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Editore

Arci Bauhaus Decimomannu


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Decimomannu - Tel./Fax 070.962660
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Progetto grafico e impaginazione


il Graffio di Stefano Soddu
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Selargius
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Stampa e allestimento
Tiemme Officine Grafiche
Località Truncu Is Follas
Assemini

Edizione 2008

© Copyright 2008

Tutti i diritti, nessuno escluso, concessi dagli autori, sono riservati all'Editore. È vietata per chiun-
que la riproduzione di tutto o di parte del presente volume con qualsiasi mezzo, sia meccanico che
elettronico, senza l'autorizzazione scritta dell'Editore.
Per una riscoperta
della storia locale:
la comunità di Decimomannu nella storia
Coordinamento scientifico
Giovanni Serreli

Foto di copertina,
controcopertine, pagine 4 e 366
Tonino Uscidda
Sommario
Le prime manifestazioni della scrittura nel cagliaritano
di Maurizio Virdis 16

Mariu Pudhu 23
1- S’abbisòngiu nou de lingua sarda 23
2- S’isperiéntzia istórica si fiat fendi sentza de língua 23
3- Sa LSU (Limba Sarda Unificada) 24
4- Sa LSM (Limba Sarda de Mesania) 25
5- Sa cosa prus importanti 26

Passau e presenti de sa lingua sarda


di Giovanni Casciu 27

Ricerca per una storia locale:


Decimomannu dalla preistoria al feudalesimo
di Cecilia Lilliu 31

La toponomastica del territorio di Decimomannu


di Carlo Manca 36

I villaggi all’aperto dell’entroterra del golfo di Cagliari


nel quadro della civiltà nuragica
di Vincenzo Santoni 44
I luoghi del sacro 51
I diversi “filoni” di strutture funerarie 54
Bibliografia 62
Referenze documentali 70

L’espansione fenicia e punica nei campidani


di Paolo Bernardini 71

Decimo in età romana: le necropoli e l’acquedotto roma-


no da Cabudacquas a Carales
di Donatella Salvi 79
Decimomannu e il suo ponte romano: un importante
nodo stradale della Sardegna antica
di Fabrizio Fanari 87

Brevi cenni sulla Sardegna in epoca romana


di Marcella Bonello 97
Elmas 98
Assemini 101
Monastir 103
San Sperate 104
Uta 106
Sestu 107
Villaspeciosa 110
Decimoputzu 112
Villasor 114
Vallermosa 115
Decimo è la Valeria ricordata da Tolomeo? 119
Nelle carte l’ubicazione di Valeria varia notevolmente 120
I Documenti 123

L’antico quadro insediativo del Campidano


alto-meridionale e la questione di Valeria
di Giovanni Ugas 131
1 - L’enigmatica Valeria
1.1 - status quaestionis 131
1.2- Le ragioni dell’esistenza di Valeria 132
2. Aspetti fisici, risorse e scarsa visibilità insediativa
del Campidano
2.1. Le caratteristiche fisiche 135
2.2. L’edilizia dell’argilla e la falsa impressione della scarsa antropizzazione
campidanese 136
3. La situazione insediativa nel Campidano alto-meridionale 137
3.1. I dati del territorio della curatoria di Gippi 138
3.2. La Curatoria di Nuraminis 143
3.3. La Curatoria di Decimo 149
3.4. La Curatoria di Dolia 153
3.5. I dati generali del Campidano alto meridionale 158
4. Nuove considerazioni sull’identità di Valeria
4.1. La gens Valeria nell’isola 162
4.2. Toponimi sardi legati alla base bar-/bal- e altri aspetti linguistici 163
4.3. L’identificazione di Oualeri: La risposta dell’archeologia 164

Archeologia nel Campidano di Cagliari.


L’età tardo antica e l’altomedioevo
di Donatella Salvi 170

Santa Greca: la martire di Decimomannu


di Mauro Dadea 177
- L’epitattio 178
- L’ipogeo 186
- La chiesa 189
- Il monastero 190
- La martire 191

I fedeli sardi e Santa Greca


di Raimondo Podda 203

Decimo in età medievale


di Giovanni Serreli 210

Sul processo a Gherardo della Gherardesca,


conte di Donoratico, feudatario di Dècimo
di Valentina Grieco 229
- L’inchiesta 230
- Le accuse 230
- La sentenza 231

La villa di Decimo nel “Proceso contra los Arborea”


di Maria Grazia Farris 233

Governo e amministrazione del regno di Sardegna in età


aragonese: la luogotenenza regia
di Fabio Cocco 246
- I titoli 247
- L’assetto territoriale nel governo dello Stato 249
- Gli atti di nomina e i poteri delegati al luogotenente 250
- Conclusioni 251

La presenza dei villaggi nel Parlamento sardo del 1355:


Decimo e la sua curatoria
di Esther Martí Sentañes 255
Il Parlamento del 1355 nella storia parlamentare sarda 255
La presenza de Decimo nelle sessioni parlamentari 257
Conclusioni 261

Il sarcofago di Violante Carroç


di Donatella Salvi 262

La villa di Decimomannu in età moderna: appunti


per una storia politico-istituzionale ed economico-sociale
di Giovanni Murgia 273

Le contese sui confini tra comuni contermini.


I villaggi scomparsi ed il regime dei beni dall’uso
civico al diritto di cussorgia alla proprietà perfetta
di Aldo Cappai 293
- Ville despobladas nel sud est della Sardegna 294
- Dall’esodo alle liti tra comunità contermini, e tra esse
e il feudatario, sull’uso dei territori despoblados 295
- Isole amministrative 295
- Il periodo piemontese 296
- Diversi sistemi d’uso del territorio 296
- Curadorìa di Decimo 297

Le vicende storiche di Villanova de Seruis


di Antonello Secci 298
- La controversia secolare fra tre comuni
e la suddivisione del salto di San Giovanni 304
- La tradizione, la chiesa e le feste campestri 307
- Appendice 310

Su alcune visite pastorali a Decimomannu (XVI-XVIII)


di Simonetta Sitzia 312
Architettura religiosa medioevale a Decimomannu
e Decimoputzu
di Roberto Coroneo - Anna Pistuddi 324
- Sch. 1. Decimoputzu/Villasor, chiesa di Santa Sofia 326
- Sch. 2. Decimomannu, chiesa di Santa Greca 327
- Sch. 3. Decimoputzu, chiesa di San Giorgio 328
- Sch. 4. Decimoputzu, chiesa di San Basilio 330
- Sch. 5. Decimomannu parrocchiale di Sant’Antonio Abate 331

Ordini equestri ed ospedalieri medievali nelle curadorias


di Decimo e Gippi
di Stefano Castello 332
- La precettoria di Santa Maria di Uta 334
- Prima ipotesi 335
- Seconda ipotesi 340
- Conclusioni 344
- San Michele di Searu e l’Ordine dei Cavalieri del Tau 345

I reperti rinvenuti nella Chiesa parrocchiale di Decimo,


altare di Sant’Antonio
di Donatella Salvi 349

La chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate


(Decimomannu)
di Don Beniamino Tola 361
Mauro Dadea

Santa Greca:
la martire di Decimomannu
anta Greca, la martire di Decimomannu, appartiene a quella

S vasta schiera di santi antichi dei quali, a ben vedere, si cono-


scono con certezza soltanto il nome e il titolo1 (figura 1).
Nei difficili secoli dell’altomedioevo, alla quasi totale distruzione
cui andarono soggetti perfino gli archivi centrali dell’impero non
potevano certo sfuggire i documenti relativi alle piccole chiese
particolari.

1 La grande venerazione tributata a Santa


Greca in tutta la Sardegna trova immediato
riscontro nella ricca bibliografia fiorita a suo
riguardo. Limitatamente alle opere di genere
agiografico, in ordine cronologico si vedano:
Novena de sa Gloriosa Santa Arega Sarda
martirisada in Deximu Mannu, Casteddu
1788; Novena de sa Gloriosa Sant’Arega
Martiri Sarda, Oristanis 1871; G. SPANO,
Storia della chiesa di Santa Greca presso
Decimo Manno ed esercizio spirituale in lingua
vernacola che dai devoti si pratica in detta
chiesa, Cagliari 1876; Ricordo della festa di
Santa Greca a Decimomannu nel 24 e 25
Settembre 1887, Cagliari 1887; N. FALCHI,
Vita di Santa Greca Vergine e Martire,
Sassari-Cagliari 1899; E. ARGIOLAS, Santa
Greca Vergine e Martire, Cagliari 1911; A.
CASU, Gemme sarde, Cagliari 1926, pp. 46-
52; R. MAXIA, Vita di Santa Greca, Cagliari
1930; A. SAILIS, Il devoto di Santa Greca.
Novena e preghiere, inni, vita e goccius,
Cagliari 1950; G. PIRAS, I santi venerati in
Sardegna nella storia e nella leggenda,
Cagliari 1958, pp. 259-260; A. AMORE,
Greca, santa, martire, venerata a
Decimomannu, in Bibliotheca Sanctorum,
VII, Roma 1966, coll. 164-165; R. BONU,
“E a dir di Sardigna” (Uomini, Paesi, Santi),
Cagliari 1969, pp. 138-140; F. COLLI,
Decimomannu. Il paese e la sua storia. Il culto
di Santa Greca, Cagliari 1971; Dizionario dei
santi venerati in Sardegna, Assemini 1993,
pp. 108-109; A.F. SPADA, Storia della
Sardegna cristiana e dei suoi santi. Il primo
millennio, Oristano 1994, pp. 190-192; E.
LILLIU, Iconografia dei santi sardi veri o pre-
sunti della pietà popolare, Cagliari 1995, p.
121; R. PODDA, Santa Greca. Storia, tradizio-
ne, leggenda e miracoli, Decimomannu
19974; F. CIOMEI, Gli antichi martiri della
Sardegna, Alghero 20004, pp. 341-350; F.
VIRDIS, Santa Greca da Decimomannu. La
nuova storia di un culto antichissimo,
Monastir 2001; I. CHISESI, Dizionario icono-
grafico dei patroni e dei santi della Sardegna,
Cagliari 2004, p. 134; B. TOLA,
Decimomannu: Il paese, Santa Greca, storia e Fig. 1 - Santa Greca Vergine e Martire di Decimomannu in una stampa
miracoli, Monastir 2004. devozionale del XIX secolo

177
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

Così, in Sardegna come altrove, se la fede e la tradizione hanno


tenacemente conservato la memoria di tanti fedeli vissuti nei
primi secoli del cristianesimo, a suo tempo ritenuti degni di spe-
cifica venerazione e quindi invocati come santi, oggi, in proposi-
to, generalmente mancano quei documenti storici capaci di far
distinguere i personaggi leggendari, inseriti nei calendari locali e
nei vecchi martirologi ufficiali per i più svariati motivi, da quel-
li realmente esistiti2.
E in quanto a questi ultimi, generalmente il medioevo non
mancò di colmare le proprie lacune di conoscenza a loro riguar-
do inventando di sana pianta biografie e miracoli, di solito in ter-
mini tanto inverosimili da indurre gli studiosi moderni a porre in
dubbio la stessa consistenza storica dei “santi” ispiratori3.
Santa Greca, compatrona di Decimomannu, si trova esattamen-
te in una simile situazione, per cui, a propria volta, non è potu-
ta sfuggire agli attacchi dei critici4. Le fonti informative a suo
proposito, infatti, si riducono oggi a pochi elementi di natura
alquanto eterogenea.
Non si possiede, cioè, nessun documento storico diretto, come
sarebbero una sua biografia antica o gli atti del martirio, ma solo
una congerie di fonti a carattere epigrafico, archeologico, monu-
mentale ed archivistico che possono testimoniarne unicamente
la remota antichità del culto.
In ordine cronologico si hanno:
1. l’epitaffio attribuito alla santa (V-VI secolo);
2. la tomba a camera sotto il presbiterio della sua chiesa a
Decimomannu (V-VIII secolo);
3. la chiesa ad corpus medievale (di cui oggi si conserva la sola
area absidale) sorta su questo sepolcro (fine XI secolo);
4. vari documenti medievali relativi al monastero femminile
annesso a questa chiesa (XIV-XV secolo, con rimandi interni
anche ai due secoli precedenti);
5. la inventio seicentesca delle sue reliquie, con relativo corredo
di osservazioni antiquarie tramandato dagli scavatori;
6. la chiesa ad corpus nella sua ristrutturazione sei/settecentesca.

- L’epitaffio
In questa occasione sarà necessario limitare l’analisi solo ai primi
quattro punti, non essendo ancora disponibili moderne indagini
né di scavo archeologico né di stratigrafia muraria che possano
utilmente permettere il riscontro scientifico anche degli ultimi
due.
Preliminare ad ogni altra possibile considerazione, naturalmen-
te, dovrà essere l’esame dell’epigrafe funeraria, partendo dalle
notizie più antiche ad essa riguardanti. 2 D. FILIA, La Sardegna cristiana, I, Sassari
1909, pp. 49-50; R. TURTAS, Storia della
Essa, secondo la testimonianza del padre Seraffin Esquirro, fu Chiesa in Sardegna dalle origini al 2000,
individuata casualmente nella chiesetta rurale dedicata alla stes- Roma 1999, pp. 36-38.
3 D. FILIA, La Sardegna cristiana cit., pp. 60-
sa Santa Greca, a Decimomannu, sotto l’episcopato di don 61; R. TURTAS, Storia della Chiesa in
Antonio Parragues del Castillejo (1558-1573), da alcuni mura- Sardegna cit., pp. 38-47.
4 Una prima messa a punto critica, e conse-
tori che cercavano di recuperare materiali edilizi all’interno del- guente proclamazione ufficiale della martire
l’edificio ormai semidiroccato, in vista del suo restauro: «En el Greca a compatrona di Decimomannu, è
venuta dall’arcivescovo di Cagliari
tiempo que Don Antonio Parragues de Castilejo, (...) siendo OTTORINO PIETRO ALBERTI, Santa Greca.
Arçobispo de Caller, hizo reedificar esta Iglesia (scil. di Santa Omelia nella festa della santa martire,
“Notiziario Diocesano”, XI, 3, 2001, pp.
Greca), la qual, por ser tan antigua, estava casi toda derribada, en 577-580.

178
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

este tiempo que se reedificava se hallò una losa de marmol, en la


qual estava grabado un letrero, segun mas abaxo se veera. Esta
losa, ignorantemente, fue levada a una otra iglesia muy cerca desta,
la qual en esse mismo tiempo se edificava»5.
Il primo a valorizzarla, ritenendola attinente al culto, fu a quan-
to parrebbe l’arcivescovo don Francisco Del Vall (1587-1595):
«Sucedio muchos años despues, en el Arçobispado, Don Francisco
del Vall. Vido este buen Prelado la dicha losa con el letrero, y pre-
guntò de donde se havia quitado. Muchos de los que se hallaron pre-
sentes quando se havia llevado de su lugar, a essa otra Iglesia que
de nuevo se edificò, (...) dixeron que essa piedra la havian tomada
de la Iglesia propria de Santa Greca: mandò luego su Señoria
Illustrissima que la bolviessen alla, y en continiente la bolvieron
donde agora està»6.
5 S. ESQUIRRO, Santuario de Caller y verdadera Nonostante l’iniziale ottimismo del padre Esquirro, il quale nel
historia de la invencion le los Cuerpos Santos 1617 si diceva convinto «que antes que salga a luz la segunda
hallados en la dicha Ciudad y su Arçobispado,
Caller 1624, p. 493. parte desta obra se havra hallado su bendito cuerpo (di santa
6 IBIDEM, pp. 493-494. Greca)»7, le ricerche della sepoltura collegata all’epigrafe ebbero
7 IBIDEM, p. 496.
8 Archivio Arcivescovile di Cagliari, Actas ori- inizio solo molto più tardi, ai tempi dell’arcivescovo don
ginales sobre la inbencion de las reliquias de Ambrosio Machin de Aquena, con felice esito conseguito il 18
Santos que se hallaron en la Basilica de San
Sadorro y otras iglesias y lugares de la Ciudad marzo 16338.
de Caller y su Diocesis. Con indice de todo lo A quest’ultimo episodio risalgono le più attendibili riproduzioni
contenido en estas Actas, ms. nr. 13, c. 247r.
9 Archivio Arcivescovile di Cagliari, Actas ori- dell’epigrafe, contenute in due diversi manoscritti dell’Archivio
ginales cit., c. 245r. Arcivescovile di Cagliari. Una nel volume intitolato Actas
10 Archivio Arcivescovile di Cagliari, Copia de
authenticas de Cuerpos Santos que se han Originales9; l’altra in quello convenzionalmente denominato
sacado del Reyno, y otras varias escrituras per- Cuerpos Santos10 (Fig. 2).

