disegno che Turner fa nell819 dal-
la Villa Barberini (oggi scomparsa) verso piazza San Pietro (matita, Rome: C. Stu-
dies - 7, mm 231 x 3 72, fig. 12) con il quadro ad acquarello e tempera dello
stesso formato (Rome: C. Studies - 21, fig. 13), probabilmente fatto la sera o
nei giorni successivi in albergo, o al ritorno in Inghilterra. Il disegno di una
precisione eccezionale: dall' anfora e dagli ornamenti del giardino in primo pia-
no, fino alla cupola e ai palazzi in fondo, con l 'inserimento del colonnato di
Bernini (e dell 'obelisco) ; Turner ha segnato una per una tutte le finestre, le co-
lonne, le logge ecc. (forse con l'ausilio di una camera ottica? o solo con l'au-
silio del suo occhio?).
Nel quadro, Turner introduce una scelta differente: la composizione divisa
326
PilRTE QUIN1il l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
IO
11
fig. 10. ]osepb Mallord \'(/i/liam Tumer (I 7751851). Foce del Canal Grande co11 la scalinata di Santa Maria
della Sal/Ile (1833 o 1840). Londra, Tale Gal! el)' Tumer /o centinaia di diiegni e quadri o Venezia, nei suoi vari
soggiomi. La gondola con lo suo si11golare e be11 nota sagoma uno pennellata 11era: quasi sempre la pii /orte e
centrale del dipinto.
fig. 11. ]osepb \'(/il/iam1imlel; Tempesta a Venezia (1840). Londra, Tbe Britisb Museum.
Clll'ITOLO 3 l IL RITRATTO DEI LUOGHI: I'ENEZ/A, ROMA
/igg. 12, 13. ]osepb \'(!illiam Tu n Stili Pietro da Villa Barberini. 'Jm1er ba fatto mi posto il disegno a
ma t ila; poi lo ba n'elaborato ad acquarello e tempera (entrambi a Londra, Tote Gollel:l'). Nel quadro, 1i1mer
introduce uno scelta di/ferente: lo composizione diviso in due parti. La \lilla Barberini stacca/a in avanli e
trasformata in 1111a terrazza per differellziarla dal co111plesso \lalicallo, allo11tana1o in seco11do piano. Dal diseg11o
ripre11de l'ali/ora e un riccio arcbitetlo11ico e ci aggiunge due alberi, due preti e UJI ragazzo. La luce ge11era 11110
marcata ombra p01tata dall'an/ora cbe corrispo11de al limite della villa e ;-tacca il primo piano da quello cbe
dovrebbe essere il vero centro del quadro: San Pieflo. Invece fa cupola, i palazzi, la piazza milo allontanati sia
cambiando la scafa rispetlo al di;-egno, sia ol/utelldo colori e luci.
..
327
12
13

328
PARTE QUI NTA l I L PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBTENTE REALE
in due parti. La Villa Barberini staccata in avanti e trasformata in una ter-
razza per differenziarla dal complesso Vaticano, allontanato in secondo piano.
Dal disegno riprende l'anfora e un riccio architettonico e aggiunge due albe-
ri, due preti e un ragazzo. La luce genera una marcata ombra portata dall'an-
fora che corrisponde al limite della villa e stacca il primo piano da quello che
dovrebbe essere il vero centro del quadro: San Pietro. Invece la cupola, i pa-
lazzi, la piazza sono allontanati, sia cambiando la scala rispetto al disegno, sia
attutendo colori e luci.
Da almeno tre secoli prima di Turner, per molti pittori Roma era stato un sog-
getto privilegiato: la nuova citt che avevano cominciato a costruire Bramante e
Michelangelo, e l'antica: ridotta a rudere e trasformata dalle vicende- storiche
e locali - di tanti secoli.
Nel1452 tra gli altri episodi delle storie di San Francesco, Benozzo Gozzoli nel-
l'abside della chiesa di San Francesco a Montefalco dipinge un episodio assai ra-
ro: l'incontro di San Francesco e San Domenico, accompagnati ognuno da un
frate del rispettivo ordine. L'incontro avviene a Roma, davanti a San Pietro: la
basilica ancora quella costantiniana trasformata nei secoli del medioevo, sen-
za la piazza berniniana, tra altissimi stereotipati palazzi, con l'obelisco ancora di
lato dove era fin dai tempi dell'impero. Roma non l' unico soggetto: la parte si-
nistra dell'affresco il panorama umbro che si vede da Montefalco con in fon-
do Assisi, come a sottolineare che l'importanza di questo luogo e del suo santo
alla pari con quella di Roma [fig. 14].
Un secolo dopo, tra il1532 e il1536, a Roma Maarten van Heemskerk (Heem-
skerk 1498 - Haarlem 1574). in quegli anni che Carlo V arriva come trionfa-
tore nella citt che sta riorganizzandosi tra le rovine antiche e quelle del Sacco
operato dalle milizie dello stesso Carlo V nel 1527.
Van Heemskerk a San Pietro trova un cantiere disordinatissimo e i suoi disegni
(dall'interno e dall'esterno) sono una testimonianza dei cantieri del Vaticano tra
Riforma e Controriforma, tra i Medici e i Farnese.
Durante tutto il Cinquecento, la basilica di San Pietro si present ai pellegrini
come un immane cantiere (e divenne appunto proverbiale come esempio delle
cose che non finiscono mai). Era stata costruita tra il 324 e il 349: una basilica
a cinque navate, preceduta da un cortile porticato. Dopo pi di mille anni Ni-
col V (1447-1455) ne decise la demolizione. Bernardo Rossellino cominci a
demolire e ricostruire dall'abside (1452-1455). Interrotte per mezzo secolo, de-
molizioni-ricostruzioni ripresero con Giulio II (1503-1513): Bramante inizi i la-
vori nel1506 e li condusse avanti fino alla morte nel 1513. Poi si succedettero
Raffaello, Giuliano da Sangallo, Baldassarre Peruzzi, Michelangelo, Vignola, Pir-
ro Ligorio, Giacomo della Porta, Domenico Fontana, Carlo Maderno: il progetto
e il cantiere passarono molte volte dalla croce greca alla croce latina, incorpo-
rando e adattando quanto gi costruito dalla met del XV secolo e continuando
a distruggere ogni muro precedente. Infine nel1626 Urbano VIII (1623-1644)
consacrava la nuova basilica, ponendo fine dopo centosettantaquattro anni al
15
CAPITOLO J l TL RTTRATTO DE/ LUOGI II: VENEZIA, ROMA
, ,/t+\
r' 'r l
l l . .., ,..
l
329
fig. 14. Beuozzo Gozzo/i,
incontro di San Francesco e
San Domenico, 1452.
Montefalco, San Francesco,
llbside. V1contro avviene
davanti a San Pietro a Roma: si
vede il porticato e la facciata
medievali t m altissimi
!mtag1ari r.:obelisco
ancora al suo posto original'io
tlltlto della basilica: verr
spostato dumute il pontificato
di Siffo \1 e diventer il centro
delta successiva ellittica piazza
di Bem1i. A sinistm la veduta
del Subasio e di Assisi da
Montefalco.
fig. 15. Marteen vau
Heemskerk (1498-1574), La
piaZZi! prima del trasporto
dell' obelisco (Sisto
Domenico Fontana, 1586) e
dello costmzione della piazza e
del porticato di Bemini (1656-
1657). La veduta presa dalla
fine di Borgo Nuovo (via
Alexandniltl, via Ree/a) aperto
da Alessandro \f/ Borgio
(/ 492-1503) per il Giubileo
del 1500. il B01go Nuovo em
in asse conzl p01tale d'iugresso
ai Palazzi \fatiami e fu l'asse
cbe obblig lui/e le
fmsformazioni successive,
compreso il colonnato di
Bermi1i. Il .l'inistra si vede la
facciata della basilica
costantiniani/ e il campanile
romanico. Il disegno 11011
completo: dietm alla facciata
va n Heemskerk 11011 ba
disegnalo la 111/ova basilica in
costmzione di w i c'erano gi
gli arcoui di sostegno del
tamburo della cupola.
cantiere. Non c'era la piazza che Bernini costruir nel1656-1657, con lo stesso
ruolo che nella costruzione precedente aveva il cortile porticato, adesso incluso
nella nuova grande basilica.
Van Heemskerk disegna tra l'altro l' arrivo a San Pietro uscendo da Borgo Nuo-
vo, allineato con il portale d'entrata ai Palazzi Vaticani (su cui anche Bernini do-
vr allineare il porticato); a sinistra il loggiato- come nell' affresco di Benozzo-
e pi arretrata la vecchia facciata e il vecchio campanile [/t'g. 15]
2

Un altro soggetto di grande interesse per gli artisti inglesi (e d' Oltralpe in ge-
, ..,
330
PARTE QUINTA l /L Pi!ESAGG/0 COME DESCRIZI ONE DELL'AMBI ENTE RHAW
fig. 16. Francis Towne
(1739-1816), La valle sotto
Civita Castellana, 1781,
cm15,7 x 21,2, collezione
privata. Le pocbe persone
dipinte sono ww prese11zn
seconda riti. Il dip1to ba
come soggetto le rocce, la
vegetazione e l'ombra in
pnino piallo.
nere) la traversata delle Alpi che testimonia forse ancora pi di altre opere il
loro ruolo di inventori di un nuovo significato della parola 'ambiente'.
John Robert Cozens attraversa le montagne svizzere nel1776. Pochi anni dopo
(1780- 1781) attravers la Svizzera Francis Towne, diretto a Roma. Passeggiando
per la campagna romana nel 1781 Francis Towne dipinge ad acquarello i bur-
roni sotto Civita Castellana [fig. 16] e nel gioco delle rocce, degli alberi, dei co-
lori autunnali, delle nuvole bianche aveva dato a tutto lo stesso valore e propo-
sto un ambiente totale.
Nel ritorno percorre il Lago di Como [fgg. 17, 18]: il modo di vedere deci-
samente cambiato e la ricerca di una nuova cultura del rapporto tra natura, so-
ciet, scienza (vedi i testi di De Saussure, parte VI), provoca la necessit di ap-
profondite analisi e di un conseguente diverso slancio verso la sintesi che ne
consegue.
interessante leggere i titoli di tanti dipinti di Turner: come gi nei secoli pre-
cedenti avevano fatto spesso i fiamminghi, un piccolo episodio, magari in un
angolo, che d il titolo sontuoso all'opera: Sant'Ugo invoca la vendetta sul pa-
store di CourmayeUJ; in Val d'Aosta (1803 ): in basso mucche, abbeveratoio, con-
tadina, il frate, il pastore; dietro campeggia il Monte Bianco col ghiacciaio [f'g.
19]; Annibale e il suo ese1cito attraversano le Alpi (1812, Londra, Tate Britain);
dalla gloriosa storia antica si pu passare alla cronaca, altrettanto tragica: Mer-
canti di schiavi che gettano in mare morti e moribondi (1840, Boston, Museum
of Fine Arts: macchie nere su un mare rosso) o risalire all'antica Bibbia, dove
i riferimenti alla Farbenlehre di Goethe diventano La sera del diluvio, Il matti-
no dopo il diluvio: Mos scrive la Genesi (1843, figg. 20, 21), in cui una enor-
me luce bianca indica che pochi segni secondari corrispondono a grandi av-
venimenti.
Occorrono solo colore, luci e ombre per inventare l'ambiente degli avvenimen-
CAPJJ'OLO 3 l /L J</TlvlTTO DEl LUOGHI: VENEZIA, ROM;l
fig. 17. Francis Towne, Il
Lt1go di Como verso il
111011/e Lelloni (Legnone),
1781, /11111 160 x 210.
Parigi, Muse du Louvre,
Dparlement de.r Art.\'
Gmpbiques. All'estremit
sellenlrionale del Lago di
Como, nella baia presso
Colico (Iii fondo).
fig. 18. Fmncis Towne, Le
Rve, 1781, disegno, mm
156 x 212. Londm, Tale
GalleiJ' Ilt1iolo potrebbe
essere "Un sogno" seri/lo in
francese con l'accento
sbagliato, oppure la
trascrizione sbagliata
dall'italiano "Riva" cbe
potrebbe riferirsi alta costa
o a qualche localit.
Comunque situno
all'estremitt .l'el/entrionale
del Lago di Como e il paese
i11 fo11do dovrebbe essere
Colico. I.;orogmfia e la
geologia sembrano l'unico
intel'esse di Townc 1
questo disegno: da loro
derivano forme e colori.
331
ti scelti da Turner, quasi sempre originati da grandi tragedie o che trasformano
in tragica l'atmosfera di fatti pi consueti. Ma non pochi quadri e molti disegni
degli sketch-book ci fanno conoscere un disegnatore precisissimo che proprio di
questa precisione aveva fatto la base per l'invenzione di quell'ambiente che per
lui solo luce e colore raffiguravano pienamente.
Turner fu un grande paesaggista proprio perch seppe rappresentare il passag-
gio dal paesaggio all'ambiente: si potrebbe sostenere che con Turner finisce il
paesaggio, come categoria autonoma della pittura.
17
18
332
PARTE QUINTA l l L PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
fig. 19. ]oseph Malford l'(Til!iam Tzmw; Sant'Ugo invoca la vendetta sul pastore di Courmayer in Val d'Aosta, 1803,
cm 67,6 x 106. Londra, Soane's i\lfusetllfl. Il Monte Bianco campeggia sopra il santo, il pastore, due comadine, le
mucche, t'abbeveratoio (vedi anche p. 276).
Note
1
Tumer, Rizzoli-Skira, 2004; f.M. w: Turner, vol . "Gravures" - vol. "Aquarelles et dessins du Legs
Turner", Ville de Charleroi 1994; C. Powell, Turner in tbe South, Yale University Press, New Ha-
ven & London 1987; Turner et !es Alpes, Fondation Gianadda Martigny, 1999; f.M. W Tun1e1; Le
Mont-Blanc et la Valle d'Aoste, LG.E. Musumed 2000; Venise, Aquarelles de Tumer, BibL de I'I-
mage 1995; Turner and Venice, Electa 2003-2004, ed. it.; Tumer e Constable, Leonardo Arte Mi-
lano, 1999; W. Hauptman, I: age d'or de l'aquarelle anglaise, Fondation de l'Ermitage Lausanne,
1999; De Turner Cameron - Gmveurs anglais des XIXe et xxe sicles, cat. Muse d'art et d'hi-
stoire, Ginevra 1989.
2
I disegni di Marteen van Heemskerk sono conservati quasi tutti nel Kupfestichkabinett, Berlino;
C. Hulsen- H. Egger, Die Romischen Skizzenbucber von Marteen van Heemskerk, Berlino 1913-
1916; H. Egger, Romische Veduten, Vienna 1931; M. van Heemskerk, Inventio Urbis, a cura di E.
Filippi, Berenice Milano 1990; N. Dacos, Quanta Roma /uit, Donzelli ed, Roma 1995.
La prima edizione della guida di Roma del TCI (1925) cos commentava l'arrivo a San Pietro
[fig. 15]: "La repubblica romana di Mazzini (1849) si proponeva di abbattere le case tra Borgo Nuo-
vo e il Veccbio, per aprire un ampio viale di accesso, degno della piazza impareggiabile di San Pietro,
ma privo, a giudizio di molti, di quel significato intimo che pure una sopmvvivente bellezza delle
antiche citt".
CAPITOLO 3 l IL RITRATTO DEI LUOGHI: \ 'ENEZIA, ROMA
/ig. 20. Joseph Ma/ford
1Villiam Tume1; Ombre e
tenebre: La sera del Diluvio,
1843, Cl/l 78,5 x 78.
