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Appunti di Archeologia

Sardegna nuragica 1

Collana
Appunti di Archeologia

Giovanni Lilliu

Giovanni Lilliu
SARDEGNA NURAGICA

Cura editoriale
Paola Sotgiu

Sardegna nuragica

Guida ai siti a cura di Giulio Concu


Glossario a cura della redazione Il Maestrale

Progetto grafico e impaginazione


Nino Mele
Imago multimedia

2006, Edizioni Il Maestrale


Redazione:
via Monsignor Melas 15 - 08100 Nuoro
Telefono e Fax 0784.31830
E-mail: redazione@edizionimaestrale.com
Internet: www.edizionimaestrale.com

ISBN 88 - 89801 - 11 - 5

La casa editrice esperite le pratiche per acquisire tutti i diritti relativi al corredo iconografico della presente opera, rimane a disposizione di quanti avessero comunque a vantare ragioni in proposito.

Il Maestrale

SARDEGNA NURAGICA

Nuraghe Lo sa,
Abbasanta

STORIA DELLE SCOPERTE E DEGLI STUDI

lla met del secolo XVI


Sigismondo Arquer, in
Sardiniae brevis historia et descriptio, tabula chorographica insulae ac metropolis
illustrata (Cosmographia Universalis di S. Mnster), tra le
curiosit della Sardegna, descrive, per primi, i nuraghi.
Antichissime rovine egli dice
costruite a somiglianza di
torri rotonde, ristrette in alto,
fatte di grossissimi sassi, presentano porte strettissime e,
dentro lo spessore del muro,
scale che portano alla sommit. Le rovine che gli abitanti
dellisola chiamano nuraghos,
a forma di fortezza sono forse
resti delle opere di Norax, il
dux venuto in Sardegna con
gli Iberi-Hispani, fondatori
della citt di Nora. Dopo questo scritto e sino alle soglie
dell800, gli autori che si sono
occupati delle antichit sarde
hanno avuto interesse soltanto
per il nuraghe. Nella concezione metastorica che avevano
del pi remoto passato (del
periodo congetturale, si diceva allora), essi si incuriosivano per il monumento a se stante, vistoso nella sua architettura. Nessuna idea del contorno

Tomba di Giganti
S e d d a e S a C a u d e b a,
Villanovaforru

ambientale e culturale in cui la


forma fisica era nata e si era
specchiata, costituendo lelemento di maggiore attrazione
e significato.
Le domande alle quali si
tenta di dare risposta sono
quelle sul popolo (o popoli)
che avrebbe fatto erigere tanti e cos singolari edifici e sul
tempo della loro costruzione,
nonch sulla loro destinazione. Secondo le inclinazioni
delle varie epoche, gli autori
ne hanno dette delle belle.
Nel secolo XVII, come artefici di nuraghi sono chiamati in causa i grandi demiurghi
nazionali sardi (oltre Norax, Iolaos e il suo architetto
Dedalo); ma anche i TitaniEtiopi (entra in ballo lelemento favoloso dei popoli-giganti). Nel secolo XVIII, la
influenza della letteratura biblica porta a fantasticare di
genti antidiluviane; taluno,
per, scende terra terra vedendo lintervento di GrecoSardi o di vari popoli locali
foederati ac socii. Da ultimo
spunta la feniceria, di gran
moda nel dibattito ottocentesco sui nuraghi e altre cose
della cosiddetta antistoria.
Sardegna nuragica _ 7

Quanto allet delle torri, si


brancola nel buio. Per i pi,
tempi antichissimi e mitici,
quelli degli eroi, dei giganti,
dei paladini, degli orchi, e anche del diluvio. Il gesuita Matteo Madao (secolo XVIII) azzarda una data: il 1227 a.C.; ci
azzecca per un periodo dello
sviluppo dei nuraghi. Ribassista Stanislao Stefanini (stesso
secolo), che scende al tempo
delle guerre tra i Sardi e gli
eserciti punico e romano.
Opinioni tra le pi disparate sulla destinazione del monumento: fortezza, sepolcro
(mausoleo, trofeo, casa dabitazione, silos. A formare questa girandola di pareri, per lo
pi di gusto retorico e letterario (non passa la minima idea
sul contenuto della costruzione in cultura materiale), contribuisce anche la pretesa di
dare soluzione etimologica al
nome di nuraghe. E qui si assiste alla pi accesa e fantasiosa, quanto inutile, gara di
proposte: nuraghe dalleroe
Norax e da Nora, o dal greco
noeros (memorialis) e necraces-necros (defunctum), o dal
fenicio nura=fuoco. Un gioco
etimologico da eruditi di provincia, che nulla sanno e capiscono di archeologia professa e militante.
Il tentativo che si fa di trovare le ragioni esplicative del
monumento anche nel confronto con forme architetto8 _ Sardegna nuragica

niche esterne alla Sardegna finisce nel generico, perch


assolutamente superficiale la
conoscenza che se ne ha. Obelischi, tholoi, letrusca Grotta
(o Tanella) di Pitagora, sono
portati a riscontro, senza un
qualche giusto nesso formale
e storico.
Su questo sfondo conoscitivo, di tono classicheggiante,
barocco, ma soprattutto mitico creatosi intorno ai nuraghi
dal secolo XVI al XVIII, l800
introduce un modo positivo
di guardare al fenomeno nuragico. Si avverte cio la presenza dellocchio archeologico,
anche se restano non poche
incrostazioni, alimentate dal
clima romantico dellepoca,
del passato favoleggiare. Al
movimento contribuisce lingresso della cultura laica, sebbene continui lapporto, una
volta esclusivo, di uomini di
chiesa di spiccata intelligenza
(Vittorio Angius e Giovanni
Spano). Linteresse altres
ravvivato dal contributo dei
viaggiatori stranieri che giungono alla ricerca delle meraviglie dellisola dimenticata.
Essi svelano ai locali il megalitismo atlantico e mediterraneo, recano il messaggio pelasgico presunto nel ciclopismo di Micene e italo-etrusco, n si fanno scrupolo di
stabilire approcci tra il colossale nuragico e la monumentalit di piramidi, ziqqurath,

Su Nuraxi,
Barumini

Tomba dei Giganti


di Madau, Fonni

teocalli, tumuli anatolici, topes dellAfghanistan, torri


del fuoco dellIndia e chi pi
ne ha pi ne metta.
Accostamenti epidermici
vero, pure impressioni talvolta nello stile del viaggiatore,
ma tali da spingere linteresse
ad allargare positivamente la
comprensione del sino ad allora isolato patrimonio monumentale sardo pi remoto.
Gi allinizio del secolo ci si
10 _ Sardegna nuragica

accorge che questultimo non


fatto soltanto di nuraghi.
Il padre agostiniano Gelasio
Floris, per primo, addit la
presenza di pietre fitte (menhirs in lingua bretone). Pi
tardi, a comporre la complessa tematica nuragica, vennero
la scoperta di tombe di Giganti, di pozzi (per i quali si favoleggi di carceri e altre amenit), e lindividuazione della
piccola plastica in bronzo

(nella materia venne purtroppo anche linganno di centinaia di falsi orripilanti, che fecero mostra privilegiata di s nel
Museo Archeologico e Scienze naturali di Cagliari, sorto
nel 1802 e vi restarono sino a
quando non li cacci via Ettore Pais alla fine del secolo). Fu
Alberto della Marmora, che
alla passione ornitologica e di
geologo e allattenzione per la
storia e le tradizioni dellisola

associava linteresse per le sue


antichit a svestire i monumenti nuragici e il nuraghe pi
di tutti dei veli (o per meglio
dire degli spessi e impenetrabili panni) del mito.
Visitandone una quantit,
disegnandoli, descrivendoli,
mettendoli sulla carta topografica, egli dimostr che le
antichissime torri sarde non
erano castelli in aria, sperduti
in una sorta di deserto dei
Sardegna nuragica _ 11

N u r a g h e S . A n t i n e,
Torralba

Tartari, ma fabbriche legate a


precisi territori e a forme di
vita con cui facevano tuttuno. Dimostr anche (ma gi
laveva scritto V. Angius, proponendone una classificazione) che la costruzione non
era rimasta eternamente un
isolato volume a secchio di
sabbia rovesciato, ma aveva
maturato col tempo, aggregando torri minori alla maggiore delle origini, una complessa storia architettonica e
civile. A entrare nella trama di questa
storia, compatta e
arruffata, prov
G. Spano, con
laiuto dello scavo
(anche di quello
stratigrafico, che mira a leggere le sequenze
delle culture e dei tempi) e
dei materiali restituiti allinterno e allesterno dei nuraghi e di altri edifici megalitici.
Sullonda del Congresso internazionale di paleontologia
celebratosi nel 1871 a Bologna, un congresso festoso, dove tirava laria nuova dellunit nazionale (accolse i congressisti la banda cittadina),
egli propose tre et o strati
della presenza delluomo in
Sardegna nel periodo preistorico, pur restando ancora alla
idea biblica delle prime stirpi
nel quadro duna storia umana monogenetica e allapporto caldeo-cananeo. Il che sta-

va bene con tutta la cornice


orientale, e fenicia particolarmente, nella quale il secolo
XIX colloc il dipinto, per la
verit assai monotono, dellantistoria della Sardegna.
Cos forte era, allora, lideologia fenicia, che Alberto della Marmora, pur essendo uomo di stampo positivista, si
lasci andare al sogno dun
impero cananeo esteso dallAsia alla Scozia (al che altri
rispondeva col disegno fantastico di una comunit
pelasgica diffusa
dalla Bitinia alla
Celtiberia).
Con la tripartizione in Et della
Pietra, del Bronzo
e del Ferro, caratterizzata da diversi elementi di cultura materiale, G.
Spano saldava la preistoria
sarda a quella europea, sprovincializzava lo studio delle
testimonianze dellepoca cosiddetta congetturale la
quale ora non lo era pi a causa delle nuove acquisizioni
metodologiche e scientifiche,
per quanto limitate esse fossero. In particolare, riguardo ai
nuraghi, che il canonico di
Ploaghe riteneva abitazioni
(altri suggerivano ipotesi alternative di tempio, sepolcro
e fortezza), limmagine mitologica cade definitivamente.
Inserite e legate al territorio
che si tenta di delimitare,
Sardegna nuragica _ 13

espresse dalla struttura economica di un paesaggio fortemente antropizzato, le grandi


torri, con i prossimi villaggi,
sono opera dice Spano di
uomini non barbari o selvatici, ma inciviliti e agricoli.
Col tramonto del secolo cede anche il mito pi resistente,
lideologia fenicia, letnico
cananeo. Lo rimuove Ettore Pais, che cerca di comporre
archeologia nuragica e storia,
fondandosi sulla tradizione
letteraria che la schiarisce,
sebbene a intermittenza. Egli
d il merito dellorigine e dello
sviluppo della protostoria isolana ai veri protagonisti, ossia
ai sardi indigeni, ritenuti di
estrazione occidentale, di matrice etnica e linguistica libioibero-ligure (ci che giusto,
ma solo in parte). Nella perenne dialettica della storia antica
mediterranea di Oriente e Occidente, lOccidente viene recuperato ed enfatizzato, rovesciando lideologia.
Ma il risultato pi importante dello studio del grande storico romano resta lidentificazione di una civilt locale, con
un marchio specifico, molto
singolare. Di questa civilt egli
non legge ancora le singole vicende, per quanto tenti di individuare due fasi inseguendo
un certo progresso nella metallurgia. La fase pi antica,
originale, la suggerirebbero i
bronzi non figurati; della pi
14 _ Sardegna nuragica

recente, tributaria del mercato fenicio-punico, sarebbero


segno statuette e navicelle in
bronzo, oggetti di ferro, paste
vitree e ambra. Lombra dei
Fenici, che il Pais aveva rimosso dai nuraghi, si fa nuovamente corpo come decisa ed
esclusiva influenza sulla produzione materiale dei Protosardi.
Come si vede, il terreno
preparato, sotto il duplice segno dellarcheologia e della
storia, per il grande sviluppo
che la nuragologia (intesa nella globalit dei suoi contenuti)
ha avuto e ha in questo secolo.
Esso comincia felicemente
con un volume di sintesi di
Giovanni Pinza (Monumenti
primitivi della Sardegna). Anche per il Pinza la civilt nuragica si produce lungo le Et
del Bronzo e del Ferro. Egli
studia le classi dei monumenti, i materiali, affronta i problemi cronologici, che rimangono per fondamentalmente
irrisolti. Insomma, una visione dinsieme della protostoria
della Sardegna che, per quel
momento, non poteva essere
migliore. Il capitolo sui nuraghi abbastanza elaborato;
pi in profondit va lesame
sui prodotti metallurgici, nei
quali riconosciuta una corrispondenza di tipologia manifatturiera e di formule stilistiche con la produzione etrusca
cosiddetta di arte orientale.

Interno del Po zzo sacro


di S. Crist ina, Paulilatino

Il Pinza individua nella Sardegna dei nuraghi una certa


indipendenza culturale, una
identit regionale, e anche un
luogo di conservazione nella
mobilit mediterranea, una
sorta di scrigno di fenomeni
prototipici duri ad aprirsi
alle novit e al progresso. Immagine monolitica, chiusa a
riccio, della civilt nuragica.
Alla concezione di un processo nuragico senza scosse,
basato sulla forza della tradizione di un continuum, resta
fedele anche Antonio Tara-

Betili da Tamuli, Macomer

melli, il maggiore archeologo


sardo della prima met di
questo secolo.
Lantropologia, come la fisionomia etnica e monumentale, figlia della terra e dellambiente, egli scrive con
accento deterministico. La civilt sarda antica gli appare
un qualcosa senza precedenti,
conclusa in se stessa e nei suoi
principi, radicata sulla propria identit quasi immutabile. Una sorta di misticismo etnico ed etico del popolo nuragico, un senso di indivisione

di tempo-spazio dello stesso.


Isolamento, autoctonia, per
cui scrive ancora Taramelli
fu assai minore la somma
di realt e di affetti utili che la
gente sarda pot gettare nel
mondo. A parte questa ottica limitante, la stagione taramelliana (trentanni dal 1903
al 1933) fu fervidissima di
opere. Scavi di villaggi, dei
pi grandi nuraghi, di tombe
megalitiche, di santuari e di
pozzi sacri. E poi nutrite ricerche da campo, la carta archeologica e poi ancora una
quantit di pubblicazioni scientifiche e di divulgazione. Infine,
la realizzazione
dei nuovi musei
archeologici nazionali di Cagliari e Sassari.
Dallinsieme appare un disegno di attivit articolata e
diffusa nel territorio, mirata a
risolvere problemi dellarcheologia nuragica. Non solo:
indirizzata anche, nel possibile, a esplicare le opere e i giorni di un piccolo mondo antico
che per i pi era ancora una
sfinge. Premeva altres di svelare i risvolti intricati duna
civilt straordinaria che sembrava non avere avuto proiezioni allesterno, mentre dopo
la ricerca risulter che ce nerano state, e non poche.
Le esplorazioni topografiche mettevano in evidenza un

assetto durbanismo per distretti, con villaggi diffusi nel


territorio il cui centro direzionale di vita e di lavoro era il
nuraghe nelle forme pi complesse, ritenuto un vero e proprio fortilizio-reggia (Palmavera-Alghero, Santu Antine-Torralba, Losa-Abbasanta, Lugherras-Pauliltino: nuraghi scavati, tutti, dal Taramelli).
Apporto nuovissimo ed eccezionale fu quello della ricerca nei santuari (Abini-Teti,
Santa Vittoria-Serri) e nei templi a pozzo, sicch si poterono
chiarire vari aspetti dellarchitettura
sacra e della religione nuragica, fondata prevalentemente sul culto
delle acque. Il rinvenimento di ricchi ripostigli
di bronzi duso (Monti IddaDecimoputzu) e figurati (Santa Vittoria) consent di studiare tecniche fusorie, classificare forme e individuare stili di
una produzione di grande rilievo per affermare la presenza di un florido artigianato locale e, nello stesso tempo, il
collegamento con centri metallurgici di altre regioni mediterranee (Etruria, Cipro, Creta, ecc.) e atlantiche. Dunque
strutture nuragiche aperte,
comunicanti. Una visione in
contrasto con quella che il Taramelli offre in generale della
civilt protosarda.
Sardegna nuragica _ 17

Ricostruzione
di capanna circolare

Linteresse puntuale sulle


antichit nuragiche, proposte
a studiosi di tutta Europa,
cadde in occasione del Convegno archeologico internazionale, tenutosi a Cagliari
nel 1926. Il Convegno, voluto
dal Taramelli, apr e accredit
larcheologia sarda a un vasto
pubblico e fece conoscere,
nello stesso tempo, unimmagine distinta e gratificante
della Sardegna in un periodo
oscuro della sua storia recente. Le speranze e il fervore di
rinnovamento dellultimo dopoguerra hanno destato un
forte slancio di iniziative nel
dominio della nuragologia.
Da una parte la mostra dei
bronzetti, esposti nellagosto
del 1949 a Venezia a un pub18 _ Sardegna nuragica

blico internazionale che li accolse con favore (seguirono


altre mostre in diverse citt
europee), conferm il valore
dellantica arte sarda, e stimol ad approfondirne il segreto, tenendo conto della fortuna del segno col quale le
figurine erano state presentate nel catalogo: il segno,
appunto, dellanticlassico o
del barbarico. Dallaltra
parte, nel 51, durando i lavori sino al 55, veniva dissepolto il grande nuraghe Su Nuraxi, a Barmini. Uno scavo
fondamentale, perch dentro
il fortilizio e nel contiguo villaggio di capanne si present
una stratigrafia architettonica
e culturale esemplare. Spiccava la sequenza di livelli, nei

quali si potevano leggere e ricostruire le vicende di vita e


di lavoro duna comunit nuragica dalla met del II millennio alla fine del VI secolo
a.C. Cos si dissolveva lidea
del monolitismo, della compattezza e del continuum unilineare della civilt dei nuraghi, cara agli studiosi del
passato. Gli altri grandi scavi
di fortilizi-regge, che oggi si
stanno praticando a Genna
Maria-Villanovaforru e a Piscu-Suelli, confermano e precisano la storia nuragica di
Barmini. Non minore lattenzione per gli abitati.
In quelli di Palmavera-Alghero, SUrbale-Teti, Bruncu Mdugui-Gsturi,
Seruci-Gonnesa, le divisioni del terreno archeologico mostrano
laspetto materiale e non soltanto materiale del vissuto nel
declinare del II millennio
a.C.; ma si colgono anche esiti successivi. Situazione analoga nellarce di Antigori-Srroch, dove uno scavo ha
messo in luce apporti di ceramiche micenee insieme a prodotti locali. Anche il tema
delle architetture sepolcrali,
precipuamente nella forma
della tomba di Giganti, stato approfondito, chiarendone
levoluzione: dal tipo pi antico, con la stele arcuata, a
quello di struttura nuragi-

ca, alla variet pi recente


con fregio a dentelli (in tutto
circa 800 anni di svolgimento). Ampliato il quadro e analizzati pi nellintimo sono gli
aspetti della religione, con
laggiunta di scoperte di altri
santuari (S. Cristina-Pauliltino) e di templi a pozzo tra i
quali eccellono, per architettura e suppellettile, quelli di
S. Cristina e di Su TempiesuOrune. Ma presentano elementi di interesse struttivo
pure i semplici pozzi di Sa Testa-Olbia, Cuccuru Arrus-Cabras e Tatinu-Nuxis. Il progresso negli studi
segnato dalla pubblicazione di singoli monumenti o di generi
monumentali (nuraghi, templi, tombe),
artistici (statuette) e
usuali (prodotti metallurgici). Ma sono i lavori di
sintesi sulla civilt nuragica
che oggi ne consentono una
conoscenza nel complesso,
dilatata allesterno.
Ora non si pu dire pi, come una volta, che la preistoria
sarda un mondo bello, straordinario, il quale per non
esce dal proprio guscio per
confrontarsi. Diverse mostre
lhanno portata nella penisola
e allesterno ed quasi dobbligo affrontarne i problemi in
congressi, seminari e altre manifestazioni scientifiche che si
rivolgono ad aspetti protostoSardegna nuragica _ 19

rici e storici di culture mediterranee ed europee.


