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Sardegna nuragica 1
Collana
Appunti di Archeologia
Giovanni Lilliu
SARDEGNA NURAGICA
Cura editoriale
Paola Sotgiu
Guida ai siti a cura di Giulio Concu
Glossario a cura della redazione Il Maestrale
Progetto grafico e impaginazione
Nino Mele
Imago multimedia
2006, Edizioni Il Maestrale
Redazione:
via Monsignor Melas 15 - 08100 Nuoro
Telefono e Fax 0784.31830
E-mail: redazione@edizionimaestrale.com
Internet: www.edizionimaestrale.com
ISBN 88 - 89801 - 11 - 5
La casa editrice esperite le pratiche per acquisire tutti i diritti relati-
vi al corredo iconografico della presente opera, rimane a disposi-
zione di quanti avessero comunque a vantare ragioni in proposito.
Giovanni Lilliu
Sardegna nuragica
Il Maestrale
SARDEGNA NURAGICA
Nuraghe Losa,
Abbasanta
A
lla met del secolo XVI
Sigismondo Arquer, in
Sardiniae brevis histo-
ria et descriptio, tabula choro-
graphica insulae ac metropolis
illustrata (Cosmographia Uni-
versalis di S. Mnster), tra le
curiosit della Sardegna, de-
scrive, per primi, i nuraghi.
Antichissime rovine egli dice
costruite a somiglianza di
torri rotonde, ristrette in alto,
fatte di grossissimi sassi, pre-
sentano porte strettissime e,
dentro lo spessore del muro,
scale che portano alla sommi-
t. Le rovine che gli abitanti
dellisola chiamano nuraghos,
a forma di fortezza sono forse
resti delle opere di Norax, il
dux venuto in Sardegna con
gli Iberi-Hispani, fondatori
della citt di Nora. Dopo que-
sto scritto e sino alle soglie
dell800, gli autori che si sono
occupati delle antichit sarde
hanno avuto interesse soltanto
per il nuraghe. Nella conce-
zione metastorica che avevano
del pi remoto passato (del
periodo congetturale, si di-
ceva allora), essi si incuriosiva-
no per il monumento a se stan-
te, vistoso nella sua architettu-
ra. Nessuna idea del contorno
ambientale e culturale in cui la
forma fisica era nata e si era
specchiata, costituendo lele-
mento di maggiore attrazione
e significato.
Le domande alle quali si
tenta di dare risposta sono
quelle sul popolo (o popoli)
che avrebbe fatto erigere tan-
ti e cos singolari edifici e sul
tempo della loro costruzione,
nonch sulla loro destinazio-
ne. Secondo le inclinazioni
delle varie epoche, gli autori
ne hanno dette delle belle.
Nel secolo XVII, come ar-
tefici di nuraghi sono chiama-
ti in causa i grandi demiurghi
nazionali sardi (oltre No-
rax, Iolaos e il suo architetto
Dedalo); ma anche i Titani-
Etiopi (entra in ballo lele-
mento favoloso dei popoli-gi-
ganti). Nel secolo XVIII, la
influenza della letteratura bi-
blica porta a fantasticare di
genti antidiluviane; taluno,
per, scende terra terra ve-
dendo lintervento di Greco-
Sardi o di vari popoli locali
foederati ac socii. Da ultimo
spunta la feniceria, di gran
moda nel dibattito ottocente-
sco sui nuraghi e altre cose
della cosiddetta antistoria.
Sardegna nuragica _ 7
STORIA DELLE SCOPERTE E DEGLI STUDI
Tomba di Giganti
Sedda e Sa Caudeba,
Villanovaforru
Quanto allet delle torri, si
brancola nel buio. Per i pi,
tempi antichissimi e mitici,
quelli degli eroi, dei giganti,
dei paladini, degli orchi, e an-
che del diluvio. Il gesuita Mat-
teo Madao (secolo XVIII) az-
zarda una data: il 1227 a.C.; ci
azzecca per un periodo dello
sviluppo dei nuraghi. Ribassi-
sta Stanislao Stefanini (stesso
secolo), che scende al tempo
delle guerre tra i Sardi e gli
eserciti punico e romano.
