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Clara Gallini
INTERVISTA A MARIA
nota introduttiva di Bastiana Madau
Periodico settimanale n. 12
del 22-10-2003
Direttore responsabile: Giovanna Fois
Reg. Trib. di Nuoro n. 1 del 16-05-2003
Copyright 2003
Ilisso Edizioni - Nuoro
www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it
ISBN 88-87825-62-9
NOTA INTRODUTTIVA
La Sardegna storicamente un luogo di molteplici suggestioni per chi la osserva dallesterno, e le sue terres de lintrieur (come da una felice definizione dello scrittore Edouard
Vincent) sono un luogo classico dellosservazione antropologica: per le loro caratteristiche geografiche esse sono state per secoli precluse al confronto con altre culture. Linaccessibilit
ha senzaltro consentito una maggiore conservazione di modalit originali di vita e dunque delle cosiddette tradizioni
culturali.
Gli studi e le ricerche di Clara Gallini hanno il loro
considerevole peso nella bibliografia riguardante letno-antropologia della Sardegna e, insieme a Intervista a Maria,
offrono un interessante spaccato scientifico e umano utile anche per chi voglia approfondire la conoscenza della cultura
dellisola; in particolare, ci riferiamo a lavori quali I rituali
dellargia (1967), Il consumo del sacro. Feste lunghe di
Sardegna (1971), Dono e malocchio (1973), Tradizioni
sarde e miti doggi (1977), Il diario di un parroco di villaggio. Lotte di potere e tecniche di consenso in una comunit sarda (1978).
Nel libro che qui si propone, lantropologa che da
sempre assume la lezione di Ernesto De Martino mostra
attraverso Maria, lintervistata, come gli esseri umani occupino uno spazio che anche un luogo mentale, nel quale i
fenomeni culturali, i messaggi politici, gli atteggiamenti e le
forme dellidentit tendono ad accreditarsi non come dati
naturalistici e statici, ma come prodotti storici, mutanti nel
tempo, comunicanti significati diversi, anche dipendentemente dalla personalit di ciascuno.
Siamo negli anni Settanta, allindomani del secondo referendum nazionale, che il 12 maggio 1974 porta alle urne
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Bastiana Madau
INTERVISTA A MARIA
CLARA. Per tante sere, negli anni passati, accanto al camino, abbiamo parlato tra noi: di come cambiato il mondo, di come cambiata la donna. E abbiamo confrontato i
nostri giudizi. Non sempre coincidevano, ma neppure avrebbe potuto essere in altro modo, se si pensa a come sono differenti le nostre storie personali, gli ambienti in cui siamo nate
e cresciute, il diverso uso che ci stato possibile fare del nostro
cervello. Vorrei ora che per me e per gli altri ripetessimo assieme questi discorsi davanti a un registratore, lasciando soprattutto spazio alla sua voce. Le far dunque unintervista su
come lei vede la trasformazione della donna nella societ che
la circonda. daccordo? Per iniziare per le chiederei di
parlarci un po della sua vita.
MARIA. Sono nata a Tonara il sei settembre del 1910.
Sono nata orfana, orfana di padre fin dalla nascita e ben
allevata e ben voluta da mia mamma, dagli zii, dalla nonna che gli dicevo anche mamma. In casa erano tutti contadini. Si lavorava, anche mia mamma. Facevamo il lavoro contadino, raccoglievamo molto la frutta, si aiutava a
fare il pane come si faceva nelle famiglie prima. Le zie
erano tre e cera il nonno. La mia nonna mi voleva un bene matto e devo dire anche gli altri. Sono stata ben voluta
da tutti: da ragazza, dico, poi certo da grande nascono
delle cose diverse. Sempre c qualche contrariet, qualcosa. Io da piccolina (da cinque a sei anni) andavo a portare
il pane agli zii e ai nonni in campagna. La nonna non ci
andava, era sempre a casa. Mia mamma ha lavorato troppo.1 I suoi fratelli dicevano: Ha aiutato a tutti, non solo
Lintervista stata registrata a Tonara (Nuoro) tra il 2 e il 6
ottobre 1979.
a noi. Ancora, se salto un po il tempo, quando era malata ( stata tredici mesi paralitica) diceva: Maria, non ho
altro rimorso che ho lavorato per allevarne dieci di figli, e
non ho lavorato per studiarti diceva questo, e io gli ho
detto: Stai tranquilla, stai contenta, se tu mi avessi studiato forse pu darsi che ti avrei abbandonata e sarebbe
stato un male maggiore. Io non lho mai rimproverata.
Diceva qualcosa della sua vita, delle sue cose, ma sapevo
che era innocentissima. Non lho lasciata mai nemmeno
dire delle cose. Ma adesso il tempo passato e si lascia
perdere tutto. E soffrivo certamente. Le cose si sapevano,
si sentivano, e non che non si sentivano, perch a mia
mamma capitato cos, ma stata molto onesta, molto
buona.2 Per quello che stavo dicendo, lavoravo fin da
bambina: andavo a portare il pane il pane, e le altre cose che capitava in campagna. Poi quando mi sono diventata pi grande, aiutavo a raccogliere la frutta: mi piaceva tanto. Poi allet di dieci anni che morto il nonno e
ha lasciato i buoi, non cera che andare: uno zio era a Cagliari, uno era morto e uno era qui col suo bestiame. Io
ho tenuto il bestiame per due anni, poi labbiamo venduto. Abbiamo fatto molti soldi, abbiamo cominciato a accomodare la casa perch era molto peggio di oggi. Poi su
quello che avanzato, la mia zia si sposata e se ne andata per suo conto, e io sono vissuta per molto tempo
con la nonna e con la mamma. Tutto cos andato
A quattordici anni ho cominciato a fare il torrone e a
tessere coperte degli altri. Prima tesseva mia mamma, ma
non tesseva le coperte, tesseva il panno, lorbace (come
dicevamo noi), la tela. Poi ho cominciato a tessere per gli
altri dallet di quattordici anni. Ho cominciato anche i
torroni, si andava a giornata. Andavamo tutti, anzi: erano
proprio i pezzenti quelli che cercavano la giornata, a zappare il grano, a pulirlo, a mietere, insomma a fare tutte
queste cose. E si facevano allegramente. Andava anche chi
2. Maria allude discretamente al fatto di essere cresciuta senza padre.
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diceva sempre cos: Lasciate unaltra cosa, per i letti devono essere come si deve. Possibilmente a quel tempo
era il crino, anche per i ricchi. Qualcuno faceva materassi
di lana: erano i pastori. Per gli altri era crino, per chi stava
bene. Ma di solito portavano una specie di erba come crino dalla campagna e foglie di granoturco, nei paesi che
cera. A Tonara granoturco non ce n stato mai.
Oltre ai letti e alla cassapanca avevamo il tavolo del
pane, un tavolo che ancora abbiamo e che non voglio
buttare. accomodato, per lho tenuto sempre. una
piccola tavola. Tre tavoli cerano sempre, e poi non mi ricordo di altro, ma i letti mi ricordo che erano due grandi
e due piccoli. Adesso in casa di mobili io pressappoco ci
ho sempre quelli sono fatti da noi anticamente, diceva
il nonno, diceva la nonna.
Perch io ricordo le cose che diceva la nonna. La nonna mi diceva tutto da ragazza, tutte le cose. Non so perch,
le piaceva parlare pi con me che con le figlie. Quando venivano le figlie, stanche tante volte, e dicevano come
stai?, o parlavano del marito (si chiamava Giuseppe) diceva: Lasciatemi stare la testa!. Quando arrivo io, non so
perch, arrivavo sempre con gli scherzi alla nonna, e lei si
contentava: Almeno non viene ammusolata Maria diceva viene allegra a casa. E le dicevo tutte le cose che
capitavano nella campagna. Delle volte gli uomini stavano
a dormire in campagna e lei chiedeva come stava il marito, come stavano i figli (i miei zii), e diceva questo e quello e chiedeva: Cosa avete fatto oggi?. E loro, mia mamma con la zia, erano veramente stanche e avevano ragione.
Allora: lasciate la testa! diceva, e io invece le rispondevo
cos francamente.
La nonna le raccontava comera la casa prima?
Eh s. Mi raccontava le cose lei, vero. Mi ricordo
che diceva sempre queste cose per laffare della casa. Io
desideravo sempre avere la casa com adesso. A quei tempi avevamo una soffitta piccola sopra e la stanza buona
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ed era molto ricca, stava bene. Io ero a giornata, ma ci trattavano anche bene: avevamo avuto questa fortuna, ci hanno voluto sempre bene, non ho mai trattato con gente
cattiva, con famiglie disordinate, di malumore, con mariti
cattivi. Questo io lo sentivo da gente di fuori, ma chi ho
praticato io era gente un po a posto. In quella casa cera la
nonna, il nonno, il padre, la madre, sei figli, erano molti
insomma. Bene (mi ricordo, allora ero ragazza), quando
sentiva alzare la nonna dal letto, il suocero si alzava: la sedia della nonna era distinta. Si alzava senza che gli dicessero niente, eppure anche lui era anziano, e i figli si contentavano e se ne ridevano: O babbo dicevano guarda
come si alza subito quando vede nonna venire.
