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Sardegna prenuragica

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Voce principale: Storia della Sardegna.

Il periodo riguardante la Sardegna prenuragica comprende quella parte della storia della Sardegna che
precede la civiltà nuragica.

Nell'arco temporale che va dal VI millennio a.C. alla fine del III millennio a.C. si svilupparono sull'Isola
diverse culture il cui aspetto peculiare fu la continuità: questa loro continuità caratterizzerà gli sviluppi
culturali del Neolitico e dell'Eneolitico sardo.[1]

Durante la nascita e l'espansione del commercio dell'ossidiana le genti isolane risultano ben inserite nella
fitta rete dei contatti tra i popoli delle regioni costiere mediterranee; grazie all'insularità e a filtrati apporti
culturali esterni, mantennero tuttavia forti elementi di tradizione, seguendo un'evoluzione graduale.[1] I
traffici marittimi ebbero inizio probabilmente a partire dal Mesolitico, come testimoniano alcuni ritrovamenti
in contesti liguri, e si intensificarono con l'avvento del Neolitico quando la sua diffusione toccò l'apice
andando a raggiungere l'Italia centro-settentrionale, la Provenza e la Francia meridionale.[2]

Sempre in quell'arco temporale il vasto fenomeno culturale del megalitismo, che dall'Atlantico raggiunse il
bacino del Mediterraneo occidentale, investe in pieno le culture isolane lasciando sul territorio un gran
numero di vestigia senza eguali.[3] Questo fenomeno sfocerà - dopo millenarie evoluzioni - nella Civiltà
nuragica.[1]

Indice
Primi abitanti
Il Neolitico
Il commercio dell'ossidiana
Il fenomeno del megalitismo
Cronologia
Le diverse culture prenuragiche
Neolitico antico
Cultura di Su Carroppu
Cultura della Grotta Verde
Cultura di Filiestru
Neolitico medio
Cultura di Bonu Ighinu
Neolitico recente
Cultura di San Ciriaco
Cultura di Arzachena
Neolitico finale
Cultura di Ozieri
Età del rame
Cultura di Sub-Ozieri
Cultura di Abealzu-Filigosa
Cultura di Monte Claro
Cultura del Vaso Campaniforme
Età del bronzo
Verso la civiltà nuragica
Cultura di Bonnanaro
Cultura Sub-Bonnanaro

Arte e religione nella Sardegna prenuragica


Le necropoli ipogeiche
Domus de Janas
Tombe in tafoni
Tombe a forno
Principali siti prenuragici
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni

Primi abitanti
Lo stesso argomento in dettaglio: Sardegna preistorica.

Il rinvenimento di officine litiche risalenti al Paleolitico indicano la


presenza dell'uomo in Sardegna nel lunghissimo periodo compreso
tra i 450.000 e i 10.000 anni fa.

Vari elementi di cultura materiale, costituiti quasi essenzialmente da


strumenti ed arnesi in pietra di selce o in calcare, utili alla
sopravvivenza dell'uomo, sono stati rinvenuti nel Sassarese e nel
Nuorese, nei siti di Giuanne Malteddu, Interiscias, Laerru,
Preideru e Rio Altana.

Secondo i ricercatori, l'ominide denominato Nur, i cui resti son stati


rinvenuti nella grotta di Nùrighe, situata nel paese di Cheremule, fu In verde chiaro le terre emerse
il primo a colonizzare l'attuale territorio isolano circa 250.000 anni durante l'ultima glaciazione, in verde
fa; sulla base degli studi su una falange dell'ominide, si suppone scuro la situazione attuale.
fosse un pre-neanderthaliano[4], ma alcuni hanno espresso dei
dubbi, ipotizzando una lontananza morfologica dagli ominidi.[5]

Nel periodo dell'ultima glaciazione il livello dei mari era più basso di 130 metri: in quell'epoca la Sardegna
e la Corsica formavano un'unica grande isola, separata dalla Toscana da uno stretto braccio di mare dove
era possibile la navigazione a vista.
I resti più antichi riconducibili alla colonizzazione dell'Homo sapiens risalgono al Paleolitico superiore e al
Mesolitico. Le loro tracce sono state rinvenute sia nella Sardegna centrale (Grotta Corbeddu di Oliena) che
nella Sardegna settentrionale (Grotta di Su Coloru di Laerru)[6].

