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Sren Kierkegaard Nellambito della polemica antihegeliana, Sren Kierkegaard appare risoluto almeno quanto Schopenhauer nelluso di termini

e toni sprezzanti e non esita a bollare lhegelismo, questo brillante spirito di putridit, come la pi ripugnante di tutte le fonti di libertinaggio. Ci furon - dice Kierkegaard - filosofi, anche prima di Hegel, [] che tentarono di spiegare lesistenza, la storia1. E mi sembra che la Provvidenza in fondo potesse solo sorridere dei tentativi di tal genere. Ma la Provvidenza forse non si abbandon al riso sfrenato, perch in essi vi erano sempre una certa sincerit e onest umana. Ma di Hegel (oh, lasciatemi pensare alla greca!) come gli di devono aver riso di gusto. Un cos sgraziato professorino che pretende semplicemente di avere con uno sguardo dinsieme abbracciato la necessit del tutto [] e ora eccolo intento a suonare tutta la sua musica sul suo organetto: ascoltate, dunque, o di dellOlimpo!"2. Infatti il sistema hegeliano, proprio in quanto sistema, non pu spiegare linfinita e variegata gamma delle concrete ed individuali esistenze umane, che non possono essere ricondotte a puri concetti, cio ad astratte categorie dellunico Spirito, come nelle pretese dellIdealismo tedesco. In altri termini luomo non un momento razionale e quindi necessario della processualit dello Spirito. La categoria che gli compete quella del singolo, caratterizzato, non dalla necessit, ma anzi concretamente immerso nel gran mare delle possibilit. AUT AUT (ENTEN-ELLER) Con Aut-Aut viene solitamente reso in italiano il titolo di questopera che Kierkegaard pubblic sotto lo pseudonimo di Victor Eremita. Il titolo in danese, non perfettamente traducibile in altra lingua (O questo/o; Either/or ), indica comunque unopposizione non dialettica: un termine esclude laltro, senza innescare alcun rapporto costruttivo di tesi e antitesi, superabile in una sintesi superiore. In altri termini, l Aut-Aut di Kierkegaard si contrappone polemicamente all Et-Et di Hegel. Nel sistema hegeliano ogni momento, ogni articolazione in rapporto dialettico con il tutto, secondo lo schema: 1. 2.
TESI

TESI ANTI 3. SINTESI

Come dire: lopposizione dialettica tra una TESI e unANTITESI [entrambe necessarie e quindi coesistenti (et-et) luna e laltra insieme] genera una SINTESI (un altro et sempre coesistente con i primi due) che una specie di ritorno alla TESI dopo lAufhebung dellANTITESI. Tutto il sistema hegeliano fondato su delle opposizioni che, in quanto dialettiche, non si escludono a vicenda, ma anzi interagiscono reciprocamente, trascorrendo luna nellaltra come ingranaggi di un meccanismo che si auto-rigenera. Secondo Kierkegaard, invece, lesistenza delluomo (sempre da intendersi concretamente come singolo e non come ideale e astratta umanit) non determinata da alcuna necessit, ma si risolve nel qui e ora della possibilit: lesistenza stessa una possibilit che si svolge, attimo dopo attimo, attraverso miriadi di possibilit tra le quali luomo chiamato continuamente a scegliere e che non possono coesistere, ma si escludono a vicenda (aut-aut)3.
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Qui Kierkegaard sembra alludere soprattutto allo Storicismo di G. B. Vico, secondo il quale allinterno della Storia umana agisce la forza immanente della Provvidenza divina. 2 S. KIERKEGAARD , Diari.

La scelta fondamentale nellesistenza di ciascun uomo quella che riguarda il modo di vivere. Gi verso la fine delladolescenza luomo chiamato a scegliere tra tre possibilit esistenziali:

Si tratta di tre diverse modalit di vita, tre sfere tra le quali non vi alcun rapporto di contiguit: tra una sfera e laltra vi un salto, un abisso, che solo in particolari circostanze si pu riuscire a superare 4 . Dunque la scelta di un certo tipo di vita, esclude di per s le altre possibilit. Operando una scelta consapevole, luomo esercita la propria libert, che la massima prerogativa dellessere umano, ma anche una sorta di condanna. Alla libert di scelta si accompagna, infatti, la responsabilit che ad essa connessa: una responsabilit che il giovane spesso rifiuta di assumere, rifuggendo da ogni scelta. Ma scegliere di non scegliere gi una scelta! Cos accade, il pi delle volte, che, scegliendo di non scegliere ci si ritrovi nellambito della Vita Estetica, che appunto la forma di vita dellEsteta, cio di chi rifiuta ogni responsabilit, impegnandosi solo a cogliere lattimo fuggente e a godersi la vita spensieratamente. Ogni essere umano, per poco dotato che sia, per subordinata che sia la sua posizione nella vita, ha un naturale bisogno di darsi una concezione della vita, una rappresentazione del significato della vita e dello scopo di questa. Anche colui che vive esteticamente fa cos, e labituale espressione, che in tutti i tempi e a partire dai diversi stadi s udita, la seguente: "Si deve godere la vita!". Le variazioni che lespressione subisce sono naturalmente moltissime a seconda della diversit della rappresentazione del godimento, ma in tale "si deve godere la vita" esse convengono tutte daccordo. Ma colui che dice di voler godere la vita pone sempre una condizione che o giace al di fuori dellindividuo, o nellindividuo in modo da non essere grazie allindividuo stesso. Voglio pregarti su questultimo punto di tener un po fermi i termini, dal momento che son stati deliberatamente scelti. LA VITA ESTETICA La figura dellEsteta magistralmente delineata da Kierkegaard nellultima sezione dellopera AutAut, intitolata, appunto, Diario di un seduttore. Dopo aver ricordato, tra i personaggi emblematici dellEstetismo, Don Juan Tenorio (con particolare riferimento allopera Don Giovanni di Mozart) e il Faust di Goethe, Kierkegaard delinea il modo di sentire di un analogo tipo di esteta, cui attribuisce (guarda caso) il nome di Johannes, ipotetico autore, del Diario di un seduttore, che si compiace, pi che delle esperienze amorose, dellarte della parola, quale ineguagliabile e privilegiato strumento di
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Ogni giorno della nostra esistenza segnato da continue scelte tra varie possibilit. Si tratta in genere di scelte piuttosto banali e spesso governate dallistinto o dallabitudine o dai doveri sociali: si sceglie lora alla quale svegliarsi, si scelgono il momento e gli ingredienti per la colazione, si scelgono gli abiti da indossare, etc. A volte ci si pente di una scelta, ma non si pu tornare indietro (Ah, se avessi mi fossi alzato per tempo! Ah, se avessi scelto scarpe pi comode!...). Altre scelte, di maggiore importanza, possono condizionare tutta la nostra vita (Ah, se avessi proseguito gli studi! Ah, se avessi evitato quelle cattive compagnie!...) 4 Solo quando luomo riesce a operare il salto da una scelta esistenziale ad unaltra i tre circoli possono essere considerati stadi, come suggerisce il titolo di unaltra opera di Kierkegaard: Stadi nel cammino della vita, in cui ripreso lo stesso argomento.

seduzione. Abbia o non abbia scelto consapevolmente il suo stile di vita, lEsteta colui il quale, dotato di una sensibilit estenuata (=estremamente raffinata), gode, non tanto delle proprie sensazioni, quanto della contemplazione di esse. appunto nelloggettivazione, nellosservazione attenta e minuziosa e nella descrizione puntuale e dettagliata delle proprie sensazioni (non necessariamente piacevoli: lEsteta riesce a godere anche del proprio dolore!) che lEsteta trova il proprio appagamento. Esemplare, al riguardo, il Notturno che DAnnunzio, ferito allocchio per un incidente aereo, scrisse, servendosi di pi di diecimila cartigli. Durante il periodo di immobilit cui fu costretto, singegn, pur nel suo stato di cecit, a riportare su striscioline di carta appositamente preparategli dalla figlia (i cartigli) tutto ci che provava, in termini di sensazioni (dolore, bruciore, paure) e di immagini e ricordi da esse evocati5. Per poter contemplare le proprie sensazioni, lEsteta deve necessariamente sdoppiarsi in un Io senziente e un Io contemplante: deve, cio, porre se stesso come oggetto della propria analisi contemplativa e descrittiva. Ma vivere come divisi da se stessi determina, prima o poi, una sorta di disagio esistenziale: a lungo andare lo sdoppiamento genera nellEsteta il sentimento dellAngoscia, il cui esito la Disperazione. LAngoscia il sentimento della possibilit. Essa mantiene quindi costante nel tempo la consapevolezza delle possibilit mancate: quando non si pi soddisfatti della scelta (attivamente o passivamente) operata, riaffiorano alla coscienza tutte le possibilit alle quali si era rinunciato, con tutto il tormento del rammarico e del rimpianto. Langoscia attanaglia, dunque, lesteta quando si accorge della vacuit di una esistenza spesa nellimmediatezza dellattimo fuggente. Da qui la Disperazione, che non riguarda pi il rapporto con il mondo, ma il rapporto con s stessi. La Disperazione pu portare: 1) al suicidio (come nel caso del protagonista de Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde che, pugnalando il suo ritratto, uccide se stesso); 2) alla Ripresa o Ripetizione, vale a dire a riconfermarsi nella scelta estetica ricercando nuovamente distrazioni nel soddisfacimento sensuale. Ma pu anche dare: 3) la forza e la determinazione per operare il salto dallo Stadio Estetico a quello Etico. LA VITA ETICA La figura emblematica dello Stadio Etico il buon padre di famiglia: marito e genitore esemplare, ligio alle leggi e ai propri doveri, luomo etico accetta tutte le convenzioni sociali; sostiene con il lavoro se stesso e il proprio nucleo familiare; , come si suol dire, tutto casa, Chiesa e lavoro ed perfettamente integrato nella comunit, cui offre il proprio meritorio contributo di uomo e di cittadino. Ma ad un certo punto il tran-tran della vita quotidiana, sempre uguale, monotono, privo di emozioni e di attese, determina nuovamente linsorgere dellAngoscia che a sua volta induce alla Disperazione. Questultima pu portare: 1) al suicidio; 2) alla Ripresa o Ripetizione, vale a dire a riconfermarsi nella scelta etica ri-assoggettandosi a tutti i propri doveri familiari e sociali. Ma pu anche dare:
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Si legga, ad esempio, il seguente passo: Dal bulbo dell'occhio, con una fitta improvvisa, rompe il giacinto violetto. Serro i denti. Sento le barbe aggrovigliate nel cervello. Sento distinte le membrane e le squame carnose. Il gambo s'allunga. Il fiore si compisce, s'infoltisce, s'appesantisce. E' cupo, quasi nero. Lo vedo. Chi me l'ha scerpato? Ho paura del mio grido folle. L'umore vischioso impiastra la compressa, mi cola gi per la gota. Il nero rispunta, con una fitta pi acuta. Rinasce e si stronca e m'invesca". E io grido. Rigitta ancra, si spezza ancra. Oggi non ho pi nell'occhio il giacinto cupo. Oggi ho nell'occhio non so che fiore villoso, tra rossigno e gialligno, simile all'orecchio di un cuccioletto (GABRIELE DANNUNZIO , Notturno,).