Questa giovane (le stavo dicendo) faceva anche nove
viaggi dopo che avevamo lavato tutto il giorno, perch
erano molti in casa. Le camice (allora si metteva la camicia) avevano della sporcizia, e toccava a fregare molto per
portarla via. Siamo arrivate a lavare fino a quaranta camicie degli uomini: erano cos brucite, diciamo noi, perch
lavoravano in campagna e facevano di tutto, cera bestiame, cera terra. Eppure le dovevamo portare bianche e
quando le stendavamo erano le pi bianche di tutto il rione. Eh, volevamo anche questo vanto! Le racconto anche
questo. Quando noi venivamo dal fiume di sera, tardi,
specialmente nellinverno ed era gi buio, si andava alla
fontana dove si poteva lavare e dovevamo portare trecento,
seicento litri dacqua per fare il bucato. Allora si metteva
una caldaia grande grande e se ne facevano tre di queste
caldaie: da una parte i panni del pane, da una parte tutte
le camicie degli uomini e tutte le cose piccole e poi le cose
grandi, lenzuola eccetera. E ci bucava tutte le mani, quando si faceva bene il bucato, si portava via tutte le mani!
Mi sembra che una volta i lavori delluomo e quelli della
donna erano molto separati.
Non che erano separati. Anche prima doggi, le donne
facevano i lavori che potevano fare gli uomini. Se occorreva
fare lavori pesanti, li facevano le donne come gli uomini.
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della storia di Genoveffa. Quando il figlio le diceva qualcosa, la mamma rispondeva: Gli uomini a tuo padre
hanno detto questo. Uomini uomini! diceva. E cos .
Uomini uomini! Tocca a dire cos e non a dire donne
donne no, dire uomini uomini, perch a loro che
hanno dato valore. La storia almeno dice cos.
Questo anche un problema delle donne di oggi: come
usare lintelligenza per il meglio.
Siamo arrivati gi a questo. Da un lato hanno ragione
le donne oggi, che vogliono luguaglianza. Hanno un po
ragione: un po, per, non tutta quella che stanno prendendosi. Il troppo sempre troppo, sia in buono sia in
cattivo. Sembra che il buono non mai troppo, ma quando si prende troppo, sempre una cosa che non va. Ci deve essere sempre la moderazione in tutto, nel buono e nel
cattivo
Lei per mi ha anche detto che le donne hanno sempre
avuto molta intelligenza e che gli uomini non glielhanno
valorizzata
Qualcuno lha apprezzata, ma sono pochissimi quelli
che apprezzavano. Adesso invece unaltra cosa: gli uomini apprezzano le donne, quasi quasi sono basati a fare
la loro strada con le donne. Ma io non so se loro sentono
che gli manca un po di quello che pensavano prima oppure se la donna che avanzata.
Eppure io ho anche limpressione che ai suoi tempi in
casa la donna comandava un po
La donna comandava, ma per, cera chi non poteva
comandare. Apparentemente comandava la donna, ma
cerano anche gli uomini che comandavano troppo. I
soldi li porto io, sono io che lavoro, tu sei buona a sprecare: questo si diceva, qualche volta anche in chiaro, ma
spesso di nascosto. Oggi per questo che le donne dicono: Non devo essere schiava. Non deve essere schiava,
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Eh, oggi gi vorrei un po di buon umore che avevate quando eravate in tre dice.
E non ce lhai di buon umore? Ce ne hai una parte
intiera! Cosa vuoi di pi?.
Ammiro come sei stata sempre!.
Davvero io questo non lo so nemmeno io perch,
non lo so io sento il mancamento della compagnia degli uomini solo quando vado fuori paese, ma poi
Mentre questa amica era molto importante per lei!
Eh s, era molto importante. Ma la tengo sempre, le
dico le mie preghiere. Per cosa vuol farci? Io ci ho tenuto
troppo. Lei lo diceva: Maria, sto andando male di salute!.
Ma non si poteva fare niente, non le andava laria. Ma non
era neppure per questo: lora era venuta e basta, almeno mi
sembra cos. Poi morto pure il marito, subito dopo.
Erano frequenti amicizie cos forti?
S, ce nerano tante, ma di solito questamicizia non
durava, passava in un paio di anni. Ma per noi passata
una vita intera. Essa quando veniva qua a trovarmi (aveva i figli, aveva il marito) la prima cosa che faceva era un
salto da me. Dava un bacino alla mamma, poi un salto
qua, subito subito: Vado da comare Maria e poi ritorno. Io subito laccompagnavo, e ricordavamo le risate, le
cose che dicevamo, quando si parlava di qualcuno (ma
non facevamo mai il nome), o di uno che aveva fatto
uno sbaglio, o di quello che faceva uno che vedevamo
Che risate saporite!
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E regali ve ne scambiavate?
Non tanto. Quando a casa cera una cosa buona da
mangiare si dava da una parte allaltra, un invito,14 cos.
Ma regali di solito pochi. Le ho fatto un regalo quando si
sposata, uno per la figlia, ma piccolo, non mi ricordo cosera. Era troppo anche la spesa di andarci. Sono andata in
macchina ad Alghero quando si sposata la figlia.
Mi ha detto che anche i ragazzi avevano amicizie tra loro.
Eh s. Ci tenevano un po anche loro. Mi sembra che
oggi si tradiscono di pi gli amici, si fanno le cose di nascosto. Forse il cambiamento delle esigenze. Adesso cercano un posto, cercano lavoro e lo fanno di nascosto, per fare
la domanda, per fare la fregatura allaltro. Mi sembra che
sia lesigenza dei tempi che cambiata. Prima tutte queste
cose non cerano: qualche tradimento lo si poteva fare lo
stesso, ma era rarissimo. Se era un amico, si trattava con
lui. E poi erano in tanti, si andava insieme pi di adesso, si
chiacchierava nelle bettole, fuori (le passeggiate15 si facevano dentro il paese, non si andava strada a strada); ci si sedeva nelle case a discutere, a chiacchierare. Stavano bene, e
basta. Cerano lo stesso gli amici, mi sembra pi doggi.
A me sembra che i ragazzi oggi stanno molto insieme tra
di loro.
Stanno molto insieme, ma una cosa stare insieme,
unaltra essere amici. Oggi amici non ce n: uno compagno di lavoro, compagno di studio, ma non amico. Un
amico quando si fa maniera di trovarsi anche se uno sia
in un lavoro e uno in un altro: ecco, questo lamico. Ma
se si parla di un compagno di scuola o di lavoro unaltra
cosa. Qui a Tonara allindustriale ci sono ragazzi che arrivano a ventanni e passa: ecco, sono amici e si vedono. Sono
amici anche con le donne, sono insieme e non si capisce
14. Invito, piccola offerta di cibi o bevande.
15. Passeggiata, passeggio lungo la strada principale.
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ci siano pi queste parti. Mi sembra che gli uomini capiscano di pi e non ascoltano queste cattiverie.
Forse ne dicono anche meno le donne
Forse anche meno le donne. Meno mi sembra per
che sono gli uomini, che non si lasciano trascinare cos
facilmente. Non si lasciano trascinare nemmeno le donne. Prima era tuttaltro in queste cose.
Forse perch era pi importante il matrimonio
Forse anche per questo. Adesso dicono: Se te la prendi, vattene pure e son cos. Da una parte cera pi legame prima, si dava pi importanza alle cose, e al matrimonio si dava molta importanza. Ma adesso mi sembra che
ne danno troppo poca. Sembrano cos allegre e spensierate le donne, e al momento di dire quel s proprio sicuro, non lo dicono lo stesso.
Lei giustamente osserva che le ragazze di oggi mirano
meno al matrimonio che non in passato.
Al matrimonio le donne prima ci tenevano di pi
perch non cerano le pensioni: almeno la penso cos.
Avevano paura di essere sole, di ammalarsi, e poi non cera
lavoro. Oggi c le pensioni la speranza, c il lavoro. Al
matrimonio le donne pensano meno. C anche qualcuna
che lo fa senza amore, perch se lo facessero tutte per
amore, come si deve fare, non cera il divorzio, non cera
la separazione, non cera la discordia. Qualcuna lo fa lo
stesso e resta scapola. Io condanno chi ha accettato il divorzio, perch non ci doveva stare: una volta uniti, devono restare e fare da buoni. Dicono: se si divorzia fanno
meno da cattivi. Fanno anche peggio! Dicono anche: sanno che c il divorzio, se si sentono di rimanere uniti, bene, se no Prima si rimaneva, volere o non volere. Ma
sarebbe un castigo, oppongono. Ma non si castiga cos: la
vita castigata anche separandosi! La vita non sta bene
neanche separandosi, una cosa che deve rimanere unita!
