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Si veda al riguardo ancora G.P. Brogiolo, Le campagne italiane tra tardo antico e alto-
Per una sintesi recente si veda ancora G.P. Brogiolo, A.Chavarría Arnau, Aristocrazie
e campagna nell’Occidente. Inoltre, da ultimo, G.P. Brogiolo, A.Chavarría Arnau,
«Chiese, territorio e dinamiche del popolamento nelle campagne tra tardoantico e
altomedioevo», Hortus Artium Medievalium, (), pp.-.
Sintesi aggiornata in C. Sfameni, Ville residenziali nell’Italia Tardoantica, Bari, .
Marco Valenti
altre parole, i castra non rappresentano, allo stato attuale della conoscen-
za, una componente importante dell’insediamento; tantomeno ed a mag-
gior ragione per il V secolo, quando la maggior parte della regione è ben
lungi da una militarizzazione della società, con la guerra greco-gotica
ancora lontana.
La Toscana si propone quindi come un’area di passaggio tra i diversi
sistemi di popolamento e produzione italiani; area nella quale l’appiatti-
mento progressivo dell’economia rurale si coniugava con una chiara crisi
urbana verificatasi nell’intera zona centro-meridionale e con l’esistenza di
poche città che, per motivi particolari, avevano un rapporto più attivo con
il proprio entroterra. Credo si possa parlare di due ambiti sub regionali
differenziati nelle modalità, nelle manifestazioni di recessione e nei tempi,
sebbene con il VI secolo convergeranno verso un unico scenario di crisi.
Se, come ad esempio sottolineano Ripoll e Arce, le trasformazioni che
interessarono il sistema delle ville dipesero in particolare da due fattori (in
sostanza dal modo in cui la terra venne occupata e sfruttata e da quanto la
villa riflettesse lo status del dominus ), allora la Toscana, nel suo comples-
so, si rivela una regione di élites tendenzialmente di basso profilo; un feno-
meno molto accentuato al centro e nelle aree meridionali della regione e
Come ho ricordato più volte, pur con le parziali eccezioni di Cosa e Roselle (dove
le fortificazione sono comunque ridotte e limitate ad una sola parte del centro; si veda
M. G. Celuzza, E. Fentress, «La Toscana centro meridionale: i casi di Cosa-Ansedonia
e Roselle», in La storia dell’altomedioevo italiano (VI-X secolo) alla luce dell’archeologia,
(Convegno internazionale Siena - dicembre ), R. Francovich, G. Noyé (a cura
di), Firenze, , p.-) l’unico contesto realmente indagato in Toscana corri-
sponde a Filattiera, ricostruibile come una fortificazione in pietra presso
Montecastello ed in un campo trincerato presso Castelvecchio, anche se gli scavi qui
condotti non hanno interessato un’area particolarmente estesa (si E. Giannichedda (a
cura di), Filattiera - Sorano: l’insediamento di età romana e tardo antica. Scavi -
(Archeologia nell’antica diocesi di Luni ), Firenze, ; inoltre e E. Giannichedda,
R. Lanza (a cura di), Le ricerche archeologiche in provincia di Massa Carrara, Firenze,
). In definitiva ci troviamo di fronte a quella che sembra essere stata una linea di
avamposti dai quali sembra difficile organizzare ed amministrare organicamente un
territorio. Il loro peso sulle vicende della rete insediativa, in attesa di ipotetici ed
auspicabili dati futuri su centri di maggior successo come Montepulciano, deve esse-
re al momento minimizzato.
Si veda G. Ripoll, J. Arce, «The trasformation and end of Roman Villae in the West
(fourth-seventh): problems and perspectives», in Towns and their territories between late
antiquity and the early middle ages, G.P. Brogiolo, N. Gauthier, N. Christie (a cura di),
Leiden, , pp.- (The transformations of the Roman World, ).