3) la forza e la determinazione per operare il salto dallo Stadio Etico a quello Religioso. LA VITA RELIGIOSA La figura emblematica dello Stadio Religioso Abramo, che, obbediente al comando di Dio, porta il figlio Isacco sul monte indicatogli per offrirlo in olocausto al Signore6. La fede di Abramo assoluta, del tutto irrazionale: paradosso! Egli crede di aver udito una voce: la voce di Dio! E se si fosse ingannato? Abramo accetta il rischio. Obbedisce al comando che gli sembra sia venuto dal Signore, trasgredendo alla legge morale di Dio e degli uomini! Anche leroe omerico Agamennone, secondo la tragedia di Euripide, sacrifica la figlia Ifigenia, ma resta ampiamente entro i limiti della morale. Egli, infatti, pospone il suo affetto di padre al suo dovere di capo degli Achei 7. La scelta di Abramo, invece, del tutto immotivata: la sua volont perfettamente adeguata, grazie alla fede, alla volont di Dio, cosicch il suo agire contro ragione. Ma luomo di fede non esente dai momenti di crisi e disperazione, chegli supera di volta in volta con la Ripresa o Ripetizione, vale a dire riconfermandosi nella scelta religiosa e ristabilendo il suo rapporto im-mediato (=senza la mediazione della Ragione) con Dio. IL CONCETTO DELLANGOSCIA E LA MALATTIA MORTALE AllAngoscia Kierkegaard dedic anche unopera a s stante (Il concetto dellAngoscia).Essa riguarda propriamente il rapporto del singolo con il mondo e pu essere definita come il sentimento del possibile in quanto conseguenza del particolare stato di precariet e incertezza cui soggetto luomo di fronte alle miriadi di possibilit (positive o negative) che incombono sulla sua esistenza: ricchezza o povert, salute o malattia, fortuna o sfortuna8, felicit o infelicit, etc. Ma langoscia anche la vertigine della libert: posto dinanzi alle varie possibilit e chiamato a scegliere in assoluta libert tra luna e le altre, luomo esita, tentenna, temporeggia e giunge a volte fino alla paralisi, oppresso dallenorme peso della responsabilit. Ma, come si detto, anche la non6