1Vasbington, National
Galle!)' o/ Art (/u dipinto in
coppia con la succeSJiva fig.
21, adottando 1111 formato
quadrato). I: Arca in basso
appare COllie una tenda con
l!II bivacco; l'onda a destm e
lo stormo di uccelli in alto
verso sinistra SO/IO 1111
complemento all'ambiente
determinato interamente
dalla luce.
fig. 21. ]osepb Ma/101-d
1Vtlliam Tztmer, Luce e
colore (La teoria di Goetbe).
Ilmattw dopo il Diluvio,
Mos saive Il libro della
Gmes1; 1843, cm 78,5 x
78,5. Londra, Tate Gallery.
Tztmer conosceva la
Farbenlebre di Goetbe nella
tmduzione inglese di C.L.
Eastlake pubblicata tm Il
1840 e il1843; quindi
proprio prima di questi due
qua1M ]ohn Ruskin ne
aveva compreso l'importanza
nella stona del colore (ancbe
se non ne e m entusiasta):
"Innovazioni cos audaci e
cos diverse noJI potevano
essere introdotte senza t/11
corrispondente pericolo: le
difficolt insite nella maniem
(di Tztmer) em110 pit grandi
di quallfo qualsiasi intelletto
lfllla!IO potesse interamente
superare."
333
,,
Capitolo 4
I: ambiente come 'impressione):
dalla Grenouillre alla Gare Saint-Lazare
"La sua finestra si affacciava su un cortile stretto e buio, quasi un per le puz-.
ze delle cucine povere. Alz gli occhi verso il piccolo quadrato dt ctelo che apparzva tra t
tetti e vide un frammento di blu terso, gi pieno di sole, attraversato continuamente dal
volo delle rondini che si poteva seguire per un solo secondo. Pens che da lass le rondini
dovevano vedere la campagna lontana, il verde dei boscbz: spaziare su tutto l orizzonte"
1

"Svegliandomi una mattina, vidi dalla mia finestra, al di sopra la gran-
de tenda blu del cielo inondata dal sole. I canarini nelle gabbze alle /mestre cmguettavano
a squarciagola; le cameriere cantavano a ogni piano; un rumore allegro saliva
e io usciz: lo spirito allegro, per andare chiss dove ... Senza sapere n come, ne perche ar-
rivai alle rive della Senna"
2

La Senna: una meta, un riferimento, un desiderio, quasi una necessit per la Pa-
rigi del II Impero e della III Repubblica, lungo tutta_ la, seconda del
secolo, per la ormai matura societ borghese della cttta moderna: e 11 tema dt
centinaia di racconti e novelle di Guy de Maupassant.
"Avevo nel cuore una gmnde passione, una passione divorante, irresistibile :il fiume. Quan-
te volte ho avuto voglia di scrivere un piccolo libro, intitolato "Sulla Senna" per racconta-
re questa di forza e dz: di e di di festa /orte e
sa .. . La mza grande, la mta sola, la mta totale passtone. pe1 dtect an m, fu la Senna .
Maupassant (1850-1893) era di poco pi giovane della degli
sionisti salvo Pissarro (nato nel 1830) e Manet (nel1832) gh altn erano natl nel
dieci prima di Maupassant: Sisley nel1839, Monet nel 1840, Renoir nel 1841.
Sono gli anni in cui - come vedremo- Balzac e Stendahl, i maestri della gene-
razione precedente, discutono sull'ambiente. Anticipando quello che per
e Renoir e Maupassant e tanti altri, sar la scena fondamentale dei loro quadn,
dei loro racconti e romanzi.
"La Senna la principale arteria del paesaggio francese moderno"
4
-
Monet vivr sulle rive della Senna a Vtheuil, a Bougival, ad Argenteuil, a Gi-
vern y [fig. 1] .
Una localit ricorre pi volte e il suo nome diventato quasi un simbolo: la G1'e-
1touillre. li nome significa un luogo abitato dalle rane, ma usato solo come to-
ponimo di un galleggiante sul fiume, variamente descritto. Si trovava sulla riva
della piccola isola di Croissy: una vecchia chiatta era stata dipinta di verde e di
bianco, con un balcone di affaccio. All'interno c'era una sala caff-ristorante e
CAPITOLO 4 l L'AMBIENJE COME 'IMPRESSIONE': DALLA GRENOUILLRE ALLA GARE-SA/NT-LAZARE 335
fig. 1. Claude Mouet (1840-1926), Il Bacw di Argenteuil, 1872, olio m tela, cm 60 x 80,5_ Parig1; Muse d'Orsay.
Monet si era trasferito ad Argenteml nell870 ed aveva dipinta p volte la Senna. Questo quadro quasi uu riassunto
di quauto il fiume signific in quegli r11111i per gli impressiouisti (e per i parigini): /11 riva del fiume tagliata do/l'ambra
dei pioppi che chiudono la scena sul lato sinistro, mentre l'opposto lato destro aperto mila Senna; il ponte che ch1de il
fiume e indica che siamo nell'epoca contemporanea come il battello a vapore, accanto a due vele; i galleggia/Ili m l fiume
e le signore a spasso con l'ombrell10. Il cielo punteggiato di uuvo!e in modo da 11011 dare con un eventuale colore
unitario l"'npressione" di 1{1/ "ambiente" diverso d11 quello del/iume.
ai lati un locale per le barche e le cabine per i bagnanti. Si arrivava alla Gre-
nouillre attraverso due passerelle [figg. 2, 3, 4, 5].
Le descrizioni pi benevole parlano di "pa1'co ricreativo per i parigini in vacan-
za" (C. Stuckey, cit.) o addirittura di "folla elegante, selezionata, a1'tisti e aristo-
cratici, ricchi proprietari delle ville intorno", riferendosi forse a un pe-
riodo precedente quello descritto da Maupassant e dipinto da Manet, Monet e
Renoir quando la folla che lo frequentava era definita "un mlange de calicots,
de cabotts, d'infimes journalistes, de gentilhommes en curatelle, de boursicotiers
vreux, de noceurs tars, de vieux viveurs pourris" (Maupassant 1881).
Yvette - nel racconto omonimo di Maupassant (1884)- annoiata dalla corte dei
pretendenti, esclama:
"Ora andiamo alla Grenouillre ...
Giunsero nella parte dell'isola coltivata a parco, ombreggiata da alberi enormi. Lungo la
Senna, dove scivolavano i canottz: sotto le alte fronde, passeggiavano delle coppie: ragazze
con giovanotti, operaie con i loro innamorati in maniche di camicia, con la giacchetta sul
braccio, il cilindro buttato all'indietro con un'aria stanca da ubriacbi, borghesi con le / a-
.,
.,
336
PARTE QUI NTA l IL PiiESr\GG/0 COME DESCRIZIONE DEtL'A.IIBlliNTE REALE
fig. 2. Clnude Mouet, Ln Grenouillre, 1869, olio su tela, cm 75x700. New York, Tbe M.elropolitan Mmeu/11.
L'Ati/13/ENTE COME ' l.lrPRESSI ON/i': DALLA GRENOU/LLRE ALLA GARESAIN'T-LI!Z!IRE
f ig. 4. Pierre-Auguste Reuoil; Al/n Grenouillre, 1868, olio su te/n, cm 59 x 80. Snn Pietroburgo, Ermi/age.
fig. 5. Pierre-Auguste Reuoil; La Greuouillre, l 869, olio m tela, cm 66 x 86.
Stoccolmn, Natiounlmmem11.
..
337

338
PARTE QUIN1il l IL PIIESAGG/0 COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
miglie, le donne con i vestiti della domenica e i bambini trotterellanti come una covata di
pulcini intorno ai genitori.
Un brusio lontano e continuo di voci umane, un clamore sordo e rombante annunciava il
luogo preferito dai canottieri. Lo videro all'improvviso. Un enorme battello galleggiante,
coperto da un tetto, ormeggiato contro la riva, portava una folla di femmine e di mascbi
seduti al tavolino, intenti a bere, oppure in piedi, cbe gridavano cantavano, urlavano, bal-
lavano, facevano capriole, accompagnati da un pianoforte lamentoso, scordato e 1-imbom-
bante come un paiolo.
Certe ragazzone dai capelli rossi che mettevano in mostra, di dietro e davanti, la duplice
provocazione dei seni e del sedere, circolavano, giravano, con gli occbi invitanti, le labbra
rosse, quasi completamente ubriache, dicendo /rasi oscene.
Altre ballavano sfrenatamente con certi giovanottoni seminudi, vestiti con calzoni di tela
e canottiere di lana, con in testa dei berretti dai colori vivaci; come dei/antti.
E tutto l'insieme mandava un odore di sudore e di cipria, emanazioni di profumi volgari e
di ascelle.
I bevitori, intorno alle tavole, mandavano git liquidi biancbi, rossi, gialli e verdi e grida-
vano, scbiamazzavano senza motivo, cedendo ad un bisogno violento di /ar baccano, ad un
bisogno bestiale di sentirsi le oreccbie e la testa piene di cbiasso.
Continuamente dei nuotaton; in piedi sul tetto, si buttavano in acqua, facendo cadere una
pioggia di spruzzi sugli avventori pit vicini, che lanciavano urla selvagge.
Sul fiume passava una flotta di imbarcazioni, le io le lungbe e sottili filavano via, spinte in-
nanzi, con vigorosi colpi di remo dai vogatori dalle braccia nude, i cui muscoli guizzavano
sotto la pelle abbronzata. Le donne al timone, vestite di flanella turchina o rossa con un
ombrello rosso o turcbino an cb' esso aperto sul capo, sgargiante sotto il sole ardente, sta-
vano sdraiate sui sedili di poppa delle imbarcazioni e parevano /ilare sull'acqua in pose im-
mobili e indolenti"
5

"A la Grenouillre nasce l'impressionismo. Le pitture di Monet e Renoir a la Grenouill-
re banno delle qualit eccezionali di freschezza e di giovanilit cbe i due Maestri non su-
pereranno mai"(]. Leymarie)
6

Claude Monet (1840-1926) dipinge la Grenouillre (o i dintorni immediati) in
almeno dieci quadri.
Per dipingere il fiume senza avere in primo piano la riva, costruisce un battello-
studio con una cabina e una tenda in modo di poter lavorare in mezzo al fiume,
in qualunque punto, in qualunque ora. Manet ritrae appunto Monet mentre
dinanzi al cavalletto sul battello e Renoir dipinge pi volte in coppia con Monet
gli stessi punti delle rive della Senna [figg. 8, 9, 1 O].
Tra gli altri quadri dipinti da Manet sulla Senna la Coppia in tenuta da canot-
taggio (1874, olio 149 x 131, Tournai, Muse des Beaux-Arts), sembra il ritrat-
to di due clienti della Grenouillre, usciti da un racconto di Maupassant o da un
un quadro di Monet o Renoir. Invece In canoa sull'Epte dipinto da Monet (1890,
Sao Paulo do Brazil, Museu de Arte) [fig. 6] e La Senna a Asnire dipinto da Re-
noir (1879, Londra, National Gallery) [fig. 7] sembrano piuttosto riprendere l'e-
legante pubblico femminile delle domeniche sulla Senna
forse nella molteplice attivit di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) che la Gre-
nouillre (e la Senna) hanno il ruolo pi importante; Renoir va a la Grenouill-
CAPITOLO 4 l L'AMBIENFli COME ' /Ml'RESS/ONE': DALLA GRENOUFLLRE ALLA GIIRE-S!l / NT-LAZARE
fig. 6. Claude lvfonet, In
canoa sull'Epte (a/fluente
della Semrn), 1890, olio su
te/n, cm133 x 145. Sao
Pau/o (Brasile), Museu de
Arte.
/ig. 7. Pierre-Auguste
Reno; La Senna a Asnire
(La yo!e), 1879, olio su
tela, cm 71 x 92.
Londra, National Galle!)'.
Questi due quadri
ripremlono l'aspetto genttle
delle domeniche sulla
Senna: il cappellto sulla
testa delle rematrici si
n/erisce alla folla elegante,
alistocratica, ricca.
339
8
340
PARTE QUINTA / IL l'tl f:Sti GGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTI. REALE
fig. 8. Edouard Mauet (1832-
1883), Clamle Mouet conia
moglie nel suo studio
galleggiante, 1874, olio su
tela, cm 80 x 98. lvlouaco,
Neue Piuakotbek.
fig. 9. Claude i\Jfouet, Jl
bai/ello-studio, 1874, olio su
tela, cm 50 x 64. 01/erlo,
Rijksmmeum Kro/ler-Mulle1:
re la p1ima volta nel1868 e vi torner fino almeno al1888, dipingendo anche lui
una decina di quadri (ji'gg. 3, 4, 5]. In molti Renoir mescola i due mondi della
Senna: quello popolare (canottiera e cappello di paglia) e quello borghese (fio-
ri sul cappello e cilindro)
7
.
Le persone che passavano i giorni di festa sulla Senna, vivevano gli altri giorni a
Parigi. Anche gli impressionisti dipinsero in citt.
Se sulla Senna un ruolo privilegiato assunse la Grenouillre, a Parigi uno dei luo-
ghi che assunsero un analogo valore fu la Gare Saint-Lazare.
Edouard Manet nel 1874 espone un olio intitolato La ferrovia: una donna e
una bambina sono davanti a una cancellata della Gare Saint-Lazare, al di l
della quale si vedono il fumo di una locomotiva, i binari e il Pont de l'Europe
[fig. 11]. L'anno prima Manet aveva fatto un disegno dal Pont de l'Europee
nel1876 Gustave Caillebotte (1848-1894) dipinge vari quadri dallo stesso pon-
te verso i treni che entrano ed escono dalla stazione. Claude Monet nel 1876
affitta uno studio l vicino, in rue Moncey; ma poi decide di dipingere dentro
alla stazione, tra i treni e le locomotive a vapore. Si presenta al direttore della
stazione ed ottiene di poter piazzare il cavalletto dappertutto: pare facesse ri-
tardare le partenze, far sbuffare le locomotive, spostarle da un binario all' al-
tro, dove piaceva a lui.
"La stazione Saint-Lazare ha la forma di un triangolo tagliato all'estremit. I due fabbri-
cati laterali sono occupati dalle gallerie coperte cbe conducono i pedoni al vestibolo mal-
zato tredici gradini sopra il livello d'ingresso. In faccia alla scala principale, cbe termina in
una sala dei passi-perduti comune a tutte le linee, c' la biglietteria per Saint-Germat; in
una galleria a destra, dalla parte della rue d'Amsterdam e a questa parallela c' la bigliet-
CAPITOLO 4 L'AMBIENTE COME ' IMPRESSIONE' DALLA GRENOUILLRE t!Ll.A GtiRE.-StllNT-LAZIIRE
9
10. C:laude Monet, Il 1876, olio su tela cm 54 x 65, Muse d'Art et
d Hwmre. Mallet {/tg. 11/sJstJto mo quadro sui due personaggi, il quadro, la tenda;
1
fondo iu
vmbJ!tss/1/Jo nell del quadro ba dipinto due dminiere fumanti per
l amb1ente delle rwe del Monet [/tg. 10] ba insistito di
111
e
110
sul suo balle/lo e lo ha
quas1 comiderato come tlllo maccb10 cromatica per esaltare le rive autwmali della Sem/t/.
341
IO
l
342
11
12
PARTE QUI NTA l IL PAESAGGIO COME DESCRI710NE DELL'AMBI/iN TE REALE
fig. 11. Edouard Ma nel, !llla
ferrovia, 1873, olio su tela,
cm 93 x 112. lflasbinglou,
Natio1J11l Gal l el)' o/ Art. La
siguom co/libro e il cagnolino
e la bambina sono appoggiate
a /1/lil cancellata: dietro la
stazioue coperta dal vapore
di llllillocomotiva gi passata.
