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LINGUA, PARLANTE E LINGUISTICA

La linguistica descrive come funziona una lingua ed è composta da vari livelli di analisi indipendenti tra
loro. Ogni livello segue regole proprie. I primi 3 livelli della linguistica sono la fonetica, la fonologia e la
morfologia. La fonetica è l'analisi dei foni di una lingua dal punto di vista articolatorio e acustico, mentre la
fonologia studia i rapporti tra i suoni di una lingua inseriti nel sistema della lingua stessa. Nella fonologia i
suoni sono ricondotti ai fonemi, che sono unità minime distintive astratte che hanno la funzione di
differenziare le parole. La morfologia, invece, è lo studio della struttura interna delle parole. L'unità
minima della parola è il morfema, che può avere un significato pieno (Freund) o astratto-grammaticale (-
schaft). Fanno parte della morfologia la flessione di verbi e sostantivi (modificazione di una stessa parola) e,
in generale, la formazione delle parole.
FONETICA, FONOLOGIA E GRAFIA
L'apparato fonatorio è formato da: polmoni, trachea, laringe, faringe, ugola, cavità orale, cavità nasali,
lingua, labbra. Esso è un insieme di organi all'interno del corpo umano che permette di produrre dei suoni
linguistici (foni). La maggior parte degli organi fonatori sono mobili, fatta eccezione per 3 organi fissi che
costituiscono la parte anteriore-superiore della cavità orale: denti, alveoli, palato duro.
La laringe è situata nella zona del pomo d'Adamo e contiene le corde vocali (membrane elastiche unite tra
loro da una sola estremità). Lo spazio aperto tra loro è chiamato glottide. Le corde vocali possono assumere
varie posizioni, ad esempio: la posizione a corde aperte (posizione a “V”), in cui l'aria passa tra le 2
membrane provocando un lieve fruscio, dando vita ai suoni “sordi”, oppure la posizione a corde accostate
(posizione a “I”), in cui il passaggio d’aria provoca una vibrazione, originando i suoi suoni “sonori”.
L'ugola è la parte più arretrata della volta palatina e serve ad articolare vari tipi di R.
Il velo è la parte molle del palato e, in base al suo innalzamento o abbassamento, fa passare l'aria nella cavità
orale o nasali.
La lingua è l'organo più importante per l'articolazione dei foni ed è costituita da 3 parti: punta, dorso e
radice. Si può spostare orizzontalmente (arretrando-avanzando) e verticalmente (abbassandosi-
alzandosi).
Le labbra si muovono per articolare diversi foni (si possono sporgere, accostare, “arrotondare”).
La fonetica è la disciplina che si occupa dei processi di articolazione e percezione dei suoni linguistici, ne
determina gli aspetti fisiologici e fisici. Si distingue in fonetica segmentale, che studia i foni, ossia i suoni
linguistici che i parlanti producono, trasmettono e percepiscono durante la comunicazione verbale; fonetica
soprasegmentale, che indaga gli elemeti linguistici più grandi del singolo segmento (durata, accento, pause,
intonazione). Questa branca è suddivisa in 3 settori principali: la fonetica articolatoria, la fonetica acustica e
la fonetica uditiva.
La fonetica articolatoria studia come i singoli foni sono prodotti dall'apparato fonatorio, quindi classifica i
foni in base ai modi e ai luoghi di articolazione. Esistono 3 tipi diversi di foni: i foni egressivi (prodotti
dall’aria che fuoriesce dai polmoni), i foni ingressivi (prodotti mediante ispirazione dell’aria), i foni
avulsivi (indipendenti dal processo di respirazione, es.: schiocco della lingua).
La fonetica acustica analizza le proprietà fisiche dei suoni e la maniera in cui essi vengono trasmessi dalla
bocca del parlante all’orecchio dell’ascoltatore. Distingue la frequenza, l'intensità e la durata di un fono. La
frequenza consiste nel numero di vibrazioni delle onde sonore in un determinato lasso di tempo e si misura
in hertz; l’intensità si riferisce all’ampiezza dell'onda sonora e viene misurato in decibel; la durata
determina la lunghezza di produzione dei foni.
La fonetica uditiva indaga su come i suoni sono percepiti dall’ascoltatore e trasformati in impulsi neurali,
analizzabili dal cervello.
