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LANECROPOLI DI PUTTU CODINU

VILLANOVA MONTELEONE (SS)


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SARDEGNA ARCHEOLOGICA

13 Guide e Itinerari

Giovanni Maria Demartis La necropoli di


PUTTU CODINU

Carlo Delfino editore

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La necropoli di Puttu Codinu, ubicata in agro di Villanova Monte-
leone (SS), sorge nelle immediate vicinanze della strada statale 292,
nel tratto che collega Villanova Monteleone a Rocca Doria ed a
Romana. Il complesso ipogeico è situato fra il Km. 29 cd il Km. 30,
sulla sinistra per chi viene da Villanova: il cancello di ingresso del-
l’area archeologica è facilmente individuabile perché si affaccia diret-
tamente sulla 292 cd è indicato da appositi cartelli turistici.
All’interno dell’area archeologica si trova un pannello che riporta
la pianta del sepolcreto ed un brevissimo e sintetico inquadramento
cronologico delle “domus”.

Storia degli studi e degli scavi

Le prime notizie delle grotticelle artificiali di Puttu Codinu si devo-


no forse a G. Calvia e risalgono al 1903. L’autore, nell’elencazione di
alcuni esseri fantastici della tradizione popolare isolana osserva che
“... nella valle di Pottu Codinu, a qualche miglio di distanza da
Monteleone Rocca Doria, si osservano ancora piccole grotte, ove
credesi abitassero i nani...
Successivamente il Taramelli, nell’edizione dei Foglio /93 della
Carta Archeologica d’Italia, risalente al 1940, segnalò “... le domus
de janas di Puttu Codina (il pozzo della rupe), in una valletta sotto il
Marghine Cherchi...
L’autore attesta che si trattava di sei o sette tombe, incavate nel tufo
bianco, con due o tre camere ciascuna e che erano perfettamente
vuote.
Da allora la necropoli rimase ignorata sino al 1961, allorché alcune
fotografie comparvero nel piccolo volume di G. Stacul “Arte della
Sar
degna Nuragica”. Nelle figg. 7 a p. 28, 8 a p. 29 e 9 a p. 30 del volu-
metto, nonostante manchi l’esatta denominazione della località, per-
ché le didascalie riportano genericamente l’appartenenza dei sepolcri
al comune di Villanova Monteleone, si riconoscono gli ingressi delle
Tombe VII ed VILI di Puttu Codinu.
Nel 1984 si ha ancora notizia della necropoli con la segnalazione di

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Fig. 1. Planimetria generale della metropoli

motivi tauromorfi scolpiti (G. Tanda, 1984, “L’Arte delle Domus de


Janas”, p. 22). Si allude forse alle decorazioni della T. VIII, ma se
così fosse l’attribuzione al Tipo C I, I dello stile curvilineo sarebbe
inesatta.
Le ultime notizie scritte della necropoli si debbono all’autore di que
sta guida: alla nota 63, P. 54, della “Tomba Il di Mesu ‘e Montes (Ossi
Sassari), in N.B.A.S., II, 1985, viene data notizia del tetto a doppia
falda della T. VIII ed alla nota 55, p. 54, vengono citati gli schemi tau-
rini della medesima tomba.
Una breve notizia preliminare degli scavi effettuati nel 1987, infi-
ne, è in corso di stampa nel Volume III del N.B.A.S.
L’esplorazione archeologica della necropoli è stata eseguita di
recente grazie al contributo del Comune di Villanova ed alla validis-
sima ed entusiastica collaborazione del Gruppo Speleo-Archeologico
Villanovese, i cui componenti hanno partecipato attivamente a tutte le
fasi degli scavi ed alla sistemazione dell’area archeologica, con la
direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica per le

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Provincie di Sassari e Nuoro.
In due successive campagne (17/2-15/5 1987 e 20/2-19/5 1988)
sono state esplorate le nove “domus de janas” che costituiscono la
piccola necropoli, alcune delle quali erano totalmente inaccessibili,
con risultati soddisfacenti: contrariamente a quanto affermò il
Taramelli, solo due tombe erano completamente vuote e le rimanenti,
sebbene sconvolte da reiterate violazioni, hanno restituito reperti
molto interessanti che forniscono utilissime indicazioni per la rico-
struzione delle diverse fasi eronologiche del complesso ipogeico.
Come si è accennato, inoltre, l’intervento di scavo stato completato
con la sistemazione dell’arca archeologica, con un’apposita recinzio-
ne, segnali turistici cd un cartello didattico, finalizzati a rendere age-
vole la fruizione da parte del pubblico.

Fig. 2. Veduta generale della necropoli

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II Territorio

La necropoli occupa un sito caratterizzato da basse colline e tavo-


lati ricchi di rocce calcaree e trachitiche intervallati da piccoli avval-
lamenti; ai lati scorrono il Fiume Temo ed il Rio Curos, suo affluen-
te. Il luogo, ricco di boschetti di sughere e di sorgenti, adatto all’eser-
cizio della pastorizia e dell’allevamento, è una delle principali vie di
penetrazione naturali che collegano l’Algherese con il Meilogu e la
Planargia. Per questi motivi le testimonianze della presenza umana in
diversi periodi storici non potevano non essere numerose, a comincia-
re dal NeoEneolitico rappresentato dal complesso ipogeico e dall’area
di incisioni di Puttu Codinu, sino al Nuragico, di cui restano tracce
evidenti nei nuraghi Maghine Chcrchi, Monte sa Rughe, Iscala
Casula, Su Pedrosu, ed all’età punica e romana, cui si riferiscono
recenti scavi nel sito di Sa Tanca ‘e sa Mura, e ancora al Medioevo,
che ha lasciato cospicui resti nel villaggio di Curos ed all’interno del-

Fig. 3. Dromos della tomba I

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l’attuale abitato di Monteleone Rocca Doria.
In questo contesto gli ipogei di Puttu Codinu occupano un posto di
rilievo, in quanto a tutt’oggi sono le testimonianze più antiche lascia-
te dall’uomo nella zona.

Caratteri architettonici

La piccola necropoli si apre in due bassi affioramenti calcarei, che


sorgono affiancati su un morbido declivio e presentano un fronte di
roccia leggermente inclinato, a tratti quasi verticale, che con anda-
mento sinuoso si dispone in direzione SudOvest Nord.
Un primo affioramento ospita solo due ipogei (T. I e II), il secondo
i rimanenti sette. I due banchi di roccia hanno ampie sommità piatte
o gibbose percorse da canali naturali poco profondi e sono ricchi di
piccole cavità naturali e di fossili.
Alcune cavità ellissoidali si presentano anche sul fronte di roccia in
successione orizzontale e, se esistevano anche in epoca antica, potreb-
bero aver suggerito lo scavo delle grotticelle artificiali proprio in quel
sito.
La natura della roccia e la sua giacitura causò certamente molte dif-
ficoltà agli artefici degli ipogei, i quali se furono attirati dalla morbi-
dezza della rupe non furono agevolati dalla presenza di fossili e dalla
grana poco compatta del macigno nell’eseguire rifiniture perfette e
forse, più che per altri motivi, impiantarono la necropoli in quel sito
perché il villaggio dei vivi non doveva essere lontano, per quanto dita-
le insediamento non siano state individuate sinora le tracce.
Gli antichi scalpellini, ancora, dovettero ovviare al ristagno delle
acque meteoriche sulla sommità del tavolato ed al conseguente peri-
colo di danneggiamento per le architetture e le deposizioni.
Per questo, come in altre necropoli ipogeiche del circondano, fu
creato un sistema di canalette di deflusso incise attorno ai lati degli
ingressi delle tombe e talvolta anche al loro interno.
Gli ingressi delle “domus” si aprono in successione orizzontale
lungo le due basse scarpate e, essendo impostati direttamente sul
piano di campagna o a breve altezza, sono di facile accesso.

