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Schopenhauer

Il pensiero di Schopenhauer può essere espresso tramite la sua opera ​Il mondo
come volontà e rappresentazione,​ esso si divide in 4 parti:
● la prima tratta del ​mondo come rappresentazione​;
● la seconda della ​volontà​;
● la terza dell’​arte​;
● la quarta della ​nolontà​, cioè la negazione della volontà.

MONDO COME RAPPRESENTAZIONE

IL FENOMENO COME RAPPRESENTAZIONE DELLA ​COSCIENZA


Schopenhauer riprende la distinzione kantiana tra ​f​enomeno e noumeno​.
Tuttavia:
• per Kant il fenomeno è l'unica realtà accessibile alla mente umana e il noumeno è
un concetto-limite che può essere solo pensato ma non conosciuto;
• ​per Schopenhauer il​ fenomeno​ è ​parvenza​.
Il ​noumeno​ è ​ciò che si nasconde dietro al fenomeno.

Questa distinzione viene spiegata da Schopenhauer tramite l'immagine del ​"velo di


Maya"​.
La vera realtà esiste, ma nascosta dietro un velo di interpretazioni illusorie​.

LA RAPPRESENTAZIONE E LE FORME A PRIORI


È la mente umana che fa del mondo una rappresentazione ricoprendolo con il
velo di Maya.
La conoscenza è cioè una sorta di tessuto che la nostra mente stende sulla
realtà​.

Schopenhauer riprende qui ancora il criticismo kantiano, ma a differenza di Kant,


Schopenhauer riduce le 12 categorie a una sola, la​ causalità​.
Per Schopenhauer dunque ​le forme a priori​ sono soltanto tre:​ spazio, tempo e
causalità​.

---------IL PRINCIPIO DI RAGION SUFFICIENTE


Il principio di ragione sufficiente ha​ ​quattro radici, cioè quattro modi attraverso
cui la causalità si rapporta con il mondo fenomenico​.

1. Il divenire regola i rapporti esistenti nel mondo dei fenomeni fisici.


2. L'essere regola i rapporti matematici e geometrici su cui si fondano le leggi della
fisica.
3. Il conoscere regola il funzionamento della ragione umana: non vi è libertà da parte
della nostra mente nel formulare ragionamenti, perché essi si fondano su
determinate premesse a cui conseguono necessariamente certe conclusioni.
4. L'agire regola i rapporti e le motivazioni sottese alle azioni morali degli individui:
nel momento in cui noi compiamo un'azione essa è frutto di cause che l'hanno
determinata.-------

IL MONDO COME VOLONTÀ

IL ​CORPO​ COME ​VOLONTÀ​ ​OGGETTIVA


La lacerazione del velo di Maya è possibile in quanto nell'uomo fenomeno e
noumeno coincidono​.

L'uomo non è soltanto un soggetto conoscente, ma in quanto corpo è anche


oggetto della conoscenza.

-----Possiamo considerare il nostro corpo come qualsiasi altro oggetto, in questo


caso è fenomeno, ma dentro di noi avvertiamo che l'intima essenza delle cose, il
noumeno, è volontà​.

Il ​corpo è "volontà oggettivata"​, è volontà resa visibile.

L'azione della volontà è irrazionale: non persegue alcuno scopo se non quello
di riprodurre indefinitamente se stessa.

Ne consegue un paradosso:​ ​il mondo fenomenico​ ​è assoluto caos in quanto è il


prodotto di un'energia irrazionale, la volontà. Di conseguenza non esiste la
libertà​.
Gli uomini sono guidati dalla volontà, un inconscio impulso alla vita e alla
perpetuazione della specie.

IL DOLORE E LA NOIA
Se la vita è dominata dalla volontà, allora la vita è dolore.

La volontà infatti si esprime sempre nel ​desiderio di qualche cosa​, e questa


tensione ​frustrata è il dolore​.

L'appagamento del desiderio causa anch'esso dolore, perché è frutto di


sopraffazione​.