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Luomo era autoritario, per la donna aveva un comando in famiglia, ma anche faceva le cose di nascosto. Come
andassero assieme queste tre cose io non lho mai capito bene.
Non lha capito? Gli uomini non erano tutti cos.
Qualcuno cera che si trovava autoritario, di una razza
magari che diceva: Io sono il figlio del tale, che era un
uomo di valore, che non si lasciava trascinare dalle donne,
io sono cos e alla donna magari lasciava fare le cose delle
donne; lei non voleva scocciargli lanima e non gli diceva:
Adesso faccio questo, no non diceva. Faceva e non chiedeva. Ci sono invece gli altri: Ho pensato di fare questo,
che ne dici? e magari dicevano alla moglie: Questo non
va bene e lei: A me mi sembra che va bene e tento di
farlo. Invece quelle persone che si dicevano autoritarie e
si sentivano qualcuno, ecco, invece non erano proprio
niente! Ho visto degli errori di queste persone che si contavano qualcuno! Cose enormi! E invece cose belle e andate bene, beh, di quelle persone che si contavano poco:
Ma che cos quello? uno straccione! Si lascia comandare dalla moglie! Non capisce niente, non sa lavorare!
gli dicevano. E invece riusciva a fare cose importanti. Ecco comerano le cose. Invece oggi ci sono pochi che si permettono questa autorit: perch glielhanno gi presa loro,
le donne, in parte hanno preso questa autorit, glielhanno rubata, mi sembra. Strada facendo hanno rubato questa autorit: non vero?
Vorrei capire meglio la questione del comando in famiglia. Chi lo aveva?
In certe famiglie comandava il padre con autorit,
ma si diceva che erano famiglie sgarbate e non le ammiravano. Ma in certe famiglie come forse la nostra, il padre (cio il nonno) era molto buono, non comandava,
comandavano tutti. Tutti si cercava di lavorare: cera un
bellaccordo e decideva chi era pi capace di decidere.
Nella mia famiglia non ho mai conosciuto questa sottomissione. Sottomissione s alla mamma, perch la nonna
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maschi, per queste due femminucce se poteva non le lasciava nemmeno andare fuori. Ci ha un debole, ecco.
E le madri? Tante madri vorrebbero una femmina perch quando invecchiano gli stia vicina.
Prima lo dicevano, ma con timidezza, mentre quando
li avevano si orgogliavano dei maschi. Adesso per capiscono che le femmine sono meglio per restare vicine alle
mamme. Ma ora delle volte le femmine se ne vanno, e
questo non lo possono pi dire. Avrebbero dovuto dire,
pensare che la figlia femmina rimaneva vicino alla mamma e al babbo, e delle volte era anche pi soggetta al padre. Immaginiamo quando moriva la madre nella famiglia: chi poteva fare, aiutare e supplire a quel posto che
mancava? la femmina o il maschio? Era la femmina. Invece oggi per la mamma non se lo pu neanche vantare
(come mi sembra), perch le femmine scappano prima
dei maschi da casa. No?
Adesso scappano prima le femmine?
E perch no? Scappano prima che si sposino! Come
ora sono diventate le femmine, non mi sembrano pi
soggette e buone come eravamo noi prima: sono pi soggetti gli uomini, sono pi buoni oggi gli uomini delle
donne! Le femmine, una volta che si sono prese la briglia
di andare come vogliono, pensano in modo diverso. Gli
uomini invece sono pi prudenti parlando con i genitori
(a quanto mi sembra). Per qualcuno si dir pure che sono
obbligati a farlo, e anche che ci sono dei genitori che parlano di cose che non devono dire. Ma mi sembra che parlano pi educatamente gli uomini che le donne.
Lei pensa che rispetto al passato sono cambiati di pi gli
uomini o le donne?
Le donne! Mi sembra che le donne hanno cambiato.
Anche loro, i ragazzi, dato che si vedono anche. Ma di
questa sbrigatezza che si fa in giro io incolpo pi le donne
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che gli uomini, perch gli uomini restano soggetti sia alla sposa che alla fidanzata. Non si sente luomo dire:
Non ti va, me ne vado come lo dice liberamente una
ragazza anche di quindici o ventanni. Questo lei lo dice
liberamente, invece un ragazzo raro che lo dica. Qualcuno c sempre, ma in genere mi sembra che sia pi la
donna.
Lo credo anchio, perch quella che vuole anche cercare
di cambiare di pi.
Ancora? Che cosa sta cercando di cambiare? Non so,
con tutto quello che han cambiato non sono ancora contente? Perch non son contente?
Io penso che non son contente perch stanno cambiando,
ma il modo giusto difficile da inventare. Si deve provare,
correggersi e riprovare. Per questo siamo pi inquiete oggi
che non in passato.
E cosa sarebbe questo cambiare ancora di pi? Mi
sembra che siamo arrivati al peggio! Cambiando cambiando, siamo arrivati al peggio! E se cambia ancora di pi,
che cosa sar? Sar peggio ancora!
Pu essere anche meglio!
Non lo vedo, non lo so, perch la mia vista, la mia
fantasia corta.
Non lo sappiamo neanche noi. Ma io ho fiducia nelle
donne.
Ha fiducia, perch se ne sente lei. Si dice (anche se pure questa una cosa cambiata): Avere fiducia e non dare
fiducia. vero? A chi d la fiducia, a quella giovent scatenata?
La donna molto cambiata anche rispetto alla maternit, rispetto al volere i figli. Che ne pensa?
Prima per i figli le donne volevano quello che Dio
E secondo lei oggi nelle coppie sposate chi dei due a volere meno figli?
Ci sono quelli che sono daccordo tutti e due, ma mi
sembra che luomo li voglia i figli e meno ne vuole la
moglie, molto meno, perch le esigenze vengono sopra la
moglie. Ci sono i mariti comprensivi che prendono tutto
il peso, ma altrimenti
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ma cerano tante persone che facevano la medicina. Dappertutto, in tutti gli angoli del quartiere cera una che faceva la medicina del malocchio.
Io ho sentito dire (in certi paesi ma forse non a Tonara)
che quando si guarda un bambino e si dice che bello! c il
rischio che il bambino venga preso docchio
Da noi diciamo: Che bel bambino e la mamma dice sogu puntu.24
Mi sembra che anche il rapporto tra madre e bambino
molto cambiato rispetto al passato.
S. Prima i bambini si lasciavano andare. La mamma
andava a lavare: chi non ci aveva lacqua in casa andava al
fiume, lontano. Cera chi lasciava i bambini dal vicino che
li guardava e restavano buttati in mezzo alla polvere, sporchi e buttati cos scalzi, mal vestiti. Erano anche i ricchi,
anche chi stava bene: non che era una cosa solo dei poveri. Cera qualcuno in altro modo, ma pochissimi. Si lasciavano cos perch si doveva andare. Adesso, per questo
che sto alludendo, chi lha fatto, chi educando i bambini? I genitori. Se sono buoni, lonore ai genitori, ma se
sono cattivi lo stesso. Prima non li educavano (dicevano
che erano educati male). Ma adesso che sono educati bene, perch non sono tutti buoni? Adesso si lamentano i
genitori: Eh, i figli doggi non sono come un tempo. Ma
chi ce lha questa colpa dei figli doggi? Forse non sono i
genitori che hanno la colpa? Il fatto sta che i genitori non
sono tutti da incolpare: sono stati allevati male loro. Adesso sono visti un po bene,25 sono agiati, eppure
Anche in passato capitava certamente che una donna
nubile avesse un figlio fuori dal matrimonio. In certi paesi
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cera lusanza che i giovani per tre notti di seguito, con campanacci e con corni andavano a fare un grande rumore davanti alla sua casa.
A Tonara questo no. Questa festa del campanaccio (a
cantare, a suonare, a fare rumore con i barattoli presi dal
mondezzaio) si usava quando si sposava un vedovo. Adesso non si fa pi.
E non si cantava neppure la ragazza?
S, capitava di cantarla, ed erano i ragazzi stessi. Ma
se capivano che era una ragazza buona, anche se le era
capitato questo, non dicevano niente, la scusavano: meschina dicevano non era una ragazza di strada. Per
cantavano delle persone che prima che succedesse questo
fatto si credevano molto, che si davano ai vanti, che non
volevano questo o questaltro in matrimonio, che scandalosamente dicevano che avevano rifiutato tanti uomini: ecco, queste venivano condannate, non tutte. Non
venivano condannate quelle che non avevano molta importanza e le persone che si credevano oneste. Certo a
vedere queste cose era un calvario per quei tempi, invece
oggi una meraviglia, si pu dire! Questo un cambiamento enorme! Di questo prima se ne faceva una croce,
sia a cantare o a non cantare: se non la cantavano, si faceva in casa la croce. La mamma della ragazza rimaneva
anni senza prendere parte ai divertimenti e ad altre cose.