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Fig. 4. Tomba I. Pianta e sezione longitudinale

L’orientamento degli ingressi è vario, ma prevale quello a Est/Sud-


Est, forse determinato dall’andamento del fronte di roccia e anche, se
non si vogliono escludere motivi magico-religiosi, dalla volontà di
aprire i portelli esterni in direzione del sole nascente.
Tutte le tombe sono del tipo a proiezione orizzontale, precedute da

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piccoli “dromoi” scoperti che sovente conducono ad un padiglione. I
portelli esterni, quando conservano il loro aspetto originario, sono
semplici e disadorni, tuttalpiù delimitati da una risega e talvolta
accompagnati da fosse per l’alloggiamento dei chiusini litici e da fori
per incastrare i paletti lignei che presumibilmente li fermavano.
Negli schemi planimetrici, tutti pluricellulari, prevale la ben nota
tipologia con nucleo centrale “a T”, ma non mancano icnografie asim-
metriche e irregolari.
Il profilo di base delle singole celle è più spesso quadrangolare, ma
non rigidamente rettilineo per gli angoli spesso arrotondati e l’anda-
mento concavo delle pareti. Si hanno anche vani ellittici per lo più
con soffitti tabulari o ad unico o duplice spiovente.

Fig. 5. Tomab II.


Ingresso

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Fig. 6. Tomba II. Pianta e sezione longitudinale

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I pavimenti, a volte ben rifiniti, sono spesso sullo stesso piano e co-
munque solo raramente si registrano notevoli differenze di livello fra
il suolo di celle intercomunicanti.
Quanto al grado di finezza nell’esecuzione, è importante sottolineare
che man mano che ci si allontana dal settore Sud della necropoli au-
menta la cura nell’escavazione accanto ad una maggiore incidenza di
particolari decorativi.
Le tombe più distinte, anzi, sono l’VILI e la IX, site a Nord, nell’e-
stremo confine della necropoli ove la roccia forma un’ansa che chiu-
de naturalmente lo spazio, preceduta da una probabile stele aniconica
e da due piccoli menhirs in trachite, e gli ingressi delle due grotticel-
le si affacciano a circa 70 cm. dal piano di rupe, evidenziati, come su
un piedistallo. Questa particolare collocazione sottolinea forse l’ap-
partenenza dei due ipogei a gruppi familiari importanti o si deve a
specifiche funzioni cultuali all’interno della necropoli.

Fig. 7. Tomab II. Ingresso ee anticella

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Fig. 8. Tomba III. Pianta e sezione

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Diverse osserva-
zioni hanno portato a
stabilire che alcune
tombe di Puttu
Codinu, come in
altre svariate consi-
mili località sarde,
sono state oggetto di
reiterati interventi di
escavazione che ne
hanno modificato via
via lo stato origina-
rio, il che prova una
lunga frequentazione
del sito.
Nelle Tombe III,
VII e IX, ad esem-
pio, si può ipotizzare
che alcuni vani sus-
sidiari che turbano
l’ordinata simmetria
“a T” dei primi due
ambienti, come si
Fig. 9. Ingresso alla Tomba III può rilevare in
numerose “domus” ad Anghelu Ruju, a Ponte Secco, a Su Crudfissu
ccc., siano recenziori. Interventi di ristrutturazione sono poi eviden-
tissimi nella 1. VI, ove l’apparente casuale articolaiione della plani-
metria deriva dalla fusione di due ipogei originariamente separati; lo
dimostra la presenza di due accessi distinti; con l’abbattimento di un
diaframma di roccia si unirono due “domus” attigue ottenendo il
“labirinto” di celle e cellette che caratterizza la tomba, nel quale, tut-
tavia, si individua agevolmente un antic9 schema di pianta “a T”.
Estremamente interessante è altresì il caso della Tomba VIII, orna-
ta di sofisticati particolari decorativi scolpiti, tutti aggiunti ad un
preesistente assetto architettonico che certamente non li prevedeva
perché è chiaro lo sforzo di adattare soffitti figurati e simboli taurini
a spazi asimmetrici sino alla realizzazione del soffitto a raggera cano-

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Fig. 10. Tomba VI. Pianta e sezione

nico delle celle semicircolari, in un vano quadrangolare.


Interventi di ristrutturazione analoghi sono stati sinora osservati in
pochi ipogei del Sassarese fra i quali pare opportuno ricordare le
Tombe Maggiore e Il di Mesu ‘e MontesOssielal. AdiAnghelu
RujuAlghero.
La T. VIII presenta l’architettura più raffinata dell’intero comples-
so di Puttu Codinu, il quale nelle restanti “domus” è assai povero di
decorazioni persino di esclusivo carattere architettonico, se si eccet-
tuano il rozzo pilastro della T. III ed i gradini scolpiti nelle Tombe VI
e IX.
Tuttavia, il desideio di imitare le ca panne dei vivi, espresso così chia-
ramente nelle travature sbalzate nella T. VIII, è presente in diverse

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“domus” nell’andamento ad unico o doppio spiovente dei soffitti e
nelle sagome “a V capovolta” delle canalette scolpite in facciata attor-
no ad alcuni ingressi.
Fra i segni legati alle credenze magicorituali, a parte le coppelle
emisferiche incavate nei pavimenti dei vestiboli nelle Tombe VI, VII
e IX ed in una cella secondaria dell’VIli, si deve ricordare il bel foco-
lare della IX: si tratta di un ulteriore richiamo agli ambienti domesti-
ci.
Singolari sono le due coppelle accostate scolpite sulla sinistra del
“dromos” della T. IX, su un tratto di parete quasi verticale tantoché si
può escludere che fossero destinate a contenere offerte di cibi o liqui-
di, come le altre cavità praticate nei pavimenti, mentre si può ipotiz-
zare che alludano ai seni della divinità femminile o agli occhi della
“Dea Onniveggente”.
Per quel che concerne gli schemi figurati, essi sono presenti
esclusivamente nella T. VIII: sono simboli taurini stereotipati, “a
barca”, “a fascia”, disposti con gusto scenografico e lontani dalle pro-
tomi taurine “naturalistiche” sbalzate in altre necropoli e ascritte a
fasi antiche del Neolitico Recente.
Le corna di tipo curvilineo della T. VIII, raddoppiate per rafforzar-
ne l’effetto magico, disposte entro cornici o collegate con la finta
porta o il portello, sono probabilmente da attribuire a tempi apogeici
dell’arte delle “dornus” e paiono collegare la tomba villanovese con
altre grotticelle artificiali notevolmente concentrate nella Sardegna
nordoccidentale (XXX e XXVIII di Anghelu RujuAlghero, Mandra
AntineThiesi, S. CaterinaUsini, Mesu ‘e Montes II e Noeddale
111Ossi ecc.).
L’insieme delle caratteristiche degli ipogei di Puttu Codinu, per
altro, consente di inquadrare il loro primo impianto in fasi architetto-
niche nelle quali si giunse ad abbandonare l’accesso a pozzetto e gli
ambienti vennero proiettati orizzontalmente nella rupe con una netta
distinzione fra vani specificatamente sepolcrali (le celle secondarie) e
vani destinati alle cerimonie funebri (il vestibolo e la cella maggiore).
Per questo particolare aspetto si deve focalizzare l’attenzione
sull’Algherese, zona in cui l’ipogcismo ha grande vitalità e si può
supporre che proprio da quel territorio, quando dalle primitive tombe
a calatoia si passò ai più evoluti tipi a “dromos’ nell’ambito dell’evo-

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luzione ben esemplificata ad Anghelu Ruju, siano giunti i suggeri-
menti e gli stimoli accolti dagli antichi scalpellini ai quali si deve il
primo impianto di Puttu Codinu.
E dall’Algherese, ancora, debbono essere arrivati gli influssi che
determinarono le successive ristrutturazioni delle tombe, così eviden-
ti soprattutto nella T. VIII.
La necropoli di Puttu Codinu si pone così come sito intermedio di

Fig. 11. Tomba VI. Ingresso sormontato da cancellata

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Fig. 12. Tomba VI. Pianta e sezione

collegamento fra le architetture ipogeiche dell’Algherese e del


Meilogu viste, ad esempio, le somiglianze fra la T. VIII del comples-
so villanovese e le Tombe XXX, XXVIII di Anghelu Ruju, della
Tanca Calvia, di MatteatuAlghero e le note grotticelle di Mandra
AntincThiesi ed Enas de CannujaBessude.