Il più antico scheletro umano completo rinvenuto in Sardegna risale al periodo di transizione tra il
mesolitico e il neolitico. Ribattezzato "Amsicora", venne ritrovato nel 2011 a "Su Pistoccu" , nella marina
di Arbus, a pochi metri dalla battigia della Costa Verde, nel sud-ovest della Sardegna. La zona è stata
oggetto di scavi più volte in passato e ha riportato alla luce altri importanti reperti.

Il Neolitico
Lo stesso argomento in dettaglio: Neolitico in Italia.

A partire dal VI millennio a.C. la rivoluzione neolitica si allargò al Mediterraneo occidentale e raggiunse
l'Isola. Intorno a quel periodo si svilupparono processi sociali e produttivi legati all'agricoltura,
all'allevamento stanziale del bestiame, alla nascita di villaggi stabili, all'aggregazione familiare di tipo
clanico all'interno di gruppi tribali. In quel contesto si svilupparono le tecnologie della pietra levigata, della
ceramica e di altri manufatti, oltre che la costruzione delle prime imbarcazioni negli insediamenti costieri.

Agli inizi del Neolitico nuove popolazioni si spinsero sull'Isola dall'Europa continentale trovandovi pianure
adatte allo sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento, foreste ricche di selvaggina e vasti giacimenti di
ossidiana, una roccia vitrea, nera e lucente di origine vulcanica.

Il commercio dell'ossidiana

Sull'Isola durante un lungo periodo il bene più prezioso fu proprio


l'ossidiana, localizzata in grande quantità in un unico sito nella sua
parte centro occidentale ossia sul monte Arci nell'oristanese. Le
schegge di questa pietra erano ritenute per le genti preistoriche il
materiale più idoneo per fabbricare utensili ed armi come coltelli
taglienti, punte di frecce e di lancia, costituendo una merce molto
ricercata.

Oltre che in Sardegna, dove esistevano i giacimenti più importanti,


nel Mar Mediterraneo occidentale in quel periodo si trovava Mappa della diffusione dell’ossidiana
solamente in tre piccole isole: Pantelleria, Lipari, Palmarola e la sua secondo G. Camps (da Camps
esportazione implicava conoscenze e capacità consolidate nella 1976)
navigazione d'altura.[2][7]

Il sistema di approvvigionamento di questo materiale da parte delle popolazioni neolitiche è stato


attentamente studiato utilizzando le più recenti tecnologie, consentendo in questo modo di determinare in
grande dettaglio tutta la catena di produzione, partendo dai siti di origine dove veniva estratta fino a quelli
di arrivo, seguendo tappa per tappa gli spostamenti e i cicli intermedi di lavorazione. Le vie commerciali
raggiungevano la terraferma passando da isola a isola, per poi risalire i fiumi, valicando le montagne e
raggiungendo villaggi molto lontani dove la pietra vulcanica veniva lavorata e trasformata in utensili adatti
ai più svariati usi.[8]
Sul monte Arci estesi centri di estrazione e di lavorazione sono stati individuati nel territorio del comune di
Pau, sul versante occidentale. Oltre venti officine di scheggiatura (atelier) sono state accuratamente
indagate, tra queste quella di Sennixeddu - la più grande - ricopre una superficie di oltre venti ettari.[7]

Il fenomeno del megalitismo


Lo stesso argomento in dettaglio: Sardegna megalitica e
Megalitismo.

Le prime avvisaglie del Megalitismo sull'Isola sono riferibili al


Neolitico medio-recente (proto-megalitismo)[9], e le ricerche
dimostrano come esso sia strettamente legato al megalitismo
dell'area pirenaica[9],
In Sardegna i menhir furono eretti
inizialmente di piccole dimensioni, Per via della capillare diffusione e della grande varietà che ebbero
poi di dimensioni maggiori fino a in Sardegna le imponenti costruzioni in pietra granitica e lavica, le
raggiungere i sei metri di altezza, culture prenuragiche e la successiva Civiltà nuragica vengono
come quello di monte Corru Tundu a considerate fra le più importanti culture megalitiche mai esistite.
Villa Sant'Antonio (OR)
Il territorio isolano ospita infatti un gran numero di monoliti, sia
isolati che in allineamenti rettilinei o anche in circolo, utilizzati dagli
antichi Sardi sia per un uso singolarmente monumentale, come i menhir, sia per svariate tipologie di
costruzioni definite - appunto - di tecnica megalitica.