Quanto ai padri, a secondo di come capitavano le cose,
succedevano anche delle morti. Invece oggi una cosa
normale.
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E le donne?
Per questo, dicono che non fa male lavorare. Adesso
c un lavoro pi adatto alla famiglia. Ci sono ragazze che
si sposano pi presto di quando si sposavano prima. Era
raro che si sposavano delle ragazze come oggi di diciotto
ventanni: si veniva anche a venticinque trenta. Era unaltra cosa, erano donne assennate, oggi invece sono bambine. Per mi sembra che per questo oggi lavorano lo stesso,
lavorano in casa. Ma allora, a quei tempi, se era la moglie
di un contadino e vedeva che faceva bisogno, anche se il
marito non lo diceva, andava a zappare. Non era possibile
non andare, si doveva andare. Delle volte si ammalava,
perdeva anche la vita. Una volta davano la colpa al marito
e si tenevano critiche in paese, altre volte dicevano che era
una sua natura, che in famiglia erano tutti malati. Era
unaltra cosa a quei tempi: io la sentivo pi faticosa la vita.
Per, guardandola bene, era soddisfacente lo stesso quanto
oggi. Oggi perch le donne non sono soddisfatte come gli
uomini? Gli uomini li vedo pi soddisfatti: hanno un posto di lavoro, ci sono le fabbriche, chi ha emigrato ha trovato lavoro. Luomo si contenta quando c il lavoro: viene
con la sua giornata e trova le cose a posto.
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C unaltra questione che vorrei discutere con lei: il rapporto tra donna e malattia, sia sua che di altri familiari. Mi
sembra che in ogni caso tutto il peso gravi sulle sue spalle.
Certo certo, questo s, soprattutto a quei tempi. Ma
cerano anche gli uomini miti e buoni che attendevano e
sentivano il male che stava in casa. Per cerano le esigenze
che luomo non poteva rimanere in casa come pu rimanere oggi, perch si andava in campagna a lavorare di pi.
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Vorrei tornare a parlare con lei di altri aspetti del cambiamento della vita della donna: per esempio, del suo lavoro
in cucina. Secondo lei la donna dedicava pi tempo e pi
importanza al cibo una volta o oggi?
Oggi! Perch oggi si fanno dei cibi pi prelibati. A quel
tempo si facevano di pi gli ortaggi, il minestrone, e non
il minestrone che si combina oggi, ma pi largo. Le erbe
si tenevano in questi orti vicini, ma non tutti ne avevano.
Oggi si va dalla fruttivendola, ma a quei tempi no: si andava a chiederne a chi ne aveva. Noi avevamo lorto e davamo di tutto: il prezzemolo, le bietole. Di aromi non se
ne sentiva tanto, cera solo il rosmarino (adesso invece noi
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non labbiamo nellorto) per quando si faceva uno sposalizio, per la carne arrostita. Cera anche un po di basilico,
ma se ne seminava molto meno di oggi. Di solito erano le
bietole, il prezzemolo, laglio e una cipolla: chi li piantava
li dava senza nessun riguardo, senza nessun interesse. I fagioli secchi si dovevano avere. Le patate si vendevano, ma
erano pochi quelli che non le avevano, perch un po di
patate le mettevano tutti. Patate, fagioli, cavoli li mettevano negli orti che abbiamo vicino alla fonte, ma anche lontano nella campagna. E si andava a prenderli.
E il lavoro quotidiano di cucina, era molto?
Delle volte si rimaneva senza farlo. Pensi se andando
in campagna si poteva restare a fare del pranzo a casa, eh
no! Si andava in campagna e si mangiava pane asciutto.
Chi aveva uova le friggeva e le prendeva. Se no, quelle che
rimanevano a casa facevano il pranzo, ma neppure tutte:
erano quelle che il marito andava a lavorare. Dicevano:
Di pranzo non ne faccio, ma la cena s, perch ci siamo
tutti. Fare il pranzo era faticoso, per non cera la premura che c oggi. Di carne se ne comprava meno (cera pi
bestiame): delle volte un pastore vendeva una pecora e si
distribuiva in casa.
Dice che le donne di oggi hanno pi premura al cibo?
Certo che c pi premura! Non fanno altro le signorine, le madri di oggi, le giovani! Che premura hanno?
Fare bella la casa, fare il pranzo se viene il marito. Se non
fanno la cena lo stesso, ma tutto preparato. Anche per
i bambini c unaltra esigenza oggi: hanno da far mangiare il bambino, invece prima si lasciava andare: gli si dava
da succhiare se era piccolo, e se era grande doveva mangiare quello che mangiavano i grandi.
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30. Come spiegher poi, le amiche della sposa portavano i regali entro ceste aperte, in modo che si vedessero bene. Le ceste si portavano
sulla testa, e si sfilava in corteo.
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Anche le donne?
S, anche le donne. Delle donne sto parlando, gli uomini non se ne vedono. Vanno gli uomini vecchi, per, i
giorni distinti proprio: il giorno della Pasqua di Resurrezione, per Natale. Sentono qualcosa, sentono il ricordo.
Ma in famiglia cosa dicono i genitori quando le ragazze
non vanno in chiesa?
Eh, dicono: adesso sono cos, la giovent doggi non
vuole sentire, dicono che non c Dio. Dicono questo:
che cosa sapranno che verr? Ma cosa devono dire?! Sembra che abbiano fatto tutto loro e invece non sono facendo niente!
Poco fa ha fatto un riferimento allimportanza degli
abiti. Vorrei capire con lei questa cosa. Posso farle una domanda? Lei si mai guardata allo specchio?
E perch no?
In casa ce lha?
S. Lo specchio labbiamo sempre dove ce lavevamo
prima e c ancora oggi.
Da ragazza si guardava?
S, ma io non mi guardavo per vedere se ero bella o se
ero brutta. Oramai lo sapevo che non ero bella
Non vero: invece ancora molto bella!
No. Ero contenta di come mi sono trovata. Non ho
mai desiderato la bellezza e nessuna di queste cose, quasi
quasi. Ho apprezzato sempre chi si sapeva rigirare, chi sapeva parlare: questo s glielho detto sempre. Di tutto laltro, no. Nello specchio ci si guardava perch ci pettinavamo quando uscivamo fuori, perch si usciva dal lavoro,
dal disordine in casa. Quando dovevamo andare a un posto, ci lavavamo e ci mettevamo il vestito: cera il mantello, cera il fazzoletto grande e se non si metteva bene,
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mancava poco a metterselo malamente. Ma poi cera poco da guardare. Io non so come si facesse a farlo. Non ho
cambiato mai i capelli: come ce li avevo ragazza ce li ho
ancora, la riga in mezzo e basta.
Allora le ragazze prima di uscire, per mettersi in ordine
si guardavano allo specchio
S, si guardavano! Lo faceva chi aveva lo specchio, ma
di solito si guardavano, s. Perch cera il bisogno di guardarsi, invece oggi quasi quasi non c. Ma a quel tempo si
doveva guardare se andava bene il corso delle palette, se la
camicia andava male. Si guardava leleganza di mettersi
bene. Se una ragazza usciva cos, le dicevano magari che
era un po civetta, ma ci voleva. Il ragazzo diceva: Eh,
quella gi ce ne ha di pbere!.33 Per gli piaceva lo stesso
di essere cos la ragazza. Se era disordinata, se ne ridevano.
Chi guardava e criticava di pi? Le donne o gli uomini?
Gli uomini usavano criticare tra loro. Invece le donne
siamo pi stupide, dico io, non stupide, ma furbe in
modo molto diverso erano capaci di criticare insieme
con gli uomini. Questa una cosa che non va: la donna
non deve mai criticare una donna. Gli uomini questo non
lo fanno, lo hanno distinto, io non credo n che sia dono
n che sia difetto, per loro tra loro si criticano magari di
nascosto, ma tra loro, invece un uomo con una donna
non lo criticano e danno la colpa sempre alla donna. Invece le donne tante volte, non so perch, criticano la donna assieme alluomo. Mi sembra anche che le cose disordinate che capitano (le cose carnali, lamore) dipendono che
la donna non buona a difendersi. Dipende sempre dalla
donna. Adesso magari lamore libero, c il divorzio, c
laborto (che non doveva esistere, a quanto pare a me).