La nuragologia si avvicina
pian piano ai fasti delletruscologia. Insomma la civilt
nuragica non pi fuori del
mondo, circola (e di pi dovrebbe circolare) per largo
spazio nella conoscenza degli
studiosi e nel dominio del
pubblico colto. A ci valso
e vale un insieme di fattori favorevoli: c la puntuale attenzione sugli studi nuragici
delle universit sarde nelle
quali esiste linsegnamento
delle antichit sarde, perfezionato nella Scuola di specializzazione in studi sardi;
c pure una migliore organizzazione culturale (oltre
che di tutela) nelle soprintendenze; sono cresciuti numericamente e in qualit gli archeologi.
La presenza di riviste specializzate che trattano anche la
nuragologia (Studi sardi,
Nuovo bullettino archeologico sardo, Quaderni della
Soprintendenza di Sassari), la
divulgazione a livello di associazioni e di scuola, lesistenza
di musei pure in piccoli centri
hanno accresciuto linteresse e
la sensibilit del pubblico.
Oggi la conoscenza della civilt nuragica interviene altres
come fatto di memorie, di
storia sarda, utile per figurare e rafforzare lidentit politica e morale dellisola.
20 _ Sardegna nuragica

Su Nuraxi, Barumini

SEQUENZA E CRONOLOGIA
DELLA CIVILT NURAGICA

Fronte Mola - Thiesi

Friarosu - Mogorella

Corongiu e Maria - Nurri

S. Sabina - Silanus

Molineddu - Oristano

Palmavera - Alghero

22 Sardegna Nuragica

aduta lidea del blocco


e la mitologia cronologica, il mondo dei nuraghi,
secondo gli studi attuali, si presenta come un insieme diversificato, dinamico, articolato nello
spazio e nel tempo, con una vicenda storica lunga e peculiare,
peraltro non astratta dalle cose
esterne. Vi si riconoscono, per
singoli periodi, caratteri e modi
di pensare e di vivere differenti,
dovuti a contributi personali
delle comunit, a inclinazioni e
a comportamenti depoca, anche a contatti o apporti etnici di
fuori. Mille e trecento anni di
storia nuragica (dal 1800 al 500
a.C., senza contare gli strascichi) recano in se stessi dimensioni tali da moltiplicare eventi
e rivolgimenti, rispecchiati,
daltra parte, dalle forme visibili
giunte sino a noi (monumenti e
avanzi di cultura materiale).
Appunto individuando lo stile
diverso dei monumenti e il variare dei materiali (spie di
cangianti modi di produzione
degli uomini di allora), sono state identificate e proposte cinque fasi attraverso le quali
passato lo svolgimento, sempre
progressivo, della civilt dei Protosardi. Gli stessi dati archeologici e quelli provenienti dalla
misurazione di radioattivit di

sostanze organiche rinvenute


negli scavi (prova del carbonio
14) offrono il supporto per definire, con una certa approssimazione al vero, i limiti cronologici
di ciascuna fase.
Ecco le cinque tappe nuragiche, con il riferimento alle tradizionali et della preistoria, e i
termini di tempo:
fase I: 1800-1500 a.C.
(Bronzo antico);
fase II: 1500-1200 a.C.
(Bronzo medio);
fase III: 1200-900 a.C.
(Bronzo recente e finale);
fase IV: 900-500 a.C. (Ferro
antico);
fase V: 500-238 a.C. (Ferro
recente).
I 600 anni delle fasi I-II vedono lo sviluppo della cultura
cosiddetta di Bonnnaro e il
suo passaggio alla facies Subbonnnaro. Nei 300 della fase
III fiorisce la bella et dei nuraghi. La stagione delle aristocrazie occupa i quattro secoli
della fase IV. Infine, la fase V
corrisponde a tempi nuragici di
pura sopravvivenza e di resistenza conservativa nelle zone
interne e libere, mentre in quelle conquistate dallimperialismo cartaginese la civilt nuragica appare completamente deculturata.
Sardegna nuragica _ 23

URBANISMO ED EDILIZIA

Quello che si vede, qui,


discende direttamente
dalla preistoria, ha scritto Manlio Brigaglia riferendosi al paesaggio agrario sardo,
un paesaggio archeologico.
Un blocco nel quale orizzontalmente si sono integrati
tutti i successivi assetti storici
e che dimostra di essersi saputo adattare alle varie realt ambientali ed economiche del
tempo nuragico e prenuragico. Circa settemila nuraghi e
centinaia di villaggi e di tombe
megalitiche di et nuragica
rappresentano da un lato memorie importanti e significative di epoche che furono, dallaltro segnano allantica,
nel contemporaneo, i vasti e
silenti spazi sui quali insistono
da millenni. Compongono un
paesaggio alla grande, sia perch grande, nei volumi e nelle pietre che li formano, la misura delle costruzioni (megalitismo), sia perch la maglia urbanistica si diffonde in grandi
campi, disegnando un insieme
coerente tra artificio e natura:
grandi monumenti di pietra in
unisola di pietra.
La irregolare costellazione
che trapunta, soprattutto di

Nuraghe Palm av era, Alghero

torri, lintero territorio dellisola si cominci a formare


nel Bronzo antico. Ma fu nel
Bronzo medio, con lintensificarsi dei nuraghi monotorri, e
nel Bronzo recente, quando
dai castelli-regge partirono
impulsi organizzativi, che essa
si and dilatando sino a definirsi in un assetto e arredo urbanistico appagante i bisogni
essenziali della vita. Fondamento economico-sociale ne
era il ruralismo e quella del
villaggio la cultura.
Gli studi non sono giunti al
punto da riconoscere precisi
disegni del territorio, nella
partizione economica dei suoli e nei suoi limiti. N possibile, al momento, indicare
uno o pi sistemi agrari, i quali, comunque, dovettero essere di livello non superiore a
quello voluto da una societ
essenzialmente di pastori e
contadini, a seconda della vocazione naturale dei luoghi di
residenza. per certo (e ci
si desume dalla disseminazione dei nuraghi ai quali tanto
spesso sono associati nuclei di
abitazione) che luomo era legato alla terra, in modo da farla fruttare al meglio.
Sardegna nuragica _ 25

Purtroppo la ricerca non


cos avanzata da suggerire dove il lavoro fosse libero (quando indirizzato al sostentamento di piccole comunit?) o servile (quando imposto dal profitto di classe dei principi dimoranti nelle regge-castelli,
risultato della fatica di folta
manodopera dipendente?).
stato fatto un calcolo teorico dello spazio di terreno
coltivabile e di pascolo costituente il patrimonio rurale di
un villaggio plurinucleare nuragico della zona pastorale.
Sette nuraghi, con relativo nucleo abitativo, del comune di
Mamoiada (Nuoro), occupano insieme unarea di circa
270 ettari. Ciascun nucleo
aveva a disposizione 38 ettari
di terra per circa 35 abitanti.
Ciascun gruppo familiare (di
10 persone) fruiva di poco pi
di tre ettari per gli usi regolati
dalla comunit. Nello stesso
territorio di Mamoiada, un vasto tratto di campagna privo
di abitazione umana sarebbe
stato il salto di godimento collettivo dei pascoli. Nientaltro
che una supposizione stimolante per una ricerca di economia agraria e di demografia
nuragica. Sempre in via di ipotesi, calcolando 30/35 unit
presso ogni nuraghe e moltiplicando la cifra per settemila
nuraghi che si conoscono tra
conservati e distrutti in tutta la
Sardegna, questa avrebbe
26 _ Sardegna nuragica

avuto, nel periodo di maggior


fiore della civilt nuragica,
210/245 000 abitanti, pi o
meno quanti lisola ne contava
alla fine del secolo XV d.C., in
seguito al grave depauperamento demografico dovuto alla guerra sardo-catalana.
I tasselli dellassetto urbanistico-economico del territorio
si componevano allinterno
dellordine politico e, per cos
dire, di governo che stato riconosciuto dai pi nel sistema
cantonale. Tanti piccoli reamistato, con a capo sovrani nel
Bronzo recente e finale e signori destrazione gentilizia
(ristoi) nella prima et del
Ferro. Ci escluse il formarsi
di ununit regionale e tanto
meno nazionale e, per contro, accentu la divisione, cui
contribu pure la geografia
dellisola dalla natura frantumata. Questa segmentazione
territoriale e politica, realizzata in organismi plurimi tanto
spesso in conflitto tra di loro,
sar costante in Sardegna in
tutti i periodi, tranne quelli in
cui potenze imperialistiche
(punica, romana, iberica) la ricomposero in forzata unit. La
presenza nel territorio, di tanto in tanto e in punti di valore
strategico ed economico, di
nuraghi-castelli sorta di capitali dove risiedevano i majores
(un termine medievale sardo
che calza), conferma specularmente la struttura descritta.

Nuraghe Losa,
Abbasanta

Tempio a megaron
a Serra Orrios, Dorgali

Il nuraghe-castello si ergeva,
pi da vicino, ma separato da
muraglia per tutelare la privacy del principe e della famiglia
e, nello stesso tempo, segnare
il potere ai sudditi, in prossimit quando non in contiguit
del borgo. I palazzi-fortilizi di
Palmavera-Alghero, Losa-Abbasanta, Su Nuraxi-Barmini,
Genna Maria-Villanovaforru,
Seruci-Gonnesa e altri sono
esemplari al riguardo. Spirano
unaria di Medioevo in anticipo di duemila anni.
Preparato nel Bronzo medio, il tipo del borgo nuragico
28 _ Sardegna nuragica

si perfeziona nella fase III


(1200-900 a.C.), quando trova, oltre quello del nuraghe, il
complemento del tempio
(uno e anche due) e/o dei sepolcri megalitici nella forma
della tomba di Giganti.
Un assetto complesso, tendente allordine, quasi urbano
se non lo precludesse la funzione dellinsieme mirato e
stretto al rurale, e di ruralit
improntato anche nella rozzezza e nella grossolanit delle
strutture compositive. Lordito piuttosto arruffato e affastellato, senza vie n spiazzi, a

elementi domestici staccati


tra di loro che danno lidea di
minuscoli vicinati. Unaggregazione fisica fuori dellordine classico, differente anche dallimmagine dei centri
abitati mediterranei, tortuosi,
con scale e vicoli, con case fatte a scatola addossate le une
alle altre e con distacco fra
quartieri di abitazione e sedi
principesche.
Intrico dinsieme abitativo,
ma limpidezza nella singola
casa di abitazione. La dimora,
dal perimetro circolare, ha
per fulcro lampio cortile sco-

perto, e talvolta tramezzato


(Bruncu Mdugui), al quale
convergono a raggiera i vani
protetti da tetto di legno e frasche, al modo delle attuali capanne dei pastori, le pinnettas
(o pinnettus), costituenti prezioso patrimonio etnografico.
Nel cortile talvolta c il
pozzo (Serra rrios) e nel vano della cucina si disegna il
focolare di forma rettangolare, come sa forredda dellantica casa sarda rimasta sino a
tempi recenti (Bruncu Mdugui) o rotondo, col pavimento
di argilla che si cotta per
lazione del fuoco (SUrbaleTeti). Altri vani, aventi sedili
in pietra alla base della parete, si possono individuare come soggiorno e quelli provvisti di uno o pi nicchioni a
muro (Su Nuraxi-Barmini,
Bruncu Mdugui, Seruci-Gonnesa) saranno stati stanze da
letto, dove il letto era costituito da semplice giaciglio di
pelli o strame. Il cortile poi
era lo spazio in comune, di
aggregazione cos degli elementi architettonici come
delle espressioni materiali dei
componenti la famiglia (anche il luogo delle parole perdute).
Dunque una casa che nasce
con la propria famiglia, secondo la lunga tradizione sociale sarda, che accoglieva un
gruppo familiare patriarcale
di due generazioni (dal nonno
Sardegna nuragica _ 29

al nipote) costituito di una


decina di persone. Una casa
per la sua forma centripeta
racchiusa in se stessa, dove
lintimit sottolineata dal
comporsi rotondo del perimetro e dei singoli vani (che
sono tante capanne riunite a
tangenza), rotondit che d
lidea di qualcosa di avvolgente, di guscio protettivo, quasi
di grembo materno come
stato detto in linguaggio psicanalitico.
il modo di costruire a linea curva, applicato in tutte
le forme dellarchitettura nuragica (nuraghi semplici e
complessi, templi a pozzo e in
antis; esedre e absidi di tombe
di Giganti). Prodotto di un
vedere e sentire collettivo per
circolarit; secondo un continuum, un non compiuto,
linfinito; geometria rotonda,
conservatasi sino a noi nelledilizia rurale. Questa forma
di casa, definita nel Bronzo
recente, si evolve gi, agli inizi dellEt del Ferro (IX secolo a.C.), sempre conservando
lo schema introverso e centripeto, e raggiunge la perfezione nellimpianto e nella struttura verso la met del VII secolo a.C. (Su Nuraxi-Barmini). Limpianto regola meglio
la generale disposizione e
composizione dei vani, ora
per lo pi quadrangolari coordinati al centro non pi dal
vasto cortile ma da un piccolo
30 _ Sardegna nuragica

Il complesso di
G en na Maria, Villanovaforru

atrio lastricato di precisa linea


rotonda, provvisto alle pareti
di stipi, talvolta col pozzo. Allatrio converge pure dal perimetro circolare landito dietro lingresso, avente ai lati sedili internati nel muro (forse
anche armadietti) e, non sempre, lo stanzino riservato allospite indipendente dagli
spazi di residenza della famiglia, che non sembra essere,
come invece era prima, di tipo patriarcale.
La specifica funzione degli
ambienti pi determinata

ed evidente, cio non esiste


pi lo spazio con duplice uso
di soggiorno e di riposo: infatti mancano i sedili di pietra
e i nicchioni a muro. Nel
maggiore vano della cucina,
nel quale erano riposti, oltre
gli oggetti culinari e da mensa, gli attrezzi per la panificazione (macine, contenitori di
terracotta, ecc.), appare un
piccolo forno (la bassa capacit calorica consentiva la
cottura soltanto dun pane a
sfoglia, come quello sardo
detto oggi pane carasau o car-

ta da musica), che fungeva


anche da focolare.
Altro elemento di novit, in
pi del forno, uno stanzino
distinto per la raffinata costruzione, rotondo, con cupoletta in pietra (lintera casa era
invece protetta da un vasto
tetto a scudo di legno e frasche, aperto in alto in corrispondenza dellatrio, per dare
aria e luce). Lo stanzino sta
dietro la cucina e il forno. Le
pareti a filaretti di quadrelli litici; il pavimento ben lastricato; un sedile di conci, limitato
Sardegna nuragica _ 31

da braccioli allestremit del


giro interrotto allingresso,
sufficiente al nucleo familiare;
una conca di pietra sostenuta
da base a poggiapiede, perfettamente lavorata a scalpello:
ecco laspetto e gli ingredienti
del minuscolo e riposto vano.
Laccuratezza costruttiva (il
resto degli ambienti di fattura per lo pi grezza) e la composizione raccolta, quasi da
penetrale, offrono limmagine di luogo destinato a un
rito domestico: lustrazione
collettiva con preghiere del
nucleo familiare, o battesimo
di bambini con acqua tiepida

o in ambiente tiepido perch


sta dietro il forno, o consumo
sacro in comune dun cibo o
duna bevanda contenuta nel
bacile al centro del sedile?
Laspetto evoluto, civile, comodo riguardo i tempi, della
casa si riproduce nellordito
del villaggio della prima Et
del Ferro. Sebbene il tessuto
edilizio giochi ancora sullaggregazione non proprio ordinata delle case unifamiliari separate, queste ora sono collegate tra di loro da vie strette e
tortuose, come comandava la
circolarit del perimetro delle
singole dimore. Vi sono inol-

tre spiazzi e pozzi comuni,


embrionali fognature, collettori di spurgo dellacqua piovana per non invadere viuzze
e case. Insomma il privato fa
delle concessioni al pubblico,
cosa apprezzabile anche nella
presenza di servizi artigianali:
laboratori di pietre, di ceramiche. La tessitura del muro,
curata in genere, raggiunge
talvolta assetto di sapore estetico e funzionale nello stesso
tempo. il caso della fattura
elegante degli stanzini per lustrazione e degli inserti nel
grezzo murario di fasce con
pietre composte a spina di pe-

sce in alcuni tratti di case del


villaggio di Barmini dove,
meglio che altrove (Genna Maria, Mandra de sa jua-Ossi), si
pu apprezzare nella sua interezza ed evidenza il nuovo ordine edilizio. Insomma il vecchio megalitismo nuragico del
II millennio a.C. se ne va, anche se resistono gli schemi essenziali di quella robusta architettura. Al suo posto sorgono forme di arredo urbanistico e finezze tecniche adeguate e pretese da esigenze di
comunit, da bisogni collettivi di una societ articolata.
possibile che a ci abbiano
contribuito stimoli e veri e
propri contatti con esperienze e culture esterne assai progredite e a livello di citt. N
ci stupisce che il tempo del
rinnovamento edilizio corrisponda a quello in cui in Sardegna comandavano gli ristoi (capi gentilizi).

Il villaggio di Barumini
Sardegna nuragica _ 33

I NURAGHI

ellottica protosarda
che si fonda sul costruire in rotondo
(ottica barbarica nel senso
che non classica, il classico va sullortogonale), il nuraghe la forma esemplare, la
pi vistosa, la veramente architettata.
Il paesaggio sardo colpisce a
prima vista per la pleiade di
volumi fisici rotondi che si
succedono in continuit insistenti, martellanti tanto da fissarsi nellocchio e nella mente
dei visitatori come elemento
assolutamente caratteristico di
una terra e duna civilt straordinarie, dallapparenza mitica, come una sorta di simbolo
e di bandiera dun popolo.
Questi volumi rotondi sono i
volumi dei nuraghi. E i nura-

Il Nuraghe Is Paras, Isili

ghi significano fascino di Sardegna, oltre la natura vergine


e sconfinata, oltre il mare.
Gi il fatto che se ne abbiano circa settemila (senza contare quelli distrutti) desta la
maggiore sorpresa. un
qualcosa per parecchi versi
ancora misterioso o difficilmente esplicabile, questo pullulare di torri in ogni parte
dellisola, dalle coste alla
montagna, in climi, morfologie, suoli ed economie diversi; questo adattarsi di una forma costruttiva rimasta nel
nucleo simile a se stessa, a
tanta variet di contorno naturale e di uomini, e per lungo tempo. Evidentemente,
una volta maturato, lo standard resse alla prova risultando perfettamente funzionale

ai luoghi e ai bisogni differenziati dei territori e alle stesse


vicende storiche. Il fattore
economico e le realt fisiche
pi o meno produttive hanno
determinato la diffusione qua
pi fitta (o fittissima), qua
meno dei nuraghi. Hanno influito anche la disponibilit e
la qualit del materiale da costruzione (pi numerosi gli
edifici dove la roccia offre
blocchi a spigolo facili a collocarsi a secco, in numero minore dove il masso si stacca in
elementi arrotondati meno
idonei a fare muro). Rari i nuraghi nelle zone alluvionali di
pianura, prive di materiale litico. Uno studio sui fattori
geografici della distribuzione
di 768 torri in circa 3963 kmq
della Sardegna nord-occidentale porta la densit di un nuraghe ogni 4,81 kmq. Ma vi
sono densit che superano un
nuraghe per kmq, come nei
territori dei comuni di Siddi e
Sini, nella ferace regione della Marmilla.
Il popolo chiama nuraghe
ogni grosso accumulo di ruderi in grandi pietre, riferendosi
perci non tanto a una forma
costruttiva determinata quanto invece a un aspetto vistoso
di rovina megalitica. Di fatto il
radicale nur di nuraghe si collega con la denominazione
nurra che vuol dire mucchio,
accumulo e anche il suo rovescio cavit, calanca. Il
36 _ Sardegna nuragica

doppio senso di nurra ha spinto taluno ad applicarlo pure


alla forma originaria del nuraghe che, in verit, nelle strutture pi grezze altro non sembra che una costruzione venuta su per accumulo di grosse
pietre, mentre nellinterno a
camera cupolata offre limmagine come di grotta, appunto
di cavit.
Perci oggi ci si abituati, in
sede scientifica, a chiamare
propriamente nuraghe (che
poi una parola della lingua
sarda di sostrato appartenente
al ceppo mediterraneo preindeuropeo) la forma della torre
troncoconica con lo spazio interiore voltato. Lestensione
del termine ad altre forme megalitiche per certi elementi somiglianti (ad esempio gli pseudonuraghi, o nuraghi a corridoio o a galleria) non corretta. Il nuraghe, al suo nascere,
un edificio di volume a cono
tronco (ossia ristretto alla
sommit piana), robusto perch di muratura molto spessa
composta a secco con grosso
materiale litico, decrescente in
dimensioni e viceversa aumentante in qualit di taglio (questo si dice per le torri di migliore fattura tecnica, quella a
filari) dal basso verso lalto.
Tale la figura esterna.
Le stesse caratteristiche murarie, fatte salve la misura inferiore delle pietre e spesso la
maggiore grossolanit di lavo-

Interno del nuraghe


Santu Antine, Torralba

ro e di messa in opera delle


stesse, si ripetono nella parte
interna. Qui il vano terreno e
quelli superiori (da uno a due
quando esistono) sono rotondi, conformati a sezione ogivale, ossia con le pareti progressivamente inclinate e diminuenti nel diametro dei cerchi
litici che le compongono sino
al culmine, dove il giro del soffitto non si chiude, ma lascia
un foro coperto da leggere lastre orizzontali. la classica
forma di vano a falsa volta
(tholos degli antichi Greci).
Alla stanza a piano terra, illuminata debolmente dalla luce
che filtra dallesterno, introduce un andito, di solito provvisto sul lato destro duna nicchia (cosidetta garetta) e di
una scala contrapposta in muratura, che sale a chiocciola
continuamente, a tratti schiarita da finestrini, alle camere

superiori e infine al terrazzo.


Nelle torri nuragiche pi antiche, la scala invece si apre, a
notevole altezza dal pavimento, nella camera bassa, spezzando la spirale del percorso
intermurario, per entrare in
ogni vano superiore cui d luce un finestrone. La stanza
dingresso nei primi tempi si
contiene nel semplice contorno circolare, poi si arricchisce,
via via, di minori spazi: di uno
o pi nicchioni (sino a quattro) internati nella parete e,
nellultimo sviluppo, di un deambulatorio concentrico al
vano principale, ricavato nello
spessore del muro (Santu Antine-Torralba).
Mentre la sezione dei vani
principali (anche di quelli superiori) costantemente ogivale, i profili dei nicchioni e
delle scale passano dallogiva
al taglio trapezoidale, e landi-

to dalla sezione duovo volge a


quella a trapezio e a rettangolo, questultima con solaio piano. La porta dingresso, esposta ai quadranti da est a sudovest per avere pi luce e sole,
mostra larchitrave con spiraglio di scarico, cos come i finestroni delle stanze in elevato, nei quali talvolta lo spiraglio rettangolare varia al profilo a triangolo come nei monumenti micenei (nuraghe OesGiave).
Questa modulazione, come
il cambiamento di indici (rapporto tra diametro base-altezza dei vani, rapporto massaspazio della struttura, ecc.), se
si deve riferire al modo di costruire di maestranze diverse,
si spiega anche col fattore cronologico, perch lo svolgimento articolare della forma
originaria della torre ha avuto
luogo in un lunghissimo periodo (600 anni).
A questo punto il lettore
vorr sapere in che modo e
con quali attrezzature si costruivano i nuraghi, portando
a notevole altezza massi cos
grossi. La risposta stata sempre quella generica suggerita
per le piramidi egizie e per altre moli megalitiche, luso cio
dun piano inclinato di terra e
pietre, facendo scorrere i materiali su rulli. Ma osservazioni
fatte nelle torri dei nuraghi
Corbos-Silanus e SuccoronisMacomr, dove il muro ester-

no fa vedere profondi e larghi


incavi disposti obliquamente
per lelevato, hanno indotto a
supporre limpiego duna sorta di robusto scalandrone di
legno, lungo il quale saliva il
carico di pietre e laltro occorrente per comporre la struttura. Questa, infatti, oltre che di
materia lapidea, aveva bisogno a protezione del terrazzo,
nelle porte e finestre, nelle
stesse camere, di manufatti di
carpenteria (resti ne sono stati
rinvenuti nella stanza a piano
terra e nella scala della torre
principale di Su Nuraxi-Barmini). Per dare unidea della
dimensione monumentale, il
caso di fare conoscere qualche
misura metrica di torri e camere libere da macerie. Sono le
misure della torre centrale di
tre nuraghi costruiti in periodi
successivi. La torre di Barmini si elevava, quando era integra, per m 18,60 su una base di
circa m 10 di diametro (volume stretto e slanciato). Il vano
inferiore, ampliato da due nicchioni e con scala sopraelevata, misura m 4,80 x 7,76 daltezza (indice diametro-altezza
Sardegna nuragica _ 39

di 0,61); il vano superiore di


m 2,40 x 5,90 (indice 0,40). Il
tronco di cono del nuraghe
Losa raggiungeva lelevato di
circa una ventina di metri sulla
base di m 12,50. La stanza terrena, provvista di tre nicchioni
(la scala sta nellandito), misura m 5,20 x 7,60 (indice diametro-altezza di 0,68), quella
alta m 2,60 x 3,80 (indice diametro-altezza 0,68). Nel torrione di Santu Antine, si misurano alla sommit m 23 sulla
base di m 15,47. Il vano a fior
di suolo contornato da deambulatorio (la scala sale dallandito) di m 5,46 x 7,93 (indice
0,68), quello rialzato di m 4,81
x 5,33 (indice 0,90).
I passaggi di tempo sono
ovvi dal primo nuraghe sino
al terzo. Il primo (Su Nuraxi)
si data al Carbonio 14 al 1460
200 a.C.; una torre co40 _ Sardegna nuragica

struita agli inizi del Bronzo


medio. Gli altri (Losa e Santu
Antine) sono da supporre
eretti nel periodo medio e finale rispettivamente dellet
medio-bronzea. Si fatta la
ipotesi di includere e concludere in questa et tutti o quasi tutti i nuraghi monotorri.
Quanto alla loro origine, si
sale al Bronzo antico. Il Trobas
di Lunamatrona (un bel volume di m 13 di diametro esterno con vano provvisto di due
nicchioni di m 6,10 x 10,77,
indice 0,56, e scala dandito)
sarebbe un esempio della prima fase costruttiva.
Quale fu (ci si chieder) la
destinazione di queste torri e
torrioni? La posizione, lambiente, la vicinanza allacqua,
la convenienza di suoli, la robusta struttura e lelevazione
sono elementi che portano a

suggerire la funzione civile e


quotidiana degli edifici. Vi si
viveva (soprattutto nei piani
alti arieggiati e illuminati) e vi
si vigilava, alloccasione, sulle
risorse del territorio (biade,
bestiame e altro). Quando i
nuraghi si infittiscono e si
compendiano in una certa delimitazione, si tratta di nuclei
abitativi (non mancano le capanne intorno alle torri) di
uno stesso clan. In periodo di
emergenza, se il clan veniva alle mani con altri clan limitrofi,
la gente inerme, mentre i validi lottavano, trovava provvisorio rifugio nelle torri. Sino a
tempi non lontani, in Sardegna, i conflitti tra gruppi (di
pastori e di contadini) per ragioni di possesso (fossero pa-

scoli o terreni seminati) erano


allordine del giorno. Uninterpretazione di tal genere per
le migliaia di nuraghi monotorri sparsi a grappoli nelle
campagne di tutta lisola, se
non del tutto certa, molto ragionevole. Qualche piega dellenigma si risolve. Nel Bronzo
recente e finale, i nuraghi presentano un singolare e straordinario nuovo fenomeno, nel
quale si deve leggere una storia complessa, come complessa diviene la figura dei monumenti. A un buon 30% delle
antiche torri isolate (i nuraghi
monotorri) si addossano, fasciandole e rinforzandole, altre torri minori in vario numero, producendo schemi architettonici differenti, sempre vistosi e non di rado colossali.

