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Scrittori di Sardegna

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Clara Gallini

INTERVISTA A MARIA
nota introduttiva di Bastiana Madau

Stampa: Lito Terrazzi, Firenze, settembre 2003


Riedizione dellopera:
Intervista a Maria, Palermo, Sellerio editore, 1981

Periodico settimanale n. 12
del 22-10-2003
Direttore responsabile: Giovanna Fois
Reg. Trib. di Nuoro n. 1 del 16-05-2003

Copyright 2003
Ilisso Edizioni - Nuoro
www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it
ISBN 88-87825-62-9

NOTA INTRODUTTIVA

La Sardegna storicamente un luogo di molteplici suggestioni per chi la osserva dallesterno, e le sue terres de lintrieur (come da una felice definizione dello scrittore Edouard
Vincent) sono un luogo classico dellosservazione antropologica: per le loro caratteristiche geografiche esse sono state per secoli precluse al confronto con altre culture. Linaccessibilit
ha senzaltro consentito una maggiore conservazione di modalit originali di vita e dunque delle cosiddette tradizioni
culturali.
Gli studi e le ricerche di Clara Gallini hanno il loro
considerevole peso nella bibliografia riguardante letno-antropologia della Sardegna e, insieme a Intervista a Maria,
offrono un interessante spaccato scientifico e umano utile anche per chi voglia approfondire la conoscenza della cultura
dellisola; in particolare, ci riferiamo a lavori quali I rituali
dellargia (1967), Il consumo del sacro. Feste lunghe di
Sardegna (1971), Dono e malocchio (1973), Tradizioni
sarde e miti doggi (1977), Il diario di un parroco di villaggio. Lotte di potere e tecniche di consenso in una comunit sarda (1978).
Nel libro che qui si propone, lantropologa che da
sempre assume la lezione di Ernesto De Martino mostra
attraverso Maria, lintervistata, come gli esseri umani occupino uno spazio che anche un luogo mentale, nel quale i
fenomeni culturali, i messaggi politici, gli atteggiamenti e le
forme dellidentit tendono ad accreditarsi non come dati
naturalistici e statici, ma come prodotti storici, mutanti nel
tempo, comunicanti significati diversi, anche dipendentemente dalla personalit di ciascuno.
Siamo negli anni Settanta, allindomani del secondo referendum nazionale, che il 12 maggio 1974 porta alle urne
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37 milioni ditaliani (il primo, lo ricordiamo, fu quello che


aveva decretato la scelta tra monarchia e repubblica): il
59,1% vota in favore della legge sul divorzio, approvata tre
anni prima dal parlamento italiano (la stessa Gallini se ne
occuper nel 75, insieme a L. Pinna, nel saggio intitolato Il
referendum sul divorzio in Sardegna). Maria, classe 1910,
donna sarda, cittadina italiana, abitante di Tonara, in provincia di Nuoro, faceva parte di quel 40,9% che vot contro, e argomentando in modo lucido e appassionato, sostiene
di condannare chi ha accettato il divorzio.
Tonara un paese del centro della Sardegna dove come
in tutti gli altri borghi si affronta il cambiamento nellarco
di un pugno danni, dentro un processo di modernizzazione
per certi versi anche violento nella sua pressante richiesta
di elaborazione veloce dei significati. Dal dopoguerra, ma soprattutto dal cosiddetto avvento dei media, enormi e complesse sono le sollecitazioni esterne al mondo originario in
cui la comunit muove ancora il suo vivere.
Quello dellappartenenza un concetto che pu dare
adito ad ambiguit, ma lanalisi di Clara Gallini non si lascia intrappolare: anzi limpida, perch pone in luce anche
questioni legate ai percorsi della soggettivit femminile, elemento universale; cos, in questo lavoro, lantropologa mette
in luce gli aspetti di conservazione e cambiamento, di confronto con la modernit e le novit tecnologiche, e contemporaneamente pone laccento sulla personalit dellintervistata,
sullunicit e irripetibilit della sua vita. A partire da una
condizione oggettiva immersa nei valori e nelle convenzioni comunitarie, lintelligenza, che consente a Maria una
riflessione critica sul mondo e sulla vita, e Clara Gallini,
nella nota finale al libro intitolata Dopo lintervista, sottolinea le risorse interiori creative che hanno portato la donna
di Tonara ad interpretare la realt e ad elaborare un suo
modello di emancipazione.
Lintervista strumento di indagine disciplinare adottato dalla ricercatrice si avvia sempre pi verso una modalit dialogica e via via emerge anche una comunicazione

emotiva, affettiva. Maria si affida alla studiosa, perch la


sente come una sua simile, lei che rispondente alle regole
della comunit in cui vive dichiara (quasi stupita dalla
domanda) di non avere (No, no) amici maschi. Maria,
nel raccontare il proprio mondo a Clara, nellaccettare un
confronto consapevolmente destinato a diventare pubblica
testimonianza, rivela di mettere la propria paura a fianco
della sua intelligenza.
Il libro interessante perch si pu leggere anche come la
storia dellincontro tra due donne che, pur appartenenti a
due distinti universi ma entrambi parte di una stessa societ mutante si ascoltano, scoprono elementi di vicinanza,
comprensione, solidariet, simpatia. Da un lato le parole
dellintervistata, che restituiscono nella diversit lintelligenza, la fantasia, lintensit, ma anche il rigore del vivere femminile in quelle che, ancora oggi, con arcaico concetto di
centro, a torto sono considerate periferie del mondo. Dallaltro le parole di Clara Gallini che sembrano volerci indicare
linalienabile dimensione dellautenticit femminile anche
nella ricerca antropologica.

Bastiana Madau

INTERVISTA A MARIA

CLARA. Per tante sere, negli anni passati, accanto al camino, abbiamo parlato tra noi: di come cambiato il mondo, di come cambiata la donna. E abbiamo confrontato i
nostri giudizi. Non sempre coincidevano, ma neppure avrebbe potuto essere in altro modo, se si pensa a come sono differenti le nostre storie personali, gli ambienti in cui siamo nate
e cresciute, il diverso uso che ci stato possibile fare del nostro
cervello. Vorrei ora che per me e per gli altri ripetessimo assieme questi discorsi davanti a un registratore, lasciando soprattutto spazio alla sua voce. Le far dunque unintervista su
come lei vede la trasformazione della donna nella societ che
la circonda. daccordo? Per iniziare per le chiederei di
parlarci un po della sua vita.
MARIA. Sono nata a Tonara il sei settembre del 1910.
Sono nata orfana, orfana di padre fin dalla nascita e ben
allevata e ben voluta da mia mamma, dagli zii, dalla nonna che gli dicevo anche mamma. In casa erano tutti contadini. Si lavorava, anche mia mamma. Facevamo il lavoro contadino, raccoglievamo molto la frutta, si aiutava a
fare il pane come si faceva nelle famiglie prima. Le zie
erano tre e cera il nonno. La mia nonna mi voleva un bene matto e devo dire anche gli altri. Sono stata ben voluta
da tutti: da ragazza, dico, poi certo da grande nascono
delle cose diverse. Sempre c qualche contrariet, qualcosa. Io da piccolina (da cinque a sei anni) andavo a portare
il pane agli zii e ai nonni in campagna. La nonna non ci
andava, era sempre a casa. Mia mamma ha lavorato troppo.1 I suoi fratelli dicevano: Ha aiutato a tutti, non solo
Lintervista stata registrata a Tonara (Nuoro) tra il 2 e il 6
ottobre 1979.

1. Troppo, sardismo per: molto.


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a noi. Ancora, se salto un po il tempo, quando era malata ( stata tredici mesi paralitica) diceva: Maria, non ho
altro rimorso che ho lavorato per allevarne dieci di figli, e
non ho lavorato per studiarti diceva questo, e io gli ho
detto: Stai tranquilla, stai contenta, se tu mi avessi studiato forse pu darsi che ti avrei abbandonata e sarebbe
stato un male maggiore. Io non lho mai rimproverata.
Diceva qualcosa della sua vita, delle sue cose, ma sapevo
che era innocentissima. Non lho lasciata mai nemmeno
dire delle cose. Ma adesso il tempo passato e si lascia
perdere tutto. E soffrivo certamente. Le cose si sapevano,
si sentivano, e non che non si sentivano, perch a mia
mamma capitato cos, ma stata molto onesta, molto
buona.2 Per quello che stavo dicendo, lavoravo fin da
bambina: andavo a portare il pane il pane, e le altre cose che capitava in campagna. Poi quando mi sono diventata pi grande, aiutavo a raccogliere la frutta: mi piaceva tanto. Poi allet di dieci anni che morto il nonno e
ha lasciato i buoi, non cera che andare: uno zio era a Cagliari, uno era morto e uno era qui col suo bestiame. Io
ho tenuto il bestiame per due anni, poi labbiamo venduto. Abbiamo fatto molti soldi, abbiamo cominciato a accomodare la casa perch era molto peggio di oggi. Poi su
quello che avanzato, la mia zia si sposata e se ne andata per suo conto, e io sono vissuta per molto tempo
con la nonna e con la mamma. Tutto cos andato
A quattordici anni ho cominciato a fare il torrone e a
tessere coperte degli altri. Prima tesseva mia mamma, ma
non tesseva le coperte, tesseva il panno, lorbace (come
dicevamo noi), la tela. Poi ho cominciato a tessere per gli
altri dallet di quattordici anni. Ho cominciato anche i
torroni, si andava a giornata. Andavamo tutti, anzi: erano
proprio i pezzenti quelli che cercavano la giornata, a zappare il grano, a pulirlo, a mietere, insomma a fare tutte
queste cose. E si facevano allegramente. Andava anche chi
2. Maria allude discretamente al fatto di essere cresciuta senza padre.
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stava un po bene, ma pressappoco erano pochi i ricchi.


I ricchi di quel tempo andavano a lavorare come andavano i poveri, anzi tante volte andavano di pi perch stavano bene e potevano fare la giornata pi degli altri. Si andava tutti. Per questo non cera da sentirsi in disprezzo.
Prima piaceva tanto lavorare. Al tempo che avevamo i
buoi, invidiavo non uno che era ricco: invidiavo uno che
sapeva parlare e sapeva lavorare, che andava a giornata e
cos rientrava presto a casa. Insomma mi sembrava che
andava bene. Io pensavo solo a lavorare, vivere bene, restare onesta e basta, e cos stato. Da tanto che lho desiderato, mi sono anche stancata di lavorare, ma molto
molto, per sono sempre contenta. Il lavoro mi d sempre una soddisfazione. la cosa che pi mi rende felice,
posso dire, quando non mi sento male.
Ha abitato sempre in questa casa?
Sono nata e vissuta qui. La nonna la parte lha data a
tutti, ma prima di morire voleva dare la parte con un piccolo chiuseto3 alla mia mamma in modo che poi la prendessi io. S, la nonna mi voleva troppo bene.
cambiata la casa da allora?
Certo che cambiata, molto cambiata. A raccontarglielo una cosa che lei non ne ha visto, di case cos. Non
le posso raccontare perch adesso non ce ne sono cos, le
hanno cambiate gi tutte. Noi quando abbiamo cominciato a fare qualcosa alla casa: ma da dove fanno le cose?
quasi dicevano. Lavoro di donne! Non lo facevano quelli
che avevano degli uomini. Io non pensavo ad altro che a
cambiare la casa in qualche cosa. Una volta abbiamo fatto
un muro con laltra parte met, che viene a essere del nonno di Tore4 labbiamo fatto insieme. Allora cera un muro
brutto e grosso ( questo di mezzo): labbiamo buttato.
3. Chiuseto o chiuso: terreno da pascolo recintato.
4. Tore: diminutivo di Sebastiano.
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Poi a poco a poco ogni anno, quello che ci rimaneva del


grano, quello che facevano dalle castagne quando si raccoglievano (a dicembre si vendono: qui ancora un po cos), quello che si ricavava (noi lavoravamo e per la vita bastava quello che si lavorava: aiuto di pani, a tessere); tutto
questo mettevamo da parte un poco ogni anno per la casa.
Avevamo le castagne, le abbiamo tagliate e fatto il tavolo
per il tavolato. Tutte queste cose le abbiamo fatte noi. Insomma, abbiamo cambiato molto.
In casa eravamo tutte donne. Mio zio si era sposato.
Io le parlo di dopo che ognuno si preso per la sua via.
Quando io ero piccolina cerano tutti a casa, poi ognuno
si preso la sua via. Allora eravamo io e mia mamma che
lavoravamo; la nonna aveva una pensioncina perch era
morto in guerra un figlio, ma poca cosa: settantacinque
lire, a quel tempo che pensione! Simmagini! Settantacinque lire, che quasi quasi ci dicevano di chiudere la porta.
Una volta a mia nonna, dopo laumento della pensione,
gli avevano dato gli arretrati. Erano mille lire. E veniva
una donna cos poco esperta: Chiudete la porta! Chiudete la porta!. Mille lire! che cosa sarebbero mille lire! Adesso che stiamo parlando, scemenze! Al mese, nemmeno, ai
quindici giorni che le abbiamo prese, le abbiamo date in
prestito. Ce le hanno chieste in prestito e poi ce le hanno
tornate. Poi le abbiamo messe nella casa. Basta: hanno fatto molto anche quelle.
E che mobilia cera in casa?
Di mobilia cera poco. Cera la cassapanca che ora
fuori. I letti li avevamo sempre buoni. Questo essenziale la nonna diceva cos. Ci si passa la met della vita.
Tutti portavano lerba dalla campagna, ma essa non la voleva mai. Ecco, questo s, diceva: I materassi si devono
mettere di crine e i cuscini sempre di lino morbido. Ce
ne ho ancora io uno in ricordo, da quattro. Mi piace metterlo. Per materassi portavano erba, poi mettevano della
paglia dorzo. Ecco, questo mi ricordo, che la mia nonna
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diceva sempre cos: Lasciate unaltra cosa, per i letti devono essere come si deve. Possibilmente a quel tempo
era il crino, anche per i ricchi. Qualcuno faceva materassi
di lana: erano i pastori. Per gli altri era crino, per chi stava
bene. Ma di solito portavano una specie di erba come crino dalla campagna e foglie di granoturco, nei paesi che
cera. A Tonara granoturco non ce n stato mai.
Oltre ai letti e alla cassapanca avevamo il tavolo del
pane, un tavolo che ancora abbiamo e che non voglio
buttare. accomodato, per lho tenuto sempre. una
piccola tavola. Tre tavoli cerano sempre, e poi non mi ricordo di altro, ma i letti mi ricordo che erano due grandi
e due piccoli. Adesso in casa di mobili io pressappoco ci
ho sempre quelli sono fatti da noi anticamente, diceva
il nonno, diceva la nonna.
Perch io ricordo le cose che diceva la nonna. La nonna mi diceva tutto da ragazza, tutte le cose. Non so perch,
le piaceva parlare pi con me che con le figlie. Quando venivano le figlie, stanche tante volte, e dicevano come
stai?, o parlavano del marito (si chiamava Giuseppe) diceva: Lasciatemi stare la testa!. Quando arrivo io, non so
perch, arrivavo sempre con gli scherzi alla nonna, e lei si
contentava: Almeno non viene ammusolata Maria diceva viene allegra a casa. E le dicevo tutte le cose che
capitavano nella campagna. Delle volte gli uomini stavano
a dormire in campagna e lei chiedeva come stava il marito, come stavano i figli (i miei zii), e diceva questo e quello e chiedeva: Cosa avete fatto oggi?. E loro, mia mamma con la zia, erano veramente stanche e avevano ragione.
Allora: lasciate la testa! diceva, e io invece le rispondevo
cos francamente.
La nonna le raccontava comera la casa prima?
Eh s. Mi raccontava le cose lei, vero. Mi ricordo
che diceva sempre queste cose per laffare della casa. Io
desideravo sempre avere la casa com adesso. A quei tempi avevamo una soffitta piccola sopra e la stanza buona
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era questa che c qua. Nella soffitta avevamo qualche


avanzo di carbone, ma era bene stesa di carta che non veniva gi sporcizia. Mi diceva: Vai, Maria, a portare, io
andavo l e facevo dei disegni: qui va bene una finestra,
qui va bene un com (poi il camino non lavevamo ancora) qui va bene questo, qui va bene questaltro. Queste
cose, sempre. Maria cosa fai diceva in soffitta cosa
fai?. Finch un giorno sono venuti su. Oh qual desiderio! Finch passato del tempo, lho sognata la casa com,
proprio come poi labbiamo fatta: la finestra che usciva
dove io ora tesso, tinta di azzurro, e cos labbiamo fatta
la prima volta che le abbiamo messo il colore. Tutte le finestre come sono le ho sognate. Lho detto alla nonna
che era un sogno che avevo fatto quella notte, eh, con
quello morirai! diceva. Invece a quei tempi si fatto a
me non solo di sembrarmi io qualcosa, ma sembrava anche agli altri,5 perch non ne poteva fare nessuno di lavori
cos, neanche chi sembrava di avere di pi, perch molti
soldi non ce nerano in nessun posto. Quando avanzava
qualcosa cercavano di comprare una campagna, una cosa.
a questo che si tendeva, alle case tendevano poco. O mi
sbaglio?
Chi tendeva di pi alla casa, gli uomini o le donne?
A farla bella certo tendevano le donne di pi. Per
cerano anche gli uomini che tendevano, ma non si poteva fare. Adesso che lo possono fare, tendono tutti e due a
farlo. che prima non ci pensavano tanto alla casa. Pensavano di avere bestiame, di avere chiuseti, di avere campagna, insomma. Se cera uno che si vendeva un chiuseto
di castagne oh Ges Maria cera subito chi aveva un
soldo a acquistarlo, perch quello che vendeva, vendeva
per necessit, per miseria e vendeva a buon prezzo e laltro approfittava per comprare. stato sempre cos.

Si tiene pi adesso alla casa


Eh, ma che paragone! una cosa che cambiata non
poco! cambiato tutto adesso! Prima si pensava tutto alla
campagna, adesso non pensano niente alla campagna, si
pensa tutto alla casa. Chi ha soldi pensa di farsi una bella
casa, mobilia, tutte le cose. cos cambiato, ma cambiato
cos rapidamente da un capo allaltro. Prima era tutto dietro, adesso tutto avanti.
Dietro, avanti, cosa vuol dire?
Troppo, due troppi. Troppo poco e adesso troppo molto pure. Troppo avanti, oggi siamo troppo avanti, e per
quello che le stavo dicendo, siamo troppo avanti. E perch? Siamo andati avanti anche nelle altre cose, nel progresso delle altre cose, il progresso di essere buoni almeno?
Se ci piace avere una casa bella, avere dei mobili belli perch non ci piace amarci e volerci bene luno con laltro? Invece questo no, forse si arriver anche a questo, e dato che
siamo arrivati a questo possiamo sperare di arrivare anche
allaltro. Queste sono le cose spirituali. Non da pensare
che tutte le cose spirituali sono in chiesa. Le cose spirituali
le abbiamo noi, penso io, non cos? Almeno mi sembra
cos, non so se sia giusto o no, per anche una cosa giusta. Ci troviamo in casa: di incontri almeno, quello che
conta incontrarsi con le persone ne facciamo tanti, ma
mi sembra che ne dovevamo fare di pi, di incontri. Cincontriamo con uno che conosciamo e con parenti, ma raramente. Ci sono parenti che non si cercano pi. Dincontri ne dovevamo fare di pi e gli incontri si fanno in casa e
non in campagna. Prima si facevano in campagna, e veramente avevano ragione, perch eravamo tutti in campagna
per questo o per laltro.

5. Si realizzato non solo che io facessi bella figura davanti a me, ma


anche davanti agli altri.

Tra donne vi incontravate pi in campagna che in paese?


Gi lo so benissimo. Cincontravamo in occasione
delle castagne, della mietitura, in occasione di quando si
andava a zappare il grano. Cerano le occasioni veramente,

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ma si andava da una cosa allaltra: quando si finivano le


castagne, subito si andava a zappare il grano, cos non passava tanto tempo; quando era tempo buono, dalla zappatura si andava alla pulitura (a pulire il grano), poi si andava alla mietitura, poi si andava a legna. Proprio a portarla
con la testa, non con lasino come la porto io adesso. Noi
siamo stati periodi di non avere nemmeno lasino. Eravamo in molte, allegramente, sembrava una festa andare a
portare la legna.
Andava anche chi stava bene, massimamente a portare
lerica per cuocere il pane. Adesso il pane non si fa pi, ma
prima si faceva in casa. Era la prima cosa da fare, adesso
lultima. Qualcuna c che fa il pane, ma lo rimandano da
una settimana allaltra. Ma in quel tempo non si poteva lasciare il pane nemmeno da un giorno allaltro, si faceva
tante volte. Si portava il grano, si puliva di notte, presto si
andava a macinarlo e poi si faceva la farina, in fretta in
fretta il lievito messo, si faceva anche il pane in giornata.
Io lho conosciuto. Mi ricordo: avevamo una grande campagna (ne avevamo due ma ne avevamo pure in affitto
una) e a quel tempo con la mamma si andava a macinare
al fiume di gi. Si diceva Ischera questo fiume che passa
gi alla valle del paese. Era il tempo che si cominciava a
mietere il grano, era il tempo che si finivano le provviste.
Noi, mi ricordo che avevamo sempre il grano dal nuovo al
vecchio: non ci mancava il pane, non ci mancava mai.
Per delle volte si faceva il pane dorzo. Allora avevamo
tanti alberi di ciliege, si andava a raccogliere ciliege, si portavano a vendere. Facevamo tante cose. Un giorno siamo
state in campagna a caricare e avevamo lorzo cos ammucchiato. Abbiamo preso lorzo, labbiamo pestato sopra i
sacchi, labbiamo messo nel canestro e la mattina presto
labbiamo preso e siamo andate dalla campagna direttamente al mulino. Ritornate dal mulino siamo venute a casa, abbiamo fatta la farina e fatto il pane. Di sera siamo ritornate col pane alla campagna. In quei tempi si chiamava
lavoro! Non che il grano mancava, ma delle volte la nonna diceva: Sarebbe meglio lasciare un po di grano per

quando si trebbiava,6 perch le trebbiatrici non cerano. Le


aie erano dove sono le scuole adesso, a SantAntonio. I contadini facevano grande festa. Volevamo portare pane in abbondanza, pane bianco e bello. Allora si teneva il grano in
pi e si metteva anche un po di orzo. Mi ricordo di questo, che il nonno aveva fatto un grande fuoco. Come le ho
detto, mia mamma aveva pestato tutto lorzo con un pezzo di legno e fatto tutto di notte. La mattina presto ha
preso lorzo, lha portato al mulino, e di sera tornata col
pane fatto. Che fatica! lontano andare dalla campagna
che avevamo al mulino: simpiegavano magari due ore, ma
forse lei camminava da impiegare solo unora.

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Lavorando cos duro, non avr potuto andare a scuola.


Che classe ha fatto?
Io, la prima e seconda, promossa a terza, per non ci
sono andata, perch allora sono andata a pascolare i buoi.
venuta tante volte a casa la maestra, la signora Vittoria,
che era una persona importante in Tonara: Perch non
mandate la ragazza a scuola? Mi fa male sentire che non
la mandate pi. Non possibile diceva la mamma.
Non linvidio, non so perch. Vorrei essere qualcosa, non
per fare soldi o per vivere con meno lavoro, ma se lo avessi potuto fare Glielho detto prima: che mia madre
morendo ha detto: Non ho altro rimorso, Maria, che ho
lavorato per allevare dieci figli perch ha pensato tutto
lei, ha lavorato troppo e non ho pensato (mi ricordo le
parole di signora Vittoria) di mandarti a scuola. Non
pensarci nemmeno le ho detto perch sarebbe stato
peggio. Io sono contenta come sono, io non sono buona
di pagarti una virgola di quello che hai fatto.
Da ragazza ha lavorato anche per altri?
S. Aiutavo anche altre persone: andavo con una ricca
che stava molto bene e rimanevo tutto il giorno lavando e
anche lei andava, faceva anche nove viaggi dal fiume a casa
6. Per i trebbiatori.

ed era molto ricca, stava bene. Io ero a giornata, ma ci trattavano anche bene: avevamo avuto questa fortuna, ci hanno voluto sempre bene, non ho mai trattato con gente
cattiva, con famiglie disordinate, di malumore, con mariti
cattivi. Questo io lo sentivo da gente di fuori, ma chi ho
praticato io era gente un po a posto. In quella casa cera la
nonna, il nonno, il padre, la madre, sei figli, erano molti
insomma. Bene (mi ricordo, allora ero ragazza), quando
sentiva alzare la nonna dal letto, il suocero si alzava: la sedia della nonna era distinta. Si alzava senza che gli dicessero niente, eppure anche lui era anziano, e i figli si contentavano e se ne ridevano: O babbo dicevano guarda
come si alza subito quando vede nonna venire.
Questa giovane (le stavo dicendo) faceva anche nove
viaggi dopo che avevamo lavato tutto il giorno, perch
erano molti in casa. Le camice (allora si metteva la camicia) avevano della sporcizia, e toccava a fregare molto per
portarla via. Siamo arrivate a lavare fino a quaranta camicie degli uomini: erano cos brucite, diciamo noi, perch
lavoravano in campagna e facevano di tutto, cera bestiame, cera terra. Eppure le dovevamo portare bianche e
quando le stendavamo erano le pi bianche di tutto il rione. Eh, volevamo anche questo vanto! Le racconto anche
questo. Quando noi venivamo dal fiume di sera, tardi,
specialmente nellinverno ed era gi buio, si andava alla
fontana dove si poteva lavare e dovevamo portare trecento,
seicento litri dacqua per fare il bucato. Allora si metteva
una caldaia grande grande e se ne facevano tre di queste
caldaie: da una parte i panni del pane, da una parte tutte
le camicie degli uomini e tutte le cose piccole e poi le cose
grandi, lenzuola eccetera. E ci bucava tutte le mani, quando si faceva bene il bucato, si portava via tutte le mani!
Mi sembra che una volta i lavori delluomo e quelli della
donna erano molto separati.
Non che erano separati. Anche prima doggi, le donne
facevano i lavori che potevano fare gli uomini. Se occorreva
fare lavori pesanti, li facevano le donne come gli uomini.
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I lavori di casa per li facevano le donne.