I: ambiente non ancora la
stazione, 11111 l'arredo nrbtwo
cbe la ma presenza ba
introdotto nella citt.
fig. 12. Claut/e Monel, La
GareSaint-Lazare, 1877, olio
SII tela, CIII 54 X 72. Londra,
coli. Mc Laren.
fig. 13. Clml(/e Mouet, La
Gardiut-Lazare, 1877, olio
su tela, CIII 75 x 100. Parigi,
Muse d'Orsay.
fig. 14. Claude Monet, La
Gare Saiiii-Lazare, 1877, olio
SII tela, C/Jl 82 X } 00.
Cambridge, FoggA11
Muse11111.
CAPITOLO 4 l L'AMBIENTE COME ' IMPRESSIONE': DALLA GRENOUJI.LRE ALLA GARE-SAINT-LAZARE 343
13
14
~
344
PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
teria delle linee della Normandia e la sala di accettazione dei bagagli. Infine si sale a sini-
stra, nel vestibolo, a una immensa sala dove si vendono i biglietti per le linee della perife-
ria e la linea di Cintura"
8

Nell'aprile 1877 Monet espone alla terza Esposizione Impressionista sette dipinti
della Gare Saint-Lazare: le tele dipinte dentro o intorno alla stazione furono cir-
ca dodici.
Emile Zola (1840-1902) cos commenta questi quadri di Monet:
Vi si sente il rumore dei treni in arrivo, vi si vedono le nuvole di fumo che debordano sot-
to le ampie volte della stazione .. . I nostri artisti devono trovare la poesia delle stazioni, co-
me i loro padri hanno trovato quella dei boschi e dei fiumi
9

Nel1890 Zola scriver La bete humaine: tragica storia di un ferroviere in servi-
zio sulla Parigi-Le Havre, che inizia con la descrizione della stazione Saint-La-
zare: potrebbe essere la didascalia di uno dei dipinti di Monet. Il fascio dei bi-
nari, le grandi volte metalliche, gli scambi sotto al Pont de l'Europe, il tunnel di
Batignolles sono sempre gli stessi: l'edificio della stazione invece era stato rico-
struito nel 1886-1889, ma conservando gli stessi inconvenienti lamentati dalla
Guide J oanne:
costituita da due corpi principali. collegati da una lunga sala dei passi perduti ... La par-
te verso la rue d'Amsterdam destinata alle grandi linee; l'altra verso la me de Rome a
quelle della cintura e dei sobborghi. Purtroppo si sono conservati dei lunghi scaloni, mol-
to scomodi per i viaggiatori frettolosi e con bagagli e per gli handicappati e i servizi sono
lontani, le sale d'attesa al primo piano, gli uffici bagagli e le uscite principali al pian ter-
reno, in una specie di sottosuolo"
10

Di fronte, sotto questa polvere di luce, le case della l't/e de Rome si confondevano, si na-
scondevano, leggere. A sinistra le vetrate delle tettoie spalancavano i loro portici gi-
ganteschi, con le vetrate nere di fumo, quella delle grandi linee, immensa, dove lo sguar-
do si perdeva, che gli edifici della posta e delle caldaie separavano dalle altre, pi pic-
cole delle linee di Argenteuil, di Versailles e della Cintura; mentre il pont de l'Europe,
a destra, tagliava con il suo traliccio di /erro la trincea, che si vedeva riapparire e filare
al di l, fino al tunnel di Batignolles. In basso, occupavano tutto lo spazio, i tre doppi
binari che uscivano da sotto il ponte, si ramificavano, si allargavano a ventaglio e mol-
tiplicandosi e incrociandosi andavano a finire sotto le tettoie. I tre posti di blocco, da-
vanti agli archi del ponte, mostravano i loro piccoli giardini spogli. Nella confusione dei
vagoni e delle locomotive che ingombravano i binari, un grande segnale rosso spiccava
nel grigiore del cielo.
... Sotto alla tettoia delle grandi linee, l'arrivo di un treno da Nantes aveva riempito il
marciapiede; e una macchina di manovra, una piccola locomotiva-tender, con tre carrel-
li bassi aveva cominciato ad agganciare il tteno con una manovra urgente per condurre
i vagoni sui binari di rimessa. Un'altra locomotiva, questa volta potente, per i treni espres-
si, dalle due ruote gigantesche, stazionava da sola, faceva uscire dal fumaiolo un fumo
dritto, nem, lento nell'aria calma. Il treno delle tre e venticinque a destinazione Caen,
gi pieno dei viaggiatori, attendeva la sua locomotiva, ferma al di l del pont de l'Eu-
CIIPI TOLO 4 l L'AMBIENTE COME ' IMPRESSIONE': D1!LLII GRENOUILLRE ALLA GARE-SAINT-LAZARE
345
rape, che domandava la via con leggeri accelerati fischi, come una persona impaziente.
Un ordine le /u gridato ed essa rispose che l'aveva ricevuto con un soffio breve. Poi pri-
';za di in moto ci fu un attimo di silenzio, le valvole di scarico f urono aperte,
zl vapore so//to sul suolo con un getto assordante. Da sotto il ponte usci allora come un
piumone bianco di neve che si scompose dentro la carpenteria di / erro. Tutta una parte
ne fu imbiancata, mentre i fumi neri di un'altra locomotiva spargevano il loro velo ne-
ro. Dietro si sentivano suoni prolungati di trombette, voci d'ordini, stridii delle roton-
de mobili. Rumori diversi segnalarono un t reno di Versailles e uno di Auteuil; uno ar-
rivava, l'altro partiva e si incrociavano
11
.
Dal XIX secolo la proposta dell'ambiente una presenza continua. Per restare
al caso della Gare Saint-Lazare, essa non stata solo un importante momento
per i grandi pittori impressionisti, come Manet, Monet, Pierre-Auguste Renoir.
Suo figlio, il regista Jean Renoir (1894-1979), non ha solo guardato i quadri di
famiglia o letto la biografia postuma del padre in cui aveva appunto raccontato
di Monete i treni. Jean Renoir nel1938 dirige quel capolavoro del cinema rea-
lista francese che La bete humaine (edizione italiana: "L'angelo del male") con
J ean Gabin, Simone Simon e J ulien Carette; la sequenza iniziale con la parten-
za della locomotiva a vapore sembra illustrare le pagine di Emile Zola usando
quei mezzi moderni che sono il cinema e la fotografia ffigg. 15a, 15b]. Ma an-
che i mezzi tradizionali si muovono nella stessa direzione: nel 1923 un nuovo
modello di locomotiva a vapore (costruito per la linea Parigi-Le Havre) il sog-
getto ed il titolo di una delle pi famose composizioni del musicista Arthur Ho-
negger (1892-1955): "Paci/ic 231".
fig. 15a. ]ea11 Re11oir, La
bete bumaiue, 1938,
ma m/es/o del film.
fig. 15b. Jean Renoir, La
bete humai11e, film 19 38.
]eat/ Gabin davanti alla
Paci/ic 231: la pi potente
locomotiva a vapore delle
ferrovie in
servizio mila Parigi-Le
HaVIe /"ambiente' del
film.
15a
..
, ..,
15b
346
PARTE QUINTA l IL PAESAGGIO COME DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE REALE
MONET: LA SENNA, LA GRENOUILLRE
(I quadri sono raggruppati secondo i soggetti)
1. La Senno a Bougivol, 1869, olio, cm 69 x 91. New Hampshire, Currier Gallery of Art.
"Bougival, il laboratorio del paesaggio della scuola francese moderna. Ogni gomito del fiume, ogni
albero ricorda una mostra" (Journal des Goncourt).
2. La Grenouillre, 1869, olio, cm 79 x 99. New York, The Metropolitan Museum.
3. La Grenouillre, 1869, olio, [fig. 2]. Londra, National Gallery.
4. Le boteou-otelier, 1874, olio, cm 50 x 64 ffig. 10]. Otterlo, Rijksmuseum Kroller-Muller.
5. Le boteou-atelier sullo Senno, 1875-76. Collezione privata.
6. Le boteou-otelier, 1876, olio, cm 54 x 65 ffig. 11]. Neuchatel, Muse d'Art et d'Histoire.
7. Le boteou-atelier, 1876. Pennsylvania, Fondazione Barnes de Meyron.
8. Due donne in borca, 1887, olio, cm 145 x 132. Tokio, National Museum of Western Art.
9. Sullo "Norvegese", 1887-1890. Parigi, Muse d'Orsay.
10. In barco sull'Epte, 1887-1890, olio, cm 133 x 145 ffig. 6]; Sao Paulo, Museu de Arte.
PIERRE-AUGUSTE RENOIR: LA SENNA, LA GRENOUILLRE
(l quadri sono raggruppati cronologicamente)
l. Alla Grenouillre, 1868, olio, cm 59 x 80 [fig. 4]. Mosca, Museo Puskin.
2-3. L'anno dopo dipinge la Grenouillre due volte, assieme a Monet (Allo Grenouillre, 1869, olio, cm
66 x 81 [fig. 5] Stoccolma, Nationalmuseum ;Allo Grenouillre, 1869, olio, cm 65 x 93 [fig. 3].
Collezione Reinhart Wintertbur). Per Monet vedi fig. 2.
4. Allo Grenouillre, 1873, olio, cm 45 x 56. Amburgo, Thomsen.
5. Canottieri a Chotou, 1879, olio, cm 81 x 100. Washington, National Gallery of Art.
6. Alphonsine Fournoise allo Grenouillre con in fondo il pottte di Chotou, 1879, olio, cm 72 x 92. Parigi,
Muse d'Orsoy.
7. La Yole o La Senna o Asnires, 1879, olio, cm 71 x 92 (jig. 7]. Londra, National Gallery.
8. La Senno a Chatou col ponte, 1880, olio, cm 74 x 92. Boston, Museum afFine Arts.
9. Colazione di canottieri al ristorante di A. Fournaise, 1881, olio, cm 129,5 x 172,5. Washington, Philips
Collection.
10. La Senno o Argenteuil, 1888, olio, cm 54 x 65 (notizie dall'Archivio Venturi).
11. Canottaggio sul fiume a Argenteuil, 1888, olio, cm 54 x 65. Merion, Barnes Foundation.
MONET ALLA GARE SAINT-LAZARE
Monet ha dipinto pi di dodici quadri dentro la stazione: proponendo la "poesia" del mondo moderno
come richiedeva Zola.
(I quadri sono raggruppati cronologicamente)
l. Arrivo del treno dalla Normandia, 1876-1877
2. La stazione Soint-Lazore, 1876-1877
3. Il ponte di Roma, 1876-1877
4. La stazione Soint-Lazare: arrivo di tifi treno, 1876-1877
5. Veduta all'interno della stazione Saint-Lazare, 1876-1877
6. Interni dello stazione Saint-Lazare, La stazione Saint-Lazare: i segnali, 1876-1877
7. La stazione di Saint-Lazare, 1877 [fig. 12]. Parigi, Muse d'Orsay.
8. La stazione di Saint-Lazare, 1877 [fig. 13]. Cambridge, Fogg Art Museun1.
9. La stazione di Saint-Lazare, 1877 [fig. 14]. Londra, Mc Laren.
10. La stazione di Soint-Lazare, 1877. Chicago, Art lnstitute.
11. La stazione Saint-Lazare e il ponte d'Europa, 1877. Parigi, Muse Marmottan.
12. Analogo al n. 6. USA, collezione privata.
(altri quadri analoghi presso: Ryerson, Chicago; Wertheim, New York; Niedersachsiches
Landesmuseum, Hannover; collezioni private).
CAPITOLO 4 l L'AMBIENTE COME 'IMPRESSIONE': DALLA GRENOUILLRE ALLA GARE-SAINT-LAZ;IRE
347
Note
1
Per i testi qui tradotti e per ogni notazione in merito si veda l'edizione delle opere di Maupas-
sant nella Bibliothque de la Pliade, con apparato critico e note di Louis Forestier. Guy de Mau-
passant, Les Dimancbes d'un bourgeois de Paris, II, 1880.
2
Idem, Au Printemps, 1881.
3 Idem, Moucbe, 1890.
4
C. Stuckey, Monet- I luoghi della pittura, Linea d'ombra, Conegliano 2001.
5
Guy de Maupassant, Yvette, 1884.
6
J. Leymarie, De Baudelaire Bonnard, Skira, Ginevra 1949.
7
J . Renoir, Auguste Renoir, mon pre, Parigi 1981.
8
A. Joanne, Paris illustr en 1870 et 1877, Hachette, Paris 1877.
9
Notes Parisiennes, in "Le Smaphore de Marseille", 29 aprile 1877.
10
Paris et ses environs, K. Baedeker, Leipzig-Parigi 1900.
11
Emile Zola (1840-1902), La Bete humaine, 1890, Bibliothque de la Plyade, Gallimard 2001.
l
Edouard Hoste1, Strada del Sempione, disegno, 28,2 x 21, 1831. Gi11evm, Fonds Card.
PARTE SESTA
Alle origini
della moderna cultura dell'ambiente:
de Saussure, Goethe, Stendhal
Il paesaggio italiano prima di tutto
un immenso accumulo,
tlll sedimento straordinario
dove dimensioni di tempo e di spazio
si intersecano ininterrottamente .. .
Paesaggio di/atto e di diritto
ambiente, purcb si intenda
quest'ultimo come la forma complessiva,
umanizzrtta e sedimentata c!Je ...
allarga quella parola totale,
il paesaggio appunto, cbe vissuto
tanto a lungo solitario, lontano,
tnisterioso o intimo,
domestico o inaccessibile, ma sempre
troppo maledettamente estetico.
Andrea Emiliani, in "Urbanistica" n. 87, 1987
..
, ...,
350 PARTE SESlA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHAL
Tra il periodo che chiamiamo "Illuminismo" e quello che chiamiamo "Roman-
ticismo", tutti gli storici collocano la prima formazione di quegli elementi che
costituiranno la cultura dell'ambiente nella societ moderna.
Come tre secoli prima- tra Medioevo e Rinascimento, tra Riforma e Controri-
forma - gli stessi soggetti sembrano quasi cambiare significato: certo si arric-
chiscono di nuove conoscenze, di nuovi valori.
Anche l'ambiente (questo aspetto fondamentale del nostro mondo e della sua
storia, di cui abbiamo visto alcuni episodi nei saggi di questo libro) diventa og-
getto di forte interesse in discipline che assumono nuovi ruoli: le scienze (natu-
rali e non solo), la letteratura (per la quale l'ambiente diventa sempre pi un im-
prevedibile protagonista).
Uno dei luoghi in cui questi fattori trovano un fertile campo di applicazione so-
no le Alpi. I viaggiatori diretti dalla Francia e dall'Europa centrale verso l'Italia
(Venezia, Firenze, Roma, Napoli, la Sicilia), scrittori o pittori, vedono al di l del
'pittoresco', dell"orrido'; non si limitano pi a disegnare l'immancabile 'ponte
del diavolo'
1
.
Col ..... Gtdu lour Ai&- fngard
0
At.::tr h
/i g. l . La catena del Monte Bianco vista da La Flgre (1877 1n slm), in faccia a la Merde Giace, "Panorama" da "La
Sutsse et !es parties limitrophes de la Savoie e de l'Italie"- Manuel du Voyager par Karl Baedeker (Lipsia, Ia ed. 1846).
