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Il Capitale

L'opera "Il Capitale" di Karl Marx è di fatto un'opera di economia, di filosofia politica, di sociologia e che ha anche
elementi antropologici, dunque è una vera e propria opera filosofica a 360 gradi. Qui Marx offre un'interpretazione
rispetto al sistema capitalistico: il filosofo non perde occasione nel distaccarsi completamente dai grandi teorici di
questo tipo di economia, ossia Smith e Ricardo (economia che veniva regolato secondo la domanda e l'offerta), i
quali consideravano, che il sistema capitalistico esistesse da sempre nel passato, nel presente, e nel futuro, dunque
che sia eterno e di conseguenza l'unico sistema economico su cui si devono basare tutte le società. Marx riteneva
invece che il capitalismo dovesse essere inteso in maniera storica, ovvero deve essere storicizzata e non
permanerà in eterno, siccome si basa su grandi contaddizioni: è il risultato tra lo sfuttamento uomo-uomo e lo
sfruttamento poi uomo-risorse naturali.

Possiamo dire inoltre che Marx riprenda Hegel nell'impostazione dialettica: Marx rende presente che l'economia
debba studiare il capitalismo come se fosse una struttura i cui elementi risultano strettamente connessi; ed anche
Hegel vedeva ogni sistema come un organismo, proprio come in Platone (ogni parte contribuisce al funzionamento
del tutto); poi entrambe accettano la contraddittorietà del reale, però la dialettica di Hegel è una dialettica triadica
dove vi è la sintesi, dunque il conservamento di tesi ed antitesi, (dialettica della ragione) in Marx invece (dialettica
della materia) vi è un superamento dell'opposizione, quindi questo superamento non conserva il momento
antitetico, infatti si ambisce ad un continuo progresso. ---> Marx afferma il divenire della Storia

Un'altra caratteristica di questo scritto filosofico è che Marx studia il capitalismo per poi formulare delle previsioni,
che tuttavia non devono essere intese come profezie, infatti non è un'opera profetica, bensì un'opera metodologica
e scientifica.

Nell'illuminismo la classe emancipatrice era la borghesia (Rivoluzione Francese) ma tale classe sociale
non ha rese effettive le promesse che hanno fatto al proletariato, e di fatto li ha assoggettivati.

La produzione della società capitalistica parte dal capire cosa sia una merce: che ha sia un valore d'uso (utilità),
grazie alla quale una merce di fatto viene prodotta, infatti se non c'è domanda, richiesta, un determinato prodotto
non viene messo in produzione, che un valore di scambio (quantità di lavoro socialmente utile per produrre una
merce).Il prezzo invece non corrisponde necessariamente al valore di scambio, infatti esso risente della domanda
(più è richiesto un bene, più si alzerà di prezzo), della moda (un bene viene desiderato ed in questo modo il prezzo
si alza sempre di più oppure si riprodurranno volutamente pochi pezzi ad alto costo per renderlo "esclusivo")
dunque in poche parole, è dato dal mercato. Il "feticismo delle merci"è un concetto elaborato da un marxista del
'900, Lukács (pron. Lucach): all'interno del capitalismo, le merci assumono un'altro valore di per sè, cioè si assiste
all'autonomizzazione della merce dal ciclo produttivo --> una merce è diventata talmente di valore che le persone
la bramano senza neanche più collegarla a nessun tipo di valore, in altre parole si attribuisce alla merce un'anima,
adorandola (collegamento con alienazione). ---> le merci domineranno coloro che le hanno prodotte e le merci che
hanno un valore di scambio più elevato, diventeranno delle divinità più alte.

Il sistema pre-capitalistico è descrivibile a formula M. D. M (merce-denaro-merce) ----> nell'economia feudale tutto


partiva dalla merce che aveva un valore di scambio per recuperare un'altra merce, dunque è un'ECONOMIA DI
SUSSISTENZA, ovvero non si produce per accumulare sempre più, piuttosto si produce il giusto affinchè si possa
condurre una vita dignitosa ; mentre il sistema capitalistico si descrive nella formula D. M. D' (d con 1 o d primo)
(denaro-merce- più denaro). Il punto della questione è: in che modo avviene all'interno del sistema capitalistico il
meccanismo di accumulo di capitale e l'aumento di esso?