Tutta la natura soffre​, non soltanto l'uomo, ma​ l'uomo soffre più di tutti gli altri
esseri viventi, perché ha la maggiore consapevolezza della sua condizione​.
Non esiste infatti il piacere senza il dolore​, in quanto​ il piacere è il rilassamento
dal dolore​.​ ​Ma in questo caso inevitabilmente sfocia nella ​noia​.
L'uomo può sfuggire alla noia solo desiderando qualcosa di nuovo​: ma il ritorno
del desiderio è però fonte di nuovo ​dolore​. E così il ciclo ricomincia.

STORIA, ANTROPOLOGIA E SOCIETÀ’


Per Schopenhauer​ la storia dell'uomo è un assurdo, una ruota che gira
all'infinito senza andare da nessuna parte​.
Al ​pessimismo storico​ si associa poi anche quello ​antropologico e sociale​.

Schopenhauer pensa che la ​civiltà​ sia solo ​un breve momento di equilibrio,
perché la vera natura dell'uomo è quella del predatore mosso dall'odio​.

AMORE ED EROTISMO SONO ILLUSIONI


Per sfuggire alla sua tragica condizione, l'uomo si rifugia nelle illusioni​,​ la più
tragica delle quali è l’​amore​, ​che secondo Schopenhauer è sempre indirizzato alla
ricerca del ​piacere sessuale​.
L'amore infatti è l'​estremo inganno​.
Il piacere sessuale non ha mai reso felice nessuno in modo stabile​, ma solo per
un fuggevole​.

IL ​SUICIDIO​ NON È’ UNA SOLUZIONE


Schopenhauer esclude che il suicidio sia una valida risposta alla tragedia
esistenziale dell'uomo in quanto ​il suicida rifiuta non la vita, ma solo le
condizioni in cui vive.
Il suicidio è dunque una​ rinuncia alla volontà​; anzi, ​ne è l'affermazione più
potente​.

---Inoltre il suicidio sopprime unicamente la persona, vale a dire una manifestazione


fenomenica della volontà, lasciando intatta la "cosa in sé" che, pur morendo in un
individuo, torna a nascere in infiniti altri, come il sole che tramonta in un emisfero per
risorgere in un altro.

CONSOLAZIONE ESTETICA

LA FUNZIONE DELL’​ARTE
Tra l'illusoria conoscenza fenomenica e quella autentica della realtà
noumenica c'è una via di mezzo​: ​idea​.
L'idea è l'intuizione dell'essenza delle cose​.

Questo tipo di conoscenza è accessibile ​solo all'artista​, il ​genio​ che diventa «​puro
occhio del mondo​».
L'artista produce l'opera d'arte in modo assolutamente intuitivo, spontaneo,
totalmente privo di speculazioni intellettuali.

LA ​GERARCHIA DELLE ARTI


Le arti seguono una classificazione gerarchica a ​seconda delle idee che
contemplano​.
● L​'architettura​ occupa il ​grado più basso di questa classificazione​. Attraverso
di essa ​vengono intuite quelle idee che rappresentano le manifestazioni​ ​più
semplici della volontà, quelle inerenti alla ​materia inorganica.
● Attraverso invece​ ​la scultura e la pittura​ ​si offre all'​ammirazione estetica il
mondo naturale​.
La​ ​scultura​ ​ha come oggetto principale la ​bellezza dell'uomo​, mentre
attraverso la​ ​pittura​ ​viene invece colto maggiormente il ​carattere spirituale
dell'individuo​, che emerge dal viso e dai gesti​.
● Nella ​poesia​ ​l'idea viene infine trasfigurata in un'​immagine intuitiva​, cui il
lettore concorre con la sua ​immaginazione​.
La ​tragedia​ è ​l'espressione più alta della poesia​, e quindi dell'arte ​perché in
essa viene descritta la lotta della volontà con se stessa, la ​sofferenza
umana​.

IL SIGNIFICATO DELLA ​MUSICA


Schopenhauer ​esclude la musica dalla scala gerarchica delle arti​. A suo modo di
vedere, infatti, la musica ​riproduce la volontà stessa, è l'intuizione della volontà
stessa in quanto ignora completamente il mondo fenomenico​. La peculiarità della
musica si rivela in particolare nella melodia in quanto in essa​ la musica diventa
discorso non della ragione ma del sentimento​.