Il 11ome dell' incisore dei 14 panorami fuori testo non indicato.
i
..............-
' l

J<l!.>hH
4ZOI
PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHAL 351
un esempio Hans Conrad Escher von der Linth (Zurigo 1767-1823 ): inge-
gnere, fotografo, cartografo, e uomo d'affari privo di qualsiasi preparazione
artistica. Disegna montagne, valli e laghi come strumenti del mestiere senza
nessun intento 'artistico': per disegnare in scala i monti che si vedono da una
altura sopra il lago di Lugano utilizza una striscia di carta lunga metri 3,50 e
alta cm 9,5, in cui l'orografia straordinaria protagonista; nessuna ca-
sa, nessun albero, nessuna strada. E un "disegno geologico" (Zurigo, ETH
Graphisce Sammlung).
Non arriva agli estremi di Von der Linth quello che pu essere considerato co-
me il padre della "letteratura alpina": Borace Bendict de Saussure (Ginevra,
17 40-1799) appartenente a una famiglia di scienziati e scrittori, in una citt-sta-
to che era, almeno dalla met del Cinquecento, al centro delle vicende politiche,
culturali e religiose d'Europa. Le sue ricerche e le sue pubblicazioni interessa-
no la botanica, la geologia, la fisica, la meteorologia: il campo dei suoi studi
soprattutto costituito dalle Alpi, ma poi si estende anche a alcune zone mon-
tuose e vulcaniche della penisola e delle isole italiane
2



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352 PARTE SL!S1i! 1 ; !LLE ORIGI NI DELLA MODii RNA CULTURA DEI.L'AMTllENTii: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDI/AL
L'osservazione diretta la premessa per una conoscenza scientifica che, in-
dicazioni diJ.J. Rousseau, diventa sempre di pi una componente essenziale del-
la cultura e dell'operare nel secolo dell' Illuminismo.
Scrive de Saussure:
" soprattutto lo studio delle montagne che pu far le :ulftl teoria del-
la Terra ... Bisogna abbandonare le strade conosciute e salzre sulle sommtta elevate da do-
ve si pu abbracciare contemporaneamente tll1fl moltitudine di oggetti ... Occorre vedere le
l
1J
rocce per osservame a natura .
De Saussure scal il Monte Bianco nel 1786 con una carovana di diciotto gui-
de e un domestico; fin dove era possibile anche alcuni muli, caricati di sva-
riati strumenti. Per tararli era andato prima in Provenza, e aveva fatto
riva del mare gli esperimenti che avrebbe rifatto sulla cima del Monte Bian-
co: tra l' altro aveva inventato un complicato insieme di fuochi e pentole, pro-
tetto dai venti dentro una specie di tenda, per misurare le condizioni di ebol-
lizione dell'acqua.
fig. 2. ]oseph Mallord \Villinm Ttmw: La mpnnua di Blt1ir mi Montenven, nc'!unrello e tcmpem su carta, CIII 27,5
x 39, l, Courtnuld GalleiJ' Londra. I.; inglese Blnir aveva costmito una capnnua-ri/ugw sul Montenven nel l !99; 'J!'mer
la riprende pit volte come pretesto per disegnare In M1cde-Giace sullo sfondo del Montenven (/a e quasi .
invisibile sullo speroue n sinistra). I disegni furouo finiti quasi completamente po.;;o e_ gufdietlfl come mto de t
p importanti esempi di ricerca della conosceJ11.ll scientt/im descr11.1o11e de/l 11 .
botanico Cbarles LJell del Triuity College, Ca111hritlge, ne/1815 gmdtco questo lavoro d t Tumer come ti dtsegno-studw
dei gbincciai pii straordinario mai visto".
PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMIJ/ENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHAL 353
"Chi stato sulle alte montagne sa che il cielo sembra di un blu p scuro che in pianura
... Io cercai un metodo per misurnre un "campione" di cielo sul Monte Bianco. Per/are que-
sto avevo dipinto su delle strisce di carta sedici differenti sfumature di blu, numerate da I
- la pi J'ctlla - a 16- la pi pallida-: ne avevo lasciata una a M. Senebier a Ginevra,
un'aLtra a mio figlio a Chamonix e portai la terza con me.
A mezzogiomo del giomo stabilito il cielo allo zenith di Ginevra corrt'Jpondeva al settimo
livello, a Cbamonix ero tra il sesto e il quinto, sulla cima tra il secondo e il primo .. .
La grande purezza e trasparenza dell'aria sono le cause dell'intensit del colore blu e pm-
ducono verso la cima del Monte Bianco un singolare fenomeno: si possono vedere le stelle
in pieno giomo (se si all'ombra)".
Un' attenzione particolare de Saussure dedic allo studio dei ghiacciai, indican-
do quasi la via delle ricerche per i due secoli successivi.
"Le caratteristiche del gbiaccio cbe riempie le alte vallate alpine dimostrano che esso
non si formato n per il congelamento di grandi masse n per la sovrapposizione suc-
cessiva di lame d'acqua gelata, ma per il congelamento di neve bagnata. E evidente che
si deve accumulare un'immensa quantit di neve nelle alte valli e che sono queste nevi
che imbevute d'estate dalle acque delle piogge e di quelle sciolte dal sole, gelano d'in-
vemo e formano i ghiacci spugnosi di cui i ghiacciai sono composti.
1\Jia questi ghiacci aumenterebbero continuament e se l'evaporazione, il calore sotterra-
neo della terra e quello prodotto e/alloro proprio peso non mettessero un limite alla cre-
scita. Il calore sotterraneo agisce continuamente sugli strati inferiori dei ghiacciai e /or-
ma i torrenti che, ancbe nei periodi p non cessano di uscire dalla base inferio-
re dei ghiacciai".
"Un pregiudizio assai diffuso tra gli ab;tanti delle Alpi che ci siano dei periodi regolari
nella crescita e ne/ritirarsi dei ghiacciai; si dice cbe per sette anni i ghiacciai crescano e per
sette anni si ritirino, per cui ogni quattordici anni si ritrovano esattamente allo stesso po-
sto. L: esistenza di periodi altemati certa, ma la loro regolarit immaginaria. Ma come
si sa la regolarit piace agli uomini, d loro l'illusione di dominare gli eventi e questo nu-
mero misterioso di due volte sette anni abbastanza grande percb si sia cancellato il ri-
cordo preciso nella memoria di questa brava gente ...
Solo dopo aver raccolto molti dati e averli comparati con precisione per un lungo periodo
di anni, si potr sapere con certezza se la massa totale dei gbtcciai aumenta, diminuisce o
resta la stessa)".
Non solo da nord scendono gli studiosi: Alessandro Volta (Como 1745-1827)
sale dal lago di Como fino a nord delle Alpi misurando sistematicamente ogni
tre ore l'altitudine, la composizione e pressione dell'aria, raccogliendo campio-
ni di minerali e rilevando - dove era il caso - la presenza di metano o altri gas
sotterranei.
Passano pochi anni e il viaggio attraverso le Alpi non pi riservato a pochi ric-
chi, a pittori, a scienziati; Napoleone ha bisogno di far attraversare le Alpi alle
sue armate e gli ingegneri francesi studiano nelle prime scuole di ingegneria (che
dipendono dall'esercito e si chiamano appunto cole des Ponts et Cbausses).
Nel 1798 con l' annessione della Svizzera occidentale alla Francia, l'ingegnere
..
354 PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTUR;l DELL'AMBIENTE: DE SIIUSSURE, GOETHE, STENDHAL
francese Nicolas Card (1745-1821) diventa Ingegnere-Capo del Dipartimento
del Lemano e tra il1801 e il 1806 progetta e costruisce la strada del Sempione,
la prima strada carrozzabile che scavalca le Alpi. Il Sempione cessa di essere uno
dei tanti passi alpini e diventa il "valico con la strada". Questa sar la protago-
nista di quell' ambiente: tra i tanti disegni si veda quello di Edouard Hostein
(1831) [p. 348]
3
.
Per tutti cominciano a essere pubblicate le guide (chiamate "Manuale del viag-
giatore") che sono illustrate da carte geografiche, piante di citt e panorami fuo-
ri testo disegnati con la precisione e la neutralit dei disegni scientifici da de
Saussure in poi.
Uno dei primi editori di guide, Karl Baedeker (Essen, 1801-1859), fondatore del-
la casa editrice omonima, pubblica la prima guida della Francia nel1846, con
una raffigurazione di La Chaine du Mont Blanc vue de la Flegre [fig. 1], ripre-
sa all'incirca dal punto di osservazione di Turner [fig. 2]
4
.
Contemporaneamente Baedeker pubblica la guida della Svizzera: qui le Alpi so-
no uno dei soggetti principali. I panorami sono quindici, quasi tutti fuori for-
mato: i pi grandi sono quelli dell'Eggishorn (cm 64, fig. 3) e del Pilatus (lun-
ghezza cm 66,/ig. 4).
Con le guide illustrate con panorami di questo genere, che verranno stampati fi-
no alle edizioni dei primi decenni del XX secolo, viene diffusa una conoscenza
di base che modifica profondamente la cultura dell"ambiente'.
Questa ormai si diffonde anche con altri mezzi. Di poco pi giovane di de Saus-
sure- e all'incirca coetaneo dei pittori inglesi (di cui alla parte V, cap. 3)- una
delle maggiori personalit dell'epoca moderna, che non solo ne caratterizza e do-
mina gli inizi a cavallo tra l'Illuminismo e il Romanticismo, ma ne influenza e
determina tutto lo sviluppo successivo: J ohann Wolfgang von Goethe (Franco-
forte sul Meno 1749- Weimar 1832). Non era solo quel grande scrittore che tut-

WIST
fig. 3. Panorama dall'Eggishom, (2934 m). "Panorama" da "La Suisse et !es parties limitrophes de la Savoie e de l'Italie"
- Manuel du Voyager par Knrl Baedeker (Lipsia, la ed. 1846). Si osse1vi la precisione del disegno delle discese dei
ghiacciai e su/lago a destra i blocchi di ghiaccio appena staccati.
PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STEND/JAL 355
ti conoscono; anche alcuni suoi disegni sono noti (spesso almeno come illustra-
zioni delle edizioni dei suoi libri), mentre meno noto che la sua grande cultu-
ra si concentr spesso e profondamente su problemi naturalistici e geologici, o
strettamente scientifici come le opere sui colori, sull'ottica
5
.
Fissiamo nella sua multiforme attivit due date e due fatti: il viaggio in Italia dal
settembre 1786 al giugno 1788 (ma il libro relativo, Italianische Reise, sar scrit-
to tra il1815 e il1829); la partecipazione alla campagna di Francia e alla batta-
glia di Valmy (naturalmente dalla parte prussiana) il 20 settembre 1792
6
Pu
sembrare strano parlare principalmente delle opere storiche e scientifiche di Goe-
the, come se fossero importanti alla pari di quelle letterarie. Ma in realt la na-
tura e la storia sono due componenti essenziali e indissolubili nella scoperta del-
la definizione moderna e attuale della parola 'ambiente' che troviamo insieme
impostata e sviluppata nel pensiero di Johan Wolfgang von Goethe. Forse per
lui le scienze naturali, le scienze storiche e l'invenzione letteraria erano indisso-
lubili. Goethe cap l'importanza del suo modo di ragionare. Cos scriveva da Fra-
scati all'amico K.L. von Knebel, il3 ottobre 1787, dopo un anno dall'inizio del
viaggio in Italia:
"Si era appena placata la mia prima sete di vedere, il mio spirito si era appena solleva-
to dal modo di intendere limitato che pi o meno vincola noi ultramontani, allorch co-
minciai a volgermi intorno alla ricerca di vie migliori e pi sicure. Le trovai facilmen-
te, ed ora, passo a passo, proseguo lungo questo cammino, lento, ma sicuro, come s ~ que-
sto dovesse diventare il mio mestiere, ed in modo da avere un saldo motivo, su cui io
possa per continuare a costruire con certezza, invero lentamente, persino lontano da
queste regioni (italiane).
Fortunatamente ho trovato anche una combinazione dell'arte con il mio modo di pre/igurar-
mi la natura, cosicch entrambe mi diventano doppiamente care.
.. . trt.:,
..
. ...,
356 PAR'fE SESTA 1 ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETIIE, STENDHAL
Studio la botanica su strade e sentieri ... Sono sempre pi certo che le regole generali da me
scoperte siano applicabili a tutte le piante".
Poco prima (18 agosto) sempre a von Knebel aveva scritto:
" Se come artista ci si trova a Roma e si rimane volentieri, come amante della natura si
proseguite verso sud. Alcune cose che da noi soltanto supposi e cercai al micro-
scopio, qui le posso vedere ad occhio nudo come indubbia
Spero che tu pure un giorno troverai gioia nella Hann?m.a Plantarum. attraverso la
quale il sistema di Linneo viene ottimamente e/nanto, ognt sulla f?rma delle
piante viene superata, anzi vengono perfino spiegate tutte le meravzglte .
Qui nel fiore del garofano c' qualcosa di comune, ch da una certa specze dz. garo(anz
doppi nasce un altro fiore doppio e completo. Io ne ho trovato esemplar.e, tn cut dal
fiore principale ne spuntavano altri quattro. Nota bene, con;pletz,. con stelt e tutto, co-
sicch si sarebbe potuto spezzare ognuno per suo conto. Io l ho dtsegnato accuratamen-
te, anche dal punto di vista anatomico, fino al minimo dettaglio .... "
In una lettera alla baronessa Von Stein (giugno 1787) aveva scritto:
" ... Sono vicinissimo al mistero della vita ed organizzazione della pianta ed esso molto
pi semplice di quanto si possa pensare. Sotto questo cielo si posso fare le p
servazioni. Ho scoperto, con tutta chiarezza e senza dubbio alcuno, zl nodo prznczpale m
cui il germe si cela, cosicch posso abbracciare gi anche tutto il resto, nella sua com-
plessit; solo alcuni punti devono ancora diventare pi chiari .... "
Proseguendo verso sud, sotto il cielo di Napoli, le riflessioni di Goethe sono qua-
si una continua didascalia dell'ambiente e della sua progressiva scoperta [figg. 5,
6, 7, 8, 9, 11].
. ., ......
AffUJ lu AltU
' .......
'" ' .... , ..
l'lA JHHUI. :tiLl.l
fig. 4. Panorama dal Pilatus 2123 m). "Panorama" do "La Suisse et !es parties lnitrophes de la Savoie e de
l'Italie"- Manuel du Voyager por Korl Baedeker (Li p sia, la ed. 1846).
PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DESAUSSURE, GOETHE, STENDII;IL 357
Anche se di malavoglia, ma fedele allo spirito d'amicizia, Tischbein mi seguz' oggi
nell'ascesa al Vesuvio (6 marzo 1787. Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, 1751-
1829. Appartenente a una famiglia di artisti, visse a lungo in Italia e assunse la
direzione dell'Accademia di Belle Arti di Napoli. Grande amico di Goethe che
visse a Roma nella casa di Tischbein al Corso e fece di lui vari ritratti, tra cui
quello famosissimo nella campagna romana, 1787).
"Per lui, artista della figurazione, unicamente interessato alle pi belle /orme umane o ani-
ma !t; capace perfino di rendere umano l'informe- rocce o paesaggi che siano- col senti-
mento e col gusto, nulla pu esistere di pi repulsivo d'una simile massa paurosa e amor-
/a, che non /a che divorare se stessa ed nemica dichiarata d'ogni senso di bellezza ...