Opinioni tra le pi dispara-
te sulla destinazione del mo-
numento: fortezza, sepolcro
(mausoleo, trofeo, casa dabi-
tazione, silos. A formare que-
sta girandola di pareri, per lo
pi di gusto retorico e lettera-
rio (non passa la minima idea
sul contenuto della costruzio-
ne in cultura materiale), con-
tribuisce anche la pretesa di
dare soluzione etimologica al
nome di nuraghe. E qui si as-
siste alla pi accesa e fanta-
siosa, quanto inutile, gara di
proposte: nuraghe dalleroe
Norax e da Nora, o dal greco
noeros (memorialis) e necra-
ces-necros (defunctum), o dal
fenicio nura=fuoco. Un gioco
etimologico da eruditi di pro-
vincia, che nulla sanno e capi-
scono di archeologia profes-
sa e militante.
Il tentativo che si fa di tro-
vare le ragioni esplicative del
monumento anche nel con-
fronto con forme architetto-
niche esterne alla Sardegna fi-
nisce nel generico, perch
assolutamente superficiale la
conoscenza che se ne ha. Obe-
lischi, tholoi, letrusca Grotta
(o Tanella) di Pitagora, sono
portati a riscontro, senza un
qualche giusto nesso formale
e storico.
Su questo sfondo conosciti-
vo, di tono classicheggiante,
barocco, ma soprattutto miti-
co creatosi intorno ai nuraghi
dal secolo XVI al XVIII, l800
introduce un modo positivo
di guardare al fenomeno nura-
gico. Si avverte cio la presen-
za dellocchio archeologico,
anche se restano non poche
incrostazioni, alimentate dal
clima romantico dellepoca,
del passato favoleggiare. Al
movimento contribuisce lin-
gresso della cultura laica, seb-
bene continui lapporto, una
volta esclusivo, di uomini di
chiesa di spiccata intelligenza
(Vittorio Angius e Giovanni
Spano). Linteresse altres
ravvivato dal contributo dei
viaggiatori stranieri che giun-
gono alla ricerca delle meravi-
glie dellisola dimenticata.
Essi svelano ai locali il megali-
tismo atlantico e mediterra-
neo, recano il messaggio pe-
lasgico presunto nel ciclopi-
smo di Micene e italo-etru-
sco, n si fanno scrupolo di
stabilire approcci tra il colos-
sale nuragico e la monumen-
talit di piramidi, ziqqurath,
8 _ Sardegna nuragica
Su Nuraxi,
Barumini
10 _ Sardegna nuragica Sardegna nuragica _ 11
(nella materia venne purtrop-
po anche linganno di centina-
ia di falsi orripilanti, che fece-
ro mostra privilegiata di s nel
Museo Archeologico e Scien-
ze naturali di Cagliari, sorto
nel 1802 e vi restarono sino a
quando non li cacci via Etto-
re Pais alla fine del secolo). Fu
Alberto della Marmora, che
alla passione ornitologica e di
geologo e allattenzione per la
storia e le tradizioni dellisola
associava linteresse per le sue
antichit a svestire i monu-
menti nuragici e il nuraghe pi
di tutti dei veli (o per meglio
dire degli spessi e impenetra-
bili panni) del mito.
Visitandone una quantit,
disegnandoli, descrivendoli,
mettendoli sulla carta topo-
grafica, egli dimostr che le
antichissime torri sarde non
erano castelli in aria, sperduti
in una sorta di deserto dei
teocalli, tumuli anatolici, to-
pes dellAfghanistan, torri
del fuoco dellIndia e chi pi
ne ha pi ne metta.
Accostamenti epidermici
vero, pure impressioni talvol-
ta nello stile del viaggiatore,
ma tali da spingere linteresse
ad allargare positivamente la
comprensione del sino ad allo-
ra isolato patrimonio monu-
mentale sardo pi remoto.
Gi allinizio del secolo ci si
accorge che questultimo non
fatto soltanto di nuraghi.
Il padre agostiniano Gelasio
Floris, per primo, addit la
presenza di pietre fitte (men-
hirs in lingua bretone). Pi
tardi, a comporre la comples-
sa tematica nuragica, vennero
la scoperta di tombe di Gigan-
ti, di pozzi (per i quali si favo-
leggi di carceri e altre ameni-
t), e lindividuazione della
piccola plastica in bronzo
Tomba dei Giganti
di Madau, Fonni
Tartari, ma fabbriche legate a
precisi territori e a forme di
vita con cui facevano tuttu-
no. Dimostr anche (ma gi
laveva scritto V. Angius, pro-
ponendone una classificazio-
ne) che la costruzione non
era rimasta eternamente un
isolato volume a secchio di
sabbia rovesciato, ma aveva
maturato col tempo, aggre-
gando torri minori alla mag-
giore delle origini, una com-
plessa storia architettonica e
civile. A entrare nel-
la trama di questa
storia, compatta e
arruffata, prov
G. Spano, con
laiuto dello scavo
(anche di quello
stratigrafico, che mi-
ra a leggere le sequenze
delle culture e dei tempi) e
dei materiali restituiti allin-
terno e allesterno dei nura-
ghi e di altri edifici megalitici.