La Toscana rurale del V secolo
Le forme insediative
Sintesi e bibliografia in G.P. Brogiolo, Le campagne italiane tra tardo antico e altome-
terno di un ampio saltus, costituito da foreste e pascoli naturali, di una proprietà impe-
riale. Verosimilmente nel corso del II secolo si colloca una nuova fase insediativa
rispecchiando un consolidamento sino al V secolo ed una sua caratterizzazione quale
polo di aggregazione abitativa, seppure strettamente legato al suo ruolo produttivo
(sfruttamento delle risorse agro-pastorali del comprensorio fondiario murgiano) e
manifatturiero (fornaci da laterizi e da calce, metallurgia) in funzione di rifornimento
di attrezzature, prodotti e lavoro per l’intera proprietà di cui l’insediamento faceva
parte. ll sito fu investito in età tardoantica da un processo di profonda modifica nella
sua articolazione, nelle forme e nell’organizzazione del lavoro e delle diverse attività,
nel ruolo e nelle mansioni della popolazione. Le costruzioni del villaggio tardoantico
mantengono un certo ordine nell’ articolazione urbanistica, seppure in un contesto
insediativo non privo di larghi spazi vuoti ed aperti. In questa nuova fase di frequen-
tazione dunque pare superata la divisione topografica fra spazi abitativi, impianti arti-
gianali, luoghi funzionali, ancora in parte operante nelle fasi precedenti. In queste
riconversioni funzionali è possibile individuare una netta cesura nelle modalità inse-
diative sinchè nel corso del VI secolo si realizza la dissoluzione della forma vicanica e
declina la funzione artigianale e produttiva; pare di fatto configurarsi come una forma
demica minore e marginale. Sulla ricerca a Vagnari si veda l’ottima sintesi al seguen-
te indirizzo web:http://www.archeologia.unifg.it/ric/scavi/vagn.asp.
La Toscana rurale del V secolo
Si veda C. Davite, «Scavi e ricognizioni nel sito rurale tardo antichi di Gronda
(Luscignano, Massa Carrara)», Archeologia Medievale, XV (), pp.-.
Il contesto di Savignone, per esempio, era un villaggio di capanne basate su piccoli
muri a secco, fornite di focolari scavati nel piano di calpestio e di fosse esterne per il
drenaggio ed i rifiuti. Non si hanno tracce di fortificazione ed il villaggio è posto su
un ripiano parzialmente adattato, rivolto a mezzogiorno. La datazione oscilla tra V e
VII secolo. Si veda: Gruppo Ricerche di Genova, Campagna di scavo nel villaggio alto-
medievale abbandonato di Savignone, «Notiziario di Archeologia Medievale», //.
Marco Valenti
dievali dalla Valle del Serchio», Archeologia Medievale, XVIII (), pp.-..
La Toscana rurale del V secolo
Si vedano P. Albertoni, Nuovi contributi per una Carta Archeologica del Casentino,
Arezzo, e AA.VV., Profilo di una valle attraverso l’archeologia. Il Casentino dalla
Preistoria al Medioevo, Arezzo, .
Marco Valenti
(Orbetello, GR). Indagini di superficie», Archeologia Medievale, XVI (), pp. -.
Si veda per ultimo R. Francovich, M. Valenti, Poggio Imperiale a Poggibonsi. Il
dal IV secolo a.C. a tutto il V secolo d.C. L’abitazione di epoca tardo anti-
ca era una capanna realizzata ricostruendo i resti crollati dei muri nell’area
che costituiva il cortile della vecchia fattoria; i due ambienti seminterrati
furono riempiti e vennero costruiti muri con una tecnica molto approssi-
mativa in ciottoli, pietre non squadrate e frammenti di laterizi disposti
irregolarmente e senza legante. Ad ovest fu posto un focolare domestico
delimitato da ciottoli di fiume a semicerchio intorno ad una piccola buca,
nella quale si sono rinvenuti frammenti di un fornello in terracotta. La
pavimentazione era in terra battuta, mentre gli elevati risultavano “di
modesta entità data la ridotta consistenza dei crolli”; tegole di recupero
formavano la copertura. I livelli di vita non sono databili, mentre i crolli
contengono materiali riferibili alla fine del V-inizi VI secolo, quando
venne edificata una nuova capanna. Numerose fossette subcircolari di
modesta profondità sono riferibili ad attività artigianali connesse con il
fuoco e forse ad attività di spoliazione degli edifici precedenti. La presen-
za di un impianto metallurgico è confermata dal rinvenimento di un pic-
colo crogiolo e molti grumi di piombo fuso; una delle fosse ha restituito
numerosissimi vinaccioli.