Ma prima quando capitava che una donna era ingannata,
unaltra donna, se era buona, non lo prendeva un uomo
33. Pbere, pepe.
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Erano criticate?
Un po: si faceva la critica, ma non che ne facevano
una tragedia. Ma a una bella, che si teneva bene, dicevano:
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Si bisticciavano per cose da nulla, per i giochi dei bambini, se un bambino bastonava un altro, si bisticciava per
una gallina tante volte, per un gatto (tanto per dire), un
animale, una cosa che si poteva discutere diversamente.
Si bisticciava, per non si stava nel rancore: si era in pace
lo stesso. Oggi non si bisticcia e non c pace, non c
amore, non c unione, non c niente. Nessuno in pace oggi. Dicono: Io faccio la signora, non bisticcio, non
le dico niente, lascio perdere, non mi metto con quella!.
E che cosa, mettersi o non mettersi, se siamo tutti niente! A questo non ci pensano! Siamo tutti niente! Uno si
fa pi dellaltro, e alla fine che cos? Non lo sa nemmeno lui perch si fa. Io vorrei chiedere a una di queste persone che si credono molto: per quale motivo si credono?
Siamo fatti tutti della stessa materia, no?
Oggi nessuno bisticcia, nessuno si sente fiatare nelle
strade, ma nessuno in pace, nessuno. Io non so come ci
troviamo oggi: non c unione. Solo per fare un quadro:
Ognuno faccia il fatto suo ecco, non si parla daltro.
Ma se uno non si fa il fatto degli altri, non capace nemmeno di fare il suo! Prendiamo il fatto dellamministrazione comunale questo non solo fare il fatto loro: devono fare i fatti degli altri. Per riuscire bene la societ e
per riuscire bene la loro coscienza, devono fare il fatto degli altri! Invece noi oggi non si sente altro che dire: Non
mischiarti, fai il fatto tuo, fai il fatto tuo. Non sanno dire altro. Invece prima non si diceva questo. Si andava, si
trovava la gente, si bisticciava anche, ma insomma ci si
andava a cercare. Ci si intrometteva, se cera una discordia in mezzo. Delle volte capitava peggio, ma delle volte
(la pi parte) capitava bene. Ci si interessava: Ma che
cosa siete, che cosa avete avuto, ho visto non cos, e si
andava, certo si andava a trovarsi. Ci si aiutava, non si
abbandonava cos la gente. Oggi (mi sembra) non che
si aiutano. Oggi ci sono i ricoveri, ci sono gli enti diversi.
A quei tempi non che potevano fare molti aiuti, ma li facevano. Non abbandonavano un orfano: pativa lo stesso,
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la colpa alle donne, ma loro non sono mai riusciti quando votavano, loro da soli!
Gli uomini dicono che la politica non cosa da donne.
Che ne pensa?
Non tutti gli uomini parlano cos. Io so di uomini che
dicono che le donne hanno rovinato la politica, la situazione. Io a questo rispondo perch ho vissuto anche a
quel tempo, prima di essere fatte elettori le donne : perch voi altri non avete fatto un governo giusto? perch
non lavete saputo fare, non ci siete mai riusciti? Dicevano di votare Cocco Ortu, e dicevano e parlavano di Cocco Ortu e un altro (non mi ricordo) che veniva qui e diceva che faceva una strada ferroviaria non so dove. Gli
uomini si imbambinavano papale, e questo faceva tutto e
diceva: Non votate questa volta il Popolare, invece era
il Popolare che ne usciva in quei tempi, era la Democrazia doggi! Me lo sa dire lei da cosa dipendeva questo, se
prima non cerano le donne che rovinavano tutto?
E oggi le donne si interessano di pi di politica?
Si interessano e capiscono pi degli uomini: non mi
sbaglio in questo! Non sto vantandomi n che capisco io
n che ne capisco di pi, perch anchio non me ne intendo tanto, perch ci vuole una certa cultura per fare politica, se no diventa veramente sporca di natura la
politica, sporca veramente, perch si deve dire bugie per
attirare, si deve difendere anche il cattivo nella sua parte,
nel suo partito, e non giusto. una politica sporca. Se si
faceva giusta la politica, si andava sempre bene. Ma si
perdono gli uomini quanto le donne, pi delle donne.
E se la politica la facessero le donne farebbero diverso?
S, certo che si doveva fare diverso. Quello che importa sempre nella politica, sia nei comuni sia nelle province
sia nelle regioni, al comando o al governo, che bisogna
cercare di fare giusto. Ci sono gli uomini adatti, ci sono, e
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uno sfegatato comunista tanto sfegatato che lo portavano a nome 36 e parlava di queste cose. Non condannava
nessuno, andava in chiesa qualche volta, e molti molti ce
nerano di suoi amici che io conoscevo da che andavo a lavorare. Andavano a giocare a carte e prendevano di questi
discorsi. Cera anche una nipote della signora dove andavo io, e eravamo tutte daccordo, tutte unite, tutta una famiglia. Per questo dopo ho capito la politica come stava.
E dicevano le cose come stavano. Ma li hanno condannati, sono stati tutti denunziati, questi che erano la sinistra.
Del nostro rione lo dicevano che era rosso e che votava sempre a sinistra: ma non che era rosso, era che capivano un po! Altro che!
Erano rosse anche le donne?
Un pochettino tiravano. Per qualcuna diceva: Io
faccio quello che voglio!, rispondeva al marito: Faccio
quello che voglio e ascoltava i sacerdoti. A quel tempo
parlavano molto male: io mi sono bisticciata nellAzione
Cattolica! Vede come sono? Quando ci penso mi dico:
perch lavr fatto questo? Alle prime elezioni aveva vinto
il sindaco: in questo rione il sindaco aveva messo lo stemma, il marteddu, il martello, falce e martello, ma le donne
che non capivano dicevano su marteddu e basta, con questo marteddu non la finivano mai! Andiamo alla riunione
dellAzione Cattolica e cera la presidente. Suo marito
rosso, ma un po mandrone,37 non lavorava molto, ma era
buono il marito, era di grande importanza. Questa signora, quando siamo arrivate tutte quelle del mio rione, cominciava: Passate voi al martello? Passate voi al martello?. Io alla fine mi sono stancata, mi sono alzata e le ho
detto: Ascolti signora Lia, si dovrebbe vergognare di nominare il martello: ci ha un marito che non lo sa prendere, il martello, e gli fa bisogno! c tanta miseria per non
36. Portare a nome, mettere il soprannome.
37. Mandrone, pigro.
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politica, e non se ne occupano. Vanno a fare il loro dovere e ascoltano di pi i mariti. Adesso le donne ascoltano
di pi. Prima non li ascoltavano, non tutte ascoltavano i
suggerimenti dei figli grandi che capivano qualcosa, dei
mariti. E chi se la prendeva, andava e, basta, faceva quello
che voleva. Adesso per la politica, la discutono di pi in
casa, familiare: ci sono dei figli studiati. Prima era unaltra cosa anche. Questo importante: ci sono i figli che
hanno vissuto tante cose a scuola, scioperi e questo e questaltro, e sentono i professori che sono di tante idee, molto diversi. Specialmente nellIndustriale sono tutti sinistri.
Sta avvicinandosi la fine del nostro colloquio e abbiamo
ancora molte cose di cui parlare per comprendere com cambiata la vita della donna. Volevo capire con lei cosa significhi la vecchiaia, e se oggi per la donna sia o non sia pi penosa che in passato.
Certo, la vecchiaia era brutta anche prima. I vecchi si
tenevano, si curavano, si andava a trovarli, cera pi amore, carit, affezionamento, perch cera la miseria, per
non cera mancanza di affetto. Oggi invece manca e vengono abbandonati per egoismo. Chi ha una casa bella,
troppo piccola e non ci sta la mamma, il babbo, un parente, una zia. Chi ci ha un lavoro interessante non pu
accudire, dice, e c sempre una scusa pronta e forte cos
come il ferro. Invece questa scusa forte prima non cera:
cera solo la miseria, si dava quello che si poteva, se non si
poteva fare pastasciutta si faceva la minestra.
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E a pensare di incorniciarle?
Per questo ci sono anche gli uomini, ci mettono un
po di attenzione. Non che se ne interesseranno molto,
per mettono attenzione pi di prima. Prima tutto questo non cera, ma non cerano neanche le fotografie. Bisogna pensare che alla nonna a Cagliari volevano fare la foto, ma lei ha detto: Non mi avrete, e mi volete vedere?
ha detto cos ridendo, e cos la sua nuora ha preso le foto
e le ha buttate.
In passato, compito delle donne era anche (credo) tutta
la cura del morto. cos?