Sullonda del Congresso in-
ternazionale di paleontologia
celebratosi nel 1871 a Bolo-
gna, un congresso festoso, do-
ve tirava laria nuova delluni-
t nazionale (accolse i con-
gressisti la banda cittadina),
egli propose tre et o strati
della presenza delluomo in
Sardegna nel periodo preisto-
rico, pur restando ancora alla
idea biblica delle prime stirpi
nel quadro duna storia uma-
na monogenetica e allappor-
to caldeo-cananeo. Il che sta-
va bene con tutta la cornice
orientale, e fenicia particolar-
mente, nella quale il secolo
XIX colloc il dipinto, per la
verit assai monotono, del-
lantistoria della Sardegna.
Cos forte era, allora, lideolo-
gia fenicia, che Alberto del-
la Marmora, pur essendo uo-
mo di stampo positivista, si
lasci andare al sogno dun
impero cananeo esteso dal-
lAsia alla Scozia (al che altri
rispondeva col disegno fanta-
stico di una comunit
pelasgica diffusa
dalla Bitinia alla
Celtiberia).
Con la triparti-
zione in Et della
Pietra, del Bronzo
e del Ferro, caratte-
rizzata da diversi ele-
menti di cultura materiale, G.
Spano saldava la preistoria
sarda a quella europea, spro-
vincializzava lo studio delle
testimonianze dellepoca co-
siddetta congetturale la
quale ora non lo era pi a cau-
sa delle nuove acquisizioni
metodologiche e scientifiche,
per quanto limitate esse fosse-
ro. In particolare, riguardo ai
nuraghi, che il canonico di
Ploaghe riteneva abitazioni
(altri suggerivano ipotesi al-
ternative di tempio, sepolcro
e fortezza), limmagine mito-
logica cade definitivamente.
Inserite e legate al territorio
che si tenta di delimitare,
Sardegna nuragica _ 13
Nuraghe S. Antine,
Torralba
14 _ Sardegna nuragica
espresse dalla struttura eco-
nomica di un paesaggio forte-
mente antropizzato, le grandi
torri, con i prossimi villaggi,
sono opera dice Spano di
uomini non barbari o selva-
tici, ma inciviliti e agricoli.
Col tramonto del secolo ce-
de anche il mito pi resistente,
lideologia fenicia, letnico
cananeo. Lo rimuove Etto-
re Pais, che cerca di comporre
archeologia nuragica e storia,
fondandosi sulla tradizione
letteraria che la schiarisce,
sebbene a intermittenza. Egli
d il merito dellorigine e dello
sviluppo della protostoria iso-
lana ai veri protagonisti, ossia
ai sardi indigeni, ritenuti di
estrazione occidentale, di ma-
trice etnica e linguistica libio-
ibero-ligure (ci che giusto,
ma solo in parte). Nella peren-
ne dialettica della storia antica
mediterranea di Oriente e Oc-
cidente, lOccidente viene re-
cuperato ed enfatizzato, rove-
sciando lideologia.
Ma il risultato pi importan-
te dello studio del grande sto-
rico romano resta lidentifica-
zione di una civilt locale, con
un marchio specifico, molto
singolare. Di questa civilt egli
non legge ancora le singole vi-
cende, per quanto tenti di in-
dividuare due fasi inseguendo
un certo progresso nella me-
tallurgia. La fase pi antica,
originale, la suggerirebbero i
bronzi non figurati; della pi
recente, tributaria del merca-
to fenicio-punico, sarebbero
segno statuette e navicelle in
bronzo, oggetti di ferro, paste
vitree e ambra. Lombra dei
Fenici, che il Pais aveva rimos-
so dai nuraghi, si fa nuova-
mente corpo come decisa ed
esclusiva influenza sulla pro-
duzione materiale dei Proto-
sardi.
Come si vede, il terreno
preparato, sotto il duplice se-
gno dellarcheologia e della
storia, per il grande sviluppo
che la nuragologia (intesa nel-
la globalit dei suoi contenuti)
ha avuto e ha in questo secolo.