Le lingue umane sono costituite da diverse caratteristiche foniche, tra cui: il carattere non permanente delle
fonie, il carattere irrepetibile delle fonie, il carattere continuo delle fonie, il carattere variabile delle fonie.
Il carattere non permanente delle fonie è determinato dal fatto che quando un enunciato viene prodotto,
esso può essere percepito nel momento dell'enunciazione, ma non ne rimane traccia nel tempo.
Il carattere irrepetibile delle fonie è dato dal fatto che ogni realizzazione fonica si differenzia da tutte le
altre e non è possibile produrre 2 volte una fonia che abbia esattamente le stesse caratteristiche.
Il carattere continuo delle fonie deriva dal fatto che quando si parla non si pronunciano i singoli segmenti
discreti, cioè staccati l'uno dall'altro, ma si producono nella cosiddetta “catena del parlato”.
Il carattere variabile delle fonie descrive il fatto che i singoli segmenti (foni, parole, enunciati) cambiano
la loro forma a seconda del contesto in cui vengono prodotti. Il contesto può essere: verbale o situazionale. Il
contesto verbale è l'insieme degli enunciati di una conversazione linguistica che determina un processo di
coarticolazione, esso indica come nella “catena del parlato” i foni si influenzino a vicenda. Il contesto
situazionale indica le caratteristiche dei parlanti, l'ambiente in cui la comunicazione avviene, l’oggetto della
conversazione, ecc. Dallo studio di questo contesto si è formulata la teoria degli stili del parlato
(ipoarticolato = ambito colloquiale, iperarticolato = ambiente formale).
In fonetica si distinguono 2 gruppi principali: vocali e consonanti. Sia i foni vocalici, sia quelli consonantici
si classificano secondo: il modo di articolazione (il tipo di ostruzione che si crea nel canale fonatorio), il
luogo di articolazione (il punto in cui si crea l’ostruzione), la presenza o assenza di meccanismo laringeo
(l’eventuale produzione di sonorità). Nell’articoalzione di un fono conviene distinguere: la fase di
impostazione (in cui gli organi fonatori si posizionano per articolare il fono), la fase di tenuta (in cui gli
organi fonatori producono il fono) e la fase di rilascio (in cui gli organi fonatori si preparano per la
produzione dei foni successivi).
Le vocali sono suoni sonori, prodotti mediante vibrazione delle corde vocali e, nella loro articolazione,
possono essere prolungabili a piacimento. L'aria espiratoria dopo aver passato la glottide, non incontra
altro tipo di ostacoli (ostruzione o restringimento). Le consonanti, invece, possono essere foni sia sordi, sia
sonori. L'aria espiratoria può essere bloccata totalmente, parzialmente, a intervalli o può essere presente
un restringimento del canale fonatorio (produce una frizione udibile). Ci sono anche le semivocali, che
hanno tutte le caratteristiche delle vocali a esclusione della durata; la loro è più ridotta in quanto si passa
subito all'articolazione successiva. La combinazione di una vocale con una semivocale è detta dittongo, che
può essere ascendente (semivocale+vocale=aumento sonorità, es.: ieri) o discendente
(vocale+semivocale=diminuzione sonorità, es.: sei). Oltre i dittonghi, esistono i trittonghi, in cui 2
semivocali fanno da cornice una vocale (es.: guai).
Tutte le vocali sono analizzate in base a 4 parametri: altezza, avanzamento-arretramento,
arrotondamento, nasalizzazione.

La lingua italiana è costituita da un sistema di 7 vocali, che sono tutte orali. Le vocali nasali esistono in
altri sistemi linguistici (es.: lingua francese). Inoltre, in base alla posizione delle labbra si può fare una
distinzione tra vocali arrotondate (a destra) e non arrotondate (a sinistra). Si possono distinguere le vocali
anche in aperte o chiuse. Il grado di apertura coincide con il grado di altezza delle vocali: le vocali più alte
sono chiuse, le vocali più basse sono aperte.
Il sistema vocalico tedesco presenta alcune differenze con quello italiano. Per esempio, le vocali brevi e
lunghe si distinguono non solo per la lunghezza, ma anche per il luogo di articolazione. Le vocali brevi
sono più aperte/basse, le vocali lunghe più chiuse/alte. Inoltre, in tedesco esistono alcune vocali anteriori
arrotondate (y, ʏ, ø, œ) e 3 dittonghi discendenti: [aɪ] Mai, [aʊ] Baum, [ɔɪ] neu. I dittonghi ascendenti si
trovano solo in parole di origine straniera (es.: Region, sozial, Duell).