Questo s: gli uomini non si mettevano. Invece oggi
sono pi adattati, adeguati, ai lavori di casa: sanno aiutare
propriamente la donna. Prima gli uomini (non tutti per)
pensavano che contava, che era pesante solo il loro lavoro.
Invece non pensavano che il lavoro della donna in casa
pesante quanto quello che fanno loro. Io non so dove sia
stato basato questo: che solo lavare per la donna (come si
lavava prima nei fiumi, nelle fontane, eccetera) uguagliava
al lavoro che potevano fare col piccone gli uomini. cos.
Alle donne sembrava che non era cos. Eppure chi sapeva
misurare luno e laltro lha detto. Ha detto anche che il
mestiere di falegname, che era un po pi leggero, eguagliava al lavoro della filatura a macchina. Per noi invece
sembrava una cosa molto leggera filare a macchina, invece uguagliava al lavoro che loro facevano come artista.
Quindi cerano tanti lavori pesanti che faceva la donna
S s, ce ne sono anche oggi. Per il lavoro delle donne pi aiutato, pi conosciuto. Ma forse ci saranno ancora degli uomini come prima. Chi si trova in compagnia
col matrimonio lo sa come sono gli uomini: noi che non
siamo sposate non possiamo saperlo. Per gi si sentono
le cose. Insomma: loro, gli uomini (non tutti) sanno valorizzare solo il loro lavoro, non sanno valorizzare il lavoro
delle donne. Invece c il lavoro della moglie, il lavoro di
una sorella, il lavoro della mamma: a meno che la mamma non cominci a essere vecchia, non vedono il suo lavoro nemmeno i figli che le vogliono bene. Allora, quando
la mamma vecchia e i figli sono grandi, cominciano a
capire qualcosa e cominciano anche loro a stancarsi. Per
questo lo capiscono, se no, non lo capiscono neanche i figli. Penso che sia un istinto. Non c nemmeno da criticarli. Credono di essere molto pi comprensivi7 gli uomini,
si credono8 un po troppo. Se non sbaglio, si credono loro.
7. Intelligenti.
8. Credersi, darsi importanza.
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per questo che hanno dato sempre una minoranza di


cervello alla donna. Invece io ho conosciuto una donna
vecchia qui vicino (una mia vicina) che quando il marito
sbagliava, senza proprio bisticciare gli diceva: Lascia perdere, perch Dio alluomo gli ha fatto il cervello grosso
per lavorare. Invece dicono cervello di gallina alle donne. Invece sono loro che non hanno cervello per niente!
Hanno un grosso cervello fatto solo per il lavoro. Non capiscono niente! Sar troppo dire questo?
Mi ricordo che mi aveva detto che non si sposata perch guardava gli uomini, li ascoltava e li giudicava
Io ascoltavo e guardavo se cera qualcuno che sapeva
parlare e capire. Anche a quei tempi ce nerano.
Ma gli altri comerano?
Gli altri comerano? Erano come sto dicendo: fatti alla grossa, proprio, allingrossata. Questo dipende dal fatto che si credono, perch la croce dellimportanza Dio ha
detto che laveva data agli uomini. Ma io dicevo: se avete
sopra le spalle la croce di essere uomini e il valore di essere uomini, bisogna che abbiate anche la responsabilit di
capire, valorizzare quello che volete e che vi hanno dato.
Ma ve lhanno dato o volete voi prendervelo? Non che
ve lhanno dato
In pratica mi dice che c pi intelligenza nelle donne e
che gli uomini non lhanno mai valorizzata
S s, non lhanno mai valorizzata. Non che le donne siano tutte mischiate perch tutto il mondo paese
e come per le cose, cos per la gente per di solito la
donna non se lo lascia nemmeno apparire il suo valore.
Come dirglielo? Non se lo fanno vedere, non se lo possono far vedere, ma anche non gliela danno la possibilit di
fare vedere il valore che hanno, perch sono loro, gli uomini, che devono prenderselo. Donne, donne! non capiscono! dicono gli uomini. E invece Ma mi ricordo
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della storia di Genoveffa. Quando il figlio le diceva qualcosa, la mamma rispondeva: Gli uomini a tuo padre
hanno detto questo. Uomini uomini! diceva. E cos .
Uomini uomini! Tocca a dire cos e non a dire donne
donne no, dire uomini uomini, perch a loro che
hanno dato valore. La storia almeno dice cos.
Questo anche un problema delle donne di oggi: come
usare lintelligenza per il meglio.
Siamo arrivati gi a questo. Da un lato hanno ragione
le donne oggi, che vogliono luguaglianza. Hanno un po
ragione: un po, per, non tutta quella che stanno prendendosi. Il troppo sempre troppo, sia in buono sia in
cattivo. Sembra che il buono non mai troppo, ma quando si prende troppo, sempre una cosa che non va. Ci deve essere sempre la moderazione in tutto, nel buono e nel
cattivo
Lei per mi ha anche detto che le donne hanno sempre
avuto molta intelligenza e che gli uomini non glielhanno
valorizzata
Qualcuno lha apprezzata, ma sono pochissimi quelli
che apprezzavano. Adesso invece unaltra cosa: gli uomini apprezzano le donne, quasi quasi sono basati a fare
la loro strada con le donne. Ma io non so se loro sentono
che gli manca un po di quello che pensavano prima oppure se la donna che avanzata.
Eppure io ho anche limpressione che ai suoi tempi in
casa la donna comandava un po
La donna comandava, ma per, cera chi non poteva
comandare. Apparentemente comandava la donna, ma
cerano anche gli uomini che comandavano troppo. I
soldi li porto io, sono io che lavoro, tu sei buona a sprecare: questo si diceva, qualche volta anche in chiaro, ma
spesso di nascosto. Oggi per questo che le donne dicono: Non devo essere schiava. Non deve essere schiava,
21

ma nemmeno in alta superiorit, perch se non va bene


dare alluomo tutta la superiorit, per se una donna si
prende tutta la sua autorit e lascia il suo uomo da una
parte, non credo che sia bello. Sembra che ha un uomo
soltanto per accompagnarla. Non sta bene prendergli tutto il valore, brutto, sta male anche la donna. Io, trovandomi sposata,9 non vorrei avere un uomo che non sapesse
avere la sua autorit. Una cosa essere autorit di uomo,
di spirito: ma non fare la schiava. Fare la schiava, no. Essere un compagno veramente adeguato e una compagna,
buoni, uguali
Certo che se queste cose le pensava gi cinquantanni fa,
forse non erano di moda, e forse anche con le sue amiche poteva non essere daccordo
S, cos. Io lo dicevo sempre. E delle mie amiche cera
chi ammetteva quello che dicevo io. Per prima le donne
non la pensavano cos. Mi faceva schifezza sentire certe
donne che dicevano che si sposavano, perch non si sapevano tenere, non sapevano lavorare e pensare a loro stesse.
Addirittura una diceva: Chi mi aiuta, chi mi d da mangiare, chi mi veste, se non mi sposo, se non mi faccio una
famiglia?. Io a questo non ci ho pensato mai! Guai a una
mia amica, se la sentivo dire queste cose che le ho detto!
Perch no: tu devi lavorare, tu devi sapere lavorare, anche
se ti sposi o non ti sposi. Se ti sposi, ti devi sposare per
amore, non ti devi sposare perch non sai come vestirti,
come mangiare. Io dico questo perch ci penso sempre e
ho veduto. Ma gli uomini Non so come dirglielo, mi
vergognerei anche di dirglielo come li ho classificati sempre. Se lo dico in un modo pi semplice, chi sentir domani la mia voce non dica che sono esagerata o cattiva.
Lo dico come lo so dire: di uomini ce ne sono pochi, e gli
altri sono solo maschi. Me lo accetta questo? Io, per dirle, non avevo lintenzione di sposarmi, non ci ho pensato
9. Se fossi sposata.
22

veramente mai bene. sempre stato per luomo, perch


non sono uomini, sono maschi. questo! Anche di donne ce ne sono cos: c anche una parte di donne, non sono solo gli uomini. Adesso le racconto questo: glielo dico
lo stesso! Una volta un uomo era molto inquieto con una
donna ognuno era per conto suo, erano sposati tutti e
due insomma, questo aveva un asino, andato allorto
di questa donna e lha legato. Poi andato da lei a dirle:
Perch hai toccato il mio asino? Tu non capisci niente!.
Io non capisco niente, ma tu capisci di meno, perch
tu. Io sono un uomo!. Tu sei uomo? Tu non sei un
uomo: tu sei maschio come il tuo asino!.
Lei non si mai sposata per scelta. In famiglia che cosa
le dicevano?
Cera Maria Giovanna mia cugina, la mamma di Pietro che eravamo come due sorelle. Lei mi diceva di questo o di quello, ma io trovavo difficolt per tutti. Oh, come siete! diceva. E io: Ma stupido! Per avere uno
stupido, meglio avere. Perch mi sembrava che erano cos. Qualche volta mi sembrava che uno andava bene, ma al momento di dire s, niente! Non cera niente da
fare. Mia nonna di questo ne ha fatto meno conto. Ma
mia mamma lo voleva, simmagini se lo voleva, in quelle
condizioni. Per era tanto timida che non mi diceva
niente. Lo vorrei, ma lo vedrai tu. Cosa ti posso dire se
sbagliamo facendolo o non facendolo? Ma io ho tanto
pensiero. Cos mi diceva quando stava per morire.
Penso che non si mai sposata perch aveva molto cervello!
Ohi, perch capitava cos, non per quello! Io ho detto
sempre: guardi, non mi sono sposata ch sono donna, ma
se fossi uomo mi ero sposato meno, per come conosco le
donne! Mi sembra di non essere riuscita a sposarmi. Non
so, pu darsi che sentivo unaltra cosa, ma almeno cos mi
sembra!
23

Ha sempre voluto mantenere la sua indipendenza di


giudizio.
Non lo so nemmeno io. Di questo non posso ragionare. Di non avere avuto loccasione, no, perch sarebbe
dire bugie, per non bello vantarsi, questo non lho mai
detto e non si deve mai dire. Ma nessuno lha detto, nessuno lha pensato che io non mi sono sposata perch non
ho avuto loccasione. Per qualcuna si dice: non si sposata, non lhanno cercata. Invece per me non lha detto nessuno, devo dire la verit. Perch una persona non si offenda, non si deve dire che stata offesa: io non devo
incolpare nessuno, non ha colpa nessuno, se io non mi
sono sposata.
E dellamicizia che cosa pensa? Cerano ai suoi tempi le
amiche del cuore? Mi sembra che una volta non era come
oggi
Non era cos una volta? Una volta era cos e oggi non
cos! Cerano delle amiche che oggi se le vedono dicono
che non sono normali. Da noi non come si vede in
continente, ma andava sempre donna con donna e uomo
con uomo. Ci avevano lamico o lamica intima. Anche io
ce lavevo, si chiamava Madeo era molto pi grande di
me, morta da molto, ma ancora i figli sono due e si
trovano ad Alghero quando vengono a Tonara dicono:
Andiamo da Maria, almeno ricordiamo mamma.
Mi parli della sua amica intima. Quando vi siete conosciute?
Ci siamo conosciute dopo un anno che ho cominciato a fare il torrone, avevo quindici anni. Mi ha cercato
una vicina che eravamo anche in buona relazione e ha
detto: Guarda, ti va bene? Ti ho cercato la tale per compagna. Perch eravamo sempre in due a fare i torroni,
compagna di torroni si diceva. S, a me non mimporta,
tanto faccio i torroni e non se ne parla dicevo. Invece ci
siamo fatte amiche, ma cos intime che di pi non si pu.
24

Il giorno prima di cominciare i torroni, al posto di andare


io non ci sono andata, avevo un po di soggezione, e sono
andata a prendere lacqua alle fonti. Lei venuta: Ti ha
cercato la tale per i torroni? Sei contenta?.
E perch no? le ho detto, Tu sei contenta?.
S che sono contenta, non so perch, ma sono contenta davvero. Era pi grande di me, e mi ha detto: Ci
vieni a portare acqua? Se vai sulla mia strada (io passando da casa mia passavo vicino a casa sua), mi puoi chiamare e andiamo insieme. S, s ci vengo subito!. Andiamo e cominciamo anche a fare le intimit, che a quei
tempi sembrava una cosa molto Siamo andate a portare
lacqua: una cosa che ricordavamo sempre, quando ci
parlavamo: Ti ricordi?. Siamo andate insieme, abbiamo
preso la brocca, quando ci siamo messe la brocca in testa,
al ritorno: Come non mi sembra bello darci del tu le ho
detto. E lei: E allora ci diamo da comare. (La comare di
fiore si diceva allora: cera la comare di battesimo e cera la
comare di fiore).10 Ci diamo del voi e ci siamo fatte cos.
E ci diamo comare: comare Madeo, comare Maria, a dircelo sempre, comare di qui, comare di l, e lo sa che ceravamo pi di due ore con la brocca piena sulla testa prima
di arrivare a casa? E mi ricordo sempre che mia madre ha
detto: Sei ritornata a casa? Credevo che eri scappata, che
avevi perso la strada!. Cosa hai fatto? diceva la nonna
dove ti sei ficcata? Una cosa che non ti mai successo!.
successo cos e cos gli ho detto, e veramente anche
loro non che Abbiamo cominciato a lavorare, abbiamo cominciato questa intimit e siamo state dieci anni
giusti. Si sposata (era anziana) e mi ha detto: Guardate,
fatemi il piacere di non fare pi torroni adesso che mi
10. Sono tra loro compari e comari di battesimo i padrini del
neonato. Compare o comare di fiore si diventava per lo pi attraverso dei rituali che si compivano il giorno di San Giovanni, il cui culto popolare anche legato alla raccolta di erbe e di fiori. Per estensione, il termine indica anche legami di comparatico liberamente
scelti. Il rapporto comportava il darsi del Voi di rispetto.
25

sposo io. Sono andata allo sposalizio, morta ad Alghero


e sono andata quando morta, sono andata quando si
sposata la figlia: tutto!
Cerano tante amiche cos ai suoi tempi?
S, ma non molte cos fidate. Ci avevano messo a nome: Sanna e Madeo.11
Eravate una coppia
S, una coppia cos daccordo! Lei non faceva proprio
nulla senza dirlo a me. La mamma le diceva: Tanto, senza chiedere a Maria so che non fai niente.
E neanche un po di gelosia?
Niente, niente gelosia! Io facevo delle prove alle volte,
ma lei mi diceva tutto, e basta! Era cos unintimit, che
non c, basta! Ma non cera nemmeno tra gli altri come
noi: basta chiedere al rione perch anche se erano tempi
passati, un po si ricordano.
E quando lamica si sposata, lei non si sentita pi
sola?
No, non mi sono sentita sola, io ero contenta. Lei me
lo diceva: Ma cosa pensate? Perch non vi sposate? Io
non so perch rimanete cos. Sapeva bene che io dovevo
capitare prima di lei.12 Per ritornare allintimit dellamica, era una cosa cos, che non cera luguale. Cera anche
unaltra, eravamo in tre tante volte, per lintimit che
avevamo noi due! Laltra non la tradivamo per. Lei si
trova ancora in vita, si ricorda, e il marito se ci vediamo
in campagna, gli dico: Ebbe Giovanni come va?.

Eh, oggi gi vorrei un po di buon umore che avevate quando eravate in tre dice.
E non ce lhai di buon umore? Ce ne hai una parte
intiera! Cosa vuoi di pi?.
Ammiro come sei stata sempre!.
Davvero io questo non lo so nemmeno io perch,
non lo so io sento il mancamento della compagnia degli uomini solo quando vado fuori paese, ma poi
Mentre questa amica era molto importante per lei!
Eh s, era molto importante. Ma la tengo sempre, le
dico le mie preghiere. Per cosa vuol farci? Io ci ho tenuto
troppo. Lei lo diceva: Maria, sto andando male di salute!.
Ma non si poteva fare niente, non le andava laria. Ma non
era neppure per questo: lora era venuta e basta, almeno mi
sembra cos. Poi morto pure il marito, subito dopo.
Erano frequenti amicizie cos forti?
S, ce nerano tante, ma di solito questamicizia non
durava, passava in un paio di anni. Ma per noi passata
una vita intera. Essa quando veniva qua a trovarmi (aveva i figli, aveva il marito) la prima cosa che faceva era un
salto da me. Dava un bacino alla mamma, poi un salto
qua, subito subito: Vado da comare Maria e poi ritorno. Io subito laccompagnavo, e ricordavamo le risate, le
cose che dicevamo, quando si parlava di qualcuno (ma
non facevamo mai il nome), o di uno che aveva fatto
uno sbaglio, o di quello che faceva uno che vedevamo
Che risate saporite!

11. Mettere a nome, mettere il soprannome. Il soprannome che


hanno messo alle ragazze ne unisce i cognomi, come per una coppia
sposata.
12. Lamica era teoricamente troppo anziana per sposarsi e Maria
avrebbe quindi dovuto avere allora delle pi realistiche richieste di
matrimonio.

Adesso le amiche usano abbracciarsi e baciarsi


Io ci ho avuto un debole cattivo, non mi piaceva a dare alle mani, scherzando, n uomini n donne, nemmeno
lei. A lei le piaceva, ma guai se mi toccava passando, facendo i torroni, mi mettevo una rabbia che Non mi
mai piaciuto nemmeno molti baci. Quando occorreva,
certo: quando partiva, quando ritornava. Ma scherzavamo

26

27

e cantavamo facendo i torroni, facendo da uomo e da


donna. Io non sapevo cantare e non sapeva cantare neanche lei, ma dicevamo gli stornelli, cos come ci sembrava,
e ridevano tutti, ci ascoltavano fuori e noi cantando a voce alta dentro il paese facendo i torroni. Una faceva da
donna: delle volte ci volevamo bene e parlavamo di amore, delle volte ci bisticciavamo perch eravamo sposati: coshai fatto, dove sei andato, cos. Di solito io facevo sempre luomo e lei la donna.
Vi consigliavate fra voi per gli abiti?
S molto. Cercavamo di fare labito serio. Breve esempio: il grembiule del costume cercavamo di farlo uguale,
un paio di palette (il corso come si dice),13 e tante altre
cose. Ci compravamo dei fazzoletti piccoli e li facevamo
uguali. Anche in casa ci volevano bene. Se mancavo dei
giorni perch andavo fuori in campagna a lavorare e poi
rientravo, la prima cosa era chiedere chi era venuto. La
nonna: venuta la tua comare, venuta tante volte, non
so che ha, mi sembra triste. Se aveva un malumore o le
capitava una cosa e io mancavo, non cera verso
Anche altre ragazze in paese usavano farsi gli abiti uguali fra loro?
S, anche altre. Questo lo facevano se andavano daccordo per altre cose.
Proprio un bel modo per dire di essere uguali
Questo s. A quei tempi andavamo a trovarci, era sempre un incontro: faccio un salto a vedere, oggi non si vista comare Delle volte non cera a casa: Ma se non c
la comare, tu non vieni a parlare con me diceva la mamma. Il padre, i fratelli, hi, la festa che mi faceva uno dei
fratelli! una storia grande per lamore che avevamo. Era
meraviglioso proprio!
13. Palette o corso sono parti anteriori del corpetto del costume.
28

E regali ve ne scambiavate?
Non tanto. Quando a casa cera una cosa buona da
mangiare si dava da una parte allaltra, un invito,14 cos.
Ma regali di solito pochi. Le ho fatto un regalo quando si
sposata, uno per la figlia, ma piccolo, non mi ricordo cosera. Era troppo anche la spesa di andarci. Sono andata in
macchina ad Alghero quando si sposata la figlia.
Mi ha detto che anche i ragazzi avevano amicizie tra loro.
Eh s. Ci tenevano un po anche loro. Mi sembra che
oggi si tradiscono di pi gli amici, si fanno le cose di nascosto. Forse il cambiamento delle esigenze. Adesso cercano un posto, cercano lavoro e lo fanno di nascosto, per fare
la domanda, per fare la fregatura allaltro. Mi sembra che
sia lesigenza dei tempi che cambiata. Prima tutte queste
cose non cerano: qualche tradimento lo si poteva fare lo
stesso, ma era rarissimo. Se era un amico, si trattava con
lui. E poi erano in tanti, si andava insieme pi di adesso, si
chiacchierava nelle bettole, fuori (le passeggiate15 si facevano dentro il paese, non si andava strada a strada); ci si sedeva nelle case a discutere, a chiacchierare. Stavano bene, e
basta. Cerano lo stesso gli amici, mi sembra pi doggi.
A me sembra che i ragazzi oggi stanno molto insieme tra
di loro.
Stanno molto insieme, ma una cosa stare insieme,
unaltra essere amici. Oggi amici non ce n: uno compagno di lavoro, compagno di studio, ma non amico. Un
amico quando si fa maniera di trovarsi anche se uno sia
in un lavoro e uno in un altro: ecco, questo lamico. Ma
se si parla di un compagno di scuola o di lavoro unaltra
cosa. Qui a Tonara allindustriale ci sono ragazzi che arrivano a ventanni e passa: ecco, sono amici e si vedono. Sono
amici anche con le donne, sono insieme e non si capisce
14. Invito, piccola offerta di cibi o bevande.
15. Passeggiata, passeggio lungo la strada principale.
29

come invece amici cos non ce nera prima, e non cera


una confidenza cos stretta di andare assieme. Si scambiavano una risata nella strada un uomo e una donna, magari
si conoscevano, si potevano trovare insieme nel lavoro di
campagna, per oggi sono diversi. amico e amica che ci
sono di pi nelle scuole, sono mischiati cos
Mi sembra una buona cosa che ci sia amicizia fra maschi e femmine.
Se unamicizia per: unamicizia sana che non venga
ad ammalarsi, perch pi facile ammalarsi lamicizia della donna con luomo, a prendere una cattiva malattia
Forse non una malattia. Si chiama innamoramento.
Ma c anche lamicizia tra ragazzi e ragazze.
Innamoramento Io non trovo male se oggi si vogliono bene e sono innamorati per un paio di mesi, purch rimangano a posto. La malattia non che sono innamorati una malattia grave quella s! Se un amore
sincero non porta malattia, ma ci sono delle altre cose: rimangono e dopo un paio di mesi che si sono conosciuti
non vanno pi daccordo e si lasciano. Non trovo bene
che dicano: Non andiamo pi daccordo, ma rimaniamo
amici. Invece prima se passava una cosa del genere, non
solo si lasciavano loro di essere amici, ma erano urtate
tutte le famiglie, tutta la parentela, non si davano pi il
saluto, oh Ges Maria! Ma invece dico anche: lamicizia
che hanno gli uomini e le donne, se per scuola non
nulla, ma anche per scuola a me non sembra tanto giusta,
perch passa da una cosa allaltra. listinto. cos.

a casa, per era un amico familiare, non un amico mio


particolare, eh no! Io non sono mai andata con un amico,
non mi andava, non me la sento bene nemmeno adesso.
Con qualche persona, anche un parente, se conosco bene
come (tanto se una persona ha poca intelligenza si vede
da come si comporta: non importa che rimanga al suo posto, ci sono anche altre cose) io non mi fiderei di andare
fuori paese. Invece conoscendo unaltra persona (e ce n
che non mi nemmeno parente) io mi fiderei di andare
con lui fino alla fine del mondo. Dalluno allaltro, negli
uomini, ci sono diverse cose. dannosa, se non sincera,
lamicizia femminile pure, per luomo non ha colpa.
Perch dannosa lamicizia femminile?
dannosa lamicizia femminile! Perch no? C la gelosia se una amica cattiva, se si fa il fidanzato. Cercano
di fare, eh quante cose! Quante volte non si sentito e visto una ragazza essere gelosa della amica, dire cattiverie,
dire cose che non sono di lei, del fidanzato (non del fidanzato, del corteggiatore, possiamo dire, eh quante cose
di questo!), dire bugie, veramente cose cattive: che questa
ti ha criticato, questa ti ha fatto questaltro, mentre invece
lei che sta facendolo! In tante cose di queste amicizie
femminili se la donna comincia a andare cos, anche
cattiva e velenosa, c il veleno subito nelle labbra. Non lo
sente cos?

Eppure pu essere interessante


Interessante s. Amici di casa intimamente ce nerano,
che adesso non si trovano pi in vita. Cera uno che veniva

Se ha il veleno anche perch pi debole delluomo e


quindi si difende con armi sbagliate.
La donna si mette il veleno nelle labbra. Un uomo invece anche se ingelosito o una gli mette dispiacere, fa
unaltra parte: si sta zitto oppure se volgare dice sono
stato con lei, sono stato cos e cos, eccetera. Ce nerano
prima di queste cose. Ma luomo non viene ascoltato. Dal
modo che lo dice sar il suo istinto non lo credono
nemmeno tutti gli uomini. Invece il modo che ci ha la
donna viene pi creduto. Adesso per mi sembra che non

30

31

Lei non ha mai avuto un uomo per amico?


