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- Le vie della liberazione dal dolore

Schopenhauer afferma che l'esistenza si impara a poco a poco a non volerla, dunque si potrebbe pensare che S.
opti come soluzione il suicidio, ma in realtà non è così, poichè: 1) il suicidio non è negazione della volontà di
vivere, bensì la sua compiuta accettazione; 2) il suicidio sopprime soltanto una manifestazione fenomenica della
volontà di vivere, la quale pur morendo rinasce in mille altri.

Quindi il suicidio non riesce ad annullare del tutto la volontà di vivere, ovvero la cosiddetta "noluntas"(costruzione
linguistica che vuole essere la negazione della parola latina 'voluntas', ovvero quando essa diviene <<coscienza di
sè>>, cioè negazione progressiva di sè medesima; è l'energia irrazionale o la forza che costituisce l'essenza
profonda dell'intero universo, quindi è la presa di coscienza del dolore che prende avvio al cammino di liberazione
dell'individuo). Come ci si arriva?

S. ci dice che l'iter salvifico dell'uomo avviene attraverso tre momenti essenziali:

• arte --> è la contemplazione delle idee, ossia la conoscenza pura e disinteressata degli aspetti universali e
immutabili della realtà: essa si sottrae allo spazio e al tempo, è libera, è oltre gli aspetti quantitativi.Inoltre,
per il suo carattere contemplativo, allontana l'individuo dalla catena infinita dei bisogni e dei beni
quotidiani elevandolo al di sopra del tempo e del dolore; l'arte è opera del genio che riproduce
<<l'essenziale e il permanente in tutti i fenomeni del mondo>>, ed è ordinata secondo un ordine
gerarchico alla cui base vi è l'architettura, poi salendo vi troviamo la scultura, la pittura e la poesia; tra le
arti spicca la tragedia in quanto autorappresentazione del dramma della vita; un posto a sè lo ha la musica
in quanto immediata rivelazione della volontà a sè stessa e arte più profonda ed universale; sebbene l'arte
costituisca un conforto alla vita, presenta tuttavia un carattere temporaneo e parziale, che corrisponde alla
fugacità dei preziosi momenti in cui si realizza, quindi è RAPSODICA (rapimento momentaneo). HA UNA
FUNZIONE CATARCHICA, OVVERO LIBERA L'INDIVIDUO (riprende Aristotele, che riteneva che lo spettatore
della tragedia rivive le emozioni recitate sul palco, faceva un analisi di sè, per poi confrontarsi quindi si
lavora su sè stessi a partire dall'arte; ed anticipa Freud)

• morale --> non è necessario solo sapere che la vita sia sofferenza ma bisogna anche sentirla nel profondo
del nostro essere, pertanto la moralità produce la conoscenza, poichè <<attraverso la compassione
conosciamo>> (Wagner). La concezione di S. diffida da quella kantiana (intesa come imperativo
categorico), e si propone come un sentimento di pietà o compassione (dal latino cum pathos: soffrire
insieme all'altro) nei confronti del prossimo, ovvero <<una partecipazione immediata e incondizionata
dei dolori altrui>>, cioè speriamentiamo l'unità metafisica di tutti gli esseri viventi: nelle Upanishad è
espressa tramite la formula Tat Twan Asi (<<questo vivente sei tu>>) facendoci capire che il tormentatore
ed il tormentato sebbene siano distinti fenomenticamente, noumenticamente appartengono alla stessa
realtà. La pietà si concretizza in due virtù: - giustizia: rappresentata dal principio neminem laede, che
consiste nel non fare del male agli altri (aspetto negativo), - carità (o agàpe: volere bene in maniera
disinteressata): rappresentata dal principio omnes, quantum potes, juva, e coincide con la volontà attiva di
fare del bene al prossimo (aspetto positivo). AMORE COME PRENDERSI CURA DEGLI ALTRI

• ascesi --> esperienza che avviene nel momento in cui l'uomo vuole estirpare il proprio desiderio di
esistere, di godere e di volere, al fine di liberarsi completamente dal dolore dell'esistenza (arrivare a quello
che i cristiano chiamavano "stato di grazia"). Il primo gradino dell'ascesi è costituito dalla castità perfetta,
ovvero la rinuncia ai piaceri, l'umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio, e l'automacerazione: solo in questo
modo si potrà annullare la volontà di vivere. Nei mistici cristiani la fase di ascesi si conclude con l'estasi
(stato di unione con Dio), concetto che poi presenta anche Plotino (momento in cui l'individuo si
congiungeva con l'Uno, mediante un contatto amoroso, il prosbolè; l'anima dopo questo contatto ne
usciva ritrovata e si riconosce nell'unità dalla quale proviene), invece in Schopenhauer con il nirvana,
ovvero esperienza del nulla. [misticismo ateo: dio non è la chiave di salvezza per sciogliere il dolore]
PRESA DI DISTACCO DAL MONDO

Secondo i critici, questa teoria orientalistica dell'ascesi costituisce la parte più debole e contraddittorio del sistema
schopenhaueriano: se la volontà è insita nel reale, come può l'asceta annullarla? Se il volere è essenza della stessa
volontà, è possibile che non abbia più voglia di sè stessa? Inoltre, il fatto che l'autore spesso non abbia intrapreso la
via dell'ascesi, constata forse il fatto che neanche S. creda nel suo pessimismo? Un'ulteriore critica consiste anche
nel fatto che nessuno riuscì a percorrere questo percorso di purificazione. Bisogna infine queste critiche non fanno
perdere di vista nè la sua denuncia della realtà del dolore, nè la portata demistificatrice del suo filosofare, nè la
profondità di molte sue analisi.

"Dilemma del porcospino" (tratto da "Parerga e Paralimpomena")= più due esseri si avvicinano tra loro, molto
probabilmente si feriranno l'uno con l'altro: ciò avviene poichè i porcospini possiedono degli aculei sulla loro
schiena. Schopenhauer utilizza la metafora del porcospino per riferirsi ai rapporti interpersonali: non bisogna stare
nè troppo vicini nè troppo lontani, bisogna trovare la giusta distanza.

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