Sardegna Nuragica 41

Gli elementi aggiunti al nucleo di massima si contengono


in un sol piano, talvolta se ne
presentano due (Su NuraxiBarmini); le camere mantengono la forma ogivale, raramente hanno nicchioni, spesso, invece, feritoie che fungono anche da finestrini per la
luce. Dallinsieme risulta un
nuraghe che si pu chiamare
plurimo o aggregato o polilobato, nel quale le strutture di
addossamento, unite tra di loro da cortine rette o curvilinee, formano una massa domi-

nata al centro dalla torre maggiore (la torre antica) assomigliabile a un mastio.
Lintegrazione della massa
avvolgente al nucleo pu avvenire in tre modi: frontalmente, di lato, e a giro intero o
parziale. Nelladdizione frontale, un semplice cortile precede la torre maggiore (Giba e
scorca-Barisardo), oppure un
cortile racchiuso allestremit
opposta da una torre minore
(Molineddu-Sneghe); altrimenti due torri minori coas-

siali prospettano direttamente


sul mastio (Monte e sorcu
Tueri-Esterzili). La stessa addizione frontale talvolta prende sviluppo laterale, consistente in due torri minori,
congiunte da cortina, che si
espandono lateralmente al nucleo; la compagine di addossamento lascia scoperta in parte
la torre centrale, talvolta prosegue in giro sino a contenerla
tutta.

Spesso un cortile coordina


gli accessi allinsieme delle
torri (nuraghe Sa mura e mazzala-Scano Montiferru); in altri nuraghi ad addizione frontale con espansione laterale
elemento di raccordo lingresso della torre centrale
prolungato nella struttura aggiunta, verso cui convergono
lunghi corridoi dalle camere
delle due torri minori (CrastaSantu Lussrgiu).

Ricostruzione
ipotetica del complesso
nuragico di Barumini
42 Sardegna Nuragica

Sardegna Nuragica 43

Laddizione laterale tangenziale d luogo a variet notevole di schemi integrati: combinazione di nucleo e una torre (Pliga-Loceri), o due torri
(Su Concali-Tertena), o una
torre e cortile (Mudegu-Mgoro), o due torri e due cortili
(Santa Sofia-Gspini) e infine
tre torri (Noddule-Nuoro). Il
fasciame concentrico sviluppa
forme polilobate, nelle quali i
lobi sono dati dagli elementi
turriti periferici. Si hanno cos
nuraghi trilobati a torri marginali sporgenti, unite da cortine rettilinee (Pranu NuracciSiris) o curvilinee (Longu-Cglieri), oppure con sequenza
continua ad andamento concavo-convesso di torre e cortile (Santu Antine, Losa, Logomache-Fonni). In altri nuraghi
lo schema concentrico quadrilobato, con andamento di
torri e cortine spezzato (Su
Nuraxi) o a sinuosit continua
(Santa Barbara-Macomr). Infine si hanno impianti di avvolgimento pentalobati (Orru-

N u r a g h e S . B a r b a r a,
Macomer

biu-Orroli) ed esalobati (Genna Corte-Lconi).


In queste moli di pianta cos complessa, con ingegnose
soluzioni architettoniche, fu
impiegata una grande massa
di manodopera (da supporre
servile) guidata da maestranze specializzate, in un disegno
organico di fabbrica cui sottesa una direzione mirata alluso funzionale di tali monumenti. Colpisce, intanto, la
variet delle forme di aggregazione delle partiture aggiunte al nucleo antico, che
denota creativit e adeguamento ai luoghi e ai tempi.
Una flessibilit che non na-

sconde larte di introdurre in


edifici dallapparenza cos
massiccia e compatta giochi e
soluzioni architettoniche che
li articolano in modo da rendere appagante la fruizione e,
nello stesso tempo, offrire
unimmagine in qualche modo estetica, comunque di for-

te impressione. Il fascino deriva, nei nuraghi di superiore


architettura, da particolari
meglio studiati e ostentati, nel
pur rigoroso tessuto generale
della costruzione. Dico delle
grandi gallerie, assimilabili a
quelle di Tirinto, nel nuraghe
Santu Antine; dellalto terso e
fluido, spettacolare catino del
cortile del Su Nuraxi-Barmini; dello spartito, in questo
come in altri nuraghi (Santu
Antine, Genna Maria, Orrubiu, ecc.) dei mensoloni, a livello del terrazzo, che sospendevano il balcone del piombatoio, modulando la scarna e
severa struttura muraria.

Miracoli di ingegneria se
rapportati allepoca, ai quali
sta dietro una salda organizzazione.
Matura ingegneria e disegno
funzionale che si esplicano
nel completamento dei nuraghi polilobati con cinte avanzate (antemurali), costruite a
protezione dei baluardi interni. Le lizze, che si lasciano
dietro lo spazio necessario per
il passaggio, la manovra e, alloccasione, il rifugio di persone e di cose, si snodano in
torri (sino a sette) con unico o
doppio ordine di feritoie e
cortine di congiunzione, pur
esse munite di feritoie, cui si
addossano allinterno le scale
in muratura per salire al piano
di ronda: il duplice accesso
guardato da saettiere (Palmavera-Alghero, Su Nuraxi, Genna Maria, Orrubiu e altri).
Nellantemurale di nuraghe
Losa fu applicato un dispositivo a cremagliera con feritoie a
tiro incrociato. In una delle
torri della cremagliera, inter46 _ Sardegna nuragica

na alla ridotta (una ridotta a


tenaglia sporge invece dalla
lizza di Su Nuraxi), ricavato
un pozzo a muro, non essendocene dentro il baluardo a
tre lobi, a differenza dei pozzi
presenti nel cortile e in camere
dei nuraghi Santu Antine, Su
Nuraxi, Lugherras-Pauliltino,
Orrubiu. A Losa si osserva anche, eccezionalmente, la grande muraglia esterna che include nuraghe e villaggio, una
cinta megalitica assai rozza
daspetto, di m 292 x 133,
provvista di due torrette, un
saliente e sette accessi (quattro posterule e tre porte a dipylon aperte in torricelle con tetto a falsa volta).
Se chi mi legge ricostruir
mentalmente in insieme mastio, baluardo polilobato e antemurale turrito, e terr presente che le tre partizioni architettoniche si elevano a quote diverse (circa a m 20, 15 e
10) non avr difficolt a riconoscere, in queste terrazze
degradanti dal centro alla pe-

riferia, un sistema fortificato


di difesa, caratteristico della
guerra dassedio. Ci e tutto
laltro che stato detto circa la
forma, la struttura e i congegni
dei nuraghi plurimi rende persuasi sulla ragione ultima di
queste imponenti e formidabili costruzioni: che sono castelli e, nello stesso tempo, sedi di abitazione e governo di
signori e di principi. Sono palazzi-fortilizi (regge se si vuole
dire altrimenti), rispondenti
pienamente alla storia e alle vicende traversate da conflitti
interni ed esterni, nel tempo
della bella et dei nuraghi
(cos si pu chiamare il tratto
di secoli dal 1200 al 900 a.C.) e
negli inizi della stagione delle
aristocrazie (900 - met VII secolo a.C.).
Diversa cosa dai nuraghi sono gli pseudonuraghi o nuraghi a corridoio o a galleria. Ci
che li accomuna soltanto la
tecnica costruttiva a grosse
pietre senza malta; di superficie, se non casuale, qualche al-

tra rispondenza di dettaglio.


Di pseudonuraghi se ne contano oggi centottanta. Sono
strutture rozze e basse, molto
inclinate al filo esterno. Il contorno varia dal rotondo allellittico, al subquadrato e al rettangolare (Cnculu-Scano M.,
Gianna Uda-Bonarcado, Tanca Manna-Tempio, Fronte Mola-Thiesi).
Linterno, al piano terra, si
presenta con uno o pi corridoi a solaio piano, che diventano gallerie quando attraversano in lungo o in largo la
costruzione, che allora mostra due ingressi contrapposti
(Tusari-Bortigali, Sneghe-Suni, Budas-Tempio). Al lato o
ai lati del corridoio si aprono
cellette in coppia, talora ripetute, cos da formare uno
schema a transetto (citati Tusari, Sneghe, Fronte Mola) e
partono scale in muratura, a
zig zag, che mettono al piano
unico superiore dove spesso
stanno i vani di dimora, rotondi o quadrangolari, col

Sardegna nuragica _ 47

N u r a g h e A l b u c c i u,
Arzachena

tetto in legno e frasche (Bruncu Mdugui, Fronte Mola).


Eccezionale, e in ogni caso
embrionale, la falsa cupola litica (Friarosu-Mogorella, Peppe Gallu-Uri, questultimo con
ingresso sopraelevato dal suolo). Sembra che la forma dello
pseudonuraghe abbia preceduto nellorigine quella del
nuraghe con la tholos, il quale
peraltro ha premesse nella torre circolare a copertura lignea
dellet del Rame (Sa CoronaVillagreca, Taro o Corte Brocci-Giara di Gsturi).
Lo pseudonuraghe si afferma nel periodo del Bronzo antico, mostrando per piante di
corridoio (a elle, a transetto) in
Corsica, in Bretagna e in Inghilterra gi presenti in tombe
dellet dei primi metalli (o
Calcolitico). Del resto in questultima et (verso la fine) pare essere stato costruito lo pseudonuraghe di Bruncu Mdugui,
a tener conto della cronologia
a C14 intorno al 1820 a.C.
In un certo momento (Bronzo medio) si nota la fusione
di nuraghe a tholos e pseudonuraghe, esemplificata dagli
edifici di Albucciu-Arzachena
(cronologia a C14 del 1220
circa a.C.), Tanca Manna-Fonni, Gurti Aqua-Nurri, Su Molinu-Villanovafranca, ecc.
Sebbene altrove lo schema a
corridoio dello pseudonuraghe trovi esclusiva applicazione in sepolcri, in Sardegna fa

luogo a costruzioni che si devono ritenere destinate ad uso


corrente: ad abitazione, come
dimostrano le camere al piano
superiore o i terrazzi, la presenza dei quali, taluni provvisti di balconcini su mensole
(Albucciu), suggerisce anche
una certa funzione di vigilanza, come semplice avvistamento di turbative o pericoli relativi alla terra e alle sue risorse
produttive.
A questo punto occorre ricordare, sia pure di scorcio, le
colline e montagne fortificate
da recinti contenenti il nuraghe, torri minori e nuclei di capanne nellOgliastra (SerbissiOsini, Scer-Ilbono), in Gallura e altrove.
In particolare, poi, non si
pu omettere un cenno allarce di Antigori-Srroch. Qui
una collina isolata coronata
da una roccaforte a sistema di
cinque torri e di cortine collegate col dirupo naturale, avente al culmine dellarea terrazzata un nuraghe monotorre.
Insieme a ceramiche locali, vi
si sono rinvenuti un centinaio
di vasi micenei, del Miceneo
III b (1340-1210) e c (12001110 a.C.). ovvia limportanza dellinsediamento nuragico in un punto strategico del
golfo di Cagliari, e cos il significato dei ritrovamenti per la
storia dei contatti tra Sardi indigeni e popolazioni esterne
del Mediterraneo.
Sardegna nuragica _ 49

LE TOMBE

a civilt nuragica eredita alcuni tipi tombali


dal Neolitico e dal Calcolitico, e altri li elabora originalmente. Tra i primi c il tipo dellipogeo, detto popolarmente in lingua sarda domu
de janas (casa di fate). In et
prenuragica si costruirono a
migliaia le grotticelle a cominciare dal Neolitico medio (cultura di Bonuighinu: 3730-3300
a.C.), per infittirle nel Neolitico recente (cultura di Ozieri:
3300-2490) e continuarle nel
Calcolitico (culture di Abealzu,
Monte Claro e corrente del
vaso campaniforme: 24901800).
Nel Bronzo antico (ossia
nella prima fase della civilt
nuragica: cultura di Bonnnaro), luso dellipogeo si dirada, limitato a territori del Sassarese e del Goceano nella
Sardegna settentrionale, mentre nel resto dellisola cessa
completamente, per far luogo
alle tombe in costruzione megalitica.
I poco pi di trenta ipogei
di questo periodo (il 75,7%
costruiti ex novo, i restanti riadattati) si distinguono per due
caratteristiche.

Tomba di Giganti
Camp u Lo ntanu, Florinas

La prima (relativa alla maggioranza di essi) che la pianta resta conclusa in ununica
celletta di forma rotonda, per
lo pi con soffitto concavo
(per esempio San Giorgio-Sassari) o rettangolare ed ellittico-ovale (per esempio S. Maria de iscalas I-Osilo, ChercosUsini, Sas Puntas o Binza de sa
Punta-Tissi). Alcune grotticelle a cameretta rettangolare mostrano una banchina perimetrale, che include una fossa intorno alla quale si girava per
non calpestare i defunti, e nicchiette sovrastanti per offerte
(Molaf-Sassari, Siscia e sas
piras I-Usini). Sono simili a ipogei dellisola di Maiorca (per
esempio Son Sunyer 5-Palma)
del Bronzo antico balearico
(dal 1800 al 1500 a.C.).
La seconda caratteristica
consiste nellarchitettura della
facciata che presenta, scolpita
nella roccia, una stele ricurva
sopra la porticina dingresso
ai cui lati, talvolta, si rilevano
dei sedili. Inoltre, sullalto del
prospetto allinizio della copertura esterna talora conformata a sezione di botte (Campu Lontanu-Florinas), figurano costantemente tre incavi
Sardegna nuragica _ 51

contenenti altrettanti betilini


di pietra a coronamento decorativo e simbolico della tomba
(i betilini sono stati trovati ancora in posto nellipogeo VIII
di Sos Furrighesos-Anela).
Profilo arcuato della facciata, stele, banchina, incavi sono particolari architettonici e
di arredo che si riscontrano
nella tomba megalitica detta
di Giganti. Ci dimostra la
contemporaneit degli ultimissimi e segregati prodotti
dellipogeismo sardo con le
prime manifestazioni di una
tipica forma isolana di sepolcro, destinata a diventare
costante nelluso, essendone
durata la costruzione per almeno 800 anni.
Appunto il megalitismo la
nota dominante nellarchitettura funeraria del tempo dei
nuraghi. Senza escludere la persistenza del dolmen semplice,
conosciuto in Sardegna sino
dal Neolitico recente, la forma
derivata della alle couverte
(viale coperto), anche essa
presente durante lo svolgersi
delle culture di Ozieri e di
Abealzu (Sa Corte noa e Sa corte e pranu maore-Lconi), si
afferma e si diffonde nella prima fase della civilt nuragica
(Bronzo antico). Alles a lungo vano rettangolare per lo
pi interrato, limitato e coperto da rozzi lastroni, la facciata
rettilinea, il tutto nascosto da
tumulo di terra e pietre (i mor52 _ Sardegna nuragica

ti inumati collettivamente),
furono costruite, in questo periodo, in diverse parti della
Sardegna. Basti ricordare i sepolcri megalitici, con struttura
ortostatica, di Li Lolghi e Coddu Vecciu-Arzachena, di Monte de sape-Olbia, di Su Cuaddu de Nixis-Lunamatrona,
poi trasformati in tombe di
Giganti con stele arcuata nel
mezzo dellesedra, nellandante Bronzo antico e nei primi
tempi del Bronzo medio. Nella prima fase nuragica furono
fabbricate le alles di San Michele e Tramassunele-Fonni,
che si distinguono per essere
fornite nel prospetto di larghissima stele trapezoidale col
portello scolpito alla base. Ma
nel Bronzo antico nasce e si
sviluppa soprattutto la tomba
di Giganti, di stile dolmenicoortostatico. Questa si differenzia dalla alle per il disegno
del prospetto a esedra concava, definita da lastroni infitti
verticalmente che vanno crescendo in elevazione dalle estremit delle ali al centro dove domina, con valore architettonico e significato simbolico, lalta stele monolitica o bilitica, con uno o due listelli
trasversali, talvolta con incavi
(finestrelle finte) al lato della
porticina ricavata al piede della stessa stele. Esempio assai
antico la tomba di Giganti di
Aiodda-Nurallao, con stele arcuata a finestrelle finte (come

Tomba di Giganti
S u Cuaddu de Nix is, Lunamatrona

Ricostruzione ideale
di Tomba di Giganti

nella stele di Su Cuaddu de Nixis).


Il vano a naveta, di sezione ovale, strutturato a filari
di pietre in gran parte ricavate
da spezzoni di statue-menhirs
armate, di et calcolitica
(cultura di Abealzu?): misura
dal fondo allinterno del portello m 8,93 di lunghezza x m
1,96 / 1,06 di larghezza. Statue-menhirs non armate ma
provviste dun oggetto in forma di paletta (forse simbolo
di potere e di comando) identico a quello recato alla vita
da sculture eneolitiche del
Mezzogiorno francese, stavano nellesedra, a protezione
dei morti (in questo caso parrebbero grandi capi di trib),
della tomba di Pedras Doladas-Silanus. Le statue sarde
sembrerebbero pi recenti di
quelle francesi e contemporanee al sepolcro che si ritiene
essere stato costruito agli inizi
del Bronzo antico.
54 _ Sardegna nuragica

Il tipo dolmenico-ortostatico della tomba di Giganti


continua a svolgersi durante
il Bronzo medio (facies Subbonnnaro: 1500-1200 a.C.),
in particolare nella Sardegna
centro-settentrionale. ben
nota di questo periodo la
maggiore delle tombe di Goronna-Pauliltino. Una monumentale costruzione in basalto lunga m 24,60, camera
di m 18,25 di lunghezza x m
1,31 di larghezza (superficie
mq 23,90); una lastra della
copertura misura mc 2,16 e
pesa t 6,78. Trovati fra laltro,
a corredo dei defunti, un vaso
con ansa a processo asciforme e un contenitore biconico a tesa interna, decorato a
specchi riempiti di punti impressi col pettine. Nellesedra
un betilo conico di basalto,
dun tipo presente anche in
altre tombe di Giganti del genere (vedi capitolo Monumenti di culto). Un analogo

contenitore, con altre forme


vascolari, fu deposto nella simile tomba di Palatu-Brori
(corpo di m 14,50 e m 4,00 di
lunghezza e larghezza rispettivamente, vano di m 11,55 x
1,10). Le analisi di idratazione di campioni dossidiana,
facenti parte della suppellettile funeraria, hanno fornito
datazione di 1588 200 e
1334 126 a.C.
Nello stesso tempo, nella
Sardegna centro-meridionale,
fa la sua apparizione e si sviluppa un altro tipo di tomba
di Giganti, a struttura propriamente nuragica, cui non
estranea la grande voga che
prende il nuraghe monotorre.
Permane la sagoma a corpo
rettangolare absidato con esedra (schema che sembra simbolizzare la testa del toro).
Per sparisce il tumulo, cos
che la struttura litica diventa,
per cos dire, solare e offre
alla vista e allattenzione spirituale le belle linee scandite a
filari nei fianchi rettilinei e
nella dolce curva dellabside.
Nellesedra non c pi la stele o altro ornato, rimane la
nuda ed elegante prospettiva
del muro concavo ordinato a
file di pietra. Il portello aperto nel muro; dietro sta loscuro e impressionante vano tombale. Al lettore presento due
esemplari di tale tipo di tomba, se mai gli venisse voglia di
fare una visita.

Sulla giara di Siddi (un altopiano dal paesaggio arcaico,


quasi un fossile) spicca la tomba di Sa domu e sorcu la casa
dellorco. La mole megalitica
si allunga per m 15,20, la facciata ricurva si apre per m 18,
la copertura offre limmagine
duna chiglia di nave rovesciata. Forte linclinazione della
continua ritmica muratura, a
filari di basalto e lava: (da 20 a
30). La camera, di sezione trapezoidale con aggetto di 8,
copre la lunghezza di m 9,72 x
1,24, con elevazione di metri
2,45/2,36; la chiudono lastroni da 4,16 a 1,59 mc e del peso
da 12,48 a 4,77 t. V una celletta, a sinistra di chi entra, sopraelevata sul pavimento acciottolato. Figura e struttura
interna ed esterna trovano riscontro speculare in naus o navetas di Minorca, nelle Baleari
(ad esempio Rafal Rub-Mahn): lo stesso respiro megalitico, un clima depoca, un modo di vedere e costruire mediterraneo-insulare.
Laltra tomba che propongo
per la visita quella, in granito, sita in localit San CosimoGonnosfandiga chiamata Sa
grutta de Santu Giuanni la
grotta di San Giovanni. la
pi grande che si conosca a
oggi in Sardegna: 30 m di lunghezza, compresa la crepidine
che la sostiene, e 24,10 di larghezza allesedra. Vano a sezione tronco-ogivale, lungo m
Sardegna nuragica _ 55

16,50, largo 1,40 (superficie


mq 23), alto 1,90. Interessante
il corredo includente, tra le altre forme vascolari, contenitori a tesa interna con decorazione a punteggiato e nervature,
come a Goronna e Palatu (da
qui la contemporaneit del tipo di tomba di Giganti nuragico e di quello dolmenicoortostatico con stele arcuata).
Furono rinvenute anche perle
di pasta vitrea, gioielli dimportazione (micenea, egizia,
europea?).
Mentre il tipo nuragico
perdura nel Centro-sud dellisola per tutto il tempo del
Bronzo recente e finale (1200900 a.C.), quello dolmenicoortostatico del Centro-nord
viene gradatamente a cessare e
lo sostituisce un altro tipo di
tomba di Giganti che si caratterizza per la raffinata lavorazione a scalpello della struttura muraria e la precisa collocazione in opera delle singole
membrature architettoniche,
dove si alternano ortostati e filari, e per la presenza costante,
al centro dellesedra, di una o
due pietre sagomate e fregiate

Tomba di Giganti
Madau, Fonni

con una partitura di quattro


dentelli separati da tre incavi
(un elemento decorativo e anche simbolico incentrato sul
concetto religioso ternario).
Di natura simbolica sono altres le lastre di fondo del vano
funerario aventi un rilievo
quadrangolare (Bhatos-Sdilo), Sa Mrghine-Talana, Roja
de murta-Bauladu: la lastra di
questultima tomba con perni
dincastro nelle fiancate e nel
tetto; lo sono inoltre le pietre
quadrangolari e pentagonali
con rilievi a ogiva, a triangolo
e in quadro, da interpretarsi
forse come chiusini (TamuliMacomr).
Sino ad ora conosciamo una
trentina di tombe di Giganti
con fregio, estese dalla Gallura allaltopiano di Abbasanta e
dalla Planargia alle Baronie e
allOgliastra per il Marghine e
la Barbagia.