Ai piedi della ripida china venimmo accolti da due guide, un uomo anziano e uno pi gio-
vane, ambedue ben piantati. Il primo rimorchi me su per il monte, l'altro Tischbein. Ci
rimorchiarono, la parola; poich queste guide portano intorno alla vita una cintura di
cuoio, alla quale il viaggiatore s'aggrappa e vien tirato su, con minore sforzo delle proprie
gambe e con l'ausilio del bastone.
Cos raggiungemmo il tratto pianeggiante sopra il quale si erge il cono principale, lascian-
do verso nord le scorie del Somma.
Ci bast sorvolare con lo sguardo la regione a ponente perch tutti i mali dello sforzo e del-
la stanchezza svanissero come in un bagno balsamico, proseguimmo contornando il cono che
fumigava incessante e gettava lapilli e cenere. Nei punti in cui lo spazio permetteva di tenerci
a buona distanza, lo spettacolo era grandioso, esaltante. Dapprima un fragoroso tuono ecbeg-
gi dalle profondit del baratro; poi subito grandi e piccoli lapilli vennero proiettati in aria a
migliaia, circonfusi da nubi di cenere, ricadendo quindi in gran parte nella voragine, mentre
gli altri/rammenti scagliati lateralmente piombavano sulla parete esterna del picco con uno
strano rumore: i pi grossi precipitarono per primz; rimbalzando con cupe sonorit gi per i
fianchi_ i pi piccoli seguirono strepitando, e infine si ud il ruscellare della cenere. Il feno-
meno si ripet a intervalli regolarz; che riuscivamo benissimo a calcolare a nostro agio.
"' t ' , l ' t l
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..
358 l'ARTE SESTA l A LLE ORIGINI DELLA MODERNA CULJ'URA DELL'AMBIEN rE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHAL
fig. 5. Baia disegnata durante il viaggio nell'Italia meridionale; infondo 1111 castello. Da: ]o!Jfllm 117ol/gang Goethe,
Reise-Zerstremmgs-rmd Trost-Bucbler, 1806-1807, (Libretto di viaggio, distrazione, con/orto) preparato da Goethe per
la Principessa Caroline von Sachsen \Veimar nel 1806-1807, riedito da lnsel Verlag, Frankfurt a m Met1978. Nel 1806
Goetbe inizi a rivedere gli appunti e i disegni fatti durante i moi viagg1; ancbe in previsione de/libro cbe avrebbe
scritto tra il 1815 e i/1829 descrivendo il viaggio t Italia (1786-1788).
Tra il monte Somma e il cono lo spazio era per abbastanza ristretto, e intorno a noi s'in-
fittiva la pioggia di lapillz; rendendoci malagevole il cammino. L'avversione di Tiscbbez
per il vulcano continuava a crescere, vedendo che quel mostro, non contento d'esser brut-
to, stava facendosi anche pericoloso.
Ma poich la presenza del pericolo esercita sempre un certo /ascino ed eccita nell'uomo lo
spirito di contraddizione, mi venne l'idea che nell'intervallo tra due eruzioni ci fosse mo-
do d'ascendere il cono fino all'orlo del cratere e di tornare indietro sempre nello stesso tem-
po. Consultai le guide, tenendo al riparo d'una sporgenza rocciosa del Somma, protetti
dalla quale comumammo le nostre provviste. Il pi giovane si disse disposto a tentar con
me l'avventura, ci foderammo i cappelli con fazzoletti di seta e di tela e ci tenemmo pron-
tt; bastoni alla mano, mentre io mi afferravo alla sua cinghia.
Ancora tutt'intorno a noi crepitavano i lapilli e pioveva la cenere, quando il gagliardo gio-
vinetto gi mi trascinava su per la petraia infocata. Sostammo davanti alla bocca formida-
bile; un vento lieve spingeva lontano il fumo, che per allo stesso tempo velava l'interno
dell'abt.Sso, mentre dalle mille fenditure dei fianchi usciva il vapore. Attraverso gli squarci
della caligine si scorgevano qua e l pareti di roccia spaccate da crepacci. La veduta non era
n bella n istruttiva, ma proprio perch non si vedeva niente indugiammo ancora, spe-
rando di poter osservare qualcosa. Avevamo smarrito il conto del tempo, eravamo /ermi
sull'orlo affilato della grande voragine. Tutt'a un tratto scoppi un rombo di tuono, la ter-
ribile scan1 trasvol s/iorandoa; e istintivamente ci mnniccbiammo, come se potessimo
salvarci dal rovino dei massi; gi riprendeva il fracasso scoppiettante dei lapil!t; e senza ri-
flettere che avremmo potuto aspettare la prossima pausa, contenti dello scampato pericolo,
sotto la cenere che continuavc1 a caderci addosso, ridiscendemmo fino ai piedi del cono, con
i etlppelli e le spalle pieni di cenere.
Ricevuto amorevolmente, sgridato e rincarato che fui da Tischbein, mi diedi a osserva-
PARTE SEs-1:4 l t 1LL/i ORIGINI DELLA MODER NA CULTUI<Il DELL'AAJBJiiNTE: DE SAUSSURE. GOETHE, STENDHAL 359
fig. 6. Veduta dall'in temo di 1111a grotta: forse ltt Grolla delmatr/Ionio a Capri. Da: ]obamt \Voi/gang Goethe, Reise-
Zerstremmgs-tmd Trost-Bucblein, 1806-1807.
re con speciale attenzione le lave ant:be e recenti. La guida anziana seppe indicarme-
ne esattamente le varie annate. Quelle pi vecchie erano ricoperte di cenere e livellate,
mentre le nuove, soprattutto se la colata era stata lenta, presentavano uno strano aspet-
to: quando in/attt; nel loro fluire, esse trascinano per un certo tratto alla loro supe1/icie
i massi induritt; avviene per forza che questi ogni tanto si arrestino, ma poi, spinti dal
torrente di fuoco, si accumulino gli uni sugli altri e s'irrigidiscano in singolarissime for-
me frastagliate, ancor pi di quanto accade nell'analogo accavallarsi dei gbiacci. Com-
misti a tal caotico ammasso di rocce fuse si trovano altres grossi blocchi che, se intac-
cati; mostrano nel punto di rottura caratteristiche affatto simili a quelle delle rocce pri-
mitive. Le guide asserirono trattarsi di antiche lave dello strato pi profondo, che a vol-
te vengono eruttate dal vulcano".
Il grande viaggio di Goethe prosegue in nave da N a poli a Palermo e poi per vie
interne attraverso tutta la Sicilia fino a Catania, dove la sua attenzione ovvia-
mente concentrata sull'Etna.
(4 maggio 1787) "Chiedemmo al cavaliere [Giuseppe Gioeni dei duchi d'Angi, docen-
te di Storia naturale all 'Universit di Catania] quale fosse il mezzo migliore per salire sul-
l'Etna, ed egli ci sconsigli in modo assoluto di tentare, specie in questa stagione, l'a-
scensione della vetta. In generale disse, scusandosi della sua franchezza, gli stranieri
che vengono a Catania prendono la cosa troppo alla leggera; noi, che abitiamo vicino al
vulcano, siamo contenti se, approfittando della buona occasione, riusciamo una o due vol-
te nella vita a salire fino alla cima. Lo stesso Brydone, che con la sua descrizione accese
per primo questo desiderio, non andato molto in su; il conte Borch lascia il lettore nel-
l'incertezza, ma anche lui arrivato solo fino a un certo punto, e cosi potrei dirle di mal-
360 PARTE SEST1l l ALLE ORJGINI DELLA MODERNI! CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHI!L
fig. 7. Cascata formata da 1111 tonente; probabilmente alla s11a foce con le acque cbe si riversauo in mare; disegnata nel
viaggio da Catania a Messina, probabilmente il7 o 8 maggio 1787. Da: ]ohann \'(/oljgang Goethe, Reise-Zerstremmgs-
zmd Trost-B11cblein, 1806-1807.
ti altri. Per il momento la neve ancora a livelli troppo bassi e frappone un ostacolo in-
sormontabile. Se vuole ascoltare il mio consiglio, parta domattina presto a cavallo e, giun-
to ai piedi del Monte Rosso, salga su questa vetta; da l godr il pi splendido dei pcmo-
rami e insieme potr osservare la vecchia colata di lava del1669 che, sgorgata in quel pzm-
to, si rivers disastrosamente sulla citt. La vista magnifica e nitida, e quanto a/resto
meglio farselo raccontare".
(5 maggio 1787) "Fidandoci del buon consiglio avuto, ci mettemmo per tempo in cammi-
no e, cavalcando sui nostri muli con lo sguardo sempre rivolto all'indietro, ci portammo
nella zona delle lave non ancora domate dal tempo. Attraverso i massi frastagliati e i la-
strani che si rizzavano lungo il percorso, le bestie cercavano con fatica un precario passag-
gio. Raggiunta una prima altura importante, facemmo tfl1(f sosta. Kniep disegn con gran-
de scrupolo ci che vedevamo guardando in su: in primo piano le masse di fava, a sinistra
la cima bicipite del Monte Rosso; subito sopra di noi i boschi di Nicolosi, sui quali s'in-
nalzava, appena fumigante, la vetta nevosa. Arrivammo cille falde del Monte Rosso, che
scalai: un ammasso di rossi /rammenti vulcanici, cenere e sassi. Avrei potuto comoda-
mente fare il giro della bocca, se un selvaggio vento di levante non avesse reso ma/certo
ogni passo; per tentar di avanzare dovetti togliere il mantello, ma adesso era il cappello a
correre il pericolo d'esser scaraventato ad ogni istante nel cm t ere, e io dietro di lui. Mi se-
detti per riprender fiato e guardarmi intomo, ma anche da seduto la situazione non mi-
gliorava: il turbine soffiava diritto da est sopra la contrada mirabile che si stendeva ai miei
piedt; vicina e lontana, fino al mare. L'occhio abbracciava il largo litorale che va da Messi-
na a Siracusa, con le sue curve e insenature, ora nettamente visibile, ora un poco nascosto
dalle scogliere prossime a riva".
Il viaggio siciliano si conclude sulla strada tra Catania e Messina, dove un am-
PARTE SES1i i I IILLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'1L\IBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHAL 361
fig. 8. "Una apocalittica visione della natura"; forse ripresa sulle coste di Wl lago in Svizzera o all'estremit settentrionale
del l11go di Como. Da: ]obalm1\7o/fgang Goethe, Reise-Zerstremmgs-und TrostcBucblel, 1806-1807.
biente apparentemente pi modesto, per per il nostro viaggiatore straordi-
nariamente ricco.
(8 maggio 1787, sull a via per Messina) "Alte rocce calcaree a sinistra, dai colori sempre
piz vividi, formano belle insenature marine; segue una sorta di minerale definibile come
scisto argilloso o graywiicke. Nei torrenti si notano gi detriti di granito. I tuberi gialli del
Solanum, i fiori rossi dell' oleandro rendono allegro il paesaggio. Il fiume Nisi come i tor-
renti successivi trasportano scisti micacei".
(9 maggio 1787) "Procedemmo cavalcando sotto la sferza del vento di levante, avendo a
destra il mare in burrasca e dall'altra parte le rocce cbe l'altrieri avevamo ammirato dal-
l'alto, lottando per tutto il giorno con l'acqua; dovemmo attraversare una quantit di tor-
renti, uno dei qua !t; il Nisi, maggiore degli altrz; si /regia del titolo di fiume; ma tanto i
torrenti che i detriti trascinati dai loro letti ci ostacolavano meno del mare furibondo,
che in piz punti si frangeva /in sulle rocce scavalcando la strada e, ricadendo, copriva di
spruzzi i viaggiatori. Lo spettacolo era stupendo, e la sua singolarit ci faceva dimenti-
care il disagio.
Frattanto non mancava materia ai miei rilievi di mineralogia. Sotto l'azione delle intem-
perie gli enormi roccioni calcarei si disgregano e precipitano; le parti piz cedevoli vengono
corrose da/moto delle onde, mentre quelle di materiale misto, pi dure, resistono, siccb
l' intem spiaggia disseminata di piriti d'ogni colore, simili alla selce comea; ne raccogliemmo
parecchi esemplari"
7
.
Goethe era morto da sette anni quando nel1839 Stendhal scrisse La Chartreuse
de Panne.
Balzac, grande ammiratore di Stendhal, pi giovane ma pi autorevole presso i
362 PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBJENTK DE SAUSSURE, GOETHE, STENDI/AL
contemporanei (Stendhal 1783-1842; Balzac 1799-1850), aveva accolto entusia-
sticamente il nuovo romanzo, ma aveva inviato all'autore alcune critiche impor-
tanti; tra l'altro lo aveva invitato a occuparsi di pi dell'ambiente in cui agivano
i vari personaggi, che - come in tutte le opere di Stendhal - avevano un ruolo
fondamentale nella descrizione della societ al confine tra le terre austriache e
quelle piemontesi, dopo Napoleone.
Stendhalnegli anni successivi scrisse varie parti da aggiungere qua e l per una nuo-
va edizione, mai completata. Alcune di queste parti sono state rintracciate in vari
manoscritti o trascrizioni ed una in particolare per noi qui di grande interesse
8
.
Come noto una parte del romanzo si svolge tra il Lago di Como e il Lago di
Lugano dove il marchese del Dongo aveva un castello a Griante; cos descritto
in nota ad una delle prime edizioni:
"Piccola localit sulla costa ovest del lago di Como a 250 m di altitudine, a nord e vicino
a Cadenabbia, chiamata successivamente Grianta. Il castello situato in tl/1(( posizione qua-
si unica al mondo, su un altopiano coperto di castagni secolari, e si avanza nel lago /or-
mando un promontorio roccioso. Sormonta da un'altezza di centocinquanta piedi il ramo
del lago cbe si estende dalla parte di Como e quello pi oscuro cbe va verso Lecco. Il ca-
stello fu costruito verso la /in e del XIV secolo (altrove: XV secolo)"
9

proprio questa "posizione quasi unica al mondo" che fu oggetto della lunga
aggiunta stendhaliana. Nella prima stesura (tuttora quella di tutte le edizioni e
traduzioni) il viaggio di Fabrizio del Dongo da Lugano a Grianta occupa venti-
tre righe in cui non si parla affatto del lago e dei monti che Fabrizio attraversa.
L'aggiunta scritta nel1840 invece lunga centoquaranta righe di cui la met in-
teramente dedicata all'ambiente delle montagne e dei boschi tra i laghi di Lu-
gano e di Como:
"Dopo poco persero di vista il lago di Lugano al di sopra del quale erano saliti a grande al-
tezza. Gli alberi erano stati sostituiti da ginestre rade e stentate, alte appena due piedz; pro-
seguirono tm passaggi estremamente ripidi. Poi discesero di colpo e si trovarono in mezzo
ad alberi di gmnde altezza.
Queste foreste sono di una bellezza tmica al mondo. Dubito cbe, fuori d'Italia, se ne tro-
vino con questo carattere.
I: immaginazione di Fabrizio dopo neancbe un quarto d'ora di cammino sotto questi l b e r ~ in-
vece di pensare alle vessazioni cbe lo attendevano a Milano, vedeva immagini sorridenti.
Due ore prima, /ace n do il piano del viaggio, 11011 aveva pensato alla bellezza sublime di que-
ste foreste. Senza confessarselo, la sua anima impressionabile era ancora oppressa dalle pia-
nure verdeggianti, ma tanto prive di specificit del Belgio e rattristata da quelle aride e tri-
sti dei dintorni di Parigi e della Cbampagne, cbe, senza cbe se lo confessasse, gli avevano
stretto il cuore per tre mesi.