Sullo stesso tenore di basso livello, se non precarietà, si pongono altri
casi databili tra III-IV secolo e V secolo. A Colle Carletti a Orentano
(Castelfranco di sotto-PI) sono state messe in luce due strutture. La prima,
più estesa, era una capanna in materiali deperibili misti con predominan-
za del legno e planimetria di x m circa; la parete occidentale si compo-
neva di travi o tavole disposte orizzontalmente, assicurate a pali infissi nel
terreno; le altre pareti invece erano state realizzate attraverso strutture
meno solide (terra, arbusti?) oppure la capanna veniva coperta da una sorta
di tettoia poggiata e assicurata ad ovest sull’elevato ligneo, ad est al suolo
con inclinazione di °. La porta, aperta sul lato nord ovest, lascia traccia
in una serie di piccole buche riferite appunto al sistema di chiusura.
Evidenze di palificazioni poste in parallelo alla stessa parete occidentale
mostrano pareti divisorie interne che potevano anche fungere da elemen-
ti sussidiari di sostegno. Il battuto poggiava su un vespaio di macerie, spo-
XXIV (), pp. -; E. Regoli, N. Terrenato (a cura di), Guida al Museo archeo-
logico di Rosignano Marittima. Paesaggi e insediamenti in val di Cecina, Siena, ; infi-
ne A. Augenti, «Fonti archeologiche per l’uso del legno nell’edilizia medievale in
Italia», in Civiltà del legno. Per una storia del legno come materia per costruire dall’antichi-
tà ad oggi, Paola Galetti (a cura di), Bologna, , pp.–.
Marco Valenti
liate da una vicina abitazione frequentata nel II secolo, realizzato per livel-
lare il terreno vergine; era tagliato e delimitato sul lato sud da una cana-
letta perpendicolare al divisorio e destinata a garantire soprattutto il
deflusso delle acque e degli scarichi. La seconda struttura era anch’essa una
capanna costruita su un livellamento di pietre e pianta subrettangolare,
con dimensioni di m ed apertura a sud. Il riparo non sembra realizzato
attraverso l’impiego di legno o terra; le piccole buche individuate, poco
profonde ed in alcuni punti disposte in serie, inducono piuttosto a sospet-
tare l’impiego di fasci di vimini o rami semplicemente intrecciati e lega-
ti gli uni agli altri. Una sorta di tenda servita all’esterno, a distanza di
quasi m, da una fossa terragna con funzione di smaltitoio. Le ridotte
dimensioni della capanna ed il materiale impiegato rimandano ai model-
li rappresentati sul sarcofago pastorale di Villa Doria Pamphilj.
Allo stesso modo, nei casi Comana e Ascialla, ancora nel medesimo
ambito territoriale, furono livellate le macerie di edifici rurali datati alla
prima età imperiale e si riorganizzarono alcune piccole capanne.
Il ricorso alle grotte inizia ad essere un fenomeno che si rivela di più
ampia portata di quanto si possa pensare. Viene ampiamente attestato
nella lucchesia settentrionale, nel territorio grossetano meridionale, nel
senese e non si tratta sempre di scelte occasionali. Si riconoscono due
diversi tipi e due diverse durate del loro sfruttamento. Nella Toscana
meridionale interna il fenomeno rupestre è riscontrabile in modo signifi-
cativo sui comprensori comunali di Sorano e Pitigliano (GR) collegando-
si a realtà abitative e funerario-religiose con una complessa gamma tipo-
logica e lunghe frequentazioni. Si tratta invece di una scelta occasionale
nell’Alta Valle del Serchio e nelle alture della Garfagnana (LU), con fre-
quentazioni isolate di cavità rocciose naturali sparse sui rilievi costeggia-
pp.-.
Si vedano E. Boldrini, Problematiche di studi e di documentazione del fenomeno rupestre
nel territorio di Sorano (GR). L’esempio di Vitozza, tesi di laurea discussa nell’anno acca-
demico - (Relatore Prof. Riccardo Francovich) presso l’Università degli
Studi di Siena; E. Boldrini, D. De Luca, Progetto Vitozza, Catalogo della mostra,
Pitigliano, ; R. Parenti, Vitozza: un insediamento rupestre nel territorio di Sorano,
Firenze, .