Fig. 2 - L’epitaffio di Greca in Cuerpos Santos (Archivio arcivescovile di Cagliari)

contantes a la invencion de los mismos La più antica tra quelle finora conosciute, invece, è la trascrizio-
Cuerpos Santos, que por duplicados se juntan ne che si trova in un manoscritto anonimo, oggi custodito pres-
en este legajo, ms. nr. 14, fasc. 25.
11 Archivio Storico Comunale di Cagliari, so l’Archivio Storico Comunale di Cagliari11 (figura 3). Di data-
Manoscritti Sanjust, vol. nr. 55, c. 130v. zione incerta, il codice deve comunque collocarsi tra la fine del

179
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

Fig. 3 - L’epitaffio di Greca nel Ms. 55 del Fondo Sanjust dell’Archivio Storico Comunale di Cagliari

XVI e i primi anni del XVII secolo, perché nel riportare il testo
della celebre iscrizione Aula micat12, allora visibile all’ingresso
dell’ipogeo funerario sotto la basilica di Sant’Antioco, nell’isola
omonima, il suo estensore anzitutto ne travisava lo incipit in Avi
amicam, commentandone quindi il contenuto con queste parole:
«clare p(ate)t corpus B(eati) Antiochi fuisse conditum in eo tem-
plo»13. Se ne deduce che la scoperta delle reliquie del martire sul-
citano, risalente il 16 marzo 1615, in quel momento non fosse
ancora avvenuta14.
Presumibilmente contemporanee alla invención delle reliquie di
Santa Greca, inoltre, devono essere ritenute le due raffigurazio-
ni della relativa lapide inserite nelle Alabanças de los Santos de
Cerdeña, volume manoscritto di Juan Francisco Carmona con-
servato presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari15 (figura 4).

12 CIL X, 7533.
13 Archivio Storico Comunale di Cagliari,
Manoscritti Sanjust, vol. nr. 55, c. 133v.
14 Archivio Arcivescovile di Cagliari, Actas
originales cit., c. 288v; F. DESQUIVEL,
Relacion de la invencion de los Cuerpos Santos
que en los años 1614, 1615, 1616 fueron hal-
lados en varias Iglesias de la Ciudad de Caller
y su Arçobispado, Napoles 1617, p. 104.
15 J. F. CARMONA, Alabanças de los Santos de
Cerdeña, Caller 1631, ff. 36v, 135v
Fig. 4 - L’epitaffio di Greca nelle Alabanças di Juan Francisco Carmona, c. 36v (Biblioteca Universitaria di Cagliari, SP 6, 2,
(Biblioteca Universitaria di Cagliari) 31, ms. autografo).

180
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

Di quegli stessi anni è


anche la sua riproduzione a
stampa nel Triumpho de los
Santos del Reyno de
Cerdeña, pubblicato nel
1635 da Dionisio
Bonfant16.
Fig. 5 - Decimomannu - Santuario di Santa Greca. “Prima copia marmorea”
dell’epitaffio di Greca L’aveva preceduta l’apogra-
fo riportato nel Santuario
de Caller del sacerdote cap-
16 D. BONFANT, Triumpho de los Santos del puccino Seraffin Esquirro, che vide la luce nel 162417.
Reyno de Cerdeña, Caller 1635, p. 409.
17 S. ESQUIRRO, Santuario de Caller cit., p. 494. A seguire varie trascrizioni più tarde, moltiplicatesi con maggio-
18 J. ALEO, Sucessos generales de la Isla y Reyno re o minore utilità e precisione fino ad oggi, effettuate da Jorge
de Sardeña, I, Caller 1677, p. 220 (Biblioteca
Universitaria di Cagliari, SP 6, 3, 48, ms. Aleo18, Michele Plazza19, Pietro Martini20, Giovanni Spano21,
autografo). Theodor Mommsen (il quale, per il fatto che fosse tornato alla
19 M. PLAZZA in R. LODDO, Note illustrative su
un manoscritto del secolo XVIII con documen- luce nel Seicento e riferito a una santa, a torto considerò falso
ti epigrafici romani, bizantini e medievali del- l’epitaffio)22, Romualdo Loddo23, Hippolyte Delehaye24, Antonio
l’agro cagliaritano, “Archivio Storico Sardo”,
II, 1906, pp. 36-59, p. 50, nr. 23. Sailis25, Gabriele Piras26, Agostino Amore27, Raimondo Bonu28,
20 P. MARTINI, Iscrizione cristiana, “Bullettino Francesco Colli29, Lorenzo Falanga30, i redattori dell’Année Épi-
Archeologico Sardo”, V, 1859, pp. 116-118,
p. 117. graphique31, Cecilia Lilliu32, Giovanna Sotgiu33, Antonio Ferrua34,
21 G. SPANO, Storia della chiesa di Santa Greca il Dizionario dei santi venerati in Sardegna35, Antonio Francesco
cit., p. 12.
22 CIL X, 1, 1225*. L’atteggiamento ipercritico Spada36, Eliseo Lilliu37, Raimondo Podda (solo fotografia della
del Mommsen, nel caso specifico, è stato “seconda copia marmorea”)38, Antonio Maria Corda39 e
esplicitamente contestato da H. DELEHAYE,
Recensione a R. Loddo, Note illustrative su un Francesco Virdis (solo riproduzioni di apografi antichi e fotogra-
manoscritto del secolo XVIII con documenti fie varie)40.
epigrafici romani, bizantini e medievali dell’a-
gro Cagliaritano, dans l’ARCHIVIO STORICO Dell’iscrizione, tuttavia, esistono non soltanto riproduzioni car-
SARDO, t. II (1906), p. 36-59, “Analecta tacee. Se ne conservano anche due incise sul marmo.
Bollandiana”, XXVI, 1907, p. 318, nr. 70:
«Mommsen, qui se défiait à bon droit des La prima, seicentesca, è trascritta sotto una figura a bassorilievo
inscriptions chrétiennes de Sardaigne, dont il a della Santa gisant, cioè rappresentata sul letto di morte o com-
été fait l’etrange abus que l’on sait, n’a pas
accueilli dans le Corpus l’épitaphe de Greca, posta all’interno della sua sepoltura, un tempo apposta sull’urna
dont il n’a pu voir l’original et q’il n’a connue contenente le reliquie, nell’altare maggiore della parrocchiale di
vrainsemblablement que par une copie suspec-
te. A s’en tenir au texte de l’inscription, celle- Decimomannu (figura 5). Fu realizzata dai marmorari Bernart
ci ne mérite en aucune façon d’être jugée Silva e Augusti Monsonat, come da regolare contratto stipulato
apocryphe». Forti dubbi sull’autenticità del-
l’epigrafe, tuttavia, venivano ancora espressi il 17 agosto 163341. Anche se in apparenza meno fedele paleo-
da C. LILLIU, Decimo e il suo territorio. Dal graficamente, essa appare comunque più precisa, in alcuni parti-
villaggio preistorico, al latifondo, alla curato-
ria, al feudo. Note attorno ai documenti del- colari contenutistici, rispetto all’altra, di molto posteriore, anco-
l’insediamento umano, “Studi Sardi”, XXVII, ra oggi visibile nella chiesa dedicata alla santa (figura 6).
1986-1987 (1987), pp. 55-131, p. 82.
23 R. LODDO, Note illustrative cit., pp. 50-51,
nr. 23.
24 H. DELEHAYE, Recensione a R. Loddo cit., p.
318.
25 A. SAILIS, Il devoto di Santa Greca cit., p. 27.
26 G. PIRAS, I santi venerati in Sardegna cit., p.
260.
27 A. AMORE, Greca cit., col. 164.
28 R. BONU, “E a dir di Sardigna” cit., p. 138.
29 F. COLLI, Decimomannu cit., p. 69.
30 L. FALANGA, Albori del Cristianesimo in
Sardegna. Quando il cristianesimo è approda-
to nell’Isola?, “Campania Sacra”, 13-14,
1982-1983, pp. 17-56, p. 22.
31 AEp. 1984, 443.
32 C. LILLIU, Decimo e il suo territorio cit., p.
82.
33 G. SOTGIU, L’epigrafia latina in Sardegna
dopo il CIL X e l’EE VIII, “ANRW”, II, 11,
I, Berlin-New York 1988, pp. 553-739, p.
635, B108a.
34 A. FERRUA, Segnalazioni, “La Civiltà
Cattolica”, CXLV, 3, 1994, pp. 103-104 (pro
dubia).
35 Dizionario dei santi venerati in Sardegna cit.,
p. 108.
36 A.F. SPADA, Storia della Sardegna cristiana Fig. 6- Decimomannu - Santuario di Santa Greca.
cit., p. 190. “Seconda copia marmorea” dell’epitaffio di Greca

181
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

Quest’ultima parrebbe una copia (che si sarebbe voluta imita-


zione precisa) di quella antica, la quale purtroppo deve conside-
rarsi dispersa.
Cosa rende certi che questa seconda lapide rappresenti una
riproduzione moderna, e non invece l’originale, come pure vari
autori (Pietro Martini42, Giovanni Spano43, Arrigo Solmi44,
Romualdo Loddo45, Hippolyte Delehaye46, Francesco Lanzoni47,
Damiano Filia48, Agostino Amore49, Francesco Colli50 e Lorenzo
Falanga51) hanno sostenuto, anche recentemente?
Innanzi tutto, è sufficiente osservare il supporto epigrafico dal
punto di vista tecnico. Il profilo della lastra marmorea risulta
troppo regolare e i suoi stessi caratteri paleografici appaiono
eccessivamente statici e pedissequamente imitati da un modello
ormai lontano dalla sensibilità grafica dello scalpellino, che si
deve quindi presumere attivo in età moderna52.
Non si tratta però di un inganno ma di una copia, una sorta di
“bella copia”, realizzata appositamente per impreziosire l’altare
con un oggetto che emanasse il fascino dell’antico e garantisse
l’autenticità del suo sacro deposito. Colui che materialmente la
incise, con molta probabilità, dovette essere il marmoraro
Giovanni Battista Franco, che nel 1820 innalzò l’altare in onore di
37 E. LILLIU, Iconografia dei santi sardi cit., p.
Santa Greca nella cappella laterale che ne ospita il cenotafio, tut- 121.
tora visibile attraverso un oculo praticato al centro del paliotto53. 38 R. PODDA, Santa Greca cit., p. 9.
39 A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane della
Tra Sette e Ottocento, in tutto il mondo cattolico, furono innal- Sardegna anteriori al VII secolo, Città del
zati numerosi altari in onore di “corpi santi”, specie romani54, nei Vaticano 1999, p. 145, DEC001.
40 F. VIRDIS, Santa Greca cit., pp. 49-54, 72,
quali è molto comune trovare copie delle rispettive lapidi fune- 81, 83.
rarie (sia incise, sia dipinte) i cui originali, magari, erano stati 41 F. VIRDIS, Artisti e artigiani in Sardegna in
età spagnola, Serramanna 2006, pp. 71-72.
deposti in qualche museo. Questo, ad esempio, fu il caso uni- 42 P. MARTINI, Iscrizione cristiana cit., p. 118.
versalmente celebre di Santa Filomena, “corpo santo” estratto 43 G. SPANO, Storia della chiesa di Santa Greca
cit., p. 12.
dalle catacombe romane nel 1802 e traslato nella chiesa di Santa 44 A. SOLMI in R. LODDO, Note illustrative cit.,
Maria delle Grazie a Mugnano del Cardinale nel 1805, il cui epi- p. 51.
45 IBIDEM, pp. 50-51.
taffio poté ricongiungersi alle relative reliquie solo nel 1828, per 46 H. DELEHAYE, Recensione a R. Loddo cit., p.
espressa volontà del pontefice Leone XII55. 318.
47 F. LANZONI, La prima introduzione dell’epi-
Che la lastra esposta nella chiesa di Decimo non sia l’originale, scopato e del cristianesimo nell’isola di
comunque, risulta soprattutto dal suo raffronto con gli apografi Sardegna, “Archivio Storico Sardo”, XI,
1915 (1916), estratto, p. 12, nota 5.
più antichi. Ecco la trascrizione scientifica dell’epitaffio, condot- 48 D. FILIA, La Sardegna cristiana cit., pp. 51-
ta a partire dalle sue riproduzioni contenute negli Actas origina- 52, nota 3.
49 A. AMORE, Greca cit., col. 166.
les e in Cuerpos Santos. Si trattava di una lastra in marmo bian- 50 F. COLLI, Decimomannu cit., pp. 69-70.
co (mabre blanch56) della quale, purtroppo, i cronisti seicenteschi 51 L. FALANGA, Albori cit., p. 22.
52 Di analogo avviso anche F. VIRDIS, Santa
non hanno tramandato le misure, con iscrizione incisa in lettere Greca cit., p. 81, il quale osserva: «Si può
capitali quadrate elegantemente apicate, la cui vocale A presen- credere che questa lapide cristiana del IV
secolo sia arrivata fino a noi senza un graffio
tava la traversa spezzata: né un frattura dopo essergli cascata la chiesa
sopra?».
53 IBIDEM, p. 152.
1. ((cristogramma decussato)) ((alpha)) ((cristogramma decus- 54 Su tale problematica, limitatamente alla
sato)) ((omega)) Sardegna, cfr. M. DADEA, Le reliquie di San
Valentino Martire venerate a Ozieri: prove-
2. B(onae) ((fronda)) ((cristogramma astriforme)) ((fronda)) nienza e problematiche di natura storico-teolo-
m(emoriae) ((fronda)) Greca (!) ((cristogramma decussato)) gica, in Duecento anni al servizio del territorio
(1803-2003), Atti dei Convegni di Studi in
3. quiescet (!) in pace, preparazione al Bicentenario della Diocesi di
4. vixit annis ((fronda)) XX, ((palma)) Ozieri, a cura di T. Cabizzosu, Sassari 2003,
pp. 125-145.
5. m(ensibus) ((fronda)) II, ((fronda)) d(iebus) ((fronda)) 55 S. SANTUCCI, Sulla lapide sepolcrale di Santa
XVIIII, ((cristogramma decussato)) Filomena Vergine e Martire, Roma 1837, pp.
1-2: «La detta lapide, stanteché tenevasi in
6. deposita ((colomba a ds. con ramo d’ulivo nel becco)) molto pregio per la sua rarità, si volle con-
7. pridie Idus Ianuarias. servare nel tesoro delle sacre antichità; ma
pure nell’anno 1828 fu trasmessa alla detta
chiesa, e collocata presso il corpo della Santa
(12 gennaio) Vergine e Martire».
56 Archivio Arcivescovile di Cagliari, Actas
originales cit., c. 244r.