No, no.

ci siano pi queste parti. Mi sembra che gli uomini capiscano di pi e non ascoltano queste cattiverie.
Forse ne dicono anche meno le donne
Forse anche meno le donne. Meno mi sembra per
che sono gli uomini, che non si lasciano trascinare cos
facilmente. Non si lasciano trascinare nemmeno le donne. Prima era tuttaltro in queste cose.
Forse perch era pi importante il matrimonio
Forse anche per questo. Adesso dicono: Se te la prendi, vattene pure e son cos. Da una parte cera pi legame prima, si dava pi importanza alle cose, e al matrimonio si dava molta importanza. Ma adesso mi sembra che
ne danno troppo poca. Sembrano cos allegre e spensierate le donne, e al momento di dire quel s proprio sicuro, non lo dicono lo stesso.
Lei giustamente osserva che le ragazze di oggi mirano
meno al matrimonio che non in passato.
Al matrimonio le donne prima ci tenevano di pi
perch non cerano le pensioni: almeno la penso cos.
Avevano paura di essere sole, di ammalarsi, e poi non cera
lavoro. Oggi c le pensioni la speranza, c il lavoro. Al
matrimonio le donne pensano meno. C anche qualcuna
che lo fa senza amore, perch se lo facessero tutte per
amore, come si deve fare, non cera il divorzio, non cera
la separazione, non cera la discordia. Qualcuna lo fa lo
stesso e resta scapola. Io condanno chi ha accettato il divorzio, perch non ci doveva stare: una volta uniti, devono restare e fare da buoni. Dicono: se si divorzia fanno
meno da cattivi. Fanno anche peggio! Dicono anche: sanno che c il divorzio, se si sentono di rimanere uniti, bene, se no Prima si rimaneva, volere o non volere. Ma
sarebbe un castigo, oppongono. Ma non si castiga cos: la
vita castigata anche separandosi! La vita non sta bene
neanche separandosi, una cosa che deve rimanere unita!
32

Ma non meglio che oggi le ragazze pensino anche a


non sposarsi, a fare tante cose diverse, essere forse un po pi
libere del loro futuro?
Ma non che vogliono essere libere, se pensano di
sposarsi. Per sposarsi bisogna che si trovano veramente
due simpatie, ma ben fornite di tutto quanto, se no, non
possibile. Era cos anche prima, per prima non si capiva. Come sto dicendo, si faceva anche per comodit.
Mi sembra che le ragazze oggi rinviano il matrimonio,
dicono che vogliono restare libere, per alla fine finiscono
tutte per sposarsi.
S, anche questo c. Alla fine dicono: ma che cosa faccio da sola? Questo lo pensano di pi di quanto si pensava
prima. Prima assolutamente non lo pensavano, perch cera
il bisogno. Adesso c una speranza! Vanno a lavorare, cominciano le marche16 da diciotto anni le ragazze, e hanno
la speranza! Se non proprio una che sente listinto del
matrimonio, per bisogno non lo fa. Lavorano: Me ne vado al lavoro, ti arrangi. Questo prima non era possibile
farlo, e quindi dove andava la donna? In nessun posto! Ma
adesso sono capaci di andare fino alla fine del mondo!
Questo mi sembra positivo. Ma mi sembra anche che
molte donne, una volta che si sposano, smettano di lavorare
perch dicono: Mi sono sistemata.
Questo dipende anche dal marito. Come la mia figlioccia: aveva il lavoro quando si sposata, e ha lavorato
fino a quando ha avuto il figlio, poi il marito non ha voluto assolutamente pi. Lei sempre cercando di tornare
a lavorare. Dice che si annoia: Se venite a casa, almeno
non mi prende lidea di andare a lavorare, perch Tonio
non vuole. Il marito non la lascia assolutamente perch
ci ha un bello stipendio. Lui lavora, un ragioniere impiegato in banca o in una grande ditta (mi sembra) e non c
16. A mettere le marche sul libretto di lavoro.
33

il bisogno di lavorare. Hanno solo due figli, dicono che


non ne vogliono altri. Hanno due figli meravigliosi e hanno comprato la casa. Che cosa vogliono dalla vita? un
ragazzo che ragiona molto bene. Non si deve pretendere
dice. Tutto passa, intanto i figli cerchiamo di allevarli
bene, la casa ce labbiamo. Al tempo che si saranno divisi,
i figli penseranno anche loro a lavorare. Che importa se
noi facciamo questo sacrificio? tutto niente!.
Ma forse lei si stanca di stare in casa, e preferirebbe essere fuori
Quando ha voglia, quando pu, gi esce. Ci sono sempre tante cose da fare anche se i figli sono due. Se si prende
la vita cos affinatamente, c da fare: deve preparare la cena, il pranzo non lo fa perch il marito fuori, e il tempo
lo passa lavando, stirando, facendo le pulizie di casa. Gi
passa! s, che divergenza c tra dire che ci si annoia a fare
queste cosettine e chi lavorava malamente prima doggi!
La donna oggi chiede altro al marito: di poter parlare
con lui di cose importanti che non siano solo quelle di tutti i
giorni, delle cose che succedono nel mondo
Per parlare di queste cose, prima le donne non avevano tempo, non se ne occupavano, ma non se ne occupavano neanche gli uomini.
Anche gli uomini parlavano spesso stentatamente
Prima parlavano pi spiccioli. Cera chi non sapeva
parlare, non sapeva, n vecchio n giovane, comandare le
battute. Eppure si dicevano battute a quel tempo! Ah, ha
fatto una bella battuta! Che risate! Che curioso!. Dicevamo che era a posto, abbellidosu,17 e furbo. Adesso ne fanno di battute, ma si perdono subito, mi sembra.
Forse non interessa pi tanto, sembra un po inutile
Ma, inutile? Oggi, dicendo sempre cose inutili (le cose
17. Abbellidosu, elegante.
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cambiano) vengono a chiudersi tutti e non sanno parlare


niente, non sanno discutere, non sanno pensarla. Come fa
lei a fare cosa, se prima non la discute, non la pensa e non
svolge nella sua mente quello che ha da fare?
Questo vero! Certo per che il parlare degli uomini
con le loro mogli non era sempre a belle battute!
Certo. Cerano anche quelli che non si occupavano di
niente, che non parlavano neanche a casa, parlavano il necessario, dicevano: Cosa ti riguarda a te?, facevano gli affari loro, in casa si credevano come eroi, dicevano che non
avevano bisogno del suggerimento della moglie, dei figli,
che facevano tutto per conto loro. Cerano questi uomini
autoritari: invece oggi non li si lasciano autoritari gli uomini, le donne non gli danno questo grado, possiamo dire, no? Era troppo prima, ma adesso anche troppo. Di
tutto si sente! Che lei sa fare, che lei sa Guai se si prende il sopravvento la donna che fa cos, che fa tutto lei!
Eppure (mi sembra) cerano un tempo delle cose che la
donna riteneva importanti per la sua vita, ma non avrebbe mai raccontato a suo marito, perch sapeva che lui non
lavrebbe ascoltata
Mi sembra che era lo stesso come oggi. C anche oggi chi capisce e parla di cose intime: lei vuol dire le intimit? Ecco, di cose intime ce nerano anche prima. Cera
chi capiva, chi parlava, cerano le ore belle. Parlavano delle cose intime e davano una soddisfazione che forse oggi
non sanno nemmeno dare. Dicevano: Io voglio bene a te,
se non fossi tu non vorrei nessunaltra (o nessun altro), e
tutte queste cose anche se qualche volta non ci capiamo, ti voglio bene. Lo dicevano, altro che!
Per tante volte il marito rientrava a casa stanco, voleva
le cose pronte, il vestito da cambiare, poi andava in bettola
e tornava a casa ubriaco
Eh, questo s! E oggi non pu capitare lo stesso? Perch a quel tempo la vita era quella: cera chi non andava
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in bettola, ma non era guardato bene. Per dire la verit, a


quanto si vedeva e a quanto si sentiva, chi non andava a
bettola non era un uomo tanto di valore. Erano gli uomini di valore che andavano a bettola a quel tempo. E oggi
sono lo stesso: se uno non esce, dicono: E che quello?
non esce, non fa questo, non fa questaltro. Pressappoco
i tempi sono cambiati e molto, per sono basati sempre
alle cose antiche, ai primi tempi, anche se ha cambiato,
ha modificato. come se lei scrive una storia e labbellisce. E cos la nostra vita: rispetto a prima abbellita, ma
anche abbruttita
Questo vero. Ma bisognerebbe scegliere il bene da tenere e il male da buttar via
questo che le stavo dicendo! Scegliere lo fanno in
certe famiglie, in certe lo faranno.18 Ma per cambiare la
societ bisogna che la cambi chi la dirige. Il padre di famiglia comanda i figli, li educa e se ascolta no, ascoltano.
Ma lui che deve dire: Prendete questa strada e non
quella. E cos doveva essere chi dirige il popolo. Anche
se uno si ribella, se ha furia di mettere una legge come si
deve, lo ascolterebbero e la societ cambierebbe.
Unaltra cosa che le donne oggi chiedono ai loro mariti
(mi sembra) di uscire spesso assieme. In passato cera questusanza?
S. Cera anche a quei tempi, per non molto come
oggi, no. Non si usava perch se li vedevano andare molto insieme li criticavano anche loro: maridu e pinnedu19
dicevano. Io lho sentito dire da ragazza, e sarebbe qualche matrimonio che andavano molto insieme dappertutto. Oggi non si usa andare luno senza laltro, invece in
quei tempi non si andava tanto: qualche volta a qualche
occorrenza, e basta. Oggi si critica se non vanno insieme,
18. Forse lo fanno.
19. Maridu e pinnedu, marito di una fica.
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a quei tempi si criticava se andavano insieme: questa divergenza c, e basta.


A me sembra che oggi marito e moglie siano pi vicini
S, sono pi vicini, si capiscono di pi. Ma questo dipende dalla vita che ha cambiato, non che hanno cambiato loro, penso io. Se cera la critica per cose che si dovevano fare, che cosa si poteva fare?
La vita di coppia spesso difficile. Spesso nascono litigi.
Magari ci si picchia. Ne conosce dei casi?
No no, veramente ne ho sentiti ma non conosciuti.
Non sono stata mai in mezzo a questa gente. Lo so dagli
altri che ci sono, ma mi fa meraviglia: come fanno a picchiarsi? Almeno parlare, bisticciare: questo giusto perch non sono di legno. Senza bisticciare scandalosamente, ma se ci si vuol bene si deve anche bisticciare.
Ma per quali motivi i mariti picchiano la moglie?
Non si deve picchiare! Io non picchio nemmeno lasino! Questo mi fa meraviglia e non so come risponderle!
La gente cosa dice?
La gente parla di fuori, e dentro sappiamo quello che
sappiamo. Ma fuori chi dice in una maniera, chi nellaltra. La parte della moglie dicono che cattivo il marito
che picchia, e questo e questaltro. La parte del marito dicono che lei linguacciata, una poltrona, non ha fatto
questo, non ha fatto quello, che forse lui ha ragione. Ma
che ragione? Di picchiare ragione non ce n. Se non sente con le buone parole, non sente nemmeno con i colpi.
Se non lo pu fare o se non lo vuol fare, vuol dire che ha
finito la simpatia per il marito. Se lo deve fare e non vuol
farlo anche se pu vuol dire che la simpatia non c pi,
perch mi sembra che non mai abbastanza la simpatia
quando ci si sposa.
37

Picchiavano di pi un tempo o picchiano di pi oggi i


mariti?
Di questi casi se ne sentivano sempre, spesso. Prima si
dava la colpa perch cera la miseria. Tante volte sentivo
dire: capitato di bisticciare, si volevano bene, stata la
miseria che li ha portati a questo. Ma adesso si picchiano
o per gelosia o per mancamento di cervello, perch non
c la miseria che cera un tempo. E poi sia miseria o sia
altro, si deve ragionare, si deve andare alle buone cose.
Eppure ci sono state le persone sgarbate (non so che titolo
dargli) e ci saranno: ci sono oggi e ci saranno sempre. Se
no, che cosa si direbbe se non cerano queste cose diverse?
E di mogli che picchiano il marito ce n?
Anche queste dicono che ci sono. Questi casi per
escono meno, perch dire che il marito ha bastonato la
moglie sembra facile, un orgoglio quasi, ma dire che la
moglie ha bastonato il marito non lo dicono cos forte: lo
dicono pi piano Ma che cosa sto a dirle? Se lo registra
una stupidaggine! Io non so come faccio a dire queste
cose: le dico cos, perch non sono sposata e non ne dovrei capire. Eppure sento cos: lo sento, lo vedo e mi sembra ragione molto, molto chiara!
S, lei sa guardare, osservare, capire.
Ma mi sembra a me per! Non che son sicura se
giusto. Bisogna vedere gli altri come la pensano.
Torniamo a parlare dei rapporti tra marito e moglie. Mi
sembra che in passato fossero molto separati e che la casa fosse
pi il luogo della donna. cos?
No. Cerano quelli che rimanevano fuori e andavano
a cenare in altre case, e cos allora nascevano le discordie,
ma cerano quelli che rimanevano uniti in famiglia. Cerano anche quelli che andavano in bettola e rimanevano
due giorni senza venire a casa, e se la moglie gli diceva
qualcosa si inquietavano. Cera chi andava allosteria e si
ubriacava, e ci andava la moglie e lui faceva festa quando
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la vedeva venire, cera chi invece la mandava via. tutto


diverso da oggi questo, in questo campo molto diverso.
Ci sono per anche oggi quelli che non vogliono che vadano a chiamarli dalla bettola, se sono in giro. Non tutti
accettano che le mogli vadano a trovarli, se non per una
cosa molto importante. Ma io sento molto il bisogno di
uscire gli uomini20 un po fuori di casa, di non rimanere
sempre chiusi a casa. La casa sempre stata della donna, e
basta. Questo mi sembra che sia giusto.
Le decisioni di modificare la casa (alzare un muro, o
aprire una finestra, fare un tetto) chi le prendeva?
Si decidevano tra loro, si decidevano tutti, ma mi
sembra che cominciava la donna. Cerano degli uomini
che si vedevano21 molto meglio in casa per fare di questi
lavori, ma di pi era la donna che cominciava a dire:
Questo andrebbe bene, se lo possiamo fare faccio questo
risparmio, magari facciamo a meno di questo e questaltro, lasciamo i bambini anche senza scarpe, facciamo questo, proviamo a farlo. In questo si era daccordo, ma delle
volte comandava la donna e il marito non era nemmeno
daccordo. Dopo mancava il necessario in casa, e nascevano delle discordie. Si facevano molte volte delle cose di
nascosto, quando luomo cercava di registrare qualcosa,
quello che entrava e quello che usciva. Allora la donna diceva che aveva prestato questo e questaltro: e se ne sentivano di queste cose! Io non ne ho conosciuto in casa mia
e nemmeno in tutte quelle famiglie che conoscevo. Per si
sentiva dire di tante donne che facevano le cose di nascosto, ritiravano dei soldi per fare una cosa magari bella, ma
senza poterla fare e appunto al posto di fare il pi necessario della vita. Ma forse lo fanno anche oggi questo, ci sono chi lo fa. Ci sono che comandano, vanno in una casa
bella e subito si mettono i grilli di farla anche loro, anche
se non possibile.
20. Il bisogno degli uomini di uscire.
21. Si vedevano, figuravano.
39

Luomo era autoritario, per la donna aveva un comando in famiglia, ma anche faceva le cose di nascosto. Come
andassero assieme queste tre cose io non lho mai capito bene.
Non lha capito? Gli uomini non erano tutti cos.
Qualcuno cera che si trovava autoritario, di una razza
magari che diceva: Io sono il figlio del tale, che era un
uomo di valore, che non si lasciava trascinare dalle donne,
io sono cos e alla donna magari lasciava fare le cose delle
donne; lei non voleva scocciargli lanima e non gli diceva:
Adesso faccio questo, no non diceva. Faceva e non chiedeva. Ci sono invece gli altri: Ho pensato di fare questo,
che ne dici? e magari dicevano alla moglie: Questo non
va bene e lei: A me mi sembra che va bene e tento di
farlo. Invece quelle persone che si dicevano autoritarie e
si sentivano qualcuno, ecco, invece non erano proprio
niente! Ho visto degli errori di queste persone che si contavano qualcuno! Cose enormi! E invece cose belle e andate bene, beh, di quelle persone che si contavano poco:
Ma che cos quello? uno straccione! Si lascia comandare dalla moglie! Non capisce niente, non sa lavorare!
gli dicevano. E invece riusciva a fare cose importanti. Ecco comerano le cose. Invece oggi ci sono pochi che si permettono questa autorit: perch glielhanno gi presa loro,
le donne, in parte hanno preso questa autorit, glielhanno rubata, mi sembra. Strada facendo hanno rubato questa autorit: non vero?
Vorrei capire meglio la questione del comando in famiglia. Chi lo aveva?
In certe famiglie comandava il padre con autorit,
ma si diceva che erano famiglie sgarbate e non le ammiravano. Ma in certe famiglie come forse la nostra, il padre (cio il nonno) era molto buono, non comandava,
comandavano tutti. Tutti si cercava di lavorare: cera un
bellaccordo e decideva chi era pi capace di decidere.
Nella mia famiglia non ho mai conosciuto questa sottomissione. Sottomissione s alla mamma, perch la nonna
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era una donna molto spiccia, anche se ai tempi che lho


conosciuta io non poteva andare fuori in campagna perch si sentiva un po male, ma per in casa faceva di tutto e tutti ascoltavamo il suo ordine. Ma anche lei ascoltava le cose che dicevamo noi, anchio che ero piccola.
E nelle altre famiglie?
In tante famiglie si bisticciava tanto, ma non si bisticciava solo perch il padre comandava. Il padre anche
se era buono, era volgare parlando,22 perch non si sapeva parlare bene. Devo dire che io ho sempre apprezzato
come si parlava, come si agiva, come si stava. In tante famiglie si stava bene e daccordo. Cosa ne dite? diceva il
padre facciamo questo e questaltro. Lo diceva se cera
un figlio grande. Ma il fatto di ascoltare i ragazzi, questo
non lavevano. Ce lhanno di pi oggi. Oggi si ascoltano
i ragazzi e si dice che bisogna ascoltare i piccoli! Da una
parte anche ragione, perch adesso i piccoli sono andati
a scuola, capiscono di pi le cose e sono pi adeguati al
mondo doggi. A quel tempo li comandavano: erano pochi quelli che andavano a scuola, ma li mandavano con
una capra, con un maiale. Dicevano: Tu devi obbedire,
fai questo e questaltro, e se non lo fai, guai!. La mamma difendeva, il padre sgridava, ecco. Perch cera la miseria: non dipendeva tutto dallignoranza (anche se un
po dipendeva dallignoranza) ma non si poteva fare in
altro modo. Anche se non lo capiva, cera da fare questo
e quello, e basta, perch era bisogno di farlo. Anche se
non portavano tanto frutto, i bambini li mandavano in
campagna ogni mattina, anche senza mangiare. Non tutti potevano avere il caff, il pane e formaggio. Non tutti:
questo laveva chi stava bene. Noi non eravamo ricchi,
per andare senza mangiare oppure senza il pane io questo non lho conosciuto.
22. Nel parlare.
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E le figlie femmine erano pi soggette alla mamma dei


figli maschi?
Delle volte, altre volte erano soggetti i maschi. Loro
stavano pi bene con la madre perch li coccolava di pi
del padre e cera a volte (come oggi stesso) chi aveva un
debole per i maschi. Per di solito i mariti avevano un debole pi sentito per i figli maschi e questo si augurava se si
era in attesa. Poi, cerano le ansie se non si avevano figli.
Adesso se non se ne hanno, non fa niente, ma a quei tempi quando ci si bisticciava, a uno che non aveva figli si
rinfacciava: Cosa sei? e si diceva una parola cattiva che
non mi piace dire. Si diceva: E cosa sei tu? non hai figli!.
Colluzzo 23 si diceva, ecco per dirglielo adesso. Una volta
hanno bisticciato due ambulanti: uno era ricco e uno era
povero, uno aveva cinque figli e uno non ne aveva, ma era
pi ricco, stava molto bene. Cosa avete fatto voi? gli ha
detto quello che non aveva figli Cosa siete?. Ascoltate
compare gli ha detto quello che aveva figli quello che
avete voi io lho speso in borotalco. Ha capito? Cera chi
sapeva parlare anche a quei tempi, eh!
Adesso pi o meno importante avere figli?
C chi ne fa conto di non avere figli, per la nasconde questa gelosia meschina. Perch son cose naturali se il
figlio viene o non viene, non ne ha colpa uno pi dellaltro. Con tutte le cose che abbiamo nella natura, non ci
dovevamo incolpare tanto: non vero questo? Eppure
una volta incolpavano e questo dipendeva tutto dal vivere un po volgare, io mi sembra, per era basato sempre
sulla miseria.
Era pi importante avere figlie femmine o figli maschi?
La pi parte volevano i figli maschi. Invece oggi no.
Per esempio, il padre di Pietro ha un debole per le figlie
femmine. Non dico che non vuole molto bene ai quattro
23. Colluzzo, gran coglione.
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maschi, per queste due femminucce se poteva non le lasciava nemmeno andare fuori. Ci ha un debole, ecco.
E le madri? Tante madri vorrebbero una femmina perch quando invecchiano gli stia vicina.
Prima lo dicevano, ma con timidezza, mentre quando
li avevano si orgogliavano dei maschi. Adesso per capiscono che le femmine sono meglio per restare vicine alle
mamme. Ma ora delle volte le femmine se ne vanno, e
questo non lo possono pi dire. Avrebbero dovuto dire,
pensare che la figlia femmina rimaneva vicino alla mamma e al babbo, e delle volte era anche pi soggetta al padre. Immaginiamo quando moriva la madre nella famiglia: chi poteva fare, aiutare e supplire a quel posto che
mancava? la femmina o il maschio? Era la femmina. Invece oggi per la mamma non se lo pu neanche vantare
(come mi sembra), perch le femmine scappano prima
dei maschi da casa. No?
Adesso scappano prima le femmine?
E perch no? Scappano prima che si sposino! Come
ora sono diventate le femmine, non mi sembrano pi
soggette e buone come eravamo noi prima: sono pi soggetti gli uomini, sono pi buoni oggi gli uomini delle
donne! Le femmine, una volta che si sono prese la briglia
di andare come vogliono, pensano in modo diverso. Gli
uomini invece sono pi prudenti parlando con i genitori
(a quanto mi sembra). Per qualcuno si dir pure che sono
obbligati a farlo, e anche che ci sono dei genitori che parlano di cose che non devono dire. Ma mi sembra che parlano pi educatamente gli uomini che le donne.
Lei pensa che rispetto al passato sono cambiati di pi gli
uomini o le donne?
Le donne! Mi sembra che le donne hanno cambiato.
Anche loro, i ragazzi, dato che si vedono anche. Ma di
questa sbrigatezza che si fa in giro io incolpo pi le donne
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che gli uomini, perch gli uomini restano soggetti sia alla sposa che alla fidanzata. Non si sente luomo dire:
Non ti va, me ne vado come lo dice liberamente una
ragazza anche di quindici o ventanni. Questo lei lo dice
liberamente, invece un ragazzo raro che lo dica. Qualcuno c sempre, ma in genere mi sembra che sia pi la
donna.
Lo credo anchio, perch quella che vuole anche cercare
di cambiare di pi.
Ancora? Che cosa sta cercando di cambiare? Non so,
con tutto quello che han cambiato non sono ancora contente? Perch non son contente?
Io penso che non son contente perch stanno cambiando,
ma il modo giusto difficile da inventare. Si deve provare,
correggersi e riprovare. Per questo siamo pi inquiete oggi
che non in passato.
E cosa sarebbe questo cambiare ancora di pi? Mi
sembra che siamo arrivati al peggio! Cambiando cambiando, siamo arrivati al peggio! E se cambia ancora di pi,
che cosa sar? Sar peggio ancora!
Pu essere anche meglio!
Non lo vedo, non lo so, perch la mia vista, la mia
fantasia corta.
Non lo sappiamo neanche noi. Ma io ho fiducia nelle
donne.
Ha fiducia, perch se ne sente lei. Si dice (anche se pure questa una cosa cambiata): Avere fiducia e non dare
fiducia. vero? A chi d la fiducia, a quella giovent scatenata?

voleva. Si diceva: lha mandato Dio il figlio. Ma adesso


fanno quello che vogliono. Non vero che cera Dio,
non c Dio in mezzo. Io sono pi che certa anche se
non mi sono sposata che i figli si fanno in tre.
Come in tre?
In tre! adesso lascio a lei a svolgere questo
questo problema. Padre madre, ma chi poi?
Poi un altro.
Che sta su?
Eh, s! Io sono certa! Non condanno nessuno se non
crede, perch forse meglio di un altro, ma io credo
troppo. Non me lo toglie nessuno di mente: c uno che
ci comanda, che ci dirige, anche se non lo vogliamo accettare. I figli adesso dicono che si fanno se si vogliono, e
che anche prima era cos. Ma prima cera lignoranza,
non lo sapevano quello che sanno oggi. Una mamma
che ha avuto otto figli lho sentita dire, perch io ho
parlato anche con le mamme, e questa era grande, aveva
almeno sei figli sposati e due senza sposare ha detto ad
alta voce nella strada: Se sapevo quello che so oggi, certo i figli erano rimasti dove erano!. Si vede che non era
contenta, eppure era una madre che normalmente non
mancava di niente: il marito contribuiva e portava il necessario, i figli sono stati buoni e sono tuttora buoni, eppure la madre ha detto questo: Se sapevo quello che so
oggi, qualcuno era rimasto dovera.

La donna molto cambiata anche rispetto alla maternit, rispetto al volere i figli. Che ne pensa?
Prima per i figli le donne volevano quello che Dio

E secondo lei oggi nelle coppie sposate chi dei due a volere meno figli?
Ci sono quelli che sono daccordo tutti e due, ma mi
sembra che luomo li voglia i figli e meno ne vuole la
moglie, molto meno, perch le esigenze vengono sopra la
moglie. Ci sono i mariti comprensivi che prendono tutto
il peso, ma altrimenti

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Per se la moglie non vuole avere figli, poi magari ha


dei problemi con il marito.
Questo dipende dal loro carattere: qualche volta vince
il marito, qualche volta vince la moglie. C chi li vuole,
chi non li vuole. Prima non si sentivano dire queste cose,
non se ne parlava, era una vergogna; della donna si diceva
che era sgarbata, una disonesta. Ma oggi lo dicono apertamente. Io lho sentito dire perch non se ne pu fare a
meno, ci siamo in mezzo anche se non siamo sposate. Una
donna ha avuto una bambina (ne aveva quattro e ha avuto
quella delle cinque). Suo marito, cos largo nel parlare come ce ne sono, le ha detto: Hai voluto fare questo figlio
credendo che era maschio, invece venuta femmina!.
Penso ad altri problemi legati alla maternit, e in particolare alla attesa di un figlio: le gioie, le ansie cos cambiato?
Le ansie mi sembra che sono uguali, cerano anche
prima, se si aspettava un figlio. Cera chi aveva paura che
fossero molti. Ma dicevano di solito: meglio un figlio che
una malattia, meglio un figlio che una disgrazia. Fatto sta
che il cambiamento questo: che da sposati non dicevano queste cose. Se una donna sposata diceva che aspettava
un bambino anzitempo la prendevano in giro: dicevano
che era stupida, che era sgarbata parlando. Adesso c pi
libert in certe cose. Prima si nascondeva, non si diceva a
un bambino: Aspetti un fratellino, aspetti una sorella, sai
che sta per arrivare. Queste cose gi non le trovo bene.
Ti hanno portato in una valigia, ti hanno trovato nellorto, dicevo a Pietro. Magari come usano oggi una cosa
pi giusta, ma un po troppo.

ma cerano tante persone che facevano la medicina. Dappertutto, in tutti gli angoli del quartiere cera una che faceva la medicina del malocchio.
Io ho sentito dire (in certi paesi ma forse non a Tonara)
che quando si guarda un bambino e si dice che bello! c il
rischio che il bambino venga preso docchio
Da noi diciamo: Che bel bambino e la mamma dice sogu puntu.24
Mi sembra che anche il rapporto tra madre e bambino
molto cambiato rispetto al passato.
S. Prima i bambini si lasciavano andare. La mamma
andava a lavare: chi non ci aveva lacqua in casa andava al
fiume, lontano. Cera chi lasciava i bambini dal vicino che
li guardava e restavano buttati in mezzo alla polvere, sporchi e buttati cos scalzi, mal vestiti. Erano anche i ricchi,
anche chi stava bene: non che era una cosa solo dei poveri. Cera qualcuno in altro modo, ma pochissimi. Si lasciavano cos perch si doveva andare. Adesso, per questo
che sto alludendo, chi lha fatto, chi educando i bambini? I genitori. Se sono buoni, lonore ai genitori, ma se
sono cattivi lo stesso. Prima non li educavano (dicevano
che erano educati male). Ma adesso che sono educati bene, perch non sono tutti buoni? Adesso si lamentano i
genitori: Eh, i figli doggi non sono come un tempo. Ma
chi ce lha questa colpa dei figli doggi? Forse non sono i
genitori che hanno la colpa? Il fatto sta che i genitori non
sono tutti da incolpare: sono stati allevati male loro. Adesso sono visti un po bene,25 sono agiati, eppure
Anche in passato capitava certamente che una donna
nubile avesse un figlio fuori dal matrimonio. In certi paesi

E quando un bambino era bello e si diceva Oh che bel


bambino e lo si toccava perch si aveva paura del malocchio?
Si parlava di questo malocchio, se ne parlava spesso,
sempre, e mi sembra che ci sia qualche persona che ci crede. Chi non credeva, non credeva nemmeno a quei tempi,

24. Sogu puntu, locchio punto, la puntura docchio, il malocchio.


formula di ritorsione, che significa: che il malocchio ricada su di te.
25. Appaiono un po in buone condizioni.

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cera lusanza che i giovani per tre notti di seguito, con campanacci e con corni andavano a fare un grande rumore davanti alla sua casa.
A Tonara questo no. Questa festa del campanaccio (a
cantare, a suonare, a fare rumore con i barattoli presi dal
mondezzaio) si usava quando si sposava un vedovo. Adesso non si fa pi.
E non si cantava neppure la ragazza?
S, capitava di cantarla, ed erano i ragazzi stessi. Ma
se capivano che era una ragazza buona, anche se le era
capitato questo, non dicevano niente, la scusavano: meschina dicevano non era una ragazza di strada. Per
cantavano delle persone che prima che succedesse questo
fatto si credevano molto, che si davano ai vanti, che non
volevano questo o questaltro in matrimonio, che scandalosamente dicevano che avevano rifiutato tanti uomini: ecco, queste venivano condannate, non tutte. Non
venivano condannate quelle che non avevano molta importanza e le persone che si credevano oneste. Certo a
vedere queste cose era un calvario per quei tempi, invece
oggi una meraviglia, si pu dire! Questo un cambiamento enorme! Di questo prima se ne faceva una croce,
sia a cantare o a non cantare: se non la cantavano, si faceva in casa la croce. La mamma della ragazza rimaneva
anni senza prendere parte ai divertimenti e ad altre cose.
Quanto ai padri, a secondo di come capitavano le cose,
succedevano anche delle morti. Invece oggi una cosa
normale.

Trova bene o male che sia cos cambiato?