Ritmvando l'aria viva e voluttuosa delle Alpi italiane a lui ben nota, fu fuori di s dalla
felicit. Era questa capacit di gustare la bellezza fino alla follia cb e costituiva il /ascino del
suo carattere. Era a questa facolt di rasentare la follia, cbe doveva la sua espressione di ir-
resistibile piacere, sensibile cmcbe alle anime a cui basta per rallegrarsi una scampagnata a
Montmorency, dove aveva avuto tanti successi con le "signorine" dell'Opera.
PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELJ}AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDI/AL 363
fig. 9. Tivoli vista dall'altra sponda dell'An iene; J alto il tempio di Vesta, lungo le pendici la Villa Gregoriana.
Da: Johmm \Val/gang Goethe, Reise-Zerstreuungs-tmd Trost-Bucblein, 1806-1807
fig. 10. foseph Ma/ford \\7illiam Tumer (1775-1851). Tivoli vista come nellafig 9 di Goethe: il tempio di Vesta si
intravede sulla sinistra in ci111a alla roccia grigia cbe precipita nella valle dell'An iene; Tumer d grande importanza
al primo piano con 1111 albero.
.,
364
PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DEl-LA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DE StlUSSVRE, GOETHE, STENDHAL
fig. 11. Una llntagine artiitico-poetica ricavata da 1111a drammatica situazione 11atumle.
Da: ].\V. Goetbe, Reise-Zerstreuungs-und Trost-Bucbler, 1806-1807. Tra i/1806 e i/1807 Goethe andato p volte a
passeggiare a Ho/ -!oca/ri della Baviera al confine co11ltr Boemia- ed ba vii! o progressivamente sempre pri avallwre
1111a cava di marmo in cima alla quale c'era rma bmia; ne/1807 quando Goethe regala questo libretto alla Przcipessa
Carolina la cava aveva ormai raggiunto e distmllo la baita: "l'uomo ba tolto ww parte del mondo".
Con/esso che queste foreste sublimi che bisogna attraversare per superare la catena di mon-
ti che separa la Svizzera dal lago di Como, sono di una bellezza che si cercherebbe invano
altrove. Si incontrano qui due espressioni diverse: quella sublime selvaggia e dura detta
Svizzera, accanto a quella voluttuosa dell'Italia che arriva a ventate con la veduta di deli-
ziose ville sparse lungo il lago.
A ogni istante la vista del viaggiatore, obbligato a seguire una quantit di svolte, precipita
dapprima sulla go di Lugano, che si domina interamente, poi sulla go di Como, di cui inve-
ce, stando al centro delle sue non si possono scorgere le estremit e lo sguar-
do incantato dall'aspetto delizioso, simile a quello che o//re la costa della baia di Napoli.
Un istante dopo, una svolta imprevista toglie la vista cost' riposante della riva del lago e vi
fa trovare di fronte alle masse rocciose delle alte Alpi. La neve, che non le abbandona mai,
neanche al mese di agosto, raddoppia la severit del loro aspetto, fatto per sbalordire l'n-
maginazione pi vivace. Un'aria viva e gelida vi investe e raddoppia la vostra sensibilit
per questo genere di felicit. Quest'aria ricordava a Fabrizio tutte le gioie della sua in/an-
zia e le passeggiate sul lago con la zia. Questi aspetti severi e che innalzano l'anima fino
all'eroismo mancano al gol/o di Napoli, il pi bel luogo del mondo. Tra le catene delle Al-
pi italiane, l'aria cos puta e le vedute cos nette che a ogni momento si crede di essere
separati solo da un quc1rto di lega da queste vette innevate di cui si distingue con precisio-
ne il minimo crepaccio e i minimi precipizi su cui-sembra di veder saltare i camosci.
Impmvvisamente un zig-zag del sentiero vi pone dinanzi zm rialzo di terreno prima nasco-
sto, e ci si trova separati dalle vette delle Alpi da tutta la lungbezza de/lago e dalle pen-
dici immense che, dai due la scendono fino alle rive.
Con quella delicatezza cos frequente in Italia, i due accompag11atori di Fabrizio si erano
accorti che in questo stato d'animo t'l silenzio gli era gradito. Durante le quattro ore cb e
PARTE SES.I! l t !LLE ORIGINI DELLA MODERNt! CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSVRE, GOETHE, STENlJI IAL 365
dur la traversata del grande bosco, non solo non gli rivolsero la parola, ma restarono qual-
che passo indietro e non parlarono tra di loro".
Si direbbe quasi che Stendhal talmente convinto dell'osservazione di Balzac
sul suo scarso interesse per l'ambiente da voler anche colmare una specie di de-
bito verso il golfo di Napoli e sottolineare il confronto con la foresta di Mont-
morency, buona per appuntamenti galanti, o con le pianure del Belgio, della
Champagne, dei dintorni di Parigi, assunte come casi di ambienti opprimenti
10
.
difficile oggi a circa due secoli da de Saussure, Goethe, Stendhal, dire se la
moderna cultura dell'ambiente- questo fattore fondamentale come non mai dal
XXI secolo in avanti- sia cominciata con loro. Certo loro (e altri) hanno pen-
sato che bisognasse guardare al mondo percorrendo strade nuove, che bisognasse
porre i problemi prima delle soluzioni, che "tutte le religioni, le arti, le scienze
sono rami dello stesso albero" (Albert Einstein, 1937).
Note
1
C. de Seta, L'Italia del Grand Tour da Montaigne a Goethe, Electa, Milano 1996; C. de Seta, Ve-
dutisti e viaggiatori in Italia tra Settecento e Ottocento, Bollati Boringbieri, Torino 1999; AA.VV.
L: ambiente nella storia d'Italia - Studi e immagini, cataloghi Marsilio, Venezia 1989; AA.VV. Pae-
saggio - Immagine e realt, Electa Milano 1981; Bat de Hennezel architecte, Les voyages en Ita-
lie, 1791-1796, cat. Muse d'art et d'histoire, Ginevra 1989.
2
H.B. de Saussure, Voyages dans /es Alpes, 1774-1796, Georg Ed. Ginevra 2002.
3
Nicolas Card (1745-1821), ingegnere francese, trasferito a Ginevra. Costruisce ponti, canali,
strade: progetta anche una citt nuova vicino all'antica Versoix. La sua opera maggiore la stra-
da del Sempione (1801-1806). Uno studio accurato della sua attivit sarebbe interessante riguar-
dando le prime infrastrutture moderne a livello regionale. Vedi Archives nationales de France, Ar-
chives d'Etat de la Ville de Genve, ecc; catalogo Muse d'histoire urbaine et de la vie quotidienne
genevoise, 2007. Edouard Hostein disegna la Strada del Sempione nel 1831.
K. Baedeker, La Suisse et !es parties limitrophes de la Savoie et de l'Italie, Lipsia 1846; Kad Bae-
deker, Le sud-est de la France du jura la Meditermne, Lipsia, s.d.
5
Per la sua gigantesca attivit e per le pubblicazioni si veda la cronologia e la bibliografia curate
da Roberto Fertonani nell'edizione italiana del Fiaggio in Italia, tracl . di Emilio Castellani, Arnol-
do Mondadori 1983; Goethe in Italia, catalogo Electa, Milano 1986; J.W. Goethe, La storia dei co-
lori, L uni editrice, lVIilano 1998; J.W. Goethe, La teoria dei colori, Il Saggiato re, Milano 1999; J.W.
Goethe, Teoria della natum, Torino 1958.
6
Campagne in Frankreich, trad. italiana di E. Levi Incomincia la novella storia, Sellerio, 1981.
Il titolo della traduzione italiana tratto dalla famosa poesia " a ira" di Giosu Carducci: "E da
un gruppo di oscuri esce Volfango l Goethe dicendo: Al mondo oggi da questo l luogo incomin-
cia la novella storia".
7
E. Sciascia, Goethe in Sicilia, Sellerio, Palermo; A. Placanica, Goetbe tra le rovte di Messina, Selle-
rio, Palermo 1987; J.W. Goethe, Viaggio in Sicilia, tracl . e note di P. Di Silvestro, introduzione di V.
Consolo, Siracusa 1987. Per la geologia di quella parte della Sicilia Goethe conosceva gli studi di Dieu-
donn Dolomieu (1750-1801): di cui in italiano Memoria sopra i tremuoti della Calabria nell'anno 1783,
Napoli 1785. Vedi anche: V. Consolo e G. Barbera, Vedute dello Stretto di Messina, Sellerio editore
Palermo 1993, in cui riprodotta una delle rare vedute di Messina dopo il terremoto del1783, do-
vuta ad Abraham-Louis-Rodolphe Ducros: disegnata nell788-1789 (Losanna, Muse Cantonal cles
Beaux-Arts) mostra tra l'altro la Porta Realbano intatta a lato della Palazzata distrutta: "Questa fila di
case, una volta magm/ica, appare ora sberciata e sventrata in modo s01prendente, poich da quasi tutte
..
366 PARTE SESTA l ALLE ORIGINI DELLA MODERNA CULTURA DELL'AMBIENTE: DE SAUSSURE, GOETHE, STENDHAL
le finestre si vede il cielo blu; all'interno ci che era abitazione crollato" Q.W Goethe, op. cit.).
Quando Ducros disegna Messina passato un anno dalla visita di Goethe; lo stesso periodo in
cui sale sul Vesuvio e sull'Etna Lazzaro Spallanzani (1729-1799). Le sue descrizioni sono in certe
parti sorprendentemente analoghe a quelle di Goethe. Va da Messina a Catania in due giorni, per
mare (1-2 settembre 1788); Goethe era andato per terra in senso inverso (8-9 maggio 1787). Spal-
lanzani sale sul monte Rosso ("che prima era un piano, dove ne/1669 si aperse la nuova voragine,
e ne sgorg la formidabile lava") e poi, pi sportivamente di Goethe, prosegue fino al grande cra-
tere centrale ("Passai ad essere spettatore di un'altra scena unica ella pure per la molteplicit, bel-
lezza e variet degli oggetti che ci presenta. Infatti non evvi forse regione eminente sul globo che in
un sol punto ci scopra una sfera s ampia di mare e di terre, come il giogo dell'Etna ... e l'aria sottile
ch'io respirava, quasi cbe fosse interamente vitale, produceva un vigore, un brio e una leggerezza nel-
le membra, e un'agilit e svegliatezza nelle idee, che a me pareva d'essere divenuto quasi celeste")
da: Viaggi nelle Due Sicilie e in alcune parti dell'Appennino, Classici italiani, Tomo L Milano 1825.
8 Per i testi e per ogni annotazione si veda l'edizione completa delle opere di Stendhal nella Bi-
bliothque de la Pliade, con apparato critico e note di Henri Martineau: Romans et nouvelles,
vol. II, Appendice IV "La fort entre Lugano et Grianta", 3 novembre 1840.
9
interessante che Grianta non abbia incontrato molto interesse nelle guide del TCI. Nella pri-
ma edizione del 1916 solo citato come luogo da attraversare per andare alla chiesetta di San Mar-
tino. In quella del1967 descritto come "incantevole paesino formato da un nucleo di vecchie ca-
se e da numerosissime ville di varie epoche, in mezzo a lussureggiante vegetazione". Nell'edizione
del 2005 Grianta ignorato.
10
una singolare coincidenza che quei luoghi, lungo i laghi di Lugano e di Como, torneranno ad
essere al centro di romanzi famosi, circa cinquant'anni dopo la passeggiata di Fabrizio del Dongo.
Antonio Fogazzaro (1842-1911) ambienta in quel tratto della costa luganese chiamato Valsolda,
Piccolo mondo antico (1895). La madre era di Oria e l, in Valsolda, Fogazzaro pass molti anni;
oltre a Piccolo mondo antico anche Valsolda(1876), Ma/ombra (1881), Mistero del poeta (1888), Lei-
la (1910) si svolgono lungo i laghi di Lugano e di Como.
Per Fogazzaro "il paesaggio un elemento essenziale del racconto; addirittura reso partecipe alle
vicende in modo eccessivo (in Ma/ombra); in Daniele Cortis il rapporto col paesaggio risolto con
una cura letteraria che pu essere scambiata per poesia; nel Mistero del poeta il paesaggio ha un va-
lore determinante e il racconto comincia in vista di uno di quei lagbi che sono quasi sempre sullo
sfondo delle storie di Fogazzaro. In Leila il lago sempre presente nei momenti decisivi. Il lago si-
nistro in Ma/ombra, sereno in Piccolo Mondo Antico: qui il paesaggio non sforzato, ma il ricono-
scibile e circoscritto ambiente naturale che avvolge la storia" (Giulio Cattaneo, Storia della lettera-
tura italiana, vol. VIII Garzanti 1968).
Occorre per osservare che in Piccolo Mondo Antico non ci sono solo brevi e comprensibili (an-
che se un po' scontati) accenni allago e al paesaggio:
"A Castello le case che si serrano in fila sul ciglio tortuoso del monte a godersi il sole e la veduta della-
go in profondo, tutte bianche e ridenti verso l'aperto, tutte scure verso quell'altra disgraziata fila di case
che si attrista dietro a loro, somigliano certi fortunati del mondo che difronte alla miseria troppo vicina
prendono un sussiego ostile, si stringono l'uno all'altro, si aiutano a tener/a indietro" (parte I cap. 3 ).
"Il sole calava dietro al ciglio del monte Br e l'ombra oscurava rapidamente la costa precipitosa e le
case di Oria. Imprimeva, violacea e cupa, il profilo del monte sul verde luminoso delle onde che cor-
revmto oblique a ponente, grandi ancora ma senza spuma, nella "breva stanca" (parte II cap. 2).
"Il lago dormiva ormai coperto e cinto d'ombra. Solo a levante le grandi montagne lontane del La-
rio avevano una gloria d'oro fulvo e di viola" (parte II cap. 2).
Ci sono anche delle pagine - non poche - in cui il dettaglio per la descrizione dei luoghi tal-
mente realista fin nei nomi - in cui anzi a tratti si esaurisce - da rendere impossibile seguire Pic-
colo Mondo Antico senza una carta dettagliatissima del lago di Lugano e della Valsolda:
"Toccavano allora quel gomito della viottola che svoltando dagli ultimi campicelli del tenere di Al-
borgasio ai primi del tenere di Castello, gira a sinistra sopra un ciglio sporgente, nell'improvviso co-
spetto di un grembo precipitoso del monte, de/lago in profondo, dei paeselli di Casarico e di S.Ma-
mette, accovacciati sulla riva come a bere, di Castello seduto poco pi su, a breve distanza, e l di
fronte, del nudo fiero picco di Cressogno, tutto scoperto dai valloni di Loggia al cielo. un bel po-
sto, anche di notte, al chiaro di luna" (parte I cap. 3 ).