Cronologia

Le diverse culture prenuragiche


Un gran numero di materiali sono stati rinvenuti dagli archeologi e datati ad un periodo che va dal Neolitico
(6.000-2.900 a.C.), attraverso l'Età del rame (2.900-1.800 a.C.), sino alla media dell'Età del bronzo.
I diversi tipi di forme e gli stili delle ceramiche hanno contraddistinto i differenti ambiti culturali che
prendono il nome dalle località di rinvenimento. Ecco in ordine cronologico le varie culture per periodo:

Neolitico antico
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura della ceramica
cardiale.

Sono più di quaranta le località ritenute frequentate nel Neolitico


antico, situate sia in prossimità delle coste come nell'isola di Santo
Stefano nell'arcipelago di La Maddalena, a cala Corsara nell'isola di
Spargi, nella grotta Verde ad Alghero, ma anche nell'interno
dell'Isola in territorio di Laconi.

Sono piccoli gruppi che si dedicano alla pesca, alla caccia e alla
Esempio di vaso con decorazione
raccolta e all'estrazione e al commercio dell'ossidiana, il prezioso
cardiale. Museo della preistoria di
vetro vulcanico abbondante nei giacimenti del monte Arci. La
Valencia.
produzione ceramica di quel periodo, per la decorazione e l'aspetto
delle forme dei vasi, viene chiamata cardiale, in quanto veniva
decorata tramite impressione sull'argilla fresca utilizzando il bordo
esterno del cardium edule (ora chiamato Cerastoderma edule), un tipo di conchiglia marina.

Cultura di Su Carroppu
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Su Carroppu.

La cultura di Su Carroppu rappresenta la fase più antica del Neolitico in Sardegna (VI - V millennio a.C.).
A partire dal 1968, nelle campagne di scavi portate avanti dagli archeologi Enrico Atzeni e Gérard Bailloud
in un riparo sotto roccia sulle colline calcaree in territorio di Sirri (Carbonia) chiamato Su Carroppu,
vennero rinvenute, in strati archeologici inviolati, ceramiche ad impasto grossolano di colore nerogrigio,
riferite a ciotole a calotta, olle globoidi e pentole con anse, a maniglia orizzontale oppure con bugne forate,
decorate con singolari motivi geometrici di tipo cardiale, insieme a strumenti litici di forma geometrica come
bulini e raschiatoi fabbricati con ossidiana proveniente dal Monte Arci.[10]

Fu rinvenuta inoltre la presenza di resti di antichi pasti, con il rinvenimento di ossa di animali come il cervo,
il prolago sardo, il cinghiale, documentando così una economia basata sull'allevamento, la caccia, la pesca.
La presenza di due scheletri umani, insieme ad oggetti di ornamento costituiti da conchiglie, secondo i
ricercatori testimoniano usanze di sepolture in grotta. questa cultura e da collocarsi dal fine mesolitico al
inizio neolitico antico.

La cultura di Su Carroppu ha corrispondenza in Corsica, nella penisola italiana e in quella iberica, ma


soprattutto i ritrovamenti in Sardegna e in Corsica confermano il ruolo chiave di queste due isole per la
comprensione della neolitizzazione del Mediterraneo del nord-ovest.[11]

Cultura della Grotta Verde


Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura della Grotta Verde.

La cultura della Grotta Verde prende il nome da una grotta localizzata a capo Caccia nelle vicinanze di
Alghero dove, nel 1979, sono stati fatti dei ritrovamenti oggi esposti al Museo Sanna di Sassari. Viene fatta
risalire alla seconda fase del Neolitico antico intorno alla metà del V millennio a.C..[10]
Questa cultura era presente nella parte nord occidentale della Sardegna ed era caratterizzata per la
produzione di una varietà di ceramiche di tecnica molto raffinata, incise con poche decorazioni di tipo
cardiale mentre abbondavano decorazioni definite "strumentali", ossia ottenute tramite un utensile
dentato.[10]

Su un vaso rinvenuto nella omonima grotta, delle particolari anse sono state rappresentate come delle
piccole teste umane con naso, occhi e bocca riprodotti in maniera stilizzata, probabilmente con funzione
magica. Secondo l'archeologo Giovanni Lilliu, quel vaso rappresenterebbe la prima raffigurazione
antropomorfa della preistoria sarda.

Su una parete all'interno della grotta sono stati inoltre rinvenuti dei particolari graffiti, altra singolare
testimonianza di quelle genti.