Esso comincia felicemente
con un volume di sintesi di
Giovanni Pinza (Monumenti
primitivi della Sardegna). An-
che per il Pinza la civilt nura-
gica si produce lungo le Et
del Bronzo e del Ferro. Egli
studia le classi dei monumen-
ti, i materiali, affronta i pro-
blemi cronologici, che riman-
gono per fondamentalmente
irrisolti. Insomma, una visio-
ne dinsieme della protostoria
della Sardegna che, per quel
momento, non poteva essere
migliore. Il capitolo sui nura-
ghi abbastanza elaborato;
pi in profondit va lesame
sui prodotti metallurgici, nei
quali riconosciuta una corri-
spondenza di tipologia mani-
fatturiera e di formule stilisti-
che con la produzione etrusca
cosiddetta di arte orientale.
Interno del Pozzo sacro
di S. Cristina, Paulilatino
di tempo-spazio dello stesso.
Isolamento, autoctonia, per
cui scrive ancora Taramelli
fu assai minore la somma
di realt e di affetti utili che la
gente sarda pot gettare nel
mondo. A parte questa otti-
ca limitante, la stagione tara-
melliana (trentanni dal 1903
al 1933) fu fervidissima di
opere. Scavi di villaggi, dei
pi grandi nuraghi, di tombe
megalitiche, di santuari e di
pozzi sacri. E poi nutrite ri-
cerche da campo, la carta ar-
cheologica e poi ancora una
quantit di pub-
blicazioni scienti-
fiche e di divul-
gazione. Infine,
la realizzazione
dei nuovi musei
archeologici na-
zionali di Cagliari e Sassari.
Dallinsieme appare un di-
segno di attivit articolata e
diffusa nel territorio, mirata a
risolvere problemi dellar-
cheologia nuragica. Non solo:
indirizzata anche, nel possibi-
le, a esplicare le opere e i gior-
ni di un piccolo mondo antico
che per i pi era ancora una
sfinge. Premeva altres di sve-
lare i risvolti intricati duna
civilt straordinaria che sem-
brava non avere avuto proie-
zioni allesterno, mentre dopo
la ricerca risulter che ce nera-
no state, e non poche.
Le esplorazioni topografi-
che mettevano in evidenza un
assetto durbanismo per di-
stretti, con villaggi diffusi nel
territorio il cui centro direzio-
nale di vita e di lavoro era il
nuraghe nelle forme pi com-
plesse, ritenuto un vero e pro-
prio fortilizio-reggia (Palmave-
ra-Alghero, Santu Antine-Tor-
ralba, Losa-Abbasanta, Lugher-
ras-Pauliltino: nuraghi scava-
ti, tutti, dal Taramelli).
Apporto nuovissimo ed ec-
cezionale fu quello della ricer-
ca nei santuari (Abini-Teti,
Santa Vittoria-Serri) e nei tem-
pli a pozzo, sicch si poterono
chiarire vari aspet-
ti dellarchitettura
sacra e della reli-
gione nuragica, fon-
data prevalente-
mente sul culto
delle acque. Il rin-
venimento di ricchi ripostigli
di bronzi duso (Monti Idda-
Decimoputzu) e figurati (San-
ta Vittoria) consent di studia-
re tecniche fusorie, classifica-
re forme e individuare stili di
una produzione di grande ri-
lievo per affermare la presen-
za di un florido artigianato lo-
cale e, nello stesso tempo, il
collegamento con centri me-
tallurgici di altre regioni medi-
terranee (Etruria, Cipro, Cre-
ta, ecc.) e atlantiche. Dunque
strutture nuragiche aperte,
comunicanti. Una visione in
contrasto con quella che il Ta-
ramelli offre in generale della
civilt protosarda.
Il Pinza individua nella Sar-
degna dei nuraghi una certa
indipendenza culturale, una
identit regionale, e anche un
luogo di conservazione nella
mobilit mediterranea, una
sorta di scrigno di fenomeni
prototipici duri ad aprirsi
alle novit e al progresso. Im-
magine monolitica, chiusa a
riccio, della civilt nuragica.
Alla concezione di un pro-
cesso nuragico senza scosse,
basato sulla forza della tradi-
zione di un continuum, resta
fedele anche Antonio Tara-
melli, il maggiore archeologo
sardo della prima met di
questo secolo.