Il cambiamento da una parte va bene, perch non
da farsene una croce di una cosa naturale, di una cosa del
mondo. Ma daltra parte pure mi sembra ma in questo
forse sbaglio io che questo apprezzamento aiuta pi le
donne alla libert: cos non hanno (come dire?) un pensiero pi forte per dare attenzione, per avere paura di fare certe cose. Le fanno e dicono: Se mi va bene, mi va
bene, se mi va male, mi va male. Mi sembra che per la
giovent piccola e che ancora in erba questo le fa tanto
male, mentre prima le faceva bene. Per quello di capitare, capitava lo stesso, prima di oggi e sempre.
E una ragazza che aveva avuto un figlio aveva poi speranze di sposarsi?
Era rarissimo: cercava di farlo, ma subito non si sposava. Invece adesso si sposano e non ne fanno nessun
conto. Ma prima non era cos. Andava a cercarla un uomo anziano o un vedovo, se era una ragazza buona andavano subito a cercarla, non che non la cercavano
ma era rarissimo che avesse voglia di sposarsi: teneva il
suo sentimento, e basta, e ci stava bene. Se camminava
bene dopo, non si continuava a fargliene una tragedia.

E quindi rimanevano chiuse in casa sia la madre che la


figlia.
La madre e la figlia, se avevano la possibilit per.
sempre su quel fatto delle possibilit che bisogna basarsi.
Allora lei doveva lavorare fuori casa, e doveva lavorare di
tutto, si doveva spicciare anche per dire: mio figlio lo allevo io.

Penso a tante difficolt di vita della donna. Anche una


vedova aveva problemi simili. Per esempio, doveva restare
in casa per molto tempo
S s, molto, adesso no. Prima doveva rimanere almeno tre mesi senza uscire niente. Poi cominciava col mantello sceso bene, e usciva qualche volta in chiesa. Se era
una madre che aveva dei figli piccoli, doveva andare a lavorare. Di solito le vedove facevano il forno (diciamo
noi), facevano la fornaia e campavano bene anche se era
un lavoro troppo, troppo pesante. Ma cerano anche altri
lavori pesanti. Cera chi andava in campagna con i bambini piccoli. Io ne ho visto di vedove che andavano in
campagna, con i bambini uno dietro laltro, e avevano dei

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pezzi di pane che non mangiavano e davano prima alluno


poi allaltro. Ne ho visto di questi casi.
Allora erano forse pi le donne ricche che osservavano il
lutto e restavano chiuse in casa perch avevano i mezzi?
Certo questo s, cerano delle donne ricche che ci restavano un anno senza uscire, che osservavano il lutto proprio come si deve. Ma oggi non pi cos. Questa era una
cosa sbagliata veramente. Oggi per troppo: sempre la
storia dei due troppi. Allora era troppo rimanere cos: che
cosa si faceva al morto? Ma adesso non mettono nemmeno un segno di lutto, dicono: che cosa gli fa? Ma almeno
dare il segno di lutto, che mancata una persona
Mi viene da pensare anche ad altre condizioni per cui
oggi la donna sta facendo di tutto per cambiare la propria
vita. Ad esempio, una volta una ragazza che avesse qualche
difetto fisico come si trovava in paese?
Non si trovava bene. Invece oggi non cos. Allora
era un po difficile sposarsi, ma cera anche chi voleva
sposarsi lo stesso. E solo un uomo che era molto ricco di
affetti la sposava e le voleva bene lo stesso, perch queste
cose si guardavano.

La vita di una donna, specie se povera, doveva essere


molto dura. Doveva anche lavorare in qualsiasi condizione,
spesso anche se era incinta o malata.
Eh, s. Soprattutto in passato, quando una donna era
incinta lavorava. Cerano anche quelle che non lavoravano, si sentivano malaticce e per avevano un marito comprensivo (cerano anche a quei tempi): andavano loro a
lavorare, soffrivano magari, venivano a casa e non trovavano neanche niente pronto. Ma di solito i mariti non
sentivano il peso, lo sentiva la moglie. Invece lo deve sentire anche lui: se una cosa divisa uguale, lo si deve sentire, vero? Oggi lo sentono di pi, sono cambiati i mariti
doggi molto, ma molto. Eppure non sentono quello che
deve essere.

Era pi difficile per una zoppa o per uno zoppo sposarsi?


Pi per una donna che non per un uomo. Per anche
per luomo era un po difficile, perch dicevano cos a
proverbio: E prendilo magari zoppo!. Oggi invece non
lo dicono pi. Uno zoppo al pari degli altri. Come cambiamento, questo s bello. Adesso veramente non si
scherza di una persona cos, ma prima si scherzava anche.
Oggi non si scherza. Ci sono i poliomielitici, uomini e
donne (anche qua ce ne sono), e sono al pari degli altri.
Lho visto io. C su in paese una che le amiche laspettano come tutte le altre. Cammina molto male (mi sembra
che sia insegnante), ma viaggia lo stesso ed fidanzata
con un carabiniere.

E le donne?
Per questo, dicono che non fa male lavorare. Adesso
c un lavoro pi adatto alla famiglia. Ci sono ragazze che
si sposano pi presto di quando si sposavano prima. Era
raro che si sposavano delle ragazze come oggi di diciotto
ventanni: si veniva anche a venticinque trenta. Era unaltra cosa, erano donne assennate, oggi invece sono bambine. Per mi sembra che per questo oggi lavorano lo stesso,
lavorano in casa. Ma allora, a quei tempi, se era la moglie
di un contadino e vedeva che faceva bisogno, anche se il
marito non lo diceva, andava a zappare. Non era possibile
non andare, si doveva andare. Delle volte si ammalava,
perdeva anche la vita. Una volta davano la colpa al marito
e si tenevano critiche in paese, altre volte dicevano che era
una sua natura, che in famiglia erano tutti malati. Era
unaltra cosa a quei tempi: io la sentivo pi faticosa la vita.
Per, guardandola bene, era soddisfacente lo stesso quanto
oggi. Oggi perch le donne non sono soddisfatte come gli
uomini? Gli uomini li vedo pi soddisfatti: hanno un posto di lavoro, ci sono le fabbriche, chi ha emigrato ha trovato lavoro. Luomo si contenta quando c il lavoro: viene
con la sua giornata e trova le cose a posto.

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C unaltra questione che vorrei discutere con lei: il rapporto tra donna e malattia, sia sua che di altri familiari. Mi
sembra che in ogni caso tutto il peso gravi sulle sue spalle.
Certo certo, questo s, soprattutto a quei tempi. Ma
cerano anche gli uomini miti e buoni che attendevano e
sentivano il male che stava in casa. Per cerano le esigenze
che luomo non poteva rimanere in casa come pu rimanere oggi, perch si andava in campagna a lavorare di pi.

andando, dai attenzione. Erano pronti. Adesso invece


non sono cos, non vanno. Ci sar qualche parente che lo
fa lo stesso e lo capisce. Io sono meravigliata di questo
cambiamento. Capiscono tutti di pi, dicono che per il
male ci dobbiamo aiutare e ci dobbiamo voler bene. Si
dice a parole, ma ai fatti si dice: fai su fattu tuo.26
E se si ammalava una mamma di famiglia come facevano?

Mi faccia degli esempi. Chi curava i malati in casa?


Appunto, rimaneva pi la donna che luomo. Non
che luomo non sentiva il male, o non voleva, ma non era
possibile. Oggi invece molto, molto pi possibile di prima a rimanere un uomo a tenere la moglie malata, perch
ci sono pi impiegati. Se c un lavoro in casa, si prende
un giorno di riposo. Mettiamo, adesso gli insegnanti sono
contenti quasi quasi di dare delle supplenze: danno un
giorno a un altro, e quello ci rimane una settimana, se
uno che non ha altro da fare. Se si ha la moglie o una
bambina malata, si pu rimanere facilmente a casa e poi
ci si trova a fare quelle faccende che occorrono. Prima
luomo non si adattava a fare questo, perch era abituato
a lavorare pi ruvidamente. Non si poteva adattare. Non
che non voleva, sentiva lo stesso il dispiacere di avere la
malattia, ma non si poteva adattare.
Quindi era la donna che faceva i lavori in casa e in campagna e che curava i malati?
S, e che curava i malati. Li curava, gli teneva compagnia, fin quando delle volte si lasciava il malato anche solo e si andava fuori, si faceva una scappata in campagna,
comera per le mogli dei pastori. Andavano a portare il
latte, se occorreva. Andavano a portare il pane al marito
che era solo con il suo gregge e non poteva venire. Capitava di avere un bambino, una bambina oppure la mamma, una persona malata: se si poteva, si faceva anche una
scappatina. Si diceva a quella del vicino: guarda che sto
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Secondo le condizioni come ci si trova. Se si ammalava


la madre di famiglia, certo che la casa andava male. Delle
volte cera chi aveva delle sorelle, e cera chi non aveva nessuno: per allora cerano i vicini che si impegnavano, cerano delle donne di buon senso che ci stavano volentieri a
tenere compagnia a una che era una madre di famiglia.
Poveretta ci vado, ci sto, gli faccio da mangiare, le pulisco
la casa, le faccio le cose indispensabili per il marito. Cerano persone disposte a farlo, non cera un abbandono completo. Certo che qualche giorno poteva passare con questo
abbandono, per non era una cosa che continuava.
Mi sembra che una donna (ma forse anche un uomo)
quando ha molto da lavorare in campagna e sente dei mali,
cerchi di non pensarci e li sopporti il pi possibile, a rischio
poi di ammalarsi sul serio
Questo dipende dal coraggio che ci ha la persona, sia
uomo sia donna. Per la donna cerca, ma cerca anche
luomo. Questa una cosa uguale: si cerca col lavoro di
vincere il male: Non ci penso, forse passa. Tante volte
il male si aggrava col lavoro, ma tante volte anche passato. Non dandogli cos tanto retta, bisogna vedere com:
se un male incurabile, un giorno o laltro viene a portarti a terra anche se non lavori. Queste cosettine le vedo da
me. Sono ventanni che ho tutti questi disturbi, quando
mincrescono tanto, gi rimango qualche giorno a casa.
26. Fai su fattu tuo, fa i fatti tuoi.
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Comero dicendole anche prima, quando sono malata e


non posso fare cosa, non sento il male che ci ho, no, ma
sento che non sto lavorando, che non mi sento al telaio,27
se tempo di andare in campagna che non posso andarci.
Tante volte mi sono ammalata in tempo della raccolta e
ci pensavo tanto, ma poi passava un paio di giorni, qualcuna andata a supplire questa giornata, ma poi ci sono
andata di nuovo. Il dottore dicendomi: Guardi non va
(era un gioved) fino a luned, non potete uscire da casa.
Avevo dei capogiri che Io ci vado prima, mi tengo alla
coda dellasino e ci vado!. Vede, cosa mette che sia questo, stupidaggine o coraggio? Non lo so distinguere nemmeno io, se coraggio o stupidit, non so.
Per ci sono anche dei figli che si rifiutano di mandare
in ospedale la madre malata, perch dicono che ne hanno
bisogno in casa.
S, questo s, anche oggi c. Cera qui una nostra vicina che aveva nove figli, ne aveva anche due sposati. Gli dicevano: Perch non mandate vostra mamma allospedale?
Si sente male! (aveva il gozzo). Oh, nostra mamma non
possibile che esca di casa!. E fai oggi e fai domani, fin
quando non si ammalata davvero dal gozzo: le venuto
un male al polmone, ma lei continuava a camminare, non
le importava. Faceva una piccola cura, il marito la trattava
bene, per doveva andare allospedale. Il marito voleva tutto pronto dalla moglie anche se cerano i figli. Continuava, continuava cos. Un giorno caduta e ha rotto una
gamba, lhanno ingessata, poi da questo ne venuto un
bronco polmonare, ed morta. Cos lhanno lasciata andare allospedale! Andata, non pi ritornata a casa!

il disturbo alla gola e vuole andare allospedale. Prima


aveva il padre molto vecchio, e non era possibile a restare
un altro al suo posto, perch era lei che conosceva tutte
le cose. Morto il padre, adesso non possibile uscire per
i figli: uno l, uno qua. Non so che cosa aspetta adesso, se aspetta a sposarsi forse i figli,28 eh!
Penso a una mia amica, moglie di un camionista. Doveva abortire ed stata portata in ospedale. Il marito voleva
che restasse a casa per preparargli la pastasciutta. Tornata il
giorno dopo, stava ancora male, ma doveva alzarsi a preparare il pranzo al marito. Sono storie tremende.
come gli ho detto: non un marito quello, ha un
compagno maschio a casa! E come?! la pastasciutta?! Poteva
stare anche senza mangiare pane, non solo pastasciutta! Di
questo io incolpo anche la moglie. Doveva dire: Io non
mi posso alzare! Non conosci? ma cosa sei? Sei un animale
o sei un cristiano? Sei un maschio, non sei un uomo!.
Questo lo vedeva gi da prima, che non era un uomo, ma
era un maschio come dico io. Sono pochi gli uomini!

La donna proprio indispensabile a casa anche se si ammala!


Certo! Ma ancora oggi cos! La mamma di Pietro ha

Nel bene e nel male mi sembra che il lavoro della donna


sia molto cambiato rispetto al passato. Oggi c molta pi attenzione alla casa, non le pare?
S, anche gli uomini ci tengono pi a trovare la casa
ordinata. Invece allora se ci si metteva a ordinare non era
possibile, perch le case erano brutte, erano indisposte,
non cera niente (immagini), non cera acqua, non cera
gabinetto, non cerano queste comodit. Noi non ne avevamo, per avevamo sempre lorto vicino e non abbiamo
sofferto certe cose che ha sofferto chi viveva in mezzo al
paese senza avere unuscita dalla sua casetta. Questo stato tutto diverso per me, per mi ricordo che andavamo
lontano al fiume a lavare coi panni sulla testa e si veniva
stanche tutto il giorno lavando.

27. Se non mi sento di stare al telaio.

28. Se aspetta che forse i figli si sposino.

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55

In passato la donna era meno occupata nella pulizia


della casa.
S, s molto meno, perch doveva attendere alle faccende di fuori. Cera anche qualche famiglia che avevano
le serve e tenevano bene le case. Ma a quel tempo le case
dei ricchi erano peggio delle case dei poveri doggi. Io me
ne ricordo benissimo. Come le avevo detto, non bella la
nostra casa, ma poi con mia mamma abbiamo impegnato
quarantanni almeno per metterla cos. Lavoro di donne,
insomma. Io non mi mai piaciuto uscire fuori: noi lavoravamo sempre in casa o nel nostro paese. Certo non erano lavori di grande risorsa. A quei tempi cerano gli ambulanti: oggi sono ricchi, ma non erano ricchi nemmeno
allora. Per qualcosa la portavano di pi: il commercio
sempre stato un po avanti.
Ho limpressione che oggi la donna ha forse meno occasioni di uscire che non in passato, perch molto legata alla casa.
Uscire? Cosa costa adesso? Sar il marito che chiede
alla moglie se pu uscire o no, da come mi sembra a me.
autoritaria la donna doggi! Tutto mischiato. C chi
va a fare le commissioni, a fare la spesa. Oggi si fa la fila
nelle macellerie ed la prima cosa il sabato. Ma a quei
tempi la macelleria non cera. A casa la carne non si poteva comprare. Ma passavano a vendere la carne coi canestri, allora, le figlie del macellaio. Non si faceva la fila a
quei tempi, si faceva tuttaltro!
Eppure il tempo che oggi la donna deve dedicare a pulire
la casa, metterla in ordine, mi sembra molto pi lungo che
in passato.
Perch? non pi lungo! Allora si impiegava il tempo
come si poteva, perch non era possibile fare diverso. Si
faceva il bianco alla casa, si prendeva una scopa delica per
portare via la calce. Io mi ricordo che mia zia, mia mamma andavano pi in campagna e quando erano a casa si
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mettevano a lavare i pavimenti. Mia nonna diceva: Oh


gi ne vuoi di testa!. Lei era un po diversa. Ma di solito
si portava una scopa ruvida, si portava via la calce che
buttava dal muro, e tutte queste cose; avevamo anche degli animali. A casa non si poteva fare una pulizia, perch
non cera dove farla: era grossa la pulizia che si faceva, ma
non che non aveva fatica e non aveva il bisogno. Per
era pulito quanto oggi, a quanto vedo, penso. Non cera
gabinetto e oggi c, ma mi sembra che porti danno questa cosa che va insieme se vicino. Non portano pi danno tutte queste fogne, tutte queste cose? C lo stesso lo
sporco, e anche peggio. Chi era pulito, era pulito anche a
quei tempi. Si facevano i piatti, non cera il detersivo che
c oggi. Cera il bucato, si faceva almeno una volta alla
settimana, e quando una cosa non ne andava si prendeva
la cenere e si puliva. Lo faceva chi aveva il tempo di farlo:
una volta si faceva, una volta si lasciava, perch si doveva
scappare o per una cosa o per laltra, si doveva andare
fuori, noi poveri dovevamo andare a lavorare, a aiutare
unaltra famiglia, e allora lasciavamo le nostre cose senza
fare. Per chi aveva proprio la buona volont, lo lasciava
un giorno ma lo rifaceva laltro giorno. Adesso perch
non fanno la pulizia? Eppure hanno da fare solo quella!
C chi lavora (mi dir lei), lavora anche la donna, come
impiegata. Ma la casa pulita, quando escono non c
nessuno, la lasciano ordinata, i mobili belli, i pavimenti
belli, tutto bello! Che cosa c da fare? spolverare e lucidare! Il sabato libero. Non cera il sabato fascista a quel
tempo, come oggi, no? Mi sembra che cos.
Nelle case oggi sono arrivate molte cose: gli elettrodomestici, la televisione Quando lha vista per la prima volta?
Per la prima volta la televisione lho vista in casa di
unamica: una donna vecchia e appena che la televisione
uscita il nipote glielha portata perch un rivenditore
di televisioni.
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E che impressione le ha fatto?


Bella! Son cose belle! Per quanto posso apprezzare delle cose belle che il cambiamento, il progresso han fatto
oggi, non condanno niente. Tutte le cose belle sono belle.
Per mi sembra che la televisione ha fatto cambiare molto. Le cose la giovent le vede, e come si vedono le buone
si vedono le cattive. Quando fanno vedere come si fanno
i sequestri, come si ammazza, come ci si difende, come si
ruba, come lo si ritorna, questo un aiuto a imparare 29 ai
delinquenti!
Anche lei ha in casa la televisione. Chi laccende? Suo
nipote o anche lei?
Laccendo anchio. Adesso non la sento bene e delle
volte mi fa male anche la vista e devo mettere gli occhiali.
Per anche se non la sento Tante volte la sto a guardare
e mi viene in mente qualcosa di casa che importa di pi,
sto pensando e vedendo le mie cose. Per mi fa molto
compagnia. Io non la disprezzo: ha fatto bene chi lha
portata. Non c niente da disprezzare: il frigorifero lo
stesso urgente perch quando c roba se ne mette, se no
va a male. Tutte queste son cose buone che ha fatto il
progresso, ma la gente (mi sembra) al posto di apprezzarle
e usare le cose buone e grandi, le usa malamente, le usa
per fare del male. Non so, dovevano essere pi buoni. Io
dico in una parola: col progresso, con lintelligenza, con
la cultura che c, il mondo doveva cambiare, la societ
doveva essere meglio, molto meglio.
La vita della donna molto cambiata in casa anche
perch oggi c lacqua corrente, ci sono le lavatrici
Come stavo dicendo, in passato io non ho provato
molto disagio come gli altri, eppure mi ricordo tutto e mi
contento e mi fa meraviglia! Vado al rubinetto in cucina a
29. Imparare, insegnare.
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prendere lacqua senza fastidio, abbiamo il bagno a casa,


ci abbiamo questo e questaltro. Noi non abbiamo ancora
tutto, ma sono contenta di quello che abbiamo. Ma con
tutte quelle comodit che hanno i grandi signori e anche
(signori e non signori) molte case, perch non sono ancora contenti confrontando il tempo passato? Questo fa
male anche nella societ: non contentarsi troppo. Io ripeto sempre che i troppi sono due: o troppo poco o troppo
molto, e questo porta danno.
Eppure, se in paese manca lacqua, diventa oggi un grosso
problema che vede impegnata soprattutto la donna. Anche a
Tonara le donne hanno lottato per questo, e lei ne sa qualcosa!
Fatto sta che lacqua mancava specialmente al nostro
rione. Mancava pi degli altri, oppure mancava anche agli
altri, al rione di Rasul per esempio, ma noi sapevamo solo la nostra parte. Gli uomini non che non si interessavano, perch invece di lavarsi in casa si lavavano al fiume
come allantica. Molto la volevano anche loro lacqua,
per se andavano loro al Comune o bisticciavano e bastonavano oppure li prendevano a risate e ridevano tutti insieme, anche gli amministratori. E cos andavano le donne. Un giorno andavamo in due, un giorno in cinque, in
sei, in sette, il numero che ci si sentiva. Poi ci hanno detto
di andare a Nuoro a fare una delegazione (delegazione si
dice, vero?). Abbiamo organizzato due o tre macchine e
siamo andati: eravamo otto donne e quattro uomini. Fatto sta che si doveva chiedere il permesso al prefetto per il
giorno che andavamo. Noi invece non abbiamo chiesto
niente, e siamo andati subito in Prefettura. Qui non ci volevano lasciare passare e allora: Ci lasci passare noi! ha
detto una delle donne, per non dire chi era o chi non era.
Ma come mai non ci lascia passare? Perch noi siamo
ignoranti di queste cose! Vogliamo passare perch una
cosa urgente!. Allora i carabinieri e le guardie ci hanno
lasciato passare e il prefetto al posto di mandarci via si
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messo a ridere: Ma tonaresi siete? Fieri davvero! lo sapete


che si deve dare lordine?. Ci ha fatto accomodare e ci ha
fatto parlare. Prima ha interrogato le donne, anche se questo gli uomini non se laspettavano Prima ha parlato
una, poi ho parlato anchio. Abbiamo cominciato, e abbiamo detto la nostra ragione, e che la colpa certamente si
doveva dare allamministrazione, anche se per dire la verit non piaceva neanche incolpare lamministrazione, ma
non si poteva fare a meno assolutamente. Dopo che abbiamo parlato, ha chiesto anche agli uomini e ognuno ha
detto la sua ragione. Provveder subito, non passeranno
tanti giorni che voi avrete lacqua ugualmente tutti, perch lacqua forse c a Tonara, ma mal divisa, come pu
capitare. Allora noi abbiamo chiesto scusa. Non c da
scusare. Mi avete fatto tanto piacere. Se non fosse che non
molto bello, vorrei venire a prendere il caff con voi altri. Ritornati a casa, lui subito ha telefonato (certo
avr telefonato). Hanno mandato due operai che hanno
messo le serrature, le chiavi per lacqua, per non farla passare nei posti che non doveva. Per tutto il mese dellestate
siamo andati bene. Il prossimo anno stato di nuovo,
per siamo andati per una settimana in comune e poi si
sono messi allordine. A tutti i modi ci abbiamo passato
magari tre o quattro anni con questa storia, e dopo che
siamo andati alla Prefettura ci passato un altro anno.

Eravate tante in piazza?


S, delle volte. Meno di cinque o sei mai, quando eravamo in poche. Ma anche in dodici, in quindici. Anche
gli uomini ci andavano: dopo che erano seccati, andavano
anche gli uomini.
Che anno era?
Questa storia cominciata magari dal 58. Prima lacqua cera pi in abbondanza, perch non cerano i bagni.
Quando hanno cominciato a fare i bagni dappertutto,
lacqua venuta a mancare. Per questo bisognava chiudere dove c la salita, occorrevano le serracinesche e il comune non si metteva il pensiero di mettere la serracinesca
nei posti che occorreva; occorreva almeno tre o quattro
serracinesche nel nostro rione. Di su, non lo so.
Oggi un problema, una fatica per la donna quando
manca lacqua in casa.
fatica, e poi non va. Prima andavamo al fiume: io
ho portato acqua dalla fonte per fare limpasto del fango
(prima non cera il cemento, cera il fango) e non ci si
stancava. Ma una volta che abbiamo avuto lacqua in casa cos che sono le comodit: se si hanno in casa, non
ci si contenta pi.

Io so di una donna (e anche lei lo sa) che ha preso a


scopate un poliziotto
Un poliziotto? Questo non lo so! (ride)

Vorrei tornare a parlare con lei di altri aspetti del cambiamento della vita della donna: per esempio, del suo lavoro
in cucina. Secondo lei la donna dedicava pi tempo e pi
importanza al cibo una volta o oggi?
Oggi! Perch oggi si fanno dei cibi pi prelibati. A quel
tempo si facevano di pi gli ortaggi, il minestrone, e non
il minestrone che si combina oggi, ma pi largo. Le erbe
si tenevano in questi orti vicini, ma non tutti ne avevano.
Oggi si va dalla fruttivendola, ma a quei tempi no: si andava a chiederne a chi ne aveva. Noi avevamo lorto e davamo di tutto: il prezzemolo, le bietole. Di aromi non se
ne sentiva tanto, cera solo il rosmarino (adesso invece noi

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E avete fatto dimostrazioni in piazza?


Tante volte! Di queste, in comune ne abbiamo fatto
tante, tante! Se si accorgevano, quando ci vedevano venire,
chiudevano anche il comune. Ci avevano preso da pettegole, da cattive, da stupide: da stupide no, ma da disordinate che non avevamo da fare, che avevamo forse lacqua a
casa. Ma sono stati lavati loro da belle parole!

non labbiamo nellorto) per quando si faceva uno sposalizio, per la carne arrostita. Cera anche un po di basilico,
ma se ne seminava molto meno di oggi. Di solito erano le
bietole, il prezzemolo, laglio e una cipolla: chi li piantava
li dava senza nessun riguardo, senza nessun interesse. I fagioli secchi si dovevano avere. Le patate si vendevano, ma
erano pochi quelli che non le avevano, perch un po di
patate le mettevano tutti. Patate, fagioli, cavoli li mettevano negli orti che abbiamo vicino alla fonte, ma anche lontano nella campagna. E si andava a prenderli.
E il lavoro quotidiano di cucina, era molto?
Delle volte si rimaneva senza farlo. Pensi se andando
in campagna si poteva restare a fare del pranzo a casa, eh
no! Si andava in campagna e si mangiava pane asciutto.
Chi aveva uova le friggeva e le prendeva. Se no, quelle che
rimanevano a casa facevano il pranzo, ma neppure tutte:
erano quelle che il marito andava a lavorare. Dicevano:
Di pranzo non ne faccio, ma la cena s, perch ci siamo
tutti. Fare il pranzo era faticoso, per non cera la premura che c oggi. Di carne se ne comprava meno (cera pi
bestiame): delle volte un pastore vendeva una pecora e si
distribuiva in casa.
Dice che le donne di oggi hanno pi premura al cibo?
Certo che c pi premura! Non fanno altro le signorine, le madri di oggi, le giovani! Che premura hanno?
Fare bella la casa, fare il pranzo se viene il marito. Se non
fanno la cena lo stesso, ma tutto preparato. Anche per
i bambini c unaltra esigenza oggi: hanno da far mangiare il bambino, invece prima si lasciava andare: gli si dava
da succhiare se era piccolo, e se era grande doveva mangiare quello che mangiavano i grandi.