Nelle consonanti italiane, secondo il modo di articolazione, si individuano i suoni: occlusivi, in cui gli
organi fonatori ostruiscono totalmente il canale fonatorio. Il flusso d'aria viene rilasciato subito dopo essere
stato bloccato completamente. Il suono che ne proviene è una piccola “esplosione”; fricativi, in cui gli
organi fonatori si avvicinano, lasciando all'aria un passaggio stretto. Il suono è causato da tale frizione;
affricati, in cui gli organi fonatori costituiscono un’occlusione totale, tuttavia il rilascio d'aria non è
istantaneo, bensì graduale. Le affricate hanno 2 momenti articolatori: uno occlusivo e uno fricativo; nasali,
che sono prodotti quando il velo è abbassato, in modo da permettere all'aria di passare per le cavità nasali;
laterali, che sono prodotti quando la lingua costituisce un’ostruzione al centro della cavità orale e il flusso
d'aria passa ai lati; vibranti, che sono prodotti quando la lingua (o l'ugola) vibra, formando a intermittenza
una leggera occlusione.

Anche le consonanti tedesche includono i suoni occlusivi, in cui in numerosi contesti la pronuncia delle
occlusive sorde è aspirata; fricativi; affricati; nasali; laterali; vibranti, dove di solito la vibrante è
articolata mediante il movimento dell'ugola [R], però in alcune varietà regionali tedesche esiste la vibrante
alveolare [r]. Bisogna fare un focus sulla occlusiva glottidale o “colpo di glottide” [ʔ], che segna il confine
di una sillaba. L'occlusiva glottidale si articola chiudendo completamente le corde vocali e, tolta
l'occlusione, l'aria esce bruscamente. L’occlusiva compare prima di una sillaba che inizia con un suono
vocalico accentato (es.: Apfel, Eisen).
È importante precisare che i foni non vanno confusi con le lettere dell'alfabeto utilizzati per trascriverli,
ossia i grafemi. Per ovviare tale problematica, la linguistica ha sviluppato un modo di segnare i suoni
linguistici in maniera sistematica e scientifica, attraverso l' “alfabeto fonetico internazionale” (IPA). In
questo alfabeto c'è una corrispondenza biunivoca tra suono e segno.
La fonologia classifica i rapporti tra i suoni all’interno di un determinato sistema linguistico, studiandone le
funzioni e le organizzazioni. In un sistema linguistico, i suoni che hanno una funzione distintiva sono detti
fonemi. Tale funzione distintiva è evidente soprattutto durante l’analisi di una coppia minima, ovvero 2
parole che si differenziano per un solo suono, ma per il resto sono identiche (es.: santo-canto). Ovviamente
anche più parole possono essere distinte tramite la variazione di un singolo suono (es.: santo-santa-santi-
sante). Per fonema si intende anche un’unità linguistica segmentabile, commutabile (sostituibile),
asemantica e che serve a distinguere almeno una coppia minima all’interno di una lingua.
Gli allofoni sono varianti dello stesso fonema e si possono distinguere in: liberi, che risultano sostituibili
senza restrizioni in una determinata posizione (es.: /p/= Stopp, [p] o [pʰ]); regionali, che indicano
realizzazioni diverse di uno stesso fonema in base alla provenienza geografica (es.: /r/= [ʁ], [R], [r], [ɐ]);
condizionati, che dipendono dalla posizione del fonema nella parola (es.: /n/= fünf [ɱ], finden [n], Bank
[ŋ]); complementari, che sono un tipo di allofoni condizionati particolari e le varianti presentano una
distribuzione complementare (es.: /k/ sempre aspirata [kʰ] a inizio morfema e sempre non aspirata dopo
consonante [k]).
I fonemi sono le unità minime nel sistema fonologico. Risultano, a un livello più astratto, ulteriormente
scomponibili, in quanto sono caratterizzati da un'insieme di proprietà dette tratti fonologici. I tratti sono per
definizione binari, cioè ammettono solamente 2 valori (“più” e “meno”).