Tutto parte dal plusvalore (D', il guadagno del capitalista), che ha origine in una merce particolare, ossia l'unica
che produce valore, ovvero proprio il lavoro dell'operaio (il salario non corrisponde al numero delle ore che
l'operaio nè al numero di merce che produce, ma corrisponde solo al suo sostentamento). Quindi: quale merce
produce altra merce? l'uomo. ---> il lavoro dell'operaio è un lavoro gratuito che arrichisce solo il capitalista. (ad es.
un produttore di spilli lavora 10 ore e produce 10 spilli, dunque 1 all'ora; ma alla busta paga riceve 6 e non 10,
quindi ha dato 4 ore di lavoro gratuito)

Attraverso questa teoria si vuole dare una spiegazione "scientifica" dello sfruttamento capitalistico, cioè, questo
avviene in quanto il capitalista dispone dei mezzi di produzione, mentre il lavoratore dispone solo della propria
energia lavorativa quindi è costretto a vendersi sul mercato solo per ottenere quel poco di soldi. Il profitto del
capitalista non corrisponde al plusvalore, perché entrano in gioco le spese che gli sono addossate,ovvero il
capitale variabile (capitale che viene investito nei salari) e il capitale costante (capitale investito nei mezzi di
produzione). Visto che il plusvalore nasce soltanto in relazione al profitto o salario (capitale variabile),

il saggio del plusvalore è dato da: plusvalore

capitale variabile

il saggio del profitto è dato da: plusvalore

capitale costante + capitale variabile

Il saggio del profitto sarà sempre inferiore rispetto al saggio del plusvalore ---> plusvalore>profitto.

Il fine stesso del capitalismo è avere la maggior quantità possibile di plusvalore; ma in che modo il capitalista attua
questo scopo? in un primo momento, il capitalista può prolungare la giornata lavorativa dei propri operai
(plusvalore assoluto), ma tuttavia bisogna notare che ad un certo numero di ore, la forza-lavoro cessa di essere
produttiva, pertanto il capitalismo punta a ridurre la parte della giornata lavorativa necessaria a reintegrare il
salario (plusvalore relativo).

Tale plusvalore relativo, passa storicamente attraverso tre fasi: a. cooperazione semplice, b. la manifattura, c. la
grande industria. La nascita dell'industria meccanizzata, con l'introduzione della macchina, porta una grande svolta
nella produzione capitalistica, siccome le macchine sono in grado di aumentare enormemente la merce prodotta,
ed inoltre anche il plusvalore assoluto, poichè non hanno bisogno di riposo. Eppure, con l'aumento di produttività
conseguito con l'uso delle macchine, si genera il fenomeno ciclico delle crisi di sovrapproduzione --> nel passato le
crisi avvenivano in seguito ad una scarsità di beni, mentre nella società capitalistica dipendono da una
sovrabbondanza di merci. Cioò è dovuto dalla cosiddetta "anarchia di produzione", che porta solo ad un eccesso di
produzione rispetto alle esigenze del mercato.

Inoltre, questa forte esigenza di rinnovamento tecnologico, genera un altro inconveniente: la caduta tendenziale
del saggio del profitto ---> legge per cui, accrescendosi smisuratamente il capitale costante rispetto al capitale
variabile, diminuisce per forza il saggio del profitto. In altre parole, accrescendosi il capitale costante, il profitto per
quanto elevato, risulta via via più scarso rispetto a tutto il capitale impiegato. Questa legge è considerata da Marx
come il "tallone d'Achille" del sistema capitalistico, che porterà poi alla scissione della società in due sole classi
antagoniste, che formerà poi una massa sempre più grande di salariati, occupati e disoccupati.

In conclusione, Marx prospetta la situazione finale del capitalismo: da questa situazione di sfruttamento che si
produrrà su scala mondiale, dato il carattere internazionale del capitalismo, si creerano pochi gruppi capitalistici nel
mondo che dovranno lavorare. Dunque una polarizzazione tra i pochi grandi capitalisti sempre più ricchi ed una
massa sterminata che per lavorare dovranno vendere la loro forza intellettuale e fisica.

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