182
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

R. 1: Totalmente omessa da Ms. Sanjust, Piras, Amore, Bonu,


Falanga, Année Épigraphique, Sotgiu e Corda; Spada riporta solo
il cristogramma decussato semplice; Aleo colloca le lettere apo-
calittiche non ai lati del secondo cristogramma ma entrambe alla
sua destra; E. Lilliu indica la sola alpha e omette la omega; nella
“seconda copia marmorea”, in Martini, Spano, Plazza in Loddo,
Colli, C. Lilliu e Dizionario dei santi, ai lati del secondo cristo-
gramma mancano le lettere apocalittiche;
R. 2: BEATA MARTYR Piras; Ms. Sanjust indica tutti gli elementi
vegetali stilizzati con funzione diacritica come piccole crocette
decussate; Aleo e Spada premettono al testo una crocetta;
Esquirro, Bonfant e Aleo (seguiti più tardi da Martini, Spano,
Mommsen, Plazza in Loddo, Sailis, Colli, Dizionario dei santi,
Ferrua, E. Lilliu) trasformano in crocette tutti i segni di inter-
punzione fitomorfi disseminati nel testo; Delehaye, Piras,
Amore, Bonu, Falanga, Année Épigraphique, Sotgiu, Corda e
Spada omettono tutti i segni diacritici e tutti i simboli; Esquirro,
Bonfant, Aleo, “prima copia marmorea”, Mommsen, Sailis,
Ferrua ed E. Lilliu normalizzano il cristogramma astriforme in
cristogramma decussato; Martini, Spano, Plazza in Loddo, Colli
e Dizionario dei santi non specificano il tipo di cristogramma;
GRECA per GRAECA; CRECA Ms. Sanjust;
R. 3: QVIESCET per QVIESCIT; Plazza in Loddo, Delehaye, Amore,
Bonu, Falanga, Année Épigraphique, Sotgiu e Corda QVIESCIT;
Sailis QVIEXIT; Piras QVIEX(V)IT;
R. 4: ANIS Aleo; ANNOS Falanga, Année Épigraphique, Sotgiu e
Corda; ANNIS 20 Piras; XXX Carmona e Corda;
R. 5: MENSES Delehaye; M(ENSES) Année Épigraphique, Sotgiu e
Corda; MENSIBVS DVOBVS Piras; DIEBVS 19 Piras; DIES Delehaye;
D. VIIII Carmona c. 36v; D(IEBV)S “prima copia marmorea”; DV
XVIII Plazza in Loddo; XVIII Aleo, Amore, Bonu, Colli, Falanga,
C. Lilliu, Spada; D(IES) XVIII Année Épigraphique, Sotgiu e Corda;
cristogramma astriforme in Ms. Sanjust; nella “seconda copia
marmorea”, in Martini, Spano e Dizionario dei santi dopo XVIIII
non viene riportato il cristogramma;
R. 6: DIPOSITA Plazza in Loddo; gli apografi manoscritti di Actas
originales, Cuerpos Santos, Carmona e Plazza in Loddo segnano
qui una colomba noetica, che però non compare né in Esquirro
e Bonfant, né nella “seconda copia marmorea”, né in tutti gli
altri autori successivi; Ms. Sanjust indica qui un cristogramma
astriforme, e la “prima copia marmorea” sostituisce la colomba
con un segno sostanzialmente identico alla lettera alpha ivi acco-
stata al secondo cristogramma della r. 1, seguito da un elemento
vegetale stilizzato;
R. 7: tra le parole IDVS e IANVARIAS Bonfant, Aleo, Mommsen,
Ferrua ed E. Lilliu inseriscono una crocetta; nella “seconda copia
marmorea” INNVARIAS, con nasale geminata in nesso; IANVVA-
RIAS Martini, che legge un nesso -ANV-; IANVARIVS Sailis; JAN-
VARIAS Piras; IANVARIAE Amore e Bonu.

Come mai tante imprecisioni, soprattutto da parte del marmista


ottocentesco? Evidentemente si deve pensare che gli fosse stato
fornito un modello incompleto, reperito chissà dove.
L’iscrizione originale era probabilmente scomparsa, chissà quan-
do e chissà per quale motivo. Come la quasi totalità delle cin-
quecento iscrizioni tornate alla luce durante gli scavi seicente-

183
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

schi alla ricerca dei Cuerpos Santos, conservate oggi solo in mini-
ma parte57.
Sembra comunque che verso il 1760 fosse ancora al suo posto.
In quell’anno infatti Michele Plazza, un appassionato di antichi-
tà che ricopriva la cattedra di chirurgia presso l’Università di
Cagliari, la vide «nel laterale della chiesa di Santa Greca a
Decimomannu» e la trascrisse nei seguenti termini58:

(monogramma) (monogramma)
B  (monogramma)  M  GRECA (monogramma)
QVIESCIT IN PACE
VIXIT ANNIS  XX 
M  II  DV XVIII (monogramma)
DIPOSITA (uccello)
PRIDIE IDVS IANVARIAS

L’apparato iconografico, come prova soprattutto la presenza della


colomba (definita genericamente uccello), non è quello della
copia ora visibile ma appartiene senza dubbio all’archetipo, tra-
mandato nelle trascrizioni manoscritte seicentesche.
Nel dettaglio, tale corredo simbolico appare tra i più ricchi del-
l’intero repertorio epigrafico cristiano della Sardegna59, annove-
rando:
- cinque cristogrammi, dei quali uno astriforme e uno
affiancato dalle lettere apocalittiche αω;
- sette segni diacritici fitomorfi;
- un ramo di palma;
- la colomba noetica.
Tutto questo, ben più della famigerata abbreviatura B.M. impro-
57 M. DADEA, Alle origini di Cagliari cristiana,
priamente interpretata b(eata/-us) m(artyr), convinse gli scavato- in M. DADEA - M.C. DI NATALE - G. LIOTTA,
ri seicenteschi che si trattasse dell’epigrafe funeraria di una mar- San Giusto Patrono di Misilmeri, Palermo
2000, pp. 11-65, con precedente bibliografia
tire antica60. sull’argomento a p. 38, nota 113.
I segni più importanti, al riguardo, in ambito erudito pre-archeo- 58 M. PLAZZA in R. LODDO, Note illustrative
cit., p. 50.
logico erano considerati i rami di palma. La palma, sulla scorta 59 Riassuntivamente su questo tema cfr. A.M.
del dettato scritturistico (2Macc. 14, 4; Gv. 12, 13; Ap. 7, 9), CORDA, Il simbolismo nelle iscrizioni paleocri-
stiane della Sardegna, in La Sardegna paleo-
dagli scavatori seicenteschi sardi era ritenuta l’unico vero e pro- cristiana tra Eusebio e Gregorio Magno, Atti
prio simbolo di trionfo e di martirio. Si legge ad esempio nella del Convegno Nazionale di Studi (Cagliari,
10-12 Ottobre 1996), a cura di A. MASTINO,
Relación dell’arcivescovo Desquivel, a proposito di quei defunti G. SOTGIU, N. SPACCAPELO con la collabora-
sugli epitaffi dei quali compariva questo simbolo, che «las palmas zione di A. M. CORDA, Cagliari 1999, pp.
49-64.
(como nota Baronio) nos deven bastar para que sin ningun rezelo 60 Per una valida sintesi della ben nota vicen-
los tengamos por santos martyres»61. Lo stessa credenza, contem- da storiografica cfr. R. TURTAS, Storia della
Chiesa in Sardegna cit., pp. 35-36.
poraneamente, era infatti condivisa dagli scavatori delle 61 F. DESQUIVEL, Relación cit., p. 50.
Catacombe romane62. Ludovico Antonio Muratori ne dimostrò 62 G. FERRETTO, Note storico-bibliografiche di
Archeologia Cristiana, Roma 1942, pp. 249-
l’assoluta infondatezza63 ma nonostante ciò, ancora nel XIX seco- 250.
lo, taluni esperti di erudizione ecclesiastica rimanevano convinti 63 L.A. MURATORI, De Christianorum venera-
tione erga Sanctos post declinationem romani
che “la palma collocata presso la croce addita il martirio soffer- imperii, Dissertatio LVIII, in Antiquitates
to per la religione: qualche volta questo segno sacro era espresso Italicae Medii Aevi, Mediolani 1741, coll. 1-
60, col. 33.
con il sangue stesso dei martiri”64. 64 G. MORONI, s.v. Croce, crux, in Dizionario di
La colomba noetica invece, sempre sulla base della Sacra erudizione ecclesiastica da San Pietro ai nostri
giorni, Venezia 1843, XVIII, pp. 226-234, p.
Scrittura, era considerata simbolo non solo di salvezza e di resur- 229. Al segno della semplice palma furono
rezione (Gn. 8, 10-12), ma anche di verginità e di purezza (Es. riconosciuti alcuni Corpi Santi “cemeteriali”
ancora verso il 1850, come posto in eviden-
8, 8-12, Cant. 6, 9; Mt. 10, 16): rivelatore, in tal senso, un altro za, sulla base di documenti ufficiali tratti
passo di don Francisco Desquivel riguardante i mattoni che dalla Lipsanoteca del Vicariato, da A.
FERRUA, Introduzione a G.B. DE ROSSI, Sulla
coprivano le tombe di certi presunti vescovi, anonimi, tornati questione del Vaso di Sangue. Memoria inedi-
alla luce nel 1614 nella basilica di San Saturnino a Cagliari: ta con introduzione storica ed appendice di
documenti inediti, Città del Vaticano 1944,
«Sabemos que en los Cementerios y Cathacumbas Romanas la pp. VII-CII, p. XXVIII, nota 2.

184
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

palma es claro argumento de Martyr, y la paloma de Virgen, y


bastales a los que andan en ellas para tener y venerar por reliquias
de Martyres y Virgines hallar esculpidas en sus sepulturas palmas,
palomas o coronas, lo mesmo nos deve bastar a nosotros»65.
Gli antichi scavatori delle Catacombe romane, inoltre, riteneva-
no un vero e proprio simbolo martiriale anche il semplice mono-
gramma costantiniano, che veniva letto P(ro) X(risto), intenden-
do sottintesa la parola passa/-us66. Più sfumata, al riguardo, era
invece la posizione degli archeologi sardi. La presenza sull’epi-
grafe della «cifra del sagrado nombre de Christo»67, ai loro occhi,
dovette comunque rivestire un significato tutt’altro che generi-
co, potendo con ogni verosimiglianza essere stata riferita alla
convinzione secondo cui, essa, avrebbe rappresentato un «gran-
de indicio y señal particular de la santidad del cuerpo y persona
para quien el tal letrero y losa se puso»68.
Agli occhi degli studiosi moderni, al contrario, sono proprio i cri-
stogrammi che dichiarano l’epigrafe databile almeno al IV seco-
lo69. Cioè a un periodo comunque posteriore alle persecuzioni di
Diocleziano, cui come al solito la tradizione popolare o semidot-
ta, in mancanza di dati storici certi, ha voluto riportare anche il
martirio di Santa Greca.
La presunta vicenda biografica della martire decimese, per la
prima volta, si trova sintetizzata in capo a un libriccino di pre-
ghiere in lingua sarda, stampato a Cagliari nel 1788 in sa stam-
peria de Bernardu Titard, dove si legge: «Sa gloriosa Virgini e
Martiri Sant’Arega naxisidi in Deximu Mannu. No si podit dudai
de is bonus costuminis de custa Santa Piccinna, essenduru istada
65 F. DESQUIVEL, Relación cit., pp. 42-43. digna de cunsighiri sa corona de su martiriu. In tempus de su
66 Ne trattò diffusamente, contestandone l’a- Imperadori Dioclezianu, fudi stetida obbligada a negai sa Religioni
busivo utilizzo ancora nel 1793, G. DI
COSTANZO, Ragionamento sopra le tombe Cristiana, qui professada. Però issa constanti in sa Fidi de Gesu
degli antichi cimiterii cristiani e sopra i segni Cristu suffrisit crudelissimus aciotus, di trapassesinti sa conca cun
che distinguono quelle dei martiri dalle altre
dei semplici fedeli, in Appendice a G.B. DE tres obilus: morgisit finalmenti cun animu intrepidu a filu de ispa-
ROSSI, Sulla questione del Vaso di Sangue cit., da. Is Cristianus arregollendu secretamenti su Corpus, d’hiant
pp. 130-150, pp. 142-143, facendo notare
che perfino il papa Benedetto XIV (1740- interrada in unu logu, aundi esti sa Cresia. Custu tesoru esti isteti-
1758) inizialmente ammise la validità di una du medas annus occultu, poxindi si funti incontradas is sagradas
simile interpretazione. Si veda infatti
BENEDICTI XIV olim P. DE LAMBERTINIS, Relichias; e restanta in sa propria Bidda de Deximu Mannu. Po
Opus de Servorum Dei beatificatione et intercessioni de custa gloriosa Santa non lassat Deus nostu Segnori
Beatorum canonizatione, I-VII, Prati 1842, l.
4, p. 2, c. 27, n. 18. de cuncediri a is mortalis singularis favoris»70.
67 J.F. CARMONA, Alabanças cit., c. 18r. Si tratta, evidentemente, del solito e innocuo assemblaggio di
68 F. BASTELGA, Relación sumaria y verdadera
de todo lo que ha sucedido y de la multitud de luoghi comuni agiografici, con l’intrepida giovinetta sottoposta a
cuerpos de Santos que se han hallado en la varie torture e poi decapitata sotto l’imperatore ritenuto il più
Iglesia de San Gavino de Torres, que está
situada y plantada fuera de la Ciudad de crudele nemico dei cristiani. In un’altra edizione antica dello
Sacer, distante della doze millas, junto al mar stesso libretto devozionale, stampata senza data né indicazioni
y puerto de Torres de la dicha Ciudad, ázia la
parte que el sol se pone, en el Reyno de tipografiche e trascritta dallo Spano nel 187671, quale presunto
Cerdeña, Barcelona 1615, c. 17v. riferimento storico spicca anche il nome del preside Flaviano,
69 D. MAZZOLENI, Origine e cronologia dei
monogrammi: riflessi nelle iscrizioni dei Musei qui diretto persecutore della martire, già conosciuto come emis-
Vaticani, in Le iscrizioni dei cristiani in sario in Sardegna di Diocleziano grazie alla passio di Sant’Efisio72.
Vaticano. Materiali e contributi per una
mostra epigrafica, a cura di I. Di Stefano Questa tradizione “dioclezianea” per il martirio di Santa Greca
Manzella, Città del Vaticano 1997, pp. 165- deve considerarsi di origine piuttosto recente. Gli scavatori sei-
171.
70 Novena de sa gloriosa Santa Arega Sarda cit., centeschi, infatti, erano già perfettamente consapevoli di come la
pp. 1-2. Testo integralmente trascritto anche presenza di cristogrammi, sulle iscrizioni, presupponesse una
da F. COLLI, Decimomannu cit., pp. 102-103.
71 G. SPANO, Storia della chiesa di Santa Greca loro datazione ad età postcostantiniana. Ad esempio l’arcivesco-
cit., p. 25. vo di Sassari don Gavino Manca de Cedrells, commentando l’i-
72 P. MELONI, Sul valore storico di alcuni riferi-
menti contenuti nelle passioni dei martiri scrizione funeraria di Marcellus e Petronia scoperta nel 1614 a
sardi, in Atti del Convegno di studi religiosi Porto Torres, faceva di loro due martiri della persecuzione van-
sardi (Cagliari, 24-26 maggio 1962), Padova
1963, pp. 56-66. dalica «por las notas de las Cruzes constantinianas, que contienen