La Toscana rurale del V secolo
ed altomedievali.
A. Carandini, F. Cambi (a cura di), Paesaggi d’Etruria. Valle dell’Albegna, Valle d’Oro,
Monti dell’Uccellina (GR)», in La preistoria nelle grotte del Parco Naturale della
Maremma, C. Capanna (a cura di), Atti del Museo di Storia Naturale della Maremma,
suppl.n°, Grosseto, , pp.-.
E. Galiberti et alii, «Primi risultati delle ricerche al Riparo Cervini (Vivo d’Orcia
Si vedano F. Donati et alii, «Lo scavo della villa romana di S.Vincenzino presso
Cecina (Livorno). Rapporto , , », Rassegna di Archeologia, VIII (),
pp.-; AA.VV., Guida Archeologica della Provincia di Livorno e dell’Arcipelago
Toscano, Provincia di Livorno-Nardini editore, , pp.- con bibliografia.
La Toscana rurale del V secolo
Torre Tagliata (Orbetello, GR). Scavi -», Archeologia Medievale, XVII (),
pp.-.
Si vedano G.D. De Tommaso (a cura di), «La villa romana di Poggio del Molino
Chiusi, località Aiano. I nuovi dati parziali della II° campagna di scavo, »,
Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, II (), pp.-.
La Toscana rurale del V secolo
fasi. Nella fase II°, ascrivibile tra II e III secolo fu aggiunto a sinistra dei
vani del settore nord-orientale un ambiente absidato, con pavimento in
lastre fittili e con un basamento semicircolare sul lato breve contrapposto
all’abside, sul quale forse poggiava una vasca. L’ambiente conserva tracce
d’intonaco dipinto di rosso e alla base delle pareti restano frammenti di
lastre di marmo policromo applicate sull’intonaco per mezzo di tasselli.
L’ambiente costituiva probabilmente il frigidarium di un impianto terma-
le, organizzato nell’ambiente nord-orientale della villa. Nella fase III° (tra
fine del IV o inizi del V secolo) si realizzarono alcune ristrutturazioni di
scarsa entità, ma che sembrano indicare la dismissione dell’impianto ter-
male di poco precedenti all’abbandono. Sia materiali pubblicati, sia la
ricognizione sul sito, evidenziano forme di riuso dopo l’abbandono, pro-
seguite sino al VI secolo sugli spazi nord-orientali.
Il complesso della villa romana Giglio Porto (Isola del Giglio-GR) col-
legata all’approdo portuale, passaggio obbligato sulle rotte di collegamen-
to del Mediterraneo occidentale, connotato anche da quartiere residenzia-
le e peschiera, fu ristrutturata nel II secolo e dopo un periodo di abbando-
no non meglio precisabile nella media età imperiale fu occupata in tutta
la sua estensione da una necropoli. A partire dal V fino al VII secolo i
ruderi e le macerie furono utilizzati per addossarvi tombe a fossa, alla cap-
puccina e dentro anfore, secondo la consueta associazione accertata nei
cimiteri costieri.
La villa di Giannutri (Isola del Giglio-GR) alla fine del I secolo fu sot-
toposta ad una totale ristrutturazione documentata da una serie di bolli su
mattone provenienti da Roma e zone limitrofe. Era una delle grandi ville
imperiali di otium, frequentata sino al IV secolo, quando fu abbandonata.
Numerose opere di riadattamento e recupero edilizio, di natura sommaria
ed imprecisa, mostrano una rioccupazione “povera” del sito dal V secolo,
accompagnata dalla destinazione di alcuni ambienti a necropoli attraver-
so tombe entro anforoni addossati alle pareti, negli ambienti più meridio-
nali della villa in corrispondenza dell’ingresso.
Anche la villa posta lungo il fosso Cortigiano (GR), di fondazione tardo
repubblicana, si sviluppava su un’area di mezzo ettaro ed era dotata di
mosaici pavimentali. Fu abbandonata entro i primi decenni del V secolo e
J.J. Dobbins, The Excavation of the Roman Villa at La Befa, Italy, (British
Si veda E. Vaccaro, Dinamiche insediative e gestione del territorio tra tarda età repubbli-
cana e tarda antichità nella Toscana meridionale: il campione di quattro valli fluviali (valle
dell’Alma, media e bassa valle del Bruna, bassa valle dell’Ombrone, valle dell’Osa),
Università degli Studi di Siena. Dottorato di ricerca in storia e archeologia del
medioevo, Istituzioni e Archivi, Sezione di Archeologia Medievale, XIX ciclo,
a.a.-.