Cultura di Filiestru
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Filiestru.

Ne 1971 il prete speleologo Renato Loria scoprì nel territorio di Mara, tra Villanova Monteleone e Bosa, un
anfratto di circa sessanta metri quadri, la grotta di Filiestru, dove furono fatti ritrovamenti risalenti al
Neolitico antico.

La grotta fu successivamente indagata dagli archeologi V.R Switsur e David H. Trump i quali analizzando
un deposito archeologico dello spessore di tre metri e mezzo, scoprirono un susseguirsi di varie culture che
abbracciavano in arco temporale molto lungo, da quella più antica, di tipo cardiale, a quella più recente già
in epoca nuragica (cultura Sa Turricola).[12]

Quella più antica è stata datata alla fine del V millennio a.C.; i reperti mostrano una cultura evoluta
composta da genti dedite all'agricoltura, all'allevamento, alla caccia e alla pesca. Viene notata inoltre la
quasi totale scomparsa delle precedenti forme di decorazione vascolare mentre compaiono gli anelloni in
pietra verde che trovano riscontri in Corsica e nella penisola italiana: questi ritrovamenti inducono gli
studiosi a sostenere che durante quel periodo le popolazioni sarde intrecciarono stretti rapporti commerciali
con le comunità neolitiche mediterranee coinvolte nel commercio dell'ossidiana abitanti in Francia
meridionale, nella penisola iberica, in quella italiana e in Sicilia.[10]

Neolitico medio

Durante questo periodo (inizi del IV millennio) gli abitanti neolitici della Sardegna conoscono una elevata
crescita culturale ed economica. Questi cambiamenti si avvertono in particolar modo nella produzione
ceramica che si presenta più raffinata e di migliore fattura, mentre gli strumenti litici vengono rinvenuti in
numero maggiore.[10]

Aumenta il numero dei villaggi e si diffonde il culto della Dea Madre mediterranea, dea della fertilità
agraria e umana, le cui numerose raffigurazioni steatopigie rinvenute in questo periodo ne sono
testimonianza eloquente.[10]

Cultura di Bonu Ighinu


Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Bonu Ighinu.
La cultura di Bonu Ighinu, le cui prime manifestazioni certe sono
databili al 4000 a.C., si impose sicuramente fino al 3400 a.C.
circa.[13]. Prende il nome dal santuario di Nostra Signora di Bonu
Ighinu, in territorio del comune di Mara, nelle cui vicinanze si trova
la grotta de su Tintirriolu, luogo nel quale sono state rinvenuti nel
1971 notevoli reperti ceramici con anse zoomorfe e antropomorfe.
Si diffuse ampiamente in quasi tutta l'isola ed uno dei villaggi più
importanti fu quello di Puisteris a Mogoro.

È considerata dagli archeologi come la prima cultura in Sardegna ad


usare cavità artificiali come sepolcri e rappresenta l'evoluzione
naturale della precedente cultura di Filiestru, la cui grotta si trova
nello stesso territorio.

I manufatti relativi al villaggio e alla necropoli di Cuccuru s'Arrius


mostrano una società ben organizzata, di notevole livello
economico ed artistico, ben strutturata sul piano sociale e religioso.
In quel sito sono stati numerosi i rinvenimenti di statuette femminili
Cabras, Provincia di Oristano, raffiguranti la Dea Madre, il cui culto era diffuso anche in gran
necropoli di Cuccuru s'Arrius: parte dell'Europa neolitica e nel bacino del mediterraneo,
raffigurazione Dea Madre rappresentata nei modi più svariati: in piedi, seduta, mentre allatta o
mediterranea. Cagliari, Museo mentre partorisce.[10]. Il sito di Cuccuru s'Arrius viene indicato da
archeologico nazionale di Cagliari. I molti studiosi appartenente alla cultura di san Ciriaco.
ritrovamenti di questi idoletti, il cui
stile è chiamato volumetrico, sono
stati numerosi in tutta l'Isola. Sono Neolitico recente
stati scolpiti nel marmo o
nell'alabastro, fatti in osso o con Nel Neolitico recente (4000-
l'argilla, in posizione seduta o in 3200 a.C.) vede
piedi, ma sempre con il corpo obeso l'evoluzione della cultura di
ad indicare la fertilità, l'abbondanza o Bonu Ighinu in quella
l'opulenza. ancora più complessa e
articolata di Ozieri passando
attraverso la fase culturale di Bonorva, necropoli di Sant'Andrea
san Ciriaco e di Arzachena. Priu. Secondo gli studiosi durante il
Neolitico recente vengono scavate le
prime domus de janas.
Cultura di San Ciriaco
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di San Ciriaco.