Lantropologia, come la fi-
sionomia etnica e monumen-
tale, figlia della terra e del-
lambiente, egli scrive con
accento deterministico. La ci-
vilt sarda antica gli appare
un qualcosa senza precedenti,
conclusa in se stessa e nei suoi
principi, radicata sulla pro-
pria identit quasi immutabi-
le. Una sorta di misticismo et-
nico ed etico del popolo nura-
gico, un senso di indivisione
Sardegna nuragica _ 17
Betili da Tamuli, Macomer
quali si potevano leggere e ri-
costruire le vicende di vita e
di lavoro duna comunit nu-
ragica dalla met del II mil-
lennio alla fine del VI secolo
a.C. Cos si dissolveva lidea
del monolitismo, della com-
pattezza e del continuum uni-
lineare della civilt dei nura-
ghi, cara agli studiosi del
passato. Gli altri grandi scavi
di fortilizi-regge, che oggi si
stanno praticando a Genna
Maria-Villanovaforru e a Pi-
scu-Suelli, confermano e pre-
cisano la storia nuragica di
Barmini. Non minore lat-
tenzione per gli abitati.
In quelli di Palma-
vera-Alghero, SUrba-
le-Teti, Bruncu Mdu-
g u i - G s t u r i ,
Seruci-Gonnesa, le di-
visioni del terreno ar-
cheologico mostrano
laspetto materiale e non sol-
tanto materiale del vissuto nel
declinare del II millennio
a.C.; ma si colgono anche esi-
ti successivi. Situazione ana-
loga nellarce di Antigori-Sr-
roch, dove uno scavo ha
messo in luce apporti di cera-
miche micenee insieme a pro-
dotti locali. Anche il tema
delle architetture sepolcrali,
precipuamente nella forma
della tomba di Giganti, sta-
to approfondito, chiarendone
levoluzione: dal tipo pi an-
tico, con la stele arcuata, a
quello di struttura nuragi-
ca, alla variet pi recente
con fregio a dentelli (in tutto
circa 800 anni di svolgimen-
to). Ampliato il quadro e ana-
lizzati pi nellintimo sono gli
aspetti della religione, con
laggiunta di scoperte di altri
santuari (S. Cristina-Paulilti-
no) e di templi a pozzo tra i
quali eccellono, per architet-
tura e suppellettile, quelli di
S. Cristina e di Su Tempiesu-
Orune. Ma presentano ele-
menti di interesse struttivo
pure i semplici pozzi di Sa Te-
sta-Olbia, Cuccuru Arrus-Ca-
bras e Tatinu-Nuxis. Il pro-
gresso negli studi
segnato dalla pubbli-
cazione di singoli mo-
numenti o di generi
monumentali (nura-
ghi, templi, tombe),
artistici (statuette) e
usuali (prodotti me-
tallurgici). Ma sono i lavori di
sintesi sulla civilt nuragica
che oggi ne consentono una
conoscenza nel complesso,
dilatata allesterno.
Ora non si pu dire pi, co-
me una volta, che la preistoria
sarda un mondo bello, stra-
ordinario, il quale per non
esce dal proprio guscio per
confrontarsi. Diverse mostre
lhanno portata nella penisola
e allesterno ed quasi dob-
bligo affrontarne i problemi in
congressi, seminari e altre ma-
nifestazioni scientifiche che si
rivolgono ad aspetti protosto-
Linteresse puntuale sulle
antichit nuragiche, proposte
a studiosi di tutta Europa,
cadde in occasione del Con-
vegno archeologico interna-
zionale, tenutosi a Cagliari
nel 1926. Il Convegno, voluto
dal Taramelli, apr e accredit
larcheologia sarda a un vasto
pubblico e fece conoscere,
nello stesso tempo, unimma-
gine distinta e gratificante
della Sardegna in un periodo
oscuro della sua storia recen-
te. Le speranze e il fervore di
rinnovamento dellultimo do-
poguerra hanno destato un
forte slancio di iniziative nel
dominio della nuragologia.
Da una parte la mostra dei
bronzetti, esposti nellagosto
del 1949 a Venezia a un pub-
blico internazionale che li ac-
colse con favore (seguirono
altre mostre in diverse citt
europee), conferm il valore
dellantica arte sarda, e stimo-
l ad approfondirne il segre-
to, tenendo conto della fortu-
na del segno col quale le
figurine erano state presenta-
te nel catalogo: il segno,
appunto, dellanticlassico o
del barbarico. Dallaltra
parte, nel 51, durando i lavo-
ri sino al 55, veniva dissepol-
to il grande nuraghe Su Nura-
xi, a Barmini. Uno scavo
fondamentale, perch dentro
il fortilizio e nel contiguo vil-
laggio di capanne si present
una stratigrafia architettonica
e culturale esemplare. Spicca-
va la sequenza di livelli, nei
Sardegna nuragica _ 19 18 _ Sardegna nuragica
Ricostruzione
di capanna circolare
rici e storici di culture medi-
terranee ed europee.