Eccezionale la presenza nel


Sud: la tomba di Su nidu e su
crobu-S. Antioco, nella quale il
monolite trapezoidale con i
dentelli fu integrato successivamente nella struttura in
opera poliedrica di roccia vulcanica del sepolcro pi antico.

Vorrei invitare chi mi legge a


fare una visita al gruppo di
quattro tombe di Giganti di
Madau-Fonni, dove venivano
sepolti gli abitanti di tre prossimi villaggetti situati nella

Interno della Tomba


di Giganti di Madau, Fonni

bella valle del riu Gremanu,


sotto il passo di Corru e boe
(sarcu de corru e boe chiamato in sardo, perch ha la
forma di corna di bue: vi si vedeva il segno della divinit
taurina al modo che gli Egizi
visualizzavano Apis, il grande
dio di Menfi?).
Spicca nel gruppo la maggiore tomba, un monumentale
mausoleo di preziosa architettura. Eleganti e levigate le strutture, in granito.
Lungo m 22,20 dallabside
alla corda dellesedra ampia
24 m, il corpo murario composto a sfoglie contiene il vano funerario, di pianta trapezoidale (m 9 x 1,20/1,00), ogivale in sezione con pareti a filari di conci strapiombanti e
coperte allaltezza di m 1,50
da lastrine di schisto.
Nel pavimento sono stati reimpiegati lastroni, taluni con
incavi, appartenuti alle fiancate o al soffitto duna pi antica
tomba di Giganti (del Bronzo
medio), della quale sono stati
messi in opera nella nuova anche un grosso spezzone della
stele arcuata, che fa da soglia
al portello, e squadroni della
muratura formanti il bancone
delle offerte. Un chiusino di
cm 64 x 57/52 ferma il portello, che era sovrastato dal fregio a dentelli (qui ricavato in
due elementi litici sovrapposti): unico ma distinto e significativo segno, messo a modu-

lare, nellesatto centro, la mostra tersa della facciata, composta da filari orizzontali regolari di conci sulla base ortostatica di lastroni di perfetta finitura. Davanti al portello sta
il focolare rituale di purificazione. La facciata emerge tutta
in vista sino dalla base che nel
resto della tomba nascosta
da un tumulo di terra e pietre
di rincalzo alla struttura dimpianto, inclinato verso lesterno per facilitare lo sdoccio dellacqua piovana (allinterno del
tumulo sono stati rinvenuti
mazzuoli, asce a gola, percussori di pietra dura, gettati l in
pezzi, dopo aver servito a tagliare e rifinire il materiale litico delle strutture della nuova
tomba).
Il tumulo si ferma allaltezza
duna crepidine che gira intorno al vano sepolcrale, e fa luogo alla sofisticata sovrastruttura di coronamento che risalta in bella evidenza architettonica con la sagoma a naveta
(simbolo della barca dei morti e del viaggio ultraterreno)
per laltezza di m 1,50 sopra la
platea. Elementi del corredo
funerario (cote, braccialetto di
bronzo, fuseruola fittile), oltre
le ceramiche, suggeriscono la
presenza di morti dei due sessi. Assidua era la presenza dei
parenti nellarea cerimoniale
dellesedra, e copiosa lofferta
di cibo e bevanda contenuti in
vasi di terracotta lisci e decoSardegna nuragica _ 59

rati con la tecnica dellimpressione a pettine tipica dellepoca, rinvenuti in pezzi per essere caduti dal bancone su cui
erano stati deposti allorigine.
Si aggiungono, tra i doni, macine e pestelli di pietra associati allofferta di grano e orzo,

Tomba di Giganti
di Sena e Tom es, Dorgali

e betilini di trachite, simboli


forse della divinit taurina (o
di altra divinit) protettrice
dei defunti, oppure aventi significato scaramantico. Simili
oggetti rituali sono stati trovati anche nelle tombe di Giganti con fregio a dentelli di Ba-

thos-Sdilo, Elighe Onna-Santu Lussrgiu e di Su Nidu e su


crobu (corni litici in roccia tufacea). Lultima forma di tomba nuragica non pi megalitica. I sepolcri individuali della stagione delle aristocrazie
(dal 900 al 500 a.C.) sono a

pozzetto e a cassone. Nei pozzetti di Monti Prama-Cabras i


morti erano stati inumati in
posizione seduta.
La suppellettile tutta di
cultura geometrica e orientalizzante (statuette e armi in
bronzo, ceramiche, gioielli).

MONUMENTI DI CULTO

a grandiosit, lattrezzatura e la simbologia


fanno delle tombe megalitiche veri e propri monumenti di culto: del culto dei
morti, fossero questi personaggi di prestigio (capi antenati eroizzati dei quali parla la
tradizione letteraria, dicendoli capaci di erogare salute a
chi incubava presso i loro
sepolcri), fossero componenti
di un gruppo o duna comunit in cui si riassumevano le virt determinanti la devozione
dei vivi. Il megalitismo dei sepolcri fissa in grande le memorie, e d il senso che si sia
costruito per leternit: ci fa
parte dellidea religiosa e del
culto.
Pi chiara diventa questa
concezione quando si ha presente lassociazione alla tomba di arredi rituali (li abbiamo
addietro indicati) ma soprattutto di semata (segni) figurati che attengono al sacro. Tra
gli ultimi risaltano i btili, conici e troncoconici, alti da uno
a due metri: i conici legati alle
tombe di Giganti del Bronzo
medio, gli altri ai sepolcri del
Bronzo recente e finale. Se ne
conoscono una cinquantina,

Betili da Tamuli, Macomer

quasi tutti in basalto, una roccia scura adatta, come le forme stilizzate e astratte, al dominio dellaldil. Significativi
appaiono i btili conici fallici e
con mammelle (Tamuli-Macomr), nei quali facile riconoscere lentit maschile e quella
femminile che, coniugandosi
presso la stessa tomba, simboleggiano la copulazione di divinit dei due sessi al fine di ricreare la vita spenta nei morti.
Ierogamia sessuale allusa anche nellaccoppiamento di segni di falli e mammelle in altre
tombe di Giganti.
Quanto ai btili tronco-conici, ve ne sono con incavi
scolpiti tutto allingiro poco
sotto la sommit in numero dispari (da tre a cinque). Gli incavi rappresentano occhi e,
nellessenza, il monolite subantropomorfo vuole figurare
una divinit guardiana dei defunti, una sorta di Argo panopts, cio dai numerosi occhi
(sar la dea degli occhi neolitica, sar un essere assimilabile al mostro dai quattro occhi e quattro braccia, due spade e due scudi effigiato in statuine di bronzo del santuario
di Abini-Teti?).
Sardegna nuragica _ 63

Pozzo Sacro di
S a n t a C r i s t i n a,
Paulilatino

Di grande interesse sono appunto i santuari, il cui tessuto


religioso si incentrava per lo
pi sul tempio a pozzo, dove si
venerava la (o le) divinit dellacqua di vena e che, talora, si
arricchiva di altri sacelli. Il
santuario di Abini, situato nella remota e solitaria valle di Sa
badde de sa domo e di Sa badde de sa bidda (la valle della
casa e la valle del paese,
nome derivato dalla presenza
di alcune capanne circolari del
villaggio nuragico), era fre64 _ Sardegna nuragica

quentatissimo dalla gente di


montagna, soprattutto nella
prima Et del Ferro; ma la vita
vi documentata sin dal Bronzo medio e in quello recente.
La festa vi si doveva celebrare sul finire della primavera o
allinizio dellestate, quando
limpetuoso fiume Taloro consentiva laccesso sicuro. Nel
duplice recinto del sacello delle acque, costruito in eleganti
blocchi di trachite, stavano
esposti, appesi alle pareti o impiombati su piedistalli litici,

gli ex voto in bronzo e altra


materia. Circa un migliaio di
armi e oggetti enei, tra cui un
centinaio di statuette, vennero
raccolti nel secolo scorso, costituendo la pi ricca stipe votiva del tempo dei nuraghi.
Vennero fusi in unofficina
prossima al luogo di culto, come dimostrano elementi di
stagno, rame e di lignite usata
come combustibile; vi si trattava pure il piombo e il ferro.
Fervore di fede, di lavoro e,
nelloccasione festiva, di mer-

cato. Ancora oggi la gente barbaricina favoleggia di demoni


della pioggia che si aggirano
a frotte tra rupi di granito e
boschi, nella convalle e nelle
montagne circostanti e la favola aumenta la suggestione
del sito.
Nel santuario di S. CristinaPauliltino, steso su un altopiano tra antichi olivi, poco
distante dal nuraghe e dal piccolo borgo nuragico, fa spettacolo il meraviglioso pozzo sacro, contornato dalle casette
Sardegna nuragica _ 65

per i novenanti e dai posti di


mercato.
Si vedono inoltre lampio
vano della sacrestia e il recinto
per la fiera del bestiame. Gi
verso il IX secolo a.C., come
testimoniano le statuette in
bronzo fenicie e indigene, il
sacro vi esplodeva, come avviene ancor oggi nel muristene presso la chiesetta rustica
della santa, che, nella forma
circolare, imita lantico.
Ma in quello di S. Vittoria
di Serri, visibile quasi da ogni
parte situato com in un paesaggio dincanto sullaperta e
dominante giara, che appare completa lorganizzazione
del santuario. Il disegno edilizio e architettonico consta di
parti diverse, mirate a comporre festa religiosa e civile, mercato e assemblea politica. C,
ben distinta, la zona templare
(un tempio a pozzo e un sacello rettangolare).
Gli spassi e i giochi festivi e
gli affari del mercato si svolgevano in un vasto recinto ellittico, con porticato e vani rotondi per il soggiorno dei festaioli
e coi posti per i rivenditori. In
disparte, presso un gruppo di
dimore stabili destinate alle
famiglie che avevano cura del
santuario, spicca lampia rotonda coperta dellassemblea
dei prncipi (larredo duna
bacinella e dun btilo in calcare e il ritrovamento di statuette bronzee di animali tra i
66 _ Sardegna nuragica

resti di cenere e carbone indicano una cerimonia sacrificale


di propiziazione del buon esito della seduta o di suggello
sacro del patto politico).
In questo santuario si coglie
il massimo sforzo organizzativo, tendente a far coagulare la
solidariet popolare e nazionale della societ del tempo.
Qualcosa di vicino al modo
dei Greci che recuperavano la
nazione morale, pur scontando la divisione politica, nei
celebri santuari panellenici.
Posto fortificato da un nuraghe complesso nel Bronzo recente e finale, S. Vittoria divent luogo pacifico, neutrale, quando vi si costru il santuario allinizio della stagione
delle aristocrazie. Un santuario pansardo che visse a lungo, celebratissimo, come dimostrano i numerosi e preziosi ex voto (si pensi alle quaranta e pi figurine di bronzo), e cadde soltanto quando
ne fecero un rogo i conquistatori cartaginesi.
Oltre che nei santuari famosi, la profonda religiosit dei
Sardi nuragici si esplic diffusamente in luoghi minori con
edifici di culto, nei villaggi e
nelle campagne. Tipica costruzione sacra dellepoca il
tempio a pozzo. Se ne contano
attualmente una quarantina.
Presentano uno schema uguale in tutto il territorio isolano,
mantenendolo costante, salvo

Pozzo Sacro di
S anta Vit toria, Serri

il progressivo affinamento tecnico, dal Bronzo recente, nel


quale si constatano i primi
esemplari, allet del Ferro,
periodo del massimo sviluppo. Ledificio manifesta unit
di pensiero e di pratiche religiose che coinvolgono lintero
popolo (o tutti i popoli) della
Sardegna, ad onta della divisione cantonale. La predilezione del tipo dimostrata
non soltanto dalla diffusione
generalizzata, ma anche dal
vederlo moltiplicato, talvolta,
in una stessa localit (Matzanni-Vallermosa, Musuleu-San
Nicol Gerri).
Il disegno costruttivo del
tempio a pozzo consta di tre
parti essenziali: vestibolo a
fior di suolo di varia figura
planimetrica, scala coperta da
solaio di architravi digradanti,
vano voltato a falsa cupola che
fa da pozzo dacqua sorgiva o
che ricopre un pozzo sottostante fungendo da camera
daria. Il pozzo il centro materiale e ideale dellinsieme architettonico, il cui carattere di
penetrale segnato dal recinto (sorta di tmenos) che lo
racchiude. La parte sopraterra
delledificio sacro si compone
di una struttura a tamburo
bombato in corrispondenza
del pozzo che si lega in continuit a un corpo rettilineo a
doppio spiovente includente
scala e atrio; in questo si esponevano gli ex voto e figurano
68 _ Sardegna nuragica

attrezzature per i sacrifici (vaschetta, banconi, ecc.). A giudicare da un esempio rimasto


quasi integro (Su TempiesuOrune) la facciata, avente nel
mezzo la porta dingresso architravata, finiva a timpano
nelle forme pi elaborate, con
trabeazione, specchio triangolare e culmine decorati. Nei
pozzi di Santa Vittoria e Santa
Anastasia-Srdara, sul frontone spiccavano teste taurine in
rilievo. Allesterno dei templi
cera poi tutto un contorno di
arredi rituali e simbolici in
pietra lavorata (btili, altarini
fregiati, cippi capitellati).
Possono dare idea del tipo
di edificio i pozzi sacri di Sa
Testa-Olbia e di S. Anastasia,
e quelli di Su Tempiesu e S.
Cristina. I primi due, che sono pi antichi, fanno vedere
un fabbricato di tecnica nuragica vera e propria, con pietre
appena sbozzate ad apparecchiatura grezza e irregolare
(le camere dei pozzi sembrano camere interrate di nuraghe). I due secondi sono costruiti in pietra da taglio, a
profili precisi, e dimostrano
sensibilit artistica raffinata e
moderna. Pare di poterli ricollegare ai monumenti a tholos di ritmo perfetto, che gli
scrittori antichi oppongono
alle costruzioni sarde fatte alla maniera arcaica dei Greci,
intendi Micenei.
Il pozzo di Sa Testa presenta

un corpo costruttivo, orientato da nord-nord-ovest a sudsud-est, lungo m 17,47. Vestibolo di pianta trapezoidale di
m 2,62 x 1,87, scala di 17 gradini, vano del pozzo di m 1,25
di diametro, altezza al culmine della pseudocupola m 6,81
con 28 filari di schisto; lo copre unintercapedine in origine voltata. Eccezionale il cortile esterno, circolare, con sedili alla base delle
pareti, accessibile dal piano
di campagna
scendendo
una scala di
quattro gradini.
Forse ledificio fu
costruito nei secoli finali del II millennio
a.C., ristrutturato verso il
IX-VIII secolo. Nel VII-VI vi
fu esposta in voto una statuetta lignea. Il pozzo di S. Anastasia, contornato da recinti e
vani rotondi con sedili, nicchie, focolari e un btilo, un
edificio lungo m 12 circa,
atrio rettangolare di m 3,50 x
2,10, scala di 12 gradini, tholos di m 3,55 di diametro x
5,05 daltezza. Cos era verso
il XIII-XII secolo a.C.
Poi, intorno al IX secolo, fu
ristrutturata la facciata in calcare, tutta scolpita con fregi
geometrici a zig zag, spina di
pesce, cerchielli concentrici,
bozze mammillari sulla trabeazione a conci dentellati e

dipinti e nello spazio triangolare del timpano avente al


centro una testa di toro in basalto. Alla sommit del pozzo
un muro basso limita unarea
rotonda lastricata per le cerimonie (la stessa si osserva nel
pozzo di S. Cristina). Gran
quantit di offerte, in bronzo,
ceramica liscia e decorata
geometricamente, anche con
plastiche antropomorfe, a S.
Anastasia. Ancor
oggi la gente
ritiene salutari le acque del
tempio, che
chiamato Sa
funtana de is dolus, la fonte che
cura i dolori reumatici. Su Tempiesu un gioiellino darchitettura. Una
nota gentile in un paesaggio
aspro, di macchia, nascosto
su un costone, oggi solitario,
che guarda lontano il mare
Tirreno. Conci di trachite
bollosa, perfettamente squadrati, compongono la struttura: la facciata con coronamento a cuspide sormontata da
un fascio di spade di bronzo, i
fianchi di forte inclinazione,
lestradosso a doppio spiovente. Lo scalpello ha modanato a scanalature e sgusci le
ali del timpano, ha rilevato
bozze mammillari in alcuni
conci del prospetto, ha polito
il semplice lineare profilo del
resto delle murature.
Sardegna nuragica _ 69

Fonte Sacra di
S u Tem piesu, Orune

Dallestro e dallabilit consumata degli artigiani nato


un piccolo edificio lungo m
7,70, largo al prospetto m
3,55, alto al colmo m 6,65.
Il vestibolo di m 1,55 x
1,07/1,30, di m 3,27 daltezza, strapiomba nelle fiancate
provviste di sedili e stipi sotto
il soffitto ad archi monolitici.
Nel pavimento le lastre si uniscono con giunti esatti per via
di piombo colato negli interstizi, e sottostante alle lastre
corre un canaletto per il deflusso dellacqua del pozzo. A
questo scende la scala (m
0,45 x 0,87 di larghezza) con
appena quattro gradini saldati con grappe plumbee.
La tholos in miniatura (m
0,60 di diametro di base, altezza m 2) integralmente
conservata nei suoi undici
anelli di pietra squadrata.
Precedono il sacello due cor-

tili, uno esterno e uno interno, costruiti in tempi diversi


come dimostrano il materiale
e la tecnica differenti. In un
tratto del muro del cortile interno ricavata unapertura
che ora fa passare al di fuori
lacqua proveniente dallatrio, ma che in origine da
supporre fosse stata lingresso duna fonte protetta da cupoletta, ossia il primo impianto del luogo di culto che
dette poi occasione alla costruzione pi elaborata del
tempietto. Il resto delle murature dei cortili, in filaretti di
schisto, venne successivamente a questultimo. Cos linsieme delle strutture rivela tre
fasi edilizie: la prima del
Bronzo recente, il sacello della prima et del Ferro e la terza (il riadattamento) pi tardiva. I materiali archeologici
(gran quantit di bronzi
duso e figurati e ceramiche)

Sardegna nuragica _ 71

confermano questi tre momenti della storia delledificio, conveniente, nel nucleo
tecnicamente pi ricercato
tanto da sembrare di stile
classico, alla stagione delle
aristocrazie.
Principesco il pozzo di
Santa Cristina, che rappresenta il culmine dellarchitettura
dei templi delle acque. cos
equilibrato nelle proporzioni,
sofisticato nei tersi e precisi
paramenti dellinterno, studiato nella composizione geometrica delle membrature, cos razionale in una parola da
non capacitarsi, a prima vista,
che sia opera vicina al 1000
a.C. e che labbia espressa larte nuragica, prima che si affermassero nellisola prestigiose
civilt storiche. Nel pozzo di
Santa Cristina splende veramente la Magistra Barbaritas.
Un recinto ellittico chiude il
sacro edificio, lasciando lunico ingresso coassiale allatrio.
Raccolto in questo modo, il
tempio sviluppa il muro perimetrale nella continuit rettocurvilinea di ali del vestibolo e
di tamburo del pozzo. La scala
monumentale, aperta a ventaglio verso latrio, luminosa, si
restringe gradatamente e penetra a poco a poco nella penombra, come scende sotto il
soffitto gradonato al mistero
dellacqua. Londa si manifesta al fioco chiarore dellorifizio della cupola composta a gi72 _ Sardegna nuragica

ri concentrici di pietre levigate


di basalto, scanditi con forte
rigido aggetto nel lucernario
cilindrico terminante nella
ghiera esterna.
Allarchitettura dei templi a
pozzo si avvicina, in tono minore, quella delle fonti sacre le
quali, in certi casi (Su Tempiesu, ma anche Su Cccuru de is
Arrus, Abini) li hanno preceduti. Se ne conoscono una decina, le pi in zone montane
meno povere dacqua. Lelemento che le distingue dai
pozzi la mancanza della scala, perch il vano con la vena
sta a fior di suolo. La pi antica conosciuta la fonte di Sos
Malvidos-Orani (i malati),
del Bronzo medio. La pi nota
quella, in basalto, di Su Lumarzu a Rebeccu-Bonorva.
Questa ha latrio rettangolare con sedili di m 5,15 x 2,45 e
la celletta rotonda con cupola
tagliata di m 1,36 di diametro
x 1,90 daltezza. Nella parete
sinistra del vestibolo si osserva
uno stipo per riporvi la ciotola
per bere lacqua, in legno o sughero. Vi si rinvenne unolletta piriforme con duplice ansa
e falso colatoio, una forma ceramica del IX-VIII secolo a.C.
Templi e fonti sono testimonianze significative di religione cui sottesa la penuria di
acqua. Architetture che evocano insieme larte di cui fu
capace la civilt nuragica per
raccogliere e conservare, co-

me in uno scrigno, lelemento


liquido prezioso per i campi, il
bestiame, luomo stesso, e la
siccit (sa siccagna la chiamano oggi i Sardi): male antico
come la peste, la carestia e la
fame.
Quale, o quali, divinit o esseri supremi le genti nuragiche evocavano per contrastare
questo ciclo infernale? Certamente lo spirito infernale,
sotterraneo, che esse ritenevano albergasse nei pozzi e nelle
fonti, ossia il toro. Le teste taurine scolpite sulle facciate dei
templi di Srdara e Serri ne sono, pi che indizi, prove. Si
aggiungono, a conferma, materiali in bronzo e terracotta
che figurano o recano segni
dellanimale divino.
Nella stipe del pozzo sacro
di Camposanto-Olmedo, stava un idoletto bronzeo in forma di protome taurina; vasi
votivi del pozzo di Serri presentano la superficie segnata
da corna bovine stilizzate; dal
pozzo di Srdara viene il resto
di unanfora piriforme, dove
uno strano essere antropomorfo stringe al petto unasta
cornuta (qui anche, tra i vasi
rituali, ce n uno avente il collo conformato a fallo, simbolo che si addice al toro fecondatore al pari dellacqua).
Dio-Toro salutare, inoltre.
Lo dicono le denominazioni
di Sa funtana de sos malvidos
di Orani e di Sa funtana de is

dolus di Srdara, e lo ribadiscono gli autori antichi quando ricordano le virt mediche
fisiche e psichiche delle acque
di vena.
possibile che lo stesso essere infernale entrasse nel
giudicare i malvagi. In quei
tempi lontani non esisteva il
diritto positivo. Svelare la colpevolezza o linnocenza si riteneva appartenesse al sovrasensibile, che si estrinsecava
attraverso misteriosi fenomeni naturali. Sulleffetto di questi si fondava la pena o lassoluzione del reato. Le fonti antiche narrano che in Sardegna
il giudizio di Dio fosse affidato
alle acque calde (le stesse che
curavano e guarivano le malattie degli uomini), cio al dio
delle acque. lordalia dellacqua, di cui esiste un interessantissimo documento archeologico.
Presso la chiesa rurale di
Santa Lucia (si badi, la santa
degli occhi, della luce) a Bonorva, sgorgano dal suolo trachitico numerose polle di acqua termominerale, effervescente. Una volta un insieme
fitto di tali risorgive era raccolto dentro un recinto circolare, aperto, di m 35 x 36 di
diametro, conformato a cavea
come un anfiteatro, su cui sedeva la folla in qualit di testimone collettivo della cerimonia ordalica.
Al giudizio di Dio veniva
Sardegna nuragica _ 73

sottoposto il sospettato di furto (labigeato, antica ingloriosa virt del pastore sardo).
Dopo il giuramento del fermato, gli addetti al rituale ne
immergevano la testa nellacqua calda e frizzante.
Concludono gli autori antichi dicendo che, se lindiziato
non riusciva a sopportare il
terribile effetto, diventava cieco per aver spergiurato, e ne
risultava cos la colpevolezza;
se invece lo superava e anzi ci
vedeva pi chiaro, voleva dire
che non aveva giurato il falso
ed era innocente.
Non tutti gli edifici di culto
protosardi sono collegati con
lacqua. Ve ne sono anche di
quelli nei quali la devozione si
rivolgeva ad altri fenomeni
naturali cui sottostavano spiriti o esseri divini diversi. Il
che sembra indicare che vigesse una sorta di politeismo,
dove forse spiccava una divinit superiore alle altre (il
Dio-Toro, cui era dedicata la
maggioranza grandissima dei
templi?).
Sta di fatto che non conosciamo la divinit che si adorava in un singolare tipo di
tempio, di pianta rettangolare, con partizioni o meno allinterno e allesterno prolungato in antis.
Laspetto assomiglia a quello
degli edifici micenei e anatolici chiamati mgara (questi per
altro sono abitazioni signorili).
74 _ Sardegna nuragica