S. Casaburo, Elba romana: la villa delle Grotte, Torino, .
L. Palermo, La Villa mansio di Turrita. L’area archeologica di Collesalvetti, Livorno
.
La Toscana rurale del V secolo
Allo stesso modo, seppur con esiti ancor più poveri, lo scavo effettuato
a Torrita (SI) ha evidenziato in località Pantani-Le Gore un grande com-
plesso fondato negli ultimi decenni del I secolo a.C. Era costituito da un
grande edificio con porticato interno e due piani. La struttura venne risi-
stemata, senza alterare la planimetria originaria, nel I secolo d.C. e rima-
ne in uso fino agli inizi del II secolo. Si tratta di una mansio, con un edi-
ficio simile ad un caravanserraglio in cui i viaggiatori e gli animali da tra-
sporto potevano trovare accoglienza. Nel corso del I secolo d.C. il primo
edificio fu affiancato, ad est, da un abitato in cui sono presenti molti punti
di fuoco, forse officine per il raffinamento del minerale ferroso e forge. Un
abbandono si verificò tra la fine del II secolo e gli inizi del III secolo,
periodo in cui la frequentazione del villaggio può essere stata soltanto epi-
sodica. Nei secoli III e IV le strutture sembrano abbandonate; la presenza
di monete suggerisce la possibilità che il luogo abbia mantenuto una sua
funzione commerciale con mercati stagionali o fiere in cui si svolgeva un
piccolo commercio locale di prodotti artigianali e agricoli. Nel V secolo si
registra la rioccupazione di parte delle strutture; vennero riedificate le abi-
tazioni esterne, due delle quali pavimentate con tegole di recupero.
L’edificio principale fu rioccupato solo in parte; agli ambienti nell’angolo
nord ovest si aggiunsero altri vani ricavati negli spazi porticati ora chiusi
e parcellizzati, operazione che sembra iniziata già precedentemente, fra la
fine II e l’inizio del III secolo. Le strutture abbandonate vennero utilizza-
te come cava di materiale da costruzione. Con la costituzione del villaggio
venne allestito anche un piazzale formato da una massicciata composta da
materiale edilizio e domestico di recupero, sul quale vi è traccia di deboli
strutture lignee, forse tettoie, ipoteticamente destinate ad un commercio
nuovamente stabile. Il tenore degli scambi appare sempre più legato a
mercati locali o regionali.
Il caso di Vignale (LI), pur solo inizialmente indagato, rivela forse una
mansio molto estesa, caratterizzata da edifici di grandi dimensioni ed un’area
produttiva con fornaci per laterizi e anfore. Pur nell’incertezza sull’evoluzio-
ne e sulle trasformazioni cui fu soggetto, Vignale tra V e VI secolo divenne
un villaggio costituito da abitazioni che riusavano le strutture antiche e da
capanne. A epoca tardoantica o altomedievale sembra anche risalire un’area
cimiteriale, che insisteva in parte sulle strutture della fase romana.
Milliarium, (), pp. -;W. Maiuri, «La città, il territorio, il porto: Empoli in
età romana», Milliarium, (), pp. -; A. Papanti, «Uno studio sulla mone-
tazione dello scavo Pratesi di Empoli», Milliarium, (), pp. -.
Marco Valenti
per il trasporto dell’olio e della conserva di pesce, fino ai più tardi spathe-
ia. Le anfore africane affiancarono e sostituirono, nel corso dell’età impe-
riale, quelle galliche e spagnole, oltre che i contenitori vinari di produzio-
ne regionale, le cosiddette anfore di Empoli. Con la tarda antichità il qua-
dro delle stoviglie da mensa si arricchisce poi di prodotti di origine regio-
nale, ingobbiati di rosso e con colature rosse, mentre in cucina si utilizza-
vano stoviglie di produzione locale, oltre ad alcune casseruole e tegami
importati dall’area tunisina. Proprio a partire dal V secolo abbiamo atte-
stati anche alcuni esemplari di scodelle (sigillata focese) e anfore di area
orientale, che, insieme a qualche esemplare di produzione narbonese
(sigillata arancione-grigia), timidamente arricchiscono il quadro delle
importazioni dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Particolarmente cospicuo è poi il numero di monete rinvenute che si
datano dalla fine dell’età repubblicana fino al VII secolo. Ma se i reperti
non sembrano indicare una cesura nella frequentazione delle strutture
romane, lo scavo ha mostrato come a partire dal V secolo una parte del
nucleo insediativo romano iniziò ad essere abbandonato per far posto ad
una grande necropoli di tombe a cappuccina.