La cultura di San Ciriaco (3400-3200 a.C.) caratterizza la parte finale del Neolitico medio e introduce a
quello recente. Viene considerata dagli archeologi come una cultura di raccordo tra quella di Bonu Ighinu e
quella di Ozieri ed è attualmente in fase di una esatta definizione.[10]

Prende il nome dalla chiesa di San Ciriaco di Terralba, comune in provincia di Oristano, nelle cui vicinanze
fu rinvenuto un villaggio preistorico ricco di testimonianze.
Secondo lo studioso Giovanni Ugas, durante questa fase vengono scavate le prime domus de janas[14] che
si diffonderanno in tutta l'isola, ad eccezione della Gallura[15].

Cultura di Arzachena
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Arzachena.

La cultura di Arzachena interessò principalmente la regione


Arzachena, circoli megalitici di Li
gallurese e alcune restanti zone orientali dell'isola con delle
Muri
propaggini anche nella Corsica meridionale: per questa ragione
viene indicata anche come aspetto culturale corso-gallurese.

Le grandi tombe a circolo galluresi segnano l'esordio del megalitismo in Sardegna, fra i più antichi del
Mediterraneo occidentale[14]. I corredi funebri comprendono oggetti raffinatamente lavorati come coppette
in steatite, lame in selce, piccole accette triangolari in pietra dura levigata e grani di collana di steatite verde
a forma di piccole olive.

Neolitico finale
Datazione calibrata: 4000 a.C. - 3200 a.C.
Datazione tradizionale: 3200 a.C. - 2800 a.C.

Durante il Neolitico finale si afferma in Sardegna una delle culture


più importanti della sua storia: la cultura di Ozieri.

Cultura di Ozieri
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Ozieri.

La cultura di Ozieri fu una cultura la cui organizzazione sociale,


economica e religiosa si diffuse su tutto il territorio isolano. È
conosciuta anche con il nome di cultura di san Michele, dal nome
dell'omonima grotta in territorio del comune di Ozieri dove furono
trovate importanti testimonianze. In quel sito infatti furono rinvenuti
vasi finemente lavorati e decorati con motivi geometrici incisi
elegantemente sull'argilla e colorati con ocra rossa. I più datati si
presentano di forma tonda e poco rifiniti, mentre quelli di epoca più
Senorbì, idolo raffigurante la Dea
tarda sono fortemente stilizzati e con una forma più affinata.
Madre (cultura Ozieri).
Gli studiosi considerano questo tipo di vasellame come una novità
per la Sardegna neolitica e fino ad allora simili manufatti erano
ritenuti tipici delle isole Cicladi e di Creta. Si presume che a seguito di importanti scambi commerciali con
quelle lontane isole, nuove tecniche manifatturiere, nuove conoscenze nella metallurgia e nuovi stili di vita,
vivificarono le esistenti culture dando un notevole impulso all'economia e originando una più evoluta
società civile, organizzata stabilmente in tante comunità. Alla luce di queste preziose testimonianze l'origine
della cultura di Ozieri fu definita di provenienza orientale e tali ritrovamenti dimostrarono
inequivocabilmente il forte scambio culturale e commerciale intercorso tra i sardi prenuragici e popolazioni
neolitiche greche.[16]
Sulla base di questi importanti ritrovamenti gli studiosi sono concordi nel definire la Cultura di Ozieri come
la prima grande cultura sarda.

Età del rame

Cultura di Sub-Ozieri

La cultura di Sub-Ozieri (detta anche "Ozieri rosso"), datata fra il 2850 e il 2700 a.C., rappresenta la
continuazione, in particolare nell'area centro-meridionale dell'isola[17], della precedente fase del Neolitico
finale.

L'ossidiana è oramai raramente utilizzata mentre si registra lo sviluppo della metallurgia

Cultura di Abealzu-Filigosa
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Abealzu-
Filigosa e Complesso prenuragico di Monte d'Accoddi.