Ricostruzione del villaggio


nuragico di Serra rrios

Sembra una novit venuta da


fuori. Lapplicazione ne assai
modesta, limitata, come appare, a pochi luoghi del Centronord dellisola, presso taluni
gruppi isolati. Eccetto i mgara di Serra rrios, che sono
inseriti organicamente nel
tessuto dellabitato, quelli di
Sos Nurattolos-Al dei Sardi e

di Cuccuredd-Esterzili sono
confinanti in remoti luoghi
campestri, nelle vicinanze di
poche altre strutture funzionali al servizio religioso.
Tipico schema di mgaron
presenta il tempio di Cuccuredd, sulla montagna di Santa
Vittoria, alta m 978. La gente
lo chiama Sa domu e Orga,

la casa di Orga nome duna


maga irosa in sardo arrabiosa tramutata in pietra per
antica maledizione: una sorta
di Niobe nuragica che suggerisce forse una dea. Dentro
unarea ellittica di m 48,5 x
28, si allunga per m 22,5 ledificio tripartito, con struttura a
file di regolari pietre di calcaSardegna nuragica _ 75

re, largo m 7,79, compreso lo


spessore murario di m 1,31. I
tre vani, tutti di pianta rettangolare con larghezza costante
di m 5,15 comunicano tra di
loro per mezzo di porte rastremate coassiali, larghe m
1,50. Il vestibolo scoperto, limitato dalle due ali anteriori,
lungo m 5, la sala maggiore
m 8 e lo stanzino pi interno
(il penetrale sacro) m 3,55. Le
ante posteriori racchiudono
uno spazio di 2 m di lunghezza x 5,15 di larghezza. Si ipotizza un tetto a doppio spiovente di legno e frasche, oppure una copertura
in pietra con forte
aggetto a carena delle pareti.
Il lettore immagini lambiente come
era quando il tempio era frequentato
dai Galillenses, una
trib fiera di pastori
che, ancora nel 69 d.C., scendevano a razziare nelle fertili
terre dei Patulcenses campani. Immagini la festa montanina sul fare dellestate. Un
gruppo di capanne rotonde e
un vasto recinto, al margine
del tempio, accoglievano i
pellegrini, una limpida e fresca fonte coperta al modo nuragico li dissetava dopo la lunga salita al santuario, la terra
odorava tuttintorno di timo.
Scambi di cose tra contadini e
pastori, cessate le bardane.
76 _ Sardegna nuragica

E grandi mangiate collettive


per scontare la fame di tutto
lanno.
Quale let dei mgara sardi,
svoltisi in autonomia dai modelli di Troia II e VI, e di Micene, Tirinto e Pylos? La tarda Et del Bronzo, il tardo elladico III b, cui questi si ascrivono (1340-1210 a.C.), pu
valere anche per i tempietti
isolani. Nel villaggio di Serra
rrios, che include due sacelli
a mgaron, sono state raccolte
ceramiche a pettine in voga
nel Bronzo recente occidentale (1200-1000 a.C.). Non sono
secoli molto lontani
da quelli che la datazione a C14 (920
70 a.C.) assegna
a un altro piccolo
tempio, un po diverso dai precedenti: quello di Malchittu-Arzachena.
Emerge nella montagna di granito, vicino a un
gruppuscolo di capanne circolari e a uno pseudonuraghe
che si annette due ripari sotto
roccia. un edificio ellissoide
nel perimetro (m 12,70 x 5),
ricurvo nella parete posteriore, i muri laterali rettilinei
prolungati sulla fronte a recingere il vestibolo rettangolare. Lunico vano, di pianta
ellittica, lungo 8 m e largo 4,
presenta il focolare rituale al
centro del pavimento e un
bancone addossato alla parete

Tempio
di Malchittu,
Arzachena

di fondo che fungeva da altare


(vera lidolo aniconico?).
Quattro nicchiette a muro
accoglievano gli oggetti cerimoniali, una finestrella illuminava fiocamente il penetrale, copertura a doppio spiovente in legname e strame. Le
strutture sanno molto di maniere costruttive coeve della
vicina Corsica. una piccola
cosa il sacello di Malchittu, di
una sparuta e povera comunit vivente, peraltro, in uno
splendido paesaggio di rocce
e di macchia.
Bisogna tornare a S. Vittoria

di Serri per vedere altri tipi di


luogo di culto e supporre altre
divinit che li avrebbero abitati, secondo il pensiero di genti
portate istintivamente alla magia e al mito. Nel recinto pi
interno rispetto a quello che
separa dal profano il tempio a
pozzo sta una cappelletta rettangolare, in origine coperta a
duplice spiovente, in regolare
opera di calcare, cui si aggiungevano grandi e levigati pezzi
modanati di basalto di spoglio
di unantica costruzione (tomba?) del Bronzo recente. Lunico vano, fornito di banconi su
Sardegna nuragica _ 77

Ricostruzione ipotetica di
Sa Sedda e sos Carros-Oliena

78 Sardegna Nuragica

cui erano deposte lastre con


incavi e piombature di ex voto
in bronzo, lungo 5 m e largo
4,80. Vi si accede da due porte, una a sud e laltra a nord
che immette in una serie di
spazi rotondi recintati, da supporre riservati al personale religioso (sacerdoti e accoliti).
Gli arredi e gli stessi ex voto
erano custoditi nella sacrestia
aderente a un lato dellaula di
culto. Si riconoscono due fasi
costruttive. Del primo impianto, forse del Bronzo finale o
degli inizi dellEt del Ferro
(X-IX secolo a.C.?), sono rimaste poche tracce murarie
scampate al fuoco. Del tempo
sono anche gli oggetti votivi,
rinvenuti in mezzo a ceneri e
carboni sotto il pavimento del
sacello interamente rifatto (seconda fase costruttiva: met
VII-VI secolo a.C.). Si tratta di
figurine umane e danimali di
armi, utensili e gioielli di
bronzo, di monili doro, avorio e ambra, materiali che indicano la durata della prima costruzione sino allVIII-prima
met del VII secolo a.C. Un
btilo decorato in calcare, rinvenuto in mezzo al crollo, ci
restituisce lidolo del sacello;
ma purtroppo, aniconico com, non spiega la natura della
divinit che simbolizzava. Va
detto che, a cominciare dallVIII-VII secolo a.C., alcuni
nuraghi parzialmente distrutti
(Pitzinnu e San Pietro-Posada,

Albucciu, Nastasi-Tertena, ecc.)


vengono trasformati in edicole con stipi votivi (statuette e
vasi di lusso in bronzo, figurine di terracotta). Si prestavano culti anche nellintimit
della famiglia. Nel maggior vano duna casa di S. Vittoria, di
faccia alluscio segnato da due
pilastrini, era situato un singolare pezzo scultoreo in calcare. Una base trapezoidale sorregge una specie di altare-simulacro, composto da due colonnine troncoconiche congiunte da fascia orizzontale
modanata a guisa di cornice
architettonica, con motivi ornamentali-simbolici di listelli
e leggeri incavi simulanti finestrelle. Sui fusti e sulla cornice
si notano, infissi con piombo,
resti di ex voto in bronzo. Si riconosce un idolo domestico,
in forma di doppio btilo. Un
analogo simulacro miniaturistico in bronzo parzialmente
antropomorfo, da Abini, fa
ascrivere la scultura in grande
di Serri al IX-VIII secolo a.C.
In un altro vano allinterno del
recinto delle feste e del mercato di S. Vittoria stato supposto il culto dellascia, poich si
rinvennero insieme una bipenne di bronzo e un pilastrino cilindrico di calcare con
sommit a corona dentata. Su
questa si sarebbe incastrata la
bipenne, come in famose rappresentazioni cretesi del tardo
Minoico III (sarcofago dipinSardegna nuragica _ 79

scala sociale agli ultimi. Gli


ristoi ostentavano il lusso delloggetto doro (sono stati rinvenuti anellini, brattee, bottoni) e di bronzo figurato (un
bellissimo tripode dimitazione minoico-cipriota, barchette). La povera gente si illudeva
che la divinit si contentasse
duna minuscola lucerna di argilla grezza fatta a mano.
Ingente la quantit di ex voto: 109 oggetti metallici, circa

Il Tempio di
S. Vittoria-Serri

to di Haghia Triada). Pura


supposizione, forse. Sta di fatto che presso il presunto idolo
della labris sono venuti in luce
oggetti votivi: il resto della mano chiusa a pugno duna figurina antropomorfa in terracotta e frammenti di statuette di
bronzo datate tra il IX e lVIII
secolo a.C.
Ho gi detto delle piccole
rotonde per lustrazione delle
case della prima Et del Ferro
presso il nuraghe di Barmini.
Infine, c il culto in grotta (Su
Benatzu-Santadi, Sa grutta e i
caombus-Morgongiori, Sa Preione e sorcu-Siniscola). Il sacro speco di Santadi si sviluppa nel calcare per circa 180 m
sino alla profondit di 150. Un
intrico di corridoi e di concamerazioni porta alla grande
camera delle stalattiti (10/15
m di diametro, da 2,50 a 4 daltezza). Sulla parete di fondo
80 _ Sardegna nuragica

della sala una stalagmite funge


da altare, avente al piede un
pozzetto con lacqua lustrale;
poco discosto il focolare sacrificale. Qui si era formato un
deposito stratificato di 50 cm
con i resti delle offerte, misti a
ceneri e carboni.
Unurna conteneva avanzi
di ossa di animali bruciati sulle
fiamme. Olocausto intenso, ripetuto tanto che il fumo aveva
annerito le pareti dellantro. A
questo si accedeva schiarendo
il cammino con fiaccole; le
stesse, i roghi, le lampade di
terracotta e di bronzo illuminavano la grotta. Uno spettacolo suggestionante, oltre larcano delle tenebre. La gente
affluiva da ogni parte, a pregare, offrire doni e chiedere grazie (presagi, salute, cibo) alla
divinit sotterranea. Tutti gli
abitanti del Sulcis e dintorni
venivano, dai pi grandi nella

1500 esemplari di vasi, di tante forme. Ci suggerisce la


lunga durata del santuario sulcitano. Si cominci a frequentarlo nel Bronzo medio, continu la venerazione nel Bronzo
recente-finale sino alla massima celebrazione nella stagione delle aristocrazie, cui si riferisce la quasi totalit dei doni. Per questultimo periodo
abbiamo due datazioni a C14:
820 e 730 a.C.

Ricostruzione ipotetica
del tempio di S. Vittoria-Serri

Sardegna nuragica _ 81

LARTE, LECONOMIA E LA SOCIET

uanto detto sullarchitettura dimostra


che la civilt nuragica
ebbe attitudini e realizz cose
importanti sotto laspetto artistico. Uguale il tono della
scultura, soltanto la pittura
non gli fu gradita, a parte il
colore rosso dato talvolta a
partiti architettonici, a statue
in pietra e a vasi. Ci non
sembra casuale, se si tiene
conto della predilezione del
bianconero, dellenfasi
xilografica ancor oggi
caratteristica degli
artisti sardi.
La proiezione estetica dei Protosardi si
afferma di pi nei prodotti scultorei in pietra e in
bronzo; di pi qualitativamente e per quantit di opere,
rare invece in terracotta e sconosciute in altre materie. In
tutti i lavori darte si coglie
una costante anticlassica o
barbarica, una visione planare legata alla concezione
astrattiva della figura che per
non viene negata. Dopo secoli
di simbolismo e di aniconicit
durante il Bronzo antico e medio, a cominciare dal Bronzo
recente e finale, scultori e ra-

Spada votiva con arciere su


doppia protome di cervo da
Abini-Teti; Cagliari, Museo
Archeologico Nazionale

mai recuperano lantropomorfismo neolitico e calcolitico e lo onorano di elevate e significative manifestazioni in


coincidenza con la stagione
delle aristocrazie.
Sono queste, appunto, che
suscitano e promuovono i valori artistici, anche per ostentare prestigio e potere e avere
consenso sociale.
Influisce molto pure la concezione arcaica del mondo di
allora, lemotivit propria dello stato nascente, il metastorico
che premia i fantasmi magici e la suggestione mitico-religiosa. Nonostante ci
succede, non raramente, che
la rappresentazione artistica
guardi di scorcio la natura,
cos da far venire fuori limmagine duna societ reale,
calata nei contenuti di vita e
nel suo tempo.
La cifra geometrica gi
presente nel btilo di basalto
di San Pietro di Golgo-Baunei,
avente scolpito nel mezzo una
testa umana, e nelle protomi
taurine, gi citate, dei templi
di Serri e Srdara. Uomo e
animale non sono rappresenSardegna nuragica _ 83

tati ancora nellinterezza fisica. Completa invece la figura nellaltorilievo della stele in
arenaria, forse di tomba, di
Cann e Fadosu, dove un personaggio maschile sembra arrampicarsi sul muro dun nuraghe. Per limmagine non
riesce a liberarsi interamente
dalla pietra, a realizzarsi in
tutto tondo, anche se la posizione di scorcio rivela tendenza statuaria.
Vere e proprie statue sono
la ventina e pi di simulacri
di arenaria gessosa, rinvenuti
a Monti Prama, nel Sinis di
Cabras, non lontano dal sito
della stele. Si tratta di una delle pi importanti e spettacolari scoperte archeologiche
in Sardegna. Sono documenti di eccezionale valore nella storia della forma artistica e della cultura nuragica, diciamo anche
della scultura
occidentale dellepoca tra il geometrico e lorientalizzante. Opere di grandi artigiani locali, scolpite proprio quando
in Grecia nasceva la
statuaria monumentale in pietra, sotto la
spinta orientale.
Arciere da Abini-Teti;
Cagliari, Museo
Archeologico Nazionale

Le statue, di altezza naturale e anche superiore, stavano


dentro un tmenos (recinto
sacro), ritte sopra basi che segnavano tombe a pozzetto
con scheletro seduto e pochi
oggetti di corredo locali ed
esotici. Il lettore si rappresenti questo affollamento di straordinari kolossoi (nel senso
etimologico e pregnante del
termine), rigidi e severi nel
portamento, vistoso labbigliamento, tutti colorati di rosso. Una teoria di figure maschili,
in tenuta militare di
gala: opliti, arcieri,
personaggi che sollevano sopra il capo lo scudo con una mano e hanno laltra fasciata da un
guanto armato. Principi-guerrieri, e anche
antenati duna dinastia
cantonale, forse
la pi importante di quelle
governanti
i molti
staterelli dellisola.
Il luogo
era una sorta
di heroon (luogo
sepolcrale di personaggi eroici). Le statue
esprimono visibilmente ed enfaticamente lo statuto eroico, os-

Coppia di guerrieri
da Abini-Teti; Cagliari,
Museo Archeologico Nazionale

sia lorganizzazione politicosociale preurbana dominata


dagli ristoi espressi da grandi
famiglie gentilizie. Lautoincensamento e il culto popolare della personalit ne fecero
degli eroi, forse persino degli
di. Si pensi al mito, raccontato dagli antichi scrittori, delleroe demiurgo Iolaos, dalla
Grecia venuto in Sardegna a
recare civilt, sulla cui tomba
la sua gens (gli Iolei) eresse un
tempio, deificandolo.
Dunque le statue di Monti
Prama sono strettamente organiche (anche nelle grandi e
grandissime proporzioni) al
cosmo aristocratico e al fatto
religioso e del culto. Lo sono
anche nello stile duro, lineare, le masse e i volumi corporei estesi in superfici chiare limitate da crude e scolpite
geometrie dei particolari anatomici e dellabbigliamento.
Lo sono nel frontalismo,
mezzo ideologico-stilistico dellostentazione. Lo sono nellastrazione (creano una sorta
di spazio metafisico e atemporale) propria del carattere
eroico, come il colore che enfatizza la visione di primo
piano, lepifania.
Pur non estraniandosi a un
certo clima depoca (apprezzabile nella monumentalit

che spira in generale nella statuaria mediterranea del periodo cosiddetto orientalizzante), i simulacri del Sinis sono
lo specchio duna visione stilistica sarda, di un sistema sardo di cultura eccellente e
competitivo. Manifestano la
condizione etnico-etico-storica nazionale nuragica, parlano duna Sardegna nuragica
a storia maggiore. Nel tempo delle statue (e con le statue) lisola giunse al culmine
del suo sviluppo e raggiunse il
meglio dellassetto economico
e sociale. Le grandi immagini
di pietra, scolpite tra VIII e
VII secolo a.C., lo dimostrano
in modo originale e perfetto.
Uno scritto non sarebbe stato pi eloquente e persuasivo.
Sardegna nuragica _ 85

Se nella statuaria in pietra si


esprime, nella misura e nel tono conformi, il punto pi alto,
quasi transumanato, della rappresentazione sociale, le cinquecento e passa figurine di
bronzo descrivono la societ
totalmente e, vorrei dire, oggettivamente se non vi fosse
lispirazione artistica a sottrarle dal verismo. Ruoli, funzioni,
professioni di ceti e di classi
differenziate, e forse anche separate in caste, risaltano alla
prima lettura, tanto diretto il
discorso estetico. Le singole
raffigurazioni hanno riferimento e valore in un
tutto ambientale.
Gli atti e i gesti si
mescolano ai sentimenti, le pratiche vivono insieme alle opzioni.

Attributi, indumenti, armi


e ogni altro elemento visibile
esternano e qualificano un
piccolo mondo variegato, sofferto e vivo pur attraverso lo
stile che ama astrarre e cifrare i
reali contenuti. questo spirito popolare (non folkloristico), religioso (si tratta di ex voto) e laico nello stesso tempo,
intrinseco alle statuine, che
ne fa non soltanto soggetti apprezzabili esteticamente (si capisce, con occhio non classico) ma anche e soprattutto
documenti di cultura e di storia, specchio delle opere e dei
giorni dei loro lontani committenti. Gli artigiani metallurghi le modellarono a cera
persa, fondendo rame locale
e stagno importato (dalla Cornovaglia) e dalle Scilly le
Cassiteridi o dallEtruria?),
operando alle dipendenze di
corti e santuari, o in autonomia. Forse questo diverso stato giuridico, che li portava a
lavorare secondo rigorose
norme auliche o in piena libert espressiva (sino al picaresco e al caricaturale), spiega i due filoni stilistici profondamente differenziati che sono stati riconosciuti nelle figurine. Meno persuasiva appare
lipotesi duna regionalizzazione stilistica, legata a distin-

Principe in preghiera da Teti; Cagliari,


Museo Archeologico Nazionale

Arciere con gonnellino orientale


da Sa costa, Sardara; Cagliari, Museo
Archeologico Nazionale

te componenti etniche e culturali. I due stili, appunto, sono quello geometrico o di


classe, con due variabili, una
privilegiante la struttura e la linea, laltra la decorazione; e
quello istintivo o spontaneistico, che gioca sul movimento (lo si chiama anche
mediterraneizzante). In talune statuine essi mostrano vicendevole influenza e perci si
tende a considerarli pi o meno contemporanei. In unarte
per certo verso cortigiana la
rappresentazione del sovrano
era dobbligo. Figurine di Uta,
Serri, Abini, SArrideli sono
appunto immagini stereotipate di principi. Veste e attributi
precisano il ruolo di classe: calottina sul capo, manto che
scende sino ai polpacci con
ampio giro, lo scettro (un ba-

stone da pastore) impugnato e


presentato con la mano sinistra, mentre la destra atteggiata al saluto-preghiera. Tutto rende manifesta la regalit
del personaggio.
A quella del capo gentilizio
si accompagna la rappresentazione dei militari, che lo
esprimono e lo sostengono.
Corpi vari, differenziati da
armi e insegne, usuali e di gala. Opliti, arcieri, frombolieri,
di aspetto severo, pose misurate, forme scandite geometricamente, come conviene al
rigore della casta.
Gli opliti, nerbo dellesercito, sono effigiati in piedi, a se
stanti o in gruppo. Sul capo
elmi di foggia diversa (prevale quella a corna bovine: ricordo del Dio-Toro?) con
guarnizioni, goliera, spallacci,
corazza e schinieri. Presentatarm con spada, daga o stocco impugnati in una mano,
laltra saluta. In qualche figurina, lungo il collo scendono
treccioni, un modo di agghindarsi fastoso, in sintonia con
la preziosit decorativa di armi e vesti, un far mostra di s,
rispettosa, alla divinit (e
marcare il proprio prestigio
ai ceti inferiori).
Sardegna nuragica _ 87

Oggetti e utensili dal Complesso


nuragico di Janna e Pruna-Irgoli;
Antiquarium di Irgoli

Nel repertorio iconografico


spiccano per numero gli arcieri, ad affermare il loro peso
nella gerarchia e nella forza
militare. Sono rappresentati
in piedi, frontalmente o di lato, in riposo o in atto di scoccare la freccia da grandi e piccoli archi, poggiati a terra o
sollevati, alle spalle il turcasso
e altri oggetti sussidiari. Testa
nuda o protetta da elmo, gorgiera, corta e leggera corazza
sopra la tunica, schinieri. Sulladdome una spessa piastra di
cuoio per attutire il rinculo
dellarco. Due arcieri da Srdara si distinguono totalmente dalle altre congeneri statuine, per avere una calottina sul
capo, una lastra metallica a riparo del lato sinistro della faccia, giustacuore, grembiule allorientale (interessante il riscontro col caftan degli arcieri assiri, col grembiule dei
sagittari ciprioti, colla veste
dei guerrieri Sherdanw scolpiti nei monumenti egizi).
88 _ Sardegna nuragica