La nuragologia si avvicina
pian piano ai fasti delletru-
scologia. Insomma la civilt
nuragica non pi fuori del
mondo, circola (e di pi do-
vrebbe circolare) per largo
spazio nella conoscenza degli
studiosi e nel dominio del
pubblico colto. A ci valso
e vale un insieme di fattori fa-
vorevoli: c la puntuale at-
tenzione sugli studi nuragici
delle universit sarde nelle
quali esiste linsegnamento
delle antichit sarde, perfe-
zionato nella Scuola di spe-
cializzazione in studi sardi;
c pure una migliore orga-
nizzazione culturale (oltre
che di tutela) nelle soprinten-
denze; sono cresciuti numeri-
camente e in qualit gli ar-
cheologi.
La presenza di riviste spe-
cializzate che trattano anche la
nuragologia (Studi sardi,
Nuovo bullettino archeolo-
gico sardo, Quaderni della
Soprintendenza di Sassari), la
divulgazione a livello di asso-
ciazioni e di scuola, lesistenza
di musei pure in piccoli centri
hanno accresciuto linteresse e
la sensibilit del pubblico.
Oggi la conoscenza della civil-
t nuragica interviene altres
come fatto di memorie, di
storia sarda, utile per figu-
rare e rafforzare lidentit po-
litica e morale dellisola.
20 _ Sardegna nuragica
Su Nuraxi, Barumini
22 Sardegna Nuragica
C
aduta lidea del blocco
e la mitologia cronologi-
ca, il mondo dei nuraghi,
secondo gli studi attuali, si pre-
senta come un insieme diversifi-
cato, dinamico, articolato nello
spazio e nel tempo, con una vi-
cenda storica lunga e peculiare,
peraltro non astratta dalle cose
esterne. Vi si riconoscono, per
singoli periodi, caratteri e modi
di pensare e di vivere differenti,
dovuti a contributi personali
delle comunit, a inclinazioni e
a comportamenti depoca, an-
che a contatti o apporti etnici di
fuori. Mille e trecento anni di
storia nuragica (dal 1800 al 500
a.C., senza contare gli strasci-
chi) recano in se stessi dimen-
sioni tali da moltiplicare eventi
e rivolgimenti, rispecchiati,
daltra parte, dalle forme visibili
giunte sino a noi (monumenti e
avanzi di cultura materiale).
Appunto individuando lo stile
diverso dei monumenti e il va-
riare dei materiali (spie di
cangianti modi di produzione
degli uomini di allora), sono sta-
te identificate e proposte cin-
que fasi attraverso le quali
passato lo svolgimento, sempre
progressivo, della civilt dei Pro-
tosardi. Gli stessi dati archeolo-
gici e quelli provenienti dalla
misurazione di radioattivit di
sostanze organiche rinvenute
negli scavi (prova del carbonio
14) offrono il supporto per defi-
nire, con una certa approssima-
zione al vero, i limiti cronologici
di ciascuna fase.
Ecco le cinque tappe nuragi-
che, con il riferimento alle tra-
dizionali et della preistoria, e i
termini di tempo:
fase I: 1800-1500 a.C.
(Bronzo antico);
fase II: 1500-1200 a.C.
(Bronzo medio);
fase III: 1200-900 a.C.
(Bronzo recente e finale);
fase IV: 900-500 a.C. (Ferro
antico);
fase V: 500-238 a.C. (Ferro
recente).
I 600 anni delle fasi I-II ve-
dono lo sviluppo della cultura
cosiddetta di Bonnnaro e il
suo passaggio alla facies Sub-
bonnnaro. Nei 300 della fase
III fiorisce la bella et dei nu-
raghi. La stagione delle aristo-
crazie occupa i quattro secoli
della fase IV. Infine, la fase V
corrisponde a tempi nuragici di
pura sopravvivenza e di resi-
stenza conservativa nelle zone
interne e libere, mentre in quel-
le conquistate dallimperiali-
smo cartaginese la civilt nura-
gica appare completamente de-
culturata.
Sardegna nuragica _ 23
SEQUENZA E CRONOLOGIA
DELLA CIVILT NURAGICA
Fronte Mola - Thiesi Friarosu - Mogorella
Corongiu e Maria - Nurri S. Sabina - Silanus
Molineddu - Oristano Palmavera - Alghero