Se era una donna, si occupavano le donne, ma se era
un uomo si occupavano gli uomini: di andare a vestirlo,
andare a fargli compagnia. Se nella famiglia del morto
cera un uomo o un paio di uomini, andavano gli uomini
di notte a fargli compagnia, a tenere le cose. Per certo ad
aiutare a fare un po di pulizia, a mettere in ordine per
lora della morte (come dicevamo) andavano le donne.
C unaltra usanza per i morti, ma adesso lhanno portata
via. Se era morto un confratello della Madonna o di Santa Croce, per vestirlo e mettergli labito doveva andare un
confratello; lo stesso, quando moriva una o uno del Terzo
Ordine di San Francesco, doveva andare una terziaria o
un terziario a mettergli il cordone di San Francesco.
E a piangere il morto, a fare sattittu39 erano le donne?
S, s, le donne. Adesso non si fa pi.
Era bello o era brutto?
Eh, secondo. Se cera la pace e lunione era bello. Ma a
quei tempi tra chi andava ci poteva essere anche un po di
discordia. Come stavo dicendo, gli uomini pensavano di
lavorare e pi spessamente si ammalavano le madri di famiglia e ne moriva qualche giovane, cos, e forse era stata
39. Sattittu, il lamento funebre.
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Cera da ridere davvero! Dicevano delle cose proprio cattive! Se ne dicevano di tutti i colori.
Lei cosa ne pensa? Una volta, se una persona moriva era
tutto il paese che se ne interessava: adesso mi sembra molto
cambiato.
S, questo cambiato, vero. Dipende anche dal fatto
che centra sempre un po di intelligenza in mezzo, mentre prima dipeso sempre dallignoranza. Tutte sapevamo
che si doveva morire, eppure si faceva di queste cose. Invece adesso anche se siamo cattivi, si pensa che naturale,
che deve venire la morte, che non colpa di questo o dellaltro. Si pensa, saffronta di pi la morte, pi serena, si
riceve con pi serenit.
Anche i giovani?
S s, anche i giovani, tutti. Cos stato, dicono. Invece prima (come sto dicendo) si diceva: malata,
morta per questo e questaltro, andata scalza, non aveva
scarpe, non aveva questo e questaltro. Questo non si dice pi. Adesso si vede che si muore anche senza malattia:
quanti incidenti questo quello che si vede , quante
morti vengono senza malattia e senza motivo, possiamo
dire. Quante di queste cose non ci sono nei treni, nelle
automobili, negli aeroplani? Mi sembra che queste cose
han formato la diversit della vita.
molto interessante quello che sta dicendo, perch segna
un grosso cambiamento di mentalit. Io ho ancora molta
paura della morte.
S, abbiamo paura tutti della morte tutti, per istinto
Io non accetto, rifiuto la morte di una persona cara.
una sofferenza terribile.
S s. La mia mamma. Immagini, vedere la mia mamma. La mia nonna, ricordo lultimo momento. Le volevo
tanto bene. Ma tutte le ricordo. La nonna di Pietro, sono
cinquantanni eppure come oggi. Mia mamma morta
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ventanni fa (ventanni a dicembre, al 12 dicembre) di sera. una cosa che se non fosse una forza C una forza
superiore, mi sembra, e pi forte di noi, se no, non si resisteva allaffetto di perdere una persona cara. Ma dobbiamo riflettere davvero su di questo: che la morte naturale, che deve venire quando arriva lora. Non vero che ha
colpa nessuno. Diamo la colpa a qualcuno, ma non cos. Anche negli incidenti, vede, in guerra quanto pericolo cera in guerra! si son visti tre sottobraccio e morire
quello di mezzo, mentre i due di lato sono rimasti vivi.
Che cos questa forza di cui parla?
speranza, coraggio. Si vive sperando: una cosa
bella! Non avere speranza guai! La speranza, il coraggio
ci vuole, il coraggio che d la vita e la speranza. Se no, se
manca Tante persone io conosco che hanno delle cose
proprio gravi da sopportare, ma hanno un coraggio forte,
formidabile proprio, un coraggio che vincono tutto. E
porta anche fortuna, il coraggio! Io invece non sono coraggiosa tanto. Mi spavento troppo, perch sar anche il
male che ci ho, mi porta subito a non dormire e pi mi
perdo di coraggio, pi mi fa male, e quando non c forza, il coraggio si perde.
Vorrei avere io il suo coraggio!
Il coraggio ci vuole. Mi sembra dalla mia poca esperienza che il coraggio fa molto, ma che sia un coraggio
buono, non un coraggio malvagio. Si deve far coraggio:
Ma s, ho fatto male, lascia perdere, domani forse si accorger del male che ha fatto. Io mi faccio coraggio, lo
devo soffocare il male che mi ha fatto, eccetera eccetera.
Se non si d coraggio, o se si ha un coraggio cattivo o volgare, si dice: Mi ha fatto questo: ma io ho il coraggio di
ammazzarlo, di fargli questo e questaltro!. Il coraggio
come tutte le cose deve essere buono: un coraggio buono
e basta, che porta avanti tante difficolt.
Grazie, Maria, per tutto questo.
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DOPO LINTERVISTA
Mi domando ancora che cosa tutto questo abbia significato per lei, perch abbia accettato di passare attraverso
unesperienza cos nuova e diversa, peraltro sempre da lei condotta con tale misura e fiducia nel proprio intelletto da farla
persino astenere da quellatto di narcisismo o di controllo che
il riascoltarsi dopo la registrazione. Daltra parte, questa
grande sicurezza davanti al mezzo (indice certo di altri ordini di interne sicurezze) si accompagnava a non so quale forma di riserva o di prudenza, che, nel corso delle conversazioni informali a registratore spento, la portava a minimizzare
la portata dellinteresse di quanto poco prima aveva affermato pubblicamente. Questo atteggiamento sarebbe diventato
ancor pi evidente un paio di mesi dopo, il giorno in cui una
mia amica, venuta dalla citt a portarle i miei saluti e a
chiederle se le piacesse la trasmissione, si sent rispondere che
forse non si era mai neppure registrato, e che comunque le cose che aveva detto erano bazzecole di nessuna importanza.
Era presente a questi discorsi una cugina, credo la vera destinataria del messaggio. Cos ridimensionandosi, Maria sembrava mettere in atto il massimo del suo orgoglio rispetto a s
e rispetto al mondo, comportandosi secondo il suo motto preferito: N troppo molto, n troppo poco. O forse si difendeva anche dagli altri, di cui temeva invidie e maldicenze?
Maria sembrava operare una precisa distinzione tra due livelli del suo parlare: quello del parlare per un mondo, vasto
ma distante, anonimo e pertanto innocuo, e quello del parlare per un paese, fatto di persone concrete, rispetto alle cui possibili reazioni avrebbe dovuto misurarsi. Del prossimo immediato sembrava conoscere, in tutte le pieghe pi segrete, le
regole di un gioco, che peraltro sapeva pi forte della sua intelligenza e delle sue capacit di intervento. Non posso certo
affermare con sicurezza che le cose per lei siano andate proprio in questo modo, certo, questa possibilit di interpretazione del comportamento di Maria apre grandi spazi di fronte a
una questione di ordine pi generale, che concerne il rapporto,
niente affatto meccanico e conseguente, tra coscienza critica e
possibilit di un intervento pratico. Ma di questo problema,
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che proprio la forte esperienza dellintervista a Maria ha contribuito a rivelarmi in tutta la sua importanza, si parler
pi avanti. Ma Maria anche una donna forte, che non si
ritira di fronte alle sue opinioni. prudente, ma non pavida. Quando le scrissi chiedendole il consenso di pubblicare il
testo dellintervista, mi chiese qualche giorno per riflettere.
Poi, al telefono, mi rispose che s, acconsentiva, anche se non
senza problemi per quanto concernevano gli eventuali riferimenti alle persone di cui poteva avere parlato. E sintetizz la
complessa questione con queste testuali parole: Metto la mia
paura a fianco della sua intelligenza. Dovevo essere io a trovare, nel mio terreno specifico, una soluzione che comprendesse anche le questioni proprie del suo terreno specifico. Spero di essere stata sufficientemente prudente nellassicurarle che
avrei cambiato i pochi nomi che comparivano nellintervista.
Maria comunque concluse a questo modo il nostro colloquio:
Alla fine, succeda quel che succeda!.
Mi ero prefissata di fare a Maria unintervista strutturata, che si articolasse su una serie di punti concernenti le trasformazioni di ruolo e di valori della donna. Dietro le mie
domande stava, come ho gi accennato, il ricordo di tanti
colloqui informali tenuti con lei e una certa conoscenza dei
cambiamenti sociali ed economici della Sardegna. Stava anche lo schema teorico, entro cui cerco, in linea di massima, di
inquadrare origini e prospettive dei cambiamenti di ruolo
della donna rapportandoli a quelli del ruolo economico della
famiglia entro formazioni sociali differenziate. Seguire la fine del ruolo produttivo della donna allinterno della famiglia
patriarcale di autosussistenza significa di fatto interrogarsi
non solo sullo sfruttamento della donna, ma anche sul grande
peso economico e morale che essa aveva in seno alla famiglia
tradizionale e in alcuni precisi spazi sociali ad essa connessi.