La prima località è presso Osilo, la seconda presso Macomer. Si


sviluppò fra il 2700 e il 2400 a.C. e fu limitata a circa una ventina di
siti ubicati nell'area del sassarese e a poche altre zone del centro-sud
della Sardegna[18]. Sassari, Monte d'Accoddi. Le genti
di cultura Abealzu-Filigosa
Divinizzarono gli antenati guerrieri attraverso le statue stele edificarono l'altare megalittico di
(localizzate soprattutto nella Sardegna centro-occidentale) ed Monte d'Accoddi; si suppone che il
innalzarono o restaurarono grandi monumenti megalitici, come la tempio fosse consacrato al Dio Sole.
piramide a gradoni di Monte d'Accoddi, nei pressi di Sassari, su un
rilievo a base quadrangolare alto dieci metri, che in origine superava
i 36 metri, molto probabilmente consacrato al Dio Sole e che richiama per la posizione su una terrazza
artificiale sopraelevata i templi ziqqurath della Mesopotamia.

Nelle sepolture sono frequenti le armi quali pugnali in rame[19] e asce a martello in pietra, ma anche punte di
freccia in ossidiana[20]. Soprattutto nella fase di Abelzu le forme vascolari ricordano quelle della cultura del
Rinaldone[18].

Cultura di Monte Claro


Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Monte Claro.

Diffusa in tutta la Sardegna fra il 2400 e il 2100 a.C., segna una


rottura culturale con il passato e venne forse importata da gruppi
allogeni[21]. Viene suddivisa dagli studiosi in quattro facies:

Sassarese, Cagliari, Museo archeologico


Nuorese, nazionale: ceramica tipica della
Campidano, cultura di Monte Claro.
Oristanese.

Fra le principali innovazioni si segnalano le tombe a forno individuali, apparse nel cagliaritano, e le grandi
muraglie megalitiche del centro-nord dell'isola come nel sito di Monte Baranta[15].
Utilizzavano grappe in piombo per riparare i vasi. Le ceramiche mostrano influssi orientali nel sud e della
cultura di Fontbouisse nel nord[22][23].

Cultura del Vaso Campaniforme


Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura del vaso
campaniforme e Cultura del vaso campaniforme in
Sardegna.

È una cultura di apporto esterno, diffusasi fra la fine del III e l'inizio
del II millennio a.C. (2100-1800 a.C.), le cui popolazioni vissero
mischiate con popoli di altre culture. Sono identificabili per le Vasi campaniformi e brassard dalla
manifatture vascolari e per i braccioli di pietra levigata (brassard) tomba di Marinaru (SS)
che indossavano per attutire il rinculo dell'arco.

Usano pugnali di rame, bracciali ed anelli e compaiono per la prima volta nell'isola oggetti in oro (collier
dalla tomba di Bingia e' Monti).

Questa cultura era diffusa principalmente lungo la costa occidentale e nelle zone di pianura adiacenti mentre
sono scarsi i ritrovamenti nella costa orientale concentrati prevalentemente nel dorgalese.

Della cultura del vaso campaniforme in Sardegna si possono riconoscere tre facies riconducibili a origini
geografiche e periodi differenti[24]:

La più antica in cui sono forti gli influssi iberici e provenzali


Una seconda fase nella quale compaiono evidenti influssi centro-europei (comparsa dei
vasi polipoidi)
Una terza fase documentata nei siti di Lu Marinaru (SS) e Padru Jossu (VS)

Età del bronzo

Verso la civiltà nuragica


Lo stesso argomento in dettaglio: Civiltà nuragica e
Nuraghe.

Fra il 1800 e il 1600-1500 a.C., l'evoluzione delle civiltà Protonuraghe Albucciu, Arzachena
prenuragiche portò al periodo forse più affascinante della storia
sarda, dominato dalla civiltà nuragica. Tale civiltà ha disseminato in
tutto il territorio dell'Isola di testimonianze importanti, originali e suggestive: i nuraghi.

Cultura di Bonnanaro
Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Bonnanaro.

Nel 1800 a.C. si sviluppa la cultura di Bonnanaro, regionalizzazione isolana della precedente cultura del
vaso campaniforme con delle influenze provenienti dalla cultura di Polada dell'Italia settentrionale[25].
Vengono eretti i primi pseudonuraghi e i protonuraghi, ma sono
poco numerosi rispetto al totale delle costruzioni. Questi
Protonuraghi sono costituiti da una base con corridoio e un vano
scala per accedere al terrazzo.

Cultura Sub-Bonnanaro Decimoputzu, ipogeo di Sant'Iroxi.


Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura Sub-Bonnanaro. Cultura di Bonnannaro: spade in
rame arsenicale.
La cultura sub-Bonnanaro (1500-1300 a.C.) è considerata la prima
fase della civiltà nuragica.

Si cura l'organizzazione del territorio, vengono costruiti migliaia di Nuraghi monotorre, centinaia di tombe
megalitiche, numerosi villaggi.

Le popolazioni si diffusero in tutta l'Isola, costruirono nuovi insediamenti, ma non abbandonarono i vecchi.
La vita di agricoltori e pastori è testimoniata dagli strumenti litici e ceramici pervenutici.

Nello stesso periodo la civiltà torreana, strettamente legata a quella nuragica, si diffonde nel sud della
Corsica mentre nelle isole Baleari si sviluppa la civiltà talaiotica.

Arte e religione nella Sardegna


prenuragica
Lo stesso argomento in dettaglio: Statuaria prenuragica e
nuragica.

La religione prenuragica era basata principalmente sul culto della


Dea Madre, analogamente a quanto avveniniva nel resto
dell'Europa Antica e nel Vicino Oriente. Circa un centinaio di Porto Torres, necropoli di Su
statuine raffiguranti la dea sono state rinvenute in varie località della Crucifissu Mannu, protomi taurine
Sardegna. Accanto ad essa vi era una figura maschile il cui simbolo
erano le corna taurine che appiono frequentemente nelle domus de
janas e nei menhir.

A partire dalla prima età dei metalli il culto della grande Dea inizierà ad essere in parte soppiantato da
quello di una divinità maschile, bellicosa e irrequieta, come testimoniato anche dalle statue stele del
Sarcidano e del Mandrolisai rappresentanti guerrieri armati con pugnale[26].

Le necropoli ipogeiche

Domus de Janas
Lo stesso argomento in dettaglio: Domus de janas e Cultura di Ozieri.

Così come i nuraghi dell'Eta del bronzo hanno caratterizzato la civiltà nuragica, così le migliaia di tombe
ipogeiche conosciute come domus de janas hanno caratterizzato il periodo prenuragico. Le ricerche
archeologiche hanno evidenziato infatti come durante la cultura di Ozieri - il momento più elevato ed
unitario del periodo prenuragico - sull'Isola fiorì un'economia basata
su un'ulteriore espansione dell'agricoltura e dell'allevamento,
rilevando anche la centralità della Sardegna nello scambio di
importanti risorse naturali quali l'ossidiana nell'ambito del bacino
occidentale del Mediterraneo.[27]

Centinaia di necropoli ipogeiche con migliaia di sepolture del tipo


domus de janas, sono testimoni eloquenti di questa società
Villaperuccio, necropoli di Montessu,
prenuragica operosa e caratterizzata da una complessa
organizzazione sociale e religiosa, aperta agli influssi provenienti da
interno di una domus de janas
ogni parte del mare che circonda l'Isola, accentrata in villaggi di
capanne i cui elementi architettonici - in scala ridotta - vengono con
maestria rappresentati nelle tombe ipogeiche, quali pilastri, travatura di soffitti a doppio spiovente, focolari,
sedili, tutti elementi reali di una architettura che non esiste più all'esterno, e tutti scolpiti nella roccia insieme
a simboli della sua spiritualità, come spirali colorate con ocra e protomi taurine.

Se ne contano con certezza 2500, in forme semplici oppure in raggruppamenti che contano fino a 24 vani,
spesso in planimetrie diverse del tipo a pianta cruciforme, a forma di T o a pianta centripeta, isolate oppure
aggregate in vaste necropoli che arrivano a contenere fino a 40 tombe, mentre numerosi sono i siti ancora
da scavare.[10]

Tombe in tafoni

Tipiche della Gallura e della Corsica le tombe in tafone erano già


diffuse nel Neolitico, prima della comparsa delle sepolture a circolo,
e il loro utilizzo perdurò fra le tribù corse anche nel periodo
nuragico[28]. I defunti venivano inumati in cavità naturali della
roccia granitica (dette appunto tafoni), in alcuni casi leggermente
riadattate. I rituali funebri risultano sconosciuti ma si suppone che Arzachena, il tafone di monte
probabilmente si trattava di deposizioni "secondarie", ossia Incappiddatu (il "Fungo"), simbolo
venivano deposte nei tafoni i soli resti scheletrici dopo la del paese.
scarnificazione.