Gli scavi, i materiali, le fasi cronologiche

L’esplorazione archeologica ha dimostrato che la necropoli ha subi-


to reiterate manomissioni antiche e recenti. Le tombe più vaste e più
facilmente accessibili, anzi, sino a tempi non lontanissimi venivano

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adibite a ricovero di
bestiame, tanto che le T.
IV e V si presentarono allo
scavo quasi prive di depo-
sito archeologico.
Persino la T. I, che sino
all’intervento del 1988 era
completamente interrata e
di ardua individuazione
non conservava materiali
“in situ” e rivelò scarsi
anche se interessantissimi
reperti, a riprova di antichi
sconvolgimenti.

In diversi casi i materia-


li vennero recuperati nel-
l’arca dei “dromoi”, ivi
depositati a seguito delle
riutilizzazioni delle
“domus”.
I reperti più numerosi
provengono dalle T. VIII e
Fig. 13. Ingresso alla tomba V IX, forse a causa della loro
ubicazione marginale e
degli accessi meno agevoli rispetto ai restanti ipogei, che scoraggia-
rono il loro uso come ricovero di animali.
Da quanto si è detto, è evidente che nessun sepolcro di Puttu
Codinu poteva restituire una successione stratigrafica o sepolture
intatte, ma l’insieme dei materiali raccolti è vario e interessante e con-
sente una ricostruzione delle diverse fasi di utilizzazione del sito.
Occorre premettere, tuttavia, che il restauro dei reperti è stato appe-
na avviato e che il loro studio è ancora in corso per cui le osservazio-
ni che seguono sono del tutto preliminari e suscettibili di ulteriori
approfondimenti.
I resti umani recuperati, soprattutto nelle T. VIII e IX, comprendo-
no sia ossa lunghe e frammenti cranici che, occorre sottolineare, ver-

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Fig. 14. Tomba Vi. Pianta e sezioni

tebre ed ossa brevi, fatto questo che nonostante l’assenza di tracce


dirette, fà ipotizzare anche l’uso di deposizioni primarie.
All’esterno ed all’interno delle tombe sono stati ritrovati diversi
lastroni calcarei e trachitici i quali possono essere stati utilizzati come
chiusini o per regolarizzare i pavimenti formando una sorta di lettuc-
cio per gli inumati.
Numerosi sono i picchi da scavo rinvenuti, per lo più di basalto, che
rimandano all’uso, osservato in diverse “domus” sarde, di abbandona-
re gli stru menti utilizzati per scavarle nelle celle o nei“dromoi”: si
tratta di forme “cam pignanoidi” vaga mente coniche con ampi e
rozzi stacchi, del tipo molto diffuso ad Anghelu Rujue nel Sassarese.
Assenti i resti di conchiglie, amuleti, eleenti di collana e ornamenti

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Fig. 15. Tomba Vi. Ingresso e nicchia quadrangolare di probabile età roma-
na

della pesona. Fra il materiale li tico si segnalano schegge e raschiatoi


in ossidiana, in selce di vari colori e dia spro. Alcune punte di freccia,
in selce O os sidiana, mostrano la vorazione ora fine e
Notevole ò l’e semplare in selce bionda di forma triangolare con corto
codolo ad alette proveniente dalla T. VIII simile ad una cuspide della
T. XIII di Anghelu Ruju e, più vagamente, agli esempi con codolo ed
alette tronche attribuiti alla cultura del Vaso Campaniforme (2200-
1800 a.C.).
La ceramica, a differenza dei reperti litici, per quanto in accentua-
to stato frammentario e spesso dilavata, permette una ricostruzione
cronologica attendibile della storia della necropoli, che venne utiliz-
zata in un ampio arco di tempo, dal Neolitico Recente (3500 a,C.)
sino almeno alla tarda età repubblicana (lI/I sec. a.C.).
Al Neolitico Recente, cultura Ozieri (350-2800 a.C.), appartengo-
no diversi cocci restituiti dalle T. VIII e VII: sono pertinenti a tripodi,
vasi a collo distinto, a corpo globulare, a ciotole, inornati o con deco-

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Fig. 16. Tomba VII. Pianta e sezione longitudinale

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razione plastica, incisa, impres-
sa, talvolta rialzata con pasta
bianca e ripropon gono forme
note da svariate località isolane.
Particolarmente interessanti
sono un frammento decorato a
bozze mammillari alla barboti-
ne”confrontabile con materiali
di Anghelu Ruju XIX-Alghero e
BonuighinuMara ed un fram-
mento di vaso con risega esterna
campita di minuscole impressio-
ni “cardiali” e con una serie di
triangoli taccheggiati privo,
sinora, di confronti puntuali.
Alla cultura Ozieri appartiene
anche una statuina di Dea Madre
nnvenuta nella cella maggiore
Fig. 17. tomba VII. Ingresso e padi-
della T. VIII. Il manufatto, forse
glione il più importante fra quelli resti-
tuiti da Puttu Codinu, merita una
descrizione particolareggiata.
La statuina, alta cm. 18, è finemente scolpita in un blocco di calci-
te a grana grossa, biancastra, con macchie gialline e brune in superfi-
cie ed ha schema cruciforme “a placca intera”. L’idolo condivide con
gli altri esemplari del tipo ritrovati in altre zone dell’isola il gusto per
le superfici terse ed i volumi essenziali nonché i seni rilevati, le brac-
cia cd il busto uniformati in una piastra rettangolare e la parte inferio-
re dei corpo sintetizzata in un tronco di cono, con la caratteristica
sporgenza a taglio obliquo che allude ai glutei.
Altri clementi, però, rendono la De Madre di Villanova unica nel suo
genere e ne accre scono l’interesse: la testa, che negli altri esemplari
del tipo non è distinta dal collo, e qui modellata in una forma sub
triangolare che si stacca dalla massa c lindrica del collo e gli occhi,
collocati in po sizione asimmetrica, sono insolitamente segnati con
due ca vità emisferiche; la nuca, ancora, è smussata obliqua mente e
sottolineata da una leggera con vessità vagamente triangolare.

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Fig. 18. Lastra di trachite presso la tomba VII

Queste particolarità richiamano gli idoli delle Cicladi più mar cata-
mente che nelle altre consimili sta tuine sarde e per il singolare “veri-
smo” conferito al volto s può affermare che l’esemplare di Villanova
prelude agli idoli “a placca traforata’’, ritenuti recenziori, nei quali il
volto è generalmente modellato a dischetto, sì da esprimere una ricer-
ca ‘realistica” nuova.
Una successiva fase d’uso della necropoli è attestata da frammenti
ceramici di cultura Filigosa- Abealzu (28002400 a.C.) rinvenuti nelle
T. VII, VIII e IX. Si tratta di tazze carenate a collo distinto con rigido
profilo “a Z”, di tripodi, ciotole miniaturistiche di impasto rozzo,
raramente fine grigio-rosato, che trovano numerosi confronti in sva-
riati siti della Sardegna nordoccidentale: un piccolo calice su piede
rammenta analoghi reperti di S. Pedru 1Alghero e di Mesu ‘e Montes
IlOssi, alcune tazze con perforazioni verticali sulla carena hanno
riscontro soprattutto in esemplari di Monte d’AccoddiSassari, S.
Pedru, Anghelu RujuAlghero, FiligosaMacomer.