Oggi che le fila della produzione e del consumo sono tenute
altrove nel senso che la famiglia consuma quello che lindustria produce le sollecitazioni allesplosione del nucleo familiare sono infinite ed hanno anche come conseguenza quellimpulso delle donne a fuggire di casa che anche Maria ci
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coerenza una serie di critiche al potere maschile che in qualche modo circolavano nel segreto del mondo delle donne e che
da sempre sono state ancor pi consistenti ed esplicite in quella societ pastorale delle zone interne della Sardegna, che doveva di necessit concedere alla donna un ambito di autonomia economica e decisionale molto maggiore rispetto, ad
esempio, a quanto non fosse possibile in societ contadine, caratterizzate da differenti forme di divisione sociale del lavoro.
Ma le scelte di Maria sono state radicali e la sua ricerca di
autonomia di donna lha portata ad impostare la sua vita
reinventandosi il modello della nubile, che trova la propria
emancipazione attraverso il rifiuto del sesso e la valorizzazione dellimportanza delle qualit intellettuali. questo un
ruolo per cos dire gi predisposto socialmente, comunque
molto difficile da sostenere e che richiede da parte della donna molta forza e coerenza: quelle virt che Maria chiama col
nome di coraggio e di speranza. (E, detto per inciso, donne
emancipate in questo senso non appartengono solo alla storia
dei nostri ceti borghesi: possibile incontrarne anche nei villaggi ed hanno, come affini per ruolo, tutte quelle figure di
vedove che rifiutano le seconde nozze e si impegnano in incredibili attivit lavorative, che richiedono non solo fatiche
fisiche e stress psicologici, ma anche tante capacit inventive e
perfino imprenditoriali). Per tornare alla nostra Maria,
possibile che queste sue scelte di vita siano state in qualche
modo condizionate dal fatto di essere vissuta in un mondo di
donne, in cui il passaggio del maschio aveva significato solo
oltraggio e abbandono. Ma faremmo torto alla sua intelligenza e allintera sua persona se riducessimo a questo solo antecedente la storia della sua lunga e coerente lotta per mantenersi
fedele al suo modello di autonomia. Il mio rifiuto di una lettura esclusivamente psicoanalitica di un personaggio deriva
in effetti dal rifiuto di una visione aprioristica per cui molto
riduttivamente si riconduce a un unico impulso originario
quella che al contrario la continua storia di una vita che si
struttura in costante riferimento alla societ che la circonda
ed ai modelli di comportamento da essa elaborati.
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ma anche perch sia stata essa stessa privata di ogni possibilit di riconoscimento e di valorizzazione, per cui gli episodi
dellesistenza di una donna al di fuori del momento delle
nozze risultano insignificanti e indegni di essere raccontati.
Lintervista avrebbe invece permesso di raggiungere due obiettivi: avere indicazioni sulla realt oggettiva delle trasformazioni del ruolo della donna e soprattutto offrire unopportunit per il massimo dispiegamento della intelligenza critica
del nostro personaggio.
Veniamo ora a questioni pi specificamente proprie al
modo con cui si svolta lintervista e la sua trascrizione. Rispetto a Maria, le mie domande sono state poche e per lo pi
molto brevi. Molto raramente ho dovuto chiarire meglio il
mio concetto con qualche ridondanza che ho eliminato dal
testo trascritto. Qualche osservazione pi complessa devo invece riservare ai problemi di trascrizione del testo orale. Il
linguaggio di Maria come la sua voce: chiaro ed essenziale.
Maria parla litaliano con quella grande propriet che hanno molti sardi, per i quali lapprendimento di una lingua
straniera molto diversa, com la nostra, avviene al prezzo di
una quasi totale sostituzione dellun modello sullaltro, senza
quasi creazione di nuovi ibridi.
I sardismi che Maria usa non sono molto numerosi (troppo per molto, ne pleonastico, verbo essere pi gerundio,
ecc.). Ma luso estremamente proprio che essa fa di congiuntivi
e condizionali, di termini raffinati o astratti (intimit, valorizzare, ecc.) non dipende soltanto dalluso meccanico di un
calco estraneo: anche raffinatissimo uso di una lingua che
padroneggia perch possiede gli strumenti critici per accederne
alla cultura. Per quali mai vie Maria si sia procurata questi
strumenti poi il problema che pi ci affascina.
Per rendere leggibile lintervista, ho comunque dovuto
operare qualche intervento sul registrato. Il primo, pi esterno,
concerne lordine di montaggio degli argomenti, che non
esattamente quello del colloquio iniziale, in cui pur avendo
io chiaro a priori il complesso dei temi da affrontare si passava da un argomento a un altro con maggior casualit. Non
ho comunque operato tagli di sorta. Il secondo intervento concerne il linguaggio, e va pi in profondit. Le differenze tra
parola parlata e parola scritta sono non marginali e di vario
genere. Oralit e gestualit si completano a vicenda, formando un discorso che altro da quello della pagina scritta. Loralit inoltre fa spesso ricorso a strutture pi paratattiche che
sintattiche, dovendo le singole affermazioni susseguirsi man
mano che prosegue il pensiero del parlante. Consente infine
di iniziare frasi, che possono non essere portate a termine e soprattutto permette la sostituzione, mediante aggiunte successive, di termini o locuzioni che si ritengono pi o meno adatti.
Il carattere definitorio della pagina scritta esclude necessariamente questa fluidit. Di qui, tutti i problemi che comporta
un passaggio da testo orale a testo scritto, passaggio che finisce
collessere una vera e propria traduzione. Per mia parte, ho
tentato una traduzione dellintervista a Maria cercando di essere il pi discreta possibile, eliminando frasi monche ma poi
riprese con parole diverse o con altri giri di frase, raccordando
con congiunzioni, pronomi e verbi ausiliari frasi troppo paratatticamente disperse, rarissime volte intervenendo sui modi
verbali. Non ho mai invece aggiunto aggettivi, pronomi, sostantivi o verbi nuovi, a meno che non ripetessi, per rendere
il testo pi perspicuo, parole dette da Maria nelle righe precedenti. Mediante questi accorgimenti ho cercato di arrivare
alla traduzione di un discorso che assieme fosse leggibile e riuscisse in qualche modo a riprodurre non solo le parole, ma
anche i ritmi e le cadenze delle frasi del discorso di Maria.
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De Martino quando affermava non solo che la ricerca metteva in causa noi stessi, ma anche che era necessario, proprio
ai fini di un corretto processo cognitivo, dichiarare apertamente il punto di vista teorico da cui si parte. Quanto a me,
aggiungerei anche che gli innamoramenti non sono fenomeni casuali, ma cadono in ben precisi momenti della nostra
vita, sovvertendo e, se le cose vanno bene, ricomponendo in
modo nuovo il complesso caleidoscopio delle nostre persone e
a loro volta caricandosi di tutta la storia dei nostri precedenti amori, delle nostre precedenti delusioni di noi stessi, di noi
stessi rispetto agli altri e rispetto al reale che ci circonda
E allora ripercorriamo un po questa storia.
La storia delle mie precedenti ricerche , proprio sotto
questo riguardo, sintomatica del progredire di una crisi di
rapporto: rapporto ricercatore-ricercato, rapporto tra produttore e fruitore della ricerca. una crisi che si fatta sempre
pi acuta quanto pi si venuto tetramente afflosciando
quel momento di intensa creativit culturale collettiva che
ha avuto il suo vertice tra la fine degli anni 60 e il primo
inizio dei 70. Ricercai sulle feste lunghe e sul malocchio in
anni in cui in fondo aderivo ancora in parte a un certo meridionalismo, anche se cercavo di aggiornarlo tenendo conto
di come determinati complessi ideologico-pratici operanti a
livello sovrastrutturale (feste, malocchio ecc.) fossero stati parzialmente distrutti ma anche parzialmente riutilizzati con
segno nuovo da parte dellattuale sistema economico-sociale.
Utilizzai per queste ricerche varie metodologie: losservazione partecipante, lintervista libera, il questionario. Ma
gi cominciavano a mettersi in questione molte e diverse cose. Sul piano pi propriamente metodologico, le critiche in
sostanza erano due: Il questionario puntava sullevidenziazione di situazioni tradizionali; parallelamente, il rapporto
di cordialit che legava intervistatore ed intervistato finiva
inevitabilmente per inserirsi entro uno di tipo clientelare,
che confermasse ciascuno nel proprio ruolo gerarchico (Il
consumo del sacro - Feste lunghe di Sardegna, Bari 1971,
p. 246).
