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La biodegradabilità è la capacità di sostanze e materiali organici di essere degradati in


sostanze più semplici mediante l’attività enzimatica di microorganismi. Se questo processo
biologico è completo, si ha una totale conversione delle sostanze organiche di partenza in
molecole inorganiche semplici quali acqua, anidride carbonica e metano.
Il fenomeno della biodegradazione fa parte del ciclo naturale della vita sulla terra, incentrato
sul carbonio. Grazie all’attività di fotosintesi di piante ed alghe, e all’inesauribile energia del
sole, l’anidride carbonica viene sottratta all’atmosfera per sintetizzare gli zuccheri e le altre
sostanze impiegate dai vegetali per crescere e svilupparsi. Tramite la catena alimentare, il
flusso di materia e di energia passa dalle piante agli erbivori e da questi ai carnivori. Alla morte
degli organismi vegetali e animali, i microrganismi, presenti ovunque nell’ambiente, si nutrono
del materiale organico mediante processi di biodegradazione e rilasciano acqua e anidride
carbonica nell’atmosfera, così chiudendo il ciclo.
Imitando e valorizzando questi processi naturali, anche i rifiuti organici delle attività umane
possono essere rimossi mediante la biodegradazione.
Affinché quest’operazione sia efficace è necessario però individuare l’ambiente ideale nel
quale il fenomeno può essere massimizzato e occorre definire un tempo di durata del processo
che sia “industrializzabile” e compatibile con i ritmi di produzione dei rifiuti organici stessi.
In natura infatti ogni rifiuto organico ha i suoi tempi di biodegradazione, paglia e legno
impiegheranno più tempo di amido e cellulosa. Similmente in ambienti freddi e secchi i
processi di biodegradazione saranno più lenti che in ambienti caldi e umidi.

Questo significa che la biodegradazione è fortemente influenzata dalla natura chimica della
sostanza o materiale che si intende biodegradare e dall’ambiente di biodegradazione. Gli
ambienti nei quali la biodegradazione avviene a ritmi consistenti e può essere gestita
industrialmente sono quelli del compostaggio e della digestione anaerobica.
In questi sistemi si possono dunque trattare i rifiuti solidi organici, compresi i manufatti (ad
esempio di plastica biodegradabile) che hanno una velocità di biodegradazione compatibile
con tali trattamenti. Nel caso del compostaggio si otterrà il compost maturo (che è un
fertilizzante), e nel caso della digestione anaerobica (seguita da stabilizzazione in
compostaggio) si otterranno biogas (e quindi energia) e compost.

Un altro ambiente biologicamente attivo è il suolo: alcuni materiali possono biodegradare


completamente in suolo, e questa proprietà può essere sfruttata in specifiche applicazioni quali
ad esempio al pacciamatura.

La compostabilità è la capacità di una materiale organico di trasformarsi in compost mediante il


processo di compostaggio. Tale processo sfrutta la biodegradabilità dei materiali organici di
partenza per trasformarli in un prodotto finale che prende il nome di compost. Il compost è
dunque il frutto della disintegrazione e biodegradazione aerobica (cioè in presenza di
ossigeno) di materiale (in genere rifiuti) organico: il compost maturo assomiglia ad un terriccio
fertile e per la sua ricchezza in sostanze organiche è impiegato come fertilizzante.
Il compostaggio può essere praticato a livello domestico-amatoriale su scala molto piccola, o a
livello industriale. Quest’ultimo è alimentato da rifiuti organici domestici e da rifiuti delle
lavorazioni agricole e di altri settori; è praticato in impianti appositi che garantiscono la corretta
gestione del processo.
Quello che accade in un impianto di compostaggio non è tanto diverso da quanto si può
vedere talora in campagna: cumuli di materiale organico (rifiuti, escrementi, segatura, trucioli di
legno, ecc.) producono calore ed esalano vapore, come se fosse in atto una combustione
senza fiamma. In realtà, in questi cumuli è in corso la biodegradazione ad opera di
microrganismi che consumano le sostanze nutritive e trasformano il rifiuto iniziale in un
insieme di sostanze organiche chiamate appunto compost.

Negli impianti industriali, questo prodotto è sanitizzato e stabilizzato in quanto privo di microbi
patogeni e di materiale putrescibile. Inoltre, prima dell’immissione sul mercato, ne viene
controllata la qualità, definita da una serie di requisiti di legge.

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