Per quanto concerne le vocali, nella lingua tedesca si distinguono i tratti: ±alto (determina se la lingua è o
non è alzata rispetto alla posizione di riposo), ±basso (determina se la lingua è o non è abbassata rispetto alla
posizione di riposo), ±arrotondato (determina se le labbra sono o non sono protese in avanti), ±posteriore
(determina se la lingua è o non è ritratta rispetto la posizione di riposo), ±teso (a seconda che le vocali sono
lunghe, quindi più tese, o brevi, quindi meno tese).
Per quanto riguarda le consonanti, si distinguono i tratti: ±consonantico (distingue le consonanti dalle
vocali e semivocali), ±nasale (differenzia le consonanti nasali dal resto delle consonanti), ±sonoro (indica
se c’è la vibrazione delle corde vocali, che crea sonorità), ±continuo (indica se il passaggio del flusso d’aria
è ininterrotto o ostacolato, es.: fricative vs. occlusive), ±sonorante (indica se il flusso d’aria è o non è libero,
es.: laterali, vibranti, nasali vs. “ostruenti”=occlusive e fricative), ±coronale (indica se la punta della lingua
è o non è alzata rispetto alla posizione di riposo, es.: dentali e alveopalatali vs. tutte le altre consonanti),
±laterale (indica se il flusso d’aria passa ai lati della cavità orale o meno, es.: laterali vs. tutte le altre
consonanti).
I processi fonologici determinano sequenze di fonemi all'interno della catena parlata. I più importanti
processi fonologici sono generalmente: l’elisione (caduta di un fonema/segmento); l’epentesi (inserimento
di un fonema); l’assimilazione (adeguamento di un fonema rispetto ad un'altro vicino); la dissimilazione
(differenziazione di un fonema rispetto ad un'altro vicino); la metatesi (inversione di 2 fonemi che si
susseguono).
Nel tedesco odierno hanno rilevanza soprattutto i processi di elisione, epentesi e assimilazione. L’elisione
riguarda principalmente la lingua colloquiale. Nella parlata veloce avviene l'elisione della vocale indistinta
(lo schwa /ə/) prima di una sonorante (nasale o laterale) (es.: leben [le:bən] [le:bn]), della /t/ finale di parola
(es.: nicht, vielleicht), dell’occlusiva nella rispettiva affricata (es.: /pf/ = [f], Pferd; /ts/ = [s], ganz).
L’epentesi risulta meno diffuso rispetto all’elisione (es.: singt [zɪŋt] [zɪŋkt]).
L’assimilazione può essere totale o parziale (caso più comune) e può avvenire in 2 direzioni contrapposte:
con l’assimilazone progressiva il segmento che muta segue il suono che determina il processo, con
l’assimilazione regressiva il segmento che muta precede il suono che causa il processo.
Esempi assimilazione
Totale: /n/, einmal [aɪnmɑ:l] [aɪ(m)mɑ:l].
Progressiva: /n/, heben [he:bən] [he:bm]; l’assimilazione progressiva dell /n/ avviene spesso nella lingua
parlata dopo l’elisione di /ə/, che crea un contatto diretto tra 2 segmenti consonantici.
Regressiva: /n/, Bank [baŋk]; nell’assimilazione regressiva la /n/ diventa bilabiale se seguita da /b/ o /p/,
dentale se precede /d/ o /t/, velare prima di /g/ o /k/.
In aggiunta, esiste il processo di neutralizzazione. Avviene quando manca un’opposizione fonologica in
determinati contesti, come ad esempio succede regolarmente in una determinata posizione (es.: sillaba atona,
inizio/fine parola) oppure in una coppia minima. In italiano, l’opposizione fonologica tra i fonemi /e/ e /ɛ/
oppure /o/ e /ɔ/ nelle sillabe atone si neutralizza. In tedesco, invece, si assiste sempre ad una
neutralizzazione dell’opposizione fonologica tra /p/ e /b/, /t/ e /d/, /k/ e /g/ se sono in posizione finale di
parola. Per rappresentare graficamente una neutralizzazione fonologica si utilizza l'arcifonema, un simbolo
che comprende l'insieme dei tratti distintivi che accomunano i 2 fonemi (es.: /t/ e /d/=/T/, /p/ e /b/=/P/).
La struttura della sillaba è formata da: incipit/onset, nucleo e coda (nucleo+coda=rima). Una sillaba può
essere formata dal solo nucleo (vocoide), ma di solito contiene anche altri elementi (contoidi). I segmenti
precedenti al nucleo sillabico sono racchiusi nell’incipit, quelli successivi nella coda. Inoltre, in tedesco le
sillabe possono essere aperte (se finiscono in vocale) o chiuse (se finiscono in consonante).