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Rifiuto della ricerca folclorica. Non credevo (e non credo tuttora) che il folclore sia cultura di contestazione, ma
neppure che faccia parte di un presente da tematizzare. Paradossalmente, anche se so che le cose sono molto pi complesse, potrei affermare che, specie dopo il boom economico e
la divulgazione della ideologia dei consumi, del nostro passato culturale si piuttosto teso a far tabula rasa. In questa
situazione, mi sembrava che la ricerca folclorica avrebbe potuto trovare la propria legittimit solo in quanto ricerca storica, pertinente ormai al passato (per quanto un passato relativamente prossimo, che poteva essere studiato mediante
lutilizzazione di fonti orali). A suo tempo, avevo archiviato
i greci e i latini, seppellendoli con un trionfale atto di rilettura delle loro tecniche di potere ideologico. Avevo allora
cercato un impegno pi attuale, inseguivo quello che forse
era il mito sessantottesco di unattualit impegnata. La storia passata non mi bastava. Lo studio del folclore, per cos
dire, storico continuava a interessarmi, facevo ancora ricerche in questa direzione, ma con molta inquietudine e insoddisfazione. Non avevo ancora capito o piuttosto non
avevo ancora dato il giusto valore a cose che gi sapevo
limportanza del recupero delle memorie, azione importante
non solo quando ci colleghi a una tradizione di lotte, ma
anche quando ci faccia riflettere sulle condizioni di vita del
passato per confrontarle con quelle doggi. Lintervista a
Maria ha per me contribuito a far precipitare in senso positivo questo amalgama di intuizioni, che erano rimaste sparse e marginali. Tornava a riproporsi nella sua centralit teorica quel modo di intendere la ricerca etnologica come
scienza del confronto cui gi si riferiva Ernesto De Martino e che per me, entro lo specifico della ricerca folclorica,
avrebbe avuto pi o meno il significato cui ho brevemente
accennato allinizio di queste pagine.
Crisi anche di referente. Tornava, sempre pi acuta, la
necessit di trovare una corrispondenza pi reale, di individuare un ambito di identit di bisogni condivisi da ricercatore e ricercato.
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nella non tranquilla parabola di questo processo culturale che si inserita, in modo del tutto inatteso, la strana
gioia dellintervista a Maria. Per la prima volta sperimentavo una situazione alla pari: alla pari nel senso che, nonostante le ovvie e innegabili differenze di censo e di ceto, ci
misuravamo entrambe nellambito dello stesso ruolo pubblico, quello di due donne che, mediante un mezzo di comunicazione di massa, comunicavano ad altre donne i risultati
delle loro esperienze.
So bene che in questo particolare tipo di lavoro culturale
non si esaurisce tutto quel far ricerca antropologica, alla
quale continuo a chiedere tanto lelaborazione di modelli
teorici quanto linvenzione di nuove forme di rapporto tra
ricercatore e oggetto della ricerca. Ma so anche che lavere per
la prima volta provato che cosa intimamente significhi anche in termini di sospensione di quel tipico disagio che ha
provato ciascuno di noi quando si trova a far domande su
un oggetto che interessa allantropologo e non allintervistato,
che in quel momento ha altri interessi, altri bisogni il poter mandare avanti assieme allaltro, sia pure per breve tempo, unoperazione conoscitiva.
Una volta data questa evidenza, mi sono detta che sarebbe stato anche bene capire un po pi da vicino quello che
poteva significare per me. Da questo incontro non avrei certo
potuto trarre il modello di un nuovo tipo di ricerca, ma almeno avrei potuto fare il punto di quei primi passi che stavo
intraprendendo verso direzioni che potevo almeno sperare come personalmente meno frustranti e soprattutto culturalmente pi dignitose per tutti.
Anzitutto, mi sono chiesta se Maria non abbia potuto essere stata valorizzata in quanto personaggio anche come conseguenza di quel ritorno al privato, che si dice caratterizzi la
temperie culturale di questi ultimi anni. Non escludo che
questo fatto abbia contribuito a farmi riscoprire e rivalutare,
in questa occasione concreta, limportanza che anche la soggettivit individuale riveste allinterno di un fare sociale della cultura, che in passato avevo involontariamente finito per
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Qualche differenza tra vecchio e nuovo modo di fare ricerca cera, non fossaltro perch erano cambiate alcune cose
nel mio atteggiamento di fondo, a suo tempo inavvertitamente segnato da limiti e pregiudiziali. Al di l delle mie buone
intenzioni democratiche, dovevo riconoscere che del mio passato intellettuale aveva fatto parte anche un certo numero di
riserve rispetto ai miei oggetti di ricerca, riserve che avevano
finito per influire sulla qualit stessa e la scelta dei temi. Scoprivo di essere stata condizionata, molto pi di quanto non
avessi creduto, dalla mia cultura di appartenenza, nello specifico dalla cultura di una persona medio-borghese.
Che cosa aveva significato per me a suo tempo, losservazione partecipante? Avevo abitato nei paesi, mangiato con le
persone, simpatizzato con loro, giocato con loro. Per avevo
anche ad ogni momento compiuto quella tipica operazione
classica ormai in tutte le teorizzazioni antropologiche del
ritorno alla mia cultura. Ero continuamente una giudicante,
giudicante in base ai suoi parametri. Con questo, non intendo propormi ora su posizioni di una mistica identificazione
negli altri, che finisce per comportare la rinuncia al proprio
giudizio e alla costante verifica dei propri strumenti di conoscenza della realt. Per devo riconoscere anche che, arrogando solo a me il diritto alla critica, implicitamente finivo per
affermare che tutto il torto stava dalla parte degli altri e tutte le ragioni dalla mia. Mi spiego. Sapevo molto bene che,
ad esempio, le donne che credevano nel malocchio non avevano tutti i torti, ma pensavano ed agivano in base a delle
ragioni sociali e culturali che si esprimevano attraverso quel
linguaggio. Per, in ultima analisi, chi aveva diritto e dovere
di giudicare di quel linguaggio ero soltanto io, mentre non
mi sfiorava neppure il sospetto che anche gli altri potessero
avere qualcosa da dire sul mio conto. Non mi accorgevo cos
di rifiutare unesperienza preziosissima: quella di essere veduti e giudicati noi stessi, in una dinamica di confronto.
Questo confronto possibile solo se ci poniamo in una
posizione di ascolto dellaltro, dei suoi bisogni e delle domande che egli in modo esplicito ma anche implicito ci pone.
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Si tratta cio di individuare in quale settore della propria vita ciascuna persona sia maggiormente in grado di esercitare
le proprie capacit critiche. Magari star dentro fino al collo
in unesperienza che la consuma, di cui comprende le dinamiche interne e non le ragioni pi vere e distanti. Ma quante
cose ha da dirci, e le possiamo dire, se noi rimaniamo entro il
suo terreno noto e praticato. Penso, per fare un esempio tra
tantissimi, allalta competenza del proprio universo che pu
dispiegare una donna quando ci parla del suo rapporto con
gli oggetti di casa, rapporto tanto spesso cos lucidamente colto
nella sua complessa valenza di creativit, dipendenza, lavoro.
Di questa intelligenza segreta segreta perch devalorizzata
dalla cultura ufficiale, che tende a negarla ancora troppo
poco venuto alla luce. Di fatto, molto difficile assegnarle
una giusta collocazione senza n mitizzarla n ignorarla. Mi
sembra che entrambe le tendenze siano presenti oggi nella nostra cultura. Mi riferisco da un lato a un certo filone di studio e di intervento che privilegia la messa in luce, di una
soggettivit antagonista che si dispiegherebbe soprattutto a
livello di ceti subalterni ed entro le forme delloralit: con il
rischio appunto di attribuzione di facolt carismatiche a
gruppi, ceti o classi per i quali non pu certo essere sufficiente
la subalternit come fonte di antagonismo correttamente indirizzato. Dallaltro lato penso al movimento femminista,
che ha individuato limportanza di una ricostruzione storica
del ruolo delle donne, ma che ancora compie questa lettura
sottolineandone pi gli aspetti di sfruttamento o quelli di
una creativit culturalmente emergente che non, ad esempio,
la segreta intelligenza che si richiede nella vita quotidiana
anche della pi integrata casalinga.
Va anche detto che intelligenza, coscienza critica, sono
elementi fortemente creativi. Anche su questo punto bisogner cominciare a fare qualche riflessione.
La ricerca antropologica ha a lungo privilegiato lo studio
delle strutture sociali e delle istituzioni culturali. Il cambiamento stato visto prevalentemente come una risposta a una
dinamica conflittuale, ma resta un punto oscuro perch si
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INDICE
Nota introduttiva
Intervista a Maria
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Dopo lintervista