Io trovo ingiusto quelle madri che si sentono dire: Che


cosa far da mangiare? se oggi c di tutto e se si hanno i
soldi. Se cerano i soldi, anche se cera tutto non si faceva
niente, perch non si poteva comprare. E succede anche
oggi cos, perch certe cose non si possono comprare da
fare il pranzo. Non che non ci si adatti a farlo, ma fatto
sta che non si pu comprare.
A me sembra che la casalinga oggi schiava della cucina. Mi sembra troppo.
E perch non lo trova bello? Forse alle sue condizioni
le sembra troppo. Per me, se si pensa come era la vita prima, oggi un onore. Ma allora sarebbe non lavorare
niente! Se le sembra troppo una casalinga che fa il mangiare per la sua famiglia, che sarebbero allora i cuochi e le
cuoche che fanno da mangiare per tutti? la stessa cosa,
e hanno lo stesso problema, anzi peggio, perch sono pagati per fare, devono servire! Si metta in testa: chi paga
oggi vuole scegliere una cosa, e allaltro tocca pensare.
Questo s che c da pensare: cosa far oggi? E se non
cambio, se non contento i miei padroni, sar contenta la
mia clientela? Ma la madre di famiglia dice: Ho fatto
questo e basta, sentivo che era necessario fare questo a casa. Oggi questo non avviene, a meno che non capiti un
marito sgarbato. Certo se lo sono non hanno tutti i torti:
non hanno lappetito che cera prima, e mangiavano come si poteva e si contentavano, non brontolavano tanto.
Oggi (sembra a me, anche se in questo non sono entrata
in mezzo) mi sembra che si brontola di pi. Questo mal
fatto. Lo vedo da mio nipote che non si contenta.

Trova che un cambiamento giusto o sbagliato?


Eh no, come alimentazione non sbagliato, giusto,
per che cambiato cos bene e non sono ancora contenti.

Per in passato ci si dava molto da fare per preparare i


pranzi di festa.
S, s, questo s. Oggi invece non hanno tutta limportanza perch ci sono altre occasioni. Gli sposalizi si facevano in casa o si chiedeva una casa pi grande. Si prestavano tutti i vicini. A casa mia si sono fatti sette o otto

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sposalizi, eppure non n bella n grande. Certo che era


pi lavoro di donna. Per si prestavano anche gli uomini,
per preparare la carne arrostita: questo di solito lo facevano loro, specialmente se erano pastori, perch lo sapevano
preparare meglio. Si faceva larrosto nel forno di casa oppure si portava a quello pubblico (ma prima cerano solo
quelli di casa). Ma si faceva tanta fatica! Simmagini,
quando non cera il gas, che fatica! vero? Cerano dei fornelli, noi ne avevamo otto, mi ricordo. Tutta questa parete era a fornelli e cera solo il lavandino, perch non cerano la cucina, il frigorifero, il televisore, tutte queste cose.
Si faceva un grande fuoco e si metteva a cuocere sulla brace e si cucinava lo stesso. Si metteva un coperchio vecchio
quando si facevano le tomalle, il flan di latte, cosa che
adesso che c la comodit non faccio pi. A quel tempo
negli sposalizi, se era una persona un po agiata, se ne facevano anche cinque o sei per cena.
Io (mi ricordo) per la mia cugina sono restata tre giorni
e tre notti senza dormire, preparando tante cose in anticipo. Sono stata anche aiutata e abbiamo fatto il pranzo insieme colla parte del marito: hanno aiutato molto, moltissimo. Eppure, mi ricordo, si faceva il pane ed era una
grande festa fare il pane molti giorni prima dello sposalizio.
Si cantava, si ballava, si beveva, ci si ubriacava, veniva tutta
la giovent se era vicina. Si faceva una grande festa e cos
non ci si addormentava. Si diceva magari: Beh andiamo a
dormire un pochettino, ma arrivavano quelli con gli organetti, e suoni da una parte e suoni dallaltra! Mi ricordo
che non potevo stare in piedi ed ero gi stanca, invece si
sente venire unondata di ragazzi, e davanti arriva questo
mio fratello di latte, mezzo ubriaco: Quanto bello quanto bello! Vale il mondo intero! diceva mezzo brillo. Cominciano a ballare, a suonare, abbiamo cominciato a fare il
pane e quando cominciava a fare giorno, era gi cotto.

Si facevano delle chiacchierate, si scambiavano anche


simpatie in mezzo a queste feste: tante volte era unoccorrenza di amore. Non si faceva la passeggiata. In queste occorrenze capitavano tante cose brutte e tante cose belle!
Delle volte certo capitavano anche, come dire, non cose
cattive, ma illusioni: forse si attendeva da tanto questo o
quellaltro incontro, invece in quel momento si dava la
definitiva, e uno rimaneva illuso (capitavano queste cose).
Allora si diceva: capitato in tale sposalizio, in tale divertimento, questo e questaltro. Quanta fatica davvero! Per
gli sposalizi ora si fanno le feste in albergo, tranquilli e pacifici, non si disturba nessuno e non si sprecano la mobilia e le altre cose. Prima si andava a chiedere tutte le cose:
sedie, tavoli, piatti, chicchere, cristallerie, tutto si chiedeva
ai vicini.
E chi le trasportava?
Le ragazze, anche i ragazzi della stessa et, per erano
sempre di pi le ragazze. Le ragazze venivano invitate a fare il pane. Prima cera lusanza di portare tutto ci che davano alla sposa aperto in testa:30 andavano tutte le ragazze.
Cerano i carri a buoi dove mettevano la mobilia, quando
non cerano macchine. Era molto bello: io ricordo che mi
piaceva tanto ed era molto bello. Adesso si fa pi semplice,
perch vogliono diminuire sempre il lavoro, come ha detto lei. Ma che fastidio fare il pranzo, fare da mangiare
per una madre di famiglia? Come sarebbe questo?
A me talvolta annoia, anche se altre volte lo faccio con
piacere.
Ma in tutto ci sono le ore di annoiamento, anche senza fare il pranzo, anche senza fare niente, anzi peggio! Il
lavoro un divago, sia pranzo sia altro.

E poi le ragazze facevano bella figura se dimostravano


di lavorare bene di fronte ai ragazzi

30. Come spiegher poi, le amiche della sposa portavano i regali entro ceste aperte, in modo che si vedessero bene. Le ceste si portavano
sulla testa, e si sfilava in corteo.

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Unaltra cosa che facevano le donne, mi sembra, erano i


regali: era lei che pensava a tutto.
S s. La donna, sempre la donna. I regali si facevano
dappertutto, per gli sposalizi, per il battesimo. Ce ne sono tante di cose cambiate che non si somigliano nemmeno! Si facevano gli sposalizi (come dicevo) e portavano
tutto messo in ordine. Si mettevano in un canestro i cuscini sopra le coperte, i panni in unaltra parte, i tovaglioli dallaltra, tutto in ordine. Si doveva riuscire a contare
anche i coltelli. Tutto questo era lavoro delle donne, ed
era tanto bello. Era tutto una fatica, una fatica di pi di
quella che si fa oggi per gli sposalizi, perch si doveva
preparare tutto. Anche linvito costava, perch si pagava
chi lo portava e chi lo riceveva.31 Si facevano delle feste
dove le cose si muovevano e si dovevano ricevere. E si
cantava al ritorno sul carro e tutte le ragazze cantavano
allegramente stornelli. Questo era al tempo della mia giovent, poi lhanno tolto.
Si facevano anche dei regali per i battesimi: si usava
che prima degli otto giorni la madrina doveva portare
una bella croba,32 diciamo noi, una specie di cesta fatta di
fieno, bella, piena: un tanto di zucchero, un tanto di caff
e un tanto di pasta, forse anche formaggio fresco, e una
gallina con un nastro rosa se era femmina e celeste se era
maschio. Quando ci penso mi sembra che erano intelligenti pi allora che non oggi facendo queste cose: erano
tutti incontri con la gente! Poi si mandava a dire quando
si doveva andare a trovare, e poi quando marito e moglie
dovevano andare in chiesa a fare la presentazione del
bambino. Prima dovevano andare a rendere la visita ai padrini. Il regalo doveva essere fatto prima, e ci mettevano
dei soldi. Anche oggi si mettono dei soldi.

Secondo lei perch erano pi le donne che gli uomini a


occuparsi di queste cose?
Perch giusto, sono cose di donne. Era giusto vedere un uomo fare queste cose? Ci restava male! Luomo ci
pensava e ci teneva lo stesso, non si tirava indietro anche
se era cattivello in casa: per questo non si tirava indietro,
quando cera una spesa da fare si faceva. Per era giusto
che andava una donna! Era bello vedere un uomo con la
cesta in testa? Io ne ho portati tanti di questi regali: ne
ho portati magari una decina, mi mandava la gente che
li faceva.
In passato, anche la chiesa era un importante luogo di
incontro delle donne. vero?
S, a quei tempi ci si trovava e si andava per vedere
chi aveva labito bello. Erano cose vaghe, per adesso sono
nulla, ma in quei tempi erano cose importanti. Chi stava
molto male nel vestito veniva criticata. I ricchi vestivano
pi bene, e se una povera si metteva al pari di una ricca
veniva criticata! Invece oggi tutto questo non c, almeno
in questo si sentono le uguaglianze e avanzano anche i
poveri pi dei ricchi. Ma a quei tempi si andava al piazzale della chiesa, e i ragazzi si mettevano a guardare le ragazze. A volte cerano i balli, ma era una cosa importante
almeno il giorno di festa, molto molto. Invece oggi si vedono nella passeggiata, si vedono negli angoli. La passeggiata bella, per sta venendo un po sgarbata, si pu dire. Per aggiunta sono arrivate le macchine, ma non una
passeggiata giusta. Non hanno tutta la colpa, il male lo fa
chi lo vuol fare, ma te lo buttano addosso come nulla. Io
penso cos.

31. Ogni offerta (da qualsiasi parte provenga) comporta lobbligo di


una restituzione immediata.
32. Croba, cesta larga e piatta.

E adesso le ragazze vanno ancora in chiesa per vedere i


ragazzi?
Non si va pi in chiesa. Va solo qualcuna. La gente in
chiesa come prima non va.

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Anche le donne?
S, anche le donne. Delle donne sto parlando, gli uomini non se ne vedono. Vanno gli uomini vecchi, per, i
giorni distinti proprio: il giorno della Pasqua di Resurrezione, per Natale. Sentono qualcosa, sentono il ricordo.
Ma in famiglia cosa dicono i genitori quando le ragazze
non vanno in chiesa?
Eh, dicono: adesso sono cos, la giovent doggi non
vuole sentire, dicono che non c Dio. Dicono questo:
che cosa sapranno che verr? Ma cosa devono dire?! Sembra che abbiano fatto tutto loro e invece non sono facendo niente!
Poco fa ha fatto un riferimento allimportanza degli
abiti. Vorrei capire con lei questa cosa. Posso farle una domanda? Lei si mai guardata allo specchio?
E perch no?
In casa ce lha?
S. Lo specchio labbiamo sempre dove ce lavevamo
prima e c ancora oggi.
Da ragazza si guardava?
S, ma io non mi guardavo per vedere se ero bella o se
ero brutta. Oramai lo sapevo che non ero bella
Non vero: invece ancora molto bella!
No. Ero contenta di come mi sono trovata. Non ho
mai desiderato la bellezza e nessuna di queste cose, quasi
quasi. Ho apprezzato sempre chi si sapeva rigirare, chi sapeva parlare: questo s glielho detto sempre. Di tutto laltro, no. Nello specchio ci si guardava perch ci pettinavamo quando uscivamo fuori, perch si usciva dal lavoro,
dal disordine in casa. Quando dovevamo andare a un posto, ci lavavamo e ci mettevamo il vestito: cera il mantello, cera il fazzoletto grande e se non si metteva bene,
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mancava poco a metterselo malamente. Ma poi cera poco da guardare. Io non so come si facesse a farlo. Non ho
cambiato mai i capelli: come ce li avevo ragazza ce li ho
ancora, la riga in mezzo e basta.
Allora le ragazze prima di uscire, per mettersi in ordine
si guardavano allo specchio
S, si guardavano! Lo faceva chi aveva lo specchio, ma
di solito si guardavano, s. Perch cera il bisogno di guardarsi, invece oggi quasi quasi non c. Ma a quel tempo si
doveva guardare se andava bene il corso delle palette, se la
camicia andava male. Si guardava leleganza di mettersi
bene. Se una ragazza usciva cos, le dicevano magari che
era un po civetta, ma ci voleva. Il ragazzo diceva: Eh,
quella gi ce ne ha di pbere!.33 Per gli piaceva lo stesso
di essere cos la ragazza. Se era disordinata, se ne ridevano.
Chi guardava e criticava di pi? Le donne o gli uomini?
Gli uomini usavano criticare tra loro. Invece le donne
siamo pi stupide, dico io, non stupide, ma furbe in
modo molto diverso erano capaci di criticare insieme
con gli uomini. Questa una cosa che non va: la donna
non deve mai criticare una donna. Gli uomini questo non
lo fanno, lo hanno distinto, io non credo n che sia dono
n che sia difetto, per loro tra loro si criticano magari di
nascosto, ma tra loro, invece un uomo con una donna
non lo criticano e danno la colpa sempre alla donna. Invece le donne tante volte, non so perch, criticano la donna assieme alluomo. Mi sembra anche che le cose disordinate che capitano (le cose carnali, lamore) dipendono che
la donna non buona a difendersi. Dipende sempre dalla
donna. Adesso magari lamore libero, c il divorzio, c
laborto (che non doveva esistere, a quanto pare a me).
Ma prima quando capitava che una donna era ingannata,
unaltra donna, se era buona, non lo prendeva un uomo
33. Pbere, pepe.
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che aveva ingannato una sua simile. Questo bastava per


imparare luomo a tenersi al suo posto. Mi sembra questo:
che dipende sempre da noi donne. Invece luomo ci pensa
prima di mettersi e di farle fare un figlio a una donna.
E quando una donna si metteva il costume bello per
uscire, le importava di pi che la guardassero gli uomini o le
donne? o tutti e due?
Se una aveva in occhio qualche ragazzo, voleva che
lui la guardasse certo di pi, ma ci tenevano a guardarle
tutti,34 addirittura a invidiarle: tutti, uomini, donne, anche le donne vecchie.
Allora si pu dire che una donna si faceva bella per tutto
il paese.
S, si faceva bella per tutto il paese, e si faceva bella anche perch le piaceva farsi bella: questo era da come la
pensava. Cerano quelle che se ne fregavano di farsi belle.
Se andava bene a mettersi in abbigliamento, andava bene,
ma quando capitava di non essere messe bene, uscivano lo
stesso. Quella era una donna in gamba, dicevano. Questo
lo apprezzavano tutti, anche gli uomini.
E non dicevano che era disordinata?
Si vede che non ha aspettato a mettersi i fiocchi. andata al suo dovere.
Vuol dire che comunque usciva sempre in ordine, anche
se non era elegante?
Allora capitava che si usciva anche con la camicia sporca, non era tutta bianca e bella, perch lavevamo tutta la
settimana (simmagini). Tutto non si poteva cambiare, come si fa oggi che si cambia due volte al giorno. Non cambiavano neanche i bambini cos!
34. Ci tenevano che tutti le guardassero.
70

Adesso ci si cambia molto di pi anche nella biancheria?


S s, molto di pi (penso cos), ma oggi io lo sento
necessario. Con tutte le cose moderne che ci sono, le
case, questo e questaltro, mi sembra che necessario
cambiarsi di pi. Non so perch. Non si sentiva odore
brutto cos prima, no. Se rimane oggi, mi sembra che si
senta.
Forse siamo diventati pi sensibili.
Non so, questo sar una cosa che mi sembra a me e
forse non giusto, ma almeno cos mi sembra. Forse siamo pi attaccati in casa, siamo pi dentro, siamo pi vicini luno allaltro. Allora si andava in campagna, l se ne
andava via lodore delle cose. Cera laria pura e libera.
Cera per lodore di sudato
Questo s. Ma gi si sente anche oggi se non ci si
cambia. Allora forse lasciavano perdere. Sudava chi faceva la fornaia, come ancora lo faccio io, che appena che
lascio di cuocere mi devo cambiare, o brutta o bella. Ma
se si sudava in campagna, col sole il vento il freddo
(quando ci hai freddo non si suda), lodore se ne andava.
Si ricorda quando in paese hanno cominciato a vendere
le prime biancherie col pizzo, i reggiseni? Faceva scandalo?
Non cos. I reggiseni erano diversi da quelli che fanno oggi, belli, e li mettono al vento a vederli. Per cerano anche a quei tempi. Se li facevano di nascosto le ragazze. Si tenevano bene il petto, anzi si guardava chi stava
pi bene col petto, con la camicia e il petto cos duro e
bello.
Aveva cos importanza?
S, aveva unimportanza. Solo che non aveva pizzo,
non aveva tutte queste cose, tutte queste cordicelle (gli dico io) che hanno oggi.
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Prima ha accennato al fatto che il costume contraddistingueva la ricca dalla povera.


S, il costume del ricco aveva pi nastri, aveva la roba
pi buona, il broccato, il grazia a pelo, come si diceva.
Cera chi lo poteva comprare, mentre i poveri ne facevano a meno. Allora si mettevano le gonne di seta, e i poveri si mettevano il panno. Cera molta molta distinzione
da ricco a povero, e guai, veniva criticato chi faceva questo sforzo di farsi a pari del ricco e domani doveva andare
a comprarsi pane, pasta o zucchero in un negozio e lo lasciava senza pagare. Veniva criticato e molte volte veniva
anche negata la spesa a chi faceva queste cose. Ma ora
hanno cominciato a fregarsene, per.
Adesso non si distingue pi ricco e povero?
No no, avanzano pi i poveri che i ricchi. Adesso non
si distingue, no.
Certo laspetto della donna molto cambiato. Un tempo il trucco non si usava
No, questo no, io lho conosciuto da ventanni. Hanno cominciato certo dal 50, dopo la guerra. Tutto questo
stato dopo la guerra, la seconda guerra.

C un po dolio, si diceva cos, ridendo: C un po


dolio.
E le ragazze coi pantaloni?
Quando hanno cominciato i pantaloni, la gente ha cominciato a essere pi aperta. Adesso per non si capisce
pi chi donna e chi uomo. Allora le anziane facevano
una critica: Ma che sporcizia mettersi i pantaloni!. Per
avere il vestito corto, meglio che abbiano i pantaloni, altre dicevano. Condannavano e assolvevano. Per avere il vestito corto, dicevano che era una vergogna. Tutti sappiamo
come siamo fatti e cosa abbiamo nella nostra natura, ma a
tutti i modi loro ragionavano cos: per essere a vestito corto e vedersi tutto, meglio che siano a pantaloni.
Forse han fatto pi scandalo le donne che per la prima
volta han messo il vestito corto?
S, questo s. Sono state mandate anche fuori di chiesa. Le maniche corte, cos sbracciate, i vestiti sbracciati
nel petto, questo ha fatto pi scandalo dei pantaloni.

Erano criticate?
Un po: si faceva la critica, ma non che ne facevano
una tragedia. Ma a una bella, che si teneva bene, dicevano:

Ci voleva coraggio a mettere questi vestiti. A lei piacciono?


No. Non mi piacciono n i vestiti molto corti e nemmeno quelli lunghi: sembrano zingare, non si distinguono. Perch questi vestiti lunghi senza misura? Moderato
devessere, n corto e n lungo. Io penso che la cosa peggiore sia andare dietro alla moda. Ci si deve vestire decentemente e lasciare a perdere la moda. Io mi ricordo che
certe famiglie avevano delle ragazze che avevano il vestito
moderato, lo facevano bene, non cambiavano moda. Erano belli, stavano bene, n corti n lunghi e sempre di una
maniera, con le pieghette. La gonna aveva le pieghe e stava
cos bene il vestito attillato che piaceva vederlo. Qualcuna
ha cominciato a non fare il costume (hanno cominciato a
poco a poco) perch era molto caro. Ritornava qualcuna
che era uscita e si era sposata a un carabiniere o una guardia di finanza, ed era vestita cos, perch aveva visto.

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E le prime donne che si truccavano chi erano? Erano le


pi ricche?
No. Erano sempre impiegate e insegnanti, questa gente. Qualcuna faceva in modo di non farlo vedere. Truccarsi le labbra, mai, questo no. Hanno cominciato a mettere un po di cipria, un po di rossetto nelle guance senza
dare tanto allocchio, ma si vedeva, e anche chi sembrava
ignorante lo conosceva subito, perch un giorno lo faceva, un giorno non lo faceva, e si vedeva. Era peggio.

Costa anche molto meno mettere un abito moderno che


farsi un costume.
Certo che il costume costa tuttoggi, ma gi costano
anche i vestiti, i cappotti e tutte quelle cose che si mettono.
Vorrei tornare a riparlare delle occasioni di incontro che
le donne avevano un tempo in casa o nel vicinato, al di fuori
dei momenti di festa. Per esempio, la notte che cosa facevate?
Delle volte di notte si filava, si tesseva, si pettinava il lino. A quei tempi cera il lino. Si facevano tante cose. Poi
nel tempo delle castagne si dovevano scegliere le castagne,
dopo che venivamo dalla campagna: le sceglievamo, le
mettevamo nellacqua a bagno e si levava quello che cera.
Cerano tante cose da fare dopo che si finiva, se si aveva voglia. Cera anche chi era molto stanco di lavorare tutta la
giornata in campagna e aveva poca voglia. In quaresima si
diceva prima di tutto il rosario, uniti uomini e donne, se
era una famiglia buona. Degli uomini cera anche chi se ne
andava un po in giro. Venivano spesso, si cercavano spesso
tra famiglie: se ne veniva uno, andava un altro: Beh, adesso questa notte sono venuto (o venuta) io, domani venite
voi. Si andava cos dalluno allaltro e si chiacchierava, si
diceva di tutto, si criticava anche. Tutto passava, ci passava
di bello e di brutto. E tante volte nasceva qualcosa di rancore. Parlando parlando si pu anche offendere, toccare il
tatto di una persona. Capitavano anche di queste cose: ci si
urtava un po, per non si restava nel rancore. Si raccontavano anche contus, storie, barzellette. Cerano delle grandi
barzellette che sembravano storie, e anche sporche in mezzo! Le raccontavano in casa, se cera unaltra persona per.
Invece ai figli era raro raccontare cose sporche: non si usava,
anche se non si era istruiti, si cercava di dare il buon esempio, pur parlando cos alla buona. Ma quando si bisticciava
non si restava nel buon esempio dei bambini: si bisticciava,
e si vedevano e si sentivano cose cos forti, cos volgari!

Cerano occasioni di uscire, quando non cera tanto


da fare. Di sera si sedevano nelle strade, tutte riunite con i
vicini. Sempre, da una strada allaltra, cera molta gente.
Si sedevano e storiavano e parlavano, anche male, e cantavano e si criticavano. Ecco, il divertimento in quel tempo
era criticare gli altri. Veramente s, ma non era cattivo come oggi che non si critica.
Perch oggi non c pi la critica?
Non c pi la critica perch siamo tutti, tutti, nella
stessa strada, si pu dire. Chi ci pu arrivare, chi no, ma
forse con le pensioni si sarebbe arrivati tutti. Non c la
critica perch (non so) forse allora era anche lignoranza,
ma forse anche non cera altro da fare, non cera altro da
sfogare, altro divertimento. Si andava a qualche festa vicina, ma quanto a andare ad altre feste, pi facile oggi per
una ragazza andare a Roma che non quel tempo andare a
Tiana, che il paese pi vicino. Si andava a piedi e bisognava essere accompagnate: a questo ci si pensava. Cera il
carnevale, cerano i balli. Chi ballava andava, chi non ballava non andava. Chi aveva fratelli e sorelle andavano insieme, chi non ne aveva non andava, ch veniva criticata.
La domenica cera il ballo in piazza?
Nel piazzale cerano i balli. Ma non sempre cerano:
nellavvento e in quaresima non cerano i balli.
Con le vicine cera la critica, ma anche vi aiutavate
Gli aiuti cerano pi di oggi. Io ho paragonato sar
esagerata molte volte con molti che si volevano pi bene prima da vicini che non oggi madre e figli. A me mi
sembra cos, almeno.

Allora per una donna che occasioni cerano di uscire di


casa fuori dal lavoro?

Ma come vi volevate bene: era un bene di affetto o era un


bene che magari non si esprimeva a parole, ma piuttosto aiutandosi in concreto?
Si parlava e si dava soddisfazione! Si bisticciava anche
molto! Le donne si bisticciavano tra di loro nelle strade.

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Si bisticciavano per cose da nulla, per i giochi dei bambini, se un bambino bastonava un altro, si bisticciava per
una gallina tante volte, per un gatto (tanto per dire), un
animale, una cosa che si poteva discutere diversamente.
Si bisticciava, per non si stava nel rancore: si era in pace
lo stesso. Oggi non si bisticcia e non c pace, non c
amore, non c unione, non c niente. Nessuno in pace oggi. Dicono: Io faccio la signora, non bisticcio, non
le dico niente, lascio perdere, non mi metto con quella!.
E che cosa, mettersi o non mettersi, se siamo tutti niente! A questo non ci pensano! Siamo tutti niente! Uno si
fa pi dellaltro, e alla fine che cos? Non lo sa nemmeno lui perch si fa. Io vorrei chiedere a una di queste persone che si credono molto: per quale motivo si credono?
Siamo fatti tutti della stessa materia, no?
Oggi nessuno bisticcia, nessuno si sente fiatare nelle
strade, ma nessuno in pace, nessuno. Io non so come ci
troviamo oggi: non c unione. Solo per fare un quadro:
Ognuno faccia il fatto suo ecco, non si parla daltro.
Ma se uno non si fa il fatto degli altri, non capace nemmeno di fare il suo! Prendiamo il fatto dellamministrazione comunale questo non solo fare il fatto loro: devono fare i fatti degli altri. Per riuscire bene la societ e
per riuscire bene la loro coscienza, devono fare il fatto degli altri! Invece noi oggi non si sente altro che dire: Non
mischiarti, fai il fatto tuo, fai il fatto tuo. Non sanno dire altro. Invece prima non si diceva questo. Si andava, si
trovava la gente, si bisticciava anche, ma insomma ci si
andava a cercare. Ci si intrometteva, se cera una discordia in mezzo. Delle volte capitava peggio, ma delle volte
(la pi parte) capitava bene. Ci si interessava: Ma che
cosa siete, che cosa avete avuto, ho visto non cos, e si
andava, certo si andava a trovarsi. Ci si aiutava, non si
abbandonava cos la gente. Oggi (mi sembra) non che
si aiutano. Oggi ci sono i ricoveri, ci sono gli enti diversi.
A quei tempi non che potevano fare molti aiuti, ma li facevano. Non abbandonavano un orfano: pativa lo stesso,

perch tutti eravamo poveri, per cercavamo di aiutarci in


quello che si poteva. Certo che non si facevano delle
grandi cose: se cera una famiglia e aveva dei parenti, orfani, li tenevano. Oggi saltano di pi la terra e non si pensano, non si salutano. Invece noi li avevamo a casa. Io lavoravo con mia mamma eravamo donne e gli davamo
il pane a questi, il pane e quello che occorreva, quello che
noi avevamo lavorato. Oggi dicono: E che cosa gli hai
fatto? niente. Le sembra nulla? Che cosa si poteva fare?
Delle cose grandi non si potevano fare, perch tutti eravamo dentro il piccolo, non eravamo grandi.

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Il vicinato era pi il luogo degli uomini o delle donne?