Questi particolari ripari sotto roccia riguardavano sia cavità isolate che raggruppamenti di anfratti lungo le
pendici dei grandi ammassi granitici tutt'oggi peculiari ai paesaggi galluresi. Un insieme di tafoni contigui e
abitati assumevano talvolta l'aspetto di veri e propri insediamenti fortificati, difesi sia dalla loro ubicazione
naturale che da muraglie megalitiche di sbarramento alle vie d'accesso e da torri di avvistamento, come - per
esempio - il villaggio fortificato del sito di Monti Candela, in territorio di Arzachena dove è ancora visibile
una tomba dolmenica all'interno di un tafone, con annessa cista litica, oppure quello di monte Mazzolu con
muraglia di epoca nuragica. Nel tafone di monte Incappiddatu, sempre ad Arzachena, durante le ricerche
archeologiche effettuate nel 1959 sono state trovate ceramiche simili a quelle rinvenute nei circoli dolmenici
di Li Muri e Macciunitta, tipiche della cultura di Ozieri.[29]

Tombe a forno
Rinvenute in alcuni siti del cagliaritano ascrivibili alla cultura di Monte Claro, queste sepolture sono
caratterizzate da un pozzetto d'accesso e da un massimo di tre cellette "a forno" dove venivano deposti i
defunti[22][30].

Principali siti prenuragici


Ecco alcuni dei siti prenuragici più importanti:

Pranu Muttedu a Goni;


i menhir di Laconi;
Monte d'Accoddi a Sassari;
Anghelu Ruju ad Alghero;
Mesu 'e Montes ad Ossi;
domus de janas di Campu Lontanu a Florinas;
dolmen di Sa Coveccada a Mores;
Necropoli di Su Crucifissu Mannu a Porto Torres

Sassari - Altare Mores - dolmen Sa Goni - Pranu Muteddu Laconi


preistorico di Monte Coveccada -
d'Accoddi Statua
menhir

Alghero - Anghelu Ruju

Note
1. Maria Grazia Melis, L'Eneolitico antico, medio ed evoluto in Sardegna: dalla fine dell'Ozieri
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2. Paolo Melis, Un approdo della costa di Castelsardo, fra età nuragica e romana (PDF), su
L'Africa romana: atti del 14º Convegno di studio, 7-10 dicembre 2000, Sassari,
eprints.uniss.it, p. 1331. URL consultato l'8 novembre 2013.
3. ^ Mario Alinei, Origini del megalitismo europeo: un approccio archeo-etno-dialettologico
(PDF), su Quaderni di semantica, continuitas.org, 2008, p. 8. URL consultato il 23 novembre 2014.
4. ^ Julien Vandevenne, Le doigt sur l'homo sardaignus ?, su Archives du Quinzième jour du
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7. Carlo Lugliè, La montagna della roccia nera (PDF), su sardegnacultura.it,
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9. Giacomo Paglietti - All'origine del megalitismo nell'occidente mediterraneo:le tombe a
circolo (https://www.academia.edu/2442140/Allorigine_del_megalitismo_nel_mediterraneo_
occidentale_le_tombe_a_circolo_-_THE_ORIGINS_OF_MEGALITHISM_IN_THE_WEST_
MEDITERRANEAN_AREA_THE_ENCIRCLED_TOMBS)
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Brigaglia, Attilio Mastino e Gian Giacomo Ortu (a cura di), eprints.uniss.it, Laterza, 2005, 5 -
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14. Ugas, p.14.
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19. ^ Maria Grazia Melis-L'Eneolitico antico medio ed evoluto in Sardegna (https://www.academi
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20. ^ Anthroponet-Cultura di Abelzu (http://www.anthroponet.it/schede_abealzu.htm)
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30. ^ Anthroponet-La cultura di Monte Claro (http://www.anthroponet.it/schede_monteclaro.htm)

Bibliografia
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AA.VV., Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio, a cura di V. Santoni, Oristano, 1995.
R. Sirigu, Archeologia preistorica e protostorica della Sardegna. Introduzione allo studio,
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A cura di M.Brigaglia, A.Mastino, G.Ortu Storia della Sardegna 1. Dalle origini al Settecento,
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G. Webster e M. Webster (2017). Punctuated Insularity. The Archaeology of 4th and 3rd
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Gary Webster (2019). The Sardinian Neolithic: An Archaeology of the 6th and 5th Millenia
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Collegamenti esterni
La cultura di bonnannaro, Ozieri, ecc., su archeologiasarda.com.
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