367
INDICE DEI NOMI
Abd al- Malik, 96
Adamo,243
Aga Khan Sadruddin, 23
Al- Mansur, 17
Alessandro Magno, 32
Al essi, Galeazzo, 285, 289
Alfieri, Benedetto, 289
Altichiero da Zevio, 177, 178
Amico, Bernardino, 278
Andrea da Rho, 291
Anita, Nicola, 73
Anosei, Giuseppe, giardiniere, 287
Antelami, Benedetto, 105, 107, 108
Antonello da Messina, 309, 312
Arcadia, imperatore d'oriente, 54
Arnolfini, coniugi, 296, 297
Aronberg, Lavin, M., 242
Asburgo, famiglia imperiale, 265
Ataulfo re Goto, 54
Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano,
imperatore romano, 26, 38
Bacci, famiglia, 254
Baedeker, Karl, 354
Baldassarre Estense, 313, 314, 315
Balzac, Honor de, 361, 362
Barbarossa, Federico I, imperatore, 175
Bartolo diFredi, 137, 179, 180
Bascap Carlo, vescovo, 289, 292
Battista Sforza, 306
Beato Angelico, Guido di Pietro detto, 120,
181,185,186,187,188,189,191
Bellini Giovanni, 18, 297, 312, 313, 314
Bellotto, Bernardo, 318, 319, 320,321, 322,
323,324
Benedetto XII, papa, 134
Benozzo Gozzoli, 183, 186, da 194 a 205,
211, da 228 a 236, 328, 329
Benvenuto di Giovanni, 135
Berenson, Bernhard, 258
Berlinghieri, Bonaventura, 208, 212, 228, 229
Bernascone Giuseppe, detto il mancino, 290
Bernini Gian Lorenzo, 329
Berry, Marie de, 114, 115, 116, 117
Bettini Sergio, 69, 70
Bicci di Lorenzo, e figlio, 254
Biffi, Andrea, 287
Blasi, Carlo, 11
Bloch, Mare, 10
Bonaventura Berlinghieri, 208, 212
Bonifacio VIII, Caetani, 82
Boninsegna, Duccio, 132
Borromeo, famiglia, 118,285, 287
Borromeo, Federico, cardinale, 283
Bourbon,Jean de, 114, 115, 116, 117
Bramante Donato, 328
Brandi Cesare, 98
Bruegel Jan, dei velluti o del paradiso, 266
Bruegel Pieter, il govane o dell' inferno, 266
Bruegel Pieter, il vecchio, 266, 267, 268, 269,
270,271,272
Ca etani J acopo Stefaneschi, cardinale, 134
Caillebotte Gustave, 340
Caimi Bernardino, 289
Calcani Giuliana, 11
Camilleri Andrea, 81, 82
Canaletto, Giovanni Antonio Canal, da 316 a
324
Caneva Giulia, 11
Caniola Filippo, 287
Canobio Amico, 292
Cardines Bernardino, vice re, 7 4
Carette, Julien, 345
Carlo il Temerario, 165
Carlo Magno, imperatore, 104, 106
Carlo V, imperatore, 264,265,266, 272, 273,
328
Carpaccio, Vittore, 297
Cassas Louis Franois, 286
Cassiodoro, 263
Castelli, Francesco, 287
Castelnuovo, Enrico, 11
Cavallini Pietro, 70, 71, 81, 82, 209
Card, Nicolas, 354
Cenni di Francesco, di ser Cenni, 244, 247,
248,249
Chiostri C., 279
..
368
Cimabue Giovanni, 82,209,211,218
Ciro, re di Persia, 122
Clemente VI, papa, 134
Clemente VII Medici, papa, 265
Cleto, padre cappuccino, 285
Colombe, Jean, 113
Colombo, Cristoforo, 264
Comestur Petrus, 263
Constable, J ohn, 23 5
Cosm Tura, 125
Cosroe, re sassanide, 244, 258
Costantina-Costanza, 97, 100
Costantino, Gaio Flavio Valeria Aurelio,
imperatore, 39, 47, 52, 174, 243,244,
258
Costantino n, imperatore, 174
Cozens, Alexander, 325
Cozens,John Robert, 325,330
Crespi, Giambattista, detto il Cerano, 283,
284
Crivelli Angdo, 287
d'Altavilla Guglielmo, 79, 84
d'Altavilla Ruggero n, re di Sicilia, 72
D'Armagnac, Bonne, 114
D'Enrico, Antonio, detto Tanzio da Varallo,
285
da Cassano. Gioacchino, 291
da Fogliano, Guidoriccio, 132, 133
Dassel, Rinaldo, 175
de Berry, Jean e Philippe, 108, 112, 113, 114
de Limbourg, Paul,Jean, Herman, 112, 113,
114, 115, 116, 117
de Saussure, Horace Bendict, 330, 351, 352,
353, 354, 365
del Cossa, Francesco, 125
del Dongo, Fabrizio, 362
Dell'Era Bruno, 11
della Porta, Giacomo, 328
della Sala Gianfrancesco, 278
Della Sala Gianfranco, 278
D'Enrico, Giovanni, 285
de' Roberti, Ercole, 125
Dionigi Bussola, 285, 292
D' Orleans, Charles, 114
Di.irer, Albrecht, 268
Ecclesio, vescovo, 55
Eginardo monaco, 104
Einstein, Albert, 365
Elena, madre di Costantino, 174, 175, 258
Elia, frate, 211
Emiliani, Andrea, 11,349
Eraclio, imperatore bizantino, 244, 258
SAPER l'EDERE L'AMBIENTE
Este, Borso di, 125
Estensi, famiglia, 124, 125, 126, 127
Eusebio da Cesarea, 263
Eustorgio I, vescovo, 174, 175
Falconi Bernardo, 283, 284
Farnese Paolo III, papa, 265
Federico II di Montefeltro, 301, 306
Federico II, imperatore, 87
Felice IV, papa, 38, 39
Ferrari, Gaudenzio, 285, 289
Foca, imperatore bizantino, 38
Fogazzaro, Antonio, 366
Fontana, Carlo, 287
Fontana, Domenico, 328
Fra' Dolcino, 282
Francesco di Giorgio Martini, 135
Francesco I re di Francia, 273
Francesco Silva, 285
Gabin,Jean, 345
Gaddi Agnolo, 189, 190, 244, 245, 246, 249
Gaddi Taddeo, 236, 238, 244
Galehot, 127
Galla Placidia, 52, 53,54
Gambi Lucio, lO
Garofalo, Giuseppe, incisore, 73
Gelosa Domenico, 288
Gentile da Fabriano, 146,183,192, 193, 194
Ghigi, Alessandro, 10
Giacobini, Valeria, 10
Gibbon Edward, 54
Gioeni, Giuseppe, 359
Giotto, 82, 175, 176, 177,208, 209, 211,
218, 220, 222, 223, 224, 225,226,227,
229, 237
Giovanetti, Matteo, 134
Giovanni da Murro, 208
Giovanni evangelista, 66, 148, 236
Giovanni, di Paolo, 182, 183, 185
Giulio II, papa, 328
Giunta Pisano, 208, 209
Giustiniano I, imperatore d'oriente, 42, 57,
94,96
Goethe,Johann Wolfgang von, 147,324,325,
330 da 354 a 361, 363, 364, 365
Goffredo di Buglione, 121, 123
Gregorio l, papa, 38
Gregorio IX, papa, 42
Grosshans, Rainald, 268
Guiscardo, Roberto il, 99
Guttuso, Renato, 10
Resse, Hermann, 207
Hildesheim, Giovanni da, 174
INDICE DEI NOMI
Honegger, Arthur, 345
Hostein, Edouard, 348, 354
Innocenza IV, papa, 211
Isabella d'Adda contessa, 287
Isacio, 155
Jacopo da Firenze, 249
Jacopo da Varagine, 150, 240, 243, 260,
261, 262, 263
Jan van Eyck, 295, 296, 297, 298, 299,301,
302
Jaquerio,Jacopo, 120, 121
Kammerer, Peter, 11
Konrad von Altstetten, 130
Konrad von Wurzburg, 129
Krippendorf, Ekkehart, 11
Lamanda Giuliana, 11
Lancelot, 127
Lawrence d'Arabia, 14
Lazzaro, 236, 237
Le Nain de Tillemont, Louis-Sbastien, 59
Leonardo da Vinci, 306,307,308,309,310,
311
Leonzia, moglie di Foca, 38
Lewis, John Frederick, 15, 19, 20
Leymaire,Jean, 338
Lichtenstein, principe-vescovo, 109, 112
Ligorio, Pirro, 328
Linneo, Carlo, 356
Lippi, Filippo, 195
Livia Drusilla, 26, 27, 38
Lock Eastlake, Charles, 324
Longhi, Roberto, 258
Lorenzetti Ambrogio, 88, da 132 a 143,200
Lorenzetti, Pietro, 132, 209, 211, 228, 238
Lotto, Lorenzo, 297
Luca, evangelista, 21, 35, 148, 149, 236
Ludus, o Studius, pittore, 24
Lutero, Martino, 266
Madame de Malohaut, 127
Maddalena, Maria, da 236 a 241
Maderno, Carlo, 328
Maestro di Angera, 119, 120
Maiuri, Amedeo, 26
Malatesta Sigismondo Rodolfo, 194
Manet, Edouard, 334, 335, 338, 340, 342, 345
Manzoni, Alessandro, 279, 283
Marangoni Matteo, 7, 9, 13
Marco evangelista, 35, 66, 148, 149
Marco I, papa, 42
Margaritone di Arezzo, 208
Martini Simone, 132, 133, 134, 209, 211
Masaccio, 23 7, 254
Masolino da Panigale, 249
Massenzio, imperatore romano, 38
Massimiano, vescovo, 55,57
Matteo, evangelista, 21, 35, 148, 149, 175,
236
Maupassant, Guy de, 334, 335
Mazzucchelli, Pier Francesco, detto il
Morazzone, 285
Medici famiglia, 194, 195, 196, 204
369
Memling, Hans, 169, 171,172, 173, 183, 184,
185,266,272,301,304,305
Michelangelo Buonarroti, 266, 328
Minnesanger, "Grande manoscritto di
Heidelberg",l28,129, 130, 131
Monet, Claude, 334,335, 336, da 338 a 346
Montaigne, Michel de, 89
Mora, Gian Maria, 287
Newburg Guglielmo, 175
Niccol IV, papa, 154
Niccol V, papa, 328
Nicolas de Verdun, orafo, 168, 175
Notker I detto Balbulo, 104
Ommayadi, 96, 128
Onorio l, papa, 36
Onorio, imperatore d'occidente, 54
Orioli, Pietro di Francesco, 135,136
Ottone IV, imperatore, 175
Paleologo, Giovanni VII, 194
PangaradiJoan e Sofronie, pittori, 62, 63, 67
Paolo III Farnese, papa, 265
Pasquale I, papa, 39, 40, 42, 43, 44, 47 47
Patinir,Joachim de, 206,264,265, 266,267,
268
Patriarca di Costantinopoli, Giuseppe, 194, 204
Peruzzi, Baldassarre, 328
Piccirillo, Michele, 11
Piero della Francesca, 244, da 249 a 259,
266, 301, 306
Piero il Gottoso, 194
Pio IV Medici, papa, 285
Piranesi, Francesco, 286
Pissarro, Camille, 334
Plinio, 24
Prestinari, Cristoforo, 285
Prisciani, Pellegrino, 125
Pseudo-Matteo, 66
Rachi re, 156
Raffaello, Sanzio, 266, 328
Raig' ibn- Ha}'\ven, 96
Ratzinger, J oseph, cardinale, l 02
Re Magi, Gaspare, Melchiorre, Baldassarre,
passim da 146 a 205
..
370
Renoir Ernesto, 78
Renoir Pierre Auguste, 334, 336,337, 338,
339,340
Renoir, Jean, 345
Richini, Francesco Maria, 287
Romolo Augustolo imperatore romano, 38
Rossellino Bernardo, 328
RousseauJean-Jacques, 352
Ruggero II d'Altavilla, re di Sicilia, 72
Ruskin John, 333
Saba, regina di, 244, 249, 257, 258
Sadiqi, mecenate e artista, 274, 275
Salomone, 243, 244, 249, 258
San Bernardo, arcivescovo d'Aosta, 282
San Bonaventura, 209, 220, 226
San Carlo Borromeo, 279,282,283,285, 286,
287
San Cristoforo, 286
San Domenico, 328
San Francesco d'Assisi, 208 e segg., 278, 328
San Giovanni Battista, 82, 83, 84, 85
San Leonardo da Porto Maurizio, 279
San Paolo, 35, 236
San Pietro, 35, 236
Sangallo, Giuliano da, 328
Sant'Apollinare, 35, 36
Sant'Agnese, 36
Sassetta, Stefano di Giovanni detto, 181, 182
Schillaci Leonardo, 11
Schopenhauer, Arthur, 325
Scoppola, Francesco, 11
Scrovegni, famiglia, 177
Sereni, Emilio, l O
Sestini, Aldo, 10
Settimio Severo, imperatore, 38
Sforza Maria, Galeazzo, 194
Sforza, Battista, 306
Shah Isma'il Safavi, 273
Shah Tahmasp, 273,274,275
Siccardo, vescovo, 263
Simmaco, papa, 36
Simon, Simone, 345
Simone, 236
Sisley, Alfred, 334
Sisto V, papa, 329
Soel, Kaium ed Elias, mosaicisti, 93, 94, 95
Solimano, il magnifico, 273
Stefaneschi, cardinale, 134
Stendhal, 284, 290, 361, 362, 364, 365
SAPER VEDERE L'AMBIENTE
Strozzi, famiglia, 192
Stuckey, Charles, 335
Sultan Ibraim Mirza, 273
Tabacchetti, Jean Wespin, 285
Tabriz, miniaturista, 273
Taddeo di Bartolo, 180, 181
Teodora, moglie di Giustiniano I, 42, 57
Teodorico, re degli Ostrogoti, 38, 39, 51, 54,
55,66
Teodosio I il Grande, imperatore, 35
Tischbein, Wilhelm, 357, 358
Tommaso da Celano, 209
Tommaso, apostolo, 174
Tommaso, marchese di Saluzzo, 123
Torriti,Jacopo, 82, 154, 156,209
Toscano, Bruno, 11
Toschi, Paolo, 10
Towne, Francis, 325,330, 331
Traiano, imperatore romano, 38
Turner,Joseph Mallord William, 276,280,
318, da 324 a 328,330,331,332,333,
352,363
Urbano VIII, Matteo Barberini, papa , 328
Valentiniano, imperatore romano, 54
Valerano, marchese di Saluzzo, 123
van der Weyden Rogier, 167, 169, 170, 183,
297' 300, 301, 303
van Heemskerk Maarten, 266,295, 328,329
Vannucci, Pietro, detto il Perugino, 266, 306,
307, 308
Venceslao, pittore, 109, 112
Vespasiano, imperatore, 78
Vignola, J acopo Barozzi, 328
Visconti, Ottone, arcivescovo, 118, 119, 120
Vitruvio, 24
Volta, Alessandro, 353
Voltaire, 324
Von der Linth, Hans, Konrad Escher, 351
von Hagenau, Reinmar, 129
von Knebel, K.L., 355,356
Von Stein, baronessa, 356
von Wurzburg Konrad, 131
Walther von der Vogelweide, 106
Whinney, Margaret, 268
Yarid ibn-Salam, 96
Zanelli, Sirio, 283, 284
Zevi,Bruno, 7,9,277
Zola, Emile, 344, 345,346
Zosimo, vescovo, 237, 239,241
......