Delle donne di pi certo, ma anche degli uomini. Gli
uomini a quei tempi si incontravano lo stesso. Adesso si
parlano i ragazzi e le ragazze anche. A quei tempi si fermavano a parlare nella strada, in mezzo alla piazza, in
faccia a tutti per cera la critica. Chi poteva fermarsi, si
fermava apertamente; quelle che venivano criticate erano
quelle che andavano di notte di nascosto. Per gli uomini
andavano di pi alle bettole. La passeggiata non cera.
Andavano alle bettole, andavano alle case. Adesso si critica se vedono una persona andare due volte nelle case: io
non so. Invece a quei tempi si andava da una casa allaltra, uomini e uomini, donne e donne: insomma si faceva
cos. Pensi che si diceva il rosario nella quaresima in molte case. Andavano gli uomini come andavano le donne,
insieme, e ridevano anche dicendo il rosario, si facevano
anche degli scherzi. Lo dicevano in questo quartiere o in
quellaltro, e andavano da un posto allaltro, anche gli uomini. Stavo dicendo: la passeggiata non cera, n per gli
uomini n per le donne. Pi era nella strada che si fermavano, specialmente nel tempo delle elezioni, delle amministrazioni, ma poco se ne interessavano in quel tempo.
Io ricordo ancora prima del fascio che cerano le votazioni: non si interessavano le donne, no, per nulla. Dopo
che sono state le donne a votare, gli uomini hanno dato

la colpa alle donne, ma loro non sono mai riusciti quando votavano, loro da soli!
Gli uomini dicono che la politica non cosa da donne.
Che ne pensa?
Non tutti gli uomini parlano cos. Io so di uomini che
dicono che le donne hanno rovinato la politica, la situazione. Io a questo rispondo perch ho vissuto anche a
quel tempo, prima di essere fatte elettori le donne : perch voi altri non avete fatto un governo giusto? perch
non lavete saputo fare, non ci siete mai riusciti? Dicevano di votare Cocco Ortu, e dicevano e parlavano di Cocco Ortu e un altro (non mi ricordo) che veniva qui e diceva che faceva una strada ferroviaria non so dove. Gli
uomini si imbambinavano papale, e questo faceva tutto e
diceva: Non votate questa volta il Popolare, invece era
il Popolare che ne usciva in quei tempi, era la Democrazia doggi! Me lo sa dire lei da cosa dipendeva questo, se
prima non cerano le donne che rovinavano tutto?
E oggi le donne si interessano di pi di politica?
Si interessano e capiscono pi degli uomini: non mi
sbaglio in questo! Non sto vantandomi n che capisco io
n che ne capisco di pi, perch anchio non me ne intendo tanto, perch ci vuole una certa cultura per fare politica, se no diventa veramente sporca di natura la
politica, sporca veramente, perch si deve dire bugie per
attirare, si deve difendere anche il cattivo nella sua parte,
nel suo partito, e non giusto. una politica sporca. Se si
faceva giusta la politica, si andava sempre bene. Ma si
perdono gli uomini quanto le donne, pi delle donne.
E se la politica la facessero le donne farebbero diverso?
S, certo che si doveva fare diverso. Quello che importa sempre nella politica, sia nei comuni sia nelle province
sia nelle regioni, al comando o al governo, che bisogna
cercare di fare giusto. Ci sono gli uomini adatti, ci sono, e
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non li lasciano parlare, non li lasciano vedere, perch ci


sono quelli che non vedono il benessere del loro paese,
della loro nazione, ma vedono il loro comodo, difendono
le loro parti.
Le donne del rione si interessano di politica o non ne parlano?
Adesso non ne dicono. Prima si interessavano, alle prime elezioni era un dibattito continuo. C gente che ancora mezza urtata dal tempo delle prime elezioni. Ognuno difendeva il suo partito che era una cosa io mi
mettevo a ridere, perch sapevo da prima che le cose erano in un certo modo e poi la gente non si ricordava pi.
Siccome a casa cerano quattro uomini (tre zii e il nonno), venivano questi che facevano la politica, la propaganda: Guai a voi altri! Votate il tale, votate quello perch
il Popolare! Noi siamo poveri e dobbiamo votare il Popolare!. E poi ha promesso che faceva questo, che faceva
questaltro, e mi ricordo che non faceva niente. Io li guardavo: ero ragazza, non potevo parlare di queste cose perch mi bastonavano anche, ma io mi intromettevo tante
volte. Guarda questa ragazza, guarda questa bambina che
birichina; Fcchiri nasu!35 dicevano gli uomini anziani.
Stai zitta Maria mi diceva il mio nonno ma perch
non ti stai zitta?. Perch non posso stare zitta! questo
non va!. Non sapevo niente, non mi dire che io ne capivo, perch ero una bambina. Ma non mi sembrava che
quello parlava bene (dico di quello che non potevo mai
vedere da ragazza). Per non che capivo la politica. Lho
capita dopo, quando venuto il fascio e non si votava pi.
Io mi sono fatta grande, ho visto le ingiustizie, le cose: allora ho capito bene cosera la politica. Ho avuto una paura nera per i fascisti, anche se io non ne ho visti, io non
so perch. E dopo, alle prime elezioni ero gi aggiornata.
E poi questo molto amico di famiglia che veniva a casa era
35. Fcchiri nasu, ficcanaso.
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uno sfegatato comunista tanto sfegatato che lo portavano a nome 36 e parlava di queste cose. Non condannava
nessuno, andava in chiesa qualche volta, e molti molti ce
nerano di suoi amici che io conoscevo da che andavo a lavorare. Andavano a giocare a carte e prendevano di questi
discorsi. Cera anche una nipote della signora dove andavo io, e eravamo tutte daccordo, tutte unite, tutta una famiglia. Per questo dopo ho capito la politica come stava.
E dicevano le cose come stavano. Ma li hanno condannati, sono stati tutti denunziati, questi che erano la sinistra.
Del nostro rione lo dicevano che era rosso e che votava sempre a sinistra: ma non che era rosso, era che capivano un po! Altro che!
Erano rosse anche le donne?
Un pochettino tiravano. Per qualcuna diceva: Io
faccio quello che voglio!, rispondeva al marito: Faccio
quello che voglio e ascoltava i sacerdoti. A quel tempo
parlavano molto male: io mi sono bisticciata nellAzione
Cattolica! Vede come sono? Quando ci penso mi dico:
perch lavr fatto questo? Alle prime elezioni aveva vinto
il sindaco: in questo rione il sindaco aveva messo lo stemma, il marteddu, il martello, falce e martello, ma le donne
che non capivano dicevano su marteddu e basta, con questo marteddu non la finivano mai! Andiamo alla riunione
dellAzione Cattolica e cera la presidente. Suo marito
rosso, ma un po mandrone,37 non lavorava molto, ma era
buono il marito, era di grande importanza. Questa signora, quando siamo arrivate tutte quelle del mio rione, cominciava: Passate voi al martello? Passate voi al martello?. Io alla fine mi sono stancata, mi sono alzata e le ho
detto: Ascolti signora Lia, si dovrebbe vergognare di nominare il martello: ci ha un marito che non lo sa prendere, il martello, e gli fa bisogno! c tanta miseria per non
36. Portare a nome, mettere il soprannome.
37. Mandrone, pigro.
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sapere prendere il martello!. Pam! e sono uscita fuori! io


quando mi ricordo di questa frase! Eh, c passato tanto tempo senza ritornare mamma mia! Ma abbiamo
discusso anche col parroco, quando c stata la promozione di scuola, sempre questanno che sto dicendole. Ero
disposta di affrontare anche lui, perch un uomo forte
di carattere, che non vuol sentire. Eravamo parlando della
scuola, non era ancora finito lesame della maturit di
Pietro, eravamo con la sorella e la mamma di Pietro e la
sorella del parroco. Cosa state a dire? ha detto.
Stiamo parlando della promozione, perch Maria
preoccupata per Pietro.
Eh, adesso gi promuovono tutti! promuovono anche i banchi!.
E perch le ho detto e perch Silvana allora non
stata promossa?.
Perch adesso promuovono solo i comunisti, gli altri
li lasciano perdere.
E lei perch lha bocciato, a Pietro? Comunista era
Pietro? un bambino che non capiva niente, era sotto i
suoi piedi?. Ha chiuso la porta e se ne entrata dentro.
Era disposta a tutto e se nera entrata subito, perch ha
capito. Lo sa che se lo dico, lo dico e basta, anche se mi
danno degli schiaffi: li prendo, ma lo dico lo stesso.
Io questo non lo accetto, di parlare di partiti n in
chiesa n fuori. I comunisti non devono condannare i democratici, i democratici non devono fare un disprezzo cos ai comunisti, specialmente quando si tratta di una persona particolare. Invece (lo vede?) queste cose possono
inasprire. Io per me non faccio conto n da una parte n
dallaltra, sono come lorganetto, tiro ad ogni parte.
Con le vicine del rione capita ancora di parlare di politica?
Come le stavo dicendo, prima se ne parlava, non si
parlava daltro che di politica, i primi anni delle elezioni.
Ma adesso si sono stancate, hanno conosciuto cos la
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politica, e non se ne occupano. Vanno a fare il loro dovere e ascoltano di pi i mariti. Adesso le donne ascoltano
di pi. Prima non li ascoltavano, non tutte ascoltavano i
suggerimenti dei figli grandi che capivano qualcosa, dei
mariti. E chi se la prendeva, andava e, basta, faceva quello
che voleva. Adesso per la politica, la discutono di pi in
casa, familiare: ci sono dei figli studiati. Prima era unaltra cosa anche. Questo importante: ci sono i figli che
hanno vissuto tante cose a scuola, scioperi e questo e questaltro, e sentono i professori che sono di tante idee, molto diversi. Specialmente nellIndustriale sono tutti sinistri.
Sta avvicinandosi la fine del nostro colloquio e abbiamo
ancora molte cose di cui parlare per comprendere com cambiata la vita della donna. Volevo capire con lei cosa significhi la vecchiaia, e se oggi per la donna sia o non sia pi penosa che in passato.
Certo, la vecchiaia era brutta anche prima. I vecchi si
tenevano, si curavano, si andava a trovarli, cera pi amore, carit, affezionamento, perch cera la miseria, per
non cera mancanza di affetto. Oggi invece manca e vengono abbandonati per egoismo. Chi ha una casa bella,
troppo piccola e non ci sta la mamma, il babbo, un parente, una zia. Chi ci ha un lavoro interessante non pu
accudire, dice, e c sempre una scusa pronta e forte cos
come il ferro. Invece questa scusa forte prima non cera:
cera solo la miseria, si dava quello che si poteva, se non si
poteva fare pastasciutta si faceva la minestra.

Se molto lamore e laffetto cos tanto, la miseria non


ha molta forza.
Secondo lei pi pesante per una donna o per un uomo
essere soli e vecchi?
Per un uomo. Una donna una donna e tutti ci vanno perch ad andare sempre la donna. Per questo da un
uomo non si va facilmente. Invece una cosa sbagliata.
Perch la donna non ci va se luomo si tiene al suo posto?
Se non si tiene, se dimostra di essere maschio, allora deve
essere lasciato perdere, non vero? Ma se resta al suo posto proprio come un essere, come una creatura umana?
Perch? Cosa c? Non lo sappiamo cosha luomo e cosha la donna? Che centrano queste cose? Ritengono porcherie le cose essenziali, le cose naturali che noi abbiamo.
Perch ritenerle cos, dire: non ci vado perch un uomo?
Perch? Che cosa c? Questuomo non deve essere curato
come una donna? Se sta al suo posto, sto dicendo; se non
sta al suo posto, unaltra cosa.

Quindi era brutto per gli anziani anche in passato.


Anche in passato, s. Cera pi affetto di adesso, ma
cera la miseria, e la miseria porta discordia. Tante volte
vinceva lamore che ci doveva essere, ma ci vuole che ci
sia labbondanza. Come stavo dicendo per il matrimonio, ci vuole che ci sia questa simpatia che non finisca,
che ci sia una fonte di fantasia, di simpatia, cos lamore per tenere i poveri e per mandare via questa miseria.

E allora le donne si aiutano di pi tra loro?


S s, io penso di s. Oppure sar magari una scusa,
per ci vanno anche dagli uomini. Certo non cos tanto
come una donna da una donna. Certo, tutti sempre si dice
cos, che per una donna bello non sposarsi, per per luomo pi cattivo. Ma adesso non c pi problema da svolgere, anche perch ci sono i ricoveri. Per anche se si sta
bene nei ricoveri, nessuno lo accetta con piacere, chi viene
forzato di andare. Ma se no si sta bene in famiglia, anche
se si brontola e se qualche volta si bisticcia. Si sta molto
meglio in casa, perch si vede una persona conosciuta, una
volta si sente una parola ruvida e una volta si sente una parola amorevole, un incoraggiamento, un affetto. Non sempre siamo cos cattivi: le ore non sono uguali, i giorni non
sono uguali. Invece quando uno a ricovero, anche le persone, le cose affettuose non hanno quel valore che hanno.
Dicono (si sentito) anche che a uno carcerato a vita gli

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han chiesto: Che desideri adesso?. Desidero allora della


mia morte vedere una persona amica davanti. Non esprimono altro desiderio, e sono uomini questi!
Lei dice che prima gli anziani erano abbandonati perch cera pi miseria, mentre oggi si abbandonano perch c
meno amore. Per oggi tanti anziani rimangono soli perch
i figli hanno dovuto emigrare.
Se c un po di affetto secondo dove si trovano questi emigrati, perch hanno emigrato anche vicino, in continente, ma anche se sono emigrati fuori nazione se c
un po di affetto di entrambi, da una parte allaltra, si pu
anche andare. Certo il giovane non pu perdere il lavoro,
ma si possono portare i vecchi. C chi non vuole andare,
ma c anche chi vorrebbero andare e non stato invitato.
Ce ne sono tanti.
Daltra parte un vecchio come pu sentirsi di lasciare il
suo paese?
Il vecchio non solo non vuole perdere il suo paese,
ma neppure cambiare la sua casa. Se un figlio o una figlia
si sposano e vanno in un altro posto pi bello e pi comodo anche per lei, lei vorrebbe lo stesso stare nella sua
casa. Tanto per dire, io qui ci ho i pi cari ricordi. Se devo andare, lo faccio perch mi piace la gente, la compagnia, se mi invitano con amore, per accontentare un altro. Ma se no, mi piacerebbe la mia casa.
Allora pensi se dei figli le dicessero di venire in Germania: anche lei direbbe di no.
Direi di no, se non avessi altra gente. Ma se era un figlio o una figlia che non potevano lasciare il lavoro, che
non vivevano se non in questo posto, io piuttosto di andare con persone che non conosco, essere abbandonata,
andare a elemosinare, fare commissioni per un altro
per sentendo che mio figlio mi vuole bene io ci andrei
anche in Germania, no?
84

E lei ha sentito di tanti genitori che vorrebbero andare


a raggiungere i figli in Germania?
S s, tanti, tanti, tanti che sono stati al ricovero, anche se qua a Tonara non si mai registrato, per non tanto lontano s. Io ho avuto anche una zia qui, che ha tre figli, una in Corsica e la voleva in Corsica. La mamma, il
genero la rispettavano una cosa enorme le volevano
bene tutti, ma la figlia (si pu immaginare) le voleva tanto bene! Sono stati allevati poveri, hanno sofferto tanto,
eppure non c voluta stare, non c voluta stare. ritornata e io le ho voltato le spalle, ho fatto in tutte le maniere per vedere se si metteva unaltra volta colla figlia. Era
affezionata a me e anche era cugina di mia mamma. Dicevo: faccio cos a zia, per vedere se pu tornare indietro
col genero, perch se lui non lavesse portata, lei lavrebbe
ammazzato! Le dicevo scherzando: Se cerco i carabinieri, vi faccio arrestare!. Ebb, quando tornata in paese,
allora stata malata, labbiamo portata allospedale, poi
ritornata. Allora cera qui sua figlia. E io mi sono pensata
bene sar qualcuno che mi ha aiutato, la Madonna
di dirle: Ascoltate zia, siete madre di tre figli. Io vi voglio bene e vi vorrei tenere in casa mia. Per dovete avere
lonore di morire coi vostri figli e loro devono avere lonore di morire con voi. E cos stato. Lho mandata dal figlio grande (quello che si trovava in Sardegna) ed morta
dopo dieci giorni. Io sono stata contenta che morta cos
e penso che sia contenta anche lei dopo morta. un onore. Poi, se lo sanno apprezzare, lo apprezzino, se no, facciano come vogliono. Ma io lho sentita e veduta cos, e
cos la vedo ancora.
Oggi anche latteggiamento nei confronti della morte
molto cambiato. Per esempio i cimiteri mi sembrano molto
pi belli e pi accurati che non in passato.
Molto: una divergenza strana, molto. Il cimitero vecchio, ohi, era brutto e abbandonato, ci andavano gli asini
a pascolare, non sembrava un territorio dei nostri cari.
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Eppure dovevamo avere un caro ricordo dei morti. Anche


nei popoli pagani lo sento dire, anzi veramente non
che sono sicura, ma mi sembra di averlo letto per chiedere un favore o per uningiustizia, dicevano: Almeno
per lamore dei tuoi morti fammi questo piacere. Mi ricordo ancora e ho letto che il buon ladrone ha cominciato la sua vita disordinata dal fatto che non ha seppellito il
padre degnamente. Si trovava fuori (ho letto) di Gerusalemme: quando venuto ha trovato il padre morto e seppellito. Cera un grande ordine di avere il seppellimento
dei morti: noi non lavevamo, ma l ci tenevano tanto.
Lei dunque legge anche se ha fatto solo la seconda elementare. Legge, scrive ed anche molto informata.
So quelle cose che sono. La Famiglia Cristiana la
prendevo, mi piaceva anche perch cera di tutto. Non
lho per presa pi per questaffare, che manca la cosa.38
Non vorrei che mancasse a Pietro, lei lo conosce, figlio
di mia cugina e vive con me come se fosse mio figlio. Per
me non ci penso: sa, il lavoro di una donna Ma oggi
c la scuola, ho portato avanti Pietro cinque anni. Ha
avuto molte spese, non stato aiutato da nessuno, solo da
me, ma non basta. Lui ci ha tutto registrato: pi di cinque milioni, ha detto. A me non mi sembra, eppure c.
Anche lanno scorso son state centomila lire di libri.
Torniamo a quello di cui si stava parlando. Si diceva di
come cambiato il cimitero di Tonara. Com adesso?
troppo bello. Sembra che sia meglio di uno di citt,
solo che non hanno cominciato a fare i tiretti nel muro.
Ci sono le tombe, le grandi tombe che ingombrano tutto
Durante lanno i fiori sulle tombe chi li porta? Le donne?
Le donne: sorelle, mogli. S, questo s, sono le donne

che si vedono andare ai cimiteri. Gli uomini dicono che


non sono cose da uomini, non se ne occupano, ma forse
forse mi sembra che ora vogliono occuparsene, perch a
queste cose non sono contrari comerano prima.
Quindi si sta cambiando anche in questo?
S, s, troppo cambiando. Sentono proprio il dovere
dei morti. Il giorno dei Santi oggi al cimitero succede che
vanno marito e moglie, cominciando da quando sono fidanzati. Ci sono delle coppie enormi, la buona parte della giovent sposata. Per i vecchi unaltra cosa: degli uomini va chi ha voglia, e vanno le donne. Ma i giovani
vanno insieme: io li vedo insieme.
In casa ha fotografie dei suoi morti?
S qualcuna. La mamma. Della nonna non so come
sono andate perch le hanno fatte a Cagliari, ma non ne
ho trovate. Ce le ho anche appese. Ci ho la fotografia del
mio zio che morto in guerra: era il pi grande subito dopo mia madre, lo amavano tutti, tutti gli volevano bene, si
chiamava Antonio Sanna, era troppo buono, troppo bravo. C una sua fotografia grande, come militare. Poi ci ho
il quadro che nessuno ha tenuto dopo il fascio, lei lha visto? Ci sar anche in altri posti, ma pochissimi lhanno tenuto. Han tolto Mussolini. Ma che cosa me ne interessa
di togliere, di mettere? lui al suo posto, poveretto, come
tutti gli altri. Ha visto: dove andata a finire la sua cosa?
Queste fotografie dei morti di solito da chi sono curate?
Dalle donne o dagli uomini?
Ricordo che ci tengono anche gli uomini, le apprezzano. Anche se non si mettono a pulire, se non si mettono
magari a mettere in ordine, per apprezzano le fotografie
dei suoi. Ci tengono alle foto, ci tengono anche gli uomini.
E a metterle in ordine e a pulirle?
Eh, certo, questo alle donne.

38. Mancano i mezzi.


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87

E a pensare di incorniciarle?
Per questo ci sono anche gli uomini, ci mettono un
po di attenzione. Non che se ne interesseranno molto,
per mettono attenzione pi di prima. Prima tutto questo non cera, ma non cerano neanche le fotografie. Bisogna pensare che alla nonna a Cagliari volevano fare la foto, ma lei ha detto: Non mi avrete, e mi volete vedere?
ha detto cos ridendo, e cos la sua nuora ha preso le foto
e le ha buttate.
In passato, compito delle donne era anche (credo) tutta
la cura del morto. cos?
Se era una donna, si occupavano le donne, ma se era
un uomo si occupavano gli uomini: di andare a vestirlo,
andare a fargli compagnia. Se nella famiglia del morto
cera un uomo o un paio di uomini, andavano gli uomini
di notte a fargli compagnia, a tenere le cose. Per certo ad
aiutare a fare un po di pulizia, a mettere in ordine per
lora della morte (come dicevamo) andavano le donne.
C unaltra usanza per i morti, ma adesso lhanno portata
via. Se era morto un confratello della Madonna o di Santa Croce, per vestirlo e mettergli labito doveva andare un
confratello; lo stesso, quando moriva una o uno del Terzo
Ordine di San Francesco, doveva andare una terziaria o
un terziario a mettergli il cordone di San Francesco.
E a piangere il morto, a fare sattittu39 erano le donne?
S, s, le donne. Adesso non si fa pi.
Era bello o era brutto?
Eh, secondo. Se cera la pace e lunione era bello. Ma a
quei tempi tra chi andava ci poteva essere anche un po di
discordia. Come stavo dicendo, gli uomini pensavano di
lavorare e pi spessamente si ammalavano le madri di famiglia e ne moriva qualche giovane, cos, e forse era stata
39. Sattittu, il lamento funebre.
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anche perduta la simpatia delluomo. Allora la parte della


donna dicevano che lei era morta per colpa del marito, e
si tirava dritto lattittu. Mi ricordo che una volta morta
una: lei era di Toneri e lui era di Arrasol, e dicevano che
lui non la trattava bene (avevano una sola figlia) non so
se vero o no, perch lui si sposato di nuovo e andato
troppo daccordo con la moglie e ha avuto tanti figli.
Forse la prima moglie era malata. Allora la parte delluomo (non so se fosse una cognata) ha cantato: Gi
era beni trattada. E la parte della donna ha risposto:
Era beni trattada a pulenta e a rengada, a polenta e aringhe. Ha capito?40
E perch erano le donne a fare sattittu e non gli uomini?
Perch sempre per quellaffare che dicevamo si
crede un po forte luomo, unimportanza quella che ci
aveva, per cui doveva essere pi forte, pi come dire,
insomma, una cosa pi importante. Non si mettevano a
fare queste cose: Sono cose di donne dicevano. Magari
luomo piangeva, ma a fare lattittu no. C stato qualcuno
che ha cantato quando moriva la moglie, per non lo faceva in mezzo a tutta la gente. Sarebbe stato un Magari
scappava qualche parola quando la mettevano nella bara e
partiva da casa. Ma noi donne prima, ohi, si cantava, si
bisticciava cantando, si diceva (come le ho detto) un verso
luna allaltra, che non andava! Cera sempre la parte delluomo e la parte della donna. La parte che non era contenta diceva queste sgarbatezze e allora laltra parte si difendeva. Adesso non si fa pi, e anche in passato da noi si
faceva poco. Ma a Desulo cera da ridere! Poi quando andavamo in campagna queste storie di Desulo ce le raccontavamo; ohi, se ne facevano di battute! ma battute! Eh s!
40. Certo eri bene trattata cantano le parenti del marito, ma le parenti della moglie ribattono: A polenta e aringhe!. Il contrattitu (cos chiamato in alcune localit dellinterno della Sardegna) permetteva
lespressione di battute ironiche nei confronti del defunto o dei suoi
parenti.
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Cera da ridere davvero! Dicevano delle cose proprio cattive! Se ne dicevano di tutti i colori.
Lei cosa ne pensa? Una volta, se una persona moriva era
tutto il paese che se ne interessava: adesso mi sembra molto
cambiato.
S, questo cambiato, vero. Dipende anche dal fatto
che centra sempre un po di intelligenza in mezzo, mentre prima dipeso sempre dallignoranza. Tutte sapevamo
che si doveva morire, eppure si faceva di queste cose. Invece adesso anche se siamo cattivi, si pensa che naturale,
che deve venire la morte, che non colpa di questo o dellaltro. Si pensa, saffronta di pi la morte, pi serena, si
riceve con pi serenit.
Anche i giovani?
S s, anche i giovani, tutti. Cos stato, dicono. Invece prima (come sto dicendo) si diceva: malata,
morta per questo e questaltro, andata scalza, non aveva
scarpe, non aveva questo e questaltro. Questo non si dice pi. Adesso si vede che si muore anche senza malattia:
quanti incidenti questo quello che si vede , quante
morti vengono senza malattia e senza motivo, possiamo
dire. Quante di queste cose non ci sono nei treni, nelle
automobili, negli aeroplani? Mi sembra che queste cose
han formato la diversit della vita.
molto interessante quello che sta dicendo, perch segna
un grosso cambiamento di mentalit. Io ho ancora molta
paura della morte.
S, abbiamo paura tutti della morte tutti, per istinto
Io non accetto, rifiuto la morte di una persona cara.
una sofferenza terribile.
S s. La mia mamma. Immagini, vedere la mia mamma. La mia nonna, ricordo lultimo momento. Le volevo
tanto bene. Ma tutte le ricordo. La nonna di Pietro, sono
cinquantanni eppure come oggi. Mia mamma morta
90

ventanni fa (ventanni a dicembre, al 12 dicembre) di sera. una cosa che se non fosse una forza C una forza
superiore, mi sembra, e pi forte di noi, se no, non si resisteva allaffetto di perdere una persona cara. Ma dobbiamo riflettere davvero su di questo: che la morte naturale, che deve venire quando arriva lora. Non vero che ha
colpa nessuno. Diamo la colpa a qualcuno, ma non cos. Anche negli incidenti, vede, in guerra quanto pericolo cera in guerra! si son visti tre sottobraccio e morire
quello di mezzo, mentre i due di lato sono rimasti vivi.
Che cos questa forza di cui parla?
speranza, coraggio. Si vive sperando: una cosa
bella! Non avere speranza guai! La speranza, il coraggio
ci vuole, il coraggio che d la vita e la speranza. Se no, se
manca Tante persone io conosco che hanno delle cose
proprio gravi da sopportare, ma hanno un coraggio forte,
formidabile proprio, un coraggio che vincono tutto. E
porta anche fortuna, il coraggio! Io invece non sono coraggiosa tanto. Mi spavento troppo, perch sar anche il
male che ci ho, mi porta subito a non dormire e pi mi
perdo di coraggio, pi mi fa male, e quando non c forza, il coraggio si perde.
Vorrei avere io il suo coraggio!
Il coraggio ci vuole. Mi sembra dalla mia poca esperienza che il coraggio fa molto, ma che sia un coraggio
buono, non un coraggio malvagio. Si deve far coraggio:
Ma s, ho fatto male, lascia perdere, domani forse si accorger del male che ha fatto. Io mi faccio coraggio, lo
devo soffocare il male che mi ha fatto, eccetera eccetera.
Se non si d coraggio, o se si ha un coraggio cattivo o volgare, si dice: Mi ha fatto questo: ma io ho il coraggio di
ammazzarlo, di fargli questo e questaltro!. Il coraggio
come tutte le cose deve essere buono: un coraggio buono
e basta, che porta avanti tante difficolt.
Grazie, Maria, per tutto questo.
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DOPO LINTERVISTA

Leggere queste pagine senzessere accompagnati dal suono


della voce di Maria una grossa privazione. Dobbiamo immaginarcela seduta vicino al camino, su una di quelle seggioline basse che consentono di stare quasi accoccolati al suolo, in una piccola cucina le cui finestre aprono sui tetti del
rione e le montagne pi distanti.
Il rione fatto di piccole case basse e di stretti vicoli attraverso cui le automobili stentano a passare: per questi motivi rimasto quasi intatto, come quartiere vecchio del villaggio, non raggiunto dallormai dilagante impero della
nuova edilizia, ma anche inesorabilmente ridotto a piccola
riserva di pochi anziani. Il villaggio Tonara, paese del centro della Sardegna, un tempo patria di pastori, boscaioli e
ambulanti, ora anchesso profondamente toccato dalle inevitate trasformazioni di tanta parte delle zone interne montuose del nostro Mezzogiorno: crisi dei settori produttivi tradizionali, terziarizzazione di una parte della forza-lavoro,
un po di turismo, emigrazione, disoccupazione giovanile,
ecc. Ma Tonara un villaggio che ancora non si arrende,
forse per una certa capacit di autonomia dei suoi abitanti,
per generazioni abituati a gestirsi responsabilmente, le donne
rimaste sole a casa, gli uomini assenti per lunghi mesi, in
campagna con le greggi o in viaggio (magari anche con le loro mogli) a commerciare torroni e campanacci. Ha una tradizione di lotte politiche e sociali, ha risposto no al referendum per il divorzio, ha unamministrazione di sinistra.
Maria davanti al registratore e ci parla con voce solenne, che sembra venire da remote distanze. un discorso cadenzato, con una scelta molto accurata dei toni, che non
salgono quasi mai ai vertici dellacuto. I gesti sono pochi e
molto misurati; perfino lo sguardo, acutissimo e chiaro tra le
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palpebre alquanto arrossate dalla malattia, sta quasi fisso,


puntandomi dritto negli occhi.
questa una Maria diversa da quella che abitualmente
conosco: una persona vivace, svelta (nonostante la vecchiaia e
lartrosi) nella figura e nei movimenti, con un parlare sonoro
articolatissimo nei toni e vivacizzato da una gestualit sempre
controllata ma assai pi esplicita. Il suo cambiamento di registro ha retto per tutti i giorni dellintervista (per la precisione,
cinque) con una capacit di tenuta che andata sempre parallela alleccezionale rapidit nel rispondere alle mie domande,
anche quando comportavano repentini cambiamenti di argomento. Ci trovavamo evidentemente allunisono ed eravamo
preparate ad esserlo da una buona amicizia e dal ricordo di
molte serate passate assieme a discutere su grossi temi come la
trasformazione della donna, della famiglia, della vita del paese
e della societ in generale Quelli erano stati incontri in cui
il momento dialettico, del confronto, aveva prevalso: continuamente Maria, curiosa e rispettosa dei miei punti di vista anche
quando toccavo argomenti non condivisi come il mio rifiuto
della pratica religiosa e della credenza in Dio, mi sollecitava
con domande del tipo: Su queste cose io la penso cos. E lei?.
Il momento dellintervista avrebbe profondamente inciso
su questa vivacit dialettica. Maria sapeva che le sue parole
erano destinate ad essere trasmesse per radio, come voce-guida
di una serie di quindici trasmissioni per la Rai-Terza Rete
nella rubrica Noi, voi, loro, donna. Accett dunque di assumere un ruolo pubblico. E ebbe la straordinaria capacit di
trasformarsi in quel tipo di personaggio che, a suo avviso, meglio si addiceva a chi non dovesse parlare solo a titolo privato:
di qui il suo eloquio solenne (Maria si messa a pontificare,
dicevo tra me, molto divertita) e la rinuncia a una certa parte dellabituale curiosit rispetto allopinione dellinterlocutore. Aveva da esporre una sua testimonianza di vita e una sua
visione del mondo, e lo fece con la grande dignit di chi, stando sulla vetta di un monte dopo aver compiuto un lungo
cammino, ne ripercorre i sentieri seguendoli gi gi fino a
valle, al villaggio dorigine.