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La cultura del Vaso Camparuforme(2200-1800 a.C.) ha lasciato
tracce rilevanti, soprattutto nella T. I, ma anche nelle T. II e III. Nella
prima sono stati raccolti i resti di due bicchieri e di un probabile vaso
polipodc dispersi nelle diverse celle e nel “dromos”. Si tratta di reci-
pienti decorati mediante un pettinino con cura minuziosa e, a parte il
probabile tripode con ornato a linee spezzate parallele evidenziate da
due file di triangoli campiti sfalsati, già noto per es. da S. Pcdru I, da
Anghelu Ruju I e VI, da Padru Jossu-Sanluri ecc., ed un bicchiere a
carena morbida con decoro “internazionale” a fasce riempite a tratteg-
gio obliquo e lisce alternate simile all’esemplare di Marinaru-Sassari,
il terzo vaso, quasi miniaturistico, trova pochi confronti calzanti. Il
bicchiere, a carena “suave”, ha superficie color camoscio brillante, e
reca impressa una ricca
ornamentazione che alter-
na registri di rombetti lisci
risparmiati fra triangoli
tratteggiati opposti per il
vertice come quelli di A.
Ruju III, a fasce a “zig
zag” ora campite, ora
risparmiate simili in qual-
che modo a quelle della
ciotola di Marinaru-
Sassari. Ma nel suo insie-
me
la decorazione non ha
riscontri precisi sebbene si
avvicini per la sua com-
plessità ad un bicchiere da
Ittireddu e ad un altro pro-
veniente da località
ignota, forse del
Sassarese.
Gli altri frammenti cam-
paniformi, dati dalle T. II e
III, sono anch’cssi
Fig. 19. Tomba VIII. Ingresso

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pertinenti a vasi decorati “a pettine”, ma conservano tracce di incro-
stazioni bianche. Notevole è un futile nella T. Il per l’inedita decora-
zione di ccrchiclli riempiti a tratteggio che pare rifarsi vagamente a
reperti di Su Crocifissu. Torres e di Locci Santus-S. Giovanni Suergiu
e richiama una sintassi decorativa diffusa soprattutto nel
Campaniforme catalano.
Una fase del Bronzo Medio iniziale, definita cultura di Bonnanaro
B (1500 a.C.), è testimoniata da alcuni frammenti di rozzi tegami e di
recipienti con grossolane decorazioni a triangoli plastici disposti sotto
l’orlo ritrovati nella T. IX, mentre la precedente fase A per ora non è
stata riconosciuta.
Assente anche la ceramica della piena età nuragica.
L’uso del sepolcreto sembra riprendere in età cartaginese, come testi-
monia una moneta bronzea recante tre spighe databile al 241-238
a.C., e nella successiva età romana, attestata in particolare da un fram-
mento di coppa a vernice nera “campana”, presumibilmente del II sec.
a.C.
Entrambi i reperti provengono dalla T. VI e sono forse da porre in
relazione con l’abitato di Sa Tanca ‘e sa Mura, ubicato nelle vicinan-
ze, caratterizzato da strutture abitative di età punica perduranti sino
almeno alla tarda età repubblicana.
Sintetizzando, si può ritenere che il sito di Puttu Codinu fu utiliz-
zato per un lungo periodo, dal Neolitico Recente (3500 a.C.) sino
almeno all’età romana, con cesure rappresentate dall’età nuragica e
da qualche fase prenuragica, cesure per altro non provate del tutto
visto che gran parte dei materiali originariamente deposti negli ipogei
è certamente andata dispersa.
Uno dei problemi più interessanti è senza dubbio quello della attri-
buzione cronologica del primo impianto della necropoli e delle singo-
le tombe nonché degli interventi di escavazione seriori cui si è accen-
nato.
A questo proposito si può ipotizzare che quasi tutte le “domus” nel
loro nucleo principale siano state praticate durante la cultura Ozieri
(3500-2800 a.C.). Lo provano i materiali delle 1. VII e VIII ed i con-
fronti stringenti istituibili fra la VII e le tombe III, V, VI, IX, le cui
anticelle, ad esempio, hanno sagome, dimensioni e rifiniture che
denunciano la medesima “mano” e quindi tempi vicini. Del resto in

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divcrsc tombe del circondano, analogamente caratterizzate da pianta
“a T” Anghelu Ruju XXX e A), sono stati ritrovati fittili Ozieri. Nel
caso della T. VIII, poi, la ristrutturazione posteriore e la fase più anti-
ca si inquadrano in due momenti della cultura Ozieri, in virtù dei
reperti ritrovati, certo deposti successivamente alla ultima escavazio-
ne della “domus”.
Alla cultura Filigosa-Abealzu (2800-2400 a.C.) si attribuiscono tra-
dizionalmente taluni elementi come le coppelle delle Tombe VI, VII
e dalla T. IX ed il focolare dell’ultimo sepolcro nonché i portelli con
ampia imboccatura, ma dati offerti per esempio dalla T. delle
Finestrelle e dalla T. IT di Mesu ‘e Montes-Ossi per i grandi portelli
e le coppelle e da MoliaIllorai e Furrighesos XII-Anela per il focola-
re paiono dimostrare come tali soluzioni architettoniche ed ornamen-
tali abbiano una matrice Ozieri.
Quanto alle corna scolpite nella T. VIII, si deve concludere che an-
ch’esse appartengono all’ambito Ozieri anche per i confronti coi
Anghelu Ruju XXX, Oredda-Sassari, S. Ereno-Ittiri, ove figurano
schemi simili, che hanno restituito fittili Ozieri.
Riguardo alle culture e alle fasi posteriori si può ritenere senza trop-
pe riserve che gli apporti all’architettura della necropoli furono mini-
mi se non assenti. Fà eccezione la nicchietta esterna della T. VI,
inconsueta nelle “domus” sarde ed attribuibile ad epoca tardoromana
per le dimensioni che paiono rifarsi a un “piede” di 28 cm.

Itinerario

Appena oltrepassato il cancello di ingresso dell’area archeologica,


immediatamente a sinistra si trova il grande cartello giallo che ripor-
ta la planimetria generale della necropoli, collocato davanti all’affio-
ramento di roccia che ospita la Tomba I e la Tomba II.
La UkuiYii si individua facilmente perché priva quasi totalmente
del soffitto originario: per un breve “dromos” orientato ad Est si ac-
cede all’ipogeo, che consta di tre vani disposti in successione longitu-
dinale. Tutte le celle hanno pianta quadrangolare, angoli arrotondati,
portelli amplissimi residui solo in parte, e solo la più interna conser-

28
Fig. 20. Tomba VIII. Planimetria

va un tratto del soffitto.


Quest’ultimo ambiente risulta lievemente sopraelevato rispetto ai pre-
cedenti.
La tomba richiama schemi planimetrici noti e di vasta diffusione
nei quali si è voluta vedere l’influenza dell’architettura megalitica
delle allées couvertes, che avrebbe determinato la scelta di icnografie
ipogeiche con vani disposti in profondità: si ricordano ad esempio le
tombe XXIV di Anghelu Ruju-Alghero, Monte Nieddu-Ittireddu, XII
di Sas ConcasOniferi, S. Antonio Ruinas ecc.
La Tomba I, benché fosse completamente interrata al momento
dello scavo, ha mostrato di aver subito violazioni che ne hanno
disperso gran parte del deposito archeologico.
Ossa umane, frammenti atipici di vasi di rozza fattura giacevano
nelle celle assieme a frammenti di vasi campaniformi, i cui resti, ritro-
vati anche nel “dromos”, combaciavano, a riprova degli sconvolgi-

29
Fig. 21. Tomba VIII. Veduta assonometrica

menti ai quali sono scampati. L’escavazione dell’ipogeo, tuttavia, non


si attribuisce a tale ambito culturale, ma può essere ascritto alla cul-
tura Ozieri (3500-2800 a.C.) ed i vasi campaniformi, come nel resto
degli ipogei dell’isola, si devono ad una riutilizzazione posteriore.
A pochi metri dalla precedente si apre il minuscolo corridoio orien-
tato ad Est che dà accesso alla
Attorno al padiglione di ingresso, che all’esterno presenta una sorta
di facciata piatta di forma quadrangolare, si osservano canalette di
scolo praticate allo scopo di convogliare le acque piovanc lontano dal-
l’ipogeo.
L’insieme degli ambienti che compongono la “donius” è il risulta-
to di antiche e forse reiterate manomissioni che hanno portato