Le consonanti non possono comparire nella sillaba in un ordine qualsiasi, infatti sono organizzati secondo
una scala di sonorità, secondo cui nell'incipit c’è un progressivo aumento di sonorità e nella coda una
graduale diminuzione. Il nucleo rappresenta il picco di sonorità all'interno della sillaba. La scala di
sonorità considera le varie classi dei suoni secondo una gerarchia (dalla meno alla più sonora): ostruenti
sorde, ostruenti sonore, nasali, liquide (laterali e vibranti), vocali. In tedesco, l'incipit può essere formato
massimo da 3 consonanti, ma il caso più comune è quando ne è costituito da 2. Il nucleo può essere
costituito da dittonghi ascendenti (quando la semivocale fa parte dell'incipit) o discendenti (quando la
semivocale fa parte della coda). Le regole di formazione della coda sono molto simili a quelle dell'incipit.
L'accento è una caratteristica della sillaba e mette in risalto tra le vocali quella con maggiore intensità,
durata e frequenza acustica nel processo articolatorio. La prominenza di una sillaba rispetto ad altre può
essere analizzata in 2 ambiti diversi: la parola e la frase. In una parola la comparazione può essere
rappresentata graficamente mediante gli “alberi prosodici”, in una frase l'accento serve a evidenziare una
parola o un gruppo di parole contenenti la sillaba in questione. In italiano e in tedesco l’attribuzione
dell’accento è sostanzialmente libera.
L’intonazione è un'altro elemento soprasegmentale fonologico, che segnala i diversi blocchi della frase
(sintagmi). Essa esprime diversi tipi di enunciati, come l'affermazione, l'interrogazione, l'esclamazione,
ecc. Questa funzione ha valore distintivo (non sempre) e di comprensione degli enunciati.
Nel caso ideale di ogni lingua, dovrebbe esistere un rapporto biunivoco tra suono e grafema, ossia a ogni
suono dovrebbe corrispondere un solo grafema e ad ogni grafema dovrebbe corrispondere un solo suono.
Tuttavia, rispetto a questo principio si riscontrano varie incongruenze nell'ortografia tedesca, perchè ci
sono molti casi in cui a più suoni corrisponde un unico grafema e viceversa. Infatti, l'ortografia tedesca non
ha un modo unico per segnare consonanti e vocali. Ad esempio, una vocale lunga può essere rappresentata
da: vocale semplice (es.: tot [o:]), vocale +h (es.: kahl [ɑ:]), vocale doppia (es.: See [e:]), vocale +e (es.:
Miete [i:]). Una vocale breve, invece, può essere segnata da: vocale semplice (es.: rasten [a]), vocale
semplice +doppia consonante (es.: lassen [a] vs. lasen [ɑ:]). Nel caso dei dittonghi tedeschi ci sono queste
varianti: [aɪ]=˂ai˃ Kaiser, ˂ei˃ Eier; [aʊ]=˂au˃ Auge; [ɔɪ]=˂eu˃ Deutsch, ˂äu˃ träumen, ˂oi˃ Koine. Per
le consonanti ci sono molteplici casi di rappresentazioni differenti di uno stesso suono e viceversa: ˂g˃=[g]
geben, [k] Tag, [ç] wenig, [ʒ] Genie, [ʤ] Gin; [ʃ]=“sch” Schule, “s” Sprung, “ch” Charme, “sh” Shirt, “sk”
Ski; [s]=˂s˃ las, ˂ss˃ lassen, ˂ß ˃ ließ.
MORFOLOGIA
La morfologia è lo studio della struttura interna delle parole. Una parola è analizzabile su 2 diversi livelli di
astrazione: la parola concreta, come appare in un determinato testo, o la parola astratta, quale compare
nel dizionario (lessema). Questa differenza tra i 2 livelli di analisi appare evidente nel caso delle
preposizioni articolate: a livello concreto si tratta di parole uniche (es.: dal; am, ecc), a livello astratto si
tratta di un’unione di 2 lessemi distinti (es.: da+il; an+dem, ecc).
Tradizionalmente le parole sono suddivise in classi di parole definite anche “classi grammaticali” o “parti
del discorso”. Le principali in tedesco sono: il verbo, il sostantivo, l’aggettivo, l’avverbio, l’articolo, il
pronome, la preposizione, la congiunzione e la particella. Ogni elelmento può appartenere a più classi
differenti.