Mi domando ancora che cosa tutto questo abbia significato per lei, perch abbia accettato di passare attraverso
unesperienza cos nuova e diversa, peraltro sempre da lei condotta con tale misura e fiducia nel proprio intelletto da farla
persino astenere da quellatto di narcisismo o di controllo che
il riascoltarsi dopo la registrazione. Daltra parte, questa
grande sicurezza davanti al mezzo (indice certo di altri ordini di interne sicurezze) si accompagnava a non so quale forma di riserva o di prudenza, che, nel corso delle conversazioni informali a registratore spento, la portava a minimizzare
la portata dellinteresse di quanto poco prima aveva affermato pubblicamente. Questo atteggiamento sarebbe diventato
ancor pi evidente un paio di mesi dopo, il giorno in cui una
mia amica, venuta dalla citt a portarle i miei saluti e a
chiederle se le piacesse la trasmissione, si sent rispondere che
forse non si era mai neppure registrato, e che comunque le cose che aveva detto erano bazzecole di nessuna importanza.
Era presente a questi discorsi una cugina, credo la vera destinataria del messaggio. Cos ridimensionandosi, Maria sembrava mettere in atto il massimo del suo orgoglio rispetto a s
e rispetto al mondo, comportandosi secondo il suo motto preferito: N troppo molto, n troppo poco. O forse si difendeva anche dagli altri, di cui temeva invidie e maldicenze?
Maria sembrava operare una precisa distinzione tra due livelli del suo parlare: quello del parlare per un mondo, vasto
ma distante, anonimo e pertanto innocuo, e quello del parlare per un paese, fatto di persone concrete, rispetto alle cui possibili reazioni avrebbe dovuto misurarsi. Del prossimo immediato sembrava conoscere, in tutte le pieghe pi segrete, le
regole di un gioco, che peraltro sapeva pi forte della sua intelligenza e delle sue capacit di intervento. Non posso certo
affermare con sicurezza che le cose per lei siano andate proprio in questo modo, certo, questa possibilit di interpretazione del comportamento di Maria apre grandi spazi di fronte a
una questione di ordine pi generale, che concerne il rapporto,
niente affatto meccanico e conseguente, tra coscienza critica e
possibilit di un intervento pratico. Ma di questo problema,

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che proprio la forte esperienza dellintervista a Maria ha contribuito a rivelarmi in tutta la sua importanza, si parler
pi avanti. Ma Maria anche una donna forte, che non si
ritira di fronte alle sue opinioni. prudente, ma non pavida. Quando le scrissi chiedendole il consenso di pubblicare il
testo dellintervista, mi chiese qualche giorno per riflettere.
Poi, al telefono, mi rispose che s, acconsentiva, anche se non
senza problemi per quanto concernevano gli eventuali riferimenti alle persone di cui poteva avere parlato. E sintetizz la
complessa questione con queste testuali parole: Metto la mia
paura a fianco della sua intelligenza. Dovevo essere io a trovare, nel mio terreno specifico, una soluzione che comprendesse anche le questioni proprie del suo terreno specifico. Spero di essere stata sufficientemente prudente nellassicurarle che
avrei cambiato i pochi nomi che comparivano nellintervista.
Maria comunque concluse a questo modo il nostro colloquio:
Alla fine, succeda quel che succeda!.
Mi ero prefissata di fare a Maria unintervista strutturata, che si articolasse su una serie di punti concernenti le trasformazioni di ruolo e di valori della donna. Dietro le mie
domande stava, come ho gi accennato, il ricordo di tanti
colloqui informali tenuti con lei e una certa conoscenza dei
cambiamenti sociali ed economici della Sardegna. Stava anche lo schema teorico, entro cui cerco, in linea di massima, di
inquadrare origini e prospettive dei cambiamenti di ruolo
della donna rapportandoli a quelli del ruolo economico della
famiglia entro formazioni sociali differenziate. Seguire la fine del ruolo produttivo della donna allinterno della famiglia
patriarcale di autosussistenza significa di fatto interrogarsi
non solo sullo sfruttamento della donna, ma anche sul grande
peso economico e morale che essa aveva in seno alla famiglia
tradizionale e in alcuni precisi spazi sociali ad essa connessi.
Oggi che le fila della produzione e del consumo sono tenute
altrove nel senso che la famiglia consuma quello che lindustria produce le sollecitazioni allesplosione del nucleo familiare sono infinite ed hanno anche come conseguenza quellimpulso delle donne a fuggire di casa che anche Maria ci

segnala in modo cos perspicuo. Daltra parte, altrettante sono


le spinte che il sistema esercita sulla donna per racchiuderla
entro le pareti domestiche.
La casa come bene economico non produttivo diventa il
centro di appello a una propriet privata, che insieme necessit urgente e valore di sicurezza. (Prima pensavano tutto alla campagna, adesso non pensano niente alla campagna,
si pensa tutto alla casa). Ed entro queste pareti che si ristruttura la nuova coppia, portandovi le sue tensioni, i suoi
desideri di evasione La mia immagine della donna doggi
che sta dietro alle domande fatte a Maria quella di un
soggetto sociale nuovo, al centro di due spinte opposte, la prima che la sospinge fuori dalla casa e dalla famiglia, la seconda che la ributta dentro, mantenendone, pur entro forme
nuove, la antica subordinazione. Penso anche n sono la
sola a crederlo che prendersi carico fino in fondo delle nuove tendenze esplosive significhi per la donna porsi come fine
di liberazione lattacco alle strutture portanti del sistema.
Ma non vorrei dare eccessivo spazio a questo discorso, che
qui fatto anche in modo forse troppo approssimativo, dal
momento che il tema che mi interessa non tanto il cambiamento della donna, quanto lintervista a Maria.
Anche Maria ha una sua ipotesi teorica di riferimento.
Il suo sforzo costante quello di confrontare tra loro due modelli astratti, cos come faccio anchio per consapevole scelta
metodologica. Ha vissuto un cambiamento che, per quanto
rapido, ha comportato nel proprio interno una certa gradualit, ma non le interessa molto datare con estrema precisione
la fine di unusanza o lintroduzione di unaltra. Soprattutto
sa molto bene quali elementi siano attribuibili a un universo, quali ad un altro. A un oggi, un poi, viene contrapposto un ieri, un prima che non la mitizzazione di un
passato ne lappiattimento di un divenire, ma la ricomposizione di uno schema culturale, i cui elementi sono rispettivamente connessi da relazioni logiche (anche su questo punto
torna quello che dicevo prima a proposito di). Infine, si
interroga sulla bont di ciascun singolo elemento culturale,

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valutandolo in base a parametri di giudizio dotati di un


considerevole grado di autonomia rispetto al conformismo
della maggioranza.
vero che Maria ci pu sembrare ancora legata a una
serie di valori passati, in particolare nel giudicare le funzioni della famiglia e del matrimonio e soprattutto nel porre come valore centrale quella condanna delleccesso (n troppo
molto, n troppo poco), che non soltanto un giudizio
moralistico ma si ricollega direttamente a un orizzonte ideologico proprio di molte societ precapitalistiche, che giustificavano il mantenimento dello status quo e delle relative gerarchie sociali mascherandolo dietro laffermazione della
necessit di essere pari e la condanna di ogni pretesa di ascesa
sociale a titolo individuale. Daltra parte, se questi sono i limiti di un discorso per cui Maria pu apparirci come donna
allantica, altrettanto e senza alcun dubbio pi importanti sono le ragioni che fanno di lei una donna moderna, ben
orientata nel mondo che la circonda. Oggettivamente, anche
la sua vita mutata: se continua a tessere al telaio, a zappare lorto e andare con lasino in autunno a raccogliere nocciole nel bosco, ha pur in casa il fornello a gas, lacqua corrente,
la radio, la televisione, e capisce che cosa tutte queste novit
significhino per la vita della donna, sia come cambiamento
di pratica quotidiana sia come impulso per la creazione di
nuovi valori (i valori del consumo, ad esempio, ma anche il
valore dellinformazione). Ma Maria anche una donna
preparata ad affrontare consapevolmente il cambiamento in
virt di quella sua particolare dimensione personale che,
nella passata giovent, deve aver fatto di lei una donna in
anticipo sui tempi.
Non credo che essa riveda il suo passato in base a una sua
attuale assunzione di valori emancipazionistici, che potrebbero esserle giunti dallesterno. Indubbiamente lungimirante
devessere gi stata, mezzo secolo fa, la sua denuncia dellautoritarismo maschile, della devalorizzazione del lavoro della
donna, della dipendenza economica della donna dalluomo.
Per meglio dire: Maria ha inquadrato con molta lucidit e

coerenza una serie di critiche al potere maschile che in qualche modo circolavano nel segreto del mondo delle donne e che
da sempre sono state ancor pi consistenti ed esplicite in quella societ pastorale delle zone interne della Sardegna, che doveva di necessit concedere alla donna un ambito di autonomia economica e decisionale molto maggiore rispetto, ad
esempio, a quanto non fosse possibile in societ contadine, caratterizzate da differenti forme di divisione sociale del lavoro.
Ma le scelte di Maria sono state radicali e la sua ricerca di
autonomia di donna lha portata ad impostare la sua vita
reinventandosi il modello della nubile, che trova la propria
emancipazione attraverso il rifiuto del sesso e la valorizzazione dellimportanza delle qualit intellettuali. questo un
ruolo per cos dire gi predisposto socialmente, comunque
molto difficile da sostenere e che richiede da parte della donna molta forza e coerenza: quelle virt che Maria chiama col
nome di coraggio e di speranza. (E, detto per inciso, donne
emancipate in questo senso non appartengono solo alla storia
dei nostri ceti borghesi: possibile incontrarne anche nei villaggi ed hanno, come affini per ruolo, tutte quelle figure di
vedove che rifiutano le seconde nozze e si impegnano in incredibili attivit lavorative, che richiedono non solo fatiche
fisiche e stress psicologici, ma anche tante capacit inventive e
perfino imprenditoriali). Per tornare alla nostra Maria,
possibile che queste sue scelte di vita siano state in qualche
modo condizionate dal fatto di essere vissuta in un mondo di
donne, in cui il passaggio del maschio aveva significato solo
oltraggio e abbandono. Ma faremmo torto alla sua intelligenza e allintera sua persona se riducessimo a questo solo antecedente la storia della sua lunga e coerente lotta per mantenersi
fedele al suo modello di autonomia. Il mio rifiuto di una lettura esclusivamente psicoanalitica di un personaggio deriva
in effetti dal rifiuto di una visione aprioristica per cui molto
riduttivamente si riconduce a un unico impulso originario
quella che al contrario la continua storia di una vita che si
struttura in costante riferimento alla societ che la circonda
ed ai modelli di comportamento da essa elaborati.

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Per tornare dunque alle capacit intellettuali di Maria e


ai parametri di giudizio che essa impiega, penso che potremmo ben dire che essa proprio testimoniandolo e verificandolo nella sua prassi quotidiana ha espresso il massimo di
coscienza critica possibile nellambito dei condizionamenti,
sociali e culturali, propri del suo ambiente. Di qui, la modernit del suo giudizio e la capacit di adeguarsi ai tempi
senza subirli passivamente. Penso che anche questo sia un
grosso insegnamento, su cui val la pena di riflettere.
Credo anche che molto ancora ci sia da capire della nostra realt presente, delle sue contraddizioni ed anche delle
sue lotte se ci si confronta con un passato prossimo nel tempo,
ma che ci sembra remotissimo proprio perch lenorme processo di ristrutturazione capitalistica degli anni del miracolo economico ha utilizzato come arma culturale specie attraverso lo strumento dei mezzi di comunicazione di massa
la distruzione delle nostre memorie storiche. N il discorso
deve essere quello di un si stava meglio (o peggio) prima. Il
confronto tra passato e presente, cui continuamente Maria ci
sollecita, non esige risposte moralistiche, ma critiche. Ci sollecita ad esplorare attivamente il nostro oggi, non per subirlo
in modo passivo, ma per intervenire su di esso in modo consapevole. Molte volte il nuovo ci trova impreparati, e quindi
paradossalmente pronti ad accettarlo nel modo pi succube,
non perch siamo condizionati dal retaggio di un passato
oscurantista, ma perch siamo spinti da un conformismo sociale, antico ma anche recente, che ci fa accettare come necessaria e naturale la norma e anche il suo cambiamento quando anche esso torni a diventare nuova norma. Quante donne
ma non Maria! che hanno conosciuto gli anni di queste
dilaceranti trasformazioni, spesso vivendole anche come salto
di classe e di sede (da contadine a sottoproletarie inurbate)
conoscono i due mondi uno dei quali ha fatto parte della
loro esistenza e laltro tuttora realt in divenire e non ne
razionalizzano le relazioni di continuit discontinuit,
accettando entrambi per dati di fatto ovvi e scontati. Credo
che formarsi gli strumenti per una conoscenza delle ragioni

del cambiamento sia oggi pi che mai compito doveroso e sia


una delle strade da percorrere per la crescita di quella coscienza critica che, nella messa in causa dellattuale sistema
sociale e delle relative forme di oscurantismo, ne ritrova le
origini in ben precisi rapporti di potere. Possediamo oggi potenzialmente molti pi strumenti per interpretare la realt
sociale di quanto non ne possieda Maria, non fossaltro perch
traiamo le nostre informazioni da un universo di riferimenti
molto pi vasto del suo. Ma un plurale che si riferisce ancora a troppo poche persone. Dal canto suo Maria, con gli strumenti propri della sua cultura e anche creandosene altri nuovi, ha esercitato il massimo di critica possibile entro certe
condizioni. Facciamo noi lo stesso?
Quello della coscienza critica un problema che mi si
rivelato centrale mentre riflettevo durante lintervista a Maria ed anche mi emozionavo in essa. Ed stato proprio nel
corso di questa esperienza che mi sono resa conto di come, sul
piano del metodo della ricerca, ciascun obiettivo comporti il
ricorso ad approcci differenziati. Quello che Maria mi stava
dando non poteva essere ridotto a un s o un no di un
questionario e neppure relegato al ruolo, peraltro dignitoso,
di un colloquio informale facente parte di una pre-inchiesta.
Maria affermava una sua intellettualit che andava ovviamente rispettata, ma anche valorizzata. Ci porgeva un mondo e dovevamo essere in grado di comunicarlo ad altri. Non
credo neppure che sarei arrivata a questi risultati se mi fossi
fatta raccontare da lei soltanto la sua storia di vita. Inizialmente, avevo esplorato anche questa direzione (che vediamo
trascritta appunto nelle prime pagine dellintervista), ma avvertivo che cos si procedeva con un certo impaccio e senza
direzione precisa. Riserbo di Maria? possibile: dignit e
prudenza la portano anche ad evitare di parlare di questioni
strettamente personali, proprie o altrui. Ma anche possibile
che la vita di una donna che abbia fatto la pastorella, la serva, la torronaia, la contadina, come oggi farebbe la casalinga, sia stata priva di eventi, non solo perch oggettivamente compressa nella monotona routine del lavoro quotidiano,

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ma anche perch sia stata essa stessa privata di ogni possibilit di riconoscimento e di valorizzazione, per cui gli episodi
dellesistenza di una donna al di fuori del momento delle
nozze risultano insignificanti e indegni di essere raccontati.
Lintervista avrebbe invece permesso di raggiungere due obiettivi: avere indicazioni sulla realt oggettiva delle trasformazioni del ruolo della donna e soprattutto offrire unopportunit per il massimo dispiegamento della intelligenza critica
del nostro personaggio.
Veniamo ora a questioni pi specificamente proprie al
modo con cui si svolta lintervista e la sua trascrizione. Rispetto a Maria, le mie domande sono state poche e per lo pi
molto brevi. Molto raramente ho dovuto chiarire meglio il
mio concetto con qualche ridondanza che ho eliminato dal
testo trascritto. Qualche osservazione pi complessa devo invece riservare ai problemi di trascrizione del testo orale. Il
linguaggio di Maria come la sua voce: chiaro ed essenziale.
Maria parla litaliano con quella grande propriet che hanno molti sardi, per i quali lapprendimento di una lingua
straniera molto diversa, com la nostra, avviene al prezzo di
una quasi totale sostituzione dellun modello sullaltro, senza
quasi creazione di nuovi ibridi.
I sardismi che Maria usa non sono molto numerosi (troppo per molto, ne pleonastico, verbo essere pi gerundio,
ecc.). Ma luso estremamente proprio che essa fa di congiuntivi
e condizionali, di termini raffinati o astratti (intimit, valorizzare, ecc.) non dipende soltanto dalluso meccanico di un
calco estraneo: anche raffinatissimo uso di una lingua che
padroneggia perch possiede gli strumenti critici per accederne
alla cultura. Per quali mai vie Maria si sia procurata questi
strumenti poi il problema che pi ci affascina.
Per rendere leggibile lintervista, ho comunque dovuto
operare qualche intervento sul registrato. Il primo, pi esterno,
concerne lordine di montaggio degli argomenti, che non
esattamente quello del colloquio iniziale, in cui pur avendo
io chiaro a priori il complesso dei temi da affrontare si passava da un argomento a un altro con maggior casualit. Non

ho comunque operato tagli di sorta. Il secondo intervento concerne il linguaggio, e va pi in profondit. Le differenze tra
parola parlata e parola scritta sono non marginali e di vario
genere. Oralit e gestualit si completano a vicenda, formando un discorso che altro da quello della pagina scritta. Loralit inoltre fa spesso ricorso a strutture pi paratattiche che
sintattiche, dovendo le singole affermazioni susseguirsi man
mano che prosegue il pensiero del parlante. Consente infine
di iniziare frasi, che possono non essere portate a termine e soprattutto permette la sostituzione, mediante aggiunte successive, di termini o locuzioni che si ritengono pi o meno adatti.
Il carattere definitorio della pagina scritta esclude necessariamente questa fluidit. Di qui, tutti i problemi che comporta
un passaggio da testo orale a testo scritto, passaggio che finisce
collessere una vera e propria traduzione. Per mia parte, ho
tentato una traduzione dellintervista a Maria cercando di essere il pi discreta possibile, eliminando frasi monche ma poi
riprese con parole diverse o con altri giri di frase, raccordando
con congiunzioni, pronomi e verbi ausiliari frasi troppo paratatticamente disperse, rarissime volte intervenendo sui modi
verbali. Non ho mai invece aggiunto aggettivi, pronomi, sostantivi o verbi nuovi, a meno che non ripetessi, per rendere
il testo pi perspicuo, parole dette da Maria nelle righe precedenti. Mediante questi accorgimenti ho cercato di arrivare
alla traduzione di un discorso che assieme fosse leggibile e riuscisse in qualche modo a riprodurre non solo le parole, ma
anche i ritmi e le cadenze delle frasi del discorso di Maria.

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Sinora il fuoco caduto prevalentemente su Maria,


mentre la mia persona entrata solo in modo indiretto. Credo sia giunto il momento di capovolgere le prospettive e di
dichiarare che cosa lintervista a Maria abbia significato per
la sottoscritta.
Mi diceva un giorno unamica e collega: esiste un modo
specificamente femminile di fare ricerca. Quello che ci contraddistingue che noi nella ricerca ci mettiamo tutto, cervello e frattaglie. Intendeva dire una verit che credo non

trascurabile, se la si legge nel modo giusto, che non quello


per cui le donne sarebbero per natura pi emotive. Cervello
e frattaglie significa che ogni operazione di conoscenza e di
razionalizzazione il risultato finale di un processo di accostamento e/o di presa di distanza dalloggetto, che anche fatto di passione. Anzi, mi spiego meglio, perch non neppure
esattamente cos, dal momento che non credo nellesistenza di
una rigida dicotomia tra intelletto e passione. Nel processo conoscitivo, la razionalizzazione viene come momento-vertice
di un processo di riferimento (positivo o negativo) rispetto allaltro, processo che coinvolge lintera persona in tutte le sue
sfere e modalit del sentire e del dar forma a questo sentire.
Ed anche un processo di conoscenza che modifica il nostro
stile di vita, non tanto e solo sul piano delle nostre scelte intellettuali quanto su quello di un certo affinamento dellapproccio verso laltro anche sul piano della soggettivit.
Il discorso molto complesso e porterebbe in svariatissime
direzioni. Ne toccher solo una, che quella, pi razionalizzata, del rapporto ricercatore-ricercato, soggetto-oggetto, una
volta che sia stata messa in crisi quella rigida ed egemonica
posizione di un ricercatore che si arroga il diritto di fare domande e di un ricercato cui si accolla il dovere di rispondere,
e soltanto di rispondere.
Vorrei cercare di chiarire anzitutto a me stessa che cosa,
in questo caso, abbia per me significato lintervista a Maria.
C stato un periodo, appena tornata da Tonara, che non facevo che parlarne. Erano ormai in tanti a prendermi in giro
e a dirmi: ti sei innamorata. Ed vero. Quello che ho vissuto
stato anche un rapporto di innamoramento, magari a una
sola andata, ma reale e gioioso. So che anche altri ricercatori
hanno, qualche rara volta nella loro vita, vissuto simili incontri di intelligenza e di amore: ma di questo in genere non
si scrive, perch lo si ritiene irrilevante, non rappresentativo,
strettamente personale, non obiettivo e quindi non scientifico.
Credo invece che anche questo sia un problema da affrontare, non fossaltro che per dichiarare in modo esplicito il
metodo della propria ricerca. In questo senso, aveva ragione

De Martino quando affermava non solo che la ricerca metteva in causa noi stessi, ma anche che era necessario, proprio
ai fini di un corretto processo cognitivo, dichiarare apertamente il punto di vista teorico da cui si parte. Quanto a me,
aggiungerei anche che gli innamoramenti non sono fenomeni casuali, ma cadono in ben precisi momenti della nostra
vita, sovvertendo e, se le cose vanno bene, ricomponendo in
modo nuovo il complesso caleidoscopio delle nostre persone e
a loro volta caricandosi di tutta la storia dei nostri precedenti amori, delle nostre precedenti delusioni di noi stessi, di noi
stessi rispetto agli altri e rispetto al reale che ci circonda
E allora ripercorriamo un po questa storia.
La storia delle mie precedenti ricerche , proprio sotto
questo riguardo, sintomatica del progredire di una crisi di
rapporto: rapporto ricercatore-ricercato, rapporto tra produttore e fruitore della ricerca. una crisi che si fatta sempre
pi acuta quanto pi si venuto tetramente afflosciando
quel momento di intensa creativit culturale collettiva che
ha avuto il suo vertice tra la fine degli anni 60 e il primo
inizio dei 70. Ricercai sulle feste lunghe e sul malocchio in
anni in cui in fondo aderivo ancora in parte a un certo meridionalismo, anche se cercavo di aggiornarlo tenendo conto
di come determinati complessi ideologico-pratici operanti a
livello sovrastrutturale (feste, malocchio ecc.) fossero stati parzialmente distrutti ma anche parzialmente riutilizzati con
segno nuovo da parte dellattuale sistema economico-sociale.
Utilizzai per queste ricerche varie metodologie: losservazione partecipante, lintervista libera, il questionario. Ma
gi cominciavano a mettersi in questione molte e diverse cose. Sul piano pi propriamente metodologico, le critiche in
sostanza erano due: Il questionario puntava sullevidenziazione di situazioni tradizionali; parallelamente, il rapporto
di cordialit che legava intervistatore ed intervistato finiva
inevitabilmente per inserirsi entro uno di tipo clientelare,
che confermasse ciascuno nel proprio ruolo gerarchico (Il
consumo del sacro - Feste lunghe di Sardegna, Bari 1971,
p. 246).