30
Fig. 22. Tomba VIII. . Soffitoto scolpito dall’anticella

Fig. 23. Tomba VIII. Sezioni

31
Fig. 24. Tomba VIII. Particolare della cella maggiore

Fig. 25. Tomba VIII. Sezioni

32
Fig. 26. Tomba VIII. Sezioni

33
all’abbattimento di alcune pareti divisorie dando luogo ad un’anoma-
la pianta irregolare a profilo retto-curvilineo con rozzo pilastro cen-
trale. I confronti per questo schema planimetrico lobato portano a
poche tombe del circondano: Anghelu Ruju XXVIII-Alghero, Sa
Figu III e S. ErenoIttiri, mentre si possono citare le numerose tombe
con pianta “a trifoglio” del Sud dell’isola.
Nella facciata del padiglione si può forse intuire un richiamo alle
lastre di architetture megalitiche, se non un preludio alle “doinus”
con prospetto a stele diffuse nei territori confinanti (S.
LeonardoIttiri).
L’ipogeo, quasi vuoto al momento dello scavo, ha restituito scarsis-
simi materiali, si segnala un frammento di probabile “cuenco” o di
vaso polipode appartenente alla cultura del Vaso Campaniforme
(2200-1800 aC.) che documenta una fase di utilizzazione più recente
rispetto all’escavazione della tomba, ascrivibile sulla base di con-
fronti (Anghelu Ruju XXVIII-Alghero, Montessu-Santadi) al Neolitico
Recente (3500-2800 a.C.). Per la facciata “a lastra traforata” dei
padiglione, forse posteriore al primo impianto della “domus”, si può
pensare vagamente a tempi del Calcolitico e se, come è anche proba-
bile, veniva sovrapposta una lunetta utica centinata, oggi dispersa,
alla cultura di Bunnanaro (1800 a. C.).
Incamminandosi in direzione Nord, a pochi metri dalla precedente,
si trova il secondo affioramento calcareo, caratterizzato da un fronte
di roccia poco inclinato, a tratti quasi verticale. Immediatamente si
trova la fiancheggiata da una piccola cava di blocchi, probabil
mente non recentissima. Si tratta di un ipogeo articolato in quattro
vani preceduto da un breve “dromos” orizzontale orientato a Est e da
un piccolo padiglione rettangolare.
L’anticella e la cella seguente sono disposte “a T” ed hanno pianta
subrettangolare con angoli smussati. Il soffitto del secondo ambiente
è quasi tabulare, quello dell’anticella spiove verso l’ingresso della
“domus”; le soglie dei portelli di questi due ambienti sono intaccate
da una canaletta che collega il vano principale all’esterno, presumibil-
mente eseguita in epoca recente. Il terzo vano funerario è accessibile
per un portello aperto sulla parete sinistra della cella maggiore ed è in
precario stato di conservazione, il pavimento è scompartito da un
setto divisorio in rilievo che lo collega con l’ultima cella.

34
Fig. 27. Tomba VIII. Soffitto scolpito e falsa porta sormontata da corna

Fig. 28. Tomba VIII. Cella maggiore

35
Fig. 29. Tomba VIII. OProspetto dei soffitti delle celle b e c

Fig. 30. Tomba VIII. Particolare del soffitto a doppio spiovente della cella
maggiore

36
Fig. 31. Tomba IX. Il dromos.

Fig. 32. Area di incisioni presso la necropoli

37
Fig. 33. Tomba IX. Pianta e sezioni

38
La “domus” ricorda numerosissimi ipogei “a I”, ad esempio An-
ghelu Ruju XXX ed A e S. Pedru Il-Alghero, Riu Mulinu IV-Giave,
Iscala PiscamosOzieri ecc.
Il sepolcro, ascrivibile alla cultura Ozieri (3500-2800 a.C.), ha
restituito scarissimi materiali fra i quali spiccano per interesse scien-
tifico i frammenti di almeno due vasi campani formi decorati a petti-
ne e incrostati di pasta bianca relativi ad una fase di riutilizzo
(22001800 a.C.).
La U(IJIYL attigua alla precedente, è ben visibile per l’ampio ingres-
so sovrastato da una canaletta “a V rovesciata” incisa con precisione
che, oltre alla funzione di convogliare le acque meteoriche, nel
particolare disegno richiama la sagoma della capanna dei vivi.
Per il piccolissimo corridoio orientato a Sud si raggiunge l’ampia
ed irregolare apertura, assai alterata, che dell’antico portello conserva
solo gli incavi destinati a ospitare probabili paletti lignei atti a ferma-
re il chiusino.
L’assetto planimetrico, piuttosto irregolare, è bicellulare, ma si pos-
sono intuire tracce di una primitiva anticella, di una cella di disimpe-
gno e di una terza celletta, a riprova di antichi interventi di ristruttu-
razione.
Per quel che riguarda i confronti, è opportuno ricordare alcune
“domus” che presentano l’interessante canaletta “a V capovolta”: Mu-
sellos BIttiri, Li Curuneddi ISassari, Furrighesos IlAnela ed E di Su
MontiOrroli.
La tomba, pressoché priva di riempimento, non ha restituito mate-
riali significativi.
Costeggiando la rupe si incontra la rnii preceduta da un accenno di
corridoio orientato a NE che porta ad un padiglione a pianta rotondeg-
giante sovrastato all’esterno da un’irregolare canaletta “a V rovescia-
ta’’. All’interno le due celle si dispongono nel classico schema di
pianta “a T”. Nel primo ambiente il soffitto è a doppio spiovente, nel-
l’altro si ha una leggera inclinazione verso l’esterno e certo si è volu-
to imitare analoghi sistemi di copertura lignei e straminei presenti
nelle coeve capanne dei vivi.
Confronti sono istituibili con le numerosissime tombe “a T”
dell’intera Sardegna e soprattutto con gli esempi in cui il nucleo cen-
trale non è variato da vani sussidiari come ad es. a Grugos-Busachi,

39
DomigheddasFordongianus ecc.
L’ipogeo si presentò allo scavo completamente vuoto, ma può esse-
re attribuito alla cultura Ozieri (35002800 a.C.).
Immediatamente sulla destra della T. V si apre uno degli ingressi
della •tut:iiu interessante ipogeo con due accessi risultato dalla fusio-
ne di due tombe originariamente indipendenti. Si osservano, infatti,
due piccoli “dromoi”, uno orientato a SE, l’altro a NE.
Il primo, incavato in un’insenatura naturale della rupe, fiancheggia-
to da canalette, conduceva agli attuali vani a, b, e della tomba, il
secondo ad un altro sepolcro, cui appartenevano le celle d, e, f, g.
E arduo ipotizzare i motivi che causarono l’unione delle due tombe
ed allo stesso tempo non è possibile stabilire se l’impianto dei due se-
polcri fu coevo, ma, a quanto è dato di osservare è la cella b che sem-
braacr “i naso” l’arca della ce lla a’. Degni di nota sono il gradino
sbalzato nella cella e la coppella emisferica accuratamente scolpita
nel pavimento dell’anticella a ed ancora la canaletta praticata presso
la celletta g, certo per impedirne l’allagamento successivamente al
crollo di gran parte dei soffitto.
Interessante è poi la nicchietta quadrangolare escavata all’esterno
sulla sinistra in alto dell’ingresso NE della tomba. Si tratta di un ele-
mento assai raro nell’ambito delle “domus” dell’isola, presente ad
esempio nella Tomba della Cava di Cheremule le cui nicchie sono
state recentemente attribuite a fasi precedenti alle incisioni altomedie-
vali, fasi presumibilmente ascrivili ad età tardoromana, come sembra-
no indicare anche le dimensioni di quella di Villanova (cm. 70 x 49 x
41) quasi certamente riconducibili al piede romano “provinciale” di
28 cm.
Pare utile richiamare raffronti, più che per le planimetrie delle
tombe originarie, in cui si individuano schemi “a T”, per la loro fusio-
ne: rammento Anghelu Ruju XXAlghero, Coda di Palma-Sennori, Li
Lioni 1P. Torres, Monte Nieddu IliIttireddu, CampumajoreBusachi,
ecc.
Per la coppella, fra i numerosi confronti si possono citare Anghelu
Ruju III e VAlghero, la T. delle FinestrelleOssi, Sas Concas XII e V
IIIOniferi ecc., ove, come nella T. VI le cavità emisferiche si presen-
tano isolate ed al centro dei pavimenti delle celle.