Le parti del discorso seguono 3 criteri di classificazione: morfologico, numerico e semantico.
Nel criterio morfologico, le classi sono suddivise in coniugabili (es.: verbo), declinabili (es.: nome,
aggettivo, articolo, pronome), variabili e invariabili (es.: avverbio, preposizione, congiunzione, particella).
Nel criterio numerico, le classi possono essere aperte, sono grandi ed espandibili (es.: verbo, nome,
aggettivo, avverbio), o chiuse, rimangono di solito piccole e invariate nel tempo (es.: articolo, pronome,
preposizione, congiunzione, particella).
Nel criterio semantico, le classi sono scomponibili in lessicali, in cui le parole hanno un significato
lessicale “pieno”(es.: verbo, nome, aggettivo, avverbio), e funzionali, in cui le parole hanno principalmente
un significato grammaticale-relazionale (es.: articolo, pronome, preposizione, congiunzione, particella).
L’unità minima di una parola è detta morferma. Un morfema è costituito da una sequenza ininterrotta di
suoni (fonemi). Si possono distinguere i morfemi in: lessicali, grammaticali, liberi e legati.
I morfemi lessicali hanno un significato “pieno” (es.: Land) mentre i morfemi grammaticali uno più astratto
(es.: -er). I morfemi lessicali sono liberi, ossia possono fungere anche da parola autonoma (es.: Land),
invece i morfemi grammaticali sono legati, siccome non possono mai occorrere da soli ma sempre
all’interno di una parola autonoma (es.: -chen). Bisogna precisare, poi, che uno stesso morfema può avere
diverse realizzazioni fonetiche, dette anche allomorfi (es.: die Länder [lɛnd], das Ländchen [lɛnt]).
I morfemi vengono tradizionalmente suddivisi in “radice” e “affissi”. La radice è un morfema libero che
rappresenta la parte principale della parola, ultima e irriducibile portatrice di significato. Ovviamente
esistono parole complesse che possono avere più di una radice. La base è la forma di partenza per formare
parole, che può coincidere con la radice ma può essere anche più ampia di essa (es.: norma-normale-
normalizzare-normalizzazione). Gli affissi sono morfemi grammaticali che servono alla costruzione delle
parole. Considerando la loro posizione rispetto alla base, si possono distinguere in: prefissi (precedono la
base, es.: un-sicher), suffissi (seguono la base, es.: Frei-heit) e circonfissi (stanno sia prima sia dopo la base,
es.: ge-kauf-t).
La flessione (per sostantivi, aggettivi, pronomi è detta “declinazione”, per verbi “coniugazione”) è un
procedimento generalizzato e regolare. É generalizzato nel senso che viene sempre attuato nella grammatica
di una lingua, è regolare nel senso che, conoscendo la base di una parola, si possono scrivere tutte le forme
del suo paradigma. In tedesco, per la flessione nominale (declinazione) sono rilevanti le categorie
grammaticali di genere, numero e caso.
Il genere (maschile, femminile, neutro) è determinato da fattori: morfologici, nel senso che dalla struttura
morfologica della parola si può risalire al genere (es.: Fahr-er, m.; Freund-in, f,; Mäd-chen, n.); fonetico-
fonologici, nel senso che dalla struttura fonetico-fonologica della parola si può risalire al genere
(generalmente le parole monosillabiche e le parole terminanti in consonante tendono a essere maschili, le
parole terminanti in vocale tendono a essere femminili); semantici, quando il sostantivo si riferisce ad essere
umano o a un animale risulta determinante il genere naturale del referente (es.: der Mann, die Frau, der
Kater, die Kuh, ecc).
Per il numero (singolare, plurale) esistono regole generalizzate, sia che indicano regolarità sia che indicano
eccezioni, per la formazione del plurale delle parole. Spesso, però, la scelta del morfema risulta determinata
dalla struttura morfologica e dal genere della forma singolare. Inoltre, ci sono sostantivi esistenti solo alla
forma singolare o solo alla forma plurale.
Nella categoria del caso, che comprende 4 casi (nominativo, accusativo, dativo, genitivo), si distinguono 3
tipi di declinazioni: “forte” (senza le desinenze -en o -n), “debole” (con le desinenze -en o -n) e “mista”
(singolare forte e plurale debole).