Altri soldati sono figurati


che sollevano lo scudo oblungo a protezione della testa e
con la mano guarnita da guanto armato (corpo speciale
per la scalata ai nuraghi e lotta
ravvicinata a sorpresa in spazio angusto?). Una statuina da
Uta fa vedere un fromboliere,
che stende con ambe le mani
la fionda di fune ritorta. I
frombolieri operavano sullalto dei nuraghi, come suggeriscono i numerosi proiettili di
pietra ivi trovati, ma pure in
campo aperto facendo luogo,
dopo una prima intensa scarica di palle, al nerbo della fanteria pesante.
Ed ecco la nobile terza classe: sacerdoti e sacerdotesse,
con copricapi a petaso e ad
apex, simili a quelli degli aruspici etruschi e dei preti (e di-

vinit) siriaci. Una figurina da


Padenti de Bacci-Lanusei
presenta gli occhi enormemente dilatati, vitrei. Sar
una maga, pratica di sortilegi
e fatture, una bitia? Scrive di queste foeminae Solino
(I, 101) che avevano due pupille per occhio e soltanto
con unocchiata uccidevano,
se per caso in preda allira
guardassero una persona.
lunico ricordo di donne sarde nella letteratura antica,
sintomo di come le considerasse la classe maschilista
greco-romana.
Non sappiamo quale misura
di dipendenza passasse tra
laristocrazia privilegiata e i
ceti medi e bassi della scala sociale. Certo la condizione inferiore di questi ultimi indicata nelle statuine dal fatto
che solo a prezzo di doni votivi riescono a strappare un favore alle divinit, mentre gli

ristoi sembrano avere lo stato


di grazia gi in s per natura,
poich non presentano nulla
al di fuori della propria figura
prestigiosa e altera. Il repertorio di immagini degli umili
fatto di pastori, contadini e
artigiani, con vesti e attributi
che li qualificano singolarmente. Bastoni, borse per
companatico, recipienti per liquidi. I pastori offrono arieti
portati a spalla e pelli essiccate ripiegate. Un contadino
porge il piatto con dentro
chicchi di grano o dorzo. Gli
uni e gli altri presentano spiane e taglieri contenenti formaggelle, focacce, taralli, dolciumi e frutti. In una statuina
di Aidomaggiore rappresentato un pellettiere o calzolaio,
seduto, intento a trinciare una
pezza di cuoio sul dischetto
appoggiato ai ginocchi.
E le donne? Ci sono, figurate con le stesse differenti posizioni sociali viste per il mondo
maschile. Quale il loro stato in
Sardegna nuragica _ 89

Statuina di essere
soprannaturale
(eroe o divinit)
con quattro occhi,
quattro braccia,
due spade e due scudi
da Abini-Teti;
Cagliari, Museo
Archeologico Nazionale

generale? Non davvero quello libero concesso alle donne


etrusche che partecipavano a
feste e banchetti in completa
parit col marito. Ma nemmeno quello che contraddistinse
il destino della donna greca divisa tra il modello di Penelope
e lopposto eterico-conviviale
proprio della societ oplitica.
Le signore sarde della haute
indossano tuniche unite che
terminano a balza sopra i piedi, al modo mediterraneo, e
mantelli trapunti a disegni geometrici. Sul capo, sempre coperto per devozione, calottina
o velo, e anche un copricapo
conico a tesa; un fazzoletto o
un lembo arcuato e plissato
fungeva da pettorale. Al collo,
talvolta, gorgiere. Sono scalze
tutte le donne, come la massima parte degli uomini, poich
la norma religiosa vietava di
portare calzari nei luoghi di
90 _ Sardegna nuragica

culto. Nessuna ostentazione


di gioielli, in conformit della
morale schiva e di gusti semplici. La dignit risiedeva nel
valore interiore, non nellesteriorit delleffimero ornamentale, per quanto prezioso. Come segno di classe bastava il
portamento severo, distaccato, principesco.
Rompono questo aplomb le
donne del popolo, disinibite,
un po sguaiate, plebee. In una
statuina da Villasor effigiata una contadina con la corba
sulla testa, piena di cose da
vendere. In altra da Olbia, la
popolana che va mostrando
con le poppe il petto trattiene sul capo, con ambedue le
mani, lanfora di terracotta.
Immagini di vita quotidiana,
tuttaltro che idilliaca. Infatti,
altre figure femminili ci portano sul piano della sofferenza,
quando non della tragicit.

Due bronzetti da Serri mostrano delle madri sedute con


in grembo il bambino malato,
un esserino gracile, le membra tutte abbandonate, interamente nudo perch pi diretto ed efficace lo toccasse il
mana guaritore della divinit
supplicata. nota, per la forza figurativa e il muto e intenso tormento che la attraversa,
la statuina di Urzulei detta
Madre dellucciso, per altri
una sorta di Madonna nuragica. Qui il figlio che la madre tiene in grembo, nudo al
solito, adulto e morto, forse
in un duello rusticano, forse
per una faida di famiglie nel
villaggio (che era tutto il mondo). La madre impetra vendetta, dedicando il morto agli
di infernali. Un mistero doloroso, unenfasi tragica ed
eroica nel gruppo di Urzulei,
pervaso di alto lirismo.
Dalle immagini terrestri si
va al piano del sovrasensibile,
alluniverso magico-religioso. Non senza influenza di stimoli o modelli assiri,
nord-siriani,
urartei, luristani,
insomma
dellideologia orientale, i ramai ci restituiscono in sembianze imperscrutabili
favole e miti nuragici.
Chi ci dar mai lesatta
spiegazione degli esseri sovrumani da Abini, nei
92 Sardegna Nuragica

quali la veemenza eroica-guerriera ostentata da quattro occhi, quattro braccia, due spade e due scudi, e da tutto
laspetto fantastico-demoniaco? O quella del mostro di
Nule, un ibrido di testa e braccia umane e corpo di animale?
E chi riuscir a penetrare tutto
loscuro simbolismo che emana dalla composizione triplice (magia del dispari?) dello
stendardo cerimoniale di Pdria (una lastra a schema di
edificio significato da due
sportellini che si aprono e si
chiudono alternativamente
dalle due facce, custodito da
guardiani-cervi e difeso da armi); oppure quello dei lunghi
stocchi da Abini che infilzano
protomi cervine in stilizzazione araldica, sormontate da un
arciere armato di tutto punto
(transfert di demone o nume
della caccia)?
Sono le figurine di animali a
riportarci dalla nebulosit dei
misteri dellalto e degli inferi alla terra, alla sua natura: boschi, pascoli,
campi coltivati, zone
umide, mare. Un
paesaggio che cambia continuamente
di forme, suoli, colori, tra i pi straordinari e affascinanti del
Mediterraneo.
In questo ambiente
antico (luomo lo ha
scarsamente trasfor-

In basso a sinistra: Bronzetto da Abini-Teti;


Cagliari, Museo Archeologico Nazionale
Navicella votiva in bronzo;
Nuoro, Museo Civico Archeologico

mato, la civilt industriale lo


ha appena intaccato) possiamo idealmente ricollocare
quasi tutta la fauna effigiata
nelle statuine.
Ecco nelle case e nelle campagne dei contadini gli animali da lavoro (buoi, vacche), in
quelle dei pastori maiali, scrofe, montoni, pecore, capre per
lo pi allo stato brado. Nei
cortili di entrambi galli, colombi. C poi la fauna selvatica, fonte di nutrimento come
quella domestica, salvezza nei
periodi di grande fame. Statuine di muflone, cinghiale,
cervo, daino, volpe. Anche
scimmie e antilopi, oggi sparite come il daino. Non manca il
cane, che attraversa tutti i luoghi e le economie: custodia
della casa, del bestiame, caccia della selvaggina. Nei bronzetti il mondo animale viene
riprodotto con acuta sensibilit, dovuta alla consuetudine
quotidiana della vita rurale.

Modellate in modo ora


schematico ora naturalistico,
le figurine evocano la terra e i
suoi mezzi di produzione, e
voci, pause, movimenti, conflitti, paure, un certo linguaggio comunicativo tra uomo e
bestie. Infine il mare. Settanta
e pi navicelle in bronzo, rinvenute in Sardegna e anche
nella penisola italiana (Toscana, Lazio) stanno l a dire che
i sardi nuragici ne ebbero senso e rapporto continuo.
Poi limperialismo cartaginese e romano e i successivi
dominatori storici lo vietarono ai Sardi. Vennero anche i
tempi lunghi del rapporto
schizofrenico: un popolo sul
mare senza mare, lodio-amore per il mare, mare nemico
perch dal mare approdano
diavoli e ladri che sono la
stessa cosa, gli uomini della
riserva montana che sognano il mare come frontieraparadiso.
Sardegna nuragica _ 93

Bronzetti da Abini-Teti;
Cagliari, Museo
Archeologico Nazionale

Nelle navicelle, di linea semplice o barocca, la prua ornata da protomi di animali del
posto (bue, ariete, cervo), decorati pure di elementi zoomorfi alberi (gabbiano), fiancate (buoi, maiali o cinghiali,
mufloni, volpi, cani) e scafo
(scimmia), si riconoscono legni da corsa e da carico. Fatto
salvo il complesso simbolismo
dellornamentazione, dovuto
pure alla funzione di lampade
ex voto delle barchette, il nucleo delloggetto indica lesistenza duna vera e propria
marineria nuragica. Il surplus
degli ristoi protosardi pot
provenire in parte dalla loro
mobilit anche sul mare, come
quella dei principi etruschi
dellVIII-VII secolo a.C. (periodo al quale si ascrive la massima parte delle navicelle).
La tradizione di Eforo sulla
94 _ Sardegna nuragica

pirateria etrusca trova speculare riscontro in Sardegna nella notizia di Strabone sulla pirateria dei Sardi montanari
lungo le coste di Pisa. Notizia
storica avvalorata dalle cose
nuragiche (navicelle, figurine,
oggetti ornamentali in bronzo
e ceramiche) finite, per mercatura, nellEtruria marittima
e dellinterno. Economia di
scambio e contatti (anche artistici, culturali, forse persino
diplomatici) tra Etruria villanoviana e orientalizzante e
Sardegna nuragica della stagione delle aristocrazie. Economia di scambio e contatti
non minori di quelli con Fenici e successivamente, in periodo arcaico, con Greci orientali e occidentali.
Dallesame dei bronzetti
emergono testimonianze significative per leconomia dei
Protosardi. Questa si fondava
su un primario di agricoltura e
allevamento di bestiame.
Lagricoltura conosce laratro e il carro veicolare e da carico. Si immagina una zootecnia progredita, con selezione
di animali da riproduzione e
per macello, con una piccola
industria del cuoio e della pelle a valle dellallevamento.
Leconomia di caccia era
sussidiaria del primario e, in

momenti di carestia, forse lo


suppliva. C poi un secondario che si alimentava dalla coltivazione delle miniere e dalla
metallurgica del rame, del
bronzo, del piombo, del ferro,
forse dellargento.
Dunque si ricostruisce uno
stato economico articolato
nelle risorse, nella trasformazione e nel prodotto, aperto
alla comunicazione e allo
scambio. Una condizione nel
pi autosufficiente (non autarchica) non solo a livello
cantonale, ma anche a grado
regionale, perch si integravano a vicenda le specifiche
attivit economiche dei cantoni. In pi cera il tributo
esterno, compensato con le
esportazioni in materie prime
e manufatti. Una situazione
ottimale, che stava portando
lisola dei nuraghi alla condizione e alla forma urbana.
Queste si sarebbero raggiunte, se limperialismo punico non avesse rotto la struttura della civilt nuragica e, dunque, non avesse spezzato un
popolo. Alla fine del VI secolo
a.C. la Sardegna fu divisa in
due. Vi fu da una parte la Sardegna dei maquis resistenti
rinchiusi in una sorta di riserva montana, e vi fu, in una
pi vasta area, la Sardegna integrata nella cultura del vincitore.
stato questo il pi grande
dramma storico dellisola. La
Sardegna Nuragica 95

perdita dellunit nazionale


morale dei Sardi. Oggi lisola
sta recuperando lunit e la
sua identit di popolo e di cultura. tornata al mare, riconquistando la frontiera-paradiso.
Siamo allinizio di una nuova storia. Vi concorre anche il
riacquisto dun mondo smarrito, qui ripresentato come testimone dun periodo nel quale i Sardi hanno contato come vogliono contare nella
storia del Mediterraneo. In
fondo questo il senso del mio
scritto, lo comprender meglio chi, con una nuova confidenza legata a unimmagine
differente da quella stereotipata, verr a vedere e a conoscere la strana, antica e invitante terra dei nuraghi.

Guida ai siti a cura di Giulio Concu

N uraghe Longu, Tertenia

Carta dei siti

. Complesso nuragico
Su romanzesu - Bitti
Come si arriva: Dalla SS 131 DCN
in direzione Nuoro prendere il
bivio per Bitti. Superato il paese
si continua lungo la SS 389 in direzione Buddus. Allaltezza del
km 54,200 si svolta a sinistra e si
seguono le indicazioni per il sito
archeologico. Il sito gestito da
una cooperativa.

l complesso si trova su un altipiano granitico, in zona ricca


dacqua, poco lontano dalle sorgenti del fiume Tirso. Si estende
per 7 ettari ed circondato da
un bosco di sughere: gli alberi
crescono allinterno delle capanne del sito, molto probabilmente un villaggio-santuario. A
testimoniare la sacralit del complesso restano una misteriosa
costruzione labirintica che non
ha eguali in Sardegna, due tem-

pli a megaron, un edificio rettangolare di incerta funzione


(forse un tempio) e un pozzo sacro con un anfiteatro. Il labirinto ha andamento a spirale: si
suppone che vi si svolgessero riti di purificazione e che il camminamento a cerchi concentrici
servisse ad attraversare diverse
fasi durante la cerimonia. I dubbi sulla sua reale funzione sono
accresciuti dal fatto che nel cerchio centrale, dove si trova un
focolare in pietra forse utilizzato a scopi rituali, furono trovati
un modellino di nuraghe in terracotta e ciottoli in quarzo rosso, pietra assente nellaltipiano
di Bitti. Il quarzo testimonia del
senso estetico del popolo nuragico che lo utilizzava per fare
collane e ninnoli, forse a scopo
apotropaico. Il pozzo sacro si
trova nei pressi della sorgente al
centro dellarea sacra. Ben conSardegna nuragica 99

Provincia di Nuoro

servato, presenta diciannove filari di granito. Landamento aggettante delle pareti indizio di
una copertura a tholos. Tre betili sui lati rappresentano la divinit legata ai riti di fertilit. Allimboccatura del pozzo si apre
un canalone in blocchi di granito lungo 42 m che portava lacqua della sorgente fino allanfiteatro: un ampio bacino circolare con tribune su cui potevano
trovare posto molte persone.
Forse i nuragici vi praticavano i
mitici riti dellordalia, descritti
dagli storici Solino, Prisciano e
Isidoro, per chiedere lintervento divino nel giudizio dei reati,
in particolare quelli contro la
propriet. Gli accusati bagnavano gli occhi con lacqua e, se colpevoli, divenivano ciechi. Talvolta la volont divina veniva pilotata avvelenando lacqua con
sostanze capaci di far perdere la
vista. Il villaggio, un centinaio
di capanne circolari datate al
periodo del tardo nuragico, si
estende tutto intorno alle strutture sacrali.

. Tomba di Giganti
di Madau - Fonni
Come si arriva: Da Nuoro si
percorre la SS 389 in direzione
Lanusei. Si imbocca il bivio per
Fonni e dopo alcuni chilometri si
svolta a sinistra seguendo le indicazioni per la localit Pratobello. Si prosegue sulla vecchia
100

Sardegna nuragica

Provincia di Nuoro

provinciale n. 2 per Lanusei, sino al km 7,2. Le tombe sono sulla destra della strada, segnalate
da un cartello in legno.

l sito si trova in localit Pratobello, ai piedi del Gennargentu, in una fertile valle tra
Fonni, Orgosolo e Mamoiada,
ricca di sorgenti e siti archeologici. La necropoli costituita da
quattro tombe dei giganti con
camera rettangolare, disposte
ad anfiteatro. La prima tomba
anche la pi grande ed esteticamente perfetta: definita tomba con facciata a filari litici. La
seconda, probabilmente la pi
antica, edificata su una preesistente tomba dolmenica: la camera sepolcrale, quasi intatta,
costruita con blocchi squadrati.
Nella necropoli sono stati ritrovati interessanti reperti: bracciali in bronzo, vasellame, perline per collane in pasta vitrea.
La realizzazione risale al periodo evoluto del tardo nuragico
(XII-XI secolo a.C.), come testimonia la perfezione della
squadratura dei conci in grani-

to. significativo che lArcu de


Correboi, passo montano del
Gennargentu il cui nome deriva
dalla conformazione a corna di
bue, si trovi in linea con lingresso delle tombe: lesedra della necropoli riproduce senza
dubbio la forma a corna di toro
dellarco montano. A 1 km dallarea funebre si trova il villaggio di Gremanu che conserva
lunico esempio di acquedotto
nuragico.

03. Fonte sacra


Su Tempiesu - Orune
Come si arriva: Lungo la SS 131
DCN in direzione Siniscola prendere linnesto per Orune, al km
12. Seguire poi la SP 51 fino al
paese. Seguire le indicazioni per
la Fonte sacra Su Tempiesu.
Una volta giunti al cimitero del
paese svoltare a sinistra e seguire una strada asfaltata che si
addentra fra le colline per circa
3 km. La strada termina davanti
alla struttura della cooperativa
che gestisce il sito.

l monumento sorge in una


aspra e selvaggia valle nelle
campagne di Orune, ancora oggi regno dei pastori del paese.
Celato per secoli da una frana
che lo preserv intatto fino ai
nostri giorni, fu scoperto solo
nel 1953 dai proprietari del terreno, nel corso dei lavori di canalizzazione dellacqua. La fonte sacra, datata alla fine del II
Sardegna Nuragica 101

millennio a.C. e frequentata sino allEt del Ferro, unica nel


suo genere in Sardegna. Addossata ad una ripida parete di roccia scistosa (i nuragici captarono ed incanalarono lacqua sorgiva che alimenta ancora oggi la
fonte), presenta una originale
copertura a doppio spiovente,
con un vestibolo rettangolare
coperto da due archetti. La parte anteriore del tempio costituita da un timpano triangolare
che culmina in un blocco di pietra di forma piramidale: secondo gli archeologi presentava degli alvei in cui erano inserite
spade votive di bronzo fissate
con piombo fuso. Dal vestibolo
una scaletta di 4 gradini (la cui
funzione evidentemente simbolica), conduce al vano coperto da una piccola tholos, dove
veniva raccolta lacqua. La tholos realizzata con conci in trachite perfettamente intagliati,

Provincia di Nuoro

pietra non presente nelle colline


di Orune. Il pozzo venne impermeabilizzato con del piombo fuso inserito tra le giunture
dei blocchi. Dal pozzo lacqua
defluisce in un piccolo canale e
si riversa in un pozzetto esterno,
dotato di una mensola di pietra
per le offerte, e forse riservato ai
fedeli che non potevano entrare
nel tempio. Durante gli scavi
del secondo pozzetto sono stati
trovati numerosi oggetti votivi
in bronzo, fra cui spilloni, spade
e figure di offerenti, conservate
presso il Museo Archeologico
Nazionale di Nuoro. Il sito gestito da una cooperativa che ha
realizzato sentieri e pannelli didattici per descrivere larea archeologica e le caratteristiche
botaniche e faunistiche del territorio. A monte del sito vi la
struttura della cooperativa con
un piccolo museo che raccoglie
le riproduzioni dei reperti di Su
Tempiesu e unoriginale ricostruzione di un tempio dedicato
al culto delle acque.

04 Nuraghe
Santa Barbara - Macomer
Come si arriva: Il sito si trova
lungo la SS 131, in direzione di
Sassari allaltezza del km 145,
subito dopo Macomer. ben visibile sulla destra. Una stradina
sale sul costone dove situato il
nuraghe. Si lascia lauto e si
prosegue a piedi dopo aver su-

102

Sardegna nuragica

Provincia di Nuoro

05. Nuraghe rolo - Bortigali

perato i ruderi della chiesa di


Santa Barbara.

uno dei nuraghi pi importanti della Sardegna centrale, edificato in localit Padru
Pizzinnu, in posizione strategica su un gradino dellaltipiano
di Campeda. un edificio complesso, di tipo tetralobato, e di
dimensioni considerevoli. costituito da una torre centrale alta 15 m che risale al I millennio
a.C., e da un bastione con 4 torri laterali databili al IV sec. a.C.
Le torri angolari sono simmetriche rispetto alla torre centrale e
unite fra loro da un camminamento o cortine murarie curvilinee. Da un cortile si dipartono
degli ingressi che per mezzo di
scale conducono alle torri provviste di nicchie e feritoie. Allinterno la bella tholos della torre
centrale alta 9 m e intatta. Attraverso una scala ricavata nello
spessore della muratura, si accede alla cella del secondo piano, ridotta rispetto a quella inferiore. Nonostante il sito sia
degradato conserva intatto il fascino di un monumento millenario, posto a guardia di un vasto territorio, dalla piana del
Campidano a sud allarea basaltica del Meilogu in direzione
nord.

Come si arriva: Dalla SS 131 in


direzione Sassari svoltare al km
149,500 per la localit Mulargia.
Dopo la frazione percorrere altri
2 km e proseguire per il paese di
Bortigali. Dopo 600 m prendere
una strada bianca sulla destra,
indicata dal cartello per il campo di tiro rolo, proseguire in
salita per circa 600 m sino ad un
bivio, e prendere la strada a destra. Si continua per altri 400 m
sino al nuraghe. Si pu giungere
anche dal paese di Bortigali seguendo le indicazioni per Mulargia, e poi per rolo.

l monumento domina un magnifico panorama sulla piana


di Abbasanta, dalla Valle del
Tirso fino al Gennargentu, e poi
verso nord sino ai vulcani del
Meilogu. Sia per lottimo stato
che per limponenza delle sue
strutture in blocchi di basalto,
un eccellente esempio di nuraghe trilobato. Conserva quasi

per intero la torre centrale di 15


m e due camere a tholos sovrapposte. Si penetra nel monumento tramite un corridoio su cui si
aprono due torri laterali inglobate in un bastione. Sulla destra
del vestibolo si apre la scala e
sulla sinistra la nicchia dandito.
Lingresso alla camera del piano
terra caratterizzata da un immenso architrave ribassato. Tramite la buia scala si accede alla
camera superiore, che presenta
un finestrone in direzione sud e
due vani a pozzo ricavati entro
lo spessore murario e aperti sul
pavimento: forse si tratta di ripostigli accessibili solo con attezzatura retrattile. Intorno al
monumento vi sono le tracce
del villaggio. Il nuraghe rolo
doveva rappresentare il sito pi
importante in un territorio molto ricco e fertile. Pi a monte del
nuraghe si trovano le domus de
janas mentre a valle si individuano le sagome di altri numerosi nuraghi.