Cfr. Vecchio Testamento, Genesi, 22, versetti 1-13: 1. Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: Abramo, Abramo!. Rispose: Eccomi!. 2 Riprese: Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicher. 3. Abramo si alz di buon mattino, sell l'asino, prese con s due servi e il figlio Isacco, spacc la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. 4. Il terzo giorno Abramo alz gli occhi e da lontano vide quel luogo. 5. Allora Abramo disse ai suoi servi: Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lass, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi. 6. Abramo prese la legna dell'olocausto e la caric sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. 7. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: Padre mio!. Rispose: Eccomi, figlio mio. Riprese: Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov' l'agnello per l'olocausto?. 8. Abramo rispose: Dio stesso provveder l'agnello per l'olocausto, figlio mio!. Proseguirono tutt'e due insieme; 9. cos arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costru l'altare, colloc la legna, leg il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. 10. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 11 Ma l'angelo del Signore lo chiam dal cielo e gli disse: Abramo, Abramo!. Rispose: Eccomi!. 12. L'angelo disse: Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio. 13. Allora Abramo alz gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo and a prendere l'ariete e lo offr in olocausto invece del figlio. 7 Come noto, nella tragedia Ifigenia in Aulide di EURIPIDE , Agamennone si induce a sacrificare la figlia Ifigenia ad Artemide (poi sostituita dalla dea con una cerva) per assicurare agli Achei la partenza alla volta di Ilio e la vittoria contro i Troiani. Oltre che ad Agamennone, Kierkegaard fa riferimento anche a Jefte (Cfr. Vecchio Testamento, Giudici, 11, versetti 30-36: 30. [] Jefte fece un voto all'Eterno e disse: "Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, 31. ci che uscir dalle porte di casa mia per venirmi incontro quando torner vittorioso dai figli di Ammon apparterr all'Eterno, e io l'offrir in olocausto". [] 34. [] Poi Jefte ritorn a casa sua, a Mitspah; ed ecco uscirgli incontro sua figlia con tamburelli e danze. Essa era l'unica figlia, perch egli non aveva altri figli o figlie. 35. Come la vide, si stracci le vesti e disse: "Ah, figlia mia, tu mi rendi grandemente infelice, tu mi porti sventura! lo ho dato la mia parola all'Eterno e non posso tirarmi indietro". 36. Ella gli disse: "Padre mio, se hai dato la tua parola all'Eterno, fa' di me secondo ci che uscito dalla tua bocca, perch l'Eterno ti ha vendicato dei tuoi nemici, i figli di Ammon") e a Marco Giunio Bruto, che, secondo una leggenda riportata anche da Livio, avrebbe ordinato lesecuzione dei suoi due figli, sospetti di alto tradimento contro lo Stato.
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Sul tema, si operino i dovuti collegamenti, per esempio con Q. ORAZIO FLACCO, Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi, che conclude (da esteta) con il carpe diem; o con GIACOMO LEOPARDI, Operette morali, Dialogo di un venditore di almanacchi con un passeggere.

scelta una scelta: la scelta di non scegliere! Anche sulla Disperazione Kierkegaard scrisse anche unopera specifica, intitolata La Malattia mortale, non perch la Disperazione debba condurre necessariamente alla morte, ma perch essa consiste propriamente nel vivere la morte (spirituale) dellIo: un particolare stato danimo esistenziale per il quale lIo dispera di poter mai essere qualcosa di per s, non riuscendo ad essere sufficiente a se stesso. E daltra parte non riesce nemmeno a sfuggire a se stesso. Luomo kierkegaardiano ancora una volta il pascaliano miserabil signore a met strada tra Cielo e terra: dilaniato dal dissidio tra il suo essere finito e la sua ansia deterno. A differenza dellangoscia, la Disperazione riguarda il rapporto del singolo con se stesso: luomo rivolto non alle possibilit che si offrono alla sua esistenza nel mondo, ma alla possibilit di poter essere se stesso. Paradossalmente questa possibilit gli data solo nel momento in cui rinuncia a se stesso e si d completamente a Dio. Angoscia e Disperazione (che, come stato detto, non differiscono sostanzialmente fra loro se non per il fatto che la prima riguarda il rapporto del singolo con il mondo e la seconda il rapporto del singolo con s stesso) hanno valore educativo: educano alla libert e preparano il cavaliere della fede. La Fede, secondo Kierkegaard, scandalo e paradosso. Paradosso perch esige il completo superamento della razionalit e unaccettazione sovrumana del rischio: la vera fede la follia del Cristiano descritta da Erasmo da Rotterdam! Scandalo, perch: (1) credere in Cristo significa credere in un Uomo che si proclamato Dio! (2) Dio si fatto Uomo, il pi umile degli uomini! In ogni caso non vi differenza tra chi vissuto allepoca di Ges e chi venuto dopo: credere sempre un enorme salto esistenziale, per cui pervenire alla fede non sarebbe stato pi facile se fossimo stati contemporanei di Cristo. Pertanto chiunque creda in Cristo pu ben definirsi Contemporaneo di Cristo, qualunque sia lepoca storica in cui si trovi a vivere.

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