In tedesco, per la flessione verbale (coniugazione) sono rilevanti le categorie grammaticali di persona
(prima, seconda, terza), numero (singolare, plurale), tempo (presente, preterito, perfetto, piuccheperfetto,
futuro, futuro anteriore), modo (indicativo, congiuntivo, imperativo) e diatesi (attivo, passivo). Poi, esistono
forme verbali in parte semplici e in parti complesse: le forme semplici sono formate da suffissi che si
aggiungono alla radice (es.: presente indicativo=-e, -st, -t, ecc), le forme complesse si basano su un verbo
ausiliare (es.: haben, sein, werden) ed una forma non finita (es.: infinito, participio). Tradizionalmente si
distingue tra coniugazione “debole” (regolare) e coniugazione “forte” (irregolare).
I paradigmi della flessione nominale e verbale, quindi, possono essere marcati da affissi, ma anche da
modificazioni interne alla radice. I procedimenti principali a riguardo sono: metafonia (Umlaut) e
apofonia (Ablaut). L'Umlaut caratterizza numerose forme di plurale dei sostantivi (es.: Gast/Gäster),
l’Ablaut è una variazione di vocali all'interno di uno stesso paradigma verbale (verbi “forti”). L'alternanza
vocalica nei verbi “forti” segue sempre schemi regolari (es.: schema i-a-u, schema ei-i-i, ecc), però limitati
rispettivamente a gruppi circoscritti di verbi.
Per formare il plurale dei sostantivi c'è un gruppo consistente di nomi che non presenta alcun suffisso di
plurale. In questo caso si parla di morfema zero, ossia un morfema che non ha forma fonetica. In termini
più semplici, è un affisso "invisibile". É un’unità astratta che “compare”, ad esempio, quando una categoria
grammaticale, che di solito è espressa mediante morfema, in un determinato caso non ha una realizzazione
fonica (es.: Lehrer/Lehrer). Anche nella flessione verbale può esserci un morfema zero (es.: preterito debole
di “setzen”= ich/er setzt-e e preterito forte di “sitzen”= ich/er saß-ø).
In tedesco, 3 sono i principali procedimenti di formazione delle parole: composizione, derivazione e
conversione.
Il composto indica l'unione di 2 o più morfemi liberi (parola composta da più parole). I composti possono
essere distinti tra composti occasionali e composti usuali. Tutti i composti hanno iniziato la loro vita come
composti occasionali che sono diventati poi d’uso frequente, quindi usuali. Un’altra distinzione è quella tra
composti determinativi e composti copulativi. Nei composti determinativi sussiste una gerarchia tra 2
elementi: la testa (“determinato”) è l'elemento principale che esprime il significato fondamentale, il
modificatore (“determinante”) è l'elemento secondario che contiene informazioni supplementari riguardo
la testa. Inoltre, la testa è portatrice delle categorie grammaticali dell'intero composto rispetto al genere e al
numero. In italiano l'ordine degli elementi nel composto è “Testa+Modificatore”, in tedesco l'ordine è
“Modificatore+Testa”. Nei composti copulativi non c’è a livello semantico un rapporto gerarchico tra i 2
elementi, infatti l'ordine dei 2 costituenti non è fisso, però di solito un ordine diventa convenzionale e risulta
l'unico possibile. Tutti i composti considerati attualmente sono endocentrici, ossia il nucleo semantico
coincide con uno dei 2 elementi del composto. Esistono, però, anche i composti esocentrici che hanno
invece un punto di riferimento esterno che non coincide con quello dei 2 componenti (es.: pelle-rossa/Rot-
haut). I composti possono essere suddivisi secondo la rispettiva classe di parole: i composti nominali
hanno come testa un sostantivo (N), i composti verbali un verbo (V), i composti aggettivali un aggettivo (A),
i composti avverbiali un avverbio (Avv). Il tipo di composto più frequente è rappresentato dal composto
nominale.
Il rapporto semantico tra testa e modificatore può essere molteplice. Ad esempio, esiste il “composto di
reggenza”, in riferimento all'influenza esercitata da un elemento grammaticale su un altro. L'elemento
controllore attiva negli elementi controllati alcuni morfemi (es.: Auto+fahrer= jemand, der Auto fährt).
