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Il pensiero di Schopenhauer può essere espresso tramite la sua opera Il mondo
come volontà e rappresentazione, esso si divide in 4 parti:
● la prima tratta del mondo come rappresentazione;
● la seconda della volontà;
● la terza dell’arte;
● la quarta della nolontà, cioè la negazione della volontà.
L'azione della volontà è irrazionale: non persegue alcuno scopo se non quello
di riprodurre indefinitamente se stessa.
IL DOLORE E LA NOIA
Se la vita è dominata dalla volontà, allora la vita è dolore.
Tutta la natura soffre, non soltanto l'uomo, ma l'uomo soffre più di tutti gli altri
esseri viventi, perché ha la maggiore consapevolezza della sua condizione.
Non esiste infatti il piacere senza il dolore, in quanto il piacere è il rilassamento
dal dolore. Ma in questo caso inevitabilmente sfocia nella noia.
L'uomo può sfuggire alla noia solo desiderando qualcosa di nuovo: ma il ritorno
del desiderio è però fonte di nuovo dolore. E così il ciclo ricomincia.
Schopenhauer pensa che la civiltà sia solo un breve momento di equilibrio,
perché la vera natura dell'uomo è quella del predatore mosso dall'odio.
CONSOLAZIONE ESTETICA
LA FUNZIONE DELL’ARTE
Tra l'illusoria conoscenza fenomenica e quella autentica della realtà
noumenica c'è una via di mezzo: idea.
L'idea è l'intuizione dell'essenza delle cose.
Questo tipo di conoscenza è accessibile solo all'artista, il genio che diventa «puro
occhio del mondo».
L'artista produce l'opera d'arte in modo assolutamente intuitivo, spontaneo,
totalmente privo di speculazioni intellettuali.
Il rimorso spingendoci a ristabilire la giustizia nei confronti degli altri è il primo passo
verso la soppressione del male: consiste infatti nel riconoscere gli altri come uguali a
me. La compassione (o la pietà) vuol dire "patire con, patire insieme". Solo chi
compatisce ama veramente: amare significa percepire il dolore del mondo intero, e
quindi non consiste tanto nel fare del bene al prossimo, ma nel soffrire insieme al
prossimo, sentendo nostre le sue sofferenze.
La strada della moralità non ci libera però completamente dal dolore che il vivere
comporta.
Resta un'ultima strada, quella dell'ascesi che scaturisce dall'orrore dell'uomo per la
volontà. Lo scopo dell'ascesi consiste nell'annullare in sé ogni volontà, estirpando
cioè ogni desiderio di vivere.
1. (primo gradino) perfetta castità, intesa come liberazione dal fondamentale
impulso alla perpetuazione della specie.
2. Seguono poi la povertà volontaria,
3. il digiuno,
4. il sacrificio
5. fino alla soppressione totale della volontà: la noluntas o nolontà.
Essa porta a uno stato di assoluta quiete in cui ogni possibilità è
indifferente, ogni sofferenza viene privata della sua causa, ogni volontà
vanificata e ogni dolore estinto.
6. L'ascesi si conclude con il nirvana che consiste nell'esperienza del nulla.
7. In quanto tale, il nirvana non ha nulla di negativo ma è un oceano di pace
e serenità.
Kierkegaard
L'UNICITÀ’ DELL’ESISTENZA
Ogni singolo uomo è per Kierkegaard esistenza: c'è un aspetto di unicità, di
eccezione che distingue il Singolo dal genere di cui fa parte.
Ex-sistere significa emergere dal nulla. Per questo la libertà si presenta come
rischio, è possibile cioè ripiombare nel nulla.
La scelta nella vita può portare alla sua stessa negazione, alla "non-scelta", alla
possibilità della non-esistenza.
Secondo Kierkegaard ci sono tre fondamentali tipologie di esistenza, "tre stadi ":
estetico, etico e religioso. I primi due sono descritti in Enten-Eller (Aut-Aut) , il terzo
in Timore e tremore.
I tre stadi sono semplici possibilità dell'esistenza.
Il passaggio da uno stadio all'altro non è meccanico: è frutto di una libera scelta.
LO STADIO RELIGIOSO
ABRAMO
Tra lo stadio etico e quello religioso c'è un salto ancora più abissale di quello
esistente tra lo stadio estetico e quello etico, Kierkegaard sceglie come simbolo il
personaggio biblico di Abramo.
Dio concesse ad Abramo, che aveva sempre vissuto da giusto, di avere un figlio a
settant'anni. Ma pochi anni dopo, Dio chiese ad Abramo di sacrificare proprio Isacco,
il suo unico figlio. Questa richiesta gettò Abramo nell'angoscia, poiché contraria a
ogni morale. Abramo trovò conforto solo nella fede, al di là della morale. Già pronto
a uccidere Isacco, Abramo venne fermato da un angelo: Dio aveva avuto la
conferma della sua fede.
IL CRISTIANESIMO DI KIERKEGAARD