L’ARTE COME BREVE INCANTESIMO


L'arte è «la cosa più consolante e innocente della vita»​, una sorta cioè di gioco, in
quanto riflette il gioco tragico della vita. Da qui il suo limite: ​l'arte ci consente di
liberarci dall'oppressione della vita ma solo per un breve momento​. Quella dell'​arte è
una consolazione provvisoria​.
L'artista contempla il mondo nella sua purezza e così lo raffigura, ma non è in grado
di abbandonarlo né consente agli uomini di liberarsene. L'arte è quindi un breve
incantesimo terminato il quale l'uomo ritorna vittima della volontà.

ESPERIENZA DEL NULLA: NIRVANA

LA MORALE: RIMORSO E COMPASSIONE


Mentre l'arte è un modo per consolarci della realtà,​ ​la morale impone un forte
impegno nei confronti del prossimo​. Per Schopenhauer ​la moralità scaturisce da
due sentimenti​:
● il ​rimorso​ per le ingiustizie compiute.
● la ​compassione​ per il dolore altrui.

Il rimorso spingendoci a ristabilire la giustizia nei confronti degli altri è il primo passo
verso la soppressione del male: consiste infatti nel riconoscere gli altri come uguali a
me. La compassione (o la pietà) vuol dire "patire con, patire insieme". ​Solo chi
compatisce ama veramente: amare significa percepire il dolore del mondo intero, e
quindi non consiste tanto nel fare del bene al prossimo, ma nel soffrire insieme al
prossimo, sentendo nostre le sue sofferenze​.

La strada della moralità non ci libera però completamente dal dolore che il vivere
comporta​.
Resta un'ultima strada, quella dell'​ascesi​ ​che ​scaturisce dall'orrore dell'uomo per la
volontà​. Lo scopo dell'ascesi ​consiste nell'annullare in sé ogni volontà, estirpando
cioè ogni desiderio di vivere.
1. (primo gradino) ​perfetta castità​, intesa come ​liberazione dal fondamentale
impulso alla perpetuazione della specie​.
2. Seguono poi la ​povertà volontaria,
3. il ​digiuno​,
4. il ​sacrificio
5. fino alla ​soppressione totale della volontà​: la ​noluntas o ​nolontà​.
Essa porta a uno ​stato di assoluta quiete​ in cui ogni possibilità è
indifferente, ​ogni sofferenza viene privata della sua causa​, ogni volontà
vanificata e ogni dolore estinto.
6. L'ascesi si conclude con il nirvana​ che consiste nell'​esperienza del nulla​.
7. In quanto tale, il ​nirvana non ha nulla di negativo ma è un oceano di pace
e serenità​.

Kierkegaard

LO STADIO ESTETICO ED ETICO

L'UNICITÀ’ DELL’ESISTENZA
Ogni singolo uomo è per Kierkegaard esistenza​: c'è un aspetto di ​unicità​, di
eccezione che distingue il Singolo dal genere di cui fa parte.

Ex-sistere significa emergere dal nulla​. Per questo ​la libertà si presenta come
rischio, è possibile cioè ripiombare nel nulla​.
La scelta nella vita può portare alla sua stessa negazione, alla "​non-scelta​", alla
possibilità della non-esistenza.

Secondo Kierkegaard ci sono ​tre fondamentali tipologie di esistenza​, "​tre stadi ​":
estetico​, ​etico​ e ​religioso​. I primi due sono descritti in Enten-Eller (​Aut-Aut)​ , il terzo
in Timore e tremore.
I tre stadi sono ​semplici possibilità dell'esistenza​.
Il passaggio da uno stadio all'altro non è meccanico: è frutto di una libera scelta.

LO STADIO ESTETICO: ​IL DON GIOVANNI


Il personaggio che meglio incarna questo modo di vivere è ​il seduttore​, da
Kierkegaard indicato con il nome di ​Johannes,​ con chiaro ​riferimento al Don
Giovanni di Mozart, che ama ciascuna donna per la propria particolare​ bellezza, ma
nessuna definitivamente​.
Costretto a fuggire per non cadere nella ripetizione,​ finisce nella noia e può
scoprire così la miseria della sua esistenza.
Quando si rende conto di ciò l'uomo estetico entra in una crisi il cui sbocco non può
che essere la disperazione, il momento finale della vita estetica.​ La disperazione
non va rifiutata: è anzi il mezzo per passare dallo stadio estetico a quello etico​.