40
L’ipogeo, utilizzato come ricovero di animali fino a tempi recenti,
conservava scarse e irrilevanti tracce degli antichi depositi. Più fortu-
nato fu lo scavo dei “dromoi” che diedero reperti di epoca storica:
una moneta punica databile al 241/238 aC. ed i resti di una coppa
“campana” provano la lunga utilizzazione della “dornus” e fanno
immediatamente pensare al non lontano insediamento punicd e roma-
no di Sa Tanca ‘e sa MuraMonteleone Rocca Doria.
A pochi metri dal secondo ingresso della “domus” precedente si in
contra la •i]iiii anch’essa preceduta da un piccolo “dromos”
orientato a Est.
Si osservino nello spazio antistante riversi al suolo, due piccoli men-
hir
a sezione pianoconvessa, quasi “protoantropomorfi” (m. IxO,40 e m.
0,72x0,40) cd una lastra con faccia piana finemente levigata (m.
l,40x0,41x0,27), tutti in trachite rossa che, sebbene rinvenuti non in
posto, non debbono essere troppo lontani dal luogo ove probabilmen-

Fig. 34. Tomba VIII. Frammenti fittili di cultura Ozieri

41
te si ergevano. Questi monoliti segnavano l’ingresso della t. VII o
un’area distinta della necropoli che includeva le tombe VIII e IX e
della quale indicavano e proteggevano l’accesso.
Tornando alla T. VII, si deve sottolineare la singolarità della fossa
e degli incavi praticati presso il portello esterno e destinati a sigillare
il sepolcro con l’impiego di lastre litiche e di travi lignee, come si
osserva anche nella IX.
La “domus” ò triccllularc, ben rifinita, e comprende un’anticella
cd
una cella maggiore, entrambe quadrangolari con soffitto piano, dispo
ste “a T” ed un vano secondario subrettangolare accessibile attraver-
so
un portello praticato sulla parete destra della cella più vasta. Sul pavi
mento dell’anticelia, in posizione lievemente decentrata, si trova una
cop
pella emisferica eseguita con cura minore rispetto a quella della T. VI.
Riguardo ai confronti, per la pianta valgono quelli già citati a propo-
sito
della T. III. Quanto all’associazione di ipogei con pietre fitte vale
ricor
dare i casi di Anghelu Ruju XIAlghero, Li Lioni IVP.Torres, ma per
la lastra a faccia piana il confronto più stringente porta a S. Pedru I
Aighero.
Anche questa tomba conservava assai poco dell’originario deposi-
to archeologico. L’esplorazione del “dromos” fu più fortunata: vi si
rinvennero diverse cuspidi di freccia in ossidiana, selce e diaspro
ascrivibili ad ambito Ozieri (3500-2800 a.C.). A questo aspetto cultu-
rale appartengono senz’altro alcuni frammenti decorati a punteggiato
che sono la prova dell’impianto dell’ipogeo nel Neolitico Recente.
A circa cinque metri dalla VII, in direzione NO, si raggiunge la nu
la cui architettura raffinata contrasta notevolmente con l’aspetto
sadorno degli altri ipogei.
La “domus” ha un piccolo “dromos” orientato ad Est impiantato ad
un’altezza di circa 70 cm. dal piano di campagna ed un vestibolo a
pianta irregolare che fà pensare ad interventi di escavazione diversifi-
cati nel tempo. E da lamentare che gran parte del soffitto sia crollato
da tempo col conseguente dilavamento delle decorazioni scolpite

42
sulle pareti laterali, forse cornici, fasce, lesene, delle quali residuano
vaghe tracce.
Per un portello rettangolare con soglia alta intaccata da una cana-
letta, rincassato, preceduto da un incavo per il chiusino scavato nel
suolo, si penetra nell’anticella b, che ha pianta subquadrata. Il soffit-
to, quasi tabulare, reca scolpita la raffigurazione di un tetto ligneo for-
mato da una mensola vagamente semicircolare perpendicolare ad una
robusta tavola sottostante, dalle quali si dipartono quattro travetti
espressi a rilievo piatto. Questo tipo di soffitto, canonico delle celle
ad emiciclo, è anomalo per un vano quadrangolare.
La parete corrispondente all’ingresso è inornata; quella di fondo
presenta un semplice, ma elegante spartito decorativo scolpito attorno
al portello che conduce alla cella maggiore: in alto, lungo il soffitto,
corrono due fasce piatte sovrapposte separate fra loro da un’incisione

Fig. 35. Tomba VIII. Frammento fittile e cuspide di freccia

43
Fig. 36. Tomba VIII.Cella c. Idoletto femminile in calcite (dis. A. Fresi)

orizzontale, ai lati della porticina si osservano due specchi rettangola-


ri ribassati, messi in rilievo da cornici, ad imitazione delle strutture
portanti lignee degli ambienti domestici.
Le pareti laterali, molto degradate, conservano entrambe una corni-
ce piatta che delimita un pannello rettangolare incavato entro il quale
si individuano, residue solo in parte, duplici corna “a barca” in sche-
ma inscritto realizzate a rilievo.
La successiva cella e, a pianta rettangolare, è disposta “a T”: non
appena vi si accede si resta colpiti dal bellissimo soffitto scolpito imi-
tante un tetto ligneo a doppia falda. In posizione centrale il trave di
colmo è fortemente sbalzato a rilievo convesso e sette travetti per

44
spiovente, leggermente incurvati nel mezzo quasi a riprodurre la
deformazione impressa alle tavole dai sassi che nelle abitazioni prei-
storiche fermavano lo strame del tetto, sono accuratamente scolpiti
nel sasso ed evidenziati da ampi interspazi incavati. Gli spioventi
sono appena accennati, forse per l’esiguo spessore della roccia che gli
antichi scalpellini, prudentemente, evitarono di intaccare troppo, ma
l’effetto è efficace e “realistico”.
Lesene, fasce e zoccoli si intravvedono appena in vari settori delle
pareti lunghe della cella, a causa del cattivo stato di conservazione
della roccia, e ripetono ancora le strutture di capanne che, per la depe-