Provincia di Nuoro

06. Villaggio nuragico


Tiscali - Dorgali
Come si arriva: Per giungere al
sito archeologico bene farsi
accompagnare dalle guide locali, poich necessario seguire
uno dei sentieri tra il Supramonte di Oliena e quello di Dorgali,
non molto semplici da individuare. I sentieri sono percorribili in
circa 1h30, ma richiedono buon
allenamento e senso dellorientamento. Lingresso a pagamento.

l villaggio nuragico meta


prediletta degli escursionisti,
oltre che degli appassionati di
archeologia. stato costruito
infatti allinterno di una vasta
dolina di origine carsica sulla

Provincia di Nuoro

cima del monte Tiscali (m 515),


lungo il confine tra il territorio
di Oliena e quello di Dorgali. I
sentieri che consentono di raggiungerlo sono molto affascinanti perch penetrano nel cuore del Supramonte fra boschi di
leccio e corbezzolo: un territorio selvaggio dove la natura si
conserva intatta da millenni. E
proprio lasprezza dei monti
carsici ha preservato il sito per
secoli. Cos sulle sue origini regna ancora il mistero. Ritrovamenti riferibili allet medievale dimostrano la lunga frequentazione della dolina. Probabilmente le popolazioni nu-ragiche la utilizzarono come rifugio
per sfuggire alle persecuzioni
dei romani, presenti con accam-

pamenti e guarnigioni nella sottostante valle di Lanaitto, e si


suppone infatti che il villaggio
sia stato costruito allepoca della conquista romana dellisola.
Lingresso alla dolina difficile
da individuare e per questo il
luogo ha conservato intatto il
fascino imperscrutabile e il silenzio di un ambiente misterioso. Le capanne del villaggio di
pietra e fango, circa 40, sono
state edificate a ridosso delle
pareti della dolina. Sono in gran
parte crollate, ma si possono
notare ancora le fondamenta e
si pu senza dubbio affermare
che la tecnica costruttiva con
cui furono realizzate diversa
da quella utilizzata per gli altri
villaggi nuragici. Le capanne ad

uso abitativo si trovano nel lato


est; solo una di esse conserva in
parte la piccola cupola e lingresso con un piccolo architrave di ginepro. Nella volta della
dolina, in direzione nord-est un
ampio foro consentiva luscita
del fumo del villaggio ed era un
ottimo punto di vedetta sulla
valle circostante. Le capanne
del lato ovest erano probabilmente utilizzate come magazzini e dispense per il cibo. Allinterno della dolina resiste un microclima che ha consentito la
crescita di un ambiente vegetale unico, con giganteschi alberi
di lentisco e di terebinto, normalmente classificati come specie arbustive della macchia mediterranea.

Provincia della Gallura

. Tempio a pozzo
Sa Testa - Olbia
Come si arriva: A pochi km da
Olbia sulla strada litoranea n. 82
che conduce a Golfo Aranci. Al
km 3,3 un cartello sulla destra
segnala il sito posto allinterno
di una area recintata.

l monumento, discretamente
conservato, stato scoperto
intorno agli anni 30 del secolo
scorso dopo essere rimasto interrato per secoli. Si trova in
una valle riparata, in posizione
strategica lungo la linea litoranea e al centro di un territorio
molto ricco di siti archeologici.
datato ai secoli finali del II
millennio a.C. Antistante al tempio, un grande cortile circolare
dal diametro di circa 8,30 m

Provincia della Gallura

delimitato da un muro che segna il limite di quella che doveva essere larea sacra. Il cortile,
con pavimento lastricato e canaletta di scolo delle acque che
lo attraversa per intero, introduce al vestibolo del pozzo. Il
vestibolo presenta alcune panche lungo le pareti, destinate ai
fedeli e alle loro offerte, e d accesso al vano scala dal quale si
discende alla camera. Nella camera del pozzo, coperta da una
volta a tholos alta 6,80 m, si trova la sorgente ancora oggi attiva. A testimonianza dellintensa
frequentazione del luogo sacro
nei secoli, nel 1969, nel corso di
un intervento di restauro, vennero ritrovati materiali databili
complessivamente in un arco
cronologico che va dallet nuragica a quella romana.

Nuraghe
Albucciu - Arzachena
Come si arriva: Da Arzachena
seguire la SS 125 in direzione Olbia; dopo 600 m dalluscita del
paese un viottolo sulla destra,
segnalato da un cartello, conduce al nuraghe. Dallaltro lato della strada si trova il parcheggio e
la biglietteria. Di recente stato
istituito un servizio di guide.

orge in un territorio caratterizzato da imponenti massicci granitici e da vaste sugherete. uno dei siti archeologici
pi importanti del Nord Sardegna. Si caratterizza per il fatto che si appoggia ad un grosso
sperone roccioso con il quale
forma un unico corpo. ben
conservato e presenta una comSardegna Nuragica 107

mistione di elementi del nuraghe a corridoio e del nuraghe a


tholos semplice. Dei due piani
originali solo quello inferiore
ancora visibile e visitabile. Dallingresso si accede ad un corridoio che presenta soffitto a
mensole. Nella parete opposta
allentrata c la scala che porta
al bastione, ricavata nello spessore del muro. Ancora pi a sinistra si apre un lungo cunicolo
cieco. Sulla destra del corridoio si trova una camera ovale
con una celletta e un cunicolo,
scavato nella roccia viva, che
porta allesterno. La muratura
esterna coronata da mensoloni in pietra che avevano la funzione di sostenere i balconi di
legno. In base a materiali rinvenuti la costruzione databile
al 1600 a.C. Fra gli oggetti in
bronzo conservati al Museo
Sanna di Sassari, spiccano una
statuetta di orante, una situla e
un pugnale. Intorno al nuraghe
sono visibili i resti delle capanne del villaggio.

Provincia di Sassari

Provincia di Sassari

. Reggia nuragica
di Santu Antine - Torralba

mente ha cambiato destinazione nel corso dei secoli. Recenti


e affascinanti teorie ipotizzano
che fosse utilizzato come osservatorio astronomico e come tempio per i riti di adorazione del
sole, e che sia stato progettato e
realizzato in base alla direzione
che i raggi solari seguono durante solstizi ed equinozi.

Come si arriva: Dalla SS 131 in


direzione Sassari svoltare allo
svincolo per Torralba posto al
km 173,200. Si procede nella direzione opposta al paese, verso
la stazione; dopo poche centinaia di metri si scorge il nuraghe
sulla destra.

l complesso sorge al centro


di una vasta piana vulcanica
chiamata oggi Valle dei nuraghi.
uno degli insediamenti pi
grandiosi e meglio conservati
dellepoca nuragica. Il suo nome deriva dalla presenza, nelle
vicinanze, della chiesa dedicata
a Santu Antine, nome sardo dellimperatore romano Costantino. Nella tradizione locale
sempre stato chiamato Sa Domo
de su Re (la casa del re), per via
della sua imponenza che faceva
supporre si trattasse del castello
di un principe o capo trib. Costruita in trachite tra IX e VIII
secolo a.C., la reggia costituita
da un nuraghe di tipo trilobato
con tre torri agli angoli che racchiudono un cortile. Si entra dal
lato sud-est, tramite un ingresso
architravato con due nicchie laterali. Lampio cortile conserva
un pozzo profondo 20 m. La
torre centrale alta 17,5 m.
Costruita probabilmente nel
1500 a.C., originariamente doveva raggiungere i 20-22 m.
Conserva tre camere sovrapposte con la copertura a tholos. La
108

Sardegna nuragica

camera al piano terra circondata da un imponente corridoio


percorribile in tutta la sua lunghezza. Le volte dei collegamenti tra le torri, realizzati con
dei corridoi lungo le mura, sono
un perfetto esempio della raffinata tecnica costruttiva nuragica, che richiama le tecniche ciclopiche micenee. La presenza
di feritoie, da cui si pu controllare distintamente lesterno del
nuraghe, fa pensare a un utilizzo a scopo militare del complesso. Ai piani superiori si accede
per mezzo di due scale aperte
sul cortile. La tholos e un sedile
in pietra che segue landamento
della parete caratterizzano la seconda camera. Della terza resta
ben poco e serve oggi da terrazza da cui si pu godere un magnifico panorama. Allesterno
del nuraghe si trovano i resti del
villaggio realizzato in epoche
successive. Restano molti dubbi
sulla reale funzione del sito, che
si presenta come un castello o
una fortezza ma che probabil-

. Nuraghe
Palmavera - Alghero
Come si arriva: Da Alghero imboccare la SS 127 bis in direzione Porto Conte e procedere per
circa 12 km. Il sito sulla destra, segnalato da cartelli.

u edificato lungo un percorso che anche anticamente


univa il golfo di Alghero con la
baia di Porto Conte, in un territorio caratterizzato dallalto numero di siti nuragici. Il monumento un bellesempio di nuraghe complesso, edificato sulle

falde del colle omonimo a 64 m


di altitudine. il risultato di
una serie di interventi costruttivi operati dal XV allVIII secolo a.C. La torre centrale, la pi
antica e risalente al Bronzo Medio, conserva un alzato di circa
8 m. Venne rifasciata con una
muraglia ellittica che racchiude
una torre secondaria, un cortile
e il corridoio dingresso. La camera principale, coperta a tholos, ancora intatta. Una scala,
aperta allinterno di una nicchia
situata a 3 m daltezza e raggiungibile attraverso scale a pioli,
portava al piano superiore. Intorno al nuraghe si notano i resti del villaggio. Tra le capanne,
quella chiamata delle riunioni al
cui interno, sopra un basamento centrale, venne trovato un
modellino di nuraghe. Linsediamento fu abbandonato alla
fine dellVIII secolo a.C. Diversi reperti in ceramica e bronzo,
compreso il modellino originale del nuraghe, sono custoditi
nei Musei archeologici di Sassari e di Cagliari.

Provincia di Oristano

. Nuraghe Losa - Abbasanta


Come si arriva: Il nuraghe si trova lungo la SS 131, tra il km 123 e
il km 124. visibile dalla strada,
sulla sinistra in direzione di Sassari. Larea archeologica ben
segnalata e curata da una cooperativa. Ingresso a pagamento.

fra i pi imponenti e meglio conservati siti archeologici della Sardegna. Sorge su


un vasto altopiano basaltico al
centro dellisola, zona fertile e
destinata da sempre al pascolo.
Realizzato con blocchi di basalto, comprende un maestoso nuraghe trilobato, un villaggio, un

antemurale e una cinta muraria


che racchiude interamente il sito. Il nuraghe risale ai secoli
XV-XIV a.C. del Bronzo Medio; presenta una torre principale unita ad altre tre torri tramite una muratura esterna. Un
vestibolo consente laccesso alla torre centrale e alle due torri
laterali. Le camere interne presentano grandi nicchie di scarico e volte a tholos, intatte e rese
suggestive dalla sapiente illuminazione moderna. Lassenza
di un cortile interno il dato
che differenzia il nuraghe Losa
da tutti gli altri importanti
complessi nuragici. Le torri sono collegate da corridoi interni,

le cui volte sono state realizzate


con grossi blocchi di basalto
lavorati in modo grezzo, ma incastrati a formare un equilibrio
statico perfetto. Della torre
principale visitabile anche il
piano superiore, a cui si accede
per mezzo di una scala ricavata
nello spessore murario. La scala conduce infine a un secondo
piano di cui restano pochi fasci
murari e che serve oggi da terrazza. La torre posteriore invece si raggiunge da un accesso
secondario. Lintera struttura,
che oggi svetta fino a 13 m, in
origine raggiungeva altezze superiori ai 20 m. Sul lato sud, di
fronte allingresso principale,
si trova un ambiente circolare,
forse utilizzato come capanna
delle riunioni. La presenza di
urne cinerarie di et imperiale,
oggi visibili allingresso dellarea archeologica, rivela la
lunga frequentazione del sito,
abitato in et romana e addirittura fino al VII secolo d.C. In
conseguenza del suo andamento ondulato, il profilo esterno
del nuraghe trilobato uno dei
pi affascinanti e ingegnosi tra
quelli progettati e messi in opera dagli ingegneri nuragici.
Presso il monumento allestita
uninteressante esposizione didattica che ripropone alcuni
momenti della civilt nuragica
con pannelli, disegni e immagini di diversi nuraghi. Del nuraghe Losa sono esposti alcuni
reperti rinvenuti durante gli
scavi.

. Pozzo sacro di
Santa Cristina - Paulilatino
Come si arriva: Il sito di trova
lungo la SS 131, al km 114,300,
segnalato da cartelli ben visibili.
Larea ben curata e attrezzata
con un punto di ristoro. Ingresso
a pagamento.

mmersa in un bosco di ulivi e


querce, larea archeologica di
Santa Cristina si estende per circa un ettaro in una zona ricca di
testimonianze della civilt nuragica. Il suo nome deriva dalla vicina chiesa campestre di Santa
Cristina. Comprende un santuario, un nuraghe, un villaggio
e diverse costruzioni dislocate
intorno alla chiesa cristiana. Il
Sardegna nuragica 111

Provincia di Oristano

Provincia di Oristano

monumento pi importante
un tempio a pozzo ipogeo, perfettamente conservato, risalente allet del Bronzo Finale.
realizzato con conci di basalto e
rappresenta il vertice costruttivo ed estetico dellarchitettura

tre, di solito, gli architetti nuragici utilizzavano conci lavorati


in modo grossolano. Frutto dellingegno e di un avanzato senso
estetico, il vano della scala presenta una volta realizzata come
una scala al rovescio, elemento

condato dalle capanne probabilmente riservate ai sacerdoti,


ai pellegrini e ai mercanti. Nei
pressi del pozzo si trova la cosiddetta Capanna delle riunioni
con ampio sedile. A sud-ovest
dellarea archeologica si trovano il nuraghe e altre capanne.
Di grande interesse i ritrovamenti dellarea: una navicella
nuragica in bronzo, bronzi siro-palestinesi del
II-I millennio a.C. e
fibule enee del IX e
VII secolo a.C. Recenti studi ipotizzano che il pozzo
sia stato realizzato
in base a precisi calcoli che tenevano conto
della posizione della luna e del
sole. stato mostrato come un
affascinante fenomeno, confermi la maestria dei costruttori
nuragici e la sacralit del luogo:
nei mesi di dicembre e di febbraio infatti, a mezzanotte,
possibile vedere la luna piena
filtrare attraverso il foro alla
sommit della tholos e riflettersi
sullacqua allinterno del pozzo.

sacra nuragica. Latrio a ventaglio contornato da muretti e


da unellisse di pietra che sono i
resti di una copertura andata
perduta. Oltre il vestibolo vi
una scalinata per laccesso al
pozzo, formata da 25 gradini
perfettamente squadrati men-

decorativo e simbolico che


giunge fino alla volta del pozzo.
Ai piedi della scala c la fonte
sacra, un pozzetto sotterraneo
con copertura a tholos alta 7 m:
ha un foro in sommit che fa filtrare la luce fino allo specchio
dacqua. Il luogo di culto cir-

. Nuraghe
Lugherras - Paulilatino

112

Sardegna nuragica

Come si arriva: Dalla SS 131


prendere il bivio per Paulilatino;
prima di giungere al paese
prendere la SP 11 per Bonarcado. Dopo 6 km si incontra il car-

tello per il nuraghe. Si continua


sulla strada sterrata per circa
1,5 km, fino al nuraghe.

l monumento, immerso nella


macchia mediterranea in una
zona ricca di siti archeologici,
molto importante per via del
rinvenimento al suo interno di
numerose lucerne votive romane (in sardo lugherras),
che testimoniano luso
del nuraghe, come
tempio e area di sepoltura in epoca
punico-romana.
Ledificio ha una
struttura complessa, con una torre centrale alta 12 m e tre torrette cuspidali. La torre datata al X secolo a.C. circa, il bastione quadrilobato con il cortile fu edificato tra il IX e il VII
secolo a.C., e lantemurale con
le quattro torri furono innalzati
tra il VII e il VI secolo a.C. La
camera della torre centrale conserva la bellissima tholos e due
nicchie. Nel cortile, a sinistra
dellingresso, si trova un pozzo
profondo oltre 10 m. Tutto intorno il villaggio nuragico formato da capanne circolari. Il
nuraghe fu abitato dai nuragici
sino agli inizi del V secolo a.C.,
quando i Cartaginesi lo trasformarono in tempio. Durante la
dominazione romana sulla cima
della torre centrale fu edificato
un tempietto dedicato a Demetra, la dea della rinascita, di cui
resistono oggi poche tracce.
Sardegna nuragica 113

Provincia del Sulcis Iglesiente

. Necropoli di
Montessu - Villaperuccio
Come si arriva: Da Villaperuccio
si prende la strada per Narcao.
Dopo 1,5 Km dal ponte sul Riu
Mannu svoltare a sinistra, in corrispondenza del cartello che indica la necropoli. Si percorre poi
una strada asfaltata per circa 1
km fino al parco archeologico.
Ingresso a pagamento.

ulla sommit della collina


trachitica di Montessu, allinterno di un suggestivo anfiteatro di roccia a nord di Villaperuccio, si estende la pi grande necropoli dellet neolitica
della Sardegna: circa quaranta
domus de janas di differenti tipologie, che sono testimonianza delle diverse fasi del neolitico
sardo. I reperti ritrovati vanno
dalla cultura di Ozieri a quella
di Abealzu-Filigosa, Monte Claro, Vaso campaniforme, Bonna-

Provincia di Cagliari

naro. Qui i popoli di cacciatori


e allevatori seppellivano i defunti affidandosi ai rituali misterici legati al culto del Dio
Toro e della Dea Madre. Tra le
tante celle funerarie due sono
considerate delle vere e proprie
tombe-santuario: Sa Cresiedda
(la chiesetta) e Sa Grutta de Is
Procus (la grotta dei porci). Si
distinguono dalle altre per le
notevoli dimensioni e per larchitettura piuttosto elaborata:
la tomba di Sa Cresiedda caratterizzata da due colonne cilindriche, oggi spezzate, scavate
con maestria nella roccia. Molte
delle tombe conservano, incisa
o in rilievo sulle pareti, tutta la
simbologia funebre tipica dellet neolitica: petroglifi, spirali,
denti di lupo, teste taurine,
simboli della Dea Madre. In altre tombe sono ancora visibili
tracce di pittura rossa e gialloocra, con cui venivano rivestite
le pareti delle domus de janas.

. Nuraghe Is Paras - Isili


Come si arriva: Al km 21,900
della SS 131 imboccare la SS
128 al bivio per Senorb. Dopo
circa 47 Km si giunge a Isili. Il
nuraghe situato alla periferia
del paese, ben visibile allinizio
della strada per Nurallao.

l nuraghe venne edificato in


posizione dominante su una
fertile valle. una costruzione
di tipo trilobato, realizzata con
filari di calcare bianco. La torre
centrale, la parte pi antica, fu
edificata tra il XV e il XIV secolo a.C. e conserva solo il piano
inferiore dei due originali. Si distingue per la maestosa volta a
tholos perfettamente conservata, che con i suoi 11,80 m la
pi alta della Sardegna. Al centro della camera vi un pozzo

circolare. Sulla parete destra, ad


unaltezza di 5 m, si apre lingresso del vano scala. In una
seconda fase (secoli XIII-XII
a.C.) fu edificata una torre pi
piccola davanti alla principale
e, tra le due torri, un cortile.
Nella terza fase (XII-XI secolo
a.C.), furono aggiunte altre due
torri, unite tra loro da muri rettilinei. Questa fase la meno
nota perch le torri a nord e a
ovest risultano ancora interrate.
Lintera struttura fu circondata
da un antemurale munito a sua
volta di torri. Tutto intorno si
estende un grande villaggio di
capanne circolari, ancora da
portare alla luce. Larea fu abitata anche in epoca romana e altomedievale. Si trova a poche
centinaia di metri dalla linea del
Trenino Verde, il treno turistico
della Sardegna.

. Nuraghe Arrubiu - Orroli


Come si arriva: Da Orroli seguire
la SP 10 per Escalaplano. Giunti
al km 9 svoltare a sinistra in una
strada che conduce allarea archeologica dopo circa 3 km.

l complesso megalitico situato a circa 500 m di altitudine, su un altopiano ai piedi della


Giara, che domina i paesini di
Nurri ed Orroli. Si estende per
circa 3 ettari in un paesaggio caratterizzato dalla macchia mediterranea e da aspre colline.
Sardegna nuragica 115

Provincia di Cagliari

Edificato tra il XIII e il IX secolo a.C., il pi grande e imponente nuraghe finora scoperto
in Sardegna, lunico pentalobato, anche se da alcuni modellini
di nuraghi, come quello a otto
torri ritrovato a Monti Prana,
presso Cabras, si presume che
dovessero esisterne di pi maestosi. circondato da poderose
mura, il che fa pensare un utilizzo a scopo militare o perlomeno
difensivo del complesso. I licheni rossi ricoprono i grandi massi
del nuraghe, dandogli una colorazione caratteristica da cui il
monumento prende il nome.
Arrubiu significa infatti rosso. Presenta una torre centrale
che in origine doveva essere alta
almeno 30 m (oggi svetta fino a
unaltezza di 16 m), circondata
da un bastione a cinque torri,
con mura molto spesse. La torre
centrale conserva intatti il piano
terra e il primo piano con le belle e imponenti tholos.
116

Sardegna nuragica

Sulla sommit della torre, gi


ostruita dai crolli, in et romana
fu impiantato un centro vinario,
rimosso e poi ricostruito alla destra dellingresso dellarea archeologica per poter permettere la prosecuzione degli scavi.
La torre e il bastione sono circondati da una seconda cinta
muraria formata da sette torri,
visibili solo in parte, fasciate e
unite da un muraglione. Sono
ancora individuabili i resti di
una terza cinta, rafforzata da altre cinque torri. Oltre le cinta
murarie vi sono i resti di un vasto villaggio di capanne circolari. Il complesso visitabile tutti
i giorni con accompagnamento
di guide. possibile visionare
un interessante studio multimediale che propone unipotetica
e suggestiva ricostruzione del
complesso e delle sue torri.

. Santuario nuragico
di Santa Vittoria - Serri
Come si arriva: Allingresso del
paese di Serri seguire le indicazioni per laltipiano della Giara,
dove si trova il santuario nuragico, a circa 4 km dal centro abitato. Il sito gestito da una cooperativa.

l complesso si estende su una


area di 4 ettari, su unaltura
difesa da bastioni naturali, in
posizione dominante sullaltipiano della Giara di Serri. Con-

serva un villaggio con numerose


abitazioni ed edifici di uso comune, datato nel suo insieme alla fine del II millennio a.C., e
che si compone in diversi settori. Una zona, chiamata Recinto
delle feste, con un diametro di
ben 75 metri, fa supporre che il
complesso avesse funzione di
villaggio-santuario, uno dei pi
frequentati dellisola: ospitava
un porticato ed era circondata
da piccoli vani nei quali si ritiene venissero ospitati i pellegrini. Lampio Recinto delle riunioni formato da cinque grandi
capanne, di cui tre circolari (Recinto dellascia bipenne, Recinto
con sedile, Fonderia) e due quadrate (Casa del focolare e Cucina), e da uninsieme di stanze
addossate al muro di cinta. Al di
fuori del recinto delle riunioni
si trova la capanna chiamata Capanna dellaltarino e pi avanti
la Casa del capo, finemente lavorata, forse un tempio. Oltre una
cortina di pietre si trova il tempio a pozzo: la cupola che lo ricopriva doveva essere alta 2-3
m, e di due colori, bianco e nero, come indicano i resti dei

conci lavorati, dei fregi e due


protomi taurine in calcare bianco. Vicino al pozzo vi un tempio rettangolare circondato da
tre capanne e pi avanti la chiesetta di Santa Vittoria, costruita
sopra i resti di un nuraghe a corridoio. Unaltro nuraghe si trova a fianco del tempio rettangolare. In questa parte del sito sono stati ritrovati i reperti pi celebri di Santa Vittoria: il bronzetto del capo trib, quello della
madre col bimbo in braccio e
frammenti di modellini di nuraghi in pietra. Unaltra zona comprende abitazioni e la capanna
pi grande dellintero sito chiamata Curia, utilizzata probabilmente per le riunioni della comunit: presenta dei sedili lungo il muro interno, sopra i quali
c una corona di pietre infisse
nel muro, una vasca di calcare e
un betilo conico. Intorno al betilo sono stati trovati resti di
animali e di statuine votive rappresentanti animali. Vicino alla
Curia c il Recinto di Giustizia dove si suppone si praticassero i riti per ottenere il giudizio
degli Dei.