185
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

juntamiente el nombre de Christo abreviado, las quales tuvieron


principio desde el tiempo del gran Constantino, a quien fue enseña-
da del Cielo semejante señal, (...) como es de ver en Eusebio,
Sozomeno y otros escritores de aquellos tiempos, y en el Cardenal
Cesar Baronio, el qual trae una Cruz semejante, hallada en el cemi-
terio de Priscillla, con el epitafio de Marciano, por testimonio de 73 G. MANCA DE CEDRELLES, Relacion de la
aquellos siglos»73. invencion de los cuerpos de los Illustrissimos
Martyres San Gavino, San Proto y San
Essendo l’epigrafe della ventenne Greca successiva al periodo Januario, Patrones de la Yglesia
delle persecuzioni romane, dunque, Hippolyte Delehaye per Metropolitana Turritana, que se han hallado
con otros Santos, por el mes de Junio 1614 en
primo ritenne che il culto nei suoi confronti avesse banalmente el templo dedicado a los mismos Santos de la
tratto origine dall’erroneo scioglimento, in B(eata) M(artyr), Ciudad antigua de Torres en el Reyno de
Serdeña, Madrid 1615, c. 22r/v.
della formula elogistica abbreviata b(onae) m(emoriae) in apertu- 74 H. DELEHAYE, Recensione a R. Loddo cit., p.
ra di testo. Egli riteneva, cioè, che Santa Greca fosse una delle 318.
75 F. LANZONI, La prima introduzione cit., p. 12,
tante presunte martiri sarde, identificate come tali nel Seicento nota 5.
sulla base di un’errata lettura della loro iscrizione funeraria74. 76 A. AMORE, Greca cit., col. 164, in termini
piuttosto contraddittori o quantomeno ana-
Nonostante la sua opinione sia stata poi seguita da Francesco cronistici, dopo aver riferito alcune delle
Lanzoni75, Agostino Amore76, Lorenzo Falanga77 e, ultimamente, fonti medievali relative al monastero dedica-
to alla santa, sostiene che «molto probabil-
da Réginald Grégoire78, il Delehaye in questo si ingannava. mente il nome e il culto di Greca dipendono
Infatti seppure questa epigrafe, agli occhi degli studiosi moderni, da un’iscrizione del secolo IV o V, alla quale
accennano documenti del secolo XVI, ma
manchi di esplicite dichiarazioni circa la santità e il martirio della che fu riscoperta solo all’inizio del secolo
ventenne Greca, il culto della compatrona di Decimomannu è XVII».
77 L. FALANGA, Albori cit., pp. 23-24.
certamente più antico del XVII secolo. Lo provano svariati ele- 78 R. GRÉGOIRE, Introduzione all’antica lettera-
menti archeologici e monumentali. tura agiografica sarda, in Oriens radiata ful-
gore. La Sardegna nel contesto storico e cultu-
rale bizantino, Atti del Convegno di Studi
(Cagliari, 30 novembre - 1 dicembre 2007),
- L’ipogeo a cura di L. Casula, A.M. Corda e A. Piras,
Cagliari 2008, pp. 133-176, p. 160.
79 Su questi particolari monumenti funerari
cfr. da ultimo P.B. SERRA, Documenti di età
Il primo, in ordine di tempo, è costituito dall’ipogeo a camera alto-medievale: la tomba a camera in muratu-
costruita sottostante il presbiterio della chiesa di Santa Greca a ra voltata a botte in località San Costantino,
in Villa dei Greci. Una Villagreca inedita tra
Decimomannu, il cosiddetto “carcere della santa”. Molto proba- storia, archeologia ed arte, a cura di N. Rossi
bilmente si tratta, in realtà, di una tomba proto-bizantina, di V- e S. Meloni, Dolianova 2007, pp. 65-73, con
bibliografia precedente.
VIII secolo, rispondente a una tipologia ben conosciuta in tutta 80 C. LILLIU, Decimo e il suo territorio cit., pp.
la Sardegna79. 82-83; A.F. SPADA, Storia della Sardegna cri-
stiana e dei suoi Santi. Il primo millennio,
La parola bizantina obbliga, a questo punto, l’apertura di almeno Oristano 1994, pp. 190-192; F. VIRDIS,
una parentesi circa una recente ipotesi, formulata già da Cecilia Santa Greca cit., pp. 55-62.
81 G. SPANO, Sarcofago greco del Regio Museo
Lilliu nel 1987, da Antonio Francesco Spada nel 1993 (ignoran- di Cagliari, “Bullettino Archeologico Sardo”,
do la prima) e poi da Francesco Virdis (che mostra di non cono- V, 11, 1859, pp. 164-167; C. CAVEDONI,
Annotazioni sopra l’iscrizione greca del Regio
scere i lavori dei due precedenti studiosi) nel 2001, secondo cui Museo, “Bullettino Archeologico Sardo”, VI,
la santa Greca di Decimomannu non sarebbe stata una martire 4, 1860, pp. 51-56; A. TARAMELLI, Guida del
Museo Nazionale di Cagliari, Cagliari 1915,
ma una monaca bizantina80. p. 102, nr. 42; A. FERRUA, Gli anatemi dei
Il supporto documentale, per i tre autori, consisterebbe nel sar- padri di Nicea, “La Civiltà Cattolica”, 107,
1956, IV, pp. 378-387, ora anche in A.
cofago di una Greca monastria, di scalpello romano ma recante FERRUA, Scritti vari di epigrafia e antichità
una più tarda epigrafe in greco, relativa a un suo probabile riuti- cristiane, Bari 1991, pp. 274-283, in partico-
lare pp. 279-281; A. FERRUA, Un’iscrizione
lizzo, che viene generalmente datata tra il V e il VI secolo81. greca medioevale di Sardegna, “Epigraphica”,
Il suo formulario, però, esclude assolutamente che la defunta XVIII, 1956, pp. 94-103; G. PESCE,
Sarcofagi romani di Sardegna, Roma 1957,
fosse stata considerata degna di venerazione: ((croce)) pp. 43-44, nr. 14; M. VAVASSORI, Una lapide
Μνησθητι Κ(υρι)ε της δουλης / <σ>ου Γρεκα µωναστρηα e un battistero paleocristiani a Noli, “Rivista
αµ/η<ν>. Αναθεηα εσχουσην / τον αγηων τρηακοσηω/ν di Studi Liguri”, XXXIX, 1, 1973, pp. 45-63,
p. 49; L. PANI ERMINI - M. MARINONE,
εξηκοντα πεντε πατ/ερον ω/η εχσανυξη το λαρν/ακι τουτο Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
ωτη οδε ουδ/ε χρυσαϕη ουδε αρσηµη (Ricordati, o Signore, Materiali paleocristiani ed altomedioevali,
Roma 1981, pp. 50-51, nr. 81; G. SOTGIU,
della tua serva Greca monaca, amen. Incorrerà nell’anatema dei L’epigrafia latina in Sardegna cit., pp. 648-
649, B175; A.M. CORDA, Le iscrizioni cri-
Santi trecentosessantacinque Padri chiunque aprirà questa cassa, stiane della Sardegna cit., pp. 73-74,
perché qui non c’è né oro né argento)82. CAR034.
82 La definitiva interpretazione del notevol-
Ben lungi dall’ammettere una simile eventualità, infatti, l’iscri- mente sgrammaticato testo greco e la sua tra-
zione non soltanto tace positivamente sulla presunta santità etica duzione italiana sono di A. FERRUA, Gli ana-
temi dei padri di Nicea in Scritti vari cit., p.
di questa religiosa, ma anzi la mette apertamente in dubbio 281.

186
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

dichiarando la sua anima bisognosa di suffragi. Né sembra che,


in subordine, l’epigrafe possa essere stata oggetto di un eventua-
le equivoco interpretativo antico, non convenendo certamente,
alla tomba di una santa, un simile formulario corredato di
minacciosi anatemi contro i suoi eventuali violatori, cupidi d’ar-
gento e d’oro83.
Ma ancora non è tutto. La Lilliu, lo Spada e il Virdis, infatti,
attribuiscono proprio a Decimomannu l’epitaffio di questa
Γρεκα µωναστρηα che Giovanni Spano, suo primo editore,
semplicemente vedeva «entrando a man sinistra nel gabinetto
lapidario del Regio Museo di Cagliari (...) incastrato in alto del
muro», dichiarando contestualmente che «non si sa dove il
medesimo sia stato scoperto» e suggerendo pertanto, a mero tito-
lo di ipotesi, che fosse stato «trasportato dalle catacombe cristia-
ne verso Fangariu, dove pure fu rinvenuto il piccol cippo greco
di Metistria»84.
L’esatta provenienza di questa iscrizione, dunque, rimane pur-
troppo ignota. Il sarcofago, attualmente ridotto alla sola sponda
anteriore, è uno dei primi reperti immessi nel Museo
Archeologico Nazionale di Cagliari, fin dai tempi della sua fon-
dazione (1802)85. La sua origine, quindi, potrebbe essere stata
perfino extrainsulare, come tra l’altro potrebbero indicare le dra-
stiche mutilazioni cui esso fu sottoposto, per essere trasportato
con maggiore facilità86.
Di conseguenza, quantomeno, allo stato attuale mancano del
tutto le prove (e anche i semplici indizi) per fare della Santa
Greca tradizionalmente venerata a Decimomannu una monaca
bizantina87.
Tuttavia, ribaltando i termini della questione, sulla base di quali
elementi si potrebbe affermare, al contrario, che si sia trattato di
una martire locale più antica?
La presumibile tomba a camera ipogeica, vandalica o protobi-
83 A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane della zantina, presente sotto la chiesa di Santa Greca a Decimomannu,
Sardegna cit., p. 73, a proposito del formula-
rio di questa iscrizione osserva: «L’incipit, a quanto parrebbe nel corso del medioevo fu ritenuta degna di
molto sentito, contiene una preghiera diretta venerazione, essendo munita di altare, inglobata proprio all’in-
al Signore perché non dimentichi la propria
serva; una tale espressione, se non proprio terno dell’area presbiteriale e resa accessibile tramite una rampa
frequente, è comunque un luogo abbastanza di scale interna88. Ecco la descrizione dell’intero complesso usci-
comune all’epigrafia cristiana».
84 G. SPANO, Sarcofago greco del Regio Museo ta dalla penna del padre Esquirro: «Antes de reedificarse, esta
di Cagliari cit., p. 164 e nota 1. Iglesia era mas grande porque tenia, a mano derecha entrando, una
85 G. LILLIU, Origine e storia del Museo
Archeologico Nazionale di Cagliari, in Il capilla larga 30 palmos y ancha 24 palmos. Agora la que se ha ree-
museo archeologico nazionale di Cagliari, a dificado en el mismo sitio y lugar, encima de los fundamientos anti-
cura di V. Santoni, Sassari 1989, pp. 11-20,
p. 20. guos, y queda larga 42 palmos y ancha 10, tiene el Altar en alto
86 G. PESCE, Sarcofagi romani di Sardegna cit., que se sube con seys gradas, y de baxo del Altar una Capilla sotter-
p. 43, così descrive il reperto: “Sono state
segate le parti estreme a destra e a sinistra e ranea, muy grande, tiene la puerta dentro de la misma Iglesia, a la
la zona superiore per tutta la sua lunghezza. parte de la Epistola, y se baxa a ella con nueve escalones. Es esta
Di essa è stata risparmiata la metà retrostan-
te per un’altezza di m. 0,02 e per una lar- Capilla alta catorze palmos, es a saber del suelo hasta la boveda, es
ghezza di m. 0,04. Il taglio alle estremità è larga 24 palmos y ancha catorze: tiene al derredor una moldura o
ineguale; in basso è ad angolo retto, in alto è
a squadro. Nel resto il rilievo è discretamen- corniza. (...) Ay dentro de la misma Capilla un Altar»89.
te conservato. Scalpellato è pure il listello Per quanto se ne sappia, è anche probabile che l’edificio proto-
inferiore nella sua parte sinistra”.
87 M. DADEA, Recensione a FRANCESCO VIRDIS, romanico sia sorto in sostituzione di un altro più antico: la cer-
Santa Greca da Decimomannu. La nuova sto- tezza, tuttavia, potrà venire solo da specifiche indagini archeolo-
ria di un culto antichissimo, Decimomannu
2001, “Biblioteca Francescana Sarda”, X, giche, le quali ancora attendono di essere effettuate.
2002, pp. 431-437. Del fatto che l’ipogeo funerario fosse stato il sepolcro originario
88 R. CORONEO. Storia dell’arte in Sardegna.
Architettura romanica dalla metà del Mille al di Santa Greca era convinto il padre Esquirro, il quale perento-
primo ’300, Nuoro 1993, p. 39, sch. 4. riamente affermava: «Dentro desta Capilla esta el cuerpo de la bie-
89 S. ESQUIRRO, Santuario de Caller cit., p. 494.
90 IBIDEM, p. 494. naventurada Santa Greca»90. Questo probabilmente perché, a suo

187
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

Fig. 7 - Santuario di Santa Greca. Le due centine sovrapposte sulla parete


di fondo della confessio

tempo, l’arcivescovo Del Vall vi aveva fatto collocare l’epigrafe 91 Il dubbio è insinuato da F. VIRDIS, Santa
della ventenne Greca (con cognizione di causa o per semplici Greca cit., pp. 78-79, secondo il quale «la
motivi contingenti?)91, come si apprende dall’anonimo mano- riedificazione della chiesa superiore come era
nell’antico non è stata realizzata né durante
scritto agiografico cinque-seicentesco del Fondo Sanjust, già l’episcopato del Parragues né al tempo di Del
ricordato: «In Eccl(esi)a oppidi de Decimo Manno, quae vocatur Vall. (...) Molto probabilmente, quando i
testi dichiarano che si fa la festa della santa
Santa Rega, quae habet infra terram aliam Ecclesiam p(rae)ter ogni anno nella sua chiesa, si riferiscono a
superiorem cum suo altari, aderat lapis q(ui) in altari alteri(us) una celebrazione liturgica nella cripta».
L’affermazione, però, sembra basarsi sulla
92
novae Eccl(esi)ae postea translatus fuit» . La notizia dell’avvenu- lettura imprecisa di un passo dell’Esquirro,
to trasferimento dell’epigrafe nella chiesa superiore trova confer- che contrariamente a quanto ritenuto dal
Virdis mostra di conoscere e descrive con
ma presso l’Esquirro, che negli anni iniziali del XVII secolo vede- precisione sia la chiesa di Santa Greca rico-
va «la losa sobredicha en el primero escalon, que es el pavimiento struita nel sopraterra, sia l’ambiente ipogeico
ad essa sottostante.
93
de la Iglesia, 6 palmos en alto en la misma pared» . 92 Archivio Storico Comunale di Cagliari,
In alternativa a questa ipotesi, potrebbe anche darsi che il sot- 93Manoscritti Sanjust, vol. 55, c. 130v.
S. ESQUIRRO, Santuario de Caller cit., p. 494.
terraneo abbia rappresentato la monumentalizzazione di un pre- Terminologicamente, l’Esquirro distingueva
cedente sepolcro, in origine di più semplice struttura; o addirit- in modo netto quella da lui chiamata Iglesia,
cioè l’edificio subdiale, dalla Capilla, cioè il
tura che sia stato costruito a scopo rappresentativo (quindi un sotterraneo.
cenotafio). Anche in questo caso, tutta-
via, finché l’area non sarà sottoposta a
regolari indagini archeologiche, in pro-
posito non potrà affermarsi niente di
sicuro.
Un dato nuovo, comunque, risulta dedu-
cibile dalla stratigrafia muraria della sua
opera isodoma. Si tratta in questo caso di
un elemento che finora non era mai stato
posto nel giusto rilievo. Risulta evidente,
infatti, come a un certo momento la
volta originale sia stata sfondata e note-
volmente rialzata, senza dubbio per ren-
dere più agevole la frequentazione dell’i-
pogeo da parte dei devoti. Il particolare
risulta chiarissimo specie osservando la
parete di fondo, in cui la ristrutturazione
medievale ha risparmiato la bassa centi- Fig. 8 - Decimomannu - Santuario di Santa Greca. Pavimentazione
na d’appoggio della copertura più antica in cocciopesto della confessio

188
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

(figura 7). Al medesi-


mo intervento potreb-
be essere fatta risalire
anche la pavimenta-
zione in cocciopesto
tuttora esistente (figu-
ra 8).
I lavori dovrebbero
essere stati eseguiti
nel corso dell’XI seco-
lo, come parrebbe
indicare la caratteri-
stica sagoma a sezione
pentagonale della cor-
nice inserita allo spic-
cato della nuova volta
a botte (figura 9), raf- Fig. 9 - Decimomannu - Santuario di Santa Greca.
frontabile ad esempio Cornice a profilo pentagonale sullo
spiccato della volta nella confessio
al listello marmoreo
con sguscio ad ovoli
del santuario di Sant’Antioco, nell’isola omonima, recante l’i-
scrizione protogiudicale di Torchitorio, Salusio e Nispella94.
Oppure, non volendo ammettere una semplice menda proget-
tuale originaria, la modifica dell’ipogeo potrebbe essere interve-
nuta subito dopo la costruzione dell’edificio nel sopraterra, col-
locata alla fine dell’XI secolo, visto che il rialzo della copertura
sotterranea ha notevolmente alterato le proporzioni interne del
presbiterio, oggi molto interrato95.