Le trasformazioni
Su S.Genesio, per ultimo (con bibliografia) F. Cantini (a cura di), Con gli occhi del
pellegrino. Il borgo di San Genesio: archeologia lungo la via Francigena, Firenze .
Sino al III secolo, ben evidenziati da una presenza media di , siti per kmq; tra
la metà e la fine del V secolo mediamente sito per kmq. Si veda al riguardo M.
Valenti, L’insediamento altomedievale.
La Toscana rurale del V secolo
(Collesalvetti–LI) dove tra la fine del IV e gli inizi del V secolo una parte
dell’edificio principale versava però già in condizioni rovinose.
L’archeologia non rivela infatti la presenza di organismi come, citando
casualmente alcuni tra i più noti, le ville meridionali di S.Giovanni di
Ruoti (PZ), di Faragola (Ascoli Satriano – FG), del Casale (CL), di Patti
(ME) e di Noto (SR), oppure quelle settentrionali di Palazzo Pignano
(CR), Sirmione - Grotte di Catullo (BS) o del Varignano alle Grazie (SP).
La recessione del popolamento iniziata intorno al III secolo ed acuitasi a
partire dal IV secolo, di proporzioni sensibili, rappresentò quindi una
decisa cesura nella rete insediativa e nella distribuzione della proprietà.
Sopravvivessero in particolare un numero limitato di insediamenti forse
interpretabili come villaggi e soprattutto come medio-grandi aziende
spesso trasformate nei loro caratteri originari.
Interessante è ricorrere a numeri per capire il processo realizzatosi. Per
esempio, le ville rintracciate nei territori provinciali di Siena e Grosseto,
su . kmq campionati nelle ricognizioni, ammontano in totale a ,
mentre quelle con tracce di frequentazione (ma in che forma? La ricogni-
zione di superficie infatti non lo rivela) sino alla fine del V-inizi VI seco-
lo sono solo . Proiettando tali cifre sui . kmq della regione possia-
mo ipotizzare un potenziale ideale di . ville (che si dividevano in
media e potenzialmente poco più di , kmq) diminuite sino a raggiun-
gere un numero pari a complessi, in media per kmq circa, nelle
cronologie più tarde.
Il dato archeologico regionale rivela poi per il V secolo che su un totale
di circa contesti riconosciuti come ville solo il % rimase in uso (
casi), il % fu abbandonato ( casi), il % ( casi) fu chiaro oggetto di
riusi. Riguardo quest’ultimo punto credo ci sia una considerazione impor-
tante, cioè valutare bene l’entità dei riusi e quindi domandarsi quante
strutture identificate durante le ricognizioni, se scavate, mostrino in real-
tà contesti già modificati come, del resto, attestano quasi tutti i casi inda-
gati stratigraficamente. Il mio sospetto più che motivato è verso una tra-
sformazione dei complessi che, in attesa di verifiche dirette, non può esse-
re appurato nella sua portata, ma probabilmente di dimensioni molto
maggiori di quanto si possa supporre.
Il riequilibrio delle aziende si dovette infatti coniugare a strategie pro-
duttive incentrate sullo sfruttamento più intenso di un minor numero di
proprietà, talvolta ingrandite (ma di quanto non è dato sapere), su orga-
Faccio ancora riferimento per descrizioni e bibliografia alla sintesi C. Sfameni, Ville
residenziali.