371
INDICE DEI LUOGHI ILLUSTRATI
Alpi, 350, 351, 354
Altai, monti, 18
Andalusia, 20
Angera, Rocca Borromeo, 18, 119, 120,285
Aquila, Val Blenio, Canton Ticino, 285,286
Arezzo, 258, 259, SANTA MARIA E D ONATO 109,
157, 159, 208, 243, SAN FRANCESCO 244, da
249 a 257
Argenteuil,334,335,346
Arles, 150, 151
Arno, 243
Arona, 285, 286
Asnire, 346
Assisi, 328, SAN FRANCEsc o 68, 69, 70, 71, 81,
177, passim da 208 a 227, PORZIUNCOLA
208, 213, 218
Autun, 158, 159
Avigliana, Sant'Antonio di Ranverso, 120, 121
Avignone, 118, 241
Beth Shean, Palestina, 91
Betlemme, 39, 42, 43, 44, 45, 50, 148, 149,
154, 174
Bevagna, 131, 134
Bianco, monte, 350, 351, 352,353
Borgogna, 175,
Bougival,334, 346
Brissago, 286, 287, 288, 289
Cannobio, 285
Castiglion del Lago, 191
Castiglion Fiorentino, 208
Catania, 359, 360
Cefal, 38
Certaldo, 204
Chatou, 346
Citt della Pieve 307
Cividale del Friuli, 156, 158, 159
Colonia, 167, 168, 175,
Como, lago, 362, 364
Cortona, 182, 188, 191
Costantinopoli, 52, 174, 175, SANTA So FIA 60, 174,
MUSEO DI CHORA 64, 65, 67, 68, 69, 70, 81
Crea, 289,
Croissy, 334
Damasco, MOSCHEA DEGLI 0 MMAYADI, 96
Disentis, Grigioni, 164, 287
Domodossola, 282,289, 291
Dourdan, castello, 116
Dresda,318,320,321,322,324
Eggishorn, 354, 355
Empoli, 254
Ercolano, 24
Etampes, castello, 117
Etna, 359, 360
Ferrara, Palazzo di Schifanoia, 124, 125, 126, 127
Fiandre, 243
Firenze, 243, BArnsTERo DI S. GIOVANNI DA 81 A
86, MUSEO DI SAN MARCO 186, 187, 188,
191, SANTA CROCE, 189, 244, PALAZZO
MEDICI - RICCARDI da 194, a 204
Forl, San Mercuriale, 157, 159
Frugarolo, Alessandria, 127, 128
Gaza, Palestina, San Sergio, 95
Gerusalemme, 39, 42, 43, 44, 45, 47, 50, 95,
96,97, 148,149,154,174,182, 249,278
Ghiffa,286,289,291
Giverny, 334
Greccio, 209, 225, 226, 236
Grenouillre, 334, 335, 336, 337, 338, 340
Griante, 362
Isole Borromeo, 285,286, 287
Khirbat al-Mukhayyat, Giordania, 91, 93
Khurasan, 273
La Flegre 350, 351
Lesa, 285
Les-Saintes-Maries-de-la-Mer, 237, 239,240,241
Lmena, 175
Lucomagno, Grigioni, 164,287
Lugano, lago, 362, 364
Madaba, Giordania, 15, 46, 50
Madonna del Sasso, lago d'Orta, 281
Madonna del Sasso, Locarno, 281, 286
Maggiore, lago, 281
Mede!, val, Grigioni, 164, 287
Merano, S. Marie Trost, 163
Mergozzo,285
Mesma monte, lago d'Orta, 282
..
372
Mesocco, Mesolcina, Grigioni, 164
Messina, 360
Miasino, 287
Milano, 174, 175, SAN EusTORGIO 175, SAN
GIORGIO 175
Monaco di Baviera, 321
Moncenisio, 175
Monreale, DUOMO, 38,
Montaione, San Vivaldo, 289
Montefalco, 211,228,229, da 230 a 235,328
Montenvers, 352
Montepulciano, 208
Monterosso, 360
Montmorency, foresta di, 362
Mustair, val, 163
Napoli,356,357,359
Nazareth, 149
Negrentino, Val Blenio, Canton Ticino, 164
Nicea, 174
Oggebbio, VB, 164
Oria in Valsolda, 289
Oropa, 289
Orta- San Giulio, 289, 292
Orta, lago, 281
Orte, 208
Ossola, 282
Ossuccio, lago di Como, 289
Pallanza, VB, 107
Poitiers, 115, 117
Padova, CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI52, 175,
176, 211, 237, ORATORIO DI SAN GIORGIO
177, 178
Palermo 72, 73, 74, 75, 78, 359, AL Qasr 72,
CALA, 13, CUBA 79, FAVARA 73, GENOARDO
73, KALsA 74, KEMONIA 72, QUARTIERE DELLA
MOSCHEA, 74 QUARTIERE Nuovo 74,
PAPITRETO 73, VIA MAQUEDA 74, 75 PALAZZO
DEI NORMANNI 38, 62,66, 67,76,77,78,79,
ZISA 78, 79, 80, 81
Parigi, GARE SAJNT-LAZARE, 340, 342, 343, 344,
345, 346 . , . " .:,
Parma, BATilSTERO 105, w?:'fb7, ''1(9
Pavia, 175 :1r :
Pazyryk, valle, 18, 19
Persia, 273
Perugia, 187
Pescia, 208, 228
Pilatus, monte, 354, 356, 357
Pisa, 208
Piatta, Val Medel, Grigioni, 164, 166
Pompei, 26, CASA DEI VETTI 10, VILLA DEI
M!STERI24
..
. 1;.
SAPER l'EDERE L'AJ\.JBIENTE
Pontresina, Grigioni, 166, 167
Provenza,243
Ravenna, 52, 54, GALLA PLACIDIA 52, 53, 54,
SANT'APOLLINARE IN CLASSE 51, 55, 58, 59,
SANT'APOLLINARE Nuovo 51, 55, 59, 60, 61,
64, 65, 155, 156, 158, SAN VITALE 42, 48,
49,55,56,57,155
Roma, 174, 356, 357, CATACOMBA DI PRISCILLA
32, 33, 97, CATACOJI.ffiA DI VIA DINO
COMPAGNI 32, 34, FORO DI CESARE 97, 99,
FORO ROMANO 38, HEROON ROMULI 38,
SANTA CECILIA IN TRASTEVERE 42, 43, 44, 45,
50, SAN CLEMENTE 43, 44, 45, 50, da 99 a
103, SANTI COSMA E DAMIANO 39, SANTA
CosTANZA 97, SAN FRANcESco A RIPA 208,
SAN MARCO 42, SAN GIOVANNI IN LATERANO
99, 101, SANTA lVlARIA MAGGIORE 35, 39, 52,
152, 153, 154, 156, SANTA MARIA IN
TRAS'CEVERE 42, 43, 67 70 71 81, SAN PrETRO
IN VATICANO 266, 328, SANTA PRASSEDE 38,
42, 43, 60, TEMPIO DELLA PACE 38, VILLA
DELLA FARNESINA 26 , 27, 28, 29, CASA DI
LIVIA AL PALATINO 26, VILLA DI LIVIA A PRIMA
PORTA 12, 26, 27, 30, VILLA BARBERINI 327,
VATICANO 187, 208
Rozier-Cotes d'Auree, 156, 159,
Saas-Fe, Vallese, 289
Sabratha, J amahriya, 98, 99
Sainte-Baume, Provenza, 237,241
Saluzzo, Castello di La Manta, 122, 123
Sancarlone, 282, 283, 285
San Gimignano, 204
San Miniato al Tedesco, 208
San Miniato in Toscana, 285
San Zeno
Sansepolcro, 258
Santa Caterina del Sasso, 281
Sempione, 248, 348, 354
Senna, da 334 a 341, 346
Siena, 180,181,182,183,208,243
Egitto, SANTA CATERINA, 94
Siyagha, Monte Nebo, Giordania, 93, 94, 95
.monte, 357, 358
Spluga, 282
i
Stresa, 286
Subasio, 211,231
Subiaco, 208
Sucevitsa, Bucovina, Romania, 62, 63, 57, 68
Tabriz, 273, 274, 275
Talamone, 143, 144, 145
Tescio, valle del, 211
INDICE DEI LUOGHI ILLUSTRATI
Tevere,243,258,259
Ticino, 282, 286
Tirolo, 282
Torino, 175
Trasimeno, lago, 182, 188, 191
Trento, Castello del Buonconsiglio, da 109 a
115
Tunisi, 273
Umm al-Rasas, Giordania, Santo Stefano, 50,
91,92
Urbino, 301, 306, 307
Uyoun al-Kanisah, Giordania, 91
Uyoun Musa, Giordania, 91, 93
Uzbekistan, 273
Val Bregaglia, 282
Val d'Aosta, 282
Valmy, 355
Valperga Canavese, 289
Valsesia, 282
Valtellina, 282
Varallo, 282, 289
Varese, 289,290
Varsavia, 321
Venezia, 174, CANAL GRANDE316, 317, 326,
RIVA DEGLI SCHIAVONI 317, SAN MARco 189
Vergante, 285
\Terona,SanZeno, 99,101
Vesuvio, 357, 358
Vtheuil, 334
Vienna, 321
Villa Gregoriana, 363
Visperterminen, Vallese, 289
Vogogna,285
\Tolterra, 204, 205, SAN FRANCESCO 244
Vuorz, Waltensburg, Grigioni, 163, 164, 287
Zillis, Grigioni, 160, 161,162, 163
Zurigo, 208
BIBLIOTECHE DI ROMA
BIBLIOTECA GALLINE BIANCHE
Inventario N ....
373
..
, .,
374 SAPER l'EDERE L'AMBIENTE
CREDITI FOTOGRAFICI
Tutte le immagini, ove non altrimenti specificato, sono state fornite dall'autore e provengono
dall'Archivio Insolera.
BlaueVGnamm/ ARTOTHEK, fig. 8 a, p. 184 (per
gentile concessione. Fotocolor 1990. Foto
Scala, Firenze)
The Trustees of the British Museum fig. 11, p. 326
Foto Dainelli Volterra, fig. 3, p. 205
Fotoimmagine, Volterra figg. 3,3a ,3b, pp. 250-253
Gemaldegalerie Alte Meister, Staatliche
Kunstsammlungen Dresden, fig. 5, p. 320; fig. 6,
p.321;fig,4b,p.299;fig.8,p.308
Gemiildegalerie, Staatliche Museen zu Berlin, Foto
Ji:irg P. Anders, 2005. Foto Scala, Firenze,
Bildarchiv/Preussischer, Kulturbesitz, Berlin,
fig. 8-8 b, p. 170; fig. 2, p.265
Gemiildegalerie, Staatliche Museen zu Berlin, Foto
Ji:irg P. Anders, 2007. Foto Scala, Firenze,
Bildarchiv/Preussischer, Kulturbesitz, Berlin,
fig. 8-8 b, p. 170; fig. 6 b, p. 305
lmaging Department President and Fellow of
Harvard College, fig. 14, p. 342
Insel Verlag, Frankfun am Mein 1978, figg. 4-10, pp.
356-360 e p. 363
A. Jemolo, pp. 9 a-9 b, pp. 42-43
Foto A. Jemolo, La Chiesa di Santa Prassede, con le
opere d'arte iv i contenute, di propriet del
Fondo Edifici di Culto, amministrato dal
Ministero dell'Interno - Dipartimento per le
Libert civili e l'Immigrazione - Direzione
Generale per l'Amministrazione del Fondo
Edifici di Culto, figg. 8-8c, pp. 40-41
Foto A. Jemolo per Gentile Concessione della Chiesa
Rettoria San Clemente al Laterano, figg. 11a-11 h
p. 44-45
Foto A. Jemolo per Gentile Concessione del
Vicariato di Roma, figg.10a- lOb, p. 44-45
KMSK Antwerp Image Courtesy of
Reproductiefonds- Lukas, fig. 4 c p. 300-301
Kunsthistorisches Museum, Wien oder KHM, Wien
fig.6,p.269;fig. 6,p.269
The Metropolitan Museum of Art, The J ack and
Belle Linsky Collection) 1982 The
Metropolitan Museum of Art, fig. 6, p. 182
The Museum of Fine Arts Houston; The Robert Lee
Blaffer Memoria! Collection, gift of Sarah
Campbell Blaffer, fig. 2, p. 317
Photo The National Gallery, London, fig. 3, p.
267; fig. 3, 296; fig. 7, p. 339
Andrew M. Collection, Image courtesy of the Board
ofTrustees, National Gallery, Washington,fig. 8,
p. 308; fig. 20 p. 333, fig. 11, p. 342
The Royal Collection 2007 Her Majesty Queen
Elizabeth II, fig. 3, p. 319
Museo Nacional del Prado - Madrid, fig. 8 b, p.
185
By courtesy of the Trustees of Sir John Soane's
Museum, p. 276 e fig. 19 p. 332
Studium Biblicum Franciscanum Gerusalemme,
figg,l-1pp. 92-98
Tate, London, 2007 fig. 3 p. 280 fig. 13, p. 327; fig.
12, p. 327; fig. 10, p. 32; fig. 21, p. 333; fig. 18,
p.33l
Regione Umbria-Servizio Musei e Beni Culturali,
Fototeca, figg. 4-9, pp. 231-235.
ARCHIVIO SCALA
1990. Foto Scala, Firenze: figg. 15 a-15 b, pp. 48-
49; fig. 1-2, p. 53, fig. 3-4, p. 55; figg. 3-4, p. 55,
figg. 5-6, pp. 56-57; figg. 18 a-18 c, p. 67; fig.19,
p. 68; figg. 5-5 c, pp. 84-86; fig. 13, p. 100; figg.
6-9, pp. 124-126; fig. l, p. 133; fig. 5 pp. 140-
141; fig. 7, p. 169; fig. 10 e 10 a, p. 172, figg. l
a e l h, p. 176; figg. 4-4 a, pp. 180; fig. 12, p. 189;
fig. 3 b, p. 211, figg. 6-9, pp. 219-223; fig. 10-12
pp. 224-226; fig. l, p. 229; fig. 3, p. 229; fig. 11,
p. 238; figg. 13 e 16, pp. 238 e 239; fig. l, p. 264;
fig. 5, p. 268; fig. 8, p. 271; fig. 5 b, p. 303; fig.
9, p. 309; fig. l, p. 317; fig. 8, p. 323; fig. 4, p.
337; fig. 8, p. 340
1990. Foto Scala, Firenze, su concessione
Ministero Beni e Attivit Culturali: figg.7-10 a,
pp. 58-61; figg. 5 a-5 f, pp. 110-115; figg. 4-4 a,
p. 180; fig. 9-10, p. 186-187; fig. 4 a, p. 212; fig.
2,p.229
1990. Foto Scala, Firenze/ Fondo Edifici di Culto
-Ministero dell'Interno: figg. 6-6a, pp. 36- 37;
figg. 1-1 c, pp. 245-246
1992. Foto Scala, Firenze: fig. 14, p. 329
1993. Foto Scala, Firenze, su concessione
Ministero Beni e Attivit Culturali: fig. 11, p .
188; figg. 2-2 a, pp. 196 -197; figg. 2-2 a, pp.196-
203
1994. Foto Scala, Firenze: fig. 9, p. 171
1995. Foto Scala, Firenze: figg. 20-21, p. 69, figg.
4-5, p. 122-123; fig. 4 b, p. 213; figg. 5 a-5h, pp.
214-215; figg. 15 e 16, p. 293, fig. 13, p. 343
1996. Foto Scala, Firenze: figg. 10-10 a, pp. 312-
313
1998. Foto Scala, Firenze, figg.5-5c, pp. 83-86: fig.
13 a, p. 189
2000. Foto Scala, Firenze, su concessione
Ministero Beni e Attivit Culturali: fig. 3, p. 179;
fig. 10, p. 237
2001. Foto Scala, Firenze, su concessione
Ministero Beni e Attivit Culturali: figg. 7 a e 7h,
pp. 306-307
2001. Foto Scala, Firenze: figg. 11-11 b, p. 314
2005. Foto Scala, Firenze, su concessione
Ministero Beni e Attivit Culturali: p. 146, fig. l-
l b, p. 193-194; fig. 4 a, p. 298
2006. Foto Scala, Firenze/Luciano Romano: figg.
12-13, pp. 26-27; figg. 14-14a, pp. 28-29; figg.
15-15a, p. 30; fig. 16, p. 102
2007 Image copyright The Metropolitan Museum
of Art/ Art Resource/ Scala. Firenze: fig. 2, p.
336
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