- La chiesa
Quanto rimane della struttura protoromanica (figura 10) è stato
compiutamente descritto da Roberto Coroneo: «Dell’edificio (...)
pressoché integralmente ricostruito entro il 1792, si conservano
l’abside e cantoni dei muri, individuabili nei tratti di fianco
risparmiati dalla moderna intonacatura in cemento. L’abside è dis-

94 R. CORONEO, Scultura mediobizantina in


Sardegna, Nuoro 2000, pp. 240-241, sch.
13.8. Di analogo profilo anche un frammen-
to di iscrizione dedicatoria dalla chiesa di
San Giovanni Battista ad Assemini, cronolo-
gicamente affine: IBIDEM, pp. 208-209, sch.
1.3.
95 La situazione appariva la stessa già ai tempi
di S. ESQUIRRO, Santuario de Caller cit., p.
494, che nella chiesa subdiale conobbe un
«Altar en alto que se sube con seys gradas». Fig. 10 - Decimomannu - Santuario di Santa Greca. Esterno dell’abside

189
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

posta a sud est e descrive in pianta un arco parabolico assai pro-


fondo. Sia all’esterno che all’interno, la muratura si presenta ete-
rogenea, con prevalenza di grossi blocchi calcarei, sovrapposti in
filari di approssimativa regolarità. L’unica stretta monofora, cen-
trata, è priva di strombo; la centina ha un leggero rincasso. La
copertura esterna del catino è data da un manto cementizio prein-
dustriale, che non cancella il dettaglio strutturale dell’estradosso
rientrante sul filo dell’imposta. L’abside non segna spallette e si
collega senza soluzione di continuità a tratti di paramento ester-
no, tecnicamente affini ma nel complesso incoerenti e forse messi
in opera con riuso di materiali dei muri antichi. All’interno, l’ar-
co frontale e il catino hanno sagoma non perfettamente semicir-
colare; si conservano lacerti di antichi intonaci»96.
Dovette esservi, quindi, una ripresa del culto a Santa Greca in
pieno medioevo, che presuppose (o comportò) alcuni interventi
edilizi sul santuario. La tradizione locale, in questo momento
così antico, doveva essersi ancora conservata, anche se i suoi
connotati precisi rimangono purtroppo indefiniti.

- Il monastero
Promotrice del recupero potrebbe essere stata la famiglia giudi-
cale cagliaritana. Un documento emanato nel 1355 dalla cancel-
leria di re Pietro IV d’Aragona, infatti, parla di un monastero 96 R. CORONEO. Architettura romanica cit., p.
39, sch. 4.
femminile di San Giorgio a Decimomannu, detto anche di Santa 97 Archivo de la Corona de Aragón,
Greca, ricordando tutta una serie di donazioni effettuate a suo Cancilleria, reg. 1024, c. 101v, citato da
M.G. MELONI, Ordini religiosi e politica regia
favore: a cominciare da quella del giudice Torchitorio, contem- nella Sardegna catalano-aragonese della prima
poraneo di papa Alessandro II († 1073), fino ai lasciti ricevuti metà del XIV secolo, “Anuario de Estudios
Medievales”, 24, 1994, pp. 831-855, p. 849.
dalla sua badessa allora in carica, madonna Iohanna97. Allo stesso documento, apparentemente, si
L’atto, evidentemente importantissimo anche per la storia del riferiscono anche R. PINNA - C. ZEDDA, San
Giorgio, l’evangelizzazione dell’Ogliastra e la
culto di Santa Greca, purtroppo non è stato ancora pubblicato nascita dei giudicati, “Biblioteca Francescana
nella sua integrità. Sulla base dei pochi elementi resi finora dis- Sarda”, XII, 2008, pp. 161-182, p. 174, i
quali tuttavia citano Archivo de la Corona
ponibili, tuttavia, e alla luce di quanto già noto sull’evergetismo de Aragón, Cancilleria, reg. 1030, cc. 102v-
giudicale in Sardegna, sembrerebbe quantomeno lecito ipotizza- 103.
98 Analoghe operazioni finanziarie, come ben
re che i regoli cagliaritani, a ulteriore conferma del loro specifi- noto, sempre nel corso dell’XI secolo furono
co interesse per la valorizzazione degli antichi culti martiriali del compiute dai giudici di Cagliari a vantaggio
dei martyria di San Saturnino a Cagliari, di
giudicato, abbiano voluto o economicamente favorito la ristrut- Sant’Efisio a Nora, di Sant’Antioco nell’isola
turazione del santuario98, affidandone poi la custodia a una fami- omonima, poi donati con ricche pertinenze
ai monaci benedettini di San Vittore di
glia religiosa femminile99. Marsiglia. Cfr. P.G. SPANU, Martyria
Alla continuata presenza di queste monache a Decimomannu, in Sardiniae. I santuari dei martiri sardi,
Oristano 2000, pp. 51-95.
una struttura che si può presumere annessa alla chiesa di Santa 99 Un monasterium castarum, agli inizi dell’XI
Greca, si riferiscono vari documenti del XIV e XV secolo100. secolo, era stato fondato a Cagliari dal giudi-
ce Amanus: cfr. N. VOLPINI, Documenti nel
Anzitutto, l’ordine trasmesso al governatore generale della Sancta Sanctorum del Laterano. I resti
Sardegna dall’infante Alfonso, nel 1327, in accoglimento delle dell’“Archivio” di Gelasio II, “Lateranum”,
n.s., LII, 1986, pp. 215-264, p. 262; R.
proteste che la medesima badessa Iohanna aveva inoltrato con- TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna cit.,
tro l’occupazione abusiva di beni e l’usurpazione di redditi del p. 213, nota 1.
100 G. SPANO, Storia della chiesa di Santa Greca
monastero, da parte di elementi catalani101. cit. pp. 13-14; F. COLLI, Decimomannu cit.,
Attorno alla metà del Trecento (1342-1347), quindi, si colloca- pp. 83-84; F. VIRDIS, Santa Greca cit., pp.
31-37.
no le Rationes decimarum, che attestano la riscossione di tributi 101 Archivo de la Corona de Aragón,
pro monasterio S. Grege de Decimo102. Cancilleria, reg. 403, cc. 199v-200r, citato da
M.G. MELONI, Ordini religiosi e politica regia
Nel 1359 Raimondo, vescovo di Sulci, effettuò un lascito testa- cit., pp. 848-849.
mentario monialibus monasterii S. Greche situati in villa Decimi 102 P. SELLA, Rationes decimarum Italiae nei
secoli XIII e XIV. Sardinia, Città del Vaticano
Maioris103. 1945, pp. 56, 107, 156, 173.
Al 1363, invece, risale la notizia di un pascolo affittato dalla 103 D. SCANO, Codice diplomatico delle relazio-
ni tra la Santa Sede e la Sardegna, I, Cagliari
badessa del mo(n)estir d(e) S(an)ta Grega (o anche Gregua) d(e) 1940, doc. DLXXV, p. 401.

190
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

la vila d(e) Decimo al nobile Johan Carroz104.


Il legittimo possesso di quello stesso territorio, detto salt - anche
in questo caso - d(e) Sa(n)t Jordi (San Giorgio), era però conte-
stato alle religiose da Mial(e) Orlando, luogotenente del vicario
delle curatorie di Gippi e Trexenta per conto del comune di Pisa.
Sulla scorta di questa indicazione topografica, un’altra notizia
diretta del monastero di Santa Greca a Decimomannu potrebbe
essere segnalata, ancora, per il 1345, se è corretto riconoscere in
esso il misterioso monasterium sancte Girche il cui sindicus Pietro
Martini, katalanus, in quell’anno rivendicava a suo nome la villa
di Aulis, nella curatoria di Trexenta, che invece secondo la con-
troparte era «fuit semper Pisani communis»105.
Per il secolo successivo, infine, risale al 1413 la lettera con cui
Ferdinando I d’Aragona comunicò ai consiglieri della città di
Cagliari che l’arcivescovo Antonio Dexart aveva eletto «Isabella,
figlia di Bernardo Rossellò di Valenza, badessa del monastero
benedettino e della chiesa di Santa Greca Martire fondato anti-
camente in Decimo»106. In latino il passo suona: «in monasterio et
ecclesia Sancte Grece Martiris (…) in villa de Decimo»107.

- La martire
Da quest’ultimo documento, dunque, si apprende che Santa
Greca, almeno all’inizio del Quattrocento, era esplicitamente
ritenuta martire. Quantomeno, questa è la più antica testimo-
nianza scritta relativa alla particolare connotazione della sua san-
tità108.
All’arcivescovo di Cagliari Dexart, che la comunicò al re
Ferdinando I d’Aragona, da dove poteva essere venuta una simi-
le contezza? Da qualche sconosciuto documento storico non
arrivato fino ai giorni nostri? Si potrebbe pensare, ad esempio, ai
più antichi calendari ecclesiastici della archidiocesi cagliaritana,
che molto probabilmente dovettero esistere benché non se ne sia
conservata alcuna traccia.
104 Archivio di Stato di Cagliari, Antico
Archivio Regio, vol. K1, c. 74v (84v della In questo periodo, tuttavia, potrebbe anche essere stato com-
nuova numerazione). messo l’errore ipotizzato da Hippolyte Delehaye. Dando per sta-
105 M. TANGHERONI, Due documenti sulla
Sardegna non aragonese del Trecento, bilita, cioè, la nozione relativa alla pura e semplice santità di
“Medioevo. Saggi e Rassegne”, 2, 1976, pp. Greca, di cui si aveva un evidente e incontestabile possesso alme-
27-64, p. 49. Ora anche in IDEM, Sardegna
Mediterranea, Roma 1983, p. 267. no dall’XI secolo, come prova la già considerata trasformazione
106 F. ARTIZZU, Registri e carte reali di della sua (presumibile o presunta) tomba a camera in una vera e
Ferdinando I d’Aragona, “Archivio Storico
Sardo”, XXV, 1-2, 1957, pp. 261-318, n. 49, propria confessio, essa potrebbe essere stata creduta martire leg-
p. 278. gendo b(eata) m(artyr), anziché b(onae) m(emoriae), su una lapi-
107 Archivo de la Corona de Aragón,
Cancilleria, reg. 2398, Sardinia, c. 42-42v. de funeraria a lei arbitrariamente attribuita. Casi analoghi si
108 O.P. ALBERTI, Santa Greca cit., pp. 577- sono registrati anche in altri ambiti geografici. Sullo scadere del
580.
109 CIL V, 5187: Hic requiescunt in pa[ce] medioevo, un identico equivoco si verificò ad esempio a
b[onae] m[emoriae] Domnio cum nepotibus Bergamo, dove nel 1401 gli scopritori dell’epitaffio di un B. M.
suis Eusebia et Domnon[e]. Dep[ositus]
Domno avus XVI k[alendas] Augus[tas], Domnio, e dei suoi nipoti Eusebia e Domnon, scambiarono que-
Eusebia III k[alendas] Novemb[res], Domnio sti personaggi per b(eati) m(artyres), benché dei presunti santi,
non[is] Ian[uariis]; cfr. P. BERTOCCHI,
Domno, Eusebia e Domnione, santi, martiri di fino a quel momento, nessuno avesse mai sentito parlare109. Essi,
Bergamo, in Bibliotheca Sanctorum, IV, successivamente, furono perfino inseriti nel Martyrologium
Roma 1964, coll. 768-769.
110 Martyrologium Romanum ad novam Romanum del Baronio110.
Kalendarii rationem et ecclesiasticae historiae Una simile eventualità, però, nello stesso periodo appare assai
veritatem restitutum. Gregorii XIII Pontificis
Maximi iussu editum, Romae 1584, pp. 210 improbabile in Sardegna, ancora lontanissima dal poter risentire
(“16 Iulii: Bergomi sancti Domnionis marty- dei benefici influssi del rinascente umanesimo (al contrario delle
ris”), 334 (“29 Octobris: Bergomi sanctae
Eusebiae virginis et martyris”). regioni centro-settentrionali del continente italiano). Sembra

191
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

perfino superfluo, a tale proposito, ricordare le tragiche condi-


zioni di arretratezza culturale in cui clero e classi egemoni dell’i-
sola versarono fino alla metà del XVI secolo, quando finalmente
si procedette a riformarne il sistema scolastico e a creare il primo
embrione di quello universitario111.
Per tale motivo, appare tanto più da respingere l’opinione di
Francesco Virdis il quale, ponendo l’accento sul fatto che l’epi-
taffio della ventenne Greca, nelle relazioni seicentesche, venisse
definita in letras goticas, ritiene «necessario datarla al XIV-XV
secolo, periodo nel quale può essersi riscritta la Vita della mona-
ca Greca, ma non ricordando chi fosse, hanno scritto quella lapi-
de esemplandola a una delle tante martiri riportate negli Acta
Martyrum, che sicuramente circolavano tra i nostri predicato-
ri»112. Sembrerebbe potersi intuire, insomma, che a giudizio del
Virdis l’epigrafe tradizionalmente attribuita alla tomba di Santa
Greca fosse stata addirittura fabbricata fra Trecento e
Quattrocento, allo scopo di assegnare un’identità qualsiasi a una
figura, dai tratti ormai evanescenti, che si voleva comunque
recuperare al culto.
Il Virdis, tuttavia, sembrerebbe ignorare come nel XVII secolo,
con l’espressione letras goticas, non si intendesse quella partico-
lare scrittura medievale oggi comunemente definita “gotica”,
bensì «una scrittura maiuscola che si allontani dal modello esem-
plare della capitale antica, cioè in particolare quell’alfabeto misto
di lettere capitali o onciali che gli umanisti vedevano usato nei
titoli e nelle iniziali dei codici medievali e a cui essi sostituirono
maiuscole di tipo epigrafico esemplate su modelli romani»113. Si
tratta, evidentemente, proprio del tipo di caratteri più ricorrenti
nell’epigrafia tardoantica e altomedievale, anche in Sardegna114.
Le più antiche falsificazioni epigrafiche di cui si abbia sicura
notizia, per l’isola, non certo a caso risalgono entrambe al terzo
quarto del XVI secolo. La prima, esclusivamente documentale, è
il sunto in versi latini di un celebre enigma umanistico, l’epitaf-
fio di Aelia Laelia Cripis, che all’arcivescovo di Cagliari Antonio
Parragues del Castillejo, nel 1559, fu fatto credere «sacado de
una sepultura que aun se halla en esta ysla»115. La seconda, incisa
su supporto lapideo, è l’epigrafe cosiddetta della Civitas Jole,
fatta ritrovare a Cagliari nel 1562116. 111 R. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna
Oltre un secolo prima quindi, nel secondo decennio del cit., pp. 390-393.
112 F. VIRDIS, Santa Greca cit., p. 80.
Quattrocento, un’eventuale travisazione dell’epigrafe decimese 113 S. RIZZO, Il lessico filologico degli umanisti,
di Greca, volontaria o meno, sarebbe stata impossibile: il conte- Roma 1984, p. 126
114 A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane della
sto culturale non l’avrebbe permesso. Sardegna cit., p. 252.
Si potrebbe pertanto pensare, lasciando da parte l’epigrafia, che 115 A. DEROMA, Anton Parragues de Castillejo
e la circolazione di un enigma umanistico nella
la fonte informativa dell’arcivescovo Dexart, nel 1413, diretta- Sardegna del ’500, “Sandalion”, 23-25,
mente o meno fosse stata la tradizione. Essa avrebbe davvero 2000-2002 (2003), pp. 123-145.
116 M. DADEA, I primi passi dell’archeologia in
potuto conservare, fin dal V-VI secolo, memoria della specifica Sardegna. Esperienze di scavo e ritrovamenti
santità personale di questa giovane martire, non strettamente epigrafici a Cagliari nel XVI secolo,
“Archeologia Postmedievale”, 5, 2001, pp.
ricavabile dal solo epitaffio. 263-310, pp. 267-278.
È bene insistere sul concetto di tradizione locale, perché i marti- 117 Su tale cognomen di origine etnica, cfr. H.
SOLIN - O. SALOMIES, Repertorium nominum
rologi storici e lo stesso Martyrologium Romanum non ricordano gentilium et cognominum Latinorum,
mai il nome di una santa Graeca117, che quindi deve verosimil- Hildesheim - Zürich - New York 1994, p.
340.
mente ritenersi un personaggio locale, vissuto nell’antica statio 118 S. ESQUIRRO, Santuario de Caller cit., p.
romana di Ad Decimum, e non magari il banale duplicato di qual- 495: «Esta bienaventurada Santa Greca es
Sarda, y Martyrizada en Sardeña. El
che altro martire famoso, la cui testimonianza di fede debba Martyrologio Romano no haze mencion de
invece collocarsi altrove118. ninguna Santa deste nombre: se haran las dili-
gencias que convienen para hallar su sagrado
Ma in quest’ultimo caso, cioè di un’antica memoria orale fedel- Cuerpo».