Marco Valenti
strutture portuali, come nel caso della grande villa in località la Tagliata
che si sovrappone ai resti del Portus Cosanus. Oppure la villa di Giannutri
di proprietà dei Domizi Enobarbi, così come una serie di altre ville marit-
time disposte lungo la costa Toscana tra l’Argentario e l’Albegna, ivi com-
presa l’isola del Giglio; ville che si trovavano lungo la rotta seguita dalle
navi di questa gens senatoria legata al mondo delle imprese marittime, per
l’esportazione in Gallia dei propri prodotti, soprattutto vino. Già alla fine
del I secolo d.C., la villa di Giannutri fu sottoposta ad una totale ristrut-
turazione e pur rappresentando una delle grandi ville imperiali di otium,
fu abbandonata nel IV secolo.
Nel complesso la ricollocazione dei centri gestionali, se in alcune zone
italiane produsse dei segni di ripresa, in Toscana fu in realtà di basso pro-
filo, con una criticità significativa alla fine del V secolo e un deteriora-
mento economico in accelerazione già da prima. Deterioramento che si
osserva anche in quelle aree dove, nel complesso, essendo presenti ancora
centri di scambio e di mercato in rapporto con le città, dei quali parlerò
più avanti, la crisi pare essere stata di minor portata.
Così, focalizzando la nostra attenzione su alcune zone ben indagate, nel
senese (Chianti, Val d’Elsa e Val di Merse, Valdorcia), fra grossetano e
livornese (nelle valli fluviali dell’Alma, del Bruna, la bassa valle
dell’Ombrone, l’Ager Cosanus-Valle dell’Albegna), in gran parte della
lucchesia (Versilia e bassa Valle del Serchio) è attestata una prima crisi
delle strutture rurali intorno al III-IV secolo, alla quale conseguì una sta-
bilizzazione delle aziende superstiti, talvolta una loro trasformazione, nei
due secoli successivi. L’intera organizzazione produttiva entrò in collasso a
partire dalla fine del V secolo, decenni che segnano un’ulteriore e radica-
le selezione della rete insediativa rurale, con il sistema delle ville entrato
in fase terminale.
Alla stessa maniera nella valle dell’Osa e nella bassa valle dell’Ombrone
dal V secolo si rileva una crescente diminuzione del numero di ville in
grado di garantire una gestione organica ed efficace degli spazi agrari e
delle risorse del territorio, affiancata alla costituzione di poveri villaggi e
di alcuni insediamenti in grotta che, sotto il profilo dell’incidenza demi-
ca, non bilanciavano il numero anche qui elevato di siti abbandonati nel
corso del medio impero. La maggior parte delle ville identificate in que-
sta zona si qualifica per il carattere rustico piuttosto che per quello resi-
denziale Anche alcune delle ville più grandi riconosciute nell’agro rosel-
la storia di Coltano, Pontedera, . Per Vecchiano si veda O. Banti et alii (a cura di),
Il fiume, la campagna, il mare. Reperti, documenti, immagini per la storia di Vecchiano,
Pontedera .
La Toscana rurale del V secolo
pp. -.
Ho già ricordato altre volte come la Toscana dalla metà del IV secolo venne più
volte esonerata dalla corresponsione degli oneri fiscali e nel Sidonio Apollinare
descriveva all’amico Heronius la «pestilens regio Tuscorum spiriti aeris venenatis fla-
tibus inebriato et modo calores alternante, modo frigora» priva d’acqua potabile e
infestata dalla malaria; ancora dalla metà del V secolo fu a più riprese ricordata insie-
me alla Aemilia come una delle provincie desolate e spopolate. Le stesse lettere papa-
li descrivevano un periodo molto problematico. Gelasio I sottolineava la scarsa demo-
grafia, l’esiguità numerica e l’insicurezza delle fondazioni ecclesiatiche dipendenti
dai vescovi; Gregorio Magno poneva invece l’accento sull’assenza di vescovi, preti e
chierici, sul basso numero di chiese battesimali, sulla vacanza delle sedi vescovili,
sulle numerose chiese in rovina, crollate o incendiate.
