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I siti dell’UNESCO possono essere ‘materiali’, come Geoparchi, Siti del patrimonio mondiale o
riserve della biosfera, oppure possono essere ‘immateriali’. In quest’ultimo caso si prendono in
considerazione gli aspetti culturali di un popolo. La musica, le feste, la dieta presente in una certa
regione e molto altro.
Non è finita qui. Fa parte del patrimonio culturale immateriale Sardo anche il canto a tenore.
Questa forma musicale si è diffusa tra i pastori Sardi durante il periodo Nuragico (1800 a.C. –
100/200 d.C.). Si tratta di musica polifonica, infatti, sono quattro le voci, di tonalità e bellezza
differenti, che la compongono. I timbri sono tutti grotteschi e cupi, ma hanno nomi diversi:
su bassu (il basso), sa contra (il contralto), sa mesu boche (mezza voce) e sa boche (la voce
solista). Come un vero e proprio gruppo musicale vi troviamo un solista, che canta un pezzo di
prosa o poesia, anche contemporanee, accompagnato dalle altre tre voci che fungono da coro.
L’Italia è un Paese ricco di siti dell’UNESCO.
Elencarli tutte sarebbe un’impresa, quindi parlerò di quelle che spesso non si usano studiare a
scuola. Quelle meno conosciute ma che, a parere mio, hanno da offrire tanto quanto tutti gli altri
patrimoni dell’UNESCO.
Iniziamo dal Sud. Qui vi troviamo:
Le città tardo Barocche del Val di Noto (Sicilia sud-orientale).
Sono otto le città che fanno parte di questo sito: Catania, Modica, Palazzo, Ragusa, Militello
Val di Catania, Caltagirone e Scicli. Queste città furono vittima del terremoto del 1693
(magnitudo: 7,3) che le distrusse.
Quest’area dell’isola viene considerata il risultato di una ricostruzione di città equivalenti a
opere d’arte del XVII secolo.
Sono riconosciute dall’UNESCO perché le loro chiese, i monumenti, le strade e persino le
case hanno uno stile unico, e sono anche esempio di influenza architettonica Tardo Barocca.
Lo stile viene chiamato ‘barocco del Val di Noto’ e si distingue tra le città per l’utilizzo di
materiali diversi.
Trulli di Alberobello (nel sud della Puglia).
Sono delle abitazioni in pietra calcarea, una tecnica perfezionata nell’epoca preistorica ma
che ‘va di moda’ tutt’ora in questa parte della Puglia.
Nella cittadina di Alberobello troviamo più di 1500 case o casette realizzate con questa
tecnica.
I trulli servivano come ripari, come le capanne, temporanei, oppure permanenti utilizzati
principalmente dai pastori.
Sono caratterizzati dalla loro inconfondibile struttura rettangolare con tetto conico in pietra.
I muri bianchi come la neve vengono dipinti direttamente sulla pietra calcarea, impilata
senza malto o cemento.
Le finestre sono piccole, i tetti e le mura sono a doppio strato per mantenere una temperatura
adeguata sia in estate che in inverno.
I trulli iniziarono a venire costruiti intorno al 1.000 a.C., ma solo nel 1620 iniziarono ad
espandersi. Dopo il 1797 la loro costruzione rallentò fino a quasi fermarsi. Tra il 1909 e il
1936, vennero considerati come patrimonio culturale da proteggere.
Siti palafitticoli preistorici delle Alpi (Svizzera, Austria, Francia, Germania, Italia e
Slovenia).
Si tratta di resti di insediamenti preistorici (tra il 5000 e il 500 a.C.). Adesso si trovano
sott’acqua o sulle rive di laghi o fiumi.
I materiali utilizzati sono in ottime condizioni, questo ha permesso agli archeologi di
ricostruire la storia delle prime società agricole in Europa.
19 di questi siti si trovano in Italia. Attorno ai Laghi di Garda e di Varese.
Le palafitte erano capanne sostenuti da pali la cui parte frontale si affacciava sul lago, fiume
o palude.
I materiali di costruzione erano legna (per i pali), trochi d’albero (per le mura), paglia e
canne (per il tetto).
I vantaggi di vivere in questi villaggi erano molti. Si potevano adattare alla variazione dei
corsi d’acqua, potevano procurarsi da bere e mangiare semplicemente ed erano una
posizione vantaggiosa (in alto) rispetto ai nemici.
Questo sito, oltre agli studi archeologici e al bellissimo panorama, fornisce un esempio di
collaborazione tra diverse nazioni sin dalla preistoria.
L’Italia è il paese che contiene il maggior numero al mondo di siti UNESCO, oggi, nel 2022, ne
conta 58.
Ho avuto il privilegio di visitare solo alcuni di questi 58. Due dei tre siti Sardi, nell’Iglesiente e a
Barumini, il centro storico di Roma, i porticati di Bologna, le dolomiti, la città di Verona, il parco
del Pollino e il centro storico di Mantova.
Purtroppo, come ho già scritto, non tutti i Beni UNESCO sono conosciuti o pubblicizzati, e spesso
per problemi di gestione regionale non facilmente o economicamente raggiungibili dal grande
pubblico.
A parere mio bisognerebbe dare la possibilità alle scuole e alle università di visitare questi posti con
tariffe scontate sia per i viaggi che per gli spostamenti e gli alloggi, sfruttando le strutture che
rimangono chiuse nel fuori stagione, magari con un contributo regionale.
In questo modo si darebbe la possibilità a tutti gli studenti, grandi e piccoli, di scoprire la bellezza e
l’importanza dei siti UNESCO meno conosciuti e del nostro Paese.
Un sito che ho visitato e che a parere mio sarebbe un’eccezionale aggiunta al patrimonio UNESCO
sono i Giganti di Mont’e Prama, uno dei 31 Beni candidati ad entrare nell’UNESCO.
Secondo le regole dell’UNESCO, i candidati devono soddisfare almeno uno dei 10 criteri elencati, e
questo soddisfa sicuramente il III, ovvero è una testimonianza unica ed eccezionale della tradizione
culturale della civiltà Nuragica Sarda, ormai scomparsa.