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Sul piano teorico, cominciavo a interrogarmi sullutilit


della ricerca. Mi infilai nel classico dilemma del cui prodest? Serviva ai contadini e ai pastori? O serviva nel migliore dei casi per una qualche presa di coscienza di un ceto-medio colto? A che serve la teoria o la verifica sul campo
quando non si accompagni a una azione pratica e collettiva?
Quali forme di intervento pratico poteva mai suscitare uno
studio sulle feste o sul malocchio? Tematiche che tutti conosciamo. Ma rispetto alle quali non riuscivo a trovare forme
di risposta.
Daltra parte, fare ricerca in modo diverso inventare
una ricerca diversa diventava tanto pi difficile, nella misura in cui, col passare degli anni, quello che ora convenzionalmente e con un po di nostalgia chiamiamo il movimento riduceva i propri spazi, la nuova sinistra entrava in crisi,
luniversit agonizzava nellindifferenza, si faceva sempre
pi problematico il rapporto intellettuali-masse.
Per quanto mi riguarda, la crisi mi ha coinvolto su una
serie di questioni, che han finito per portarmi in una strada
senza uscita e ridurmi quasi allafasia. I blocchi che non riuscivo a superare sono in sostanza questi:
1. Il senso culturale del ricercare sul campo residui
(eventualmente rifunzionalizzati) di una cultura folclorica.
Non certo pi un senso di denuncia, culturale e politica,
come poteva ancora esserlo ai tempi di De Martino.
2. Lavvertimento dellesistenza in atto di un grossissimo
cambiamento culturale, prodotto dalle mutate condizioni di
classe e strettamente connesso allelaborazione di nuovi messaggi diffusi soprattutto dai mezzi di comunicazione di massa.
3. Lavvertimento, in ogni caso, di una distanza culturale
tra ricercatore e ricercato, che va a tutto vantaggio del primo.
4. La messa in crisi di una pratica teorica dissociata da
una qualsiasi forma di rapporto con la trasformazione della
realt oggettiva.
Quali i tentativi di risposta? Svariati e pi o meno efficaci, forse pi spesso dettati da rifiuti che da nuove capacit
propositive.

Rifiuto della ricerca folclorica. Non credevo (e non credo tuttora) che il folclore sia cultura di contestazione, ma
neppure che faccia parte di un presente da tematizzare. Paradossalmente, anche se so che le cose sono molto pi complesse, potrei affermare che, specie dopo il boom economico e
la divulgazione della ideologia dei consumi, del nostro passato culturale si piuttosto teso a far tabula rasa. In questa
situazione, mi sembrava che la ricerca folclorica avrebbe potuto trovare la propria legittimit solo in quanto ricerca storica, pertinente ormai al passato (per quanto un passato relativamente prossimo, che poteva essere studiato mediante
lutilizzazione di fonti orali). A suo tempo, avevo archiviato
i greci e i latini, seppellendoli con un trionfale atto di rilettura delle loro tecniche di potere ideologico. Avevo allora
cercato un impegno pi attuale, inseguivo quello che forse
era il mito sessantottesco di unattualit impegnata. La storia passata non mi bastava. Lo studio del folclore, per cos
dire, storico continuava a interessarmi, facevo ancora ricerche in questa direzione, ma con molta inquietudine e insoddisfazione. Non avevo ancora capito o piuttosto non
avevo ancora dato il giusto valore a cose che gi sapevo
limportanza del recupero delle memorie, azione importante
non solo quando ci colleghi a una tradizione di lotte, ma
anche quando ci faccia riflettere sulle condizioni di vita del
passato per confrontarle con quelle doggi. Lintervista a
Maria ha per me contribuito a far precipitare in senso positivo questo amalgama di intuizioni, che erano rimaste sparse e marginali. Tornava a riproporsi nella sua centralit teorica quel modo di intendere la ricerca etnologica come
scienza del confronto cui gi si riferiva Ernesto De Martino e che per me, entro lo specifico della ricerca folclorica,
avrebbe avuto pi o meno il significato cui ho brevemente
accennato allinizio di queste pagine.
Crisi anche di referente. Tornava, sempre pi acuta, la
necessit di trovare una corrispondenza pi reale, di individuare un ambito di identit di bisogni condivisi da ricercatore e ricercato.

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Della mia recente storia intellettuale fa parte anche un


tentativo di virata di bordo, in questo senso. Mi imbarcai in
una ricerca che avesse un oggetto di attualit e partisse dallindividuazione di bisogni culturali espressi da soggetti sociali in qualche modo organizzati e consapevoli. In particolare, diressi unquipe di lavoro che studi storia, dinamiche
sociali e contenuti culturali di tutti quei gruppi a base giovanile che, nella provincia di Cagliari, si fossero organizzati
attorno a una proposta culturale a lungo termine. Sta ad altri giudicare la validit di questa ricerca che, per non essere
dilettantistica, ha richiesto la formazione di competenze in
un campo che per me era assolutamente nuovo. Piuttosto, mi
interessa qui discutere i risultati proprio in merito alla questione della sperimentazione di un rapporto ricercatore-ricercato che andasse nella auspicata direzione di un reciproco
confronto e di una reciproca collaborazione. Devo riconoscere
che verificammo nel concreto lestrema difficolt di condurre
quella che avevamo auspicato fosse una ricerca militante.
Ricercatore e ricercato non crebbero assieme. Anche questo
problema andrebbe esaminato in tutta la sua complessit:
diversit di orientamenti ideologici e culturali, ma anche diversit di tempi di maturazione tra chi fa teoria e chi opera nella prassi, rifiuto, da parte di molti, di teorizzare la
propria condizione in un momento di grossa stanca del movimento, ecc. ecc. Insomma: la proposta veniva dal ricercatore e non dal ricercato. Incapacit nostra di ascolto? Rifiuto
di un impegno attivo? anche possibile. Ma dopo questo
scacco che cominciai per la prima volta a interrogarmi sul
serio e cominciai ad avere qualche dubbio sul fatto che lunico modo democratico di far ricerca sia quello che parte
dallinterno di un movimento. Forse la ricerca avrebbe potuto collegarsi al movimento secondo modi pi mediati: ma
quali? Erano queste le esigenze che andavano maturando,
forse ancora pi come domande che come certezze di risposta.
Rimaneva in ogni caso, quasi come una ferita aperta, lesigenza di raccordarmi allaltro in un rapporto che non fosse
unidirezionale e in cui anchesso ritrovasse un suo ruolo.

nella non tranquilla parabola di questo processo culturale che si inserita, in modo del tutto inatteso, la strana
gioia dellintervista a Maria. Per la prima volta sperimentavo una situazione alla pari: alla pari nel senso che, nonostante le ovvie e innegabili differenze di censo e di ceto, ci
misuravamo entrambe nellambito dello stesso ruolo pubblico, quello di due donne che, mediante un mezzo di comunicazione di massa, comunicavano ad altre donne i risultati
delle loro esperienze.
So bene che in questo particolare tipo di lavoro culturale
non si esaurisce tutto quel far ricerca antropologica, alla
quale continuo a chiedere tanto lelaborazione di modelli
teorici quanto linvenzione di nuove forme di rapporto tra
ricercatore e oggetto della ricerca. Ma so anche che lavere per
la prima volta provato che cosa intimamente significhi anche in termini di sospensione di quel tipico disagio che ha
provato ciascuno di noi quando si trova a far domande su
un oggetto che interessa allantropologo e non allintervistato,
che in quel momento ha altri interessi, altri bisogni il poter mandare avanti assieme allaltro, sia pure per breve tempo, unoperazione conoscitiva.
Una volta data questa evidenza, mi sono detta che sarebbe stato anche bene capire un po pi da vicino quello che
poteva significare per me. Da questo incontro non avrei certo
potuto trarre il modello di un nuovo tipo di ricerca, ma almeno avrei potuto fare il punto di quei primi passi che stavo
intraprendendo verso direzioni che potevo almeno sperare come personalmente meno frustranti e soprattutto culturalmente pi dignitose per tutti.
Anzitutto, mi sono chiesta se Maria non abbia potuto essere stata valorizzata in quanto personaggio anche come conseguenza di quel ritorno al privato, che si dice caratterizzi la
temperie culturale di questi ultimi anni. Non escludo che
questo fatto abbia contribuito a farmi riscoprire e rivalutare,
in questa occasione concreta, limportanza che anche la soggettivit individuale riveste allinterno di un fare sociale della cultura, che in passato avevo involontariamente finito per

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considerare pi creato che creante, pi dato di fatto che proposta.


Ma lindividuo semmai soggettivit indichi individuo,
il che sarebbe anche da discutere pu avere pi o meno significato, e la qualit di questo significato la si misura in
rapporto a quello che chiamerei il suo alone sociale, la sua
comunicabilit. Pu trattarsi di significativit statistica,
quando ci troviamo di fronte a uno come tanti, nel bene o
nel male. Pu trattarsi di significativit problematica, quando una persona, per le sue particolarissime vicende di vita e
la capacit di riflessione che su di essa esercita, diventi quasi
il portavoce di tutti coloro che, per ragioni storiche e di classe,
non siano altrettanto in grado di esprimere la propria soggettivit. In virt della sua grande intelligenza, Maria mi sembra appunto da collocare entro la non numerosa cerchia di
questo secondo tipo di persone. Riflettere sul significato del
nostro incontro ha voluto dire anche per me pormi degli interrogativi circa la dimensione, anche sociale, di ciascuna individualit, ma soprattutto chiedermi per chi la soggettivit
di Maria fosse significativa e problematica e scoprire che lo
era per me e forse per poche altre persone. Il che poneva il
grosso problema del rapporto tra coscienza critica e capacit
di intervento, (su cui mi riservo di riflettere pi avanti).
Restava il fatto che lincontro con Maria mi sembrato
subito, fin dallinizio qualitativamente diverso rispetto ai
miei precedenti modi di far ricerca, anche quando avevo incontrato altre donne, come era cos spesso avvenuto durante
lo studio delle feste, del malocchio ecc. Cera solo la prorompente individualit di Maria a costituire lelemento nuovo?
O cera qualcosa di cambiato anche in me, nel mio modo di
fare ricerca? Ed ecco allora la necessit di confrontare esperienze vecchie e nuove, per capire qualit e origine di una
molla che era scattata, mi pareva, in senso positivo, non certo
per risolvere tutti gli interrogativi che mi ero posti in questi
anni che forse richiedono ormai risposte collettive e non
pi individuali ma almeno per poter fare un piccolo passo
in avanti.

Qualche differenza tra vecchio e nuovo modo di fare ricerca cera, non fossaltro perch erano cambiate alcune cose
nel mio atteggiamento di fondo, a suo tempo inavvertitamente segnato da limiti e pregiudiziali. Al di l delle mie buone
intenzioni democratiche, dovevo riconoscere che del mio passato intellettuale aveva fatto parte anche un certo numero di
riserve rispetto ai miei oggetti di ricerca, riserve che avevano
finito per influire sulla qualit stessa e la scelta dei temi. Scoprivo di essere stata condizionata, molto pi di quanto non
avessi creduto, dalla mia cultura di appartenenza, nello specifico dalla cultura di una persona medio-borghese.
Che cosa aveva significato per me a suo tempo, losservazione partecipante? Avevo abitato nei paesi, mangiato con le
persone, simpatizzato con loro, giocato con loro. Per avevo
anche ad ogni momento compiuto quella tipica operazione
classica ormai in tutte le teorizzazioni antropologiche del
ritorno alla mia cultura. Ero continuamente una giudicante,
giudicante in base ai suoi parametri. Con questo, non intendo propormi ora su posizioni di una mistica identificazione
negli altri, che finisce per comportare la rinuncia al proprio
giudizio e alla costante verifica dei propri strumenti di conoscenza della realt. Per devo riconoscere anche che, arrogando solo a me il diritto alla critica, implicitamente finivo per
affermare che tutto il torto stava dalla parte degli altri e tutte le ragioni dalla mia. Mi spiego. Sapevo molto bene che,
ad esempio, le donne che credevano nel malocchio non avevano tutti i torti, ma pensavano ed agivano in base a delle
ragioni sociali e culturali che si esprimevano attraverso quel
linguaggio. Per, in ultima analisi, chi aveva diritto e dovere
di giudicare di quel linguaggio ero soltanto io, mentre non
mi sfiorava neppure il sospetto che anche gli altri potessero
avere qualcosa da dire sul mio conto. Non mi accorgevo cos
di rifiutare unesperienza preziosissima: quella di essere veduti e giudicati noi stessi, in una dinamica di confronto.
Questo confronto possibile solo se ci poniamo in una
posizione di ascolto dellaltro, dei suoi bisogni e delle domande che egli in modo esplicito ma anche implicito ci pone.

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Rispetto alle mie esperienze passate, ora, nellintervista a


Maria, la mia voce non soffocava pi quella del cosiddetto
informatore. Pure questo un aspetto da chiarire meglio,
anche per non cadere in quella rinnovata forma di populismo che contraddistingue oggi una certa parte di studi di storia orale. Il ruolo di Maria era quello di unintellettuale che
parla in pubblico. E rispetto ai contenuti del suo discorso mi
potevo lecitamente misurare.
Devo ammettere che, nel corso di questi anni, ho saputo
fare qualche passo in avanti (non certo solo per virt mia)
nellarte di quel ti scopro, malandrino, che ci fa annusare
e scoprire la presenza di una serie di pregiudizi di classe e di
sesso allinterno dei parametri del giudizio che applichiamo
al nostro gruppo di appartenenza. Anche su questo punto,
lincontro con Maria ha dunque funzionato da stimolo definitivo, come una luce improvvisa che illuminasse cose che gi
stavano l vicino e non vedevo. E penso anche che al di l
di tutte le differenze culturali che innegabilmente esistono
tra me e lei qualcosa del genere sia avvenuto anche per
Maria, se vero che il suo problema teorico-esistenziale centrale quello di andare al di l dellanalisi per capire se sia
migliore il mondo di oggi o quello di ieri.
Ed stato proprio il riscontrare in un altro individuo,
molto lontano da me come storia e mondo culturale di provenienza, la presenza di un notevolissimo grado di capacit
intellettuali a farmi capire limportanza che, nella nostra
stessa ricerca, dobbiamo dare alla coscienza critica altrui.
Si potr obiettare che questo lavoro stato possibile solo
in una situazione eccezionale: ed vero. Ma anche vero che
nessuno, neppure il pi conformista, ne pu essere escluso del
tutto. Credo di aver sottovalutato questo aspetto nelle mie
passate ricerche, e se propongo qui il problema perch lo intuisco in qualche modo peraltro per me ancora non sufficientemente chiaro collegato a un modo pi avanzato di
far ricerca. A questo punto, so almeno questo: che non c nessuno che non abbia nulla da dirci, una volta che riusciamo
a capire il suo settore (magari piccolissimo) di competenze.

Si tratta cio di individuare in quale settore della propria vita ciascuna persona sia maggiormente in grado di esercitare
le proprie capacit critiche. Magari star dentro fino al collo
in unesperienza che la consuma, di cui comprende le dinamiche interne e non le ragioni pi vere e distanti. Ma quante
cose ha da dirci, e le possiamo dire, se noi rimaniamo entro il
suo terreno noto e praticato. Penso, per fare un esempio tra
tantissimi, allalta competenza del proprio universo che pu
dispiegare una donna quando ci parla del suo rapporto con
gli oggetti di casa, rapporto tanto spesso cos lucidamente colto
nella sua complessa valenza di creativit, dipendenza, lavoro.
Di questa intelligenza segreta segreta perch devalorizzata
dalla cultura ufficiale, che tende a negarla ancora troppo
poco venuto alla luce. Di fatto, molto difficile assegnarle
una giusta collocazione senza n mitizzarla n ignorarla. Mi
sembra che entrambe le tendenze siano presenti oggi nella nostra cultura. Mi riferisco da un lato a un certo filone di studio e di intervento che privilegia la messa in luce, di una
soggettivit antagonista che si dispiegherebbe soprattutto a
livello di ceti subalterni ed entro le forme delloralit: con il
rischio appunto di attribuzione di facolt carismatiche a
gruppi, ceti o classi per i quali non pu certo essere sufficiente
la subalternit come fonte di antagonismo correttamente indirizzato. Dallaltro lato penso al movimento femminista,
che ha individuato limportanza di una ricostruzione storica
del ruolo delle donne, ma che ancora compie questa lettura
sottolineandone pi gli aspetti di sfruttamento o quelli di
una creativit culturalmente emergente che non, ad esempio,
la segreta intelligenza che si richiede nella vita quotidiana
anche della pi integrata casalinga.
Va anche detto che intelligenza, coscienza critica, sono
elementi fortemente creativi. Anche su questo punto bisogner cominciare a fare qualche riflessione.
La ricerca antropologica ha a lungo privilegiato lo studio
delle strutture sociali e delle istituzioni culturali. Il cambiamento stato visto prevalentemente come una risposta a una
dinamica conflittuale, ma resta un punto oscuro perch si

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tratti proprio di quella risposta e non di altre. Manchiamo


insomma di una teoria sociale sufficientemente valida a illuminarci sulle ragioni per cui individui o classi rispondano
attivamente, mediante un rapportarsi, assieme pratico e conoscitivo, alla regola. Non si tratta solo di esplorare il rapporto tra vecchia norma, devianza e nuova norma, dandone
la sequenza quasi come dato di fatto. Quello che ci manca
il possesso di strumenti teorici per la comprensione di un processo creativo, che assieme di risposta e di proposta. Mentre
parlavo con Maria, ad esempio, mi accorgevo che tra noi due
e in piccolissima scala si stava realizzando un processo creativo, nel senso che il nostro dialogo era un reciproco suscitarsi
di immagini e di idee. Piccola creazione di pratica intellettuale e non di pratica materiale, non mi ha certo fornito risposte su come gli uomini riescano a cambiare il loro mondo,
ma ha cominciato a pormi degli interrogativi in direzioni
per me sinora inesplorate.
Ma, a questo punto, si apre un ordine di questioni che
mi sembra altrettanto se non pi importante: ed il problema del rapporto tra coscienza critica e prassi sociale o, in altri termini, quello del rapporto tra classe in s e classe per s.
Questioni grosse, come si vede, e rispetto alle quali penso di
non essere totalmente preparata. Mi ci prover lo stesso, muovendomi entro il linguaggio ed i limiti della mia propria coscienza critica.
Per coscienza critica intendo la capacit di messa alla
prova delle proprie griglie rispetto alla realt, prova che pu
essere positiva o negativa ed eventualmente (ma non sempre)
portare come conseguenza alla trasformazione della griglia
stessa. Sappiamo che le griglie ideologiche sono fabbricate
dalle classi o dai gruppi dominanti, spesso come risposta finalizzata al contenimento dei bisogni dei gruppi sociali subalterni, delle contraddizioni di classe, ecc. Un esempio di
griglia ideologica laffermazione che solo il lavoro delluomo ha valore economico e dignit sociale, mentre quello della donna non esiste come tale. Maria e quante altre donne
come lei! mette questa affermazione alla prova della sua

realt quotidiana. E la verifica come falsa. Esercita dunque


una critica allideologico che non certo in grado di intaccarne lintero sistema, dal momento che in grado di operare
solo allinterno di alcune e limitate possibilit di verifica.
Ma, entro il campo delle sue specifiche competenze, distingue
vero da falso e, rispetto ai valori dominanti, in grado di
contrapporre unaffermazione che si basa su un oggettivo dato di fatto: il lavoro della donna almeno pesante quanto
quello delluomo, luomo che non lo vuole valorizzare.
Va anche tenuto conto che lesercizio di questo confronto
critico diventa di tanto pi efficace quanto pi volte viene ripetuto, e si traduce quindi in atteggiamento, il che implica
cumulo di esperienze ed esercizio di memoria. Fin da bambina, ad esempio, Maria esercitava un particolare tipo di critica: osservava, memorizzava, confrontava con la realt i discorsi degli altri per verificarne, poi, nel tempo, lattendibilit.
Per concludere su questo punto, lesempio di Maria
punta avanzata di unintellettualit peraltro presente sia pure in misura diversa anche tra tanti altri, uomini e donne
della sua medesima condizione sta proprio a indicarci il
rilievo che la coscienza critica pu avere, allinterno di quei
ceti che Gramsci chiamava marginali e subalterni. Dimensione filosofica presente in ciascun individuo, a livello
collettivo ne plasma il senso comune non tanto (come sembra voglia dire Gramsci) perch il senso comune conterrebbe,
casualmente sparsi in amalgama informe, anche la pietra
preziosa di qualche elemento progressista, ma soprattutto
perch dietro di esso pu celarsi, in misura pi o meno incisiva, la presenza di una disponibilit: latteggiamento critico, appunto.
Resta ancora aperto il grosso problema del rapporto tra
coscienza critica e classe sociale.
Anzitutto mi chiedo se coscienza critica e coscienza di
classe siano la stessa cosa, perch, se cos fosse, dovrei concluderne che non esiste mai una classe in s che non comporti,
nella propria definizione, anche la presenza di pi o meno
elaborate dimensioni di classe per s.

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Resta comunque aperta la domanda pi capitale, che


concerne lorigine e le prospettive di questa coscienza.
Quanto allorigine, le risposte possono essere svariate, ma
nel complesso mi sembra di poter osservare che queste capacit siano soprattutto connesse alla pratica del lavoro, in
quanto lavoro responsabile, anche se lambito delle decisioni
e dei valori molto spesso costretto entro limiti individuali o
familiari. La necessit variamente connotata, ma in egual
modo cogente sia per luomo che per la donna di decidere
del futuro proprio e della famiglia richiede sempre delle risposte attive e meditate. Pu forse portare (ma anche questo
andrebbe verificato) a conseguenze totalmente alienanti,
qualora il livello decisionale debba operare soltanto in funzione del mantenimento del minimo delle possibilit esistenziali, ma, per poco che si esca dalla lotta per la sopravvivenza, si affaccia la necessit di un continuo e consapevole
rapporto col reale. Come spiegarsi altrimenti, per fare un solo
esempio, la notevole capacit di moltissime donne, di descrivere la loro condizione, che conoscono piega per piega?
Una volta per esercitata questa forma, per cos dire, di
autocoscienza critica, non resta n a Maria n a molte donne
o uomini come lei spazio sociale per esprimerla. Ed eccoci allaltra faccia del problema: quello delle destinazioni, degli usi
pratici dei prodotti della propria coscienza. Molti uomini
hanno sempre saputo di essere dominati da tiranni, ma per
concludere desolatamente che le cose sono sempre andate cos.
Molte donne hanno sempre saputo di essere schiave, ma
lhanno detto sottovoce tra di loro. Che cosa manca a Maria
per diventare leader di un movimento femminista? Non
certo il fatto di credere dannosi divorzio o aborto: con la sua
intelligenza sarebbe abbastanza in grado, se si discutesse a
lungo con lei, di cambiare opinione. Maria sa di sapere, ma sa
anche che i suoi discorsi, se possono essere accettati nel mondo
vasto ed anonimo, sarebbero invece pericolosi per lei in paese.
Che cosa manca allamica Miranda, quando mi analizza con
grande precisione le tecniche ricattatorie del marito, per poi
concludere che ha troppa paura per lasciarlo? Che cosa manca
a tanti contadini, pastori, disoccupati del Mezzogiorno, che

tanto spesso ci denunciano le loro condizioni di sfruttamento,


individuano con estrema cognizione di causa fatti e personaggi, ma inevitabilmente alla fine, con una lucidit disperata,
terminano dicendo che non c niente da fare, che sempre ci
saranno ricchi e poveri, chi sta sopra e chi sta sotto, chi mangia e chi tira la cinghia? Non sar rigorosamente scientifico
n statisticamente dimostrato da questionari e statistiche: ma
quanti di noi nella loro quotidiana pratica di vita si sono incontrati in questo genere di atteggiamenti collettivi? Dove
inizia il divario tra coscienza e azione?
In fondo, perfino Maria pur con tutta la sua grande
dignit e forza ha vissuto e lottato quasi sempre a titolo individuale. La sua vita ha raggiunto dimensioni collettive solo in un momento emergente: la lotta per lacqua, in cui ha
assunto (cos mi raccontano le donne del rione) una leadership di successo. Valutata su un piano sociologico, questa
azione si inserisce in tutta una tradizione di lotta per lottenimento di determinati servizi sociali, che tipica delle donne e si collega alle trasformazioni del loro ruolo di casalinghe, oggi costrette a misurarsi con poteri economico-sociali
che ormai condizionano dallesterno tutta la vita domestica.
Ma per le donne di Tonara e per molte altre simili a loro
questa richiesta di servizi per quanto importantissimo sintomo di tensioni che sempre pi sono destinate a sfociare in
direzioni collettive non va ancora oltre un semplice rivendicazionismo. Torno a chiedermi: che cosa manca perch il
tutto non si traduca in azioni pi complesse e incisive, coerenti alle premesse teoriche di un discorso che comporta anche la messa sotto accusa dei maschi?
Che cosa possa mancare a livello teorico lo sappiamo, e
se ne accennato pi in alto. Anzitutto lambito di esperienze concerne per lo pi una prassi lavorativa operante a
titolo individuale o familiare: e il fatto arcinoto e se ne
sempre insistito in modo cos eccessivo da annullare del tutto
il giusto peso che al contrario si deve attribuire anche alle
capacit di critica sociale presente presso le classi subalterne.
In secondo luogo, le possibilit di verifica tra griglia ideologica dominante e prassi reale si restringono inevitabilmente

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al piccolo universo delle azioni note e controllabili, per cui


appare giustamente distante e incontrollabile il potere dei
vertici economici e statali. Bisogna per anche riconoscere
che qualsiasi sia il giudizio che si d circa la gestione politica dei mezzi di comunicazione di massa e le operazioni
mistificatrici che attraverso di essi si perpetrano lorizzonte
informativo anche dellultima Maria oggi molto pi ampio di quello delle passate generazioni. Specie su questo punto, stanno emergendo ovunque soggetti sociali nuovi, non
pi confrontabili quanto a forme e livelli di informazione
con le masse contadine delle passate generazioni.
Direi allora che oggi pi che mai si pone la domanda:
ma perch si sanno cos tante cose e tanto poche se ne praticano? Su che riposa linsufficienza del sapere? Questioni che
toccano da vicino anche tanti di noi, intellettuali di professione, che tanto sappiamo e tanto poco interveniamo sul reale Al punto attuale delle mie riflessioni, ne so molto poco.
So che i contenuti di un sapere critico possono essere anche
estremamente avanzati ma rimanere entro il chiuso ambito
di riflessioni individuali; so anche che il processo di comunicazione di questi contenuti avviene passando attraverso canali, che sono appunto canali sociali e so infine che questi
canali possono essere allincirca di due tipi: vecchi o nuovi.
Nel primo caso, la comunicazione, per quanti elementi critici contenga, non si realizzer attraverso la distruzione dei sistemi sociali e comunicativi precedenti. Nel secondo caso
linverso, ed il prodotto di una lotta di classe. Mi chiedo allora se non sia proprio nei momenti pi acuti della lotta di
classe che la coscienza critica riesce a compiere quel passaggio
qualitativo che non tanto e solo una trasformazione dei
propri contenuti quanto piuttosto una radicale trasformazione nella scelta del campo dove operare, negli obiettivi pratici
che ci si prefigge di raggiungere assieme.
Qui si ferma, per un momento, il mio discorso, che non
certo conchiuso e forse pi pieno di interrogativi che di risposte. E si conchiude anche il mio colloquio con Maria, che
pu sembrare un monologo, ma non lo . Siamo entrambe
vicino al camino a continuare i nostri discorsi.
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INDICE

Nota introduttiva

Intervista a Maria

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Dopo lintervista

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