LO STADIO ETICO:​ ​IL GIUDICE WILHELM


Lo stadio etico viene rappresentato dalla figura del giudice Wilhelm (​Guglielmo​): un
uomo sposato, impegnato nel lavoro e nella vita civile​.
Il fondamento della vita etica consiste nel fatto che​ l'uomo sceglie la realizzazione
di se stesso in ambito individuale e sociale.​ Questa realizzazione richiede
coerenza​, ​ricerca della perfezione​. Ma qui si rivela l'​impossibilità della vita etica​.
L'uomo etico scopre che i suoi peccati appartengono per natura all'umanità.
La scoperta dell'incapacità di vivere la vita etica determina l'angoscia​: è ​il
timore di perdere tutto, la rivelazione del fallimento nei confronti del mondo​.

Le ​reazioni possibili​ sono due:


• il ​suicidio​, che è la ​fine di ogni possibilità​;
• o la ​fede​, che è la ​realizzazione di tutte le possibilità​.
A essa si arriva col ​pentimento​, col porsi davanti a Dio passando così allo stadio
religioso.

LO STADIO RELIGIOSO
ABRAMO
Tra lo stadio etico e quello religioso c'è un salto ancora più abissale di quello
esistente tra lo stadio estetico e quello etico, Kierkegaard sceglie come simbolo il
personaggio biblico di Abramo.
Dio concesse ad Abramo, che aveva sempre vissuto da giusto, di avere un figlio a
settant'anni. Ma pochi anni dopo, Dio chiese ad Abramo di sacrificare proprio Isacco,
il suo unico figlio. Questa richiesta gettò Abramo nell'angoscia, poiché contraria a
ogni morale. Abramo trovò conforto solo nella fede, al di là della morale. Già pronto
a uccidere Isacco, Abramo venne fermato da un angelo: Dio aveva avuto la
conferma della sua fede.

L’INQUIETUDINE DEL CRISTIANO


La scelta religiosa è una ​scelta assoluta e senza condizioni​:​ Abramo non discute
l'ordine assurdo di Dio.
La religione è quindi scandalo, paradosso​: Dio è al di là di ogni parametro
umano, sia conoscitivo sia etico.

Il cristiano vero è inquieto, mentre il cristianesimo moderno spinge a vivere


comodamente e, in ultima analisi, a non pensare a Dio.

IL CRISTIANESIMO DI KIERKEGAARD

LA CONTEMPORANEITÀ’ CON CRISTO


La contemporaneità con Cristo significa per Kierkegaard la possibilità di raggiungere
Dio attraverso la condivisione dell'abbassamento di Cristo. L'abbassamento è,
secondo Kierkegaard, un "nodo dialettico" che solo Cristo stesso potrà sciogliere
attraverso il suo ritorno nella gloria. Nessuno - fra coloro che vogliono cercare la
verità - può sciogliere questo nodo; né si può fingere che esso non esista: Cristo
"volle esprimere ciò che la verità' doveva soffrire ogni generazione e ciò che la verità
deve soffrire". Emerge con chiarezza la sensibilità prettamente filosofica con la quale
Kierkegaard vive la propria adesione al Crocifisso, letto come luogo e condizione
della verità: questa, allora, non sarà mai per Kierkegaard mero concetto ma, sempre,
comunicazione di esistenza, partecipazione a una verità vivente.

DENUNCIA LA CRISI MA NON OFFRE SOLUZIONI


Kierkegaard si concentra in quella che ritenne una vera e propria missione: riportare
il nucleo fondamentale del Vangelo al centro della vita cristiana del suo tempo. A
questo versante religioso della missione, si accompagna quello filosofico: riportare la
riflessione partita da Socrate alla fedeltà con l'originario punto di partenza: la realtà
del Singolo. Le due facce della missione si sostengono a vicenda e la seconda si
fonda sulla prima, dato che il Cristo è, per Kierkegaard, misura e fondamento della
realtà. Ma la missione critica porta Kierkegaard a trascurare una dimensione
fondamentale del cristianesima, quella comunitaria. In breve, Kierkegaard denuncia
la crisi del cristianesimo, ma non offre soluzioni al di fuori del richiamo al rapporto
autentico del Singolo con Dio.

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