Fig. 37. Tomba VIII.Cella c. Idoletto femminile in calcite

45
ribilità di materiali, non hanno lasciato troppe testimonianze dirette.
Sulla base degli indizi forniti dalle imitazioni scolpite negli ipogei
si può ipotizzare che talune costruzioni, forse sacre o appartenenti a
perlc\ ir11 i, C itciì rtc alle omhc oscro formate dall’associazione di
un vestibolo semicircolare e di una stanza rettangolare, l’uno coperto
da un tetto a semicono, l’altra a doppia falda; la struttura portante era
presumibilmente rappresentata da pali incastrati negli angoli di un
basso muretto a secco perimetrale.
A questi pali si riferiscono le paraste scolpite nelle “domus” men-
tre al muretto corrisponde lo zoccolo, ma nei sepolcri all’intento rea-
listico si fondono le schematizzazioni tipiche dell’arte religiosa; così
nella T. VIII rami e pali sono tradotti nella pietra in tersi volumi e
superfici piatte.
Mediante questa tecnica nella parete di ingresso del vano maggiore
è stata scolpita una “mostra’’ clic assomma uno zoccolo, lesene d’an-
golo, una banda che percorre il margine del soffitto cd una larga cor-
nice che, al centro, orna il portello, ulteriormente arricchito da un rin-
casso. Ai lati, due per parte, lunghe corna curvilinee “a fascia”
sovrapposte si stagliano con leggero sbalzo sulle superfici parietali.
Sulla parete opposta si osserva una simile composizione incornicia-
ta da fasce e lesene, turbata sulla destra dal portello di una celletta
secondaria; al centro una falsa porta è messa in risalto da due stipiti
rilevati che chiudono un rincasso rettangolare; due ampie corna cur-
vilinee “a fascia”, entro le quali sono inscritte altre corna analoghe, si
da formare un motivo duplice, sono fuse con l’architrave della falsa
porta. Tutto il settore inferiore della parete, purtroppo, è assai degra-
dato.
La parete breve destra della cella, priva di cornici, conserva traccia
di un doppio motivo di corna “a fascia”, l’altra è occupata dal portel-
lo per la celletta d, un pò decentrato e fiancheggiato sulla sinistra da
un pannello rettangolare incavato e sulla destra dai resti di uno sche-
ma taurino curvilineo “a barca”, forse duplice, inquadrato da una cor-
nice.
Le restanti celle della tomba, specificatamente destinate alle
tumulazioni, hanno pianta rettangolare con pareti concave e, dove si
conservano, soffitti tabulari: due si aprono nel settore sinistro del-
l’ipogeo, un’altra sulla destra della parete di fondo del vano di disim-

46
pegno. Queste celle, per quanto ben rifinite, sono prive di decorazio-
ni; interessati sono le due coppelle incavate presso gli angoli del vano
d.
La tomba nel suo insieme trova confronti nelle “domus”con soffit-
to a doppio spiovente concentrate nella Sardegna nordoccidentale e
segna
tamente in quelle in cui il soffitto scolpito è associato a figurazioni
taurine complesse: Mandra AntineThiesi, Enas de CannujaBessude,
Mesu
‘e Montes LIOssi, Su MurroneChiaramonti. Il confronto più interes
sante, tuttavia, porta all’ipogeo di Tanca BullittasAlghero che, come
la T. VIII, ha un’anticella quadrangolare con anomalo soffitto a rag
gera, un’ampia cella maggiore con soffitto a doppia falda ed una cel
letta sulla destra della parete di fondo che ne altera l’ornamentazione.
A Tanca Bullittas, però, il soffitto è sostenuto da pilastri e la falsa
porta
sulla parete fondale è accostata a corna rettilinee. La differenza più
evi
dente, per altro, sta nel fatto che il portello che spezza la simmetria
della
parete di fondo a Tanca Bullittas ha cancellato parte dell’ornamenta
zione, con tutta evidenza preesistente, mentre a Puttu Codinu la fine
strella fiancheggia lo schema taurino senza danneggiarlo e le corna e
la falsa porta sono decentrate rispetto alla decorazione della parete op
posta.
Evidentemente si tentò di adattare i rilievi ad uno spazio obbligato
che comprendeva anche il portello. In definitiva fu.in Icla tomba
algherese, lo spartito decorativo della T. VIII ve dolo eh
era stato aperto il portello per f. V4 O’
Questa osservazione, assieme a quella di altre asimmetrie delle
razioni e dell’anomalo soffitto dell’anticella, prova che tutte le
decorazioni vennero aggiunte in un intervento di ristrutturazione del-
l’ipogeo, che nel suo assetto più antico era disadorno. Un fatto simi-
le è stato recentemente osservato nella T. II di Mesu ‘e MontesOssi.
Per quanto riguarda le singole ornamentazioni taurine della tomba
VIII è opportuno ricordare che i probabili precedenti stilistici,
nell’ambito della evoluzione dell’arte delle “domus” sono molto dif-

47
fusi nell’Algherese: Anghelu Ruju XXX e XXVIII, Sa Londra.
Schemi analoghi a quelli dell’ipogeo villanovese si ritrovano inve-
ce soprattutto nel Meilogu (Mandra Antine, Enas de Cannuja) nella
zona di Usini e Ossi (S. Caterina, Su Campu Mannu, Noeddale III, Su
Littu, Tomba delle Finestrelle, Mesu ‘e Montes) ed ancora nei dintor-
ni di Alghero (Tanca Calvia) il che sembra indicare un’irradiazione
dei motivi proprio dall’Algherese. Sotto questo profilo è altrettanto
interessante la presenza di decorazioni architettoniche con quadran-
goli ribassati ai fianchi di finte porte o portelli a Padria (Sas Concas)
e nel territorio di Ossi (S’Adde ‘e Asile, Mesu ‘e Montes, Noeddale).
E un caso fortunato che questo interessante sepolcro abbia rivelato
uno strato archeologico della potenza di 40/50 cm, notevole se
raffrontato al resto del sepolcreto e se si tiene conto della scarsità di
dati di scavo offerti dalle altre “domus” sarde con soffitto figurato e
decorazioni taurine complesse.
Purtroppo tutti i reperti non erano “in situ”, a causa di antiche e re-
centi violazioni, ma ugualmente sufficienti per un inquadramento cro-
nologico della tomba.
Importantissimo è l’idolo proveniente dalla cella maggiore,
appartenente con certezza alla cultura Ozieri (3500-2800 a.C.), come
svariati frammenti ceramici sia inornati che decorati, certo posteriori
all’intervento di modificazione della tomba perché si deve escludere
che gli antichi scultori effettuassero lavori così accurati e di non breve
durata senza aver cura di svuotare le celle dai resti umani e dal corre-
do precedentemente deposti.
La prima escavazione della tomba, quindi, si può inquadrare in una
fase più antica della cultura Ozieri mentre la ristrutturazione si deve
ad un momento apogeico della medesima cultura.
A riutilizzazione posteriori risalgono, invece, altri frammenti fittili
appartenenti alla cultura eneolitica di FiligosaAbealzu.
L’ultima “domus” della necropoli è la I]1IU scavata sulla destra
dell’Vili. L’ipogeo è preceduto dal consueto “dromos” circondato da
un sistema di rozze canalette di drenaggio e da un padiglione orien-
tato a Sud. All’esterno, sulla sinistra in basso del “gradino” in cui è
incavato il corridoio si trova un segno magico-rituale costituito da due
coppelle emisferiche accostate scolpite sulla superficie verticale della
rupe. Si tratta forse di un richiamo ai seni della divinità femminile o

48
Fig. 38. Tomba I.Frammenti di vasi campaniformi

Fig. 39. Frammenti di vasi campaniformi dalle tombe I e II

49
Fig. 40. Tomba VI. Moneta punica in bronzo

del tentativo di schematizzare un volto con la rappresentazione sinte-


tica della “Dea Onniveggente”. Diverse coppelle molto dilavate si
individuano in altri settori della roccia.
il portello esterno della tomba è segnato da un profondo rincasso ed
è accompagnato da incavi laterali per i paletti lignei che fermavano il
chiusino litico.
Le prime due celle del sepolcro ripetono la canonica icnografia “a
1”; l’anticella ha pianta quadrangolare con angoli smussati e soffitto
piano, la cella seguente è subrettangolare con lati incavati ed anch’es-
sa ha soffitto tabulare. Nonostante il degrado delle superfici è notevo-
le in questi due ambienti l’evidente ottima rifinitura delle pareti, dei
pavimenti e dei soffitti. Nel pavimento del vestibolo è incisa una cop-
pella in tutto simile a quella della T. VI; nella cella maggiore, essen-
do il pavimento lievemente infossato rispetto al vano precedente,

50
presso il portello è scolpito un bel gradino semicircolare che, consi-
derato l’esiguo dislivello, ha valore esclusivamente simbolico o deco-
rativo; al centro del pavimento è stato inoltre realizzato un focolare
rituale formato da una ghiera in rilievo circolare che contiene un cer-
chio ribassato ed una piecola coppella.
Le restanti tre celle secondarie sono disposte in successione in
corrispondenza della parete breve sinistra della cella maggiore e sono
caratterizzate da amplissimi portelli. L’ultima di queste celle è a ciclo
aperto a causa di antichi crolli.
A parte i confronti citati per le T. III, V e VII relativamente all’ic-
nografia “a T”, per i vani sussidiari con grandi imboccature si può fare
riferimento alle celle secondarie delle tombe Il di Mesu ‘e Montes,
Maggiore, delle Finestrelle-Ossi e alla T. VI di Ochila-Ittiri nonché
alla T. II di Li LioniP. Torres. Riguardo al focolare, esso rammenta
quelli di S. Andria Priu-Bonorva, SalamesteneUsini, Filigosa 1-
Macomer ecc. Il gradino, invece, è un elemento assai consueto e, limi-
tando i richiami al circondano di Villanova, cito quelli di Anghelu
Ruju C e S. Pedru IlAlghero, di Su Crocifissu XVIP. Torres, di
Sant’ErenoIttiri, Giorrè 1Cargeghe ecc.
Lo scavo ha permesso di accertare le antiche violazioni subite dal se
Tuttavia niente autorizza ad escludere che il nucleo centrale della
grotticella, se non i vani secondari, sia stato praticato durante il
Neolitico Recente.