Nella maggioranza dei composti nominali i 2 elementi vengono uniti direttamente. Diffusi, però, sono 4
elementi di raccordo, collocati tra i 2 sostantivi del composto: -e, -er, -(e)n, -(e)s. I morfemi di raccordo
hanno la loro origine in morfemi flessivi indicanti il plurale (-e, -er, -en) o il genitivo (-es), ma nella lingua
contemporanea assumono semplicemente la funzione di elemento di unione.
Un derivato, invece, indica l'unione di un morfema libero con morfemi legati. É costituito da una parola e
un affisso. Si possono usare quindi suffissi, prefissi e (raramente) circonfissi. Vi sono alcune differenze
sostanziali tra prefissazione e suffissazione: 1) I suffissi modificano la classe di appartenenza della parola
derivata (es.: A˃N: schnell, Schnell-igkeit), i prefissi no (es.: A˃A: schnell, vor-schnell); 2) I suffissi nativi
non sono mai portatori dell'accento principale della parola, i prefissi possono esserlo (es.: Un-mensch, Ur-
heber). Un discorso a parte va fatto per i suffissi di origine straniera (es.: -ion, Region; -ität, Universität); 3)
I suffissi sono specifici riguardo alla classe di parole a cui si aggiungono (es.: suffisso aggettivale -bar si
unisce preferibilmente ai verbi), i prefissi possono aggiungersi a una base qualsiasi; 4) I suffissi sono il
tipico procedimento di derivazione nominale e aggettivale, i prefissi il tipico procedimento di derivazione
verbale.
La parola nata per conversione non ha affissi, ma è il risultato di una ricategorizzazione della base (es.: da
deliberare (V)˃delibera (N), ecc). In tedesco, i tipi di conversione più diffusi sono: V˃N (es.:
beginnen˃Beginn), N˃V (es.: Kleid˃kleiden), A˃V (es.: trocken˃trocknen).
Altri tipi minori di formazione delle parole sono la contaminazione e varie forme di abbrevazione.
La contaminazione è un tipo particolare di composizione in cui almeno una delle 2 parole coinvolte risulta
abbreviata. Di solito, si tratta di neoformazioni occasionali con intenti scherzosi o satirici (es.: akadämlich ˂
akademisch “accademico”+dämlich “stupido”; Teuro ˂ teuer+Euro).
Alcune abbreviazioni esistono solo come forma scritta che nella lettura viene sempre sciolta (es.: unw. “und
so weiter”, z.B. “zum Beispiel”). Esistono vari tipi di parole abbreviate: 1) La parte iniziale della parola sta
per il tutto. Si tratta prevalentemente di parole di origine straniera (es.: Uni= Universität, Abi=Abitur); 2) La
parte finale della parola rappresenta la parola intera. Vi sono esempi di prestiti, ma anche composti autoctoni
(es.: Cello=Violoncello, Rad=Fahrrad); 3) Sequenza di singole lettere stanno per i vari elementi
dell'espressione articolata; 4) In luogo della lettera iniziale c’è la sillaba iniziale a rappresentare i rispettivi
elementi (es.: Kripo=Kriminalpolizei).
Il prestito non è un procedimento di formazione delle parole, ma è un mezzo per ampliare il lessico della
lingua. Si ha un prestito quando una lingua assume una parola da un'altra lingua. Esistono diversi tipi di
prestito: 1) Il prestito di necessità si ha quando insieme ad una parola si prende anche l'oggetto e il concetto
che essa designa (es.: Toast, Sport); 2) Il prestito di lusso si ha quando si prendono parole che hanno già un
corrispettivo nella propria lingua (es.: babysitter/Kindermädchen, cop/Polizist); 3) Il prestito integrato è
adattato alla fonologia ed alla morfologia della lingua ricevente (es.: cakes/Keks); 4) Il prestito non-
integrato è preso nella sua forma originaria (es.: cool, Coupon). Un tipo particolare di prestito è il calco. Si
distinguono: il calco-traduzione (con materiali autoctoni si costruisce un nuovo composto, traducendo gli
elementi del composto straniero=cold war/kalter Krieg) e il calco semantico (una parola autoctona esistente
assume un nuovo significato, prendendolo da una corrispettiva parola straniera=to cut/schneiden “ignorare
qualcuno”). Poi vanno infine menzionati gli internazionalismi, parole di origine greca e/o latina che si
trovano nel lessico colto di tutte le lingue europee.

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