Sull’incidenza delle malattie, in ottica di una loro valutazione tra le diverse cause di
Marco Valenti
un calo demografico che di fatto investeì l’intera Diocesi Italiciana, riporto alcune
stime, ancora inedite, di Frank Salvadori sulle restituzioni archeozoologiche di V e
VI secolo; il ricercatore nota la presenza di indicatori animali che attestano l’esisten-
za di epidemie come la peste. La capillare presenza di ratti (ospite del parassita
Xenopsylla cheopis, al quale si deve la diffusione dell’epidemia) nei depositi archeo-
logici di età tardoantica, sia rurali che urbani, italiani ed europei, sembrerebbe impu-
tabile proprio alla propagazione della malattia, la quale deve quindi essere valutata
con maggior attenzione ai fini della ricostruzione dei processi di trasformazione del
mondo antico in quello medievale; soprattutto se investe una società in termini di
crollo demografico, di cui la rarefazione dell’insediamento appare una delle tante
manifestazioni, e se lascia tracce materiali come la presenza di tali roditori.
E. Vaccaro, L’occupazione tardoantica delle grotte di Scoglietto e Spaccasasso.
La caverna di Scoglietto, sulla linea di costa di età romana, restituisce merci d’im-
stradali e fluviali in collegamento dei due poli urbani, siano stati essi fatto-
rie, mansiones o vici. Nelle aree più lontane da Pisa, Firenze e dai nodi della
viabilità e lungo gli affluenti dell’Arno, il quadro del popolamento sembra
invece essere già in crisi tra fine II e III secolo, con zone di insediamento che
divennero, nel IV e nel V secolo, rarefatte e poco palpabili.
I centri vincenti, o che ressero all’impatto della crisi, si ponevano dun-
que in un rapporto ancora vivo con Fiesole-Firenze, Pisa e per certi aspet-
ti anche con Lucca. Queste città, pur investite dai generalizzati processi di
destrutturazione urbana, continuavano comunque a rappresentare centri-
consumatori e detenere relazioni con una parte del territorio, forse e
soprattutto per il loro ruolo di centri militari strategici.
O. Banti (a cura di), Il fiume, la campagna, il mare. Reperti, documenti, immagini per la
A S. Ippolito di Anniano, nella seconda metà del IV secolo, sui resti del monumen-
to funebre di inizio secolo, viene costruita un’aula basilicale a navata unica con
dimensioni di , x,m in fase con tombe a cappuccina. Tra pieno V e inizi VI
secolo venne edificato un nuovo e più grande impianto basilicale a tre navate con
dimensioni di , x m, forse dotato di portico e fonte battesimale. Si veda G.
Ciampoltrini, R. Manfredini, Sant’Ippolito di Anniano a Santa Maria a Monte.
Preistoria e storia di una pieve sull’Arno, Pontedera, .
A San Genesio un mausoleo di pianta quadrangolare fu costruito nella prima metà
del VI secolo all’interno di una vasta necropoli di fosse terragne e cappuccine, che si
estende nel V secolo sui ruderi di una struttura di età imperiale. F. Cantini (a cura
di), Con gli occhi del pellegrino.
A San Piero a Grado verso la fine del IV secolo, fu riutilizzata una struttura roma-
na per edificare una chiesa, forse martiriale dedicata a S. Pietro. La strutturata aveva
sepolture ad sanctos aderenti all’abside. S. Sodi, La basilica.
La Toscana rurale del V secolo
A Pianosa, nel complesso catacombale, trovarono sepoltura oltre salme; dove-
vano essere i membri di una comunità probabilmente vissuta sui ruderi di una lus-
suosa villa di I secolo che recenti scavi mostrano in parte riutilizzata. Per Capraia l’at-
testazione di una comunità monastica dal IV secolo è portata dalle fonti scritte (Paolo
Orosio, Agostino, Rutilio Namaziano, Gregorio Magno) e da recenti riconoscimenti
di riutilizzo di una villa tra III e V secolo. Si veda al riguardo G. Bianchi (a cura di),
Guida all’archeologia medievale dell’archeologia di Livorno, Livorno .
Si veda G. Volpe, «Il ruolo dei vescovi nei processi di trasformazione del paesag-
gio urbano e rurale», in Archeologia e società tra Tardo Antico e Alto Medioevo, G. P.
Brogiolo, A. Chavarría Arnau (a cura di), Mantova , pp. - (Atti del °
Seminario sul Tardo Antico e l’Alto Medioevo, Padova settembre- ottobre ).
Marco Valenti
Si veda G.P. Brogiolo, A.Chavarría Arnau, Chiese, territorio e dinamiche del popolamen-