192
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

mente tramandata dalla comunità cristiana decimese, se Greca


non fosse stata martire è davvero credibile che una simile notizia
potesse essere stata omessa o dimenticata, e non riportata assie-
me al titolo di santità?
La risposta più plausibile parrebbe negativa. Se i decimesi del-
l’altomedioevo sapevano che Greca era santa, molto probabil-
mente avrebbero anche saputo se fosse stata martire o no. La tra-
dizione ecclesiastica più antica sosteneva che fu martire, per cui
martire effettivamente dovrebbe essere stata.
A questo punto, però, sorge il problema del suo inquadramento
storico.
Infatti, se si intendesse continuare a riferirla ai tempi della per-
secuzione di Diocleziano, sarà del pari necessario ammettere
anche che l’iscrizione funeraria a lei comunemente attribuita,
più tarda, sia in realtà quella di una semplice omonima, sepolta
a scopo devozionale presso la sua tomba a noi, però, tuttora
conosciuta: si tratterebbe, in pratica, di una semplice depositio ad
corpus119.
Se invece si volesse continuare a ritenere, come parrebbe più
logico, che quello sia il suo epitaffio originale, tanto questo quan-
to la presumibile tomba a camera posta sotto il presbiterio della
sua chiesa protoromanica costringerebbero a escludere
Diocleziano, e il suo preside Flaviano, per riportare il martirio
della santa decimese al V-VI secolo.
Rimandano nello specifico all’arco di questi due secoli, infatti, gli
elementi cronologici deducibili dagli aspetti testuali dell’epigrafe,
già analizzati da Antonio Maria Corda120, e la particolare forma

Fig. 11 - Musei Vaticani - Calco di hedera distinguens incisa sull’iscrizione 2125,


inv. 6709, databile agli anni 530-533 (da MAZZOLENI 1997)
119 Su tale fenomeno cultuale, relativamente
alla Sardegna, cfr. S. CISCI, Il culto dei marti-
ri sardi in Sardegna in età tardoantica e alto-
medioevale attraverso le testimonianze storiche delle hederae distinguentes che costellano il testo, strettamente
ed archeologiche, “Rivista di Archeologia confrontabili, ad esempio, con quelle di un’iscrizione dei Musei
Cristiana”, LXXVII, 2003, pp. 371-406.
120 A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane della Vaticani datata agli anni 530-533 (figura 11)121.
Sardegna cit., DEC001, p. 145. Le persecuzioni pagane, in questo momento, erano già cessate da
121 D. MAZZOLENI, Origine e cronologia dei
monogrammi cit., nr. 26, p. 169. circa due secoli. Se Santa Greca fu martire, allora, ad opera di

193
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

chi avrebbe versato il suo sangue per la fede?


La risposta sembrerebbe venire proprio dall’iscrizione funeraria a
lei attribuita. Infatti, benché il testo non dichiari in modo espli-
cito né la santità né il martirio della defunta ivi nominata, è age-
vole poter immediatamente osservare come questa iscrizione, nel
quadro dell’antica epigrafia cristiana della Sardegna, presenti
alcune particolarità assolute.
Anzitutto il sovrabbondante numero di cristogrammi, addirittu-
ra cinque. Il cinque, come noto, agli occhi dei primi cristiani
possedeva una valenza anzitutto soteriologica, corrispondendo al
numero delle lettere che compongono la parola greca Σωτηρ,
Salvatore, principale attributo di Cristo e motivo stesso della sua
incarnazione122: replicare cinque volte il nome di Cristo, dunque,
specie in ambito funerario, potrebbe aver voluto significare, sem-
plicemente, una professione di fede nella missione redentrice di
lui, e un augurio di vita eterna per la persona defunta.
Si deve subito osservare, tuttavia, che i cristogrammi sull’epitaf-
fio decimese di Greca appaiono non tutti uguali, ma di tre diver-
si tipi. Pur tenendo presente la possibilità di un banale gusto
della variatio da parte dello ordinator o del lapicida, e senza vole-
re escludere anche l’eventuale valenza escatologica dell’iterazio-
ne, una simile scelta parrebbe doversi considerare non casuale,
ma dettata un intento preciso che, nel particolare contesto stori-
co in cui l’iscrizione deve essere inquadrata, potrebbe ipotetica-
mente individuarsi in una volontà polemica antiariana. 122 E. TESTA, Il simbolismo dei giudeo-cristiani,
Gerusalemme 1962, p. 227.
La Sardegna, dal 456 circa al 534, fu occupata dai Vandali, popo- 123 L. PANI ERMINI, La Sardegna e l’Africa nel
lazione di stirpe germanica che professava un’eresia cristologica periodo vandalico, “L’Africa Romana”, II, 1984
(1985), pp. 105-122; L. PANI ERMINI, La
particolarmente insidiosa, l’arianesimo123. Essa, in pratica, nega- Sardegna nel periodo vandalico, in Storia dei
va il patrimonio di fede fondamentale per i cattolici, ponendo Sardi e della Sardegna. Dalle origini all’età bizan-
tina, a cura di M. Guidetti, Milano 1988, pp.
«una divisione profonda nella santissima Trinità, riservando il 297-327; G. ARTIZZU, La Sardegna e la politica
carattere di divinità solo alla prima persona e facendo delle altre religiosa dei re vandali, “Studi Sardi”, XXX,
1992-1993 (1996), pp. 497-512; P.G. SPANU,
due delle sue creature: prima creatura era il Figlio e seconda L’età vandalica, in Storia della Sardegna antica, a
creatura lo Spirito Santo: con la necessaria conseguenza che cura di A. Mastino, Nuoro 2005, pp. 499-509.
124 A. FERRUA, La polemica antiariana nei monu-
anche in Gesù non si era incarnato un dio, ma una creatura»124. menti paleocristiani, Città del Vaticano 1991, p.
Specie per motivazioni politiche e di ordine interno, i Vandali 11.
125 CH. COURTOIS, Les Vandales et l’Afrique, Paris
cercavano di costringere i cattolici ad apostatare e ad abbraccia- 1955, pp. 301-304; A. ISOLA, I cristiani
re la loro fede125. dell’Africa vandalica nei sermones del tempo
(429-534), Milano 1990, p. 3; A. PLACANICA,
La fortissima resistenza incontrata tra le popolazioni autoctone La Cristianità africana tra Arrianus furor e sub-
indusse gli invasori a scatenare una crudelissima persecuzione che reptiones Acephalorum, in Le invasioni barbari-
che nel meridione dell’impero: Visigoti, Vandali,
produsse numerose vittime, specialmente in Africa settentrionale Ostrogoti, Atti del Convegno (Cosenza, 24-26
dove si trovava la capitale del loro regno, Cartagine. In particola- luglio 1998), a cura di P. Delogu, Soveria
Mannelli 2001, pp. 181-241, p. 209.
re Possidio, nella sua Vita Augustini, Vittore Vitense, nella sua 126 Un recente riesame complessivo delle fonti
Historia persecutionis Africanae provinciae, e lo Pseudo Ferrando di cattoliche relative alla conquista vandalica
dell’Africa è in A. PLACANICA, La Cristianità
Cartagine, nella Vita Fulgentii, hanno descritto questa grave tribo- africana cit., in particolare pp. 196-199.
lazione della Chiesa in qualità di testimoni oculari126. 127 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., I, 17 (ed. it.
VITTORE DI VITA, Storia della persecuzione van-
Non furono risparmiati neppure gli altri territori dominati dai dalica in Africa, Traduzione, introduzione e note
Vandali, tra i quali appunto la Sardegna127. a cura di S. Costanza, Roma 1981, pp. 53-54).
128 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., II, 9-12
Le vittime preferite della persecuzione erano i vescovi e gli altri (trad. it. cit., pp. 65-69 e passim)
membri del clero128, ma in realtà alla violenza ariana non sfuggi- 129 IBID., I, 2 (IBID., p. 31); I, 9 (p. 43); I, 13 (pp.
48-49).
va nessun cattolico praticante: neppure i vecchi129, le donne130 o i 130 IBID., I, 2 (IBID., p. 31); V, 1 (pp. 114-115);
bambini131, né tantomeno le stesse vergini consacrate132. V, 4 (pp. 117-121).
131 IBID., I, 2 (IBID., pp. 31-32); II, 9 (p. 66) V, 1
Addirittura, per non fare delle loro vittime altrettanti martiri (p. 115).
degni di culto pubblico, i Vandali torturavano le persone per 132 IBID., I, 10 (IBID., pp. 44-46); II, 7 (p. 64).
133 IBID., I, 14 (IBID., pp. 50-51); V, 6 (p. 119).
farle abiurare, cercando però di non ucciderle133. Per molti, però, 134 Ad es. Maioricus, IBID., V, 1 (IBID., pp. 115-
i duri maltrattamenti subiti risultavano comunque fatali134. 116); Servus, V, 2 (p. 116); Victorianus, V, 4
(pp. 117-118). Gli esempi potrebbero molti-
Nonostante taluni studiosi, in tempi recenti, abbiano tentato di plicarsi ancora numerosi.

194
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

negare attendibilità storica agli stessi protagonisti dei fatti, e così


di ridimensionare notevolmente la gravità e la portata della per-
secuzione vandalica ariana135, proprio di essa potrebbe essere
stata vittima la Greca martir che il vescovo Dexart, più di mille
anni dopo, attestava ancora venerata a Decimomannu136.
L’iscrizione sepolcrale a lei tradizionalmente attribuita risponde
in tutto agli schemi formulari più consolidati dell’antica epigra-
fia cristiana della Sardegna, con nome proprio della persona
defunta al nominativo, preceduto dal generico elogio b(onae)
m(emoriae) in forma abbreviata e seguito dall’espressione quiescit
in pace, dai dati biometrici e dalla data della depositio137.
Quest’ultima indicazione, relativamente poco usata nell’isola,
testimonia la fede nell’immortalità dell’anima perché i cristiani,
convenendo a celebrare i defunti nei giorni anniversari del
rispettivo decesso, che corrispondeva quasi sempre a quello di
sepoltura, ne festeggiavano in realtà il dies natalis alla vera vita in
Dio138. La fede, naturalmente, non poteva estinguere del tutto gli
umani sentimenti di dolore e di rimpianto nei confronti dei cari
scomparsi, a espressione dei quali, talvolta, gli epitaffi si soffer-
mavano a indicarne con grande precisione gli anni, i mesi e i
135 In particolare contro Christian Courtois, che
nel suo Les Vandales et l’Afrique cit., fu il prin- giorni della vita terrena139. Impulsi profondi che, però, la dottri-
cipale alfiere di questa “rivalutazione”, A. na escatologica cristiana consentiva di sublimare in un vincolo
ISOLA, I cristiani dell’Africa vandalica cit., pp.
3-4, testualmente scrive: «Il modo con il quale d’amore ancora più saldo: l’uso del verbo quiescere, infatti, docu-
hanno perseguito il preciso disegno di annien- menta la credenza nel dogma della resurrezione finale, quando i
tare o di rendere comunque inoffensiva l’op-
posizione cattolica e la ferocia mostrata duran- corpi che ora semplicemente vi riposano saranno fatti risorgere
te le “normali” azioni di guerra sono tali, da dalle tombe140. Particolarmente diffusa l’espressione in pace, con
giustificare ampiamente la fama sinistra che
accompagna da sempre il nome dei Vandali. oltre 120 attestazioni anche in Sardegna dove risulta quindi una
(...) La via della cattività è una delle più fre- sorta di stereotipo141. Da parte dei sopravvissuti, attesta l’integri-
quentate dalla persecuzione, insieme con quel-
la dell’esilio; e può condurre al martirio. (...) tà morale e spirituale delle persone defunte cui viene riferita,
Per altro, nel periodo vandalico il martirio non ritenute pertanto degne di gioire eternamente nella pace del
passa necessariamente per la cattività, (...) e
possiamo affermare con certezza che esso è Signore142.
meno singolare di quanto qualcuno vorrebbe Tutto insomma, in questa epigrafe, sembrerebbe escludere l’uc-
far credere».
136 Circa gli esiti della persecuzione vandalica in cisione di Greca in odio alla fede e di conseguenza la sua even-
Sardegna, in mancanza di documentazione sto- tuale identificabilità con una martire, giusto il reciso giudizio
rica diretta, l’opinione prevalente tra gli studio-
si rimane comunque ancora quella a suo tempo espresso a suo riguardo da Hippolyte Delehaye: «C’est la pierre
espressa da L. PANI ERMINI, La Sardegna nel
periodo vandalico cit., p. 299: «Il dominio van-
tombale d’une jeune chrétienne morte en la paix du Seigneur, dans
dalo fu caratterizzato dalle lotte di natura reli- sa vingt et unième anée. Greca n’a certainement pas subi le marty-
giosa, dei seguaci dell’eresia di Ario nei riguardi
del clero e della popolazione cattolica: Vittore
re»143.
Vitense ne descrive le sofferenze luttuose, ma è A tale conclusione del celebre bollandista, tuttavia, si potrebbe
opinione comune che il suo racconto si riferisca anzitutto opporre che proprio la formula funeraria in pace, per
unicamente agli eventi africani e che, al contra-
rio, la politica di Genserico verso la Sardegna sia quanto comprensibilmente rara, non manca di sicure attestazio-
stata prudente e avveduta, volta piuttosto ad
assicurarsi una pace nell’isola che a controllar-
ni nell’epigrafia martiriale ad esempio dell’Africa144.
ne il credo religioso». Si vedano anche G. Comunque, come giova ripetere, ciò che nell’epitaffio decimese
ARTIZZU, La Sardegna e la politica religiosa dei re
vandali cit., p. 502; e da ultimo P.G. SPANU, di Greca si annuncia fuori dal comune, invitando così ad inda-
L’età vandalica cit., p. 501. garne singolari particolarità e conseguenti motivazioni ideologi-
137 A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane della
Sardegna cit., pp. 235-242. che, non è il formulario ma il suo complesso apparato figurativo,
138 F. GROSSI GONDI, Trattato di epigrafia cri- la cui ricchezza non mancò di colpire gli stessi studiosi seicente-
stiana latina e greca del mondo romano occi-
dentale, Roma 1920, pp. 185-187. schi. Così Juan Francisco Carmona: «Su letrero es de los sump-
139 IBIDEM, p. 185. tuosos y nobles que se han hallado»145.
140 IBIDEM, pp. 192-195.
141 A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane della Il cristogramma è l’abbreviatura in nesso del nome di Cristo, in
Sardegna cit., p. 241. greco, e in questo epitaffio ne compaiono cinque: tre decussati,
142 F. GROSSI GONDI, Trattato di epigrafia cri-
stiana cit., pp. 221-223. cioè del tipo in genere più comune, e due particolari. Il primo,
143 H. DELEHAYE, Recensione a R. Loddo cit., p. affiancato dalle lettere apocalittiche alpha e omega, e l’altro di
318.
144 Y. DUVAL, Loca Sanctorum Africae. Le culte forma stellata, dato dall’intersezione non delle solite lettere Χ
des martyrs en Afrique du IV au VII siècle, (chi) e P (rho), iniziali dell’aggettivo Χρ(ιστος), ma delle lettere
Rome 1982, pp. 467-468.
145 J.F. CARMONA, Alabanças cit., c. 135v.

195
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

I (iota) e Χ (chi), iniziali dei nomi I(ησους) Χρ(ιστος) 146.