Provincia dellOgliastra

. Complesso nuragico
di Serbissi - Osini
Come si arriva: Dal centro di
Osini si seguono le indicazioni
per la Scala di San Giorgio. Si
procede in salita fino a raggiungere la stretta gola, percorribile
in auto fino ad arrivare ad un bivio. Si svolta a destra seguendo
le indicazioni per il nuraghe. Si
segue la stradina asfaltata e, al
termine di questa, si dipartono
due piste. Si prende la strada a
destra e si procede per 3 km fino
a giungere ai piedi dellaltura dove sorge il nuraghe. Da qui ci si
incammina in salita lungo il sentiero, dove un cartello indica lingresso della grotta, fino ad arrivare al complesso nuragico.

stato edificato ad unaltitudine di 963 m, sullaltopiano calcareo di Taccu, ed particolarmente suggestivo grazie
alla sua posizione che domina
le alture circostanti. Sorge sulla

Provincia del Medio Campidano

volta di una grotta naturale utilizzata in passato come magazzino per le derrate alimentari.
La grotta presenta due grandi
sale di forma circolare. La cronologia del sito va dal Bronzo
Medio al Bronzo Recente.
formato da quattro torri, inglobate in un poderoso bastione e
collegate allinterno della struttura da un corridoio, probabilmente costruite in diverse fasi.
Nella prima fase fu realizzata la
torre centrale composta da due
piani: in quello inferiore la tholos ancora intatta. La camera
superiore, quasi del tutto crollata, raggiungibile tramite una
scala a sinistra del corridoio di
ingresso. Nella seconda fase fu
costruita la torre posta a sud.
Nella terza fu costruito il bastione che ingloba tutta la costruzione. Ad una fase ancora
successiva appartengono le capanne circolari che sorgono attorno al nuraghe.

. Complesso nuragico
Su Nuraxi - Barumini
Come si arriva: Lungo la SS 131
imboccare il bivio per il paese di
Barumini al km 40,900. Da Barumini seguire la strada per il
paese di Tuili. Dopo 1 km si intravede il complesso nuragico, a
sinistra della strada. Larea
gestita da una cooperativa con
un servizio di visite guidate.

l complesso si trova su un terrazzamento marnoso e domina la fertile conca di Pardu e


seda, da tempo immemorabile
coltivata a grano. La zona
chiusa da alcune colline, tra cui
quella del Castello giudicale di
Las Plassas. I nuraghi presenti
nelle colline intorno alla giara di
Gesturi formano un sistema
con Su Nuraxi al centro. Ci dimostra limportanza del com-

plesso che si ergeva a difesa di


una sorta di citt o di un cantone. La scoperta del complesso
archeologico Su Nuraxi stata
una delle pi clamorose del XX
secolo. Il sito si presentava infatti completamente interrato e
formava una collina artificiale
che i locali da sempre chiamavano Su Nuraxi e che nel corso dei
secoli fu saccheggiata per ricavare materiale da costruzione.
Gli scavi condotti da Giovanni
Lilliu tra il 1951 e il 1956 portarono alla luce un possente bastione quadrilobato, con quattro torri disposte ai punti cardinali attorno ad una torre centrale. Il bastione a sua volta cinto
da un antemurale con sette torri. Il villaggio di capanne, circa
50, riferibili alle fasi finali dellet del Bronzo e alla prima et
del Ferro, costituito da strutture a pianta complessa, con al
centro un cortile su cui si affacciano vari ambienti. Nelle abitazioni spesso riconoscibile la
cucina e talvolta persino il forno, il pozzo e il focolare. Ve ne
sono due che presentano una
panca e un grande bacino di pietra, forse utilizzato per riti domestici legati al culto dellacqua. Interessante anche la Capanna delle riunioni, caratterizzata anchessa da una panca di
pietra e da nicchie. Il villaggio
circondato da una cortina muraria costruita nellet del Ferro
(IX-VIII secolo a.C.). In realt
si tratta di una modifica ad un
antemurale che ingloba il pi
Sardegna nuragica 119

Provincia del Medio Campidano

antico settore del villaggio (et


Bronzo Tardo, XI-X secolo a.C.).
Il sito, cos come dimostrano i
cospicui reperti punici e romani, il risultato di una frequentazione durata quasi 2000 anni.
I numerosi ritrovamenti databili alle diverse fasi della civilt
nuragica sono conservati al Museo Archeologico Nazionale di
Cagliari e al Museo Archeologico di Villanovaforru. Il complesso di Barumini iscritto
nella lista del patrimonio mondiale UNESCO.

. Nuraghe e villaggio di
Genna Maria - Villanovaforru
Come si arriva: Lungo la SS 131
svoltare al bivio per il paese di
Villanovaforru al km 50,50. Dopo
5,6 km, prima di entrare in paese, si gira a sinistra verso il paese di Collinas. Dopo 450 m si
svolta ancora a sinistra nella
strada per il Parco Archeologico.
Il sito ben segnalato da cartelli.

l nome del sito significa Porta


dei mari; forse deriva dalla
sua collocazione geografica, su
unaltura ai piedi della Giara da
cui possibile ammirare parte
della piana del Campidano e,
nelle belle giornate, il mare del
golfo di Cagliari. Linsediamento costituito da un nuraghe
trilobato, da un antemurale turrito e dal villaggio di capanne.
Al Bronzo Medio risale la gran-

120

Sardegna nuragica

de torre centrale, in seguito fasciata con un bastione trilobato. Fu costruita con scadente
materiale di cava, tenera roccia
locale, e per questo in stato non
ottimale. Resistono solo gli architravi e altre parti costruite in
materiale vulcanico. Il villaggio
fu abbandonato intorno all800
a.C. a causa di un violento incendio. Allinterno del villaggio
sono stati rinvenuti numerosi
oggetti di uso quotidiano abbandonati dagli abitanti a causa
della fuga precipitosa. Il villaggio fu riutilizzato in et storica
fino alla dominazione romana,
con funzione di luogo sacro al
culto di Demetra e Core, come
attestato dagli ex-voto rinvenuti nella torre centrale. Gli oggetti rinvenuti sono esposti nel
Museo Archeologico di Villanovaforru.

Glossario
Fonti delle illustrazioni
Da leggere poi
Musei Archeologici della Sardegna

Glossario

GLOSSARIO

Abside
Struttura architettonica a pianta semicircolare o poligonale
coperta a volta (vedi, in questo
glossario, volta), che emerge
dalla parete perimetrale di un
edificio.
Alle couverte
Viale coperto, galleria coperta.
Architrave
Elemento architettonico orizzontale sostenuto da colonne,
pilastri o stipiti.
Betilo
Il termine significa casa della
divinit. una statua stilizzata
in pietra, risalente al periodo
nuragico. I betili pi antichi
hanno forma generalmente conica e frequentemente presentano forme antropomorfiche,
tanto che possono distinguersi i
betili femminili da quelli maschili. I betili pi recenti assumono quasi tutti la forma tronco-conica e presentano sulla
parte mediana della superficie
laterale due o pi incavi circolari da interpretarsi come occhi
aperti. La funzione rituale assegnata ai betili, generalmente sistemati lungo larco dellesedra

122

Sardegna nuragica

delle tombe dei giganti o nei


pressi di essa, era quella di vigilare sulla incolumit della tomba e sulla pace dei morti.
Bronzetto
Scultura in bronzo di piccole
dimensioni.
Cera persa
una delle tecniche di fusione
dei metalli, utilizzata per la realizzazione di sculture. Un modello di cera (inizialmente pieno, poi fornito di unanima di
terra e rafforzato da unarmatura) veniva ricoperto con uno
strato di terra (forma). Questa
copertura - fornita di un sistema di canali per far defluire la
cera sciolta, e di sfiatatoi per far
uscire aria e vapori di fusione era fissata al nucleo di terra attraverso chiodi metallici. La
massa veniva cotta in un forno
che consentiva alla cera di sciogliersi e di essere eliminata attraverso i canali. La intercapedine creatasi tra le due masse di
terra era riempita di metallo fuso. Una volta solidificato il metallo, si rimuovevano la forma
esterna (o tonaca) e lanima.
Questa operazione venne semplificata con ladozione della

fusione separata delle varie parti poi unite o saldate, e, nel tempo, perfezionata.
Dolmen
Sepolcro megalitico il cui nome
deriva dal bretone tol, tavola, e
men, pietra. Si tratta di un monumento destinato a sepolture
multiple (ma di dimensioni modeste rispetto ai confronti extrainsulari), costituito, nella sua
forma pi semplice, da due o tre
lastre verticali che sostengono
una lastra orizzontale. probabile che linsieme fosse coperto
da un tumulo di pietra e terra.
Lalle couverte sepolcro allincirca coevo e comunemente
definito come frutto dellallungamento del dolmen, lalle si
evolve a sua volta nella Tomba
dei Giganti. I dolmen sono diffusi soprattutto nella zona centro settentrionale della Sardegna.
Domus de janas
Ipogei il cui nome significa
case di fate o streghe. Sono
detti anche di forru o furreddos
(forno, fornelli), o di conca o
conchedda o percia (precca) per
la figura cava del loro interno.
Sono grotticelle artificiali scavate sotto terra o nella roccia
tenera, che presentano tre tipi
di ingresso: a corridoio, il terreno scende gradualmente verso
i piani del sottosuolo dove
scavata la tomba; a pozzetto,
con ingresso dallalto e piccolo

vestibolo che d accesso alla


tomba vera e propria; a portello, scavata a balza rocciosa, con
ingresso praticamente orizzontale. Si possono presentare isolate, in piccoli gruppi o in vaste
necropoli. Ve ne sono sia di tipo semplice, monocellulare, a
pianta rotonda o quadrata, sia
di tipi pi complessi con diversi ambienti collegati da corridoi che si sviluppano in piano
dietro lapertura di finestrelle
rettangolari su balze rocciose
verticali. Gli ambienti sono disposti intorno a una camera
centrale; i tetti tendono a riprodurre quelli di capanne o di
case; le pareti sono spesso dipinte (di rosso o color ocra),
scolpite o decorate con false
porte, pilastri, protomi taurine,
spirali, colonne e nicchie.
Esedra
Ambiente a forma di semicerchio aperto verso uno spazio
pi ampio.
Facies
Aspetto locale di un complesso
culturale a pi ampia diffusione.
Heroon
Luogo sepolcrale di personaggi
eroici.
Ipogeo
Vano sotterraneo prevalentemente adibito a sepoltura, costituito in genere da uno o pi
Sardegna nuragica 123

Glossario

ambienti comunicanti tra loro,


in cui venivano sepolte pi
persone.
Mgaron
Ambiente rettangolare chiuso.
Menhir
Dal bretone men, pietra e hir,
lungo. Monumento litico, di varia altezza (pu arrivare fino ai 6
m circa), infisso verticalmente
nel terreno. I menhirs possono
essere collocati singolarmente o
in gruppo in prossimit di monumenti funerari, di antichi abitati e di crocicchi forse a protezione dei viandanti. Si distinguono in aniconici ed antropomorfi. I primi sono pietre naturali appena sbozzate, a forma di
parallelepipedo o di prisma tendente a restringersi alla sommit a volte appuntita, a volte
tronca - oppure ogivale con sezione piano-convessa; possono
avere attributi maschili (simbolo fallico) e femminili (coppelle
in positivo o in negativo). I secondi, invece, sono lavorati in
modo da rappresentare la figura umana. Nellet dei metalli,
questa sar rappresentata attraverso vere e proprie statuemenhir o betili.
Nuraghe a corridoio
Edificio dalla forma allungata i
cui ambienti interni sono paragonabili a corridoi o gallerie di
diversa lunghezza. La struttura
esterna si caratterizza per una
124

Sardegna nuragica

Glossario

possente e tozza massa muraria


a pianta di solito irregolare
(spesso ellissoidale, talvolta rettangolare o circolare). Nella
gran parte dei casi le strutture
murarie si impostano direttamente sulla roccia o inglobano
emergenze rocciose. Ledificio
ha una forma particolarmente
schiacciata, base larga (nei nuraghi a pianta circolare raggiunge anche i 18 m di diametro), altezza modesta (sembra
non superi i 10 m). Presenta
una o pi porte dingresso: ne
sono state attestate due versioni: trapezoidale, con porta sormontata da un architrave, e ogivale (larchitrave qui assente).
Linterno si articola in corridoi
o gallerie che assumono forme
differenti, articolate con nicchie ampie e profonde. Dal corridoio si aprono le scale che
conducono al terrazzo o ad
eventuali piani superiori.
Nuraghe a tholos
Monumento costituito da murature imponenti, solide, ma
anche agili e slanciate. Al contrario dei nuraghi a corridoio,
che prediligono come sito dimpianto emergenze rocciose a
cui addossare le strutture murarie, il nuraghe a tholos si imposta su banchi di roccia ben spianati e adattati per sostenere il
peso delle imponenti strutture.
Piano dappoggio e base solida
e regolare sono condizioni indispensabili per la stabilit di

unarchitettura priva di fondazioni, che talvolta supera i 23


metri daltezza. La copertura a
falsa volta ottenuta dal progressivo restringersi dei filari di
pietre; le pareti sono progressivamente aggettanti e la costruzione si presenta con una sezione ogivale. Nella sua forma essenziale si sviluppa singolarmente come una torre (in muratura ciclopica, o subquadrata o
isodoma senza alcuna aggiunta
di malta o legante), a forma di
tronco di cono (mastio), che d
grosso modo lidea di un secchio rovesciato: linterno cavo
occupato da una o pi celle circolari sovrapposte su pi piani.
Tra il Bronzo recente e la prima
et del ferro questo tipo di nuraghe si arricchisce dando origine ad una forma pi complessa, ottenuta essenzialmente attraverso tre tipi di addizione:
frontale, laterale e concentrica;
ossia lunione di torri (o appendici o lobi) attraverso cortine
murarie che vanno a costituire
il cosiddetto bastione. Nel primo caso laddizione pu essere
costituita anche da un semplice
cortile; nellultimo le costruzioni, di notevole complessit e dimensioni, presentano pi torri.
Pinnettas
Dette anche pinnettus o pinnettos, sono capanne a pianta circolare ricoperte da rami di ginepro nella zona del Supramonte, di leccio e corbezzolo

nella Barbagia e, nellaltopiano


di Campeda, di pietre.
Protome
Testa o busto umano, di animale o di mostro.
Statua-menhir
Si differenzia da un semplice
menhir perch sulla pietra sono
scolpite spade, corna taurine,
occhi. Ha carattere votivo: si
pensa che non rappresenti la divinit, ma pi probabilmente i
guerrieri mitici. In questo modo i fedeli celebravano il ricordo degli eroi, della loro vita leggendaria e della loro essenza soprannaturale.
Stele
Lastra di forma rettangolare in
pietra o marmo disposta verticalmente nel terreno o poggiante su una base, con iscrizione,
incisa o scolpita, con funzione
funeraria, votiva o commemorativa.
Temenos
Recinto sacro in cui sono laltare, il tempio e altri edifici intorno.
Tholos
Costruzione circolare con copertura a falsa cupola (o falsa
volta).
Tomba dei Giganti
Tomba collettiva in muratura
costituita da un lungo corridoio
Sardegna nuragica 125

Glossario

coperto (la vera cella funeraria)


preceduto da unesedra semicircolare o circolare, nel cui
centro si trova un portello. La
costruzione delle tombe dei giganti fu realizzata seguendo due
stili principali, pi un terzo finale: la tomba dei giganti dolmenica-ortostatica, quella nuragica o con facciata a filari e, in
pochi esemplari, quella con fregio a dentelli. Lo stile di costruzione dolmenico-ortostatico si
caratterizza per lesedra concava (schema che sembra simbolizzare la testa del toro, divinizzato dalle popolazioni preistoriche), definita da lastroni infitti
verticalmente che crescono in
elevazione dalle estremit al
centro. Qui domina la stele monolitica o bilitica, con uno o due
listelli trasversali, talvolta con
incavi (finestrelle finte) al lato
della porticina ricavata al piede
della stessa stele. A contorno
dellesedra, in alcune tombe sono ancora visibili i sedili utilizzati dai parenti dei defunti o
probabilmente utilizzati duran-

126

Sardegna nuragica

te il rito dellincubazione. Secondo tale rito, sui sedili si sistemava chi desiderava comunicare con lo spirito dei defunti ed
ispirarsi ad essi attraverso i sogni; si pu dedurre che i morti
inumati nelle tombe dei giganti
venissero considerati eroi della
trib, divinizzati dalla fantasia
popolare. Nella tomba dei giganti a struttura propriamente
nuragica, permane la sagoma
a corpo rettangolare absidato
con esedra ma sparisce il tumulo. Nellesedra non c pi la
stele, rimane perci la prospettiva del muro concavo ordinato
a file di pietra. Il portello aperto nel muro, e d accesso al vano
tombale.
Urna
Vaso di varie forme contenente
le ceneri del defunto.
Volta
Si tratta di una copertura a superficie ricurva di un ambiente
o di una campata.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Foto:
Alessandro Contu ( Archivio Imago Multimedia) pp. 10-11, 28-29,
82, 83, 84, 85, 86, 88, 89, 90, 91, 92, 94, 95, 96-97; 99, 100, 103, 106.
Renato Brotzu ( Archivio Imago Multimedia) pp. 4-5, 6, 12-13, 2021, 24, 30-31, 44-45, 46 (in alto), 47 (in basso), 53, 87, 93, 102, 109,
120.
Franco S. Ruiu ( Archivio Imago Multimedia) pp. 9, 15-16, 27, 32,
33, 34, 35, 37, 46 (in basso), 47 (in alto), 48, 50, 56-57, 58, 60-61, 62,
64-65, 67, 69, 70, 76, 77, 101, 104, 105, 107, 108, 110, 111, 112, 113,
114, 115, 116, 117, 119.
Disegni:
Francesco Carta pp. 18, 74-75
Francesco Corni pp. 22, 38, 39, 40, 41, 42-43, 78.
p. 54 tratto da La civilt nuragica, Electa, Milano 1990
pp. 80, 81 tratto da Ichnussa. La Sardegna dalle origini allet classica, Garzanti-Scheiwiller, Milano 1993
Carta dei siti:
Nino Mele

Sardegna nuragica 127

DA LEGGERE POI

Si consiglia la lettura dei seguenti scritti dinsieme:

GIOVANNI LILLIU,
La civilt dei Sardi dal paleolitico allet dei nuraghi, [1963] Nuoro-Roma, Il Maestrale Rai Eri 2004;
MASSIMO PALLOTTINO,
La Sardegna nuragica, [1950], Nuoro, Ilisso 2001;
AA.VV.,
Kunst und Kultur Sardiniens von Neolithikum bis zum Ende der
Nuraghenzeit, Karlsruhe, Verlag C. Mller 1980;
AA.VV.,
Nur. La misteriosa civilt dei Sardi, Milano, A. Pizzi 1980;
AA.VV.,
Ichnussa. La Sardegna dalle origini allet classica, Verona, V.
Scheiwiller 1981;
GIOVANNI LILLIU,
La civilt nuragica, Firenze, C. Delfino 1982;
GIOVANNI LILLIU,
Origini della civilt in Sardegna, Torino, Eri 1985.

MUSEI ARCHEOLOGICI DELLA SARDEGNA

Museo Archeologico ed
etnografico G.A. Sanna,
SASSARI, via Roma 64,
tel. e fax 079.272203
Antiquarium Turritano
Statale, PORTO TORRES (SS)
via Ponte romano,
tel. 079.514433
Museo Archeologico e
Paleobotanico, PERFUGAS (SS)
via Nazario Sauro,
tel. 079.564241
Museo Archeologico
VIDDALBA (SS)
via G.M. Angioy,
tel. 079.580514/564241
Museo Archeologico
OZIERI (SS), ex convento
di San Francesco,
tel. 079.787638
Civico Museo
Archeologico ed etnografico
ITTIREDDU (SS)
via San Giacomo 3,
tel. 079.767623
Museo della Valle dei
Nuraghi, TORRALBA (SS)
via Carlo Felice,
tel. 079.842798

128

Sardegna nuragica

Museo Archeologico
PADRIA (SS) Monte Granatico,
tel. 079.807018
Museo Archeologico
NUORO, Via Mannu 1,
tel. 0784.31688
Museo Archeologico
DORGALI (NU), via Lamarmora,
tel. 0784.927200
Museo Archeologico
OLIENA (NU), palazzo comunale, tel. 0784.287240
Museo Archeologico
TETI (NU) via Roma 1,
tel. 0784.68120
Antiquarium di Irgoli
IRGOLI (NU) via S. Michele, 14
tel. 0784 979074
Antiquarium Arborense
ORISTANO, Piazzetta Corrias,
tel. 0783.791262/74433
Civico Museo Archeologico
CABRAS, (OR), via Tharros,
tel. 0783.290636
Museo delle Statue Menhir
LACONI (OR), via Amsicora,
tel. 0782.866216

Sardegna nuragica 129

Musei Archeologici della Sardegna

Civico Museo
Archeologico Villa Abbas
SARDARA (MD), piazza Libert,
tel. 070.9386183

Civico Museo
ArcheologicoVilla Sulcis
CARBONIA, via Napoli 4,
tel. 0781.64044/665037

Museo Archeologico
VILLANOVAFORRU (MD)
piazza Costituzione,
tel. 070.9300050

Museo Archeologico
SANTANTIOCO (CI)
via Regina Margherita 113,
tel. 0781.83590/800596

INDICE GENERALE

Sardegna nuragica
Storia delle scoperte e degli studi

Civico Museo
Archeologico Nazionale
CAGLIARI, piazza Arsenale
tel. 070. 655911/60518245
Civico Museo Archeologico
Sa domu nosta
SENORB (CA),via Scaledda 1,
tel. 070.9809071

130

Sardegna nuragica

Museo Archeologico
PULA (CA)
tel. 070.9209610
Museo Archeologico navale
N. Lamboglia
LA MADDALENA, (OT)
loc. Mongiardino,
tel. 0789.790660

Sequenza e cronologia della civilt nuragica

23

Urbanismo ed edilizia

25

I nuraghi

34

Le tombe

51

Monumenti di culto

63

Larte, leconomia e la societ

83

Guida ai siti

97

Carta dei siti

98

Glossario

122

Fonti delle illustrazioni

127

Da leggere poi

128

Musei Archeologici della Sardegna

129

Sardegna nuragica 131

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