L’area dei simboli scolpiti e incisi

Alle spalle della necropoli, oltre il recinto, alla distanza di circa 100
m. a NordOvest della T. VIII, è stata recentemente identificata una
roccia istoriata con simboli incisi e a rilievo, finora medita, di ecce-
zionale interesse scientifico.
Si dà cenno della scoperta, nonostante lo studio sia ancora in corso,
perché si tratta certamente di un’area cultuale in relazione col sepol-
creto.
I motivi schematici occupano un tavolato calcareo leggermente
convesso, a tratti ondulato, con superfici quasi orizzontali levigate

51
dagli agenti atmosferici per un’area di almeno m. 8x3 e sono disposti
senza ordine apparente, spesso ravvicinati a gruppi, mai tangenti o
sovrapposti.
La totalità degli schemi è curvilinea o circolare ad eccezione di una
fossetta trapezoidale con angoli arrotondati (cm. lOxl4 circa) legger-
mente incavata quasi al centro della roccia. Alcune cavità rientrano
nella categoria delle coppelle emisferiche, altre, ugualmente circola-
ri, hanno fondo piano con diametri varianti fra i cm. 20 cd i cm. 8.
Interessantissime sono alcune figurazioni ad alto rilievo, cilindriche
con margini arrotondati, che hanno uno sbalzo di cm. 5/3 circa ed
altre, più numerose, formate da un solco circolare inciso, forse “a
martellina”, che delimita un rilievo vagamente emisferico in cui è
incavata una minuscola coppella. Queste ultime hanno diametri che
variano fra i cm. 30 cd i cm. 7.
Si tratta di un ritrovamento che non ha confronti calzanti nell’inte-
ra isola benché ricordi molto vagamente i rilievi di Sa IcuDorgali e le
incisioni di FrattaleOliena.
Pertanto, solo in via preliminare, si può azzardare l’ipotesi che si
tratti di un’area rituale che forse raffigura un villaggio di capanne cir-
colari con al centro una costruzione più importante, rettangolare, per
quanto nelle figure circolari, già note, in schema isolato, dalla Grotta
del Bue MarinoDorgali e da LuzzanasOzieri nonché da numerosi vasi
di cultura Ozieri, siano stati visti generalmente simboli solari. In que-
sto caso ci si troverebbe di fronte alla rappresentazione di un cielo
stellato o di una “mappa celeste”.
Altri confronti si possono istituire con i focolari delle “domus”, ed
anche con quello della vicina T. IX, e con i cerchi concentrici incisi
entro rettangoli associati a corna curvilinee della T. XXVIII di
Anghelu RujuAlghero.
Per il rettangolo ribassato si può forse pensare a confronti con i mo-
tivi dipinti di Mandra AntincThiesi o scolpiti di Tanca
CalviaAighero e di Anghelu Ruju XXVIII ed A.
La datazione è problematica in assenza di riscontri precisi o di
reperti mobili, ma con una certa prudenza, in virtù dei confronti cita-
ti, si può proporre un’attribuzione alla cultura Ozierio a quella
diFiligosaAbealzu.

52
Bibliografia

Storia degli studi

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L’area di simboli scolpiti e incisi

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1977, cit. G. TANDA, 1984, cit.

55
56
Glossario

Allée couverte Lett. corridoio coperto, tomba megalitica co


stituita da una stretta camera allungata.
Bonnanaro (cultura di) Fase culturale del I Bronzo in Sardegna
(1800/1500 a.C.)
Barbotine Tecnica decorativa della ceramica che pre-
vede (decorazione alla) rilievi eseguiti
mediante l’applicazione di ar
gilla decantata e molto liquida.
“Campignanoide” Simile all’industria litica del Campignano.
Viene riferito ai picchi da scavo litici del
Neolitico Calcolitico.
Cardiale Da “cardium”, generalmente riferito a cera
mica decorata a crudo mediante l’impressio-
ne del bordo di una conchiglia.
Centinato Imitante l’armatura di un arco, spesso rife
rito alla stele arcuata che caratterizza talune
tombe di giganti.
Cuenco Ciotola emisferica.
Coppelle Cavità, più o meno emisferiche, scavate
nella roccia.
Deposizione primaria Inumazione diretta.
Domus de janas Lett. case delle fate. Indica le grotticelle ar
tificiali prenuragiche.
Dromos Corridoio scoperto.
Icnografia Schema di pianta.
Ipogeo Architettura sotterranea.
Falsa Porta Finta porta, scolpita, incisa o dipinta sulla
parete di fondo del vano maggiore nelle
“domus de janas”.
FiligosaAbealzu Aspetto culturale dell’Eneolitico sardo
(cultura di) (28002400 a.C.)
Lesena Fascia verticale rilevata, semipilastro.
Martellina Strumento litico utilizzato per eseguire inci
sioni rupestri.
Menhir Pietra fitta, monolito, indicante la Divinità

57
Maschile.
Monte Claro (cultura di) Aspetto culturale dell’Encolitico in
Sardegna (2400 a.C.).
Ozieri (cultura di) Principale cultura del Prenuragico, risalente
al Neolitico Recente (35002800 a.C.).
l’adigliorie Nelle ‘doinus de muds’ ‘, vestibolo coperto
con una sorta di tettoia scavata nella roccia.
Parasta Lesena, scmipilastro.
Pianta a T Schema planimetrico tipico di molti ipogei
sardi nel quale la seconda stanza, a pianta
ret
tangolare o trapezoidale, è disposta in senso
trasversale rispetto all’asse longitudinale
della
tomba.
l’rotoantropo morfo Detto di talune pietre fitte che preludono
alle
stele con raffigurazione umana.
Protome taurina Testa di toro
Successione stratigrafica Sovrapposizione di strati archeologici appar
tenenti a diversi periodi. Stratigrafia vertica-
le.
Suave (Profilo, carena) Detto dei bicchieri campaniformi a profilo
morbido.
Vaso Campaniforme Aspetto culturale dell’Encolitico europeo,
(Cultura del) ascrivibile al 22001800 a.C.

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Fotografie
Marco Cri/fissi, 2, 7, 11, 15, 30, 32, 37
Domenico Marras, 3, 5, 9, 13, 17, 18, 19, 22, 24, 27, 28, 3!, 34,
35, 38, 39, 40

Disegni
Antonella Fresi, 36
Giuseppe Grafitti, 1,4,6,8,10,12,14,16,20,21,23,25,26,29,33

59
SOMMARIO

Pag.

Storia degli studi e degli scavi 5


Il territorio 8
Caratteri architettonici 9
Gli scavi, i materiali, le fasi cronologiche 18

Itinerario
Tomba 1 32
Tomba II 32
Tomba III 37
Tomba IV 37
Tomba V 38
Tomba VI 38
Tomba VII 40
Tomba VIII 40
Tomba IX 45
L’area dei simboli scolpiti e incisi 49
Bibliografia 51
Glossario 54

60
61

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