Il cristogramma con le lettere apocalittiche αω, alla r. 1, esprime
la fede nella divinità di Cristo, inizio e fine, come si legge in tre
distinti passi del libro dell’Apocalisse: «Io sono l’Alpha e
l’Omega, dice il Signore Dio, colui che è, che era e che viene,
l’Onnipotente!» (Ap. 1, 8); «Io sono l’Alpha e l’Omega, il
Principio e la Fine.» (Ap. 21, 6); «Io sono l’Alpha e l’Omega, il
Primo e l’Ultimo, il primo e l’ultimo» (Ap. 22, 13). Come spie-
ga Antonio Ferrua, le prime due volte «è Dio stesso che parla, la
terza è Gesù. Ciò vuol dire che a Gesù sono dati gli attributi stes-
si di Dio ed in particolare l’eternità. I cristiani nelle loro epigra-
fi hanno scelto definitivamente quest’ultimo uso»147.
Subito dopo, alla r. 2, nell’epitaffio decimese di Greca segue il
monogramma astriforme, con il nome, I(ησους), imposto al
Figlio di Dio al momento della circoncisione: «Quando furono
passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo
nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere
concepito nel grembo della madre» (Lc. 2, 21).
Nell’interpretazione dei Padri della Chiesa, Gesù sarebbe stato
sottoposto a questo antico rito della legge mosaica a testimo-
nianza della sua umanità, cioè della piena realtà della sua incar-
nazione148. Al nome I(ησους), sempre su base scritturistica,
erano strettamente collegati anche i caratteri di eternità e filia-
zione divina: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo
chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il
Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per
sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc.
1, 31-33). In questo particolare monogramma, infatti, il nome
proprio I(ησους) risulta congiunto al titolo di Χρ(ιστος), a riba-
dire simbolicamente la fede nella piena identificazione dell’uomo
Gesù con il Cristo, il Figlio di Dio (Mt. 16,16; 26, 63; Mc. 8,29;
14, 61; Lc. 9, 20; 22, 67-70; Gv. 10, 25-38; 20, 31) che era stato
annunciato dai profeti (Gv. 1, 41; 4, 25)149.
Ecco quindi, si direbbe, che l’epitaffio di Greca proclama aperta-
mente il dogma cattolico della doppia natura divina e umana di
Cristo in un’unica persona, in un contesto storico-politico che
potrebbe far presupporre non una semplice professione di fede a
sé stante, ma una voluta presa di posizione polemica contro l’e-
resia ariana.
Ario, infatti, partiva dal presupposto che uno solo fosse il prin-
cipio ingenerato, Dio. E siccome il Verbo è detto dalla Sacra
Scrittura generato (γεννητος), a suo giudizio non poteva essere
Dio. Essere generato, infatti, importa mutazione (γεννασθαι =
γιγνεσται), per cui genito si sarebbe dovuto ritenere equivalente
a creato (γεννητος = γενητος). Di conseguenza il Verbo, essen-
do creato, per il pensatore alessandrino non poteva ritenersi 146 Su introduzione e uso del cristogramma
immutabile né coeterno al Padre, cioè a lui consustanziale decussato, dello stesso affiancato dalle lette-
re apocalittiche e di quello astriforme cfr. D.
(οµοουσιος), essendo impossibile la scissione della monade MAZZOLENI, Origine e cronologia dei mono-
assoluta. Conseguentemente al mistero trinitario, Ario distrug- grammi cit., rispettivamente alle pp. 165,
166, 167.
geva anche quello dell’incarnazione, per cui Gesù, nel quale in 147 A. FERRUA, La polemica antiariana cit., p.
Verbo si è fatto uomo, in realtà sarebbe stato privo dell’anima 48.
148 E. TESTA, Il simbolismo dei giudeo-cristiani
umana, sostituita dal Verbo stesso: non sarebbe stato, perciò, cit., p. 362.
vero uomo150. 149 A. FERRUA, La polemica antiariana cit., pp.
43-44.
Un esempio delle contro argomentazioni cattoliche può leggersi 150 M. SIMONETTI, Ario-Arianesimo, in
nel Liber fidei catholicae presentato dai vescovi africani, sardi e Dizionario patristico e di antichità cristiane,
diretto da A. Di Berardino, I, Genova 1983,
balearici fedeli al dogma niceno nel Concilio di Cartagine del coll. 337-345, coll. 337-338.

196
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

484, che Vittore Vitense riporta integralmente nella propria


opera: «Poiché professiamo che nel Figlio vi sono due nature,
cioè che egli è vero Dio e vero uomo, dotato di corpo e di anima,
tutto quello dunque che le Scritture dicono di lui con eminente
e sublime efficacia, noi riteniamo che si debba riferire alla sua
ammirevole divinità; tutto ciò che invece è detto di lui stesso in
maniera più dimessa e inferiore all’onore dovuto alla sua dignità
celeste, noi lo riferiamo non a Dio Verbo, ma all’umanità da lui
assunta»151.
Tornando alle teorie di Ario, essendo il Figlio una creatura, trat-
ta dal nulla come tutte le altre creature, egli non sarebbe stato
coeterno e quindi neppure uguale al Padre. Di conseguenza nep-
pure lo Spirito Santo poteva ritenersi persona divina, ma creatu-
ra che procede per creazione dal Verbo, come il Verbo procede
per creazione dal Padre in reciproca subordinazione152. Totale,
quindi il contrasto col dogma cattolico, per il quale invece le tre
persone della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo,
sono uguali e distinte. Come risposta alle dottrine ariane, infat-
ti, nel Liber fidei catholicae tra l’altro si legge: «L’evangelista
Giovanni dice: Per questo i Giudei cercavano di ucciderlo, perché
non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi
uguale a Dio (cfr. Gv. 5, 18). Questo poi non deve essere riferi-
to ai Giudei, perché è l’evangelista che ha veramente detto
riguardo al Figlio che si faceva uguale a Dio. Ancora nel Vangelo
sta scritto: Tutto quello che fa il Padre, lo stesso ugualmente lo fa
anche il Figlio (cfr. Gv. 5, 19). E ancora: (...) Affinché tutti ren-
dano onore al Figlio, come rendono onore al Padre (cfr. Gv. 5, 23);
uguale onore infatti non si tributa che a persone uguali»153.
Specie alla luce di quest’ultima affermazione, quindi, potrebbe
essere spiegata la presenza, alle rr. 1, 2 e 5 dell’epitaffio di Greca,
degli altri tre cristogrammi decussati semplici, raffigurati per
l’appunto uguali e distinti.
Antonio Ferrua tende ad escludere, in mancanza di più concreti
riscontri letterari, il valore probatorio antiariano di questi soli
simboli più volte ripetuti, che potrebbero essere stati incisi anche
a semplice scopo ornamentale154.
Tuttavia l’epigrafe di Greca sembrerebbe poter fare eccezione
rispetto a questa opportuna regola prudenziale, perché oltre all’i-
terazione dei cristogrammi si rende necessario considerare anche
la loro posizione specifica.
Il cristogramma astriforme, infatti, sullo specchio epigrafico
risulta costituire il vertice di un triangolo equilatero (stando
almeno all’apografo seicentesco), con base parallela al lato supe-
riore della lapide. Gli altri due vertici sono formati da un cristo-
gramma decussato cui si affiancano le lettere apocalittiche e da
un terzo cristogramma decussato semplice. Quest’ultimo, a sua
volta, in possibile rapporto geometrico con altri due cristogram-
mi identici, del quale verrebbe a formare il vertice di un secon-
do triangolo.
Il valore simbolico trinitario delle figure triangolari, in ambito
151 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., III, 4 polemico antiariano, è generalmente ammesso in letteratura155,
(trad. it. cit. p. 83).
152 M. SIMONETTI, Ario-Arianesimo cit., col. per cui il programma figurativo recondito dell’epitaffio decimese
338. di Greca potrebbe essere delineato in questi termini:
153 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., III, 3
(trad. it. cit. p. 82). 1. il monogramma astriforme dichiarerebbe che Gesù, vero
154 A. FERRUA, La polemica antiariana cit., pp. uomo nato da Maria, circonciso secondo la legge mosaica, è
52-54.
155 IBIDEM, pp. 68-69. il Cristo;

197
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

2. del Cristo, il cristogramma affiancato dalla lettere apocalitti-


che αω proclamerebbe l’eternità, e quindi la natura divina;
3. il terzo cristogramma quindi, in quanto disposto, con gli altri
due, a completare la figura di un triangolo, inserirebbe Cristo
nel sistema trinitario riconoscendolo, come Figlio di Dio, a lui
coeterno e consustanziale;
4. triangolo equilatero, quest’ultimo, il cui valore simbolico,
quale proclamazione dell’uguaglianza e pari dignità delle tre
distinte persone divine, verrebbe ribadito dal secondo trian-
golo formato dai cristogrammi decussati semplici, incisi l’uno
identico all’altro.
Riguardo allo Spirito Santo, terza persona della Santissima
Trinità, i vescovi cattolici convocati al Concilio di Cartagine
dichiaravano: «Noi crediamo (lo Spirito Santo) consustanziale al
Padre e al Figlio, coevo e coeterno a loro. Per quanto, infatti,
questa veneranda Trinità sia distinta nelle persone e nei nomi,
tuttavia non per questo bisogna credere che essa sia differente da
se stessa e dalla sua eternità: ma crediamo realmente e ferma-
mente che la natura divina sia immanente da prima dei secoli nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo»156.
A riprova del loro assunto, essi allegavano vari testimonia biblici
e tra questi, anzitutto, le stesse parole iniziali della Sacra
Scrittura: «Dai libri dell’Antico Testamento, e poi anche da quel-
li del Nuovo, ci verrà insegnato che il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo sono di una sola sostanza. Già il libro della Genesi comin-
cia così: In principio Dio creò il cielo e la terra; ora la terra era
invisibile e informe, e le tenebre erano sopra l’abisso, e lo Spirito di
Dio si portava sulle acque (Gn. 1, 1-2). (...) Lo Spirito di Dio si
portava sulle acque in quanto creatore, sostenendo con la virtù
della sua potenza la creazione, sicché, producendo da esse tutte
le specie viventi, dava ai rozzi elementi il calore del proprio
fuoco, e la natura dell’acqua, balenando già da allora il mistero
del battesimo, riceveva la potenza santificatrice, e produceva per
prima alla vita i corpi inanimati»157.
Di questa dottrina, forse, conserva eco anche l’epitaffio decime-
se di Greca. Oltre al triangolo trinitario, infatti, vi compare la
colomba con un ramo nel becco.
Si è già riferito il simbolo, di eminente valore escatologico, all’e-
pisodio biblico del diluvio: «Attese altri sette giorni e di nuovo
fece uscire la colomba dall’arca, e la colomba tornò a lui sul far
della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè
comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri
sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da
lui» (Gn. 8, 10-12). La colomba, però, nei Vangeli è soprattutto
simbolo dello Spirito Santo, con esplicito legame al mistero bat-
tesimale: «Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si
aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una
colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse:
Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto»
(Mt. 3, 16-17; Mc. 10-11; Lc. 4, 21-22). Nella tradizione patri-
stica, in questo passo è sempre stata vista l’attuazione della pro-
fezia che, proprio tramite il racconto del diluvio, si ricolleghe-
rebbe direttamente all’atto creatore di Dio, nel quale sarebbe già
stata annunciata la salvezza portata da Cristo tramite l’acqua e lo
Spirito (Gv. 3, 5). Nello specifico, siccome sia sulle acque del 156 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., III, 9
(trad. it. cit. p. 89).
fiume Giordano sia su quelle del diluvio, che del battesimo sono 157 IBIDEM, III, 10 (IBIDEM, p. 90).

198
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

figura (1Pt. 3, 20-21), vola una colomba che nel primo caso è lo
Spirito, risulterebbe immediato il collegamento al passo iniziale
della Genesi in cui lo Spirito di Dio, analogamente, «si portava
sulle acque» primordiali all’atto della creazione.
Alla luce di tale dottrina, sull’epitaffio decimese di Greca, adom-
brata sotto l’innocuo aspetto di quella noetica non soltanto
potrebbe essere stata rappresentata la colomba dello Spirito
Santo, terza persona della Santissima Trinità, ma di questa sareb-
bero anche state contestualmente affermate la coeternità con
Dio Padre e la funzione creatrice, cioè la piena divinità.
Se questa lettura è corretta, quindi, davvero Greca fu molto pro-
babilmente persona coinvolta nella polemica trinitaria antiaria-
na, all’epoca in cui la Sardegna era dominata dai Vandali, segua-
ci di tale eresia. E questo potrebbe esserle costata la vita.
L’analisi iconografica fin qui condotta, è ovvio, potrebbe essere
inficiata alla base dal legittimo sospetto circa l’effettiva fedeltà
con cui gli scavatori barocchi avrebbero riportato graficamente
l’epitaffio decimese di Greca. In tutti quei casi nei quali le iscri-
zioni da loro segnalate siano giunte fino ai giorni nostri, però, si
è potuta sistematicamente constatare una fedeltà assoluta degli
apografi rispetto ai modelli dati, ivi comprese le più complesse
particolarità paleografiche. Un caso davvero emblematico, a tito-
lo di esempio, può considerarsi quello relativo all’epitaffio paga-
no di Sp(urius) Pomp(---) Entimus, tornato alla luce presso la
basilica di San Saturnino a Cagliari nel 1649158.
A tale riguardo, sull’iscrizione decimese di Greca si nota in par-
ticolare la cura con cui il segretario della Curia arcivescovile di
Cagliari tenne a riprodurre la speciale forma della lettera alpha a
sinistra del secondo cristogramma della r. 1. Nonostante l’evi-
dente impaccio arrecatogli dal doversi cimentare con forme gra-
fiche a lui totalmente estranee, è facile intuire come la lettera
capitata sotto i suoi occhi si caratterizzasse per «la sbarra tra-
sversale che muove in senso ascendente dalla punta estrema
della linea di sinistra», tipica della cosiddetta “maiuscola biblica”
greca in uso dalla metà del IV al VI secolo dopo Cristo159.
Dando quindi per assodata la piena affidabilità dell’apografo
rispetto all’archetipo (grazie anche alla testimonianza settecente-
sca del Plazza rispetto al contenuto, e a quella primo ottocente-
sca della “seconda copia marmorea” rispetto alla forma delle let-
tere), parrebbe non disutile né vacuo voler sperimentare la let-
tura crittografica di questa iscrizione fino alle sue estreme con-
seguenze.
La critica archeologica ha lungamente discusso sulla corretta
interpretazione del monogramma astriforme, che taluni studiosi
preferirebbero considerare un semplice emblema siderale stiliz-
zato160.
Sull’epitaffio decimese di Greca, esso potrebbe avere assolto a
158 G. SOTGIU, Iscrizioni latine della Sardegna,
Padova 1961, nr. 132, pp. 92-93; M. DADEA, una duplice funzione: alfabetica e figurativa.
Alle origini di Cagliari cristiana cit., pp. 34- È da notarsi, infatti, come nel Liber fidei catholicae presentato al
39.
159 E. MIONI, Introduzione alla paleografia Concilio di Cartagine, a evidente commento del Symbolum nice-
greca, Padova 1973, p. 52. In ambito locale, no, si insista in più luoghi sulla definizione di Cristo quale Deum
un valido raffronto paleografico può ad
esempio istituirsi con l’epitaffio caralitano in de Deo, lumen de lumine, Deum verum de Deo vero: «Poiché il
lingua greca di Αµµια, datato generalmente Padre ingenerato ha generato il Figlio da se stesso, cioè da ciò
al V secolo; cfr. A.M. CORDA, Le iscrizioni
cristiane della Sardegna cit., CAR005, pp. che egli è, (...) è chiaro che è una sola la sostanza del generante
49-50, tav. II. e del generato, giacché noi veracemente professiamo che il Figlio
160 A. FERRUA, La polemica antiariana cit., p.
43. è Dio da Dio, lume da lume. Infatti, che il Padre sia luce lo atte-

199
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

sta l’apostolo Giovanni dicendo: Perché Dio è luce e in lui non


sono tenebre (1Gv. 1, 5). Similmente del Figlio dice: E la vita era
la luce degli uomini, e la luce splende tra le tenebre, ma le tenebre
non l’hanno accolta (Gv. 1, 4-5). E più sotto: Era il lume vero, che
illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv. 1, 9). Da ciò
è chiaro che il Padre e il Figlio sono di una sola sostanza, giacché
non può essere diversa la sostanza della luce e del lume, cioè di
chi genera da sé e di chi trae esistenza da chi genera»161.
Tale figura cristologica, come noto, ebbe origine dal fatto che
Gesù fosse stato preannunciato nell’Antico Testamento sotto la
metafora dell’astro, secondo l’esplicita interpretazione che di tali
profezie fu data nel Nuovo. Nel libro dei Numeri infatti si legge
che «una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da
Israele» (Nm. 24, 17), i quali nell’Apocalisse furono senz’altro
identificati con Cristo: «Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per
testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la
radice della stirpe di David, la stella radiosa del mattino» (Ap.
22, 16).
Potrebbe darsi, perciò, che chi fece incidere l’epitaffio della ven-
tenne Greca, inserendovi il cristogramma astriforme, avesse
anche voluto proclamare Gesù Cristo lumen de lumine e quindi
Deum verum de Deo vero, sempre in chiave polemica antiariana.
A possibile supporto di una simile interpretazione, si noti come
il cristogramma astriforme, in questa epigrafe, appaia affiancato
da elementi vegetali in forma di rametto, che potrebbero allude-
re proprio allo scettro e al virgulto dei due passi biblici appena
citati, identificabili con il germoglio di cui parlano vari altri luo-
ghi dell’Antico Testamento (Is. 11, 1; Ger. 23, 5; Zc. 3, 8; 6,
12)162.
Tali segni d’interpunzione, tutti tra loro abbastanza simili (rr. 2,
4, 5) tranne uno, dall’evidente aspetto di un ramo di palma (r.
4), risultano esattamente otto, che nell’interpretazione degli
antichi Padri era il numero cristologico per eccellenza163.
Secondo i Vangeli, infatti, passati otto giorni dalla nascita Gesù
è stato circonciso, a testimonianza della sua umanità (Lc. 2, 21);
e nell’ottavo giorno della settimana, «il primo giorno dopo il
sabato», è resuscitato dai morti, a testimonianza della sua divini-
tà (Mt. 28, 1; Mc. 16, 2; Lc. 24, 1; Gv. 20, 1, 19). Oltre che svol-
gere l’evidente funzione di segni diacritici, dunque, gli otto race-
mi incisi sull’epitaffio decimese di Greca avrebbero anche potu-
to alludere all’inizio della vera vita in Cristo, rappresentato dal
virgulto, e al trionfo sulla morte con lo stesso Cristo risorto, rap-
presentato dalla palma antico simbolo delle vittorie agonali.
Per lo stesso motivo, il ramo di palma fu anche assunto ad attri-
buto biblico del martirio (1Mac. 13, 37, 51; 2Mac. 14, 4; Ap. 7,
9), già esplicitamente inteso come tale anche dai cattolici africa-
ni perseguitati dai Vandali164.
D’altra parte, stando al suo epitaffio, Greca risulta essere morta
a un’età che potrebbe farla annoverare tra le vittime privilegiate 161 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., III, 7
dell’odiosa violenza ariana, cioè tra quelle virgines violatae così (trad. it. cit. pp. 86-87). Cfr. anche IBIDEM,
III, 8 (IBIDEM, pp. 88-89).
tanto numerose da spingere il pontefice Leone Magno, dopo la 162 E. TESTA, Il simbolismo dei giudeo-cristiani
liberazione dell’Africa, a preoccuparsi personalmente della loro cit., p. 286.
163 IBIDEM, pp. 9, 47, 55, 63, 227, 374, 406,
incerta sorte165. 438.
Ma allora perché, nella sua iscrizione funeraria, Greca non fu 164 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., V, 1 (trad.
it. cit., p. 115, Maioricus).
esplicitamente dichiarata martire? 165 LEO M., Epist., 12, 8 e 11 in PL 54, 653 e
In parte è stato già detto. I Vandali cercavano di evitare di fare 655; A. ISOLA, I cristiani dell’Africa vandali-
ca cit., pp. 32, 84.

200
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

166 Cfr. supra, note 133-134.


167 VICT. VIT., Hist. pers. Afr. prov., I, 1; V, 1
(trad. it. cit., pp. 30; 116).
martiri166, e se capitava si sforzavano di impedirne il culto, dis-
168 A. ISOLA, I cristiani dell’Africa vandalica perdendone i corpi e distruggendone le sepolture167, come spiega
cit., p. 43.
169 C. LILLIU, Decimo e il suo territorio cit., pp. molto bene Antonino Isola: «Quanto alla penuria di monumen-
60-83.
170 Cfr. supra, nota 97.
ti funerari posti a memoria delle vittime vandaliche, bisognerà
171 Sull’antichità assoluta del culto di San tenere ben presente che gli stessi cristiani potevano aver cura di
Giorgio Megalomartire in Sardegna manca-
no ancora studi specifici. Generalmente, la custodire con discrezione le memorie dei loro martiri, preser-
sua introduzione viene fatta risalire ad età
bizantina (cfr. A.F. SPADA, Storia della vandole da eventuali rappresaglie disposte dal potere secolare»168.
Sardegna cristiana cit., pp. 242-243), ma
niente vieterebbe di collocarla anche in un
Questo potrebbe aver consigliato di tacere un’esplicita dichiara-
periodo anteriore. La devozione al celebre zione di martirio e santità sull’epitaffio della giovane donna, che
martire di Lydda, infatti, si era prepotente-
mente diffusa in ambito latino già nel V avrebbe potuto mettere a repentaglio la conservazione delle sue
secolo, nei cui anni iniziali il vescovo Severo
(† 409) gli dedicava a Napoli una basilica
spoglie; senza rinunciare, tuttavia, a inserirvela quantomeno in
(cfr. D. BALBONI, Giorgio, santo, martire, in forma crittografica.
Bibliotheca Sanctorum, VI, Roma 1965, coll.
512-525, col. 519) e il cosiddetto Decretum Greca sarebbe stata quindi deposta nell’area cimiteriale cristiana
Gelasianum, nel 496 circa, pur confermando
la storicità del santo annoverava la spettaco- dell’antico centro punico-romano di Ad Decimum169, la quale, per
lare Passio Georgii nella propria Notitia libro-
rum apocryphorum (cfr. H. DELEHAYE, Les
la doppia intitolazione di cui alla metà del XIV secolo faceva fede
légends greques des saints militaires, Paris la surriferita carta del re Pietro IV d’Aragona170, si potrebbe rite-
1909, pp. 45-76; E. PERETTO, Decreto
Gelasiano, in Dizionario patristico e di anti- nere originariamente dedicata a San Giorgio Megalomartire171.
chità cristiane, diretto da A. Di Berardino,
Genova 1983, coll. 901-902). Nell’isola, al
Proprio quest’ultimo particolare, alla luce di almeno un altro
quarto miglio da Tharros, in corrispondenza caso, del tutto analogo, relativo alla parte centro settentrionale
del punto in cui la strada per la città si bifor-
cava verso Cornus e Othoca sorgeva un cen- dell’isola, pur con tutte le cautele del caso parrebbe consigliare
tro abitato di origine romana, chiamato in un serio riesame critico della possibilità che Greca, davvero, sia
età tardo antica Oppidum Sancti Georgii (cfr.
P.G. SPANU - R. ZUCCA, I sigilli bizantini della
ΣΑΡ∆ΗΝΙΑ, Roma 2004, pp. 77-86). Vi
stata martire di un evento persecutorio verificatosi nella
esisteva una chiesa con annesso archivum e Sardegna vandalica (e che tale persecuzione sia stata sistematica
vasto cimitero, che il ritrovamento di un
tipario fittile per la confezione di eulogie o sporadica qui poco importa), rimasto finora ignoto alle fonti
attesta dedicata a San Giorgio almeno dal
VII secolo (cfr. M. DADEA, Due reperti epi-
storiche.
grafici bizantini dell’Antiquarium Arborense I paralleli istituibili tra caratteristiche e modalità del culto di
di Oristano, in La ceramica racconta la storia.
La ceramica nel Sinis dal Neolitico ai giorni Santa Greca e di Santa Inbenia, venerata ab immemorabili come
nostri, Atti del II Convegno di Studi
(Oristano - Cabras, 25-26 ottobre 1996), martire a Cuglieri (OR), alle pendici del Montiferru172, sono
Cagliari 1997, pp. 403-435, pp. 403-408).
172 Limitando la rassegna bibliografica all’ulti-
infatti tanto stringenti da farle apparire addirittura gemelle.
mo cinquantennio cfr. G. PIRAS, I santi vene- Come S(an)ta Grega anche S(an)c(t)a Inbenia, cui nel Condaghe
rati in Sardegna cit., pp. 258-259; Dizionario
dei santi venerati in Sardegna cit., pp. 115- di San Pietro di Silki risulta intitolata una chiesa o monastero,
117; A.F. SPADA, Storia della Sardegna cri-
stiana cit., pp. 192-194; E. LILLIU,
gode di un’incontestabile attestazione cultuale fin dal XII secolo
Iconografia dei santi sardi cit., p. 122; F. almeno173.
CIOMEI, Gli antichi martiri della Sardegna
cit., pp. 295-297, I. CHISESI, Dizionario ico- Il nome di Inbenia costituisce un apax nell’intero mondo roma-
nografico cit., p. 141. no, e la sua venerazione, come quella di Greca, è circoscritta alla
173 G. BONAZZI, Il Condaghe di San Pietro di
Silki. Testo logudorese inedito dei secoli XI-
XIII, Sassari-Cagliari 1900, sch. 316, pp. 75-
sola Sardegna, per cui risulta impossibile ipotizzare per loro un
76. eventuale sdoppiamento di figure agiografiche riferibili all’ester-
174 H. SOLIN, Analecta epigraphica CLIV.
Inbenia. Zu einer Sardischen Inschrift, no dell’isola174.
“Arctos”, 27, 1993, pp. 130-131, suggerisce
di normalizzare questo nome in Inventa (nel
La memoria di entrambe le martiri è sempre rimasta radicata
senso di “Esposta”, “Trovatella”) ipotizzando presso due antiche comunità di origine punico-romana, Ad
che, nell’epigrafe in esame, al betacismo
dello ordinator si fosse malauguratamente Decimum e Gurulis Nova, che l’hanno tradizionalmente custodi-
unita anche la disattenzione dello scriptor, il ta fino al momento del risveglio umanistico della Sardegna, nel
quale avrebbe dimenticato di incidere il trat-
to orizzontale della T. Tale proposta, che
anche A.M. CORDA, Le iscrizioni cristiane
XVI-XVII secolo175.
della Sardegna, p. 158, ritiene probabilmente Di entrambe, nel Seicento, sono stati ritrovati gli epitaffi proprio
fondata, presupporrebbe tuttavia che il culto
di tale ipotetica Inventa > Inbenta, sbadata- negli incontestati epicentri del rispettivo culto: di Greca, lo si è
mente trascritta Inbenia e in quest’ultima
specifica forma conosciuta e venerata già nel
visto, a Decimomannu; di Inbenia a Cuglieri nel 1628176.
XII secolo, proprio da Cuglieri si fosse diffu- Anche se, in progresso di tempo e con lo sviluppo del culto, il
so nel resto della Sardegna (Codrongianus,
Porto Conte d’Alghero e Padria) traendo ori- loro nome aveva poi finito per prevalere, entrambe erano state
gine da un’ulteriormente erronea lettura sepolte nell’ambito di aree funerarie o chiese originariamente
della sua iscrizione funeraria: qui infatti
sarebbe stata vista la parola martyr, laddove
invece essa non sarebbe mai esistita.
intitolate ad altri santi più antichi, martiri delle persecuzioni
Ricostruzione forse un po’ troppo macchino- imperiali romane: nel caso di Greca San Giorgio, in quello di
sa (oltre che affatto originale: cfr. ad es.3 M.
SERRA, Mal di Sardegna, Firenze 1956 , p. Inbenia San Lussorio martire di Forum Traiani177.
233), e perciò verosimilmente accantonabi-
le.
Le rispettive iscrizioni funebri, recentemente riesaminate in ori-
175 Su Gurulis Nova cfr. R. ZUCCA, Gurulis Nova ginale o in copia conforme con gli strumenti della moderna cri-
- Cuglieri. Storia di una città dalle origini al
secolo XVII, Oristano 2006, pp. 109-125. tica epigrafica, ad onta della condanna a suo tempo espressa nei
176 A.G. ANGOTZI, Traduzione italiana dalle lin-
gue spagnola e portoghese degli atti originali loro confronti dal Mommsen178 si sono rivelate autentiche e data-

201
Santa Greca: la martire di Decimomannu di Mauro Dadea

bili all’età vandalica179.


Entrambi gli epitaffi offrono la possibilità di un’interpretazione
crittografica che avrebbe potuto voler rivelare ai soli iniziati, per
motivi di sicurezza, come nonostante il loro aspetto esteriore del
tutto ordinario essi, in realtà, fossero stati incisi per contrassegna-
re le sepolture di altrettante martiri della persecuzione ariana180.
Le coincidenze, come si vede, sembrerebbero davvero troppo
numerose per poterne semplicisticamente sostenere la pura
casualità.
Di lì a poco poi, nel 534, la Sardegna fu riconquistata dalle arma-
te dell’imperatore Giustiniano e il cattolicesimo fu ovunque
ristabilito181.
In questo momento, con quella di Inbenia, dovette aver inizio la
venerazione pubblica di Greca, in quanto a tutti gli effetti marti-
re della sua fedeltà a Cristo Dio. Alla sua iscrizione funeraria ori- riguardanti l’invenzione delle reliquie ed il culto
ginale, ovviamente conservata, nel corso del tempo potrebbe di Santa Imbenia Vergine e Martire, Cagliari-
Sassari 1895, pp. 17-18.
esserne aggiunta anche un’altra, di carattere cultuale, con una 177 IBIDEM, p. 27; R. ZUCCA, Gurulis Nova cit.,
pp. 148-152.
dichiarazione esplicita della sua santità e del suo martirio182: forse 178 L’epitaffio di Inbenia fu da lui registrato in
la vera fonte d’informazione a suo riguardo conosciuta nel corso CIL X, 1, 1248*.
179 M.G. CAMPUS, Il titulus funerario di
del medioevo, della quale però, per il momento, sembrerebbe Inbenia (Cuglieri). Contributo alla rilettura
non essere rimasta alcuna traccia. del materiale epigrafico cristiano della
Sardegna, “L’Africa Romana”, VIII, 1990
(1991), pp. 1063-1072 = AEp. 1991, 910.
180 Nel caso di Inbenia, i dubbi si incentrano
sul segno che apre la terza riga dell’epigrafe.
Si tratta di una M le cui sbarrette trasversali,
a differenza di quanto si osserva sulle altre
tre stesse consonanti ricorrenti nel testo, si
prolungano, incrociandosi, fino a toccare la
base di quelle verticali, formando apparente-
mente un nesso MA- (da escludere, nel con-
testo specifico, la possibile alternativa AM-).
Dell’epitaffio, dunque, tradizionalmente
veniva data questa lettura: Hic req(ui)escet
(!) fa/mula D(e)i Inbenia / ma(rtyr), Ianuarii
d(ie) III / migravit a sec(ulo). (!) Vivat in
D(omi)no. / Amen. Ne ammette la possibili-
tà, pur ritenendola personalmente improba-
bile, A. MASTINO, La romanità della società
giudicale in Sardegna: il Condaghe di San
Pietro di Silki, in La civiltà giudicale in
Sardegna nei secoli XI-XIII. Fonti e documen-
ti scritti, Atti del convegno (Sassari, 16-17
marzo 2001 - Usini, 18 marzo 2001), a cura
dell’Associazione “Condaghe San Pietro in
Silki”, Sassari 2002, pp. 23-61, p. 61. Al
contrario secondo R. ZUCCA, Gurulis Nova
cit., p. 151, «il dato fondamentale dell’au-
topsia (scil. quella effettuata sull’epitaffio il 5
dicembre 1986) è costituito dalla insussi-
stenza del nesso MA alla linea tre, che aveva
consentito nel XVII secolo la soluzione
ma(rtyr)». Analogamente a M.G. CAMPUS, Il
titolo funerario di Inbenia cit., pp. 1068-
1069, e ad A.M. CORDA, Le iscrizioni cristia-
ne della Sardegna cit., pp. 157-158, perciò,
ignorando la presenza del presumibile nesso
preferisce leggere m(ensis) Ianuarii d(ie) III.
181 A. MASTINO, La Sardegna cristiana in età
tardo-antica, in La Sardegna paleocristiana
tra Eusebio e Gregorio Magno, Atti del
Convegno Nazionale di Studi (Cagliari, 10-
12 ottobre 1996), a cura di A. Mastino, G.
Sotgiu, N. Spaccapelo, con la collaborazione
di A.M. Corda, Cagliari 1999, pp. 263-307,
p. 300.
182 Come quella, ad esempio, del beatissimus
martyr Luxurius, apposta nel VI secolo sul
luogo del suo martirio a Forum Traiani, l’o-
dierna Fordongianus (cfr. R. ZUCCA, Le iscri-
zioni latine del martyrium di Luxurius
(Forum Traiani - Sardinia), Oristano 1988,
p. 